CUCINA VEGETARIANA CONTEMPORANEA MANGIARE CON I SENSI
CUCINA VEGETARIANA CONTEMPORANEA
CUCINA VEGETARIANA CONTEMPORANEA MANGIARE CON I SENSI
© 2020 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl Prima edizione: ottobre 2020 ISBN 978-88-6773-098-8 Testi: Cinzia De Lauri, Giulia Scialanga, Sara Nicolosi, Caterina Perazzi Fotografie: Valentina Vasi Progetto grafico e copertina: Ludovica Ballerini Stampa: Lineagrafica (Città di Castello) Edizione realizzata in collaborazione con Gruppo Macro Via Giardino 30, 47522 Cesena (FC) - www.gruppomacro.com Edizioni Enea Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano info@edizionienea.it - www.edizionienea.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.
Questo libro è stampato su carta certificata FSC®
La cucina è di per sÊ scienza, sta al cuoco farla diventare arte. gualtiero marchesi
Indice Altatto 27 Primavera 51 Estate 89 Autunno 127 Inverno 165 Ricette di base 201 Indice degli ingredienti 207
Altatto
Prefazione Cinzia, Giulia, Sara e Caterina. Con ognuna di loro una storia di affetto, maturata non per caso. Gli incontri e gli amori non accadono a comando, quando meno ce lo aspettiamo sono lì e ci accolgono. Ogni volta improvvisi, ogni volta pronti a riscaldarci il cuore. Ognuna di loro mi è vicina e cara in modo diverso. Sara e Cinzia sono venute al Joia ancora in formazione, avevano frequentato l’Alma, la scuola creata dal Maestro Gualtiero Marchesi per diventare chef. Sara ha una personalità passionale e determinata, le piace approfondire, se necessario spacca il capello in quattro, ha colto molti dei miei insegnamenti, come pochi hanno saputo fare. Cinzia, senza troppi fronzoli e a testa bassa produceva qualità, sempre pronta a seguire ogni suggerimento. Caterina invece è arrivata al Joia giovanissima, dal suo sguardo, che non è mai cambiato, avevo subito inteso che c’era della stoffa. Arrivava da uno stage della scuola alberghiera, poi, finiti gli studi, è venuta a lavorare in cucina dove l’ho sballottata in ogni reparto fino a nominarla mia assistente personale. Le voglio molto bene. Anche Giulia ha frequentato l’Alma, l’ho notata subito, non solo per i suoi occhi da cerbiatto, ma per le domande che mi avevano fatto capire che il mondo veg le calzava a pennello. Alla prima occasione l’ho accolta nella brigata del Joia: brava pure lei!
I talenti volano e non è possibile fermarli. Così quando mi hanno parlato di Altatto ho compreso, non senza dispiacere, che era giunto il momento di separarci. Erano piene di idee, amavano la cucina vegetariana, con entusiasmo mi raccontavano dei piatti che avrebbero ideato, del voler portare una cucina amica del pianeta nel mondo del catering, ahimè ancora molto distante dai miei principi. Mi parlavano di composizioni nuove, diverse dalle mie, di come si sarebbero organizzate, trasportando le loro preparazioni con la vecchia auto di Cinzia. E il loro progetto non poteva che avere successo, un successo di cui la loro grande amicizia è stata protagonista. Un’amicizia così vera da non distinguerle quasi una dall’altra. Altatto non è solo un laboratorio, un ristorante, un’azienda, è anche e soprattutto un incontro di valori e ideali. Il lieto fine? Siamo rimasti vicini, perché l’amore, anche se un po’ più distante, unisce, forse per sempre. In questo libro troverete le loro sensibilità, come è sensibile la loro cucina, le loro passioni, come è passionale la loro cucina. Belle storie, belle idee, belle ricette, belle foto: compratelo e cucinate. Cucinare vegetariano rende liberi!
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Pietro Leemann Chef e patron del ristorante Joia
Altatto Origini Nasce il bistrot Noi Greco Accoglienza Artigiani del prodotto Menu Come nasce un piatto
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Origini Altatto è la storia di un incontro: Cinzia, Giulia e Sara. Un racconto tutto al femminile lungo ormai cinque anni, nato tra i fornelli della cucina stellata del ristorante Joia. La vita in brigata può essere una grande avventura, specialmente se trascorsa in un ambiente in cui si ha la possibilità di condividere e crescere. Passioni, creatività, desideri e sogni condivisi si sono mescolati agli ingredienti e al sapere di una grande cucina, creando prima di tutto grandi amicizie e poi, una nuova storia. Dopo tanto fantasticare e sognare, abbiamo trovato il coraggio di fare il grande passo, ci univa un importante progetto: quello di esprimere la nostra idea di cucina, portare nei piatti e alle persone ciò che ci apparteneva, ciò che noi eravamo e siamo, perché spesso sfugge ciò che è e fa realmente un cuoco, che non miscela e trasforma solo ingredienti e materie prime, ma anche e soprattutto se stesso. La prima grande prova era già lì ad attenderci: rinunciare alla guida di un grande chef e maestro come Pietro Leemann, a un lavoro sicuro e alla possibilità di crescere all’interno di una brigata come quella del Joia. Per noi, che eravamo tre amiche molto idealiste, innamorate del proprio lavoro, è stato un salto nel vuoto. Ma il nostro incontro ha dato i suoi frutti, le nostre storie, personalità, capacità e professionalità si sono unite e assortite, trasformando un sogno in realtà. Storie apparentemente differenti ma molto simili e con un unico comune denominatore: la passione per la cucina.
Altatto nasce nel giugno 2015 come giovane realtà che si occupa di catering vegetariani per gli eventi della città di Milano e dal 2019 è anche un bistrot nel quartiere Greco. Il catering è stata l’idea che ha dato il via a tutta questa grande avventura, lo scocco della nostra scintilla. Inizialmente ci siamo dedicate alla ricerca di un piccolo laboratorio in affitto in una zona marginale, ma comunque comoda per raggiungere il centro. Abbiamo messo insieme pochissime attrezzature, solo quelle essenziali, tanta creatività e soprattutto abbiamo confidato in tanta fortuna. Il nostro coraggio ci ha premiato: dopo un solo anno, Altatto catering ha iniziato a collaborare con grandi case di moda in tutta la città. Il “su misura”, un formato piuttosto unico nel suo genere, e la cucina vegetariana di alta qualità sono stati i cavalli di battaglia che hanno permesso di farci conoscere in breve tempo e di fidelizzare tante aziende. Un lavoro sempre stimolante, diverso e itinerante è stato protagonista delle nostre vite per i primi tre anni, intanto il gruppo si è consolidato, la maturità professionale e l’ambizione sono cresciute, e la sperimentazione è continuata inarrestabile. Muoversi continuamente, adattarsi a ogni possibile spazio ed esigenza sono state le sfide che ci hanno permesso di crescere a livello professionale e di diventare un punto di riferimento nel settore. E proprio questo continuo movimento, che fa parte della nostra natura, ci ha spinte ad af-
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Altatto frontare la nostra nuova avventura: il bistrot. Accadeva sempre più spesso che chi provava i nostri catering ci chiedesse in quale luogo poter assaggiare nuovamente la nostra cucina e per quattro anni la nostra risposta è stata “da nessuna parte, purtroppo”, era proprio quel “purtroppo” che nascondeva un’insoddisfazione. Un giorno una nostra cliente ci ha proposto di aprire per noi un ristorante e le nostre menti e i nostri cuori hanno iniziato a viaggiare e sognare: come sarebbe? Che aspetto avrebbe? A chi ci piacerebbe servire la nostra cucina? Come dovrebbe sentirsi una persona che viene a trovarci? Che tipo di accoglienza dargli? I pensieri, le conversazioni tra di noi, i desideri hanno iniziato a prendere forma e, tassello dopo tassello, ci siamo accorte di quanto ci sarebbe piaciuto avere una nostra “casa”, un luogo dove esprimerci e accogliere. Purtroppo, ma pensandoci oggi, per fortuna, le cose non sono andate come ci eravamo immaginate, e il sogno del ristorante dopo qualche mese è svanito nel nulla; così abbiamo continuato con amore e passione a occuparci del nostro catering, custodendo il nostro sogno, ormai pronto per essere realizzato. Avere un investitore non ci avrebbe permesso di sentirci libere, e di creare qualcosa che, più che indirizzato al guadagno, ci rappresentasse nel profondo, non era quella la strada giusta per noi, il nostro nuovo viaggio aveva una partenza diversa da quella che poteva sembrare la più facile da realizzare. Un giorno, mentre ci trovavamo in cucina affaccendate tra i nostri piatti, abbiamo avuto un’intuizione: perché non rilevare anche la panetteria, lo spazio adiacente al nostro laboratorio? Il proprietario si era stancato e aveva deciso di cedere l’attività. La panetteria era uno spazio che, in origine, apparteneva al laboratorio; quando infatti la proprietaria lo usava come negozio, i due spazi erano comunicanti. L’occasione era ot-
tima, non richiedeva un grande investimento, e, se le cose fossero andate male, non avrebbe messo in discussione quello che avevamo costruito fino ad allora. Tutto iniziava a trovare il giusto spazio di incastro e un grosso lavoro svolto durante il Salone del Mobile per un cliente giapponese ci aveva garantito quella disponibilità finanziaria che finalmente potevamo declinare nel costruire quello che, in fondo, era il nostro grande sogno, e così, senza troppe paure e senza interrompere nemmeno un giorno il lavoro del catering, abbiamo iniziato a costruire il nostro bistrot.
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“Il segreto della nostra cucina risiede nella meravigliosa varietĂ di gusti, colori e consistenze che la natura ci offre.â€? 30
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Nasce il bistrot Oltre a un luogo fisico, dovevamo costruire anche la squadra, e abbiamo pensato che in tre non fosse possibile portare avanti, insieme al lavoro svolto fino a quel giorno, anche quello di un bistrot, e così abbiamo coinvolto Caterina, un’amica con la quale avevamo già lavorato e che, per le sue capacità, avrebbe sicuramente portato ricchezza al nostro progetto. Piccolo, essenziale, prezioso, lo scopo del nostro ristorante è quello di servire una cucina innovativa e brillante che, pur nella massima semplicità, rivoluzioni l’idea diffusa in Italia che cucina vegetariana significhi rinuncia. Perché per noi questo approccio ha un significato completamente diverso che implica giocare e sperimentare in maniera innovativa, liberando l’alta cucina da ingredienti che per molti, soprattutto in passato, erano considerati irrinunciabili e portandone altri, ancora poco conosciuti, ma interessanti e versatili. Lo scopo era di servire alta cucina in un ambiente informale e intimo, con prezzi accessibili a tutti, ingredienti di primissima qualità e una scelta ridotta di pietanze per garantire massima freschezza, evitando sprechi. Nel nostro ristorante volevamo combinare quindi la sensazione di sentirsi in un luogo semplice, curato e piacevole che permettesse di concentrare la propria attenzione al piatto, al cibo di alta qualità, per vivere un’esperienza piena e di appagamento dei sensi. Perché Altatto è proprio questo e ogni dettaglio diventa parte stessa del nutrimento, insieme al cibo; anche il nome che abbiamo scelto per identificarci racconta di questa esperienza di senso.
La coerenza del “contenitore” della nostra cucina era ed è molto importante. Nella costruzione del nostro spazio abbiamo deciso di coinvolgere persone giovani, con un’alta professionalità e ricche di entusiasmo. E così abbiamo iniziato a immaginare l’aspetto del nostro locale, a studiarne i materiali e i pochi, ma significativi elementi, che avrebbero definito la nostra identità. L’incontro tra la sala e la cucina è stato il primo e più importante intervento, abbiamo così ideato una piccola finestra che le unisse, perché è fondamentale per noi cuoche vedere i clienti entrare e uscire dal ristorante, coglierne gli sguardi e le emozioni, offrendo anche a loro la possibilità di sbirciare il nostro lavoro. Un altro elemento di unione tra sala e cucina è il pass, aperto ad altezza mani, creato per scorgere gli ultimi gesti dell’impiattamento, per mostrare la cura del dettaglio e il grande valore che si cela dietro la semplicità. I nostri piatti, infatti, seppur molto elaborati, non hanno troppi elementi né schemi nell’impiattamento, ogni proposta che esce dalla cucina di Altatto è diversa e unica. Poi è stata la volta dell’illuminazione e, dopo lunghe riflessioni, sono nate le lampade di Altatto, prototipi pensati e creati appositamente per illuminare il nostro ristorante dall’officina di gesta e ingegno “Miocugino”, un sistema di contrappesi, binari e luci regolabili una a una, per permetterci di cambiare atmosfera a seconda della serata, della disposizione dei tavoli e dell’illuminazione esterna. Anche i tavoli, grandi e pensati per essere condivisi, restano un ulteriore e fondamentale
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Altatto elemento della nostra idea. In Italia non è molto usuale, soprattutto quando si vuole servire cucina di qualità, ma per noi il concetto della condivisione di spazio, tempo ed esperienza è stato da subito uno dei fondamenti. L’idea che le persone possano entrare in contatto tra loro durante la cena, incontrarsi, scambiare due chiacchiere, magari consigliarsi un vino, è parte del disegno semplice e informale con cui abbiamo immaginato il nostro locale. Seppur nella condivisione, abbiamo comunque deciso di definire lo spazio con una linea a gesso, disegnando dei confini non rigidi, ma che garantiscano a ognuno un personale spazio intimo in cui sentirsi liberi e a proprio agio. Ultimo ma non per importanza: i piatti. Volevamo qualcosa che rappresentasse una tavolozza bianca dove esprimerci e sentirci libere di creare e impiattare; naturalità e artigianalità sono gli elementi imprescindibili che li hanno caratterizzati. Per questo lavoro abbiamo coinvolto Laura Massimi, mamma di Sara, insieme abbiamo disegnato i piatti, e Laura poi li ha realizzati uno a uno lavorando intensamente per diversi giorni. I nostri piatti raccontano anche di quei momenti. I materiali che arricchiscono il bistrot sono stati accuratamente selezionati e rappresentano anche l’etica che caratterizza il nostro progetto; per i tavoli abbiamo scelto il viroc, un materiale di recupero, una sorta di mdf miscelato a cemento anziché a colla, molto simile a una lavagna, realizzati da Alise Sicuri. Anche per le pareti abbiamo deciso che fosse tutto naturale e che rappresentassero le atmosfere del paese nel quale siamo cresciute, integrando tecniche antiche con un aspetto molto minimalista. Per questo la nostra scelta è caduta sulla terra cruda, anche grazie all’aiuto di Giulia Mogno, nostro amico architetto, che ci ha seguite e consigliate con passione durante i lavori del bistrot. Ci sono volute settimane per decidere le tonalità che avremmo voluto assumesse il no-
stro bistrot, un’impronta di femminilità, colori caldi, e, dopo tante riflessioni, è arrivata la posatrice; ecco che il nostro ristorante, con quest’ultimo tocco era definitivamente quello che avevamo sognato e immaginato da anni. Per gli ultimi dettagli, il recupero, la creatività e la cura l’hanno fatta da padroni: abbiamo scartavetrato vecchie sedie, ricavato gli asciugamani e i tovaglioli da stoffe inutilizzate trovate nelle nostre case, le bandane da vecchi grembiuli ormai rovinati, i bicchieri dei cocktail e degli amari da antichi servizi. E abbiamo scoperto poi che i nostri clienti si sentono molto coccolati da questi semplici dettagli. Dopo tanto lavoro, eravamo finalmente pronte a fare la cosa più importante di tutte: iniziare a cucinare!
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Inverno Finger
Pack choi con tre consistenze di sesamo Le tre consistenze del sedano rapa Blinis con caviale vegan e zeste di lime
Ricette salate
Topinambur affumicato, burro di nocciole tostate e pane al grano arso Tartufo. Dashi di rape e cavolo nero Bao, scorzonera glassata e kimchi
Dolci
Ganache al cioccolato, pere cotte nel vino bianco e timo Tuille all’arancia
Cocktail analcolici
Bevanda alla mela brĂťlĂŠ Tonica alla pera, pepe rosa e timo
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SAI spezia - aroma - ingrediente
Inverno
Inverno
Pack choi con tre consistenze di sesamo mese consigliato: da dicembre a marzo tecniche di cucina: cottura al vapore consistenze: croccante, avvolgente
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
PROCEDIMENTO
4 pack choi piccoli (o di media misura, andranno sfogliati fino al cuore) qb olio di sesamo tostato
1. Lavate e mondate i pack choi. 2. Cuoceteli al vapore a 100°C per 3 minuti e raffreddateli subito in abbattitore o in acqua ghiacciata e salata. Teneteli da parte.
Per il gomasio 20 g di semi di sesamo nero 20 g di semi di sesamo dorati 8 g di sale fino Per la salsa tahina 40 g di crema di sesamo bianco 7 g di succo di limone 2 g di sale 2 g di togarashi (varietà giapponese di peperoncini) 10 g di acqua
Per la salsa tahina 1. Unite tutti gli ingredienti in una boule e mescolateli bene per amalgamarli tra di loro. 2. Riponete la salsa in un piccolo box. Per il gomasio 1. Tostate i semi e il sale in lionese fino a quando i semi iniziano a scoppiettare. 2. Pestate al mortaio o al suribachi i semi di sesamo, fino a ottenere un composto non del tutto omogeneo, il risultato sarà una polvere grossolana. Impiattamento Intingete la parte inferiore del pack choi nel tahin e passatela nel gomasio. Spennellate tutto il pack choi con l’olio di sesamo tostato e servite.
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Le tre consistenze del sedano rapa mese consigliato: da dicembre a marzo tecniche di cucina: frittura, glassatura, arrostitura consistenze: croccante, avvolgente, succulento
INGREDIENTI PER 4 PERSONE 1 sedano rapa grande (600 g circa) Per le sfoglie qb olio di semi per friggere Per i cubi qb aceto qb sale qb olio evo qualche foglia di timo Per la maionese qb aceto qb sale qb olio di semi di girasole Per guarnire 8 cimette di timo 16 nocciole tostate rotte in piccoli pezzi
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Inverno PROCEDIMENTO Per le sfoglie 1. Lavate e mondate il sedano rapa. Con l’aiuto di una mandolina ottenete 8 fette spesse 3 mm circa. 2. Scaldate l’olio per friggere e portatelo a 180°C. Friggete le fettine di sedano rapa fino a che non risulteranno dorate e croccanti. Per i cubi 1. Ricavate 8 cubi da 2 cm per lato. Sbollentateli in abbondante acqua salata, con un goccio di aceto per preservarne il colore bianco e raffreddateli velocemente. 2. Saltate i cubi in padella in olio extravergine con qualche foglia di timo e un pizzico di sale. Per la maionese 1. Tagliate in pezzetti uniformi gli scarti della mondatura dei cubi e cuoceteli in acqua salata per 10 minuti, finché non risulteranno ben morbidi. 2. Fateli raffreddare e frullateli in una brocca da frullatore a immersione finché non risulterà una crema liscia e omogenea. 3. Aggiustate la crema di gusto con sale e aceto e montatela come se fosse una maionese di mandorla, aggiungendo a filo l’olio di semi. 4. Riponete la maionese in una pipetta. Impiattamento Adagiate su un piatto le sfoglie di sedano rapa. Su ogni sfoglia mettete un cubo di sedano rapa, un punto di maionese e decorate con qualche cimetta di timo e qualche nocciola tostata.
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Inverno
Blinis con caviale vegan e zeste di lime mese consigliato: da dicembre a febbraio tecniche di cucina: piastratura, sferificazione consistenze: morbido, avvolgente
INGREDIENTI PER 4 PERSONE Per i blinis 1 uovo 40 g di latte 20 g di panna fresca 30 g di farina 0 1/2 cucchiaino di lievito in polvere 1 pizzico di sale fino
Per i blinis vegan 30 g di farina 0 1 cucchiaino di lievito in polvere 60 g di latte di soia 20 g di acqua frizzante 1 cucchiaino di aceto di mele 1 pizzico di sale fino
Per il caviale vegan 300 g circa di olio di semi di girasole 1 bicchiere di acqua 1 cucchiaino di sale 1 cucchiaino di agar agar in polvere o 20 g di agar agar in fili 4 g di sciroppo di agave 1 cucchiaino di carbone 4 g di succo di limone Per guarnire 2 lime
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Inverno PROCEDIMENTO Per i blinis 1. Separate il tuorlo dall’albume e sbattete il tuorlo in una terrina, aggiungete il latte e la panna a filo mescolando bene per evitare la formazione di grumi. Aggiungete poi la farina e il lievito e continuate a mescolare. 2. Lasciate riposare l’impasto per circa un’ora. Aggiungete all’impasto l’albume montato a neve con un pizzico di sale, mescolando dall’alto verso il basso con una leccapentole, mantenendo la leggerezza dell’impasto. 3. Cucinate i blinis su una padella antiaderente ben calda, versando l’impasto con l’aiuto di un cucchiaio. Ogni volta che cuocete un blinis passate la padella con un pezzetto di carta assorbente unto per pulirla bene. 4. Riponeteli su una placchetta con della carta da forno e teneteli da parte.
Per i blinis vegan 1. In una boule mescolate la farina e il lievito, unite i liquidi e mescolate in modo da ottenere un composto liscio. 2. Lasciate riposare l’impasto per circa un’ora. Cucinate i blinis su una padella antiaderente, versando l’impasto desiderato con l’aiuto di un cucchiaio. Ogni volta che cuocete un blinis passate la padella con un pezzetto di carta assorbente unto per pulirla bene. 4. Riponeteli su una placchetta con della carta da forno e teneteli da parte.
Per il caviale vegan 1. Mettete l’olio di semi in una brocca alta e stretta e riponetela in congelatore. 2. Fate bollire tutti gli ingredienti in un pentolino, ad eccezione del succo di limone, mescolando energicamente, così da sciogliere bene l’agar. 3. Unite anche il succo di limone ed eventualmente correggete il gusto con del sale fino. 4. Inserite il composto a caldo in una pipetta con tre punte piccole (in sostituzione, potete utilizzare una pipetta normale con una punta) e fate cadere delle gocce della soluzione di agar nella brocca di olio di semi quasi ghiacciata. 5. Quando l’olio inizierà a riscaldarsi, versate in un colino fine le sfere e mettetele in un contenitore basso e largo con dell’olio di semi in modo da non stratificarle. Continuate l’operazione una volta raffreddato nuovamente l’olio. Impiattamento Servite i blinis a temperatura ambiente con un cucchiaino di caviale ben sgocciolato dall’olio di semi e una grattugiata di zeste di lime.
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Topinambur affumicato, burro di nocciole tostate e pane al grano arso mese consigliato: da dicembre a marzo tecniche di cucina: affumicatura, tostatura consistenze: croccante, avvolgente, fresco, cremoso
INGREDIENTI PER 4 PERSONE Per il burro di nocciole 70 g di nocciole 35 g di burro di cacao 4 g di sale
Per la julienne di coste 8 foglie di coste verdi e rosse qb sale qb olio evo
Per i topinambur 10 topinambur di media dimensione truccioli di melo per affumicare 2 rametti di rosmarino olio di semi sale nero norvegese
Per il pane 80 g di farina 0 40 g di farina di grano arso 20 g di semola rimacinata 110 g di acqua tiepida 3 g di lievito di birra qb sciroppo di agave 3 g di sale 3 g di cipolla rossa secca
Per la cagliata di mandorle 50 g di mandorle sgusciate 2 g di sale 10 g di succo di lime qb olio evo Per la salsa all’aceto e limone 80 g di aceto di mele 20 g di zucchero di canna chiaro 5 g di sale 8 g di amido di mais
Per la polvere di limone bruciato 2 limoni Per guarnire 5 g di semi di crescione idratati in 20 g di acqua
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Inverno PROCEDIMENTO Per il burro di nocciole 1. Frullate le nocciole in un frullatore potente, fino a ottenere una polvere. 2. Tostate la polvere in una padella di ferro, mescolando continuamente per evitare che bruci. 3. Quando la polvere risulterà ben tostata, versate a caldo la polvere in un blender molto potente e frullate a lungo fino a ottenere una crema liscia e oleosa. 4. Sciogliete il burro di cacao a bagnomaria e aggiungetelo alla crema di nocciole con un pizzico di sale e frullate a velocità media per un paio di minuti. 5. Stampate il burro, ancora caldo, in una burriera e lasciate riposare e addensare per un’ora in frigorifero. Per i topinambur 1. Lavate bene e pelate parzialmente i topinambur. 2. Cuoceteli in pentola a pressione per 20 minuti dal fischio. 3. Tagliateli a metà e riponeteli su un setaccio con della carta da forno, 4. In una padella di ferro tostate i trucioli a fuoco vivo, quando iniziano a fumare con l’aiuto di un cannello o di un accendino, fategli prendere fuoco. 5. Versate i trucioli ancora in fiamme in una pentola bassa e larga e coprite la pentola con un coperchio della stessa dimensione in modo che la fiamma si spenga e il fumo rimanga al suo interno. 6. Mettete il setaccio con i topinambur all’interno della pentola e richiudetela subito in modo da non far fuoriuscire il fumo. Lasciate che si affumichino per circa 5 ore. 7. Arrostite i topinambur in una padella ben calda con rosmarino e olio di semi.
Per la cagliata di mandorle 1. Ammollate le mandorle in abbondante acqua per una notte a temperatura ambiente. 2. Scolatele e aggiungete al peso delle mandorle l’acqua necessaria per arrivare a un peso totale di 200 g. 3. Frullate le mandorle in un frullatore molto potente per ottenere un latte liscio e privo di grumi. 4. Strizzate in un panno per separare la parte liquida da quella solida con l’aiuto di un’etamine o di un torcione di cotone pulito, per recuperare tutta la proteina contenuta nelle mandorle. 5. In un pentolino, portate il latte di mandorla a bollore. Lasciate raffreddare fino a raggiungere gli 80°C e aggiungete sale e limone. 6. Coprite con uno straccio e lasciate riposare la cagliata per alcuni minuti. Successivamente recuperate la parte cagliata che si sarà separata dall’acqua con l’aiuto di un colino. 7. Lasciate sgocciolare per una notte in un’etamine. Successivamente frullate il composto ottenuto con un frullatore a immersione per rendere la massa liscia e cremosa. 8. Riponete il formaggino in una sac a poche. Per la salsa all’aceto e limone 1. Portate a bollore, in un pentolino, l’aceto, lo zucchero e il sale. Stemperate l’amido di mais in un po’ di acqua e aggiungetelo, cuocendo per alcuni minuti per permettere all’amido di addensare la salsa. Raffreddate velocemente. Aggiungete quindi la zeste di limone e fate infondere per qualche ora. 2. Setacciate la salsa e mettetela in pipetta. Per la julienne di coste 1. Lavate e mondate le coste e tagliate a julienne solamente la foglia. 2. Fate dei nidi e metteteli su una teglia con della carta assorbente umida.
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Per il pane 1. Sciogliete il lievito nell’acqua tiepida con una spruzzatina di sciroppo di agave. 2. Nella boule dell’impastatrice impastate le farine, con il lievito disciolto in acqua. 3. Aggiungete il sale e la cipolla secca, impastate bene e fate delle palline da 20 g l’una. 4. Fate lievitare per 30 minuti in un luogo umido e caldo. 5. Stendete dei dischi di 8 cm di diametro aiutandovi con un mattarello e un velo di farina. 6. Riponete il pane in una teglia con della carta da forno e un velo di farina per evitare che i pani si attacchino alla carta. 7. Cuocete il pane prima in una padella antiaderente o in una padella di ferro a temperatura medio-bassa e poi passate il pane sulla fiamma viva per far sì che si gonfino. 8. Mettete i pani in una teglia coperti con un panno per preservarne l’umidità. Per la polvere di limone bruciato 1. Lavate e pelate i limoni. 2. Fate essiccare le bucce di limone in forno per 20 minuti a 150°C. 3. Lasciate in essiccatrice per una notte e frullateli creando una sottilissima polvere. Impiattamento 1. Scaldate in forno per 4 minuti a 200°C il topinambur, per 2 minuti il pane (mettetelo tra 2 teglie per evitare che si secchi eccessivamente). 2. Intanto condite il nido di costa con olio evo e sale e mettetelo su un piatto. 3. Condite con qualche punto di salsa all’aceto e limone e una punta di semi di crescione. 4. Sullo stesso piatto fate un punto di cagliata di mandorle e condite spolverando con la polvere di limone bruciato. 5. Su un altro piatto mettete i topinambur caldi conditi con il sale norvegese e da ultimo disponete i pani.
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Dal 2005 Edizioni Enea collabora insieme a Scuola SIMO con un obiettivo preciso: fornire contenuti di qualità per promuovere la salute di corpo, mente e spirito. Pubblichiamo libri destinati a naturopati e operatori della salute, ma anche a semplici appassionati e curiosi. Ci occupiamo di scienza ma anche di spiritualità, integrando i più grandi insegnamenti di Oriente e Occidente. Guardiamo alle grandi tradizioni mediche del passato e ci apriamo alle più innovative proposte nel campo della medicina olistica.
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L’alta cucina vegetariana e vegana rappresenta una nuova frontiera gastronomica e sempre più persone sono attratte da realtà ristorative che propongono questa cucina di sperimentazione. A Milano, in zona Greco, un quartiere in evoluzione e fermento culturale, nasce ALTATTO: un bistrot e un laboratorio in costante ricerca. Un luogo che racconta l’incontro di quattro amiche che condividono la passione per la cucina e l’incontro tra l’amore per il cibo e il rispetto per la terra. Cinzia, Giulia, Sara e Caterina hanno racchiuso in questo libro la loro storia e le migliori ricette di ALTATTO, raccontate in un suggestivo viaggio tra immagini, stagioni, ricercate tecniche gastronomiche e piatti di alta cucina vegetariana proposti anche in versione plant-based. Quello che avete tra le mani non è un semplice ricettario, ma un invito a mangiare con i sensi.
Prefazione di Pietro Leemann
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