Mario Bertini
DON RENZO
ROSSI
Un divino colpo di tosse
prefazione di
Andrea Fagioli
Mario Bertini
Don Renzo Rossi Un divino colpo di tosse prefazione di
Andrea Fagioli
SocietĂ
Editrice Fiorentina
© 2014 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it blog www.seflog.net/blog facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-287-6 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Referenze fotografiche Le foto pubblicate nel presente volume provengono dall’archivio privato della famiglia Rossi (per gentile concessione), tranne quella di p. 144 (foto di Paolo Fontani, per gentile concessione) Si ringrazia la sig.ra Rosalba Milli per l’aiuto redazionale In copertina Allahabad, tramonto sul Gange (foto di Paolo Fontani, per gentile concessione)
Indice
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Prefazione di Andrea Fagioli
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Introduzione
13
Qualche cenno biografico
23
Le ultime chiacchierate
39
I suoi ultimi interventi
44
L’ultimissimo incontro col pubblico
48
L’estremo addio: il Lunedì Santo della Pasqua 2013
51
Cronache e ricordi
65
I suoi funerali
73
Altri interventi
90
Le sue lettere, i rapporti con don Nesi e l’Opera Madonnina del Grappa
123 Presentazione di un lungo documentario girato in Brasile 131
Dalla parte della famiglia
141
L’ultima manifestazione fiorentina ovvero da Pasqua a Natale
Prefazione
Altri più di me hanno conosciuto e frequentato don Renzo Rossi. Per capirci sono uno di quelli che non si è preso troppe volte di «bischero» e nemmeno un nocchino. Però su don Renzo ho sempre avuto un’idea precisa: che fosse un prete felice perché ci credeva davvero; un prete fedele alla Chiesa per la quale, diceva, «ho cercato di dare tutto me stesso, la mia pochezza, la mia bischeraggine, il mio modo di essere». Quando ancora ultraottantenne don Renzo girava per Firenze in biciletta, ho avuto l’opportunità di moderare in Palazzo Vecchio la presentazione delle sue Lettere dal Brasile, pubblicate a cura di Matteo Del Perugia per questa stessa casa editrice. Nella circostanza, con il cardinale Silvano Piovanelli e il sindaco Matteo Renzi, don Rossi era talmente preso dal ricordo del «suo» Brasile che lo riviveva non riuscendo a parlare in italiano, ricadendo continuamente nel portoghese. Anche questo era don Renzo. Qualche anno prima, per un’intervista, andai a trovarlo nella sua casa fiorentina di via degli Agli, in mezzo a qualche migliaio di libri. Fu un’occasione: don Renzo, infatti, era un giramondo da quando, nel 1965, decise di partire per il Brasile. Da allora la sua missione è stata tra i più poveri a qualunque latitudine si trovassero. 7
Tema dell’intervista: don Lorenzo Milani, suo compagno di seminario (di un anno più giovane), amico e parroco confinante. «Avrei dovuto andare io a Barbiana invece di Lorenzo, ma non stabilmente, perché io – raccontava don Rossi – ero già a Vicchio e a Barbiana sarei andato a celebrare la Messa la domenica. Questo a ottobre 1954, ma a metà di novembre monsignor Tirapani (e non l’arcivescovo Elia Dalla Costa) mi chiamò e mi disse che a Barbiana sarebbe andato don Milani perché in quel momento non c’erano altre parrocchie libere adatte a lui. Dunque, non è esatto che Barbiana fu “aperta” per don Milani, ma è vero che rimase “aperta” soltanto per lui». A parte questa e molte altre precisazioni sulla vicenda, don Renzo mi raccontò un aneddoto sull’obbedienza (quella che non sarebbe più stata una virtù): «Forse pochi sanno che don Lorenzo, durante l’Anno Santo del 1950, andò a Roma in pellegrinaggio in bicicletta. A quei tempi per un prete era scandaloso e proibitissimo togliersi la tonaca. Dovendo però andare a Roma in bicicletta, Lorenzo chiese al cardinale Dalla Costa il permesso di togliersela durante il viaggio. Il cardinale gli disse di no. E lui, obbediente anche nelle piccole cose, andò a Roma in bicicletta con la tonaca». Chi invece fece il furbo fu proprio don Rossi: «Io – raccontava – ammaestrato da quel no, andai ugualmente dal cardinale a chiedere il permesso di andare a Roma in bicicletta, ma senza parlargli della tonaca. Lui, il cardinale, sorridendo mi disse che stessi attento a non stancarmi troppo e a non sudare. Allora, per obbedire al mio vescovo, per non sudare, durante il viaggio in bicicletta verso Roma mi tolsi la tonaca». Anche questo era don Renzo. 8
Ce lo racconta molto bene Mario Bertini in queste pagine che non vogliono essere una biografia esaustiva, ma l’occasione per ricordare un grande prete a un anno dalla morte. Bertini, che lo ha frequentato a lungo fino a raccoglierne le ultime volontà, ci propone molte testimonianze e la cronaca, appunto, degli ultimi mesi di vita. Bello anche l’apparato fotografico con molte immagini inedite messe a disposizione dalla famiglia di don Renzo Rossi. Andrea Fagioli direttore di «Toscana Oggi»
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Introduzione
Qualche anno fa, il celebre giornalista Enzo Biagi, dedicando un suo pensiero all’amico don Renzo Rossi, come contributo per un libro che raccontava l’esperienza del prete fiorentino quando era missionario nelle carceri brasiliane, scrisse questa espressione: «La Bibbia ci racconta che all’inizio Dio alitò sul volto di Adamo. Forse, visto i risultati, gli scappò anche qualche colpo di tosse». Un colpo di tosse di Dio, quindi, e la battuta di Biagi, anche se non se ne conosce bene il destinatario, mi piace riferirla a don Renzo immerso e confuso fra le miserie degli uomini da lui assistiti per tutta la vita. Perché questo prete, abbastanza al di fuori dagli archetipi dei sacerdoti delle nostre parrocchie, può davvero rappresentare un «divino colpo di tosse», piuttosto che un alito del Creatore. Egli è stato infatti un sacerdote, un ministro di Cristo dal respiro e dalla pastorale universale, anche se, in tempi diversi, per l’innata obbedienza a sei arcivescovi della sua città, non si è mai risparmiato di esercitare incarichi di parroco o di vice parroco. Prima di provarmi a scrivere di lui, riferendomi soprattutto ai suoi ultimi giorni di vita, cercherò di tracciare un breve profilo della sua avventura di prete, pur sapendo che 10
non sarà facile per la sua lunghissima esperienza accanto alle povertà di tutto il mondo. A dire il vero, libri – o testi – dedicati a preti fiorentini ne ho già scritti, e in genere l’ho sempre fatto dopo aver metabolizzato la storia di protagonisti già descritti da altri prima di me. Questa volta, però, avverto il bisogno di scrivere di getto, così, a caldo, appena dopo i suoi funerali, per un impulso interiore che mi inchioda a questo computer spinto da irrefrenabile istinto. E avverto questa esigenza come un dovere, più che – è inutile nasconderlo – come il piacere di rivivere, mettendomi a scrivere di lui, lunghi decenni di amicizia. Il perché è presto detto: negli ultimi mesi la sua malattia ha rafforzato il nostro rapporto, ci siamo frequentati come non mai e, specialmente nei suoi ultimissimi giorni, ho potuto seguirlo quotidianamente, essendo lui ricoverato nel Convitto Ecclesiastico fiorentino a due passi da casa mia. Sono stato con lui interi pomeriggi e, nelle sempre meno frequenti pause d’affaticamento, si è aperto a me, spalancandomi l’ampia freschezza della sua anima. Poi, quando le cose si sono aggravate, e dopo che lui aveva cercato di adempiere fino in fondo i suoi impegni, mi ha anche affidato alcuni dei suoi ultimi desideri, delegandomi a sostituirlo in un’ultima manifestazione, forzatamente priva del suo intervento. In quel caso, quando su suo mandato, andai a sostituirlo, cercando di trasmettere – tramite un piccolo registratore – la sua voce precedentemente registrata al suo capezzale, mi accorsi di avere diffuso una profonda commozione perché la gente, i suoi tanti amici, avvertirono il calore della sua presenza. 11
Tutto questo, e altri recentissimi passaggi della sua straordinaria avventura umana, cercherò di affidarli a queste pagine con un solo scopo: dilatare ad altri le emozioni che, prima di consegnare serenamente la sua anima al Creatore, l’amico Renzo ha voluto regalarmi a perenne ricordo di un’amicizia che non può essere soltanto mia.
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