Rel fin tirocinio

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Università degli studi di Padova Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Indirizzo: Scuola Elementare

Relazione finale di tirocinio

“Viaggiando con Salvatore alla scoperta della collina” Uno sfondo integratore per un percorso didattico di geografia

Relatrice prof.ssa Stefania Masiero Laureanda Federica Martini

a.a. 2007-2008


INDICE GENERALE

Introduzione ...........................................................................................................3

PRIMA PARTE CAPITOLO 1 : Il quadro storico dell'educazione geografica 1.1 Dal mito al mondo classico..............................................................................6 1.2 Nel Medioevo...................................................................................................7 1.3 Dal Quattrocento al Seicento............................................................................8 1.4 Dal Settecento alla prima metĂ dell' Ottocento................................................9 1.5 Dal 1860 alla seconda guerra mondiale..........................................................11 1.6 Dal 1945 ai nostri giorni.................................................................................12

CAPITOLO 2 : La conoscenza dell' ambiente nel bambino 2.1 Lo sviluppo della conoscenza spaziale..........................................................14 2.2 Dallo spazio come parte del sĂŠ al territorio come produzione sociale...........16

CAPITOLO 3 : Il paesaggio 3.1 Un concetto discusso......................................................................................19 3.2 La Convenzione europea del paesaggio.........................................................20 3.3 Il paesaggio come risorsa educativa...............................................................21

CAPITOLO 4 : Il paesaggio nei programmi scolastici della scuola primaria 4.1 I Programmi del 1955.....................................................................................24 4.2 I Programmi del 1985.....................................................................................26 1


4.3 Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati........................29 4.4 Le Indicazioni per il curricolo........................................................................30

SECONDA PARTE CAPITOLO 5 : Il contesto 5.1 Brugine e il suo territorio...............................................................................33 5.2 Osservazione del contesto classe...................................................................33

CAPITOLO 6 : Il progetto didattico 6.1 Obiettivi..........................................................................................................35 6.2 Metodologia: sfondo integratore e mediatori didattici...................................36 6.3 Gli interventi in classe....................................................................................39 6.4 La valutazione................................................................................................65

TERZA PARTE CAPITOLO 7 : Riflessioni finali 7.1 L' esperienza del tirocinio diretto...................................................................71 7.2 Riflessioni sul percorso di tirocinio...............................................................74 7.3 Riflessioni sulla professione insegnante........................................................77 Bibliografia...........................................................................................................82 Fonti normative....................................................................................................84 Riviste didattiche..................................................................................................84 Sitografia...............................................................................................................85 Allegati..................................................................................................................86 2


Introduzione A partire dalla nascita per il bambino prende avvio un percorso di esplorazione che lo coinvolge prima a livello manipolatorio e percettivo-visivo, poi anche a livello motorio. Con il trascorrere del tempo egli acquisisce la capacità di orientarsi all' interno dell' ambiente in cui vive per passare successivamente a scoprire l' ambiente fuori di casa. La percezione del paesaggio, giorno dopo giorno, si amplia e si consolida, arricchendosi e complessificandosi. In questo processo la scuola riveste un compito importante. Essa, a differenza delle altre agenzie educative, dovrebbe offrire importanti occasioni per conoscere ed imparare. Allo stesso tempo dovrebbe permettere al bambino di sbagliare con la certezza di essere all' interno di un luogo sicuro, lontano da incalzanti ritmi e pressioni sociali. Infine la stessa dovrebbe garantire la presenza di adulti competenti che accompagnino la crescita dei soggetti sul piano cognitivo e culturale, per aiutarli ad affrontare l' incertezza e la mutevolezza dei cambiamenti sociali e professionali. E' importante che in questo percorso il bambino venga posto al centro dell' azione didattica. Egli, infatti, porta il suo vissuto cognitivo ed affettivo- emotivo, i suoi bisogni, le sue necessità, i suoi desideri e le sue attese. E' un cammino che compie da solo in stretta relazione con l' adulto e con i coetanei, figure significative che stimolano l' attenzione coltivando la sua curiosità e il suo bisogno esplorativo. Attraverso la stesura di questa relazione finale ho avuto la possibilità di riflettere e di analizzare criticamente il mio percorso di studi. Esso, grazie al suo intreccio tra teoria e pratica, mi ha dato gli strumenti per formare la mia professionalità di insegnante sviluppando consapevolezza e competenza disciplinare, pedagogica, didattica, relazionale e organizzativa. La convinzione che “non c'e' al mondo nulla che più della geografia vivifichi e coltivi l' intelletto umano”1e ancora che essa costituisca uno strumento finalizzato a renderci “cittadini del mondo”2, mi ha orientata a svolgere i miei interventi in 1 J. DEWEY, Democrazia ed educazione, Firenze, La Nuova Italia,1979, p.283 2 Ibidem

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classe in ambito geografico e a scegliere il tema del paesaggio, considerato “porta di accesso”3 per la lettura del territorio. La relazione si articola in tre parti. Nella prima parte ho presentato un quadro storico dell' educazione geografica dal mito ai nostri giorni, consapevole che l' insegnamento della geografia non deve mai perdere lo sguardo sul passato, in quanto solo considerando la sua evoluzione epistemologica è possibile arricchire e comprendere in modo più approfondito il presente. Segue un capitolo dedicato agli studi effettuati sullo sviluppo della conoscenza spaziale del bambino da parte di Piaget, Bruner e Vonèche. Successivamente ho preso in considerazione il processo che vede il bambino impegnato a costruire le basi della strutturazione adulta della conoscenza spaziale centrata su nomi, regioni, funzioni, relazioni e trasformazioni. Ho presentato poi il paesaggio, un tema molto discusso e studiato sia in ambito educativo -didattico sia scientifico. A sostenerlo e incoraggiarlo contribuisce la “Convenzione europea del paesaggio”, documento promosso dal Consiglio d' Europa e firmato a Firenze il 20 ottobre del 2000. Infine ho trattato una parte dedicata all' analisi dei documenti programmatici, in particolare dai Programmi del 1955 alle attuali Indicazioni per il curricolo del 2007. Nella seconda parte ho descritto ed esaminato il mio intervento a scuola.Ho svolto gli incontri nel corso dell' anno scolastico 2003/2004 in una scuola della provincia di Padova. Ho iniziato osservando il territorio e il contesto classe, ed attuando il progetto. Ogni incontro rappresentava una tappa del viaggio compiuta dall' esploratore Salvatore, un personaggio fantastico, che ha condotto i bambini a conoscere i principali elementi fisici ed antropici del paesaggio collinare. Nella terza parte ho riportato le mie riflessioni- valutazioni finali sul percorso di tirocinio diretto ed indiretto. Nel compiere questo lavoro secondo un' ottica di revisione critica e riprogettazione dell' azione didattica ho cercato di mettere in luce i miei punti di forza e di debolezza, le gioie e le preoccupazioni provate e i traguardi raggiunti. 3 C. GIORDA, La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2007, p. 119

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PRIMA PARTE

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CAPITOLO 1 Il quadro storico dell'educazione geografica

1.1 Dal mito al mondo classico Concordo con molti studiosi e scienziati nel ritenere che l' insegnamento della geografia non debba mai perdere di vista il passato, in quanto, tenendo presente l'evoluzione epistemologica della geografia è possibile comprendere meglio il presente. In particolare l' insegnante nell'analizzare e prendere consapevolezza delle trasformazioni delle idee geografiche, può arricchire non solo il suo patrimonio scientifico- epistemologico, ma anche valorizzare quello didattico. Nel delineare un quadro teorico sull'educazione geografica va sottolineato fin d' ora che non si può non fare riferimento alle grandi tappe che hanno segnato la storia e la cultura dei popoli, tanto meno alle scoperte e innovazioni in campo scientifico e tecnologico, e infine, ma non per questo di minore importanza, le conquiste in campo pedagogico e psicologico.4 Una prima forma di geografia nasce già in tempi remoti dalla necessità dell'uomo di esplorare, ossia di conoscere nuovi territori per rispondere ai suoi bisogni primari (mangiare, dormire, difendersi dalle intemperie e dai nemici) in un mondo spesso ostile e pieno di pericoli. 5A ciò si deve aggiungere che la geografia, al pari delle altre scienze sconfinava nel mito. Giambattista Vico ricordava che la mitologia costituisce “la prima scienza e metafisica dell'umanità, il modo primitivo di spiegare il mondo e i suoi fenomeni, ma anche uno strumento formidabile per imparare a comprenderlo.”6Sono le divinità e i suoi rappresentanti (il dio- imperatore, il faraone- re, ...) a mediare le relazioni tra l' uomo e il suo ambiente e a determinare gli eventi naturali. Sono un esempio celebre i poemi epici (l' Iliade e l' Odissea) di Omero, i quali intrecciano le descrizioni dei luoghi 4 Cfr. G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica della geografia. Idee e programmi, Utet, Torino, 2004, p. 13 5 Cfr. C. FORMICA, Elementi di didattica della geografia, Ferraro, Napoli, 2003, p. 15 6 G. DE VECCHIS, G. STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 14

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con le vicende delle divinità. Tali opere presentano descrizioni geografiche talmente precise che, non solo hanno permesso ad Omero di venire considerato il fondatore della geografia, ma pure, nel 1871, di scoprire le rovine di Troia.7 Il primo tentativo di rappresentare la terra nella sua totalità è stato attribuito ad Anassimandro di Mileto (610-645 a. C.), il quale l' ha disegnata come un disco piatto circondato dall'oceano e diviso dal Mediterraneo in due continenti: a nord l' Europa a sud l' Asia. Il primo ad usare la parola “geografia” fu Eratostene di Cirene (275-194 a. C.). Egli non solo si è avvicinato alle dimensioni attuali della Terra iscrivendola in una rete rudimentale di paralleli e di meridiani, ma scrisse un' opera intitolata “Geografia”, suddivisa in tre tomi: il primo libro riguarda la storia della geografia da Omero ai suoi tempi, il secondo è inerente la geografia astronomica e fisica, il terzo è relativo alla descrizione del mondo conosciuto.8 Questo aspetto descrittivo, a forte carattere utilitaristico, fu colto pure dai Romani, nelle cui scuole di grammatica, la geografia, rientrando nello studio della geometria, ha consentito di comprendere meglio luoghi e regioni descritte dai poeti e di sottolineare l' espansione dell'impero in particolare mettendo in rilievo gli itinerari di interesse militare e commerciale. Ricordo che presso il mondo classico non esisteva la geografia, ma la geometria, la quale si occupava della forma, della dimensione e della raffigurazione cartografica della superficie terrestre allora conosciuta.

1.2 Nel Medioevo Con la disgregazione dell'Impero Romano la Chiesa si sostituì al potere politico e, grazie allo sviluppo del monachesimo, trasmise alcuni elementi della cultura classica purificandoli e riadattandoli alla sfera religiosa. Nel corso del Medioevo tutte le scienze furono pervase da valori religiosi e la geografia, in particolare, assunse il compito di supportare lo studio delle Sacre Scritture. 9“La 7 Cfr. C. FORMICA, Elementi...,op. cit., p. 15 8 Cfr. G. DE VECCHIS, G. STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 17 9 Cfr. C. FORMICA, Elementi..., op.cit., p. 18

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manifestazione di Dio, infatti, era affidata alle Scritture, che, per essere lette e capite, necessitavano di tutta una serie di nozioni, fornite dalle varie arti, ma depurate da ciò che veniva considerato superfluo. E così gli elenchi e le descrizioni di luoghi erano utili in quanto servivano a capire lo svolgimento dei fatti enunciati nella Bibbia. Se vi fu una derivazione dal mondo classico, concretamente sviluppatesi con contenuti simili, d' altra parte nel Medioevo cambiarono profondamente sia gli obiettivi che i valori: secolari quelli della scuola romana, ultraterreni quelli della scuola cristiana.”10E' interessante sottolineare come anche le carte geografiche fossero subordinate ai canoni teologici. Tipici sono i planisferi a “T-O”, così chiamati per la forma a T presa dal Mediterraneo e dai fiumi Nilo e Don, corrispondente all'antica suddivisione delle terre ai tre figli di Noè.11

1.3 Dal Quattrocento al Seicento Di fronte ad una serie di avvenimenti di diversa natura, tra cui la fioritura delle monarchie europee, le grandi scoperte geografiche, l' invenzione della stampa e della polvere da sparo, cambiarono profondamente le attese e gli atteggiamenti dell'uomo rispetto alla vita e al mondo. Cominciarono a svilupparsi la cultura umanistica e rinascimentale. Ecco che i problemi inerenti la forma e la dimensione della terra vennero riletti secondo le nuove informazioni pervenute dai racconti di viaggio e incanalati verso percorsi scientifici per scoprire le regole ed i misteri che governano la natura.12 A sollecitare una metodologia scientifica furono Bacone (1561-1626) e Cartesio (1596-1650), i quali, con il contributo delle scoperte in campo tecnologico, sottolinearono come il mondo percepito dai sensi potesse ingannare, mentre la matematica ed il calcolo costituire verità certe. In particolare se Bacone sottolineò che per sconfiggere i pregiudizi si doveva arrivare ad una conoscenza razionale mediante il metodo induttivo, ossia la 10 G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 18 11 Cfr. C. FORMICA, Elementi..., op.cit., p. 19 12 Cfr. G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 22

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sistemazione e la classificazione delle esperienze, Cartesio sostenne che la conoscenza razionale si raggiungesse non accettando tutto ciò che la ragione dell'uomo non potesse comprendere.13In particolare nel campo dell'insegnamento della geografia si contraddistinse in questi anni Comenio (1592-1670), il quale, per la prima volta parlando di associazione tra parola e figura, sosteneva l' importanza di imparare guardando le immagini. Ancora John Locke (1632-1704) scrivendo sulla geografia riteneva non solo che essa fosse molto importante per sviluppare lo spirito di osservazione, ma la “considerava un vero diletto soprattutto per le passeggiate scientifiche, le gite, i viaggi necessari per avere diretta conoscenza delle cose”.14

1.4 Dal Settecento alla prima metà dell'Ottocento Ad esaltare gli effetti della rivoluzione scientifica del 1.600 fu l' Illuminismo, il movimento filosofico e culturale che ha caratterizzato il Settecento e che ha portato in campo pedagogico ad attaccare la tradizionale scuola umanisticaletteraria per un tipo di educazione basata su una visione scientifica della realtà. “La ragione doveva porsi come lume che rischiara le tenebre dell'ignoranza, allo scopo di migliorare in maniera tangibile il modo di vivere. Ne conseguì una lotta contro il pregiudizio, il mito e la superstizione.” 15Ora se Jean- Jacques Rousseau (1712-1778) attraverso l' oramai celebre opera “L' Emilio” sottolineò il grande valore educativo dell'ambiente, il quale grazie alle sue leggi conduce tutte le sue creature; il grande filosofo Immanuel Kant (1724-1804) affermò l' importanza della geografia scrivendo: “ L' utile della geografia è manifesto. Essa ci insegna a conoscere l' officina della natura nella quale noi ci troviamo, i suoi strumenti, il suo primo laboratorio, e i suoi tentativi. Senza di lei, per quanto anche si sia imparato, l' uomo resta limitato 13 Cfr. C. FORMICA, Elementi..., op.cit., p. 22 14 G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 23 15 Ibidem p. 24

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e avvinto. Il fondamento è il suolo di tutte le nostre cognizioni, sul quale raccogliamo tutti i fenomeni sensibili, su cui facciamo tutte le nostre esperienze viaggiando e conversando, il posto dove abbiamo da mettere in pratica tutto ciò che abbiamo imparato o acquistato col mezzo degli studi, ci resterà ignoto e indifferente. Non vi è cosa che coltivi e formi più il buon senso degli uomini, quanto la geografia. Il buon senso si estende sull'esperienza, e si nutre per mezzo di essa. Volendo ora estendere un poco la nostra conoscenza, e non limitarci a quel luogo dove siamo nati, dobbiamo secondo le nostre mire acquistarci delle cognizioni geografiche. Quegli che ne è privo sarà indifferente anche alle notizie delle gazzette. Egli non ha un tutto a cui applicarle... Il viaggiare istruisce assai; egli ci leva tutti i pregiudizi popolari, quelli della religione, della politica, della famiglia, dell'educazione. La geografia supplisce ai viaggi ed estende considerevolmente le nostre cognizioni. Essa ci rende cittadini del mondo, e ci mette in correlazione con le nozioni più remote. Senza di essa siamo limitati alla città, alla provincia, al regno nel quale viviamo...”16 Ora, se fino al 1600 alla geografia è stato dato un ruolo prevalentemente descrittivo della Terra, tra la fine del 1700 e l' inizio del 1800 essa ha iniziato a ricercare le cause e i legami esistenti tra i vari fenomeni soffermandosi sui rapporti tra uomo e natura. Grazie soprattutto agli apporti epistemologici degli studiosi tedeschi Alexander Von Humboldt (1769-1859) e di Carl Ritter (1779-1858) inerenti i problemi legati alla relazione tra l' uomo e la natura, e in particolare al principio di interdipendenza, viene a prendere corpo la geografia moderna e, di conseguenza, la sua istituzionalizzazione come materia d' insegnamento a livello accademico. Successivamente Ratzel Friedrich (1844-1904), anch'egli geografo tedesco, riprende lo studio dei suoi predecessori, ma stimolato dalle idee positiviste ed evoluzioniste (valorizzazione della ragione, metodo induttivo, osservazioni ripetibili, rifiuto della metafisica) rilegge la relazione uomo- ambiente in modo più approfondito. Quest'ultimo accetta il principio del determinismo, una 16 C. FORMICA, Elementi..., op.cit. p 10

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concezione che rimanda all'idea di un sistema di leggi universali che dirigono ogni sfera della realtà.17

1.5 Dal 1860 alla seconda guerra mondiale L' Italia dopo l' unificazione si trovava con un numero estremamente alto di persone analfabete (70% di tutta la popolazione). Non mancarono i tentativi di sopperire a tale problema: il 13 novembre 1859, ispirata al pensiero positivista, venne promulgata la legge Casati. Quest'ultima sottolineava l' importanza del metodo oggettivo, dell'osservazione attraverso i sensi, della raccolta e classificazione dei materiali. Tutto questo però non trovava accoglimento nella quotidianità che ancora perseverava in un tipo di sapere nozionistico, ossia sulla mera memorizzazione di lunghe liste di nomi in cui affioravano: monti, fiumi, capitali, confini,...18 Se questa era la situazione vigente in Italia, in Francia nello stesso periodo per opera di Paul Vidal De La Blache (1845-1918) si stava affermando un nuovo orientamento definito dallo storico Febvre “possibilismo geografico” che poneva l' accento sulle capacità di reazione che i gruppi umani hanno nei confronti delle leggi naturali in rapporto al loro grado di preparazione scientifica, tecnica, e di livello culturale, alla loro struttura sociale, alla loro tenacia e alla loro forza di volontà. Ciò si può raggiungere nella seguente espressione: “ la natura propone e l' uomo dispone”.19 A caratterizzare la pedagogia italiana del primo Novecento è Giovanni Gentile che esaltando la coincidenza tra pedagogia e filosofia si schiera sostenendo che: “ La geografia colloca l' uomo al centro di questo mondo; di questo mondo che raccoglie nella terra gli effetti di tutte le forze operanti nel sistema universale della natura; nella terra, che l' uomo abita e percorre e trasforma e popola e coltiva e fa teatro delle sue gesta e campo del suo lavoro e territorio dei suoi stati, scacchiere 17 Cfr. G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 26 18 G. STALUPPI, La geografia : ieri, oggi, domani, in “Scuola e didattica”,n. 5, 1983, p. 38. 19 C. FORMICA, Elementi..., op.cit. p.14

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della sua perpetua instancabile attività rivolta alla produzione della ricchezza, che è come dire delle forme, sempre più alte e più intense della vita, su per la scala infinita delle sue creazioni spirituali”.20 Altro illustre uomo del tempo è il pedagogista Giuseppe Lombardo Radice (18791938), che prendendosi a cuore la direzione della scuola elementare e parlando di geografia, scriveva: “Staccate la geografia dalle scienze naturali e storiche, l' avrete distrutta [...]. Non si viene a togliere con ciò alla geografia il suo valore, ma anzi lo si caratterizza: infatti in quanto si distingue dalla storia e dalle scienze della natura, la geografia ha il compito scientificamente altissimo, di raccogliere in un complesso ordinamento la maggior somma possibile di dati, in servizio delle due storie”.21 Con il fascismo le parole chiave della disciplina geografica diventarono: nazionalismo, patriottismo, superiorità della razza , colonialismo e guerra.22

1.6 Dal 1945 ai giorni nostri Il secondo dopoguerra è caratterizzato da significativi e rapidi cambiamenti in diversi settori della vita sociale. Tutto questo investe anche la geografia, alla quale vengono offerti spunti vitali per un suo rinnovamento. A incidere fortemente sulle modalità di insegnamento è la contestazione studentesca che ha caratterizzato gli ultimi anni Sessanta portando la stessa geografia ad allontanarsi da un tipo di sapere esclusivamente descrittivo e nozionistico.23 Nel panorama scientifico nascono e si sviluppano nuovi indirizzi tra cui quello ecologista che ha donato significativi e importanti apporti anche in campo didattico. “Nuove geografie sono anche quelle della percezione e del comportamento e la geografia umanista, che propone e utilizza collegamenti con arte e letteratura. Il quadro percettivo di un ambiente, filtrato dalla particolare sensibilità di uno scrittore,di un poeta, di un 20 21 22 23

G.DE VECCHIS, G.STALUPPI, Didattica..., op. cit., p. 31 Ibidem,p.32. Ibidem, p. 32 Ibidem, p. 33

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pittore, può costituire un approccio importante alla sua comprensione, che andrĂ poi strutturata attraverso le letture e le interpretazioni geografiche.â€? 24Nonostante tutti questi modelli possano apparire un limite, a livello educativo- didattico sono da considerarsi estremamente proficui, soprattutto nel momento in cui vogliamo migliorare una interazione e collaborazione con le altre discipline e garantire una pluralitĂ di punti di vista diversi.25

24 Ibidem, p. 34 25 Ibidem

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CAPITOLO 2 La conoscenza dell' ambiente nel bambino

2.1 Lo sviluppo della conoscenza spaziale Il bambino comincia ad orientarsi nello spazio sin dalla nascita. Alcuni esperimenti condotti più di cinquanta anni fa avevano evidenziato che i bambini fin dai primi mesi di vita discriminano le forme (ad esempio distinguono una forma con strisce orizzontali da una con cerchi concentrici), percepiscono la distanza e la costanza di grandezza.26 Inoltre lo spazio fa parte del processo di separazione- individuazione che porta il bambino a distinguersi dalla madre e a costruirsi un' identità personale.27 La formazione dell' identità è il risultato dell' interazione con l' ambiente e della dimensione spaziale. Quest' ultima comprende fattori biologici e, in primo luogo, culturali. Di conseguenza il modo in cui agiamo e percepiamo lo spazio diventa il risultato di una lunga elaborazione che presenta significative differenze fra culture diverse.28 Le pietre miliari dello studio del rapporto tra il bambino e lo spazio sono poste da Jean Piaget (1896-1980).“Piaget e i suoi collaboratori sono stati i primi (negli anni '40) a studiare sistematicamente e approfonditamente il problema dello sviluppo della spazialità e a collocare l' evoluzione delle nozioni spaziali all' interno di una teoria organica sullo sviluppo della mente”.29Lo sviluppo della conoscenza spaziale è scandito secondo Piaget in quattro grandi stadi che ricoprono l' arco di vita dalla nascita all' adolescenza. Essi sono: 1. Stadio senso-motorio (0-2 anni) 26 Cfr R. VIANELLO, Psicologia dello sviluppo, Junior, Bergamo, 1998, pp. 67-70 27 Ibidem, p. 251 28 Cfr . C. GIORDA, La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2007, p. 17 29 G. AXIA, La mente ecologica. La conoscenza dell' ambiente nel bambino, Giunti Barbera, Firenze, 1986, p. 22

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Il bambino manca di rappresentazioni interiori della realtà. Egli conosce il mondo solo in modo senso- motorio attraverso le reazioni circolari, ossia intervenendo sulle cose, percependo gli effetti delle sue manipolazioni e tornando a manipolarle. 2. Stadio pre- operatorio (2-6 anni) Il bambino possiede rappresentazioni interiori e lo testimoniano la rappresentazione differita ( il soggetto ripete un' azione qualche tempo dopo averla vista) e il gioco simbolico ( “il fare finta di”, in cui gli oggetti stanno al posto di altri assai diversi). In questo periodo il bambino resta legato ad una prospettiva egocentrica. Egli ha un pensiero uniforme, ossia riesce a considerare una cosa alla volta, e rigido, ossia fatica a immaginare trasformazioni e a vedere le cose da un altro punto di vista. 3. Stadio operatorio- concreto (6-12 anni) Il pensiero del bambino diventa complesso ed elastico. Il bambino compie manipolazioni mentali degli oggetti secondo delle regole e matura il principio di conservazione del numero, della quantità di liquido, delle masse e del volume. A otto- nove anni il bambino giunge a pensare lo spazio come qualcosa di indipendente dal proprio corpo e compie il passaggio dalla fase egocentrica alla fase eterocentrica. 4. Stadio operatorio- formale o ipotetico- deduttivo (12-16 anni) Il ragazzo compie ragionamenti logicamente corretti esaminando molteplici possibilità, senza partire dall' oggetto concreto e verificando il suo ragionamento attraverso dati presi dall' esperienza.30 Gli stadi presentati sono: ●

universali : si ritrovano in tutte le persone;

30 Cfr. A. BIANCHI, P. DI GIOVANNI, Psicologia in azione, Paravia, Torino, 1996, pp. 426-430

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sequenziali : quelli prima preparano quelli dopo;

gerarchizzati : si inizia dalle forme più semplici di pensiero e si arriva a quelle più definitive dell' adulto;

integrati : quando si raggiunge uno stadio più avanzato, il pensiero precedente scompare.31

Altre interpretazioni inerenti la tematica dello spazio sono avanzate da Lev Vygotskij (1896-1934). Egli afferma che il bambino non abbandona l' egocentrismo perchè permane anche in età adulta come risorsa utilizzata per non cadere nel conformismo sociale. Inoltre l' autore sottolinea che le teorie di Piaget hanno il limite di studiare l' apprendimento senza tenere conto del contesto storico- sociale.32 Ancora Jacques Vonèche, professore di Psicologia dell' infanzia e dell' adolescenza all' Università di Ginevra, al convegno “Il dominio dello spazio” tenuto nell' ottobre del 2005 a Torino, dichiara che la storia della relazione tra l' uomo e lo spazio inizia nel ventre materno. Nell' utero il feto compie i primi movimenti oculari di scansione e dei movimenti globali lenti. Lo spazio esterno esiste come spazio sonoro. “La mentalità occidentale contemporanea, sviluppatasi su radici illuministe, considera questo periodo di vita fuori del campo della cultura, unicamente regolato da processi biologici. In molte culture tradizionali l' approccio è più relazionale, e rivela una considerazione diversa sia del nascituro sia dello spazio”.33

2.2 Dallo spazio come parte del sé al territorio come produzione sociale “La nostra vita è anche un lento, progressivo, processo di conquista dello spazio attorno a noi”.34 31 32 33 34

Ibidem, p.426 Cfr. C. GIORDA , La geografia..., op.cit. pp. 20-21 Ibidem, p. 19 Ibidem, p. 24

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La conoscenza dell' ambiente circostante da parte del bambino, e in seguito dell' adulto, è in stretto rapporto con la percezione della propria personalità. Essa si basa sull' esperienza spaziale, un' esperienza che viene strutturata e rielaborata grazie a differenti mediazioni: quella familiare, quella scolastica, quella dei massmedia. Il bambino, ampliando le capacità di pensare e concettualizzare lo spazio, estende la capacità di operare in esso, rinforza la propria sicurezza e accresce l' identità personale. In tutto ciò la geografia riveste un ruolo importante. Essa, avendo per obiettivo la strutturazione adulta della conoscenza spaziale, ha il dovere di portare i bambini della scuola dell' infanzia e dei primi tre anni della scuola primaria a porre lo sguardo sullo spazio vicino. In questo modo il bambino elabora le basi dell' orientamento fisico (vicino/lontano, dentro/fuori, destra/sinistra,ecc.) e dell' orientamento culturale ( nomi, funzioni, valori degli spazi, ecc.); conoscenze che gli consentono di “rielaborare la propria idea degli spazi per abitarli, progettarli e trasformarli”.35 Lentamente il bambino passa dallo spazio come parte del sé alla scoperta del territorio come produzione sociale. Nella prospettiva sociale cambia il centro di osservazione. Esso spostandosi dall' identità personale all' identità sociale diventa un processo di interazione fra società e ambiente chiamato processo di territorializzazione.36 “ La territorializzazione è dunque un grande processo, in virtù del quale lo spazio incorpora valore antropologico; quest' ultimo non si aggiunge alle proprietà fisiche, ma le assorbe, le rimodella e le rimette in circolo in forme e con funzioni variamente culturalizzate”.37Gli atti del processo di territorializzazione sono: ●

la denominazione Con la denominazione, ossia il conferire il nome agli oggetti posti sulla superficie terrestre, l' uomo esercita un controllo di tipo simbolico. Con tale atto l' individuo crea identità, ossia complessifica lo spazio aggiungendovi nuovi nomi. Allo stesso tempo però riduce la complessità

35 Ibidem, p.27 36 Ibidem, p. 29 37 A. TURCO, Verso una teoria geografica della complessità, Unicopli, Milano, 1988, p. 76

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in quanto elabora e compatta le informazioni sotto un' unica designazione condivisa dalla società.

la reificazione Tale “processo istituisce e/ o conserva il controllo pratico, il quale contempla un duplice ordine di manipolazioni: le une, assicurano le trasformazioni di una materialità costruita; le altre si rivolgono non allo spazio ma al territorio, sicchè ricavano da una materialità costruita una nuova materialità, anch' essa costruita”.38 La reificazione è un controllo di tipo pratico e rientra all' interno della dialettica dell' autonomia. Se da un lato l' uomo con la costruzione di nuovi artefatti tende ad aumentare la complessità (replicabilità dell' azione sulla materia) dall' altra con l' acquisizione della tecnica, tende a diminuirla (ricorsività). In sintesi la reificazione si esprime attraverso il voler fare, il saper fare, il poter fare.

la strutturazione Con la strutturazione, ossia la creazione di strutture organizzate che hanno lo scopo di governare la complessità spaziale prima, territoriale poi, si attua un controllo sensivo. Attuare un controllo di tipo sensivo significa dare senso a quell' insieme di elementi, di relazioni e di finalità presenti sul territorio. Come la denominazione e la reificazione pure la strutturazione prende parte al gioco della dialettica dell' autonomia. Con la strutturazione, grazie all' azione di organizzazione del territorio in nodi, reti e maglie, si ha soprattutto una diminuzione di complessità. Nonostante ciò è presente anche

un

aumento

della

complessità

poiché

attraverso

quella

organizzazione la struttura territoriale si dota di nuovi elementi e relazioni tra elementi che servono a mantenere la medesima.

38 Ibidem, p. 93

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CAPITOLO 3 Il paesaggio

3.1 Un concetto discusso In campo geografico il concetto di paesaggio è uno dei più discussi e fecondi. A partire dai primi decenni dell' Ottocento la maggioranza dei geografi lo ritiene l' oggetto di studio delle loro indagini scientifiche. Nella realtà tutti non sono d' accordo: il concetto si fonda solo sul paesaggio visibile e ciò significa avere una visione parziale della realtà geografica. Molte riflessioni nascono e maturano anche in Italia.39 Marinelli, autore del fondamentale “Atlante dei tipi geografici”, sostiene che il paesaggio non può esistere senza l' uomo che lo osserva. “Il concetto di paesaggio è necessariamente qualcosa di astratto e di personale, che dipende dalla nostra facoltà rapresentativa oltre che dalla esteriorità delle cose”. 40Egli inoltre afferma che una oggettivazione geografica del paesaggio potrebbe essere di fondamentale importanza nel campo dell' insegnamento. La definizione che riscontra una maggiore diffusione è rilasciata da Renato Biasutti nel 1947. Egli scrive che il paesaggio geografico è una sintesi di elementi e caratteri visibili “ che presentano le più frequenti ripetizioni sopra uno spazio più o meno grande”.41A partire da ciò descrive le diversità del paesaggio terrestre attraverso quattro categorie: il clima, la morfologia, l' idrografia e la vegetazione. Questo tipo di impostazione ha il limite di porre in secondo piano il ruolo dell' uomo e privileggiare i fattori naturali. Di altra opinione è Aldo Sestini, il quale,nello descrivere i paesaggi, mette in luce il fatto che essi sono i prodotti visibili delle continue modificazioni avvenute per 39 Cfr. A. A. BISSANTI, Dal paesaggio al sistema antropofisico, in “ Scuola e didattica”, n° 10, 1985, pp. 33-36 40 C. GIORDA, La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2007, p. 119 41 Ibidem, p. 119

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opera dell' uomo. Oggi i geografi stanno riscoprendo il concetto di paesaggio e la ricchezza delle sue variabili semantiche: umanistiche come per esempio il paesaggio sonoro,il paesaggio affettivo, il paesaggio vissuto, e scientifiche come il paesaggio urbano, il paesaggio rurale , il paesaggio naturale. Essi ritengono la varietà di approcci una ricchezza perchè “permette di affrontare analisi molto diverse fra loro con una terminologia e un modello appropriati”42

3.2 La Convenzione europea del paesaggio Oggi giorno il paesaggio è un tema molto discusso in diversi ambiti, sia entro i confini accademici, sia nei dialoghi con organizzazioni che si occupano dell' argomento. A sostenere ed alimentare un interesse non solo educativo- didattico, ma pure scientifico contribuisce la Convenzione Europea del paesaggio (documento promosso dal Consiglio d'Europa e firmato a Firenze il 20 ottobre del 2000). Si legge nel preambolo: “il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale”.43 Interessante è inoltre sottolineare gli aspetti innovativi tra i quali l' esplicito collegamento tra paesaggio e popolazione.44 Così partendo dalla definizione di paesaggio (art. 1): “Il paesaggio designa una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”si termina nel Preambolo sottolineando che lo stesso contribuisce “al benessere, alla soddisfazione e alla qualità della vita delle popolazioni”.45A quanto detto sopra va aggiunto “che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo”.46 Da questo stretto rapporto si delineano anche le misure specifiche (art. 6),che guidano ogni Paese firmatario ad 42 43 44 45 46

Ibidem, p. 120 Http://bap.beniculturali.it Http://www.aiig.it Http://bap.beniculturali.it Ibidem

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impegnarsi ed accrescere la sensibilizzazione e la formazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore, alla conoscenza e alla salvaguardia dei paesaggi.47 “Un primo ruolo fondamentale viene attribuito sicuramente al mondo della scuola, ma è riconosciuta l' importanza anche di altre agenzie deputate ad una formazione permanente del cittadino (istituzioni culturali pubbliche e private, musei, ecc.) e al mondo delle associazioni e delle ONG, che spesso svolgono un ruolo importante nella promozione delle istanze e della formazione della pubblica opinione.”48

3.3 Il paesaggio come risorsa educativa Il paesaggio attiva una pluralità di dialoghi con la realtà nella sua dimensione naturale, con il passato, con le culture, con gli altri. I dialoghi nascono e si sviluppano dallo sguardo del fruitore: “la soggettività del fruitore istituisce il paesaggio come testo”49. Questa operazione richiede un osservatore attivo, non semplicemente ricettivo, capace di costruire “trame su un ordito in trasformazione”50. Quanto esposto impegna a sviluppare percorsi didattici che garantiscano la possibilità al bambinodi costruire i saperi nell' interazione con gli altri, con il territorio, con la sua cultura. In tema di formazione, tali modalità dialogiche, generate dall' incontro con il paesaggio, richiamano la polarità identità / alterità. Le polarità pedagogiche, usando il linguaggio di Guardini, sono “opposizioni correlative che nell' esperienza non si elidono anzi si richiamano, nel senso che, anche quando un aspetto raggiunge il suo maximum, non esclude mai il suo opposto”.51 Da un punto di vista pedagogico l' identità si definisce in termini di: ●

47 48 49 50 51

soggettività esperita attraverso il proprio corpo situato in un certo spazio e

Ibidem Http://www.aiig.it Ibidem Ibidem D. ORLANDO CIAN, Le polarità pedagogiche nei grandi modelli del passato, in “Studium Educationis”, n° 2, 1999, p. 234

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tempo; ●

intimità: la propria intenzionalità, le proprie emozioni e la fedeltà a se stessi;

intersoggettività: l' alterità come condizione di identità, di possibilità di riconoscere se stessi nel confronto e nel dialogo, sulla possibilità di andare oltre e altrove.

Anche il paesaggio richiama la polarità identità/ alterità “nel suo dare spazio alle esigenze di radicamento come al desiderio di scoprire, di avventurarsi in ciò che non è noto”52. L' identità riferita al paesaggio può assumere i termini di : ●

dimorare: implica intenzionalità, cura, familiarità con gli esseri viventi, consuetudine con i luoghi;

risiedere: è una condizione transitoria, suggerita dal caso o dalla necessità e comporta una estraneità ai luoghi.

La scelta dell' uno o dell' altro, sia in termini di identità sia in relazione con il territorio, comporta risultati diversi. Nel progettare percorsi educativi- didattici, volti a favorire e incrementare relazioni appropriate, è fondamentale dare debito spazio all' identità e ricercare l' alterità. Privileggiare esclusivamente l' identità può portare a : ●

chiudersi all' altro;

sviluppare pregiudizi;

rifiutare il cambiamento.

Soffermarsi solo sull' alterità può: ●

ostacolare la formazione di sistemi di segni significativi per il soggetto;

portare alla polireferenzialità priva di radici, di luoghi e di tempi;

condurre alla omologazione culturale.

Inoltre il paesaggio presenta una vocazionalità pedagogica. In un' epoca complessa, caratterizzata dalla globalizzazione delle comunicazioni, dall' esasperata mobilità, dalla perdita di storia e di identità, una corretta educazione al 52 Http://www.aiig.it

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paesaggio diventerebbe di fondamentale importanza. Essa permetterebbe di osservare con occhi diversi ciò che per diversi motivi ha smesso di parlarci, di attivare la nostra produzione di significati e di piacere contemplativo. Per assolvere a tale compito risulta di fondamentale importanza educare il bambino alla progettualità: “Educare alla progettualità attraverso l' esperienza del paesaggio significa creare occasioni in cui i soggetti possono percepirsi come artefici di processi culturali di attribuzione di senso, vincolati dalla materialità delle condizioni esterne ma liberi di proiettarsi nel futuro e responsabili di costruire negozialmente nuovi impegni per nuovi orizzonti”53.

53 Ibidem

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CAPITOLO 4 Il paesaggio nei programmi scolastici della scuola primaria

4.1 I programmi del 1955 I programmi ministeriali del 1955 risentono dell' intenso sviluppo economico e sociale che ha distinto il nostro Paese negli anni '50.54 Essi ispirati alla “tradizione educativa umanistica e cristiana”55e alle teorie dell' attivismo pedagogico, introducono nel processo formativo dell' alunno l' importanza dell' intuizione, della fantasia e del sentimento. Nei programmi Ermini la geografia oltrepassa lo schema basato prevalentemente sull' impianto fisico- naturalistico56e segnala un cambiamento in senso antropico, segnalando i modi attraverso i quali l' uomo trasforma il paesaggio57: “Oggetto della ricognizione, sempre episodica, dell' ambiente, non saranno soltanto gli elementi naturali del paesaggio, ma anche e soprattutto le opere con le quali gli uomini lo hanno modificato e incessantemente lo modificano, per adeguare sempre più il loro ambiente ai bisogni dell' individuo, della famiglia, della comunità.”58 Mentre nel primo ciclo (classi prima e seconda)

non vi sono distinzioni

disciplinari e si prescrive che l' esplorazione dell' ambiente deve muoversi “dall' interesse occasionale spontaneo del fanciullo”59, nel secondo ciclo (classi terza, 54 Cfr. L. ROCCA, Geo-scoprire il mondo. Una nuova didattica dei processi territoriali, la Biblioteca Pensa Multimedia, Lecce, 2007, p. 133 55 D.P.R. 503 del 14 giugno 1955, Programmi didattici per la scuola primaria 56 Http://www.aiig.it 57 Cfr. C. GIORDA, La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2007, p. 48 58 D.P.R. 503 del 14 giugno 1955,op.cit. 59 Ibidem

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quarta e quinta) si legge che l' esplorazione dell' ambiente deve partire dalla “rilevazione degli elementi più importanti del paesaggio: fisici (morfologia del terreno, idrografia, fenomeni meteorologici), biologici (fauna, flora; e conseguentemente allevamenti e coltivazioni), e antropici (vie e mezzi di comunicazione, botteghe artigiane e commerciali, mercati e stabilimenti industriali, servizi pubblici, monumenti e vestigia storiche).60 Ancora si invita l' insegnante ad allargare l' orizzonte del fanciullo “dal comune alla Regione”61fino ad avviare “l' alunno ad una prima conoscenza episodica ed occasionale degli altri Paesi europei ed extraeuropei”.62 Particolarmente importante è la descrizione del ruolo dell' insegnante, il quale ha il compito di sollecitare il bambino a scoprire i rapporti di interdipendenza degli elementi geografici tra di loro e con le attività umane.63 “Due gli importanti elementi innovatori: il primo era far scoprire (non più illustrare al fanciullo), non sostituendosi all' allievo, ma rendendolo protagonista del processo di ricercascoperta. Il secondo era costituito dai rapporti di interdipendenza che avrebbero dovuto rimpiazzare, superandoli, gli oggetti ed elementi del territorio, sostituendo all' apprendimento mnemonico-nozionistico la ricerca e la riflessione sulle relazioni che vi intercorrono.”64 Da una lettura attenta dei programmi risulta centrale la considerazione che il pensiero post- moderno della complessità vede il legame uomo- natura come risultato di rapporti aleatori e perciò non sussiste determinismo tra ciò che avviene in natura e ciò che fa l' uomo.65

60 Ibidem 61 Ibidem 62 Ibidem 63 Ibidem 64 Cfr. G. DE VECCHIS, G. STALUPPI, Didattica della geografia. Idee e programmi, Utet, Torino, 2004, p. 13, pp. 188-189 65 L. ROCCA, Geo- scoprire...,op. cit., p. 139

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4.2 I programmi del 1985

Nei programmi del 1985 la geografia viene posta nell' ambito delle scienze umane con storia e studi sociali. L' obiettivo generale di queste tre discipline e' “quello di stimolare e sviluppare nei fanciulli il passaggio dalla cultura vissuta, assorbita direttamente dall' ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale”66. Compito specifico della geografia è rilevare e interpretare

“i caratteri dei

paesaggi geografici”67, studiare i “rapporti tra l' ambiente e le società umane”68, elaborare e proporre “modelli di spiegazione dell' intervento degli uomini sul territorio”.69 Ad una attenta analisi della definizione possiamo riscontrare alcuni elementi di novità rispetto ai programmi del 1955. Se l' oggetto di studio della geografia nei programmi Ermini è individuato negli elementi e nei rapporti tra l' ambiente e l' uomo organizzato in gruppi sociali, l' oggetto di studio della geografia dei programmi del 1985 è costituito non solo dai caratteri dei paesaggi e dai loro rapporti; ma anche dagli interventi sul territorio. “In questo contesto dovrà essere promossa e progressivamente rafforzata la responsabile attenzione del fanciullo al problema ecologico.Tutto questo dovrà far emergere la consapevolezza che le decisioni di intervento sul territorio non dovranno essere riferite esclusivamente ai bisogni degli uomini; dovranno essere tenute in debita considerazione anche le esigenze delle componenti antropiche, specie quelle appartenenti alla biosfera”.70 Altri elementi di novità introdotti con i programmi del 1985 sono: ●

la scomparsa dell' “approccio regionale classico (le province, le regioni)71 a favore dell' introduzione di nuclei tematici, e la scomparsa dello studio di tutto il mondo. 72;

66 67 68 69 70 71 72

D.R.P. 104 del 12 febbraio 1985, Programmi didattici per la scuola primaria Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem G. DE VECCHIS, G. STALUPPI, Didattica...,op. cit. p. 189 D.R.P. 104 del 12 febbraio 1985, op. cit.

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una metodologia attiva (l' osservazione diretta e il processo di ricercascoperta inteso come sequenza del metodo scientifico in cui si alterna la formulazione dell' ipotesi con l'effettuazione della verifica)73;

un' insegnamento della geografia svolto in stretta connessione con le altre discipline74(non solo con la storia e gli studi sociali).

Per quanto riguarda il paesaggio geografico i nuovi programmi lo definiscono come “ costruzione di sintesi controllabili dei modi utilizzati dagli uomini per interagire con la natura e dei rapporti culturali, economici e sociali operanti nelle società stesse e fra società diverse”75. Esso si basa su diversi aspetti del concetto di spazio: ●

“lo spazio fisico come condizione e come risultato dell' intervento dell' uomo sul pianeta; le possibilità, i vincoli, i problemi che pone, le trasformazioni che subisce;

lo spazio rappresentativo come espressione di sintesi di valori (i luoghi di incontro e di scambio, di celebrazione sacra e profana, di sede di autorità, ecc.);

lo spazio progettato come campo di azioni possibili o ipotesi di intervento (insediamenti, utilizzazione del suolo, comunicazioni, pianificazione territoriale);

lo spazio codificato convenzionalmente dalla cartografia e da modelli rappresentativi che utilizzano i linguaggi scientifici”.76

Tenere a riferimento questi vari concetti di spazio significa studiare la geografia secondo l' ottica della complessità. Nei programmi il rapporto che si instaura tra l' uomo e la natura è di tipo “aleatorio”77: ciò significa che l' uomo davanti ad una molteplicità di possibilità ha l' obbligo di scegliere. Tale processo viene definito

73 74 75 76 77

G. DE VECCHIS, G. STALUPPI, Didattica..., op. cit. p.191 D.R.P. 104 del 12 febbraio 1985, op.cit. Ibidem Ibidem A. TURCO, Verso una teoria geografica della complessità, Unicopoli, Milano, 1988, p. 24

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“cogenza selettiva”78. “Compiendo le sue scelte, scartando quindi delle possibilità, l'uomo crea dei contesti di senso, degli ambiti a complessità ridotta, zone in cui può esprimere la sua azione. Se le possibilità scartate non vengono eliminate, non avviene una distruzione di complessità che potrà essere recuperata, in nuovi contesti di senso, rendendo possibili le opzioni prima scartate”.79 Per quanto riguarda i legami esistenti tra paesaggio e geografia gli stessi programmi scolastici attraverso un discorso interdisciplinare hanno favorito diverse letture.80 Si può constatare (i riferimenti riguardano i programmi per la scuola elementare del 1985) che il termine paesaggio in maniera più o meno diretta non emerge solo in Geografia , ma pure in Scienze dove si legge tra gli obiettivi e contenuti: “ Rilevazione delle caratteristiche del paesaggio e considerazioni sulla sua evoluzione e sui fattori che la determinano (dilavamento, alluvioni, frane, interventi dell'uomo...) anche attraverso semplici esperienze”.81 In Storia il concetto di paesaggio viene approfondito sia mediante la promozione delle capacità di ricostruzione dell'immagine del passato muovendo dal presente e di individuazione delle connessioni tra passato e presente sia attraverso la ricostruzione storica del suo ambiente di vita.82“Del resto il paesaggio non può essere compreso pienamente se non vengono considerati i comportamenti e le culture delle comunità nella loro dimensione storica.”83Anche nell'Educazione all'immagine si possono aprire dei confronti: “l'immagine è un messaggio, cioè è una sequenza di segni, suoni, forme, ecc., con la quale si intende comunicare qualcosa.”84Infine anche in Educazione al suono e alla musica si possono ritrovare delle componenti importanti del paesaggio: “I fenomeni acustici della natura, della civiltà urbana e contadina e la produzione musicale dei popoli dei differenti paesi ed epoche storiche sono il campo delle attività di esplorazione, 78 79 80 81 82 83 84

Ibidem, p.46 L. ROCCA, Geo-scoprire ..., op.cit., p. 139 Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem

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conoscenza e apprendimento.”85

4.3 Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati

Nel 2004 sono state emanate le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati per il primo ciclo, ossia per la scuola primaria di primo grado e di secondo grado. Ad una loro analisi possiamo riscontrare che vi sono degli elementi di continuità con i programmi precedenti. Se il compito della geografia nei programmi del 1985 è di elaborare e “proporre modelli di spiegazione dell' intervento degli uomini sul territorio”86, nelle Indicazioni Nazionali tra le conoscenze del primo biennio ( classi seconde e terze) si ritrova: “L' uomo e le sue attività come parte dell' ambiente e della sua fruizione- tutela”87 e ancora tra le abilità del secondo biennio (classi quarta e quinta): “Riconoscere le più evidenti modificazioni apportate dall' uomo nel territorio regionale e nazionale”88. Ancora si legge che l' oggetto di studio è circoscritto all' Italia e alle sue regioni. Con quest' ultimo termine non si intende uno studio classico riferito alle regioni amministrative, ma si tratta di “riuscire a capire la consistenza di vari tipi di regione: accanto a quelle tradizionali (amministrative, come Lazio, Piemonte, ecc.) vi sono regioni storiche (come, ad esempio, il Mugello, la Ciociaria, ecc.), paesaggistiche (come, ad esempio, la costiera amalfitana, l' area dolomitica, l' area gardesana, ecc.), climatiche (come, ad esempio, la pianura padana, l' area alpina orientale, la riviera ligure, ecc.)”.89 Per quanto riguarda il concetto di paesaggio le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati lo considerano come una “porta di accesso”90. 85 Ibidem 86 Ibidem 87 D.L. 59 del 19 febbraio 2004, Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati 88 Ibidem 89 Ibidem 90 C. GIORDA, La geografia ...op.cit, p. 119

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Ancora il termine paesaggio si ritrova negli obiettivi specifici di apprendimento sia del primo biennio sia del secondo biennio. Grazie al paesaggio si giunge prima a “riconoscere gli elementi fisici e antropici”91 del territorio vicino poi dell' Italia, si colgono “le loro trasformazioni nel tempo”92 e “i principali rapporti di connessione e di interdipendenza”93. Per concludere voglio sottolineare che un ulteriore ambito didattico trasversale ad altre discipline e che trova nel paesaggio un suo importante filone di ricerca è l' educazione ambientale. Essa rientra all'interno dell'Educazione alla Convivenza Civile alla quale fanno parte altre discipline di studio: l' Educazione alla cittadinanza, l' Educazione stradale, l' Educazione alla salute e l' Educazione alimentare. L' educazione ambientale viene ad essere considerata uno degli strumenti più significativi per sensibilizzare e formare ogni uomo e ogni donna alla cultura dell'ambiente, ossia al suo rispetto e alla promozione di comportamenti responsabili inerenti la tutela della natura, la salute e la qualità della vita.94

4.4 Indicazioni per il curricolo

La geografia nelle Indicazioni per il curricolo si colloca nell' area storicogeografica, la quale è “ composta dalle scienze che si occupano dello studio delle società umane, nello spazio e nel tempo: la storia e la geografia, strettamente collegate fra loro e in continuità fra primaria e secondaria”95. Compito della geografia è studiare l' umanizzazione del nostro pianeta e, quindi, i processi attivati dalle collettività nelle loro relazioni con la natura”96. 91 92 93 94 95 96

D.L. 59 del 19 febbraio 2004.., op. cit. Ibidem Ibidem Http://www.aiig.it D.M. del 31 luglio 2007, Indicazioni per il curricolo Ibidem

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Emerge dalle Indicazioni per il curricolo così come dalle Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati che per esplorare ed analizzare il contesto vicino è fondamentale nei primi anni di scuola partire da un approccio senso percettivo. Inoltre in entrambi i documenti si legge l' importanza di sapersi orientare utilizzando gli organizzatori topologici (prima, poi, vicino, lontano, sopra, sotto). Proseguendo il confronto emerge che mentre nelle Indicazioni per il curricolo ogni bambino e bambina fin dalla scuola primaria deve abituarsi “ad analizzare ogni elemento nel suo contesto spaziale, a partire da quello locale fino ad arrivare ai contesti mondiali”97; nelle Indicazioni Nazionali lo studio si sofferma al territorio nazionale. Per quanto riguarda il concetto di paesaggio, esso diventa un nucleo tematico per i seguenti obiettivi di apprendimento predisposti per il finire sia della classe terza sia della classe quinta della scuola primaria. Se al termine della classe terza si richiede che l' alunno sappia: “Esplorare il territorio circostante attraverso l' approccio senso- percettivo e l' osservazione diretta, individuare gli elementi fisici ed antropici che caratterizzano i vari tipi di paesaggio, conoscere e descrivere gli elementi fisici e antropici che caratterizzano l' ambiente di residenza e la propria regione”98; al termine della classe quinta della scuola primaria si devono: “conoscere e descrivere gli elementi caratterizzanti i principali paesaggi italiani, europei e mondiali, individuando le analogie e le differenze (anche in relazione ai quadri socio- storici del passato) e gli elementi di particolare valore ambientale e culturale”99.

97 Ibidem 98 Ibidem 99 Ibidem

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SECONDA PARTE

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CAPITOLO 5 Il contesto

5.1 Brugine e il suo territorio La scuola primaria statale “C. Goldoni”di Brugine è stata la sede del mio tirocinio diretto. La scuola apparteneva all' area socio-economica del Piovese, che a partire dagli anni '70 aveva registrato parallelamente ad un significativo sviluppo in diversi settori, un maggior incremento della popolazione residenziale. Rilevante risultava pure l' aumento del tasso di immigrazione, persone provenienti sia da paesi europei che extraeuropei. Conseguenza di questo fenomeno è stata la presenza di alcuni alunni stranieri. La popolazione attiva risultava occupata in modo prevalente nel settore secondario e terziario. L' amministrazione comunale locale, ma pure le associazioni e i gruppi culturali del territorio dimostravano un vigile interesse ai bisogni e alle necessità della scuola.

5.2 Osservazione del contesto classe I bambini e le bambine che mi hanno accolta insieme alla loro insegnante di area antropologica costituivano la seconda classe composta da 17 alunni. Non c' erano alunni certificati e con problemi gravi di apprendimento. Il gruppo si presentava eterogeneo a livello cognitivo ed affettivo. Osservando la classe si potevano scorgere bambini e bambine in grado di porsi con serenità e disponibilità in relazione con gli insegnanti e con i coetanei collaborando a creare un clima aperto all' ascolto e al dialogo. Spesso questi bambini dimostravano di possedere un rispetto responsabile delle

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regole, un' attenzione costante, un interesse spontaneo, una partecipazione propositiva e continuativa ed infine una buona autonomia. Per altri bambini lo spazio e il tempo scuola erano vissuti con meno serenità,per cui dimostravano di avere una scarsa fiducia in se stessi e una maggiore dipendenza sia dai compagni sia dall' insegnante, una attenzione e una concentrazione spesso inadeguate al compito, una difficoltà di comprensione, un impegno che spesso si limitava ad eseguire alla lettera quanto richiesto e delle difficoltà repentine di organizzazione e gestione del compito. La complessità del contesto e la varietà degli atteggiamenti espliciti ed impliciti adottati dai singoli bambini hanno condotto la mia mentore a pianificare strategie e metodi didattici atti a rispondere alle necessità e ai bisogni del gruppo. Per quanto riguarda i metodi da lei utilizzati ho osservato un riferimento costante e alternato a due grandi categorie100: i metodi espositivi che privilegiano la tipica lezione frontale e i metodi euristici caratterizzati dal porre al centro le attività, le iniziative e le esperienze del bambino. Per descrivere con maggiore consapevolezza l' azione educativa della mia mentore ho utilizzato delle schede di osservazione attraverso le quali ho notato che i metodi da lei utilizzati rispecchiavano alcuni principi di metodo di Pellerey:101 ●

il principio di significatività, perchè si ricollegava alla storia e alle esperienze dei bambini stimolando loro il ricordo e la partecipazione attiva alle attività proposte;

il principio di continuità, quando rispondeva alle esigenze di carattere evolutivo dell' intelligenza degli alunni;

il principio di integrazione e di organizzazione interna, quando creava collegamenti tra i concetti che venivano affrontati a lezione o che emergevano dalle parole dei bambini. Questa modalità di svolgere la sua azione educativa si accompagnava ad un modo di esprimersi ordinato e semplice, ossia attraverso frasi brevi, chiare e vocaboli conosciuti dai bambini.

100 M. PELLEREY, Progettazione didattica, Torino, Sei, 1994, p. 96 101 Ibidem

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CAPITOLO 6 Il progetto didattico

Il progetto educativo- didattico “Viaggiando con Salvatore alla scoperta della collina” è iniziato con una osservazione del contesto, poi con la stesura della progettazione didattica e infine con la sua attuazione nei mesi di marzo ed aprile. In tutte queste fasi sono stata seguita con costanza dalla mia insegnante accogliente, la quale mi ha sempre aiutata e sostenuta attraverso un rapporto di collaborazione e fiducia reciproca. Coinvolgendo discipline quali la geografia, l' educazione al suono e alla musica e l' educazione all' immagine ho voluto dare al mio progetto un carattere interdisciplinare e unitario in quanto si poneva come obiettivo principale la costruzione di uno sfondo integratore: “il paesaggio collinare attraverso la storia fantastica di Salvatore l' amico esploratore”. Il progetto si inseriva in linea di continuità e gradualità con la programmazione della classe che aveva precedentemente impegnato i bambini e le bambine a conoscere le principali caratteristiche dell' ambiente marino ( argomento che si collegava all' interno di un più ampio e generale progetto di plesso di educazione ambientale) e montano, e la pianura ed i suoi principali elementi.

6.1 Obiettivi Obiettivo generale:conoscere le principali caratteristiche del paesaggio collinare partendo dal livello di consapevolezza e di esperienza dei bambini. Obiettivi specifici: ●

cogliere le differenze tra paesaggio montano e paesaggio collinare;

scoprire alcuni elementi che caratterizzano il paesaggio collinare;

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osservare ed evidenziare gli elementi naturali ed artificiali del paesaggio collinare;

conoscere e denominare alcuni animali e piante del bosco collinare;

conoscere e denominare le principali coltivazioni presenti in collina;

verificare le conoscenze sul tema della fattoria.

6.2 Metodologia: sfondo integratore e mediatori didattici Con l' entrata in vigore negli anni Settanta delle leggi sull' inserimento e sull' integrazione di soggetti portatori di handicap (L. 517/77), della legge sugli invalidi civili (L. 118/71) e della legge Basaglia sulla destituzionalizzazione del malato psichiatrico (L. 180/78) si assiste in campo metododologico- didattico alla nascita della progettazione per sfondi integratori; evento che si colloca all'interno di un più ampio movimento il quale rivendica una scuola di massa, ossia un' istituzione che offra ad ogni bambino e bambina, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale, pari opportunità di istruzione e di educazione. L' idea di sfondo integratore è stata presentata da un gruppo di ricerca guidato da A. Canevaro e legato alla Cattedra di Psicologia speciale dell'Università di Bologna negli anni Ottanta. La cornice teorica di riferimento è la Psicologia della Forma (Gestaltheorie), la teoria sistemica della comunicazione (Bateson 1960, Watzlowick, 1971), la pedagogia istituzionale e la ricerca- azione.102 Partendo dai sopra citati riferimenti teorici è possibile leggere in chiave scolastica la didattica per sfondi integratori. A questo proposito A. Canevaro sostiene che lo sfondo integratore determina una organizzazione contestuale in grado di promuovere lo sviluppo integrato del bambino, ossia di determinare un raccordo tra la dimensione affettiva, motivazionale e cognitiva. 103Lo stesso sottolinea come questo strumento possa portare alla creazione di ambienti capaci di sostenere una 102 Cfr. E. FELISATTI ,(a cura di), Modelli progettuali e valutativi per l' intervento didattico, Cleup, Padova,2005 103 Cfr. M. PELLEREY, Progettazione didattica, Torino, SEI, 1994, p. 98

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cooperazione fra persone che coevolvono ciascuna con una propria originale identità.104 Lo sfondo integratore si presenta perciò come: contenitore di percorsi didattici finalizzati alla costruzione di un contesto condiviso da tutti, sollecitatore di situazioni problematiche e infine facilitatore d' apprendimento attraverso la strutturazione di situazioni motivanti. Due sono i principali aspetti che lo caratterizzano e che mi sono risultati cruciali nella scelta di progettare per sfondo integratore: lo “sfondo istituzionale” e lo “sfondo narrativo”. Il primo richiama il contesto operativo ed organizzativo degli insegnanti (la disposizione degli spazi, la scansione dei tempi, la scelta dei materiali, la definizione delle regole,...) il quale favorisce l' autonoma strutturazione e connessione degli apprendimenti nel bambino. Lo “sfondo narrativo” invece rappresenta la trama entro cui il bambino può ricercare e ripercorrere le conoscenze ed esperienze con la possibilità di essere coinvolto emotivamente ed affettivamente. Esso può essere una fiaba, un laboratorio o un personaggio come Salvatore. L' esploratore Salvatore ha stimolato e condotto i bambini ad intraprendere un viaggio, un percorso educativo- didattico che li ha portati a conoscere i principali elementi fisici ed antropici del paesaggio collinare. Ad attirare in particolare modo l' attenzione è stata una vecchia valigia che raccogliendo materiale diverso ha stimolato incontro dopo incontro il loro interesse In questo processo di insegnamento- apprendimento i mediatori didattici hanno rivestito un ruolo cardine nel strutturare il pensiero del bambino e di conseguenza la sua visione del mondo. I mediatori didattici definiti da Cristiano Giorda come modi attraverso cui esporre, organizzare, visualizzare e articolare le conoscenze105 vengono suddivisi da E. Damiano in quattro gruppi106: ●

i mediatori attivi che fanno ricorso all' esperienza diretta e hanno pertanto consistenza fisico-percettiva e densità emotiva ed affettiva (ad esempio l'

104 A. CANEVARO, G. LIPPI, P. ZANELLI, Una scuola, uno sfondo: sfondo integratore, organizzazione didattica, complessità, Bologna, Milano, 1988, p. 19 105 Ibidem 106 Cfr. E. DAMIANO, L' azione didattica. Per una teoria dell' insegnamento, Armando, Roma, 1993, pp. 214- 215

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esperimento scientifico e le esplorazioni dello spazio e del territorio); ●

i mediatori iconici che utilizzano le rappresentazioni dei linguaggi grafico e spaziale (ad esempio le fotografie, le carte geografiche, gli schemi, i diagrammi, le mappe concettuali);

i mediatori analogici che cercano di rifarsi alle possibilità di apprendimento insite nel gioco e nella simulazione;

i mediatori simbolici (numeri, lettere, concetti, ossia i codici di rappresentazione della realtà più usati universalmente.

L' uso integrato di diversi mediatori favorisce stili di apprendimento differenti e sostiene la famosa teoria delle intelligenze multiple di H. Gardner secondo la quale ogni persona è dotata di almeno sette intelligenze e tutti le possiamo sviluppare

se

messi

nelle

condizioni

appropriate

di

incoraggiamento,

arricchimento e istruzione. Nelle lezioni che ho tenuto in classe ho utilizzato in prevalenza mediatori iconici e simbolici. La fotografia per esempio mi ha permesso di mantenere sempre elevata la curiosità e l' attenzione dei bambini oltre a guidare gli alunni a leggere, scoprire e confrontare territori non direttamente osservabili. Ricordo nei volti dei bambini lo stupore manifestato quando la “magia” della lavagna luminiosa ha fatto comparire davanti ai loro occhi due foto a confronto rappresentanti un paesaggio collinare e un paesaggio montano. Subito ho colto in loro la volontà di mettersi in gioco, di scoprire le analogie e le differenze, di cogliere particolari e attribuire significati sempre nuovi e diversi. Nelle attività oltre alla fotografia mi sono servita molto del disegno e delle schede che mi hanno permesso di sintetizzare e rendere visibile le riflessioni e le esperienze vissute in classe. Inoltre attraverso il disegno e le schede ho potuto cogliere le esperienze, le abilità e le conoscenze acquisite dai bambini. A ciò aggiungo il cartellone (presentato ai bambini come tabellone del “gioco dell' esploratore”) che mi ha permesso di organizzare e visualizzare le conoscenze sulla tematica delle coltivazioni facendo apparire la geografia come un sapere non lontano dalla propria esperienza e dalla possibilità di una rielaborazione personale delle conoscenze. Così si esprime la Dichiarazione dei diritti dei bambini del 38


1959: “Il bambino deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono favorire la realizzazione di tale diritto”.107 Infine, ma non per questo di secondaria importanza, ho ritenuto molto utile la pratica della conversazione guidata durante la quale ho dato ai bambini la possibilità di esprimere ed organizzare le proprie conoscenze ed idee cercando di farle interagire con quelle degli altri bambini del gruppo. Nonostante non siano mancate le difficoltà, l' interazione verbale mi è stata di grande aiuto perchè mi ha permesso di conoscere il loro livello di maturità cognitiva, affettiva ed emotiva e di conseguenza di rivedere il mio progetto tenendo presente i bisogni, le necessità e le capacità dei bambini.

6.3 Gli interventi in classe Primo incontro Obiettivi: •

ascoltare e comprendere una storia;

scoprire progressivamente i primi elementi che caratterizzano il paesaggio collinare valorizzando le conoscenze ed esperienze in proposito;

osservare, descrivere , confrontare ed interpretare le immagini;

porsi domande;

comunicare idee;

confrontarsi con i compagni e le insegnanti.

Obiettivi che mi sono proposta: •

attivare le preconoscenze e le risorse dei bambini;

realizzare un contesto stimolante, motivante, organizzato e funzionale per favorire un clima positivo di scambio e di confronto;

107Http:// amicidelmondo.it

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affrontare eventuali difficoltà e problemi di natura cognitiva, affettiva e relazionale con l’ aiuto della mentore.

Attività: Prima parte: ascolto della storia e conversazione guidata La mia attività in classe è iniziata con un breve e simpatico saluto dopo il quale ho invitato i bambini a prendere ciascuno la propria sedia e a disporsi in cerchio perchè così, tutti si sarebbero visti in viso e di conseguenza sarebbero stati facilitati per l' ascolto della storia e la conversazione.

Uno strano incontro “Erano circa le otto del mattino quando scesa dall' auto come al solito parcheggiata di fronte al cimitero mi trovai davanti uno strano e dir poco buffo signore: un uomo di mezza età, alto, magro, con un cappello a cilindro, un bel baffo grigio, un cappotto verde smeraldo ed un naso che mi ricordava il povero mastro Ciliegia,il papà di Pinocchio. Egli mi disse di avere perso la sua cagnolina Sissi, ma il momento più bello fu quando mi raccontò di chiamarsi Salvatore e di essere un esploratore”. 40


Conversazione guidata “Bambini che cosa fa l' esploratore?”. C' è stata una bambina che alla domanda mi ha risposto: “Maestra, maestra mia mamma ha esplorato mezzo mondo! Per esempio l' anno scorso è andata dove ci sono i re e le regine!”. Altri ancora: “Esplora le cose nascoste!”, “Esplora le cose nascoste che noi non possiamo vedere!”, “Un esploratore va nelle grotte e cerca le cose di un sacco di anni fa! (...)” Seconda parte: descrizione e apertura della valigia Nella seconda parte della lezione ho presentato agli alunni della classe una valigia e ho chiesto loro: “Secondo voi a chi apparterrà la valigia?”

I bambini partendo dagli indizi (disegni, foto, biglietti) incollati alla valigia hanno compreso senza nessuna difficoltà che apparteneva a Salvatore: “E' di Salvatore perchè si vedono delle cose fuori!”, “E' di Salvatore perchè si vede dal cartellino: paesaggio collinare”. Successivamente ho proposto ai bambini di aprire la misteriosa valigia.Ho invitato una bambina a prendere la cartellina blu con la scritta “Primo giorno” e insieme abbiamo elencato ai compagni il suo contenuto: 17 fotocopie con 41


disegnato Salvatore e dei lucidi con rappresentati diversi particolari dell' ambiente collinare fotografati dall' esploratore.

Ho proceduto con l' aiuto della lavagna luminosa e dei lucidi ad individuare alcune caratteristiche del paesaggio collinare con l' obiettivo di attivare nei bambini un processo guidato di osservazione, descrizione orale e analisi di immagini rispettando i diversi punti di vista. Nel primo lucido ho presentato ai bambini due fotografie aeree: nella foto di sinistra era rappresentato un paesaggio collinare, nella foto di destra era raffigurato un paesaggio montano.

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Segue uno stralcio di conversazione registrata in classe durante il circle- time:

Conversazione guidata Tirocinante: “Bambini in quale delle due fotografie sono raffigurate le colline?” bambina : “Ci sono delle colline da tutte e due le parti, mi sembra!” bambino : “No!” bambina : “Una montagna e una collina” bambino : “No!” bambina : “Ci sono da tutte e due le parti!” tirocinante: “Come sono le colline?” due bambini insieme: “Sono un po' basse delle montagne!” tirocinante: “Le colline sono più basse delle montagne.Le colline si trovano nella foto di destra o nella foto di sinistra?” bambina: “Quelle di sinistra!” tirocinante: “Queste?” maestra Lorena: “A destra o a sinistra Sofia?” Sofia: “Quelle a sinistra. Si, perchè sono più rotonde.” bambino: “La' c' è l' erba e là c' è la neve!” tirocinante: “Come ho detto la volta scorsa la maestra Lorena, le montagne sono più alte delle colline e quindi la neve è presente anche in estate perchè fa fatica a sciogliersi.” maestra Lorena: “Cosa potrebbe esserci la in mezzo?” bambino: “La neve” bambina: “Un ghiacciaio” tirocinante: “Cosa vediamo nell' altra immagine?” bambina: “L' erba” bambina: “Il prato” bambina: “Una casa” bambina: “Una baita” tirocinante: “Ora passiamo al prossimo lucido e quindi ad altre due immagini del 43


paesaggio collinare.” bambino: “Ci sono delle mucche!” tirocinante: “Si, ci sono delle mucche!” bambino: “Ci sono degli alberi” tirocinante: “Si, ci sono dei pini. E poi cosa vediamo?” bambina: “Un prato!” bambina: “Delle colline!” bambina: “ I colli!” tirocinante: “I prati di che colore sono?” bambina: “Verdi!” bambina: “Verdi, sfumato prima c' è un po' più scuro, dopo un po' più chiaro, poi c'è un pochino di giallo.” bambina: “Maestra vuol dire che è primavera! Tirocinante: “Potrebbe essere primavera o estate perchè nei prati ci sono le mucche che stanno pascolando e la chioma degli alberi è bella verde.” tirocinante: “Cambio il lucido, che cosa vedete bambini?” bambina: “Un paesaggio!” bambino: “Un campanile!” bambina: “Dei campi!” bambina: “Perchè ci sono queste righe?” tirocinante: “Perchè ci sono queste righe?” bambino: “Per separare i vari tipi di verdure.” bambina: “E' la siepe!” bambina: “Può essere anche un giardinetto dove piantano i fiori:” tirocinante: “Il profilo delle colline è morbido e rotondo. Queste righe sono le terrazze. Le terrazze sono state costruite dall' uomo e sono una specie di gradini costruiti per poter coltivare meglio le viti ed altri tipi di piante.”

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Terza parte: rappresentazione di un paesaggio collinare Finita la proiezione ciascun bambino è ritornato con la propria sedia al banco. Successivamente ho consegnato ad ogni alunno la fotocopia di Salvatore in mongolfiera chiedendo di attaccarla al quadernone di geografia, di colorarla secondo la descrizione letta all' inizio della lezione e infine di disegnare sempre nella medesima facciata delle colline con alcuni elementi tipici che le caratterizzano.

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Metodologia : Per attivare progressivamente l' interesse e la curiosità dei bambini ho iniziato il primo intervento con un racconto che ho inventato e narrato. In questo modo ho motivato il nuovo argomento e ho comunicato ai bambini gli obiettivi da conseguire mediante i nostri incontri La storia è stata intervallata da momenti di discussione e di riflessione guidati che hanno portato a fare emergere e valorizzare nei bambini conoscenze, esperienze ed emozioni. E' stato un percorso strutturato che ha richiesto agli alunni di ricercare possibili ipotesi a problemi posti in itinere permettendogli l' esperienza dell' errore. Successivamente con la proiezione dei lucidi la classe è stata stimolata a ricercare e scoprire i principali elementi che contraddistinguono il paesaggio collinare e ad esplicitarli in forma orale attraverso un lavoro di osservazione, descrizione ed identificazione. Al termine della proiezione ogni bambino si è seduto al proprio posto (i banchi sono uniti a due a due) e consegnata la fotocopia di Salvatore ho chiesto loro di attaccarla al quadernone e colorarla secondo la descrizione letta all' inizio della lezione.In seguito ho invitato i bambini a disegnare sotto alla mongolfiera alcune colline con gli elementi fisici e antropici che le caratterizzano. Quest' ultima attività mi ha permesso sia di riassumere in forma grafica quanto svolto oralmente sia di verificare le conoscenze acquisite in proposito dalla classe. Strumenti: dell' insegnante tirocinante: lavagna luminosa, lucidi, valigia, fotocopie, libri di testo, libri vari; degli alunni: fotocopie. Materiali: dell' insegnante tirocinante: quadernone; degli alunni: quadernone, forbici, colla, penne, pennarelli. Spazio: l' aula.

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Tempo: un incontro da 2 ore. Riflessioni: Ho cominciato i miei incontri con la storia fantastica di Salvatore l' esploratore convinta come sosteneva un famoso direttore di giornale per ragazzi, Luigi Bertelli, che col sorriso sulle labbra si capiscano anche le cose più complicate e serie.Dopo la prima attività ho osservato che il racconto e le riflessioni individuali e/o di gruppo sorte in proposito avevano attirato progressivamente la simpatia,l' interesse e la curiosità degli alunni.Da parte mia ho sempre cercato di sostenere il singolo alunno in difficoltà, favorendo in questo modo il dialogo e l' apporto di ciascuno al lavoro di gruppo.In quasi tutti gli alunni ho notato la voglia di mettersi in gioco e perciò di contribuire portando le loro esperienze di vita, le proprie conoscenze e idee, ma dimostrando anche un buon impegno e una partecipazione propositiva. Nei volti dei bambini ho riscontrato esserci entusiasmo verso l' utilizzo di strumenti diversi e per loro nuovi come la lavagna luminosa utilizzata per guidarli ad osservare e commentare delle immagini.

Secondo incontro

Obiettivi: ●

conoscere i principali animali e piante del bosco;

imparare ad orientarsi davanti ad una mappa;

sviluppare la capacità di mettere in collegamento parola- suono -immagine;

mettere in comune ipotesi ed idee varie;

condividere i compiti.

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Obiettivi che mi sono proposta: â—?

attivare le risorse e le preconoscenze dei bambini

â—?

realizzare un contesto stimolante, motivante, organizzato e funzionale per favorire un clima positivo di scambio e di confronto.

AttivitĂ : Prima parte: ascolto il messaggio di Salvatore e riconosco gli animali del bosco Dopo un saluto iniziale ho cominciato la mia attivitĂ sintetizzando quanto svolto durante il primo incontro e presentando nuovamente ai bambini la valigia di Salvatore. Dopo averla aperta ho preso al suo interno una audiocassetta e immediatamente ho fatto ascoltare loro il nastro.

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Primo messaggio di Salvatore “Cari bambini sono Salvatore e spero stiate tutti molto bene. Beh, anche se ascolterete la mia voce in questo nastro quando io sarò già molto lontano da qui, ricordatevi che vi penso sempre e proprio per questo motivo oggi insieme con questa audiocassetta e con altro materiale che troverete dentro al pacco andremo alla scoperta delle piante e degli animali del bosco collinare.Presto Giulia prendi le fotocopie degli animali e consegna una ad ogni tuo compagno e tua compagna di viaggio. Poi con calma osservateli e date un nome ad ognuno di loro. Buon divertimento!”

Dopo aver ascoltato la registrazione e aver ricevuto la fotocopia ho invitato gli alunni a guardare attentamente gli animali e a dirmi il nome di uno solo di essi per lasciare la possibilità a più bambini di poter parlare.

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Secondo messaggio di Salvatore “Bravissimi! Jessica ora prendi la scatola marroncina, aprila e consegna ad ogni tuo amico e amica un rotolino. Ora ditemi ,...che cos' è?”.

Successivamente, dopo aver ricevuto e srotolato il rotolino di carta i bambini hanno riconosciuto immediatamente che si trattava di una mappa, e solamente guardandola senza ricevere nessun aiuto un bambino ha saputo ricostruirmi la storia partendo dalle immagini. La conferma è arrivata con le parole di Salvatore. Terzo messaggio di Salvatore “E' si bimbi, Sissi inseguendo un piccolo animaletto si era persa nel bosco. Non siete curiosi di scoprire chi inseguiva? Venite con me! Associate ad ogni suono che sentirete dall' audiocassetta il suo animale. Riconosciuto tagliate l' immagine e incollatela nella mappa seguendo il percorso fatto da Salvatore. Attenzione perchè alcune immagini non saranno accompagnate dal suono, ma soltanto da un breve indovinello. Buon lavoro bambini!”.

Seconda parte:collego il suono all' immagine Dopo l' ascolto ho iniziato la seconda parte della mia attività invitando i bambini ad appoggiare sopra il banco ciò che sarebbe stato strettamente necessario.Ho procedututo

consigliando

ai

bambini

di

ascoltare

bene

e

soltanto

successivamente, alzando la mano, dirmi a quale animale collegare quel suono. La stessa modalità è stata attuata leggendo gli indovinelli. Uno dopo l' altro ogni animale indovinato è stato tagliato e incollato nella mappa.

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Terza parte: risolvo gli indovinelli Terminata questa parte ho consegnato a ciascun bambino un foglietto con nove definizioni da associare ai nove animali trovati in precedenza. L' attività è stata svolta leggendo le definizioni insieme alla classe e dando per ciascuna la risposta. Solo in seguito essa è stata tagliata e incollata nella mappa accanto all' animale corrispondente.

Quarta parte: osservo e leggo la mappa Successivamente con i bambini abbiamo osservato e letto con attenzione i nomi delle piante del bosco collinare e infine insieme abbiamo dato un titolo alla mappa: “il bosco collinare”.

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Metodologia: Per introdurre i bambini all' argomento e sollecitare l' interesse e la curiosità ho fatto ascoltare un nastro con la voce di Salvatore.Poi ho consegnato una fotocopia con disegnata una mappa e insieme abbiamo ripercorso il cammino che l' esploratore aveva compiuto cercando Sissi. Durante l' attività ho sollecitato i bambini a scoprire e riconoscere gli animali e le piante che popolano il bosco collinare attraverso un percorso guidato e grazie all' integrazione di parola (gli indovinelli) -suono (suoni degli animali) – immagine (la mappa). Aggiungo, infine, di avere utilizzato la discussione guidata per il riconoscimento dei suoni 52


degli animali e per la lettura degli indovinelli. Le domande sono state rivolte a tutta la classe e utilizzate per capire ciò che gli alunni avevano compreso e per chiarire, rinforzare, sviluppare alcuni concetti trattati a lezione. I bambini hanno svolto il lavoro individualmente, ma con l' aiuto dei compagni e dell' insegnante.

Strumenti: dell' insegnante tirocinante: valigia, stereo, registratore, audiocassette, fotocopie, libri vari; degli alunni: fotocopie. Materiali: dell' insegnante tirocinante: quadernone degli alunni: quadernone, fotocopie varie, forbici, colla, penne, pennarelli. Spazio: l' aula. Tempo: un incontro da 2 ore. Riflessioni: L' attività ha suscitato una viva partecipazione da parte di tutta la classe. Ogni consegna è stata svolta con impegno,nonostante vi siano state occasioni in cui i bambini abbiano manifestato delle difficoltà nel riconoscere o discriminare suoni e/o immagini degli animali. Per esempio la donnola è stata scambiata da qualcuno per una lucertola e da qualcun altro per un furetto. Ho proposto ai bambini gli indovinelli per catturare l' attenzione e stimolare ciascuno a mettersi in gioco,ma anche per fornire loro nuove informazioni senza cadere nel nozionismo. Per raggiungere gli obiettivi prefigurati per questa lezione ho ritenuto più efficace utilizzare il disegno di una mappa. La stessa insegnante mentore ha ritenuto valida la proposta, sostenendo che se avessi proposto l' uso di schemi o mappe 53


concettuali la stessa attività sarebbe stata troppo difficile e complessa per la loro età.

Terzo incontro Obiettivi: ●

conoscere le principali coltivazioni tipiche dell' ambiente collinare;

riconoscere e rappresentare graficamente i frutti tipici dell' ambiente collinare;

sviluppare processi individuali e collettivi di ricerca mediante l' osservazione e la discussione;

riconoscere e rispettare le regole.

Obiettivi che mi sono proposta: ●

attivare le risorse emotive, affettive e cognitive dei bambini;

realizzare un contesto stimolante, motivante organizzato e funzionale alle attività svolte.

Attività: Prima parte: gioco dell' esploratore Dopo un breve saluto iniziale ho cominciato la mia lezione riassumendo insieme ai bambini le attività svolte nei due incontri precedenti. Questa sintesi mi è servita ad accertarmi che i concetti principali fossero stati acquisiti e compresi dalla maggior parte della classe. In un secondo tempo il riepilogo mi è stato d' aiuto nel motivare e spiegare l' utilità del nuovo argomento e nel comunicare ai bambini gli obiettivi che avremmo conseguito al termine della lezione. Ho iniziato il mio terzo incontro dividendo la classe in due gruppi ed invitando i 54


bambini a partecipare al “gioco dell' esploratore” (simile al classico “gioco dell' oca”). Dopo aver spiegato le regole dell' attività e consegnato un tabellone ed un dado a ciascun gruppo, ho consigliato loro di prendere delle pedine che sarebbero servite per seguire i passi di Salvatore e conoscere in modo simpatico e informale le colture che caratterizzano il paesaggio collinare.

Seconda parte: riporto le coltivazioni nel quadernone Terminata l' attività ho consegnato ad ogni bambino e bambina una fotocopia con quattro immagini delle quattro colture già viste nel tabellone del gioco. Successivamente ho chiesto ai bambini di tagliare e incollare i disegni nel quadernone di geografia. A questo punto ho invitato gli alunni a trascrivere sotto ad ogni figura il nome della coltura per lasciare ancora una volta un ricordo del viaggio compiuto insieme a Salvatore.

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Terza parte: la frutta Terminata l' attivitĂ ho iniziato con i bambini la terza parte della lezione. Dopo aver aperto la valigia dell' esploratore e aver preso un cestino con dentro della frutta, ho chiesto agli alunni di indicarmi e motivarmi quella che secondo loro Salvatore ha raccolto in collina e quale invece in altri luoghi

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Metodologia: Nella prima parte della lezione ho invitato i bambini a partecipare al “gioco dell' esploratoreâ€?. Il cartellone mi ha permesso sia di visualizzare ed organizzare le conoscenze sia di lasciare ai bambini la libertĂ di portare a termine in modo autonomo una consegna. La seconda parte dell' incontro è stata svolta individualmente, ma con l'aiuto sia dei compagni sia dell' insegnante tirocinante. Infine ho guidato una conversazione che è stata documentata graficamente nel quadernone di geografia. Strumenti: dell' insegnante tirocinante: valigia, lavagna, registratore, audiocassetta, fotocopie; degli alunni: cartelloni,fotocopie. Materiali: dell' insegnante tirocinante: quadernone; degli alunni: quadernone, colla, forbici, penne, pennarelli Spazio: l' aula Tempo: un incontro da 2 ore Riflessioni: Ho osservato che tutti i bambini hanno preso parte al gioco con interesse ed entusiasmo rispettando con impegno le regole spiegate in precedenza. Le fotocopie consegnate ai bambini inerenti le coltivazioni mi hanno permesso di verificare che il gioco eseguito durante la prima parte della lezione avesse lasciato un segno non solo dal punto di vista affettivo ed emotivo, ma pure a livello cognitivo: i bambini ricordavano le coltivazioni incontrate e le sapevano descrivere e denominare in modo sufficientemente corretto 57


Durante l' attività ho notato una partecipazione continuativa da parte dei bambini. Ho notato che nel momento in cui gli è stata offerta la possibilità di compiere delle prime ipotesi sulla provenienza della frutta, quasi tutti i bambini hanno dimostrato un interesse vivo e partecipe. Nessuno è stato deriso, ma abbiamo constatato che con la partecipazione di tutti possiamo giungere a comprendere molte più cose di quante ne capiremmo da soli.

Quarto incontro Obiettivi: ●

verificare le conoscenze sul tema della fattoria;

mettere in comune le loro idee confrontandole con quelle dei compagni e dell' insegnante.

Obiettivi che mi sono proposta: ●

favorire il sorgere di un contesto stimolante e organizzato;

Attività: completo il cruciverba Dopo aver salutato i bambini ho riassunto insieme a loro la lezione precedente riscontrando che quasi tutti ricordavano molto bene le attività svolte. Ho cominciato l' incontro leggendo ai bambini una lettera che Salvatore aveva lasciato per loro invitandoli a scoprire dove sarebbe giunto il terzo giorno dopo aver trascorso una giornata ad osservare le coltivazioni della collina. Quarto messaggio di Salvatore “Cari bambini, come state? Io mi trovo in viaggio verso la pianura Padana, ma prima di lasciarvi desidero invitare tutti voi a scoprire dove sono giunto al termine del terzo giorno. Rispondete ai quesiti del cruciverba e troverete la soluzione. Buon lavoro!”. 58


Metodologia: Nel quarto incontro ho proposto un cruciverba di gruppo. Il cruciverba ha favorito la ricerca, la discussione e la collaborazione tra tutti gli alunni della classe. Strumenti: dell' insegnante tirocinante: valigia, fotocopie degli alunni: fotocopie Materiale: dell' insegnante tirocinante: quadernone degli alunni: quadernone, forbici, colla, penne, pennarelli. Spazio: l' aula Tempo: un incontro da 2 ore Riflessioni: Per facilitare i bambini, in accordo con la mentore, ho predisposto tutte le soluzioni in una griglia sotto la tabella del cruciverba. I bambini hanno dato la soluzione ai quesiti senza grosse difficoltà e hanno rispettato la regola dell' alzata di mano. Dopo circa trenta minuti essi hanno letto che Salvatore era arrivato davanti ad una fattoria. Mi preme sottolineare che l' argomento è stato consapevolmente soltanto accennato. L'attività è stata approfondita nei mesi successivi dall'insegnante di classe.

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Quinto incontro Attività Prima parte: scheda di verifica Dopo un breve saluto iniziale ho somministrato ai bambini una prova strutturata con l' obiettivo di verificare le conoscenze acquisite in merito al percorso didattico proposto. Ritenendo questo momento particolarmente importante ho cercato di creare un clima sereno per permettere ad ognuno di loro di concentrarsi e applicarsi con impegno. Mi sono soffermata ad illustrare sinteticamente le finalità generali del lavoro che gli stavo proponendo facendolo rientrare all' interno di una normale attività scolastica. Ho spiegato loro che durante la prova è fondamentale non parlare con i compagni per non creare confusione e disturbare chi sta lavorando. In caso di difficoltà ho consigliato di chiamare le insegnanti. Dopo aver distribuito il test ho chiesto di trascrivere subito il nome e cognome sul foglio e di attendere la spiegazione prima di iniziare. Ho cercato di illustrare le caratteristiche della verifica con parole chiare e semplici elencando le varie tipologie di domande e raccomandando loro di leggere attentamente le consegne. Ho proposto ai bambini:

due domande a scelta multipla;

tre domande vero- falso;

delle immagini (animali) da distinguere, colorare e scrivere il nome;

delle risposte da ricercare all' interno di un insieme di parole;

un disegno.

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Seconda attività: questionario Infine ho consegnato loro un questionario per ricevere un giudizio sul percorso educativo- didattico svolto insieme a Salvatore. Nel questionario è stato chiesto ai bambini di esplicitare le emozioni che hanno provato (divertito, fatto conoscere cose nuove, fatto paura, annoiato), le cose divertenti e le cose noiose, le cose facili e le cose difficili ed infine tre domande cui rispondere con un no o con un si: “Hai raccontato il viaggio ai tuoi amici?”, “Hai raccontato il viaggio ai tuoi genitori?”, “Ti piacerebbe viaggiare ancora con Salvatore?”. Dopo aver aspettato che tutti terminassero ho ringraziato i bambini per l' impegno e la disponibilità che hanno dimostrato e ho detto loro che ci saremmo rivisti un' ultima volta per la consegna delle verifiche e perchè avrei consegnato un dono da parte di Salvatore.

63


64


6.4 La valutazione Ho monitorato gli incontri per giungere a controllare progressivamente le fasi del mio progetto, le variabili e le relazioni fra esse, le strategie, i punti di forza e di debolezza al fine di avere piena consapevolezza dell' operato, e se necessario di calibrare il mio intervento didattico e ristrutturare il quadro degli apprendimenti tenendo come punti fermi la finalità generale e gli obiettivi educativo- didattici. Al fine di valutare criticamente e di analizzare le dinamiche venutesi a creare durante il mio intervento in classe mi sono servita di strumenti didattici diversi. Ho utilizzato il diario di bordo come mezzo di introspezione per giungere ad approfondire la mia idea di scuola, di bambino, di insegnante e per raccogliere sotto forma di testo narrativo alcune riflessioni personali in merito ai processi messi in atto e all' esperienza formativa vissuta.( Allegato n° 1) Per effettuare un' analisi approfondita dei miei interventi ho elaborato e costruito una griglia “chiusa” con voci da crocettare che mi ha permesso, dopo essere stata compilata scrupolosamente dalla mia insegnante accogliente, di monitorare gli aspetti metodologici grazie ai suoi diversi e numerosi parametri di osservazione (motivazione, obiettivi, prerequisiti, spiegazioni, domande orali e scritte, correzioni scritte e orali, sostegno, collaborazione, interesse, comprensibilità, valutazione, esercizi di rinforzo, flessibilità). ( Allegato n° 2) Sono state importanti le idee, le osservazioni, i consigli e i punti di vista espressi dall' insegnante mentore al fine di sostenermi nel passaggio dalla formazione teorica alla prassi educativa, di consentire un mio graduale e mirato inserimento nella classe e di guidarmi a mettere in atto abilità e competenze legate al processo di insegnamento- apprendimento. Anche i bambini mediante il loro ascolto, costante e selettivo, l' attenzione, immediata o parziale, l' interesse spontaneo, la partecipazione, viva o non pertinente, mi hanno continuamente inviato dei feedback grazie ai quali ho rivisto di volta in volta le fasi del mio percorso. A conclusione ho effettuato la verifica e il questionario.Dai dati emerge che la classe ha maturato buone conoscenze sull'argomento, ma soprattutto ha vissuto il 65


percorso didattico dimostrando curiositĂ e una attenzione viva e costante alle novitĂ e ai particolari.

66


Griglia riassuntiva del questionario

1) Il viaggio con Salvatore mi ha: 1) divertito

14 crocette

2) fatto conoscere cose nuove

14 crocette

3) fatto paura

1 crocetta

4) annoiato

1 crocetta

Osservazioni:Ogni bambino e bambina poteva scegliere piĂš di una risposta. La quasi totalitĂ degli alunni ha posto la crocetta sia sulla prima che sulla seconda opzione . Ad un bambino il viaggio ha fatto paura, ma pure ha divertito. Ad un altro bambino ha fatto conoscere cose nuove, ma pure annoiato.

2) Del viaggio: Cose divertenti

Cose noiose

Il gioco dell' oca

12

La frutta

1

sentire le voci

1

La donnola

1

colorare la mappa

2

La talpa

1

La mappa

7

La mongolfier a

1

Lalavagna luminosa

11

Le coltivazioni

1

La frutta

2

La verifica

2

Gli animali

1

La mongolfiera

1 67


Osservazioni: Ogni fanciullo nella sua griglia aveva la possibilità di scrivere al massimo 3 cose divertenti e 3 cose noiose. Nella griglia ho inserito tutto ciò che i bambini hanno elencato con affianco il numero delle volte in cui questa cosa è stata citata. 3) Del viaggio: Cose facili

Cose difficili

Il gufo

1

La frutta

2

Il picchio

1

La donnola

1

Colorare la mappa

1

La verifica

1

Le voci degli animali

2

Il topo

1

Gli indovinelli

4

I terrazzi

1

La lavagna luminosa

2

Le voci degli animali

1

La mappa

3

Il tasso

1

Gioco dell' oca

3

L' immagine della volpe

1

Forma rotonda più bassa della montagna

1

L' arancio

1

La verifica

3

Il suono del riccio

1

Gli animali

5

la talpa

1

La frutta

6

Gli alberi

1

Il tasso

2

La mongolfiera

2

La terrazza

1

Osservazioni: Ogni fanciullo nella sua griglia aveva la possibilità di scrivere al massimo 3 cose facili e 3 cose difficili. Nella griglia ho inserito tutto ciò che i bambini hanno elencato con affianco il numero delle volte in cui questa cosa è stata citata.

68


4) Hai raccontato il viaggio ai tuoi amici? si

7

n o

8

5) Hai raccontato il viaggio ai tuoi genitori? si

9

no

6

6) Ti piacerebbe viaggiare ancora con Salvatore? si

14

no

1

69


TERZA PARTE

70


CAPITOLO 7 Riflessioni finali

7.1 L' esperienza del tirocinio diretto

Ho svolto il mio tirocinio diretto usufruendo della riduzione delle ore complessive concessami in quanto insegnante a tempo pieno in una scuola dell' infanzia privata parificata. L' osservazione iniziale di sette ore per un totale di tre incontri mi ha permesso di collocarmi nella scuola e di approfondire la lettura del contesto iniziata l' anno precedente rivedendo in particolare le finalità, gli interventi didattici e formativi, le risorse interne e le modalità organizzative e gestionali della scuola. Al termine dopo aver conosciuto le insegnanti che si sarebbero rese disponibili ad accogliermi ed aver illustrato loro i miei interessi ed i miei impegni lavorativi, mi sono rivolta alla maestra Lorena e alla sua classe seconda. Per tre incontri ognuno di due ore circa sono entrata in aula con l' unico obiettivo di osservare il gruppo classe. La prima attività che ho svolto è stata un' osservazione libera (senza l' ausilio di carta e penna e/o di altri strumenti) durante la quale, senza la pretesa di raccogliere dati specifici, ho cercato di guardare il contesto con oggettività, allontanando per quanto possibile il vissuto personale, i pregiudizi e gli stereotipi. Ho scelto questa modalità per diversi motivi: ●

non interferire ulteriormente sulla situazione già condizionata dalla mia presenza;

per non fare passare l'idea di trovarmi tra loro per dare delle valutazioni o dei giudizi;

per poter ambientarmi e acquistare una certa tranquillità emotiva sia di fronte ai bambini sia davanti all' insegnante accogliente;

per mettere in discussione la mia visione ingenua di scuola, di bambino e di insegnante. 71


Durante il secondo e il terzo incontro ho focalizzato la mia attenzione sugli aspetti metodologici del processo di insegnamento-apprendimento, e per compiere tale rilevazione ho utilizzato una griglia strutturata. Mediante questo percorso ho raggiunto i seguenti obiettivi: ●

avviare una pratica di riflessione individuale partendo da dati osservati e registrati;

affinare lo sguardo nei confronti della realtà attraverso atteggiamenti, comportamenti e strumenti;

imparare a non banalizzare la realtà, ma a problematizzarla.

Dopo una consulenza con la mentore, durante la quale mi ha presentato il piano didattico annuale ed esposto i bisogni, le competenze e le conoscenze dei bambini, mi sono indirizzata alla scelta dell' argomento. Nonostante le osservazioni effettuate in classe non è stato facile predisporre un progetto didattico. Sono state numerose le variabili che ho cercato di tenere in considerazione e di conseguenza penso sia stato fondamentale l' orientamento e le proposte avanzate dalla docente accogliente. Tenendo a riferimento i consigli di Lorena e le mie idee in merito al processo di insegnamento-apprendimento ho realizzato una ipotesi di progetto didattico. Dopo questa prima fase ho cominciato a pianificare nel dettaglio il percorso, traducendo tutto questo in incontri aventi ognuno degli obiettivi da raggiungere, delle attività da svolgere, degli strumenti e materiali da utilizzare, delle strategie da mettere in atto. Infine con la mentore ho analizzato, commentato e discusso ogni singolo intervento con rispetto e collaborazione reciproca. Ritengo fondamentale questo passaggio e ciò per differenti motivi: ●

predispone le condizioni per una professione fondata sulla ricerca, sulla riflessione critica e sulla valutazione;

conduce a calibrare gli interventi tenendo in considerazione i bisogni degli alunni;

induce a prendere in esame varie possibilità di azione per il fatto che le idee vengono discusse e confrontate insieme. 72


Per quanto riguarda la gestione del gruppo classe, intesa come “ processo che crea un clima socio-emotivo e relazioni interpersonali gratificanti tra gli allievi e con l' insegnante”,108ho ritenuto importante pianificare per ogni incontro sia lo spazio sia il tempo di lavoro. Ho mantenuto una disposizione tradizionale della classe divisa in file e righe di tavolini quando i bambini hanno compiuto lavori individuali, durante alcune mie spiegazioni per cui era fondamentale l' ascolto generale della classe senza interazioni tra pari e infine per distribuire in modo ordinato i materiali di lavoro. Ho disposto i bambini con le loro sedie in cerchio quando mi sono posta l' obiettivo di :facilitare la comunicazione tra insegnanti- alunni e alunni- alunni, fare collaborare e cooperare i bambini ad una attività comune, mettere a confronto punti di vista diversi. Per creare e mantenere un clima sereno all' interno del gruppo classe ho pianificato i tempi dei miei incontri prestando attenzione a : ●

stabilire e/o a ripetere alcune regole (ad esempio alzare la mano per parlare, rispettare e ascoltare le idee degli altri anche se diverse);

dedicare del tempo soprattutto all' inizio di ogni incontro per ascoltare le “ confidenze” dei bambini;

lasciare dei momenti di “riposo” durante i quali poter conversare con i compagni;

risistemare e/o distribuire materiali e strumenti;

stabilire momenti di “quiete assoluta” per favorire la massima concentrazione (ad esempio durante la verifica finale).

Oltre a quanto elencato sopra ho cercato di non prolungare la durata della spiegazione a più di quindici minuti, lasciando spazio in particolare modo al dialogo, al confronto e al gioco guidato.109 Ad ogni incontro ho presentato ai bambini Salvatore per creare continuità di percorso, curiosità, interesse, stupore e perciò facilitare il processo di crescita e 108 G. CHERUBINI, F. ZAMBELLI, (a cura di ),Manuale della scuola dell' obbligo: l' insegnante e i suoi contesti, F. Angeli, Milano, 1999, p. 189 109 Cfr. FRANCESCATO, A. PUTTON, S. CUDINI, Star bene a scuola. Strategie per un' educazione socio- affettiva dalla materna alla media inferiore, Carocci, Roma, 2007, p. 57

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maturazione cognitiva ed affettivo-emotiva. Per me ho riservato il ruolo di “facilitatore” d' insegnamento-apprendimento. “La qualità principale del facilitatore non sarà una vastissima cultura (la cultura si forma e si approfondisce quotidianamente), ma piuttosto la capacità di stabilire un efficace rapporto interpersonale con gli studenti. Le attitudini che facilitano l' apprendimento sono genuinità, accettazione, comprensione empatica. La genuinità è una condizione indispensabile per raggiungere un buon rapporto con gli allievi; significa essere se stessi, esprimere i propri sentimenti, positivi e negativi, non recitare un ruolo. Parimenti importante è la stima delle capacità del discente, il rispetto di ciò che egli è (indipendentemente dal fatto che piaccia o meno), per ciò che pensa, sente o dice, e la fiducia nelle sue potenzialità. Altro elemento fondamentale è la comprensione empatica, la capacità di capire ciò che prova lo studente,immedesimarsi in lui, senza pertanto valutare o giudicare emozioni e sentimenti”.110 Ho cercato di perseguire questi obiettivi attraverso una costante analisi e riflessione dei miei comportamenti in classe, consapevole che non è facile acquisire tali abilità in quanto solo l' esperienza e lo studio approfondito su tali tematiche possono guidarmi a gestire questo ruolo con maggior sicurezza e consapevolezza.

7.2 Riflessioni sul percorso di tirocinio All' interno del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria il tirocinio, superati gli stereotipi che lo vedevano come una mera attività pratica ed applicativa conseguente alla conoscenza di saperi teorici, diventa un incontro tra università, mondo della formazione, e scuola, mondo della professione. Questa nuova visione nasce dalla consapevolezza che entrambi non sono perfettamente in grado di compiere da soli una solida formazione professionale dell' insegnante, ma solo un lavoro fondato su un rapporto di collaborazione complementare, di 110 Ibidem, p. 24

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progettazione, di rispetto dei ruoli può favorire risultati positivi all' obiettivo.111 L' esperienza di tirocinio, diviso al suo interno in diretto e indiretto, mi ha portata a sviluppare la consapevolezza di una pratica d' insegnamento complessa, processuale, costruita, condivisa e interpretata secondo le riflessioni scaturite in seguito alle teorie studiate e alle esperienze maturate. Se focalizzo l' attenzione sugli incontri di tirocinio indiretto emergono degli spazi che hanno favorito la comunicazione attraverso l' apertura al dialogo, all' ascolto, alla riflessione e al confronto. Il gruppo, perciò, ponendosi in atteggiamento di accoglienza, di assistenza e di rispetto è diventato: ●

un supporto cognitivo ed emotivo ai processi di apprendimento basati sull' esperienza;

un luogo in cui ho approfondito temi e parole chiave legati alla didattica con la possibilità di potermi confrontare e di ricevere ulteriori chiarificazioni;

uno spazio dove gradualmente ho imparato a costruirmi strumenti di lettura appropriati per osservare il sistema scuola e in particolare per raccogliere con consapevolezza dati e informazioni all' interno di una classe;

una piccola comunità che mi ha supportata nella stesura e rielaborazione del mio progetto di tirocinio concorrendo a farmi sviluppare la creatività personale, la capacità di riflessione critica e di rielaborazione sull' esperienza.

Grazie all' esperienza di tirocinio diretto ho avuto la possibilità di “uscire sul campo” in “situazione protetta”112entrando in contatto con la realtà quotidiana e con le gioie e i problemi ad essa connessi. Luogo di raccordo tra sapere e sapere fare, esso mi ha permesso di: ●

superare “la frammentazione verso cui rischia di portare la struttura

111 Cfr. L. GALLIANI, E. FELISATTI (a cura di), Maestri all' università. Curricolo, tirocinio e professione 2° rapporto di ricerca sul caso di Padova, Pensa Multimedia editore, Lecce, 2005, p.161 112 AVACE, BERTAGNA, BRUSCHI, CHIOSSO, COGGI, FISCHER, GALLINO G., MARIANI, SCARZELLO, TRINCHERO, VARISCO, La formazione degli insegnanti. Scienze dell' educazione e nuova professionalità docente”, Utet libreria, Torino, 2002, p. 58

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disciplinare del curricolo universitario”113; ●

osservare ed analizzare la realtà scolastica e di conseguenza operare un confronto tra piani di sapere e tra pratiche di ricerca scientifica e didattica;

superare una mentalità riduzionistica e aprirmi alla complessità della vita sociale;

sviluppare atteggiamenti positivi verso modalità di lavoro basate sulla cooperazione, condivisione e sul riconoscimento e rispetto dei ruoli.

Il percorso di tirocinio diretto iniziato con l' osservazione del sistema scuola e terminato con la performance in classe, mi ha dato modo di: ●

entrare nel contesto scolastico e leggere le sue componenti fondamentali (area strutturale, area dell' organizzazione interna, area del raccordo e della comunicazione con l' esterno, area dei curricoli e dei progetti);

incontrare alcune figure della scuola ed intervistarle;

partecipare ad alcuni collegi docenti e di interclasse;

entrare all' interno della classe ed analizzare le sue dinamiche;

progettare, realizzare e documentare degli incontri di insegnamentoapprendimento;

verificare, analizzare e valutare i miei interventi e di conseguenza l' intero progetto educativo- didattico.

In tutti questi momenti mi sono sentita investita di grandi responsabilità che seppure graduali e condivise mi hanno dato modo di mettere più volte alla prova e verificare le mie motivazioni e disponibilità verso la professione di insegnante. A conclusione ritengo il percorso di tirocinio uno strumento fondamentale e una risorsa necessaria per offrire quel “contesto di senso”114 attorno al quale costruire l'identità del futuro insegnante.

113 L. GALLIANI, E. FELISATTI (a cura di), Maestri... op. cit.,p. 160 114 AVACE, BERTAGNA, BRUSCHI, CHIOSSO, COGGI, FISCHER, GALLINO G., MARIANI, SCARZELLO, TRINCHERO, VARISCO, La formazione ..., op.cit. p. 58

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7.3 Riflessioni sulla professione insegnante Sono trascorsi alcuni anni da quando ho deciso di iscrivermi al corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria. C'è chi questa scelta non l' ha mai approvata o meglio in diverse occasioni mi ha sconsigliato di intraprendere questo percorso sottolineandomi le difficoltà e i problemi che oggi investono la scuola. C' è chi ha visto dietro a questa scelta una decisione coerente e perfettamente in linea con la mia storia. Se ritorno con la memoria al passato e cerco di ricostruire quel filo rosso che oggi mi ha portata ad essere qui, rivedo tanti episodi, esperienze, incontri che consapevolmente, per ciò che mi è dato sapere, e inconsapevolmente, per ciò che mi è dato solamente percepire, mi hanno plasmata. Mi illuminano ogni volta le parole dei miei genitori quando mi dicono che da piccola le insegnanti mi descrivevano come una bambina buona, ubbidiente, sensibile e a volte insicura. Mi fa pensare quel primo dicembre di dodici anni fa quando per la prima volta mi proposero l' esperienza dell' animazione ad un gruppo di bambini della mia comunità parrocchiale. E ancora mi piace credere che le gioie e le fatiche provate con quei ragazzi a partire da quegli anni sono state la pietra sopra la quale ho iniziato ad edificare passo dopo passo il mio futuro e la mia professione. Era settembre del 2003 quando per la prima volta mi trovai ad affrontare una sezione eterogenea di bambini dai tre ai cinque anni. Non mi trovavo in veste di tirocinante, ma di insegnante con un ruolo e delle responsabilità ben precise sia nei confronti dei miei bambini, sia dei loro genitori che di tutto il personale della scuola. E' stato solo in quel momento che mi sono resa conto che quanto l' università mi aveva donato e fatto sperimentare fino ad allora non bastava, ci voleva un qualche cosa in più. Allora, per cercare di sanare la lacuna mi risposi molto superficialmente che ciò di cui peccavo era la mancanza di esperienza; ma molto presto la mia ipotesi cadde. Riscontrai andando a ritroso negli anni e ripescando dalla memoria alcuni incontri con certi insegnanti che non sempre c' era stata correlazione tra tempo trascorso 77


con i bambini e buon maestro. Stavo forse pretendendo troppo da me stessa? I giorni trascorsero e mi volle un po' per rendermi conto che quanto andavo cercando era quasi tutto davanti ai miei occhi, su quei bambini che giocavano, litigavano, correvano. Cominciai a poco a poco a scoprire che inconsapevolmente stavo ricreando la scuola nella quale ero cresciuta e avevo fatto le mie prime esperienze: un ambiente stereotipato nel quale tutto o quasi tutto era già stato predisposto e nulla si poteva scoprire e sperimentare. Compresi che dovevo fermarmi e pormi da un altro punto di vista, forse più scomodo, ma che mi avrebbe portata a risolvere i miei problemi. Iniziai a distruggere l' immagine del buon maestro, colui che: ●

sa perchè a scuola riesce a dettare e far rispettare le regole;

sa perchè dà e pretende dai suoi bambini certe nozioni e contenuti;

sa e conosce cosa è giusto che i bambini conoscano, dicano e facciano.

Non fu facile e tuttora quando mi trovo ad affrontare il problema con qualche insegnante, mi capita di trovarmi nettamente contraria ad un fare scuola basato sulla competizione, sull' individualismo, sul prodotto, sulla trasmissione. Sapevo che cosa volevo per cui si trattava di spezzare quel cordone ombelicale che mi teneva legata alle precedenti esperienze e muovere i miei primi passi verso una scuola che ponesse al centro il bambino con le sue speranze, le sue attese, i suoi bisogni e le sue necessità. Trovavo scorretto che un bambino per fare piacere alla maestra e ai suoi genitori dovesse comportarsi ed essere come loro lo desideravano, negandogli la possibilità di crescere libero. Trovavo ingiusto che gli si imponesse una altrui visione del mondo, non permettendogli di avere la sua. Trovavo negligente non si “perdesse tempo” insieme. Grazie al corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria e agli anni trascorsi alla scuola dell' infanzia ho maturato l' idea che un buon insegnante è un soggetto capace di mettersi in gioco, ossia di riflettere, analizzarsi e rilanciarsi. “Oggi è impensabile una formazione una volta per sempre, così come lo è una

78


formazione costruita in un quantum definito di cultura”.115Concordo con chi ritiene la formazione iniziale degli insegnanti uno strumento indispensabile “capace di assicurare alle giovani generazioni l' opportunità di disporre precocemente di occhiali cognitivi e di occhiali valoriali tramite i quali poter capire e partecipare da protagonisti”116all' interno del sistema scuola e della società. Per poi migliorare la qualità stessa dell' istruzione scolastica e poter rapportarsi alle repentine modificazioni culturali, tecnico-scientifiche e ambientali è necessaria una continua autoformazione in grado di aggiornare il proprio bagaglio culturale e professionale. Il buon insegnante è quindi una persona culturalmente al passo con i tempi. E' un soggetto avente una mentalità professionale aperta e flessibile, capace di adattarsi al contesto e di mettersi in relazione. Egli è una “figura strategica in grado di operare una mediazione educativa all' interno del sistema scuola e nei rapporti fra quest' ultimo e gli altri sistemi complessi con i quali e' indispensabile interagire”117. E' un soggetto chiamato a superare logiche competitive e individualistiche a favore di un lavoro di equipe nel quale ognuno, mettendo a disposizione e condividendo le proprie esperienze e competenze, promuove il dialogo, la collaborazione, la cooperazione e di conseguenza una maggiore sicurezza davanti a scelte di carattere educativo- didattico. Egli è quindi un uomo o una donna capace di “ cercare la soluzione con gli altri”118. Il buon insegnante possiede conoscenze didattiche. E' un soggetto che non solo dispone di elementi fondanti la disciplina, ma padroneggia la struttura concettuale favorendo in coloro che apprendono la ricostruzione e/o l' organizzazione di una mappa concettuale di saperi. Egli inoltre compie osservazioni ed analisi sul campo, strategie che gli permettono non solo di operare con uno stile responsabile, ma pure di intervenire con maggiore consapevolezza nelle 115 G. DALLE FRATTE ( a cura di ) , La scuola e l' università nella formazione primaria degli insegnanti. Il tirocinio e il laboratorio, Franco Angeli, Milano, 1998,, pag. 43 116 F. FRABBONI, Una professionalità più per una scuola di qualità, in “Studium Educationis”, n. 5 ,1997, p. 776. 117 E. FELISATTI, Il tirocinio: un' occasione di intermediazione e integrazione di saperi nella formazione degli insegnanti, in “Studium Educationis”, n. 2, 2000, p. 377 118 C. XODO, (a cura di), Dimensioni della professione docente,Pensa Multimedia, Lecce, 2004, p. 38

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situazioni. Il buon docente è un soggetto che possiede il “sapere sull' allievo”119, ossia informazioni, teorie provenienti dalla sociologia, dalla psicologia dell' età evolutiva, dall' antropologia e dalla psicologia al fine di poter contribuire a soddisfare i bisogni e le necessità dell' alunno e di conseguenza favorire uno sviluppo armonico della sua identità personale. Una ulteriore competenza che a mio avviso dovrebbe possedere un buon insegnante è il saper comunicare. Ogni comunicazione didattica è trasmissione di informazioni e contenuti; è capacità di suscitare interesse, curiosità e motivazione al fine di rendere ogni bambino e bambina in grado di apprendere; è capacità di ascolto, ossia di valorizzazione della persona120,di apertura al dialogo, alla collaborazione e al confronto; è capacità di lasciarsi coinvolgere e ancora di capire le ragioni dell' altro. E' quindi una persona capace di relazioni autentiche e reciproche, “è un educatore che non schiaccia ma libera, non trascina ma innalza, non opprime ma forma, non impone ma insegna, non esige ma chiede”.121 Il buon insegnante fa proprio “il lato straordinario e raro di una lagnanza,una menzogna, una richiesta, una manifestazione di disubbidienza, di falsità, (...) come per un collezionista una moneta rara”

122

e cerca con pazienza e “rispetto”123

una soluzione al problema. Infine, il buon insegnante è un testimone: “ chi insegna non si limita ad insegnare solo ciò che sa, ma trasmette sempre anche il suo “essere” personale. “L' insegnante deve ridiventare non solo più solamente una funzione, una specializzazione, una professione, ma un compito di salute pubblica: una missione. Una missione di trasmissione. La trasmissione richiede certamente competenza, ma richiede anche, oltre ad una tecnica, un' arte. Essa richiede ciò che nessun manuale spiega, ma che Platone aveva già indicato come condizione 119 Ibidem,p. 59 120 C. XODO, (a cura di),Deontologia e qualificazione delle professioni educative, Pensa Multi Media, Lecce, 2004, p. 61 121 J. KORCZAK,Come amare il bambino,Luni editrice, Milano, 2005, p. 9 122 Ibidem, p. 9 123 E. TOFFANO MARTINI, E noi guardiamo il cielo? Ipotesi per un' educazione ai diritti umani -vol. I-, Cleup, Padova, 2000, p.128

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indispensabile di ogni insegnamento: l' eros, che è allo stesso tempo desiderio, piacere e amore, desiderio e piacere di trasmettere amore per la conoscenza e amore per gli allievi.â€?124

124 E. MORIN, La testa ben fatta.Riforma dell' insegnamento e riforma del pensiero, Cortina Farraello,Milano, 2000, p. 106

81


Bibliografia AVACE, BERTAGNA, BRUSCHI, CHIOSSO, COGGI, FISCHER, GALLINO G., MARIANI, SCARZELLO, TRINCHERO, VARISCO, La formazione degli insegnanti. Scienze dell' educazione e nuova professionalità docente”, Utet libreria, Torino, 2002 AXIA G., La mente ecologica. La conoscenza dell' ambiente nel bambino, Giunti Barbera, Firenze, 1986, BIANCHI A., DI GIOANNI P., Psicologia in azione, Paravia, Torino, 1996 CANEVARO A., LIPPI G., ZANELLI P., Una scuola, uno sfondo: sfondo integratore, organizzazione didattica, complessità, Bologna, Milano, 1988 CHERUBINI G., ZAMBELLI F., (a cura di ),Manuale della scuola dell' obbligo: l' insegnante e i suoi contesti, F. Angeli, Milano, 1999 DALLE FRATTE G. ( a cura di ) , La scuola e l' università nella formazione primaria degli insegnanti. Il tirocinio e il laboratorio, Franco Angeli, Milano, 1998, DAMIANO E., L' azione didattica. Per una teoria dell' insegnamento, Armando, Roma, 1993 DE VECCHIS G., G.STALUPPI, Didattica della geografia. Idee e programmi, Utet, Torino, 2004 DEWEY J., Democrazia ed educazione, Firenze, La Nuova Italia,1979 FELISATTI E.,(a cura di), Modelli progettuali e valutativi per l' intervento 82


didattico, Cleup, Padova,2005 FORMICA C., Elementi di didattica della geografia, Ferraro, Napoli, 2003 FRANCESCATO D., PUTTON A., CUDINI S., Star bene a scuola. Strategie per un' educazione socio- affettiva dalla materna alla media inferiore, Carocci, Roma, 2007 GALLIANI L.,FELISATTI E.(a cura di), Maestri all' università. Curricolo, tirocinio e professione 2° rapporto di ricerca sul caso di Padova, Pensa Multimedia editore, Lecce, 2005, GIORDA C., La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica, Carocci, Roma, 2007 KORCZAK J.,Come amare il bambino,Luni editrice, Milano, 2005 MORIN E., La testa ben fatta. Riforma dell' insegnamento e riforma del pensiero, Cortina Farraello,Milano, 2000 PELLEREY M., Progettazione didattica, Torino, Sei, 1994 ROCCA L., Geo- scoprire il mondo. Una nuova didattica dei processi territoriali, la Biblioteca Pensa Multimedia, Lecce, 2007 TOFFANO MARTINI E., E noi guardiamo il cielo? Ipotesi per un' educazione ai diritti umani -vol. I-, Cleup, Padova, 2000 TURCO A., Verso una teoria geografica della complessità, Unicopoli, Milano, 1988

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VIANELLO R., Psicologia dello sviluppo, Junior, Bergamo, 1998 XODO C., Dimensioni della professione docente,Pensa Multimedia, Lecce, 2004, XODO C., (a cura di),Deontologia e qualificazione delle professioni educative, PensaMultimedia, Lecce, 2004

Fonti normative D.P.R. 503 del 14 giugno 1955, Programmi didattici per la scuola primaria D.P.R. 104 del 12 febbraio 1985, Programmi didattici per la scuola primaria D.L. 59 del 19 febbraio 2004, Allegato B, Indicazioni Nazionai per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria D.M. del 31 luglio 2007, Indicazioni per il curricolo

Riviste didattiche BISSANTI A. A., Dal paesaggio al sistema antropofisico, in “Scuola e didattica”, n° 10, 1985, pp. 33-36 FELISATTI E., Il tirocinio: un' occasione di intermediazione e integrazione di saperi nella formazione degli insegnanti, in “Studium Educationis”, n° 2, 2000, pp.376-380.

84


FRABBONI F., Una professionalità più per una scuola di qualità, in “Studium Educationis”, n° 5 ,1997,pp. 776-781. ORLANDO CIAN D., Le polarità pedagogiche nei grandi modelli del passato, in “Studium Educationis”, n° 2, 1999, pp. 232- 249

Sitografia http://www.aiig.it, 27-07-07 http://amicidelmondo.it, 22-02-08 http://bap.beniculturali.it, 1-03-08

85


ALLEGATI

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1 Pagina del diario di bordo Data..................................ora............................ n째 alunni presenti................. DIARIO DI BORDO OBIETTIVO.GENERALE:............................................................................................................... ........................................................................................................................................................ OBIETTIVI.SPECIFICI:................................................................................................................... ............................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................... FASI E ATTIVITA'

tirocinante

alunno/i

FASE 1

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

FASE 2

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

FASE 3

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

FASE 4

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

FASE 5

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... .......................................... .......................................... .......................................... ..........................................

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INSERIMENTO SOCIALE A) LAVORO INDIVIDUALE

libero

sotto la guida dell’ insegnante

programmato

insegnante/allievo

allievo/allievo

C) LAVORO IN PICCOLI

Gruppi che eseguono lo stesso lavoro

GRUPPI

gruppi con diverso lavoro

D) LAVORO DI CLASSE

insegnante/ classe (a senso unico)

dialogo insegnante/ classe (a doppio senso)

discussione (a senso multiplo)

E) LAVORO DI GRUPPI DI

film

DIMENSIONE SUPERIORE

conferenze

A QUELLI DI CLASSE

B) LAVORO A DUE

NOTE:

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2. Griglia di osservazione sugli aspetti metodologici Data..............................................

ASPETTI METODOLOGICI Attività della tirocinante MOTIVAZIONE 1. 1 motiva il nuovo argomento spiegando l’ utilità 2. 2 motiva il nuovo argomento 3. 3 non motiva il nuovo argomento OBIETTIVI

1 comunica gli obiettivi da conseguire 2 verifica gli obiettivi da conseguire 3 non comunica gli obiettivi da conseguire 4 non verifica gli obiettivi da conseguire

PREREQUISITI

1 stimola il ricordo delle conoscenze e/o capacità 2 sollecita la manifestazione delle conoscenze

SPIEGAZIONI

1 si riferisce ad esperienze vissute dagli alunni 2 si riferisce ad esperienze provocate a lezione 3 utilizza esempi tratti dalla vita quotidiana 4 espone i saperi e poi fornisce esempi 5 espone solo i saperi

DOMANDE

ORALI

1 le rivolge a tutta la classe 2 le rivolge solo a determinati alunni 3 le utilizza per capire ciò che l’ alunno ha compreso 4 le utilizza per chiarire i concetti 5 le utilizza per rinforzare i concetti 6 le utilizza per sviluppare i concetti 7 le utilizza per mettere in difficoltà l’ alunno

SCRITTE

1 le rivolge a tutta la classe 2 le rivolge a determinati alunni 3 le utilizza per capire ciò che l’ alunno ha compreso 4 le utilizza per chiarire i concetti 5 le utilizza per rinforzare i concetti 6 le utilizza per sviluppare i concetti 7 le utilizza per mettere in difficoltà l’ alunno

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NON LE UTILIZZA SCRITTE 1 stimola l’ autocorrezione 2 stimola la correzione fatta dai compagni 3 corregge lui/lei stesso/a 4 trascura gli errori 5 valorizza le risposte esatte ORALI 1 stimola l’ autocorrezione 2 stimola la correzione fatta dai compagni 3 corregge lui/lei stesso/a 4 trascura gli errori 5 valorizza le risposte esatte

CORREZIONI

SOSTEGNO

1 sostiene la classe in difficoltà 2 sostiene il singolo allievo in difficoltà 3 non sostiene la classe in difficoltà 4 non sostiene il singolo allievo in difficoltà

COLLABORAZIONE

1 favorisce l’ apporto di ciascuno al lavoro di gruppo 2 dialoga con gli alunni 3 favorisce l’ individualismo 4 mantiene un rapporto distaccato con gli alunni

INTERESSE

1 stimola la partecipazione degli alunni 2 guadagna l’ attenzione e l’ interesse 3 aumenta l’ interesse degli alunni 4 non stimola interesse COMPRENSIBILITA 1 si esprime in modo ordinato ’ 2 si esprime con frasi brevi 3 si esprime con frasi chiare 4 usa parole conosciute dai bambini 5 si esprime con frasi complesse 6 utilizza metafore VERIFICA 1. 1 verifica il raggiungimento degli obiettivi con la classe 2. 2 verifica il raggiungimento degli obiettivi solo con i più lenti 1. 3 verifica il raggiungimento degli obiettivi con alunni presi a caso 4 verifica il raggiungimento degli obiettivi solo con i “migliori” 5 non verifica il raggiungimento degli obiettivi e termina la lezione 6 non conclude la lezione ESERCIZI DI 1 propone esercizi di ricerca e/o integrativi della lezione RINFORZO 2 assegna esercizi di tipo non ripetitivo 3 assegna esercizi di tipo ripetitivo 4 non propone nulla FLESSIBILITA’

1. 2. 3. 4.

1 modifica il progetto di lezione secondo le esigenze della situaone 2 segue un po’ gli allievi e un po’ la sua programmazione 3 segue rigidamente la programmazione 4 cambia la lezione

90


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