Koji Alchemy. La magia della fermentazione

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KOJI Alchemy La magia della fermentazione

RICH SHIH e JEREMY UMANSKY SANDOR ELLIX KATZ Edizione italiana a cura di MARTINO BERIA Prefazione di


Il koji è una muffa dagli eccezionali poteri trasformativi. Si tratta dell’Aspergillus oryzae, che quando si sviluppa su cereali o altri substrati, produce un vero e proprio tesoro di enzimi, consistenze e sapori. Koji Alchemy racconta i processi e le tecniche per fermentare il cibo con il koji, quel microrganismo che da migliaia di anni viene utilizzato nella cucina asiatica per ottenere i tipici sapori umami, ormai conosciuti e ricercati in tutto il mondo. Con il koji vengono prodotti salsa di soia, miso, amazake, sake, ma non solo. La magia del koji, come dimostra questo libro, può andare oltre, perché può essere utilizzato anche per ottenere stagionature rapide di salumi e formaggi, anche vegetali, e per la preparazione di tanti altri alimenti, rivoluzionando la creazione dei cibi fermentati e dei loro profili aromatici. Gli autori e pluripremiati chef Rich Shih e Jeremy Umansky, riconosciuti come i più grandi esperti di questo ingrediente, ci guidano sull’utilizzo moderno del koji. Con il loro lavoro hanno ispirato moltissimi appassionati e professionisti della fermentazione.

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KOJI Alchemy La magia della fermentazione


TRIBUTI A KOJI ALCHEMY “Questo libro ha una incredibile analogia con il tema che tratta. Così come pochi grammi di koji danno vita a milioni di combinazioni e risultati, Koji Alchemy dà accesso a informazioni potenzialmente infinite. Libri come questo rendono accessibile a tutti risorse per la creatività e l’ingegno. Sono libri che aprono la mente, il miglior cibo per chi si occupa di cibo.” MARCO AMBROSINO, chef del ristorante 28 POSTI “Ho sempre cercato di proporre una cucina che abbia carattere e che eviti scorciatoie. Da qualche anno il mondo dei fermentati mi aiuta a dare personalità ai piatti che propongo ai miei ospiti. Koji Alchemy è spesso fonte di ispirazione per nuove strade da intraprendere nella mia ricerca. Il koji non è una moda, è un modo nuovo per noi occidentali di guardare alla cucina.” IVAN MILANI, chef del ristorante Bandito 211 (#infermento) “Shih e Umansky hanno creato quello che probabilmente è il libro più innovativo del settore. Innovare significa studiare e comprendere a fondo le tradizioni per poi poterle applicare a mondi impensabili fino a quel momento. Questo libro è innovazione pura.” FLAVIO SACCO, co-fondatore di Life - Laboratorio Italiano Fermentati, la prima start up innovativa italiana che produce verdure fermentate non pastorizzate; è autore del libro Fermentare le verdure “Ogni volta mi sorprendo della magia della fermentazione. È un momento magico, extra corporeo: la natura sopra la natura. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, disse Lavoisier più di 200 anni fa. E così, e per sempre, la magia della fermentazione nasce, vive e si compie sotto le nostre mani, con noi o senza di noi. Trasforma l’incredibile. Il mondo del koji incarna incredibilmente questa meraviglia: un fungo microscopico che insieme al tempo dà vita a sapori, colori, profumi e sensazioni impreviste. Il koji distilla i sapori primordiali, li concentra fino a farli diventare così complessi da essere puri. Perfetti nella loro biodiversità. Sperimentare con il koji, attraverso le pagine di questo libro, è scoprire la tana del Bianconiglio, e rotolarci fino in fondo. E a ogni tappa, la meraviglia!” RICCARDO ASTOLFI, ricercatore, food designer, esperto di filiere alimentari rigenerative; autore dei libri Pasta Madre e Cucina Viva


“Negli ultimi anni il koji è stato trasformato da alimento tradizionale, derivante da una zona specifica del mondo, in un ingrediente fondamentale per la cucina contemporanea, basata sulla trasformazione e destrutturazione degli alimenti grazie ai processi legati alle reazioni enzimatiche e fermentazioni che il koji produce. In questo libro i due autori hanno concentrato la ‘summa’ dei più importanti prodotti che il koji aiuta a ottenere. Una sorta di occhio sul futuro sviluppo della cucina contemporanea e al tempo stesso, un caleidoscopio alchemico, potenza di un alimento tanto antico quanto innovativo!” MARCO FORTUNATO, fermentatore e ideatore del progetto I’m in fermentation “Dicono che un grammo di koji contenga un milione di spore. Shih e Umansky sono stati all’altezza di tanta ricchezza in termini di approfondimenti, portando a un livello scientifico i magici poteri trasformativi del koji (senza però intaccarne minimamente la magia). Koji Alchemy è una lettura immensamente istruttiva.” DAN BARBER, chef e co-proprietario del Blue Hill e del Blue Hill at Stone Barns, autore di The Third Plate “Da sempre trovo affascinante come molte culture abbiano sviluppato delle pratiche fermentative molto tecniche ed elaborate. Leggere Koji Alchemy mi ha aperto gli occhi su come può essere facile lavorare con il koji, ma al tempo stesso incredibilmente esaltante. Questo libro non è solo ricco di informazioni, è anche scientifico, ma soprattutto elettrizzante. Ci sprona a ricordare che abbiamo tutti molto da imparare dall’arte della fermentazione.” DANIEL BOULUD, chef e ristoratore del Daniel “Rich e Jeremy per anni si sono dedicati alla ricerca e alla sperimentazione degli utilizzi del koji, sia tradizionali, sia totalmente nuovi. Con Koji Alchemy, hanno aperto il loro quaderno degli appunti e lo hanno condiviso con noi, donandoci la loro conoscenza profonda e l’entusiasmo contagioso per questa muffa fuori dal comune. Questo libro, tanto esaustivo quanto accessibile, si dimostrerà di inestimabile valore per ogni cuoco curioso, alla ricerca di un cibo dai sapori più intensi, dedito a limitare gli sprechi in cucina o desideroso di sperimentare l’entusiasmante mondo della fermentazione.” DAN SOUZA, capo redattore di Cook’s Illustrated


“Prima di leggere questo libro, quello che Jeremy e Rich hanno fatto con il cibo non lo avrei mai creduto possibile. Da persona che ha sempre amato profondamente la stagionatura, la marinatura, la salagione e l’affumicatura, non avrei mai pensato che questi procedimenti impreziositi dal tempo, si potessero velocizzare senza comprometterne i risultati. Be’, mi sbagliavo. Prendere un ingrediente come il koji, che è stato utilizzato per centinaia di anni, e sfruttarlo per velocizzare la lavorazione di cibi come il pastrami, mantenendone l’integrità, è davvero sorprendente. In Koji Alchemy, vi mostrano ciò che a me sembra magia, e vi guidano attraverso ogni passaggio in modo che possiate rifare agevolmente gli stessi piatti, che a casa o nel vostro ristorante avrebbero richiesto mesi e mesi di preparazione, e anche molto spazio. Mi hanno aperto la mente agli innumerevoli utilizzi del koji e faranno lo stesso anche con voi. Jeremy e Rich, grazie per spingervi sempre più oltre i confini della gastronomia e per ricordare a tutti noi che ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da imparare e a cui ispirarsi.” MICHAEL SYMON, chef “La scienza è una risorsa molto utile per poter conoscere il cibo e, cosa ancora più importante, ci mostra come poter creare del cibo migliore. Questo libro riesce a “tradurre” il linguaggio della scienza e le sue applicazioni pratiche rendendoli comprensibili a tutti. Saper sfruttare e controllare gli effetti che i microrganismi operano sul cibo è una conoscenza che ogni cuoco può aggiungere al proprio bagaglio, e Koji Alchemy vi mostrerà come farlo.” FRANCISCO MIGOYA, capo chef del Modernist Cuisine “Koji Alchemy vi farà venire voglia di iniziare a sperimentare immediatamente. Il fungo che sta dietro al koji – l’Aspergillus oryzae – è uno dei tre più importanti organismi trasformativi del cibo, e questo è l’unico libro dedicato esclusivamente a lui. Shih e Umansky hanno messo in anni di studio intenso e di sperimentazione di ogni aspetto di questa muffa magica, sia la tradizione che l’innovazione, e hanno generosamente condiviso la loro conoscenza con noi, fornendoci un tracciato da seguire.” DAVE ARNOLD, autore di Liquid Intelligence; Museum of Food And Drink “Rich e Jeremy hanno fatto uno splendido lavoro nel creare un manuale indispensabile sia per chef casalinghi sia professionisti. Koji Alchemy mette a disposizione le conoscenze di base sulla cucina trasformativa e un corso professionale sulla fermentazione.” RICK TRAMONTO, executive chef e vice presidente delle operazioni culinarie presso il Tramonto Cuisine Group


“Non succede tutti i giorni che delle persone creative, piene di passione e di spirito di collaborazione si dedichino a smitizzare un ingrediente illustre. Ma qui è avvenuto proprio questo: un’esplorazione davvero istruttiva, completa e deliziosa di una delle muffe più versatili che ci sia. Sono estremamente grata per questo libro.” CORTNEY BURNS, chef; autrice di Nourish Me Home e co-autrice di Bar Tartine “Come un prestigiatore che rivela i propri trucchi, Koji Alchemy ha alzato il sipario che celava la complessa natura di alcuni dei cibi più amati al mondo. Gli autori svelano brillantemente “l’alchimia”, dando al lettore una visione chiara dei segreti che riguardano il mondo del koji. Mai prima d’ora un libro aveva saputo raccontare il koji e i suoi derivati in modo così completo e utile in cucina.” KYLE CONNAUGHTON, chef e proprietario di SingleThread Farms “Koji Alchemy è lo studio più approfondito sul tema che io abbia mai letto. In qualità di chi inizia praticamente da zero, gli autori mi hanno ispirato a saperne di più e a imparare dai maestri.” JEREMY FOX, autore di On Vegetables “Alchimista, chef e mastro salumiere, Jeremy Umansky è l’Albert Einstein del koji. Koji Alchemy – il libro che ha scritto insieme a Rich Shih, un esploratore del koji di prima classe – è affascinante, appetitoso, e ha l’ultima parola sulla spora responsabile della creazione di miso, salsa di soia, sake e molto altro ancora.” STEVEN RAICHLEN, presentatore dei programmi Project Fire e Project Smoke “In Koji Alchemy, Umansky e Shih hanno accumulato e organizzato i misteriosi poteri del koji in una guida facile da digerire, utile a tutto il mondo! Da veterani esperti della fermentazione, si rivolgono ai nuovi arrivati infatuati e ai professionisti pieni di domande con quell’entusiasmo che l’Aspergillus oryzae meritava da tempo. Koji Alchemy onora le tradizioni passate e presenti, e al contempo porta avanti concetti moderni. Questo libro, come il koji del resto, trasformerà la confusione in normalità, sapori banali in straordinari, facendovi venire voglia di ancora più umami.” MICHAEL HARLAN TURKELL, autore di Acid Trip


“Koji Alchemy è particolarmente adatto a questo momento della storia del cibo in cui i benefici nutrizionali ed ecologici della fermentazione, come mezzo con cui processare il cibo per renderlo più commestibile, sono diventati più che evidenti. Questo manuale spiega come gli effetti specifici degli enzimi del koji, una muffa selezionata in Asia in tempi molto antichi, producano un sapore più ricco (ben oltre al semplice umami), una maggior digeribilità, e dalle interazioni più efficaci con il microbiota di altri agenti di cottura. Imparate a farlo crescere, applicarlo, e a pensare alle possibili interazioni con i vari cereali e amidi. Gli autori spiegano come il koji realizzi le sue trasformazioni in tutte le categorie di cibi fermentati asiatici – le paste amminiche, gli alcolici, le carni stagionate e le verdure fermentate – per poi avventurarsi nella trasformazione di uova, latticini e altri cibi occidentali. Più che fornire delle indicazioni su come fermentare con l’Aspergillus oryzae, è un invito a lavorare con il koji percorrendo sentieri creativi in cucina. Un libro che sottolinea le meravigliose abilità di questo fungo di esaltare fragranze raffinate, gusti appaganti e una sensazione di sana sazietà nei confronti del cibo.” DAVID S. SHIELDS, Professore emerito dell’Università della Carolina del Sud; presidente della Carolina Gold Rice Foundation “Koji Alchemy apre un mondo del tutto nuovo di infinite possibilità gastronomiche. Il koji farà muovere la nuova ondata di entusiasti della fermentazione, e questi autori ne sono i messaggeri. Ho osservato da bordo campo con grande attesa e ora sono pronto a tuffarmi in questo mondo con libro a farmi da guida.” KEN ALBALA, professore di storia della University of the Pacific “Koji Alchemy parla di scoperta. Parla della collaborazione tra microrganismi ed esseri umani. Parla di cambiamento culturale e, cosa ancora più importante, di creazione del gusto. Jeremy e Rich si immergono con grazia in questa arte antica e nel suo rinascimento moderno che si allontana dalla tradizione, donandoci una visione completa su questo versatile fungo addomesticato.” KRISTEN K. SHOCKEY, coautrice di Miso, Tempeh, Natto and Other Tasty Ferments e Fermented Vegetables “In un mondo culinario in continua evoluzione, Koji Alchemy aiuterà a definire la prossima generazione di cuochi e, prima o poi, diventerà una risorsa senza tempo sia per chi ha appena iniziato il proprio viaggio sia per chi desidera migliorare le competenze apprese. Una tecnica antica al servizio della modernità. Un sapore vecchio stile, un approccio tutto nuovo.” CARLO G. LAMAGNA, chef e proprietario di Magna Kusina


“Koji Alchemy cancella la linea di confine tra metodi tradizionali e moderni con il koji, prestando sempre attenzione alla saggezza e al potere delle culture che hanno collaborato con questi microrganismi per creare sapori senza eguali. Un tocco di koji è quel che ci vuole!” LINDSAY WHITEAKER, di Harvest Roots Ferments “Koji Alchemy è in parte un esperimento scientifico, in parte un libro di storia, in parte una lettera d’amore all’arte e alle capacità di utilizzare il koji per elevare sia il cibo umile, sia quello raffinato. In questo manuale approfondito con cui condividono con i lettori il loro immenso sapere e la loro passione, Shih e Umansky rendono il mondo del koji accessibile ai cuochi di ogni livello.” LEE WOLEN, chef e partner dei ristoranti Boka e Somerset “Quando ho incontrato per la prima volta nel 2014 Jeremy Umansky e siamo diventati amici, mi ha mostrato a che cosa stava facendo con il koji. Si è trattato di un risveglio gastronomico che mi ha aperto gli occhi rispetto a cosa fosse possibile fare con il cibo per creare bontà, e questo si è esteso a tutto ciò che oggi faccio in cucina. Non potrei essere più emozionato sapendo che le sue conoscenze e quelle di Rich ora si trovano disponibili in un libro. Koji Alchemy vi cambierà.” KEVIN SOUSA, chef e proprietario di Superior Motors “Che libro straordinario è Koji Alchemy. Sono saltata direttamente alla parte sull’aceto, dopodiché non ho saputo trattenermi dallo scoprire tutti gli altri modi in cui Shih e Umansky hanno espresso l’impatto sensoriale del koji. È un libro da nerd degli ingredienti (inteso come un complimento), ma scritto in modo così coinvolgente da attirare l’attenzione di chiunque sia molto interessato al cibo. Ha esaltato la mia vena culinaria.” ANGELA CLUTTON, autrice di The Vinegar Cupboard “Koji Alchemy è un libro favoloso e ben scritto che vi coinvolge fin dalle prime pagine, fornendovi la conoscenza necessaria per saperne di più su questo misterioso ingrediente. Il koji viene ben documentato in quanto ingrediente fondamentale della cucina giapponese, un punto di partenza da cui scoprire molto altro ancora. Apprezzo molto che questo libro dimostri come il suo utilizzo per conferire e ampliare il sapore, possa essere ulteriormente esplorato in ogni cucina. Koji Alchemy è la mappa che vi serve per intraprendere questo viaggio. YUKI GOMI, di Yuki’s Kitchen; autrice di Sushi at Home



KOJI Alchemy La magia della fermentazione

RICH SHIH e JEREMY UMANSKY SANDOR ELLIX KATZ Edizione italiana a cura di MARTINO BERIA Prefazione di


© 2020 Rich Shih and Jeremy Umansky © 2021 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl Edizioni Enea edition published by arrangement with Chelsea Green Publishing Co, White River Junction, VT, USA www.chelseagreen.com Prima edizione: settembre 2021 ISBN 978-88-6773-109-1 Titolo originale dell’opera Koji alchemy: rediscovering the magic of mold-based fermentation Traduzione di Antonia Mattiello Revisione di Martino Beria Art Direction: Camille Barrios / ushadesign Stampa: Graphicolor (Città di Castello) Edizioni Enea Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano info@edizionienea.it - www.edizionienea.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

Questo libro è stampato su carta riciclata FSC®


Alle nostre mogli che comprendono che non possiamo fare a meno di seguire le nostre passioni e alle nostre figlie che speriamo le capiranno quando saranno abbastanza grandi.



Indice

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Prefazione all’edizione italiana di Martino Beria Nota all’edizione italiana dell’editore Prefazione di Sandor Ellix Katz

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Introduzione. Perché il koji?

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1. Cos’è il koji? 2. La creazione di un linguaggio comune per il koji 3. La mappa della creazione del gusto 4. Come coltivare il koji 5. Espandere la vostra produzione di koji 6. Ottimizzazione a breve termine: applicazioni veloci del koji 7. Le paste amminiche 8. Le salse amminiche 9. L’alcol e l’aceto 10. La carne 11. I latticini e le uova 12. Le verdure 13. I dolci e il pane

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Appendice A. Guida rapida alle principali preparazioni Appendice B. Preparazioni amminiche: un ulteriore approfondimento Appendice C. Grafici delle relazioni tra applicazioni di koji Appendice D. Sicurezza alimentare Appendice E. Piano HACCP per i cibi stagionati di origine animale

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Ringraziamenti Note Risorse

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Prefazione all’edizione italiana di Martino Beria

Trasformare la materia, partire dal ferro per ottenere l’oro, prendere un materiale e aggiungervi valore, elevare la base di partenza per arrivare a qualcosa di più soddisfacente, di impressionante, di risolutivo è sempre stata un’attività particolarmente attrattiva per l’uomo. L’umanità si è evoluta trasformando le cose, l’alchimia è l’emblema delle arti trasformative umane. Il desiderio e la capacità di trasformare la materia non sempre nascevano per ragioni futili come la brama di ricchezza, ma per gran parte della storia evolutiva dell’uomo, queste trasformazioni nascevano per necessità impellenti, come sopravvivere alla fame. Nel momento in cui l’uomo è apparso sulla faccia della terra ha probabilmente sentito lo stomaco contorcersi, e ha dovuto iniziare da subito a provvedere a questo bisogno incessante che muove tutto il mondo: la fame genera movimento! Questa spia che si accende, non solo a livello viscerale ma anche cerebrale, indica che il nostro motore interiore necessita di carburante. Ma se il carburante dovesse scarseggiare, oppure se dovessimo averne troppo e dovesse marcire, o se ci accorgessimo di averne avuto sotto il naso in abbondanza, ma in una forma non accessibile? Mentre stiamo assaporando un boccone delizioso del nostro cibo preferito, la sola idea che si presenti la possibilità di restarne senza, ci mette in allarme e ci spinge ad agire per prevenire il presentarsi del problema. La storia dell’alimentazione è colorata dalla fame, perennemente influenzata da questa necessità di “problem solving”, che ha messo in moto le migliori capacità cerebrali umane, dando luogo a quelle che oggi chiamiamo eccellenze gastronomiche. Questa è l’essenza dell’arte della conservazione, che affonda le sue radici nelle tecniche fermentative, di essiccazione, di affumicatura, spesso così ben orchestrate tra loro, da dare prodotti durevoli, in ambiente non refrigerato. La condizione umana prima dell’avvento del frigorifero era, infatti, ben differente da quella alla quale siamo abituati oggi. Questi armadi magici e freddi sono pronti a contenere tutta l’abbondanza di cui disponiamo, togliendoci gran parte della preoccupazione: non dobbiamo occuparci preventivamente di consumare tutto ciò che abbiamo per evitare che possa deteriorarsi. 15


KOJI ALCHEMY

Sembra paradossale ma è proprio nella marcescenza, quel processo naturale di ritorno alla terra della materia vivente, che si racchiude la possibilità di rendere durevoli i prodotti. Sfruttando quegli stessi principi microbiologici che scompongono la materia rendendola fertilizzante per la terra, e dirigendoli secondo le nostre esigenze, l’umanità ha dato vita alla fermentazione guidata. In realtà questa è sempre esistita, ed è proprio il picco iniziale di trasformazione della materia in materiale scomposto, che diventerà in breve decomposto, a meno che qualcuno non inizi a dirigere gli attori e farli recitare secondo un copione che non va più in favore della natura, ma della fame. La cottura è sempre stata intesa dagli antropologi come il primo segno di opposizione umana alla “natura”, che ha dato luogo alla “cultura”. La cottura, trasforma gli alimenti, rendendoli privi di vita, stabilizzandoli temporaneamente grazie all’applicazione di un calore esterno, che denatura le proteine sia interne al cibo, sia dei microrganismi che lo albergano. La fermentazione invece, dice Michael Pollan, è un calore freddo, capace di trasformare, “cuocere” il cibo, cambiarne la texture, aggiungervi aromi e potere nutrizionale. È stato l’intuito geniale umano, e la capacità di osservare sul cibo fenomeni casuali, come la formazione di bollicine, l’insorgere di sapori pungenti o acidi, il presentarsi di muffe sulla superficie, ad aver permesso la scoperta della fermentazione, donando all’uomo un elemento di comfort di grandissimo valore, che tutt’oggi sfruttiamo quotidianamente in centinaia di processi produttivi, più o meno noti: siamo figli della “cultura” della fermentazione. Entrare nel mondo della fermentazione ha avuto un effetto esplosivo nella mia mente creativa: ancora ricordo quando, da ragazzo, ho iniziato a fermentare i primi barili di birra. Da allora il mio lavoro è stato quello di collegare i punti: cominciavo a comprendere cosa ribolliva nella cantina di mia nonna, nel tino di legno sotto gli stracci e le pietre. Erano crauti! La mia famiglia è per metà slovena, e per noi gli alimenti fermentati come kislo zelje (crauti acidi) o la repa (rape fermentate) sono quotidianità. Ma dal mangiarli nelle minestre della nonna, a capirne i perché microbiologici e antropologici, mi ci sono voluti quasi trenta anni. Mia nonna continua a dire che se non sai fare i crauti, non sopravvivi, e che questo insegnamento se lo tramandano in famiglia da cinquecento anni! Non so quanta consapevolezza ci sia in questa affermazione, ma rende l’idea di quanto importante fosse in passato la fermentazione. Negli ultimi dieci anni lo studio della fermentazione è stato per me un lavoro quasi quotidiano che mi ha condotto a risultati fenomenali, appassionanti ed emozionanti: la mia concezione della panificazione ne è una diretta conseguenza. Una parte della fermentazione mi era però completamente sconosciuta, forse più individuabile come un’area geografica: l’oriente, con le sue “stramberie” a base di koji.

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Prefazione all’edizione italiana

Ma cos’è il koji? Ogni volta che me lo chiedevo mi mancava il tempo per approfondire, il cervello scartava la domanda e passava a qualcos’altro. Non che l’utilizzo di muffe in fermentazione mi fosse sconosciuto: la produzione di formaggi a crosta fiorita e di affettati insaccati vegetali mi ha portato a sperimentare con vari ceppi di muffe, ma la salsa di soia rimaneva ancora un condimento di uso quotidiano che acquistavo al supermercato. Vi starete chiedendo cosa ci azzecca un liquido marrone scuro come la salsa di soia con la muffa. E proprio qui sta la magia! Due prodotti dalle forme così distanti sono invece direttamente correlati. Il koji, infatti, questa muffa bellissima, permette di degradare la materia prima che viene poi fatta fermentare in salamoia: come prendere un salame e metterlo in acqua e sale e attendere che si scomponga, dando luogo a una salsa piena di umami. Folle e geniale al contempo! Appena ho avuto modo di leggere il libro che state tenendo in mano, ho trovato ciò che mi serviva: gli autori parlano la mia stessa lingua, la lingua del “perché delle cose”. Koji Alchemy è infatti un “apri-mente”, un libro che non vuole essere un manuale, ma che vi farà viaggiare nelle tecniche di fermentazione tradizionali dell’Asia. Vi porterà a comprenderne i principi di funzionamento senza mai scadere nel dogma del semplice ricettario. Gli autori hanno, infatti, come scopo quello di dare al lettore la consapevolezza analitica che porti alla capacità di astrazione: ma se invece di usare soia e grano, usassi pane e popcorn per fare uno shoyu? Grazie al principio di astrazione sono arrivato ad alcune delle mie eccellenze gastronomiche come il Bert (una forma vegetale in stile Camembert) e le Charcutier (un affettato vegetale, marinato, insaccato, fermentato e stagionato). Il principio di astrazione non sarebbe nulla senza una base di partenza, senza una tradizione gastronomica da analizzare. Solo grazie allo studio approfondito della caseificazione e della charcuterie, ho compreso che sarebbe stato possibile trattare la materia vegetale allo stesso modo (o quasi), per ottenere dei prodotti di eccellenza. Ed è così che Jeremy e Rich ci guidano in un viaggio che esplora la tradizione per arrivare all’innovazione, mostrandoci i loro esperimenti che vedono l’applicazione del potere trasformativo del koji anche su substrati poco consueti, come i prodotti di origine animale. Il lavoro dell’innovatore è quello di astrarre e trasporre, da un substrato a un altro, scoprendo le magie che possono nascere su nuove basi, anche quelle oggi più sostenibili: io sto già sperimentando le loro tecniche sui miei affettati vegetali e ne sono entusiasta. Questa è l’essenza di #KojiBuildsCommunity, diffondere la conoscenza per creare cultura e innovazione. Gli autori sono stati maestri del “far rete”, inseren-

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KOJI ALCHEMY

do nel libro il contributo di tante menti geniali della gastronomia contemporanea, ognuna a riportare la propria esperienza con il koji, nella sua personalissima sfumatura. Koji Alchemy è un’opera conturbante. Già solo leggendolo inizierete a visualizzare tutte le sperimentazioni che potrete mettere in atto, vi stregherà con la descrizione di aromi avvolgenti e deliziosi e, cosa più importante, vi lascerà un bagaglio di conoscenze che potrete spendere direttamente nella pratica. E in men che non si dica vi troverete scaffali pieni di vasi, vasetti e vasoni di salse e paste amminiche. Curare l’edizione italiana di questo libro è stato un piacere e un onore, e spero possa farvi viaggiare e appassionare, come è accaduto a me. Buon viaggio nel mondo del koji e delle sue infinite possibilità! Martino Beria

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Nota all’edizione italiana dell’editore

La nostra casa editrice pubblica libri di cucina naturale, vegetale e sostenibile, in questo libro troverete le applicazioni della fermentazione anche su alimenti di origine animale. Abbiamo scelto di lasciare intatta la pubblicazione, poiché riteniamo che le scelte sostenibili passino comunque dalla conoscenza, sta ad ognuno poi aprirsi alla consapevolezza che siamo tutti interconnessi, uomo, natura e animali. Vi auguriamo che possiate vivere la stessa esperienza dello chef e autore Martino Beria, e di poter scoprire le magie del koji applicate a una cucina etica e sostenibile. Quello a cui aspiriamo è che attraverso queste conoscenze possa nascere una nuova cultura del cibo, più vicina alla nostra natura umana, che è fatta anche di empatia, compassione e gentilezza verso il pianeta e tutte le sue forme di vita.

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Prefazione di Sandor Ellix Katz

Il koji è una muffa dagli eccezionali poteri trasformativi. Si tratta di Aspergillus oryzae e alcuni altri funghi simili, che quando si sviluppano su cereali o altri substrati nutritivi, producono un vero e proprio tesoro di enzimi. Il koji, nelle sue molteplici varietà, viene usato da migliaia di anni. Nel sake e altre bevande alcoliche prodotte in Asia a partire dal riso e da altri cereali o tuberi amilacei, le amilasi del koji scompongono i carboidrati complessi in zuccheri semplici, che il lievito riesce a fermentare e trasformare in alcol. Nella salsa di soia, nel miso e in altre paste e salse fermentate, le proteasi del koji scompongono le proteine trasformandole in aminoacidi, compreso il glutammato, che conferisce loro il potente sapore di umami. Il koji viene anche utilizzato in preparazioni tradizionali di verdure fermentate, dolci, salse a base di pesce, e senza dubbio in altri cibi e bevande che non ho ancora mai visto o di cui ancora non sono a conoscenza. Ma dato che il koji e i suoi equivalenti in altre culture sono diventati piuttosto noti anche oltre i confini delle loro terre d’origine, e l’interesse per la fermentazione è stato recentemente riscoperto, la sperimentazione è esplosa e possiamo trovare tantissime nuove ed entusiasmanti applicazioni del koji. Durante i primi dieci anni del mio viaggio nel mondo della fermentazione, anche dopo la pubblicazione del mio primo libro, Wild Fermentation (2003), usare il koji mi metteva in soggezione. Dal libro The book of Miso di William Shurtleff e Akiko Aoyagi, ho appreso che fare crescere il koji a partire dalle spore richiede fino a quarantotto ore in condizioni ambientali calde e umide. Ho prodotto grandi quantità di tempeh usando un forno con la sola luce accesa per mantenere delle condizioni simili, ma soltanto per ventiquattro ore, il che era già una vera e propria sfida. Dato che la luce riscaldava leggermente il forno quando lo sportello era completamente chiuso, di solito lo lasciavo socchiuso e, per questo, dovevo monitorare la temperatura e regolarne l’apertura di tanto in tanto. In più, vivevo in una comunità in cui la cucina era condivisa da più di una dozzina di persone, e monopolizzare il forno per due giorni probabilmente dava fastidio agli altri. Vivevamo senza rete elettrica e solo con un sistema a pannelli solari poco affidabile, quindi non contavo su strumenti elettronici per regolare la temperatura.

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KOJI ALCHEMY

Ho acquistato il primo koji nel 1993, quando il mio crescente interesse per la fermentazione mi ha portato ai primi esperimenti con il miso e l’amazake. Quando chiamai la American Miso Company della Carolina del Nord (che poi è diventata Miso Master) per chiedere se mi potessero vendere del koji, furono così stupiti dal fatto che volessi preparare il miso, che mi inviarono il primo koji gratuitamente, come regalo per la mia prima produzione. E dal momento che fare il miso era diventato un rituale parte della mia vita, ho continuato ad acquistare il koji dalla American Miso Company e più tardi dalla South River Miso Company nel Massachusetts. Intorno al 2005, poi, decisi che ero pronto per provare a fare il koji da solo. Ordinai le spore da GEM Cultures. Misi in ammollo l’orzo e lo feci cuocere a vapore. Raffreddai l’orzo fino a raggiungere la temperatura ambiente, inserii le spore distribuendole, poi misi l’orzo inoculato in una vasca rivestita con del tessuto e lo incubai nel forno con la luce accesa. La mattina seguente l’intera cucina era invasa dal dolce aroma del koji: l’odore inebriante della muffa e la promessa di un sapore incredibile mi avevano conquistato. Negli anni ho escogitato altri sistemi di incubazione più facili da controllare. Ho parlato di come fare il koji nel mio libro The Art of Fermentation (Il grande libro della fermentazione, tradotto in Italia da Carlo Nesler, N.d.E.) e ho preparato il koji con centinaia di persone durante i miei workshop. Da quando il koji è entrato a far parte della mia vita, è diventato un’occasione speciale che attendo sempre con entusiasmo, un rituale caratterizzato dal dolce aroma che si impossessa di tutta la casa. Fare il koji è diventato anche qualcosa che amo condividere, con lo scopo di rendere il processo più comprensibile e consentire alle persone di sperimentare questa magia. Ho fatto crescere il koji più sull’orzo perlato che su tutti gli altri substrati. È buono e facile da preparare, inoltre l’orzo cotto al vapore è sufficientemente umido da permettere alla muffa di svilupparsi in modo rapido e rigoglioso, senza intoppi. Ho preparato il koji anche utilizzando diversi tipi di riso, miglio, fagioli di soia, fave, e l’ho fatto crescere anche su patate dolci e castagne, coltivate e raccolte da me. Il mix più azzardato che ho sperimentato nella produzione di miso, è stato sostituire i fagioli di soia con altri legumi come ceci, fagioli lima, pinto, dall’occhio, lenticchie e fagioli Mayocoba. Ma nonostante ami gli esperimenti, alla fine possiedo un’immaginazione culinaria piuttosto limitata. Nei miei viaggi ho incontrato persone dalla straordinaria immaginazione culinaria che sperimentano utilizzi del koji davvero entusiasmanti e lungimiranti. Ho amato gli incredibili miso di pistacchio e pinoli di Momofuku. Nella cucina sperimentale del Noma a Copenhagen, ho assaggiato un “garum” di cavallette fermentate con il koji davvero ricco e delizioso. A Boston, Rich Shih ha collaborato alla creazione di una degustazione a base di fermentati al quale ho partecipato anch’io e il suo koji di popcorn mi ha letteralmente stregato. Sui social

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Prefazione

ho visto i video dello chef Jeremy Umansky – che ho conosciuto e al quale ho insegnato quando era uno studente di cucina – in cui documenta i suoi esperimenti selvaggi utilizzando il koji su carne e verdure stagionate e altre applicazioni senza precedenti. Il libro Koji Alchemy di Shih e Umansky rende onore al suo titolo. Il koji è estremamente versatile e può essere usato in diversi modi, molti dei quali sono ancora da immaginare. Entrambi gli autori sono sperimentatori folli, e Koji Alchemy presenta più applicazioni del koji di quante ne abbia mai viste o di cui abbia mai sentito parlare prima, comprese idee rivoluzionarie come quella di far crescere il koji sulle verdure stagionate per ottenere dei salumi vegetali dal sapore e dalla texture incredibile, o burro e formaggi con colture di koji, o anche il formaggio al miso, persino il koji soffiato per ottenere dei dolcetti di riso croccanti. Ma in ogni punto cruciale del libro, dopo aver spiegato i loro metodi, e aver lasciato spazio ai loro contributori di raccontare i propri, Jeremy e Rich offrono spunti per trovare dei procedimenti alternativi. E mentre lavoriamo con questo fungo e sviluppiamo una relazione con esso, ci incoraggiano a esplorare ulteriormente e a trovare la nostra alchimia, scoprendo di prima mano quanto sia versatile. Koji Alchemy mi ha già spinto a sperimentare cose che non avevo pensato fossero possibili. Ispira, dà potere e allo stesso tempo apre le porte a creatività e innovazione. Più volte nel libro, Jeremy e Rich ripetono il mantra e l’hashtag #KojiBuildsCommunity. Ed è proprio così! Questo libro allargherà ulteriormente la comunità di appassionati di koji. Non vedo l’ora di vedere e assaggiare le nuove sperimentazioni con il koji che quest’opera saprà di certo ispirare. Sandor Ellix Katz

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Introduzione Perché il koji?

C’è stato un tempo in cui sedersi a tavola con parenti e amici per condividere un pasto era un gesto abituale. Intorno al tavolo da pranzo si poteva godere della compagnia degli altri senza sentirsi in dovere di fare nient’altro; quel tanto atteso momento era un appuntamento quotidiano durante il quale si poteva parlare di qualsiasi cosa – da chi avevi incontrato quel giorno, alla più grande e intima rivelazione, perché ci si sentiva a proprio agio a condividere le emozioni, sapendo che, anche nel caso in cui i toni si fossero accesi per un disaccordo, nel profondo, con ognuno dei commensali si aveva un legame speciale. Potrebbe sembrare una concezione romantica per la maggior parte di noi, ma non è solo romanticismo. E questo è il terreno su cui vogliamo muoverci con questo libro, per cui prendete una sedia e unitevi a noi. È ormai diventata una cosa rara sedersi a tavola assieme per mangiare. Spesso le persone sono impegnate a guardare uno schermo mentre divorano qualcosa da un contenitore da asporto o da una confezione di plastica, più per assumere carburante che per gioia. In un certo qual modo la rivoluzione industriale e ambientale ha convinto molti di noi a pensare che cucinare un pasto sia un peso. Ma per fortuna esiste una comunità di persone che aspira a qualcosa di più: una straordinaria rivoluzione legata al cibo – ancora agli albori – è in atto grazie a coloro che fermentano vegetali (crauti, kimchi, salse piccanti, e così via), producono i propri insaccati, allevano galline, imparano a macellare gli animali da zero e raccolgono piante selvatiche. Anche l’interesse per il koji sta diventando sempre più popolare e noi siamo qui proprio per mostrarvi l’importanza di questa rivoluzione. Il koji è una speciale muffa che cresce su un substrato amilaceo, in grado di rendere il cibo straordinariamente gustoso: è sufficiente abbinare alcuni ingredienti assieme e aspettare. L’alchimia è un potere, un processo che muta o trasforma qualcosa in un modo misterioso o incredibile. Date le quasi mistiche capacità del koji di creare qualcosa dal nulla, abbiamo deciso di intitolare questo libro Koji Alchemy. Mentre iniziate il vostro viaggio insieme a noi, potreste non sapere che cosa sia il koji, ma essere incuriositi per quel che avete sentito dire sulle sue poten25


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zialità. Forse vi avranno detto che il suo sapore è una inebriante combinazione di pompelmo, castagne, caprifoglio e funghi. Può sembrare difficile a credersi e vorreste provare se è veramente possibile. Be’, è probabile che l’abbiate già fatto. Probabilmente ne avete addirittura una bottiglia dentro alla dispensa in questo momento. Ci riferiamo alla salsa di soia, un condimento molto versatile, divenuto parte del linguaggio culinario comune praticamente in ogni parte del mondo; la salsa perfetta in cui intingere i vostri ravioli e sushi rolls. Senza dimenticare tutte le spruzzate che avete aggiunto alle marinate per conferire quel sapore ben noto, che fa luccicare qualsiasi cosa grigliate, saltiate o arrostiate. Sapendo quanto sia buona la salsa di soia, vi dimostreremo che è solo una minima parte di quel che si può fare con il koji. Per facilitare la comprensione della sua applicazione, ci piace descrivere il koji come un condimento. Prendiamo il sale, il condimento per antonomasia, che dà a tutto un sapore migliore. Tutti noi abbiamo mangiato del cibo che ne ha poco o troppo. Pensate alla stupefacente bontà di un pomodoro perfettamente maturo. Ora ricordate il sapore di quel pomodoro, tagliato a fette e con un pizzico di sale sopra; è probabile che non riusciate a pensare di mangiarlo in nessun altro modo. La stessa cosa accade con il driver principale del koji, il sapore di umami. Avete mai provato a fare un sugo senza che i pezzetti di carne si siano attaccati alla padella dopo aver rosolato formaggio stagionato, funghi, pomodoro, alghe, miso o ingredienti simili? Il risultato risulterà poco saporito, per via dei pochi aminoacidi, i componenti fondamentali delle proteine. Siamo legati al sapore di umami e proviamo soddisfazione quando lo incontriamo perché è un indicatore di ricchezza nutrizionale. Quando il cibo manca di questo gusto saporito, il nostro corpo ci comunica che non si sazia a sufficienza. Ecco perché, ad esempio, si immergono le ossa nell’acqua per ottenere un brodo saporito che alla fine renda una zuppa gustosa, senza dover ricorrere a una grande quantità di proteine per realizzarlo. Tuttavia, l’abilità di ottenere sapore ed elementi nutrizionali dalle proteine presuppone delle competenze culinarie e/o metodi di conservazione ottenuti tramite calore, microrganismi e tempo. La magia del koji sta nella sua capacità di donarci cibi deliziosi con minor tempo e fatica. In alcuni casi è sufficiente una notte. Basterà applicare il koji sui cibi prima della cottura per sfruttare gli enzimi (che descriveremo nel dettaglio in seguito) e accelerare il processo di creazione del sapore. Il koji funziona in armonia praticamente con qualsiasi tecnica di preparazione dei cibi che conoscete, e richiede pochissimi accorgimenti. Parlando del dolce, invece, da sempre ricerchiamo la maturazione perfetta della frutta per gli zuccheri. La dolcezza è un’altra componente indicatrice di elementi nutrizionali essenziali, e di cui proviamo sempre desiderio. Raccogliere e mangiare in estate dei frutti di bosco quando raggiungono l’apice del loro sapore, ad esempio, è ottimale. Purtroppo, però, non è sempre possibile avere

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a disposizione la frutta all’apice della maturazione. Per questa ragione, spesso aggiustiamo il sapore aggiungendo dello zucchero o del miele. E se ci fosse un condimento che ci permettesse di conferire dolcezza alla frutta a partire dall’amido che contiene? Se non è abbastanza matura, un tocco di koji la renderà morbida e dolce al punto giusto. Se la frutta sta per marcire, una purea con il koji creerà un porridge dolce che può essere abbinato a un gelato vegano. Lo zucchero di per sé è piacevole, ma l’importanza di “kojizzare” i cibi va ben oltre. Vi spiegheremo come dare il via a tutti questi processi di fermentazione di cui ci siamo innamorati. Perché il koji non è ancora molto conosciuto?

.ylno noissimrep htiw noitatouQ .noitubirtsid ro gniypoc rof toN .gnihsilbuP neerG aeslehC

Le differenze tra paesi riguardanti le basi di cereali o di amidi sono uno dei principali motivi per cui il koji non è ancora diffuso a livello globale. Il grano, il mais e il riso sono i tre principali cereali che hanno sostenuto l’uomo sin dagli inizi dell’agricoltura. Una volta che questi alimenti si sono consolidati nelle varie civiltà, nessuno ha sentito l’esigenza di cambiarli. Inoltre, è importante considerare le difficoltà di trasporto tra i diversi paesi prima dell’invenzione Y M E H C L A I J O K dei motori a vapore e a combustione. A quei tempi, il modo migliore per percorrere lunghe distanze era via mare; difficilmente i cibi o i pro.seitic trop dnoyeb dehcaer ylerar stcudorp dna sdoof dotti esportati riuscivano elpats a hcrspingersi ats rehtona gnioltre worg rof sdees gniddA le città portuali. E caricare .ytiroirpsulle a t’nsawnavi seogrdelle ac saesrevo ot dna ,edartnon esenaera paJ ncerto oitidda nI sementi per poterle coltivare suoiciled ot erusopxe erofereht una priorità. Inoltre, ilromercato f ffo desolc sgiapponeaw ,stcudorp ijok se, e quindi anche tutti-omi mdeliziosi oC ot roirpprodotti seirutnec owt 581 ni tisiv s’y rreper P erod a base di koji, si è chiuso al .3commercio etiuq si eazyro sulligrepsA due secoli prima dell’arrivo del Commognieb ot semoc ti nehw euqinu doro Perry nel 1853. .noitatnemref rof dessenrah hto sa elpmis saunico ton s’tI L’Aspergillus oryzae dlièw redavvero ylisae nac uoy erehw ,stnemref quando viene utilizzato per la fermentaruoy morf seborcim erutpac zione. Non si tratta diyrevuno wef a ydei lnO .ssoliti gnidnuoferrrus f o t u o s e i c e p s d e talosi Solo cfiiceps menti selvaggi presenti nell’ambiente. ulligrepsA suneg eht ni sderdnuh alcune specie isolate e esspecifiche del ceppo ra tser eht fo tsom ;ijok rof desu eb nac Aspergillus possono essere usate per .snamuh ot lufmrah sil a dekoji; zirogetac yllareneg kooc nosono snoitidngeneraloc cfiiceps yrev seriuqer osla tI la maggior parte delledealtre ijok taTh .yltneicffie worg ot redro ni sniarg elohw mente ritenute dannose per gli esseri uma.erohpoidinoc eazyro sulligrepsA ecir dekooc no gniworg derevocsid yllanigiro saw ni. Inoltre, il koji richiede no desab ,lludi H Aspergillus xaM yb noitaoryzae. rtsullI rettal edelle ht sa ,esncondizioni es sekam taehw ro nroc no ton dna Conidioforo .egamdii yMax pocsorcHull, im ikseispirata limihC ttaocSuna a ucffiid eroferesui ht dncereali a dnuorg neeb evah dlIllustrazione uow molto particolari per tlcrescere gnituorps eht ,revewoH .no worg ot dlomimmagine eht rof al microscopio di Scott Chimileski. integrali cotti. È normale che all’inizio la -gus dleiy ot gnitlam fo yrevocsid eht ot dael yllautneve did nroc dna taehw fo eht nO .retaw elbatop edivorp ot ytissecen a ,noitcudorp lohocla rewop ot sra noisrevnoc ragus-ot-hcrats eht dedivorp ijok ,ecir htiw dlrow eht fo edis rehto decrofnier rehtruf siTh .dne emas eht drawot ,lohocla ecir gnikam rof yrassecen .dlrow eht dnuora tsixe llits taht secnereferp niarg elpats fo tnemhsilbatse eht

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scoperta delle colture di koji sia stata fatta sul riso cotto piuttosto che sul frumento o il mais, dato che, una volta macinati, per la muffa è difficile svilupparsi sopra. La germinazione del frumento e del mais invece ha portato alla scoperta della maltazione, un processo che produce zuccheri che danno il via alla produzione di alcol; si tratta di metodo che si è rivelato necessario per avere liquidi potabili, non contaminati per l’uomo. Similmente, in Oriente, il koji, fermentato sul riso, ha permesso la conversione da amidi a zuccheri, per la produzione dell’alcol di riso, con lo stesso risultato. Il koji è ammaliante Che cosa rende il koji così interessante per chef e cuochi? Prima di tutto il suo ciclo vitale è affascinante e il suo aroma è inebriante. Pensate alle varie muffe che vengono utilizzate per la produzione del cibo. Definireste l’aroma di un salume o di un formaggio erborinato simile al caprifoglio o alla frutta tropicale? Probabilmente no. Le muffe utilizzate per carni e formaggi stagionati spesso ricordano l’odore di umido, di cane bagnato o di cantina, o hanno il sentore di uova sode o addirittura di detergenti chimici. Quindi è facile capire perché tante persone vengano stregate dal koji – e non siamo ancora arrivati a descrivere tutte le qualità magiche che conferisce a quasi ogni cibo. Le capacità alchemiche del koji derivano dalla grande varietà di enzimi che produce, i quali agiscono come catalizzatori e rendono possibili specifiche reazioni biochimiche. Di seguito, trovate i principali e più importanti enzimi con i quali avrete a che fare durante la lettura di questo libro e, successivamente lavorando con il koji, quando la vostra nuova avventura avrà inizio. Amilasi. Questo enzima scompone il polisaccaride complesso amilosio in zuccheri semplici come il maltosio, il glucosio e gli oligosaccaridi. Esistono diversi tipi di amilasi, come le glucoamilasi e le alfa-amilasi. Il koji produce anche molti altri enzimi che scompongono gli zuccheri, detti saccarasi (invertasi). L’amilasi gioca un ruolo di prima importanza nella fermentazione, ma esistono anche degli enzimi responsabili della degradazione dei polisaccaridi in grado di creare sapori dolci che vanno oltre il gusto dello zucchero. Questi zuccheri hanno un sapore dolce sulla lingua, si possono ottenere facilmente durante la fermentazione con l’aiuto dei lieviti dell’alcol, che possono a loro volta trasformarsi in acido acetico (aceto). Proteasi. Questo enzima scompone le proteine in aminoacidi. Il principale aminoacido che si produce è l’acido glutammico, soprattutto quando la base di partenza è ricca di proteine contenenti glutammina. L’acido glutammico e il suo

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derivato, il glutammato monosodico, si caratterizzano per l’ottimo sapore ed è la base strutturale del quinto gusto (che si aggiunge a dolce, acido, salato e amaro) noto come umami. L’umami conferisce ai cibi un sapore profondo, ricco che ci fa sentire sazi e soddisfatti dopo aver mangiato. Lipasi. Questo enzima scompone i grassi in acidi grassi, esteri e alcoli. Questi elementi sono fondamentali nella creazione delle componenti aromatiche volatili che conferiscono ai nostri piatti una sorprendente gamma di aromi che esploriamo mentre mangiamo. Pensate per un attimo a una coscia di pollo arrostita. La carne scura e la pelle dorata e croccante sono invitanti. Ora immaginate di usare il koji e di scatenare, sempre su quel pezzo di carne, uno tsunami di aminoacidi e zuccheri dal sapore intenso insieme a un’ampia quantità aromi. Così si trasforma un normale pollo arrosto in qualcosa di unico. Il suo sapore è così intriso di umami che vi sembrerà tutt’uno con la vostra lingua. Il suo aroma evocherà il Parmigiano, il lievito alimentare tostato e le carni stagionate. Questa trasformazione alchemica è ciò che rende il koji così affascinante. Basta marinare il pollo in un ingrediente derivato dal koji come l’amazake o lo shio koji (approfondiremo questo argomento più avanti), per trasformare un piatto banale in qualcosa di memorabile. La vostra definizione di delizioso scoprirà nuovi confini. Il koji è universale Da un punto di vista funzionale, il koji non è legato alla cucina giapponese o asiatica. Semplicemente l’Aspergillus oryzae è stato addomesticato in Asia migliaia di anni fa con il fine di conservare il cibo. Non ha il sapore della salsa di soia, del miso o del sake. Ha il sapore delle componenti del cibo su cui viene utilizzato. Tuttavia, in alcuni casi, si può ritrovare una traccia del sapore caratteristico del koji. Per esempio, se pensate alla gamma di sapori che si riconoscono nei formaggi a crosta fiorita, potete farvi un’idea di ciò a cui ci stiamo riferendo. Praticamente ogni zona del mondo ha sviluppato un metodo di conservazione che rende il cibo più buono e al contempo più nutriente. Non importa da dove veniate, sicuramente c’è almeno un cibo conservato, fermentato o no, che amate. Questo è dovuto a una condizione di necessità. Per darvi un’idea: se vi fosse capitato di restare senza elettricità per alcuni giorni vi sareste certamente chiesti cosa ne avreste fatto di tutto quel cibo nel frigo e nel freezer. Avreste cucinato subito quello che potevate e conservato ciò che sapevate sarebbe stato ancora commestibile, e buttato tutto il resto. Probabilmente quello che avreste deciso di tenere era cibo conservato in qualche modo.

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Fino a non molto tempo fa non esisteva la refrigerazione, ma vi era comunque la necessità di conservare grandi quantità di cibo. Allora il contesto gastronomico era completamente diverso. Le conserve, i cibi fermentati in particolare, erano necessari per la sopravvivenza e non ci si poteva permettere di buttare via nulla. Ora, pensate da quanto tempo gli esseri umani vivono su questo pianeta. Non è trascorso molto tempo da quando eravamo dei cacciatori-raccoglitori che non conoscevano l’agricoltura. Riuscire a conservare il cibo a disposizione era essenziale. Bastava seccare e salare la carne per conservarla più a lungo e per ottenere un prodotto dal sapore più buono. Questo grazie ai microrganismi esistenti in natura che apportano enzimi in grado di trasformare le proteine in aminoacidi. Oggi le cose sono cambiate e si inoculano i salumi con dei ceppi specifici di microrganismi per ottenere il gusto desiderato, che sia al contempo sempre il medesimo e riconoscibile. Vediamo ora come tutto ciò si collega con il koji. Ogni processo che agisce sul sapore richiede tempo. Ogni metodo, spontaneo o gestito tramite inoculazione di microrganismi specifici, impallidisce al confronto con le possibilità offerte dall’Aspergillus oryzae. Oltre ai metodi tradizionali di applicazione del koji con la carne marinata o il katsuobushi (un tipo di pesce affumicato e stagionato), abbiamo scoperto che si può accelerare la stagionatura delle proteine animali. L’applicazione del koji sui salumi, ad esempio, consente al processo di essiccazione di raggiungere la perdita di liquidi in un terzo del tempo. E i caratteristici aromi vengono sviluppati in due mesi anziché in un anno. Gli autori, uniti nell’avventura del sapore Entrambi ci siamo innamorati del cibo sin da piccoli e abbiamo poi sviluppato un buon palato, grazie alla meravigliosa cucina casalinga di cui abbiamo potuto godere nelle nostre famiglie. Queste esperienze ci hanno fatto comprendere l’importanza di dare il giusto nutrimento alle persone che amiamo. Le facce sorridenti per aver mangiato bene ed essersi sentiti coccolati sono indice di un cibo che nutre anche l’anima. Tutto ciò è alla base del nostro desiderio di creare una comunità unita che condivide conoscenze e si supporta. Al primo posto nel nostro lavoro e nel movimento che portiamo avanti vi è la diffusione della magia del koji. Entrambi siamo fortemente consapevoli di cosa sia possibile raggiungere in anni di pratica e sperimentazione, ma da due prospettive diverse. Jeremy è un indomito chef professionista che gestisce una gastronomia ed è alla continua ricerca della possibilità di servire prodotti di qualità e cibo innovativo. Rich è un cuoco che non smette mai di intercambiare e fondere tecniche e ingredienti, per trovare combinazioni gustose, che al contempo rispettino e mettano alla prova la tradizione.

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Ogni volta che ci troviamo di fronte a un nuovo ingrediente, tecnica o processo, cominciamo a chiederci che cosa sia possibile fare basandoci su ciò che è stato fatto prima. All’inizio della nostra avventura, moltissime preparazioni tradizionali provenienti da ogni parte dell’Asia ci hanno appassionati, alla stregua di alcuni procedimenti che troviamo nell’alta cucina. Tuttavia, più iniziavamo a sperimentare con il koji, più ne capivamo le illimitate potenzialità. Oggi, siamo ancora immersi nella sperimentazione e non intravediamo la fine di questo viaggio. Il koji è un strumento senza eguali che può essere usato in modo semplice o complesso a seconda della volontà di chi cucina, indipendentemente dal livello di preparazione o competenza. È un vero e proprio ingrediente segreto che, dopo la lettura di questo libro, non sarà più così tanto segreto! Dopo aver scoperto le meraviglie del koji, la prima cosa che abbiamo fatto è stata condividere ciò che sapevamo con la comunità gastronomica. Volevamo sapere chi, oltre a noi, si stava addentrando in questo mondo; con chi avremmo potuto condividere le nostre esperienze e idee. Cos’altro avremmo potuto imparare facendo rete con chef, cuochi, agricoltori, scienziati, giornalisti, storici, artigiani e artisti da tutto il mondo e come avremmo potuto aiutarci l’un l’altro a crescere con il koji. Riguardo questo libro Koji Alchemy è un testo completo e adatto a chiunque voglia capire le basi del koji: come produrlo e come usarlo in un ampio ventaglio di applicazioni che vanno dal salato al dolce. Vi sproniamo a usare questo libro come fosse una cassa di risonanza per le vostre innovazioni gastronomiche. Vogliamo che prendiate ciò che c’è in queste pagine per poi espandere e trasformare queste informazioni, creando qualcosa di vostro. Il nostro studio del koji, insieme alle nostre ricerche, ci hanno portato fino a qui. Possiamo appena immaginare di quali creazioni e scoperte meravigliose sarete capaci con questo libro al vostro fianco. Il viaggio che abbiamo intrapreso è guidato dal nostro desiderio di incoraggiare le persone a preparare un cibo migliore. Speriamo che questo libro vi aiuti a capire i principi fondamentali senza farvi intimidire. Difatti, se guardate le varie ricette di ogni applicazione del koji, di base sono molto semplici, consistono nel mescolare gli ingredienti e attendere. Ovviamente, si può andare ben oltre a questo… ma non necessariamente. Desideriamo che capiate la bellezza di far sposare ingredienti con tecnica e procedimento, senza l’obbligo di seguire delle regole ferree. E oltre a preparare del buon cibo, speriamo che questo vi spinga a creare dei gruppi di persone affiatate, in modo da supportarvi a vicenda quando sarete bloccati, quando vi troverete a lottare o avrete bisogno di quel qualcosa in più (di quel guizzo) per

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passare al livello successivo. Perché quando affrontiamo una sfida insieme, ne veniamo fuori tutti vincitori. Mentre vi addentrate nella lettura di questo libro, tenete sempre presente che quello che vi stiamo offrendo è ciò che ha funzionato per noi e per chi ha condiviso generosamente il suo lavoro con noi. Ciò non significa che non ci siano una miriade di altri modi di lavorare con il koji. Il nostro viaggio non è consistito soltanto nell’imparare ciò che ci interessava di più e approfondirlo, ma anche nella comprensione di come avreste potuto usare questo libro come rampa di lancio per le vostre idee. Prendete ciò che vi ispira e sperimentate, modificate e trasformate. Create la vostra opera magna. Non c’è un modo giusto o sbagliato per esprimere voi stessi e ciò che amate in cucina. Se trovate qualcosa che vi piace e vi rende felici, accoglietelo. Nei prossimi capitoli tratteremo i diversi modi in cui è possibile usare il koji in cucina, dalle paste e le salse amminiche, agli acceleratori di stagionatura delle carni. Ci troverete tutto quello che vorreste sapere sugli utilizzi del koji. Grazie alle informazioni contenute in questo libro e alcune basi di cucina, sarete subito in grado di preparare un cibo più gustoso grazie al koji. Bene, adesso diamo il via alla magia! È ARRIVATO KOJI ALCHEMY di Coral Lee Dal risultato delle magnifiche relazioni che si sono instaurate nella comunità nata intorno al koji e alla fermentazione, siamo certi questa non sia soltanto una moda passeggera, ma che sia qualcosa di molto più grande. Coral Lee, una nostra cara amica e mente culinaria, condivide questo pensiero. Ecco la sua presentazione su di noi e su questo lavoro. Koji Alchemy è arrivato nel momento giusto. Oggi ci abbuffiamo di carne essiccata seguendo diete chetogeniche e trangugiamo bibite adattogene nella speranza di affrontare la noia e la fatica dell’esistenza al meglio delle nostre capacità. Siamo cresciuti ricercando il sapore più intenso con il minimo sforzo, disposti a sacrificare ciò che è vero, naturale, autentico. Ci siamo stancati di sentirci male e in colpa se non cuciniamo alimenti buoni e autentici quanto quelli delle nostre nonne e spendiamo troppo per del cibo “di moda” che non ci sazia. Sappiamo tutti che il futuro del cibo che mangiamo deve essere equo, accessibile e sostenibile, ma non ci hanno del tutto convinti che la soluzione risieda nel mangiare insetti o alghe. Il koji è la prova che il buon cibo non appartiene soltanto alle cucine chic, né si limita all’utilizzo dell’instant pot. Non ha nulla a che vedere con l’idea romantica di mescolare il cibo cucinato per ore in una pentola in ghisa; non

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serve la confezione di riso da sushi più costosa in vendita nel vostro negozio etnico di fiducia. Non curante dei confini geopolitici, il koji cresce su qualsiasi ingrediente abbiate, ovunque vi troviate, chiunque voi siate. Può aumentare ed esaltare aromi familiari e cattivi odori. E con questo libro, Rich e Jeremy cambiano la nostra percezione del cattivo odore, delle muffe che crescono sul nostro cibo, dei prodotti di scarto (un indizio: non ce ne sono) e dei glutammati liberi. Ho conosciuto Jeremy in un momento della mia vita in cui ero molto toccata dal tema della non-autenticità. Lo ospitai nell’episodio pilota del mio podcast Meant to Be Eaten, uno show in onda su Heritage Radio Network che esplora gli scambi interculturali legati al cibo (cioè perché mangiamo, come mangiamo e cosa mangiamo). Quando Jeremy ha raccontato che nel suo locale, il Larder Delicatessen & Bakery, non solo si trovano molte specialità giapponesi, ma addirittura si usa quotidianamente il koji ho messo in discussione molte mie credenze. Credevo fermamente nell’importanza della parola autenticità (e ancora di più di inautenticità). Dal mio punto di vista l’autenticità si fondeva con l’idea di bontà, verità e onestà. Volevo essere ricompensata per tutti quei pasti infelici. Ma crescendo insieme a Jeremy e il Larder, in questi ultimi due anni ho capito che non si tratta di bianco o nero, e che in realtà esiste un’infinita scala di grigi. Ho sentito parlare per la prima volta di Jean Dough, la mente e il braccio dietro a OurCookQuest, mentre ero immersa nello studio del koji su Reddit. Ero in cerca di risposte. “Conosco un tizio”, mi ha scritto un utente. Così è iniziata la mia amicizia di penna con Rich. Al nostro primo incontro di persona Rich si presentò armato di una ventina di pacchetti sottovuoto. C’erano le solite cose da spalmare – formaggio e cracker – ma anche purea di umeboshi (il gochujang umeboshi) e una Coca Cola, e a un assaggio ne seguiva un altro. Quella che doveva essere un’intervista – su di lui, sul suo lavoro, sulla sua convinzione che tutto ciò che serve ai curiosi è avere metodo – finì per diventare un’ora di assaggi. Prima di separarci, mi offrì la sua ultima mela Hoshigaki. “Quanto ti ci è voluto per prepararla?”, gli chiesi, cullando il sacchetto con entrambe le mani, incredula che qualcuno potesse volerla condividere con me. Rich mi guardò come fossi pazza e lo spinse di nuovo verso di me. Quel frutto essiccato all’aria era una prova che là fuori c’erano ancora brave persone: qualcuno che ha studiato e onora il passato, ma che è anche impaziente di scoprire come ci si può evolvere. E non pensa soltanto a fregarti. Con il koji, Jeremy e Rich dimostrano che attraverso lo studio dei sapori ancestrali del nostro cibo c’è ancora qualcosa da scoprire. È possibile rendere il cibo più gustoso, in modo autentico. Quando si lavora con il koji, non ha alcuna rilevanza dove si radichino le vostre origini gastronomiche.

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Che cosa può esserci di più “autentico” di un ingrediente che permette a un cibo di dargli un sapore più simile a se stesso? Siamo tutti molto sensibili e nostalgici quando si parla di cibo e di ricordi. Ma la nostalgia di qualcosa di sfuggente, che quindi va preservato, può diventare pericolosa e limitante. Jeremy e Rich non smettono mai di studiare, sono leali e generosi. Sono critici senza essere cinici. E pretendono altrettanto dai loro compagni di viaggio. Si sostengono incoraggiando tanto la sperimentazione quanto il fallimento. Ecco perché è nato l’hashtag #KojiBuildsCommunity: Jeremy e Rich immaginano un futuro in cui il cibo sarà equo, accessibile e sostenibile per il pianeta, oltre a essere delizioso. I cibi “di moda” rimangono tali per il loro costo e la loro inutilità. Che cosa rende allora il koji qualcosa di più di un’altra moda? La sua applicazione, che attraversa le culture, gli ingredienti e i metodi: verdure fermentate, pani lievitati naturalmente, carni stagionate, e bevande alcoliche, solo per citarne alcuni. Tutte lavorazioni complicate, appannaggio dei professionisti o delle macchine industriali, che ritornano tra le mura domestiche, nelle mani di cuochi e cuoche casalinghi. Prima del koji, le mie esperienze con i salumi (di consumo, non certamente di produzione) mi erano sembrate piuttosto insignificanti. Con il koji ho messo una manciata di polvere su una lonza di maiale, e tre settimane più tardi non ho solo assaggiato per la prima volta qualcosa di nuovo, ma ho potuto condividere quell’esperienza con più di trenta amici con cui ho condiviso questa esperienza. Capire ed esaltare il koji nel migliore dei modi, così come i suoi procedimenti e sapori, non è poi così difficile. Il koji ci allontana dal seguire alla lettera norme rigide, e insegna ai cuochi a osservare con i propri occhi, a riflettere e, di tanto in tanto, a infrangere le regole.

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Dal 2005 Edizioni Enea collabora insieme a Scuola SIMO con un obiettivo preciso: fornire contenuti di qualità per promuovere la salute di corpo, mente e spirito. Pubblichiamo libri destinati a naturopati e operatori della salute, ma anche a semplici appassionati e curiosi. Ci occupiamo di scienza ma anche di spiritualità, integrando i più grandi insegnamenti di Oriente e Occidente. Guardiamo alle grandi tradizioni mediche del passato e ci apriamo alle più innovative proposte nel campo della medicina olistica.

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Rich Shih è uno dei maggiori ricercatori e consulenti sul koji e il miso degli Stati Uniti. Cura le esposizioni presso il MOFAD, il museo del cibo e delle bevande, con sede a New York. Il suo blog è www.ourcookquest.com. Jeremy Umansky è chef e proprietario del Larder. A Curated Delicatessen and Bakery di Cleveland in Ohio, nominato dalla James Beard Foundation come miglior nuovo ristorante degli Stati Uniti nel 2019. Hanno scritto di lui su prestigiose riviste e pubblicazioni come Bon Appetit e Saveur ed è stato nominato “profeta della gastronomia” dalla rivista Food and Wine.

Art Direction: Camille Barrios / ushadesign

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OJI

Il koji è una muffa dagli eccezionali poteri trasformativi. Si tratta dell’Aspergillus oryzae, che quando si sviluppa su cereali o altri substrati, produce un vero e proprio tesoro di enzimi, consistenze e sapori. Koji Alchemy racconta i processi e le tecniche per fermentare il cibo con il koji, quel microrganismo che da migliaia di anni viene utilizzato Koji Alchemy mi ha già spinto a sperimentare cose che non nella cucina asiatica per ottenere i avevo pensato fossero possibili. Ispira, dà potere e allo tipici sapori umami, ormai stesso tempo apre le porte a creatività e innovazione. conosciuti e ricercati in tutto il mondo. Con il koji vengono prodotti salsa di soia, miso, amazake, sake, Sandor Ellix Katz ma non solo. La magia del koji, come dimostra questo libro, può andare oltre, perché può essere utilizzato anche Koji Alchemy è un’opera conturbante. per ottenere stagionature rapide di salumi e formaggi, Già solo leggendolo inizierete a visualizzare tutteanche le vegetali, e per la preparazione di tanti altri sperimentazioni che potrete mettere in atto, vi stregherà alimenti, rivoluzionando la con la descrizione di aromi avvolgenti e deliziosi e, cosa creazione dei cibi fermentati e dei più importante, vi lascerà un bagaglio di conoscenze loro profili aromatici. che potrete spendere direttamente nella Gli autori e pratica. pluripremiati chef Rich Shih e Jeremy Umansky, Martino Beria riconosciuti come i più grandi esperti di questo ingrediente, ci guidano sull’utilizzo moderno del koji. Con il loro lavoro hanno ispirato moltissimi appassionati e professionisti della fermentazione.

hemy

a fermentazione

REMY UMANSKY

DOR ELLIX KATZ i MARTINO BERIA

ISBN 978-88-6773-109-1

9 788867 731091

www.edizionienea.it


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