La salute passa dall'etichetta. Industria alimentare e manipolazione mentale

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Fabio Bussacchini

La salute passa dall’etichetta Industria alimentare e manipolazione mentale


La prima parte di questo libro ti svelerà le dinamiche mentali che sottintendono il processo di acquisto degli alimenti. Sarà un viaggio affascinante dove apprenderai principi che potranno essere applicati nella vita di tutti i giorni e spendibili in ogni ambito esistenziale. Il fine è quello di condurti alla piena consapevolezza della tua scelta e di renderti indipendente dai potentissimi messaggi della pubblicità, delle etichette e dei fantomatici “guru” che infestano il mercato. La seconda parte del libro è quella pratica. Sono riportati diversi esempi di etichette illustrati secondo i canoni acquisiti dalla lettura della prima parte. Il fine è quello di permetterti di fissare, a livello mentale, come le aziende alimentari tendono a costruire un’etichetta che in qualche modo possa condurti all’acquisto indipendentemente dall’elenco degli ingredienti e dalla tua consapevolezza e volontà.

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Fabio Bussacchini

La salute passa dall’etichetta Industr ia alimentare e manipolazione mentale


© 2020 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl Prima edizione: settembre 2020 © 2016 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl ISBN 978-88-6773-099-5 Prima edizione: maggio 2016 Art Direction: Camille Barrios / ushadesign ISBN 978-88-6773-041-4 Stampa: Graphicolor (Città di Castello) Art Direction: Camille Barrios / ushadesign Edizione realizzata in collaborazione con Gruppo Macro Stampa: Graphicolor (Città di Castello) Via Giardino 30, 47522 Cesena (FC) - www.gruppomacro.com Edizioni EdizioniEnea Enea Ripa Ripadi diPorta PortaTicinese Ticinese79, 79,20143 20143Milano Milano info@edizionienea.it www.edizionienea.it info@edizionienea.it - www.edizionienea.it Tutti Tuttiiidiritti dirittiriservati. riservati.Nessuna Nessunaparte partedi diquest’opera quest’operapuò puòessere essereriprodotta riprodottain in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezionedi dibrevi brevi citazioni citazionidestinate destinatealle allerecensioni. recensioni.

Questo libro è stampato su carta FSC® Questo libro è stampato su carta


Non chi comincia ma quel che persevera. LEONARDO DA VINCI



Indice

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Introduzione

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Prima parte – La mente: così ti nutri

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1. I sistemi rappresentazionali 2. Il processo decisionale 3. I tre processi mentali che conducono all’azione 4. Dalla teoria alla pratica

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Seconda parte – Esempi pratici

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5. L’acqua 6. Cereali, farine e derivati 7. Le uova 8. L’olio extravergine di oliva 9. Dolcificanti e zuccheri 10. Gli integratori alimentari 11. L’asterisco in etichetta 12. Curiosità da conoscere assolutamente 13. I tre eccessi sconosciuti delle diete 14. Alimenti ed emozioni

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Conclusioni

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Bibliografia 7



Introduzione

Fantasmagorici guru che promettono di farti vivere fino a centovent’anni, diete che assicurano un corpo da supereroe, alimenti che se non mangiati conducono a morte sicura. Com’è possibile orientarsi in un mondo del genere? Non sembra anche a te difficile riuscire a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso? Ecco la finalità di questo libro. Dare anche alla persona più lontana dalla nutrizione alcuni strumenti pratici per capire realmente che cosa ha davanti e che cosa compra. Il processo di acquisto passa sempre e necessariamente attraverso due fasi: • la prima è prettamente mentale, influenzata dalla pubblicità, dagli altri, dal mondo, dall’esperienza, dall’esterno, dall’interno. In questa fase il cervello dà al braccio l’input “prendi quell’alimento e mettilo nel carrello”; • la seconda, invece, passa per la classica lettura e analisi dell’etichetta. La maggior parte delle persone non ha gli strumenti per difendersi o per comprendere in profondità la prima e la seconda fase. Questo libro è un compendio che ti aiuterà ad acquisire la conoscenza di entrambe. 9


La prima parte del libro sarà dedicata alla parte decisionale. Insieme vedremo quali sono gli affascinanti percorsi cerebrali che conducono alla scelta di un alimento. Per parlartene mi rifarò alle mie conoscenze accademiche, apprese durante il mio percorso di laurea in Scienze Psicologiche. Più nello specifico, mi baserò su elementi di Programmazione Neuro-Linguistica ed elementi di Psicologia Dinamica, e fonderò il tutto per cercare di renderti più consapevole nella scelta. Nella seconda parte, invece, ti spiegherò quali sono i tranelli, i trucchi e i sotterfugi che l’azienda alimentare oggi mette in atto in etichetta, per fare in modo di invogliarci a comprare un qualcosa che di fatto non è quello che viene realmente rappresentato. Si tratta di un problema complesso, me ne rendo conto, ma questi segreti devono essere svelati. Per trattare questa tematica farò riferimento alla mia esperienza come ispettore NAS e come manager di grandi industrie alimentari, e intreccerò il tutto alla conoscenza accademica derivata dalle mie tre lauree in ambito nutrizionale. È un vero piacere per me offrirti questo libro come utile strumento di consapevolezza, sicuro della sua unicità. Nessuno potrà mai avere la mia esperienza in termini pratici e teorici, ed è giusto che oggi ogni persona possa avere consapevolezza, indipendentemente da quello che mette nel carrello. Fatte queste premesse, ti auguro un buon viaggio! Buona lettura e, soprattutto, buon divertimento.

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Prima parte La mente: cosĂŹ ti nutri



1 I sistemi rappresentazionali

In questo primo capitolo cominceremo ad addentrarci nel meraviglioso mondo rappresentato dal nostro cervello, un organo misterioso ed enigmatico del peso di circa 1,6-1,8 kg, ancora oggi oggetto di studio e di incredibile fascino. Come facciamo a entrare in questa tipologia di analisi? Perché il cervello? E da dove cominciare? Queste sono le domande a cui dobbiamo rispondere! Partiamo da quelli che in Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) sono definiti “sistemi rappresentazionali”. Detto così sembra un nome particolarmente complesso, qualcosa di incredibilmente scientifico, ma ti posso garantire che dopo che te li avrò spiegati ti appariranno in tutta la loro semplicità, ma soprattutto utilità. In più, vedremo come questi vengono spesso utilizzati in ambito alimentare dalle grandi industrie. Dunque, che cosa sono i sistemi rappresentazionali? Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo capire come funziona il nostro cervello. Senza entrare troppo nei meandri cerebrali, sappiamo che il nostro cervello funziona per input. Gli input non sono altro che informazioni che arrivano al nostro cervello tramite i nostri cinque sensi.

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C’è chi parla anche di un sesto senso, ovvero l’intuizione, e a questo argomento ho dedicato un intero capitolo del mio primo libro Il dono. I cinque sensi, come tutti sappiamo, sono vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Noi elaboriamo la realtà che ci circonda tramite i cinque sensi, quindi il nostro cervello percepisce e raccoglie informazioni proprio grazie ai cinque sensi. Nel 1970 i padri scopritori-fondatori della PNL, Richard Bandler e John Grinder, hanno capito che ogni persona ha un senso prediletto, che in qualche modo – per temperamento, quindi in maniera naturale, o perché stimolato dall’ambiente – diventa predominante. Da qui la grande scoperta: noi elaboriamo la realtà che ci circonda attraverso i cinque sensi, ma tra questi solo uno è dominante. Per comodità potremmo dire che Bandler e Grinder hanno catalogato la realtà secondo i cinque sensi e sono riusciti, dopo migliaia di osservazioni condotte sulle persone, a distinguere e a individuare tre categorie ben definite. Troviamo dunque le persone “visive”, le persone “uditive” e le persone “cinestesiche”. Le persone “visive” sono quelle che elaborano la realtà principalmente mediante il senso della vista, quelle “uditive” invece elaborano la realtà principalmente grazie all’udito e, infine, al gruppo “cinestesico” appartengono le persone che utilizzano i tre sensi rimanenti; quindi la persona cinestesica è la persona che analizza la realtà per mezzo di gusto, tatto e olfatto. Ma perché questo è così importante in un libro che dovrebbe riguardare la nutrizione e gli alimenti e come l’industria alimentare ci stia in qualche modo boicottando?

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Fidati di me, perché la classificazione che ho appena fatto è importantissima. Proseguiamo. Come facciamo a distinguere un “visivo” da un “uditivo” e da un “cinestesico”? Molto semplice. Le persone con un sistema rappresentativo visivo prevalente tendono a rappresentare la realtà sotto forma di immagini. Hanno una velocità di parola elevata perché devono “rincorrere” le loro immagini mentali. Spesso il loro tono di voce è nasale e acuto. Quando raccontano aneddoti, si osservano i loro occhi che vedono le immagini di ciò che stanno raccontando in quel momento (solitamente guardano in alto). La loro postura è ben dritta, si muovono velocemente e in modo deciso. Tendono ad avere una respirazione poco profonda e alta (toracica). Stanno seduti in avanti o su una parte della sedia. Ricordano per immagini, sono meno sensibili a suoni e parole. Amano esprimersi con metafore e predicati visivi. Preferiscono sapere che aspetto hanno le cose. Riporto una tabella dei predicati maggiormente utilizzati dalle persone visive.

Verbi

Vedere, immaginare, apparire, scomparire, sembrare, illuminare, colorare, arrossire, sbiancare, intravedere, scorgere, adocchiare, nascondere, visualizzare, rischiarare, focalizzare, ammirare, scrutare, guardare, chiarire, eclissare, ecc.

Sostantivi

Vista, visione, visuale, panorama, occhio, occhiata, sguardo, luce, luminosità, oscurità, buio, colore, focalizzazione, tinta, tono, apparizione, immagine, figura, aspetto, immaginazione, impressione, apparenza, splendore, prospettiva, flash, immaginazione, ecc. 15


Aggettivi

Luminoso, scuro, chiaro, brillante, lucente, opaco, colorato, ombreggiato, ombroso, intravisto, visto, scomparso, ammirato, ammirabile, osservato, pallido, candido, rigato, abbellito, configurato, trasparente, limpido, dorato, fosco, splendente, roseo, inimmaginabile, ecc.

Avverbi e locuzioni avverbiali

Chiaramente, apparentemente, oscuramente, brillantemente, limpidamente, evidentemente, visibilmente, palesemente, candidamente, ad occhio, a prima vista, ecc.

Espressioni

Vedere tutto rosa, avere un punto di vista, senz’ombra di dubbio, un approccio miope, un progetto nebuloso, vedere allo stesso modo, mettere a fuoco, essere di umore nero, dare un’occhiata, mettere nero su bianco, condurre una vita grigia, combinarne di tutti i colori, ecc.

Le persone con un sistema rappresentativo uditivo sono molto attente alle parole. Parlano in modo onomatopeico. Hanno voci sonore e un eloquio più lento dei visivi e maggiormente ritmico e misurato. Il tono è uniforme e il timbro è limpido. Il loro sguardo va spesso di lato e la respirazione è diaframmatica. Parlano molto da sole e sono disturbate e distratte dai rumori. Riescono a ripetere le parole così come le hanno sentite. Imparano con l’ascolto ed amano musica e telefonate. Le persone uditive si muovono più lentamente di quelle visive. Tengono la testa dritta o leggermente piegata, come se stessero sempre ascoltando. Amano avere feedback o contatti verbali. Utilizzano espressioni tipicamente auditive. Riporto una tabella dei predicati maggiormente utilizzati dalle persone uditive.

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Verbi

Sentire, ascoltare, udire, bisbigliare, parlare, urlare, chiacchierare, ronzare, sussurrare, scricchiolare, spettegolare, chiedere, domandare, rispondere, replicare, interrogare, raccontare, narrare, suonare, amplificare, origliare, divulgare, confidare, riferire, ecc.

Sostantivi

Udito, dialogo, ascolto, orecchio, suono, rumore, parola, discorso, musica, melodia, canto, domanda, risposta, chiacchiericcio, brusio, urlo, relatore, rombo, rimprovero, grido, botto, sussurro, sviolinata, silenzio, canzone, ritmo, tonalità, nota, eco, ecc.

Aggettivi

Ripetuto, detto, affermato, chiesto, ritmato, scandito, parlante, melodioso, armonico, disarmonico, stonato, silenzioso, rumoroso, armonioso, dissonante, amplificato, ecc.

Avverbi e locuzioni avverbiali

Musicalmente, verbalmente, a parole, a orecchio, silenziosamente, rumorosamente, ecc.

Espressioni

Mettere la pulce nell’orecchio, fare orecchi da mercante, avere voce in capitolo, corre voce che, fare appello a, parola chiave, prestare orecchio, essere sulla stessa linea d’onda, ecc.

Le persone con un sistema rappresentativo cinestesico sono caratterizzate dalla calma e dalla lentezza. Vedono il mondo secondo le loro sensazioni e reagiscono soprattutto in modo fisico, toccando l’interlocutore. Respirano molto profondamente (addominale). Tengono spesso la testa bassa con i muscoli del collo rilassati. In modalità cinestesica il loro colorito tende al rossore. Camminano lentamente e hanno un eloquio spiccatamente tranquillo. Il loro tono di voce è profondo e fanno numerose pause nel parlato. Tendono a mostrare molta empatia con l’interlocutore e si 17


affidano all’intuizione. Non hanno sempre bisogno di parlare con qualcuno o di vedere le cose, perché “sentono” quando va tutto bene. Si ricordano le cose ripassandole e rivivono le loro esperienze fisicamente anche raccontandole. Riporto una tabella dei predicati maggiormente utilizzati dalle persone cinestesiche.

Verbi

Toccare, tastare, grattare, afferrare, accarezzare, manipolare, fare, forgiare, plasmare, usare, impastare, pungere, premere, lisciare, modellare, solleticare, premere, urtare, muovere, stringere, scaldare, ecc.

Sostantivi

Concretezza, presa, tocco, manipolazione, spigolosità, ruvidità, morbidezza, mollezza, pesantezza, brivido, calore, freddo, gelo, pelle, mano, spessore, materia, peso, ecc.

Aggettivi

Concreto, morbido, spesso, ruvido, caldo, freddo, pesante, leggero, liscio, vellutato, duro, avvolgente, rimescolato, impastato, baciato, appiccicoso, fresco, levigato, increspato, indurito, raffreddato, scaldato, palpabile, ecc.

Avverbi e locuzioni avverbiali

Concretamente, caldamente, gelidamente, freddamente, impercettibilmente, duramente, sofficemente, ruvidamente, teneramente, pesantemente, leggermente, ecc.

Espressioni

Toccare con mano, mettersi in contatto, avere la pelle d’oca, avere un peso sullo stomaco, avere i piedi per terra, avere tatto, avere modi ruvidi, fare il duro, afferrare il concetto, fare scherzi di cattivo gusto, rimanere a bocca asciutta, avere il dente avvelenato, essere di bocca buona, non avere peli sulla lingua, un conto salato, avere la puzza sotto il naso, avere buon naso, montare la mosca al naso, giudicare a naso, avere fiuto, fiutare l’inganno, ecc.

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A questo punto ci tengo a precisare che il visivo non è quello “sveglio” perché gesticola tanto e parla velocemente, l’uditivo non è quello equilibrato, né il cinestesico è da considerarsi “dormiente” poiché parla più lentamente e non gesticola. Assolutamente no, si tratta di tre persone totalmente diverse, con tre modalità diverse di elaborare la realtà. Non esistono tipologie sveglie o dormienti, ma solo modi differenti di rappresentare e percepire la realtà. Andiamo ora nel dettaglio della questione e cominciamo a capire perché questa suddivisione risulti così importante in tema alimentare. Se sono una persona visiva e sento parlare un visivo, ci collochiamo subito sulla stessa lunghezza d’onda. Ecco perché le persone tendono a stare con coloro che hanno lo stesso sistema rappresentazionale. Immaginate un visivo che sente parlare un cinestesico; penserà: “Oh, mamma mia, com’è lento questo, mi fa venire il latte alle ginocchia, non può andare più veloce?”. Il visivo è più avanti, vede tutto ciò che sta raccontando, il cinestesico è più emozionale. Immaginate ora un cinestesico che sente parlare un visivo; penserà: “Ma parla troppo velocemente, ha un volume troppo alto, gesticola troppo”. I visivi tenderanno quindi a stare con i visivi, gli uditivi con gli uditivi e i cinestesici con i cinestesici. Semplicemente il simile con il simile. In ambito comunicativo si dice che il grande comunicatore è colui che riesce, durante il suo eloquio, a toccare tutti quanti i sistemi rappresentazionali. Se mi trovo di fronte a una platea, e parlo in modo alternativamente visivo, uditivo e cinestesico, riuscirò a creare rapporto con tutte e tre le categorie di persone presenti in sala. Ecco che piano piano si svela come possiamo utilizzare dal punto di vista pubblicitario, nutrizionale, alimentare questi tre 19


sistemi rappresentazionali e come l’azienda alimentare se ne serva per i propri scopi di guadagno. Ora che hai capito come funzionano, comprenderlo risulta quasi intuitivo. Fai caso alle pubblicità che vengono proposte in televisione: nel 90% dei casi toccano tutti e tre i sistemi rappresentazionali; sia da un punto di vista di contenuto, verbi e locuzioni, sia da un punto di vista musicale e di creazione di emozioni. Quindi, che cosa dobbiamo fare? Cerchiamo prima di tutto di scoprire qual è il tuo sistema rappresentazionale. Ad esempio, se sei “visivo” osserverai le immagini e i colori della confezione o il colore del cibo, che risulterà molto invitante. Se sei “uditivo” sarai attratto dai rumori, dalle musiche nelle pubblicità, dallo scrocchio di qualcosa di croccante. Se sei “cinestesico” la farà da padrone l’emozione che può scaturire dal veder bollire un sugo in una pentola o da un biscotto che esce dal forno. Ricapitolando, per scoprire il sistema rappresentazionale con cui elabori la realtà ti basterà rileggere questo capitolo, analizzare il modo in cui parli e quando vedi una pubblicità comprendere quali sono le cose che attirano di più la tua attenzione. I colori e le immagini? Allora sarai prettamente un visivo. I suoni e i rumori? Allora sarai un uditivo. Il tatto, l’olfatto, il gusto? In quel caso sarai un cinestesico. Segna qui sotto il tuo sistema rappresentazionale: _______________________________________ Ora che lo conosci, l’invito che voglio farti è quello di sperimentarti negli altri sistemi rappresentazionali “più deboli”, in modo da percepire la realtà nella sua completezza, prestando la massima attenzione a come le aziende alimentari cerchino 20


di accaparrarsi e fare leva sul tuo sistema rappresentazionale predominante, magari presentando un prodotto con un’immagine che non combacia minimamente con l’effettivo elenco degli ingredienti; ma di questo parleremo nella seconda parte del libro. Giunti a questo punto sei pronto per seguirmi nel prossimo capitolo, che ci permetterà di addentrarci nelle dinamiche decisionali del nostro cervello, per capire come siamo attratti dalle cose e come questo interessi particolarmente alle industrie alimentari.

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Seconda parte Esempi pratici



6 Cereali, farine e derivati

Credo molto nel valore dei cereali INTEGRALI. Ricordiamoci sempre che il cereale integrale è pura forza. Nel chicco c’è tutta l’energia vitale che sprigiona la pianta e, come dico sempre, il chicco simboleggia la perfezione della natura e possiede un compendio energetico e una completezza nutrizionale unici. Dopo questo (meritato) complimento ai chicchi dei cereali integrali, andiamo a vedere come nella realtà l’industria ci guidi in modo totalmente fuorviante rispetto a quello che è indicato in etichetta. Ora ti parlerò della suddivisione delle lavorazioni che subiscono i chicchi dei cereali integrali. I consumatori si fanno spesso guidare da scelte basate su convinzioni o conoscenze errate. Quello che stai per leggere ti aiuterà invece a fare chiarezza. La terminologia è molto importante, per cui partiamo con la suddivisione delle farine. Le farine La farina, come sappiamo, è il risultato della macinatura di un chicco integrale. Nei primi anni del Novecento non esisteva una suddivisione delle tipologie di farina, perché per farina si intendeva semplicemente la polvere ottenuta dalla macinatura a pietra del chicco in63


tegrale. In realtà, con il passare del tempo, l’industria ha richiesto una raffinazione sempre maggiore del chicco, in modo da poter disporre di farine che si addicessero maggiormente alla lavorazione industriale, a discapito della salute dei consumatori. Così sono nate la macinatura a cilindri e la setacciatura delle farine. Le farine, come sappiamo, sono di diversi tipi e hanno una diversa nomenclatura. La vera farina integrale è solo macinata a pietra e si ottiene dalla macinatura integrale del chicco; ciò significa che il chicco è compreso delle glumelle (la parte fibrosa che protegge il chicco), dell’endosperma (la parte interna, più ricca di amidi rispetto alle fibre) e del germe (la parte più nobile, con acidi grassi, vitamine idro e liposolubili, enzimi e micronutrienti che rendono il cereale un alimento eccellente). Questo tipo di farina è facilmente riconoscibile: il colore è brunastro e ha un sapore tondo, forte, caratteristico dei cereali. La farina integrale presente in commercio è ottenuta con macinatura a cilindri, la quale elimina praticamente ogni principio nutritivo e ogni fibra dalla farina, e poi viene “ricostituita”, si aggiunge cioè la crusca nel caso in cui la si voglia “integrale”. Poi sono nate la farina di tipo 2, 1, 0 e 00. Senza scendere troppo nel dettaglio, queste si trovano in ordine crescente di impoverimento. Significa che la farina tipo 2 ha subito una blanda setacciatura (se macinata a pietra) o è stata addizionata di fibre, pur non contenendo traccia del germe (se macinata a cilindri); è un buon compromesso tra la farina integrale e quella raffinata ed è definita “semintegrale”. La farina tipo 1 contiene una minor quantità di questi elementi. La farina 0 è quasi totalmente formata dalla parte dell’endosperma, quindi amidacea, e non contiene più né fibra, né germe. La farina 00, infine, rappresenta il massimo dell’im64


poverimento e contiene solo la parte amidacea, non avendo nulla della parte fibrosa, né del germe. Quindi è la farina povera per eccellenza. La terminologia La terminologia è un aspetto molto importante: la raffinazione nasconde il primo tranello già nella parola stessa, infatti un prodotto raffinato nel linguaggio comune è solitamente considerato un prodotto selezionato, depurato, nobile. Pensiamo alla raffinazione del petrolio; questa lavorazione ha tra i vari prodotti ottenuti anche gasolio e benzina, sicuramente di più alto valore commerciale e utilità sociale. Chiediamo a una persona se gradisce maggiormente un barile di petrolio o uno di benzina; penso la risposta sia orientata sulla seconda opzione. Nel mondo nutrizionale, invece, raffinazione significa impoverimento e non significa nobilitazione. Facciamo attenzione all’euristica della disponibilità collegata a quella di primo ancoraggio riguardo la farina 00. La farina 00 ci dà l’idea di essere una farina pura; la forma dello 0 è tondeggiante, non spigolosa: è immediato accostare la dicitura 00 a qualcosa di perfetto. Questo è ovviamente del tutto calcolato dalle aziende alimentari nella comunicazione di un prodotto. La farina 00 ci suggerisce l’idea di essere il cuore della farina, la parte più nobile, ma in realtà è l’esatto contrario. Pensiamo poi al suo colore, il bianco. Secondo l’euristica di primo ancoraggio insieme a quella della disponibilità, il bianco è il colore associato alla purezza, al bello, a qualcosa di nobile. Non è assolutamente così. Oggi sul mercato si trovano delle confezioni di farina 00 con una parte trasparente per far intravedere al con65


sumatore il bianco della farina. Più una farina è bianca, invece, più è povera. Prima di mostrarti qualche esempio di etichette vorrei parlarti dei nomi commerciali delle lavorazioni che i vari cereali possono subire. Anche questa tematica è quasi sempre sconosciuta; i termini a cui mi riferirò sono presenti sulle confezioni, ma la maggior parte delle persone non ne conosce il significato. Decorticato Spesso associato a farro e orzo, l’aggettivo “decorticato” descrive un processo di blanda raffinazione del chicco integrale che fa perdere una parte di fibre. Di solito quando si macina un cereale decorticato si ottiene una farina di tipo 2, che non è una farina integrale, ma semintegrale. È un buon compromesso. Perlato e brillato Perlato viene spesso utilizzato in riferimento all’orzo e al farro. Brillato, invece, viene usato in relazione al riso. Prima di continuare con la spiegazione ti invito a osservare questa etichetta. Appartiene a un prodotto biologico, quindi “teoricamente” un buon prodotto. Quali sono le prime emozioni legate a quello quello che vedi? Guarda anche le scritte sotto: 66


“orzo italiano”, “ricco di fibre”, la rappresentazione della bandiera italiana. Facciamo un’analisi secondo l’euristica della disponibilità e l’euristica di primo ancoraggio. Quando ci troviamo di fronte a un’etichetta di questo tipo utilizziamo anche il filtro cerebrale della generalizzazione e della deformazione; andiamo a vedere i termini presentati su questa etichetta: • orzo: termine che dà l’idea di cereale antico, importante, salutare; • perlato: probabilmente i consumatori non hanno idea di cosa significhi; quali immagini evoca? La bellezza di una perla, qualcosa di prezioso, la sua lucentezza. E le emozioni ad esso collegate? Quali sono per te?; • italiano/made in Italy: sinonimo di qualità, sappiamo di essere i migliori al mondo in tema food; • ricco di fibre: tutti conoscono l’importanza di avere un’alimentazione ricca di fibre; • colore: un rosso spento, color terracotta, che “sa” di antico. Come avrai constatato, nulla è lasciato al caso. Tutto su questa etichetta è votato a evocare emozioni potenzianti. Lo stessa cosa avviene con il termine “brillato”. Immagina di avere davanti la stessa etichetta con il termine “brillato” al posto di “perlato”. Qual è il concetto sotteso? Brillante, brillantezza, preziosità, quindi ancora emozioni potenzianti. Vediamo ora, invece, il “vero” significato di perlato e brillato. Non mi dilungherò molto, perché entrambi significano “povero”. Nell’orzo perlato e nel riso brillato, infatti, è stato tolto tutto, sono stati totalmente eliminati glumelle e germe, lasciando solo l’endosperma, che contiene principalmente amido e una piccola parte di fibre (percentuale esigua rispetto a quella eliminata) che permette la dicitura “ricco di fibre”. 67


Quindi i termini “perlato” e “brillato” indicano un chicco totalmente depauperato, rapinato, spogliato delle sue parti nobili; questo è il suo autentico significato, ben diverso dalle immagini evocate nella mente del consumatore, instillate dalle aziende e dai pubblicitari. Dalla macinatura di cereali perlati o brillati si ottengono le farine 00, e qui si chiude il cerchio. Il mio fine non è quello di dirti cosa comprare, ma darti gli strumenti necessari per comprendere che un alimento perlato o brillato è stato privato della sua parte più nobile. La scelta in merito al suo acquisto rimane sempre tua. Integrale Continuando a parlare di terminologia, passiamo allo smascheramento di uno dei trabocchetti più infimi dell’industria alimentare, ovvero l’uso della dicitura “integrale”. Come abbiamo già detto, la parola integrale esprime l’interezza del chicco, un chicco macinato intero, così com’è naturalmente. Ora, analizziamo alcune etichette.

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Guardando questa etichetta puoi vedere la scritta “con farina integrale, ricchi di fibra, senza olio di palma”. Soffermiamoci un attimo su quelle che sono le emozioni che provi guardando questo prodotto: i messaggi e le immagini sulla confezione comunicano sicuramente emozioni potenzianti legate al benessere. Dall’immagine si “presume” che il crostino sia composto da farina integrale (data la visibilità delle fibre nel crostino stesso) e, se non bastasse, di fianco troviamo una spiga che richiama l’integralità del prodotto. Ma se passiamo alla lista ingredienti cade la congettura.

Come vedi questo è un prodotto che io definisco “ricostituito”. Parlare di integrale è totalmente fuorviante. Leggiamo gli ingredienti: farina di frumento integrale al 58,8%, composta da farina di frumento (cioè una farina 00), farina di frumento integrale e cruschello di frumento. Il primo ingrediente che compone la farina integrale è la farina 00! L’arcano dell’industria alimentare è proprio questo: utilizzare il termine integrale quando in realtà negli ingredienti c’è farina ricostituita, ovvero farina bianca 00 e cruschello (cioè le glumelle del chicco). Questo purtroppo è consentito dalla legge italiana, poiché la ricostituzione può essere definita integrale. E questo è un grande problema. Ecco perché ogni volta che leggi la scritta “integrale” in etichetta ti prego di andare a leggere gli ingredienti per sincerarti che la farina sia effettivamente integrale e non una farina rico69


stituita. Il problema della farina ricostituita è che gli effetti deleteri della farina bianca o raffinata sulla nostra salute rimangono invariati. Purtroppo la macinatura a pietra non è prevista a livello industriale in quanto queste farine hanno brevi scadenze. Ecco un altro esempio. Di seguito puoi vedere l’etichetta riportata sulla confezione di questi “frollini biologici con farina integrale e olio extravergine d’oliva”.

Se leggiamo gli ingredienti troviamo la farina integrale di frumento; la maggioranza dei consumatori si ferma qui soddisfatta, ma se proseguiamo possiamo vedere che tra parentesi è riportata la composizione: “farina di frumento 00, cruschello di frumento”. Questo è il classico esempio di un alimento, in questo caso biologico, con una farina totalmente ricostituita: ne consegue che è bene prestare particolare attenzione quando sulle confezioni è riportato il termine “integrale”. Il pane Concludo questa sezione dedicata a cereali e derivati parlando del pane. Il supermercato in cui compri il pane ha l’obbligo di avere un “libro unico degli ingredienti”. Gli ingredienti non sono indicati sotto ogni tipologia di pane, ma esiste un “libro unico degli ingredienti” che deve essere fornito su richiesta del cliente, con il quale possiamo verificare che tipo di ingredienti sono 70


presenti nel pane che stiamo comprando. Per le stesse motivazioni di cui ti ho già parlato, ti consiglio di non fidarti della dicitura “pane integrale”, ma leggi la lista degli ingredienti, perché con tutta probabilità scoprirai che quel pane contiene farina bianca, che magari è proprio quella che vorresti evitare. Detto questo, ti suggerisco un altro piccolo trucco. Fai attenzione alla terminologia. Il pane “di” farro è diverso dal pane “al” farro. Il primo è un pane fatto solamente con farina di farro, il secondo, invece, è fatto anche con farina di farro. Oggi questi tipi di pane sono diventati molto di moda, perché attirano l’attenzione del cliente; lo stesso vale per il pane “ai cereali antichi” o “al grano saraceno”. Se leggi la lista degli ingredienti scoprirai cosa effettivamente contiene; magari quel pane contiene una percentuale irrisoria di grano saraceno rispetto alla percentuale predominante di farina 00. La strategia, ormai lo avrai capito, è quella di utilizzare dei grani che sono percepiti dal consumatore come alimenti benefici grazie a euristiche che portano emozioni potenzianti, come farro, kamut, Senatore Cappelli, Gentil Rosso e grani antichi, per associarle alla parola pane. Andando nel dettaglio, con tutta probabilità, ci accorgeremo che le cose sono ben diverse. Vediamo un’altra etichetta.

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Questa è l’etichetta di un “Cracker farro e grano saraceno”, il cui colore richiama l’integralità. La dicitura “con cereali integrali” è accompagnata da una bella immagine di un cracker fatto con cereali integrali. Condiscono il tutto alcune spighe di grano tenero e di grano saraceno, nella loro integralità, potenziate da una freccia per indicare il loro contenuto nel prodotto. Tutto bene? Direi proprio di no! Non mettiamolo subito nel carrello! Se giriamo la confezione possiamo leggere l’elenco degli ingredienti: “crackers con farina integrale di farro e farina integrale di grano saraceno”. La preposizione “con” svolge la stessa funzione di “al” prima citato, indicando un concetto ben diverso da un alimento fatto “di” grano saraceno e farina integrale.

INSERIRE IMMAGINE “PAG 28 INGREDIENTI C RACKER GRANO SARACENO E FARRO FASULLO”

L’etichetta si commenta da sola. Questa è una farina di frumento 00 (85,7%), olio di palma e con solo il 4% di farina integrale di farro e un altro 4% di farina integrale di grano saraceno. Dato che in etichetta è riportata la dicitura “con cereali integrali”, per non essere perseguibili legalmente alla farina di frumento 00 si aggiunge la crusca di frumento, che nell’elenco è posizionata dopo la farina di lenticchie cotte e il lievito di bir72


ra: si tratterà quindi di una percentuale irrisoria, ma, come già scritto, è il sistema “legale” che consente di trasformare la farina di frumento 00 in una farina integrale. È chiaro il concetto? Il consumatore è convinto di acquistare un “cracker farro e grano saraceno”, invece compra un cracker che è fatto all’85% di farina bianca e solo per il 4% di farro e per il 4% di grano saraceno. A te ogni deduzione.

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Dal 2005 Edizioni Enea collabora insieme a Scuola SIMO con un obiettivo preciso: fornire contenuti di qualità per promuovere la salute di corpo, mente e spirito. Pubblichiamo libri destinati a naturopati e operatori della salute, ma anche a semplici appassionati e curiosi. Ci occupiamo di scienza ma anche di spiritualità, integrando i più grandi insegnamenti di Oriente e Occidente. Guardiamo alle grandi tradizioni mediche del passato e ci apriamo alle più innovative proposte nel campo della medicina olistica.

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Fabio Bussacchini, ha due grandi passioni: l’alimentazione e la psiche. Ha conseguito una Laurea in Scienze e Tecnologie alimentari, una Laurea Specialistica in Scienze della Nutrizione Umana e una Laurea in Scienze Psicologiche. È nutrizionista e si occupa di Total Food Defence, Qualità e Legislazione Alimentare per conto di diverse aziende alimentari internazionali, come libero professionista. È docente in diversi corsi dedicati alla nutrizione umana ed educazione alla corretta nutrizione, nonché lettura delle etichette alimentari. Ha prestato servizio per sei anni come Ispettore N.A.S. (Nucleo Carabinieri Antisofisticazione e Sanità), durante i quali ha proceduto a controlli su sicurezza alimentare, integratori e farmaceutica in tutto il territorio nazionale, gestendo in prima persona diverse emergenze sanitarie e alimentari. Ha scritto Il dono (Eifis Editore). Il suo sito è www.fabiobussacchini.it

In copertina: © elenabsl / shutterstock Art Direction: Camille Barrios / ushadesign

€ 18,00


Prendere un alimento e riporlo nel carrello (fisico o virtuale) è uno dei gesti più “semplici” che ripetiamo svariate volte durante le nostre giornate. Il grande pericolo che si nasconde dietro queste azioni è l’automatismo, un processo mentale che il nostro cervello ama immensamente, poiché gli permette di consumare poca energia e lavorare il minimo indispensabile. Il lato oscuro dell’automatismo è l’azzeramento della nostra consapevolezza. Le scelte non sono più “pensate” ma condizionate da pubblicità e fattori esterni. Leggere questo libro vi permetterà di vivere in modo nuovo e libero l’esperienza di fare la spesa.

ISBN 978-88-6773-099-5

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