Da Ippocrate al Coronavirus di Gerd Reuther

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Gerd Reuther

Ippocrate

al Coronavirus

Come la medicina è diventata quella che conosciamo oggi

Da

Gerd Reuther, medico e autore di best seller, in questo libro ripercorre criticamente 2500 anni di storia medica europea. Non importa se nella Grecia antica o nella crisi da Coronavirus: sotto il pretesto di una presunta scientificità – l’autore evidenzia con un’attenta e scrupolosa narrazione – la salute e il bene dei pazienti sono sempre stati messi in secondo piano. Fintanto che l’ideologia cristiana ha dominato la medicina, le guarigioni operate dagli uomini rappresentavano una sgradita concorrenza per il privilegio della Chiesa di dispensare la salute. Dall’inizio del XX secolo il complesso medico-industriale ammette le guarigioni solo in casi eccezionali, perché la salute è un business meno redditizio della malattia.

Oggi a dominare la medicina al posto delle eresie clericali sono i dogmi farmaceutici, consolidati dai premi Nobel e idealizzati come cambiamenti di paradigma. L’obiettivo è un esercito di malati cronici: troppo sani per morire, ma troppo malati per vivere indisturbati senza ricorrere alla medicina.

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Gerd Reuther

Da Ippocrate al Coronavirus

Come la medicina è diventata quella che conosciamo oggi

© 2021 Riva Verlag, an Imprint of Muenchner Verlagsgruppe GmbH, Munich, Germany. All rights reserved. Negotiated through Giuliana Bernardi, Literary Agent.

© 2022 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl

I edizione ottobre 2022

ISBN 978-88-6773-121-3

Titolo originale dell’opera Heilung Nebensache

Traduzione di Silvia Nerini

Art Direction: Camille Barrios / ushadesign Stampa: Graphicolor (Città di Castello)

Edizioni Enea

Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano info@edizionienea.it - www.edizionienea.it

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

Questo libro è stampato su carta che proviene da foreste certificate FSC® e da materiali riciclatiQuesto libro è stampato su carta che proviene da foreste certificate FSC® e da materiali riciclati

L’arte della guarigione ha due facce: empatia e competenza sociale; gestione della paura e della sofferenza. Dott. Helmut Jäger medico specialista in ginecologia e ostetricia guaritore olistico e coach

Sembra cosa buona […] muoversi lungo nuove strade e in nuovi sistemi […] non permettere che né la voce del calunniatore, né il peso della cultura antica o dell’autorità ostacolino coloro che esprimono le proprie opinioni.

Jean François Fernel (1497-1558) De naturali parte medicinae, Parigi 1542

Indice

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Prologo: una lotta contro le malattie o contro i malati?

2500 anni di medicina in 100 pagine

Tavola cronologica degli eventi più importanti nella medicina europea

Chi o che cosa viene curato: il malato o la malattia?

L’incontro fra medico e paziente – Storia di un malinteso

Dove si prestavano le cure? – Dal consulto privato alla clinica

Dove i terapeuti individuavano le cause delle malattie

Diagnosi? Prognosi? Terapie? – Che cosa contava per i medici

Solo la dose? – Breve storia della farmacoterapia

L’alimentazione è in grado di guarire? – Breve storia dei consigli dietetici medici

Di quanta anatomia e fisiologia ha bisogno la medicina?

Quanto sangue deve essere versato? – Breve storia della medicina invasiva

Quanto dolore è tollerabile? – Breve storia dell’anestesia

Più di un’occhiata – Breve storia delle immagini dell’interno del corpo

Sono i medici stessi a ostacolare lo sviluppo della medicina

Ippocrate disprezza i numeri – Breve storia dell’evidenza medica

Il mito del placebo – Breve storia di una salutare mistificazione

A star fuori tocca a te! – Breve storia della stigmatizzazione medica

Prevenire o curare? – Breve storia della prevenzione

Chi o che cosa fa guarire? – Breve storia dell’autocritica medica

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Una faccenda per soli uomini? – Breve storia delle donne in medicina

Malati per via delle cure? – Breve storia dei danni provocati dalla medicina

Epilogo: … e la morale di questa storia? Ringraziamenti

Note bibliografiche

Al giorno d’oggi vale ancora la pena di occuparsi della medicina dei secoli passati? Dopo tutto, farmaci di grande efficacia e una chirurgia hi-tech mininvasiva hanno soppiantato i salassi e le amputazioni in condizioni di non sterilità e senza anestesia. Tuttavia è evidente che ancor oggi molti medici attivi ai tempi della dottrina umorale sono considerati delle autorità indiscusse nella categoria. Si tratta solo di indulgenza nei confronti di colleghi che sono nati troppo presto e non potevano disporre di conoscenze migliori? O non esiste piuttosto una continuità nel fatto che in medicina si tende in prevalenza a “combat tere” contro i malati anziché contro le loro malattie?

Non tutto è cambiato con la trasformazione del pensiero medico. I medici a orientamento scientifico continuano a servirsi di un gergo incomprensibile a metà fra il latino e il greco: “eritrociti” = “globuli rossi” o “splenectomia” = “asportazione della milza”. La pressione arteriosa e la quantità di gas presenti nel sangue si misurano ancora in mmHg, nonostante l’uso delle colonnine di mercurio non sia più consentito dal 1978 [in Italia dal 2007; N.d.T.]. Una celebre rivista specializzata porta tuttora il nome dello strumento con cui si praticavano i salassi: The Lancet, ovvero la lancetta o bisturi. Una ricerca delle tracce nel passato permette di considerare la medicina odierna sotto un’altra luce.

Aspettare o danneggiare?

All’inizio si cercava di curare con piante, sostanze animali e minerali, rituali e con le mani. Successivamente, la teoria umorale dominò la scienza per più di duecento anni prima che le malattie venissero

Prologo: una lotta contro le malattie o contro i malati?
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localizzate. Medici e non sottraevano fluidi corporei ai pazienti – sen za preoccuparsi delle conseguenze negative – per mezzo di salassi e rimedi che svolgevano un’azione lassativa, stimolavano un’eccessiva secrezione di muco e inducevano il vomito. Venivano inoltre prescritte cure di essudazione e delle acque minerali. Tutte le malattie avrebbero dovuto essere eliminate a mezzo di queste procedure.

Ad aggravare la situazione, si aggiungeva il fatto che molti medi cinali per l’espulsione dei fluidi contenevano sostanze tossiche come il mercurio e l’antimonio, che a partire dal XVII secolo venivano addirittura somministrate per via endovenosa. Tutt’al più era una questione di dosaggio. Le trasfusioni di sangue animale erano con siderate relativamente sicure, nonostante almeno un paziente su tre fosse destinato a morire in quanto non si conoscevano ancora i gruppi sanguigni1. Nelle operazioni senza uso di anestetici, la rapidità aveva la priorità sulla precisione. Nella Londra vittoriana, al chirurgo più veloce bastavano 25 secondi per amputare una gamba2. A partire dal XIX secolo, a questi interventi chirurgici si aggiunsero quelli di mu tilazione contro l’isteria e i disturbi psichici. Non c’è da stupirsi che nei primi centocinquant’anni della sua esistenza l’omeopatia abbia avuto più successo della medicina ufficiale, visto che perlomeno non produceva danni.

I farmaci dell’era industriale provenivano sempre più di rado dal regno delle erbe officinali e sempre più dal settore della chimica tecnica. Dal 1818, nelle farmacopee fece la sua comparsa perfino l’acido ciani drico, una sostanza altamente tossica di cui si consigliava l’uso in dilui zione come rimedio contro le malattie delle vie respiratorie3. Per quasi tutto il XX secolo, composti primari e sostanze di scarto della sintesi industriale di vernici e resine artificiali hanno costituito la base di far maci palliativi. Il clofibrato, il primo farmaco riduttore del colesterolo, risultava ancora dalla produzione di fenoli, e sotto il profilo chimico ap partiene a una classe di sostanze che comprende numerosi diserbanti4! Anche molti antibiotici e immunosoppressori sono strettamente imparentati con i pesticidi dal punto di vista chimico e vanno pertanto visti come omologhi contemporanei del mercurio e dell’antimonio.

Le sostanze non venivano necessariamente cercate per via di de terminate caratteristiche, spesso accadeva l’esatto contrario: quelle

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esistenti venivano esaminate con cura per il loro possibile impiego negli esseri umani. I farmaci chemioterapici furono ricavati dall’iprite, il famigerato gas mostarda utilizzato nella prima guerra mondiale. Tuttora si commette l’errore di considerare i medicinali come armi, degradando così i malati a campi di battaglia. Anche all’inizio del XXI secolo un decesso su tre è in correlazione con le cure mediche5. Non si può dire che quest’ordine professionale sia mai andato troppo per il sottile. Il principio per cui è “meglio usare un rimedio pericoloso che non usarne affatto”6 persiste ancor oggi.

Attualmente la medicina accademica è considerata “di rilevanza sistemica”, ma la storia ci insegna il contrario. Le civiltà umane ripone vano la loro fiducia in concetti terapeutici completamente diversi; non si attribuiva alcuna importanza al tipo di medicina o di “arte medica”. Le cure non hanno mai ridotto il carico di morbilità o aumentato l’a spettativa di vita7. Al giorno d’oggi, anche se i medici scioperano, gli affari delle imprese di pompe funebri proseguono invariati8. I medici hanno sempre esercitato un influsso positivo o negativo solo sul desti no di singoli individui. Il benessere delle società era determinato dalle guerre, dalla miseria e dalle condizioni ambientali.

La medicina soffre tuttora di una zona d’ombra per quanto riguar da i processi di guarigione. Da quando si dissezionano i cadaveri si sa molto di più sulle malattie, ma solo poco di più sulle strategie curative della nostra biologia. Comunicare ai vivi i meccanismi della guarigio ne non è compito dei morti, che altrimenti sarebbero ancora fra noi… Per scoprire perché le persone mantengono la salute o la recuperano nonostante condizioni avverse (la cosiddetta salutogenesi), faremmo meglio a imparare dai guariti e da quelli che hanno raggiunto un’età veneranda.

Le alternative alla medicina ufficiale ci sono sempre state

In questi ultimi 2500 anni, coloro che praticavano la medicina naturale hanno contribuito di più all’alleviamento dei sintomi e alla gua rigione, e prodotto meno danni rispetto ai medici, già solo per via del fatto che i loro interventi terapeutici si basavano su esperienze

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pratiche tramandate di generazione in generazione. Quando il chi rurgo francese Ambroise Paré (1510-1590) trattò una grave ferita al volto applicando su una metà una pomata bollente a base di olio di bacche di sambuco e teriaca contenente oppio secondo i dettami della medicina ufficiale, e sull’altra metà un unguento a base di cipolle come gli era stato suggerito da una herbaria, solo sulla parte curata con l’unguento non si formarono cicatrici deturpanti9. Paré è passato alla storia, mentre della donna esperta di erbe oggi nessuno sa più niente. Nessuna storia della medicina può dunque prescindere dai rimedi naturali e da chi presta assistenza ai malati.

Il sapere terapeutico era diffuso fra la popolazione. Ötzi, l’uomo dei ghiacci morto circa 7000 anni fa, teneva nella sua borsa la Fomitopsis betulina, un fungo con proprietà antibiotiche. La steccatura di fratture ossee, la riduzione delle lussazioni, la pulizia delle ferite e l’uso di ac qua fredda nelle infiammazioni hanno sempre fatto parte delle misure di automedicazione. La farmacia della natura metteva a disposizione rimedi lassativi ed emetici, come pure preparazioni erboristiche per la cura di ferite, disturbi femminili, calcoli delle vie urinarie, infiamma zioni gastrointestinali o insufficienza cardiaca. Oppio, alcol e clisteri erano reperibili presso i farmacisti.

Se i sintomi persistevano e i dolori diventavano più opprimenti, ci si rivolgeva a erboristi, cerusici, pecorai o boia. I medici accademici si limitavano a prescrivere le terapie manuali, che venivano eseguite dagli artigiani della salute. In pratica, ci si poteva far fare un salasso dal barbiere, risparmiando l’onorario del medico. Per lungo tempo, ai medici non rimase molto altro che la prescrizione di sostanze chimiche tossiche, in grado di produrre effetti ancor più devastanti a causa delle adulterazioni cui le sottoponevano gli speziali al fine di ridurre i costi10. Fino al XVIII secolo, i medici erano solo “ospiti nell’ambito dell’automedicazione”11.

La situazione cambiò con le persecuzioni su scala europea nei con fronti delle “streghe”, poiché all’epoca vennero denunciate e mandate al rogo soprattutto guaritrici e levatrici, come pure pensatori indipendenti. Con questa ondata di omicidi le Chiese non volevano soltanto liberarsi di critici sgraditi, ma c’era in gioco anche una questione di introiti. Durante la crisi economica successiva alla chiusura dei mer

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cati orientali e come risultato della Piccola era glaciale, nel settore sanitario la torta da dividere era diventata più piccola. L’eliminazione della concorrenza avrebbe dovuto garantire le entrate per clero e medici. Di conseguenza, dalle farmacie domestiche scomparvero le miscele anestetizzanti che avrebbero potuto risparmiare qualche visita da parte del medico. Il ruolo di “periti” svolto dai medici nelle torture è stato indagato ed elaborato ancor meno approfonditamente del loro coinvolgimento nei campi di sterminio nazisti.

La medicina ha bisogno di eroi?

La storia della medicina non è una saga eroica. Fra i medici ancor oggi famosi, sono pochissimi quelli a essere stati più di aiuto che di danno. Che si trattasse di oppio o di salassi, di mercurio o di interventi chirurgici azzardati, tutte queste procedure provocavano danni alla salute e decessi. È vero che Paracelso (1493-1541) rigettava la dottri na umorale, ma le sue teorie sulle malattie non erano meno assurde. Presunti idoli della batteriologia come Louis Pasteur (1822-1895) e Robert Koch (1843-1910) non erano “salvatori dell’umanità”: il pri mo non ha inventato la “pastorizzazione”, e non è al secondo che dobbiamo la scoperta degli agenti patogeni del colera, dell’antrace e della tubercolosi.

A un’osservazione più attenta, si nota che di solito le ombre pre valgono sulle luci. Nessuno è degno del ruolo di autorità indiscussa. Il grado di notorietà ha poco a che fare con gli effettivi meriti. Spesso le innovazioni più importanti non sono provenute dalle “roccaforti dei custodi del grande sigillo della scienza”12, ma da voci fuoricampo che per anni o secoli non hanno trovato ascolto. Un condottiero nella Grecia antica13 e un semplice cittadino romano conoscevano le vie di contagio delle malattie infettive ben prima che la medicina erudita formulasse congetture fuorvianti14. I non addetti ai lavori avevano osservato i microbi al microscopio già duecento anni prima dei cacciatori di batteri del XIX secolo.

Quello che passa per essere il primo trapianto cardiaco, inscenato a livello mediatico nel 1967 nella completa ignoranza dei processi im

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munologici, non fu una prestazione medica responsabile. I trapianti di altri organi avevano da tempo dimostrato che l’equilibrio farmaco logico tra il rigetto e il rischio di infezione non era affatto sotto controllo. La performance installativa del giocatore d’azzardo chirurgico equivalse a un viaggio di sola andata per il paziente, che sopravvisse diciotto giorni. Già tre anni prima di questo esperimento su un esse re umano, un chirurgo americano si era cimentato in un’anteprima mondiale senza sottofondo mediatico, fallendo miseramente15. Il tut to, tra parentesi, ancora in assenza del discutibile concetto di “morte cerebrale” del donatore, spudoratamente motivato da interessi commerciali e introdotto in fretta e furia solo nel 196816.

Tuttavia, finora la storia della medicina è stata dominata da attività individuali, il che ha consentito di occultare il bilancio catastrofico dei medici accademici. Di rado le nuove scoperte nel campo dell’anato mia, della fisiologia e della biochimica hanno avuto ripercussioni pratiche. L’analisi di William Harvey (1587-1657), secondo cui all’interno del nostro organismo circola costantemente una limitata quantità di sangue, avrebbe quantomeno dovuto modificare la pratica dei salas si. Per decenni l’identificazione degli agenti patogeni non è riuscita a impedire o a eliminare le infezioni. Per quale motivo i temerari propu gnatori di trasfusioni e fleboclisi sono ancora apprezzati come pionieri della medicina di emergenza-urgenza, nonostante la loro strada sia lastricata di cadaveri? Perché a godere di stima e considerazione non sono quei medici che, come il geniale precursore francofortese dell’en doscopia Philipp Bozzini (1773-1809), hanno curato con abnegazione pazienti altamente contagiosi finendo per infettarsi mortalmente?

In rarissimi casi è possibile attribuire determinanti innovazioni e cambiamenti di paradigma a un’unica persona e a una data ben preci sa. Il più delle volte individui diversi in luoghi differenti sono giunti a soluzioni simili, e inoltre non tutti hanno messo per iscritto i loro pen sieri e azioni con lo scopo di tramandarli ai posteri. Troppo spesso le ricerche dimostrano che i presunti pionieri non hanno rispettato proprio scrupolosamente la proprietà intellettuale. Più importante della scoperta della procedura è la prima volta in cui la sua applicazione ha successo. È per questo che alcune cose sono andate diversamente da come ci danno a intendere i libri di storia17. Solo di rado sono stati

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i cattedratici o i grandi gruppi industriali a far compiere passi avanti alla medicina, ma sono sempre stati i professori ordinari, i direttori di istituto o i lobbisti industriali a ostacolarne i progressi.

La medicina è anche un affare

Quasi sempre la salute e le guarigioni hanno costituito una minaccia per gli introiti dei medici. Un professore tedesco, divenuto tristemente noto negli anni Trenta per via delle sue pubblicazioni sull’igiene razziale, riconosceva con disarmante sincerità che “importanti inte ressi economici si oppongono alla guarigione”18. È per questo che la medicina accademica si adopera principalmente a capire le malattie anziché i processi di guarigione?

Dato che i guadagni dei medici dipendevano dalle prestazioni erogate e dal loro numero, le indicazioni e l’evidenza delle terapie ne risentivano negativamente. La “meravigliosa macchina dell’autoguari gione”19 dispensava successi e introiti, a prescindere dall’inadeguatezza delle cure. Tutt’al più, i medici erano riluttanti a prestare i loro servizi nei casi in cui la morte di un paziente durante la terapia sarebbe sta ta considerata una manchevolezza o addirittura un reato e avrebbe comportato la perdita dell’onorario. Il medico e politico Józef Dietl (1804-1878) ha espresso il concetto in questi termini: “Finché ci saran no medici di successo, non ci saranno medici scientifici”.

Le “pandemie” inscenate nel XXI secolo confermano che i metodi scientifici non hanno apportato il minimo cambiamento al predominio commerciale in ambito medico. È stato fatto un uso distorto di valori rilevati, studi e test al fine di diffondere nuove diagnosi e co stringere le persone a sottoporsi a cure tanto inutili quanto dannose. Il diritto a prestazioni sanitarie in caso di malattia – in vigore in Ger mania dal 1883 – sembra essersi trasformato nell’obbligo di sottoporsi a procedure discutibili.

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2500 anni di medicina in 100 pagine

Tutti noi conosciamo la paura ancestrale che ci prende quando una malattia si insedia nel nostro organismo, dapprima impercettibilmente e poi in maniera sempre più evidente. L’esperienza ci può garanti re che guariremo, perlomeno se siamo giovani e i sintomi sono noti, eppure ogni volta si manifesta un certo disagio. Le nostre energie di autoguarigione saranno sufficienti? Non possiamo mai sapere con assoluta certezza se non si tratti piuttosto dell’inizio della fine. È probabile che i nostri antenati percepissero questa minaccia con un’intensi tà decisamente maggiore. Di certo il bisogno di sollievo e guarigione è sempre esistito, ma c’erano sostanze, oggetti o azioni in grado di abbreviare o far passare la malattia?

I primi esseri umani utilizzavano come rimedi le piante, i minerali, le cure e le attenzioni, i sussidi meccanici, ma anche la magia1. Una delle più antiche procedure consisteva nell’arrestare le emorra gie esercitando una pressione con la mano e applicando fasciature di compressione e sostanze astringenti. Ancor oggi le popolazioni indi gene si avvalgono di vari legni che richiamano la forma di demoni o spiriti e che, una volta polverizzati, possono favorire l’accelerazione della coagulazione del sangue e produrre un effetto placebo2. L’uso di scongiuri per la guarigione di ferite e l’espressione di desideri in gene rale sono rituali antichissimi (si veda per esempio la seconda formula magica di Merseburgo).

Di contro però non sappiamo se gli esseri umani abbiano sempre voluto rinviare il più possibile la fine della vita. La minaccia esistenziale suscitava in ogni caso il bisogno di forze più potenti, come quelle espletate dai fenomeni naturali. Probabilmente queste forze personi ficate già in tempi remoti venivano evocate un po’ dappertutto, ed è

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possibile che ben presto alcuni individui si siano proposti come inter mediari. L’intenzione di quei guaritori era indurre gli dèi e gli spiriti allucinati a determinare un destino favorevole.

Le azioni efficaci sul piano psicologico e fisico potevano inoltre essere ripartite fra diversi soggetti che operavano di concerto. Ecco, per esempio, che in una civiltà progredita come quella egizia troviamo il triumvirato composto da sacerdote, sciamano e guaritore, dove i pri mi due erano specializzati nell’attivazione psicologica delle energie di autoguarigione, e il terzo procurava i rimedi concreti sotto forma di medicinali, unguenti e terapie manuali. Le guaritrici donne godevano di alta considerazione.

Vari papiri egizi del periodo intorno al 1500 a.C. contengono le de scrizioni più antiche di numerosi trattamenti chirurgici: cura di ferite, ricomposizione di fratture, ricostruzioni nasali e interventi su tumori o ascessi. A prescindere da atti di violenza ed eventuali incidenti o intossicazioni alimentari, nella storia dell’umanità dei primordi gli stati patologici venivano fatti risalire a cause soprannaturali. Nel caso di malattie interne, i rapporti causali non erano evidenti.

Tutto ha avuto inizio con Ippocrate?

La medicina europea non nasce nell’antica Grecia. Le erbe officinali e le terapie manuali sono molto più antiche, ma pare che nel V secolo a.C. nelle piccole società dell’odierna Asia Minore e sulle isole anti stanti, così come nella Magna Grecia, abbia avuto luogo un cambio di paradigma. Se fino ad allora la malattia era stata considerata una punizione divina, da quel momento l’attenzione cominciò a concen trarsi sugli errori nella condotta di vita: le malattie non cadevano dal cielo, ma potevano essere ricondotte alla natura e allo stile di vita. È probabile che l’imperversare di epidemie abbia fatto vacillare la fede nella medicina teurgica o sacerdotale.

Questo pensiero venne dapprima propugnato da filosofi naturalisti come Alcmeone di Crotone (intorno al 500 a.C.) ed Empedocle di Agrigento (495-435 a.C. circa), che cercarono di spiegare i processi in modo logico. Alcmeone riconobbe che il cervello è l’organo fon

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damentale per tutte le facoltà superiori. A Empedocle dobbiamo la teoria delle quattro sostanze primigenie (fuoco, acqua, terra, aria), da cui il medico greco occidentale Filistione di Locri (427-347 a.C. circa) ricavò la teoria della combinazione di questi quattro elementi all’interno del corpo umano, formulando probabilmente per primo l’ipotesi che le malattie risultassero da uno squilibrio fra le quattro sostanze, alle quali associò quattro qualità fondamentali (caldo – freddo; umido – secco). In questo modo furono gettate le basi per la dottrina umorale dei “medici ippocratici”.

I terapeuti raggruppati sotto questa denominazione volevano scoprire i principi alla base dei processi patologici. Le più famose dinastie di guaritori si trovavano nella penisola di Cnido, sulla vicina isola di Kos e a Crotone. Pur avendo dato il nome a una di queste famiglie, il leggendario Ippocrate di Kos (460-370 a.C. circa) non era l’unico guaritore della sua stirpe: prima di lui c’erano già stati un nonno attivo in ambito terapeutico e generazioni successive con presumibilmente sette membri della famiglia che portavano lo stesso nome. E comun que, i cosiddetti scritti ippocratici non sono opera di un’unica penna. Si tratta di una struttura realizzata a posteriori e formata da più di 89 rotoli risalenti al periodo compreso fra il V e il II secolo avanti Cristo. Si sono conservati 72 libri3, il cui stile e le cui convinzioni sono altrettanto eterogenei. È tuttavia possibile attribuire gli insegnamenti a un’unica scuola di pensiero che aveva rotto con le tradizioni dei rituali religiosi di guarigione e si rivolgeva a clienti in condizione di pagare. Ciononostante, la medicina religiosa teurgica, in cui il sonno curativo era un elemento cruciale, continuò a essere praticata, ma solo per i poveri e gli incurabili.

Le tre grandi tematiche dei testi ippocratici sono la medicina inter na, la chirurgia e la ginecologia. Le conoscenze acquisite nel corso di molti anni venivano tramandate all’interno di circoli maschili privati. Il leggendario Ippocrate, medico come suo padre, fu forse il primo all’interno della sua stirpe a istruire anche discepoli con cui non aveva legami di parentela allo scopo di ampliare il campo d’azione. Dai frammenti di una formula di giuramento che ci sono stati tramandati si può dedurre che quegli allievi ricevessero gli insegnamenti solo in cambio di lealtà e obbligo di mantenimento dei loro maestri.

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Non può esserci salute senza libertà. Qualsiasi tentativo di promuovere in maniera coatta la salute o quella che si ritiene tale, anche se animato dalle migliori intenzioni, si trasforma nel suo contrario. Nessuna terapia è priva di effetti indesiderati, tanto più quando gli interventi sanitari sono manovrati anche da interessi economici.

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