La Cena perduta

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Aldo Bergamaschi

La cena perduta

Metafora per una storia dell’uomo (sesso, denaro, potere) a cura di Associazione “Aletheia”

Società

Editrice Fiorentina


Amici di Padre Aldo Bergamaschi www.padrebergamaschi.eu

Š 2016 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-379-8 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata In copertina La cena perduta, illustrazione di Marcello Corghi


Ad ogni uomo che, su tutta la terra e sotto tutti i cieli, soffre per mano dell’uomo.



In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. (Gv. 1,5)



Indice

11 Presentazione 13 Premessa 17 18

prima parte Apparizione del tale Incontro del tale col Messo

21 23 26

gli inviti I giovani coniugi L’Arrampicatore sociale Il Capitalista

seconda parte aberrazione del sesso, del denaro e del potere 31 Sesso 40 ProprietĂ privata 44 Capitalismo 51 53 56 59 66

terza parte rifiuti degli inviti alla cena I giovani coniugi L’Arrampicatore sociale Il Capitalista Resoconto del Messo al tale Dover essere

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proseguono gli inviti I braccianti


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91 97 99 107 108 109

I minatori I manovali I baraccati Le prostitute Il Barbone Il Pellegrino I fedeli Secondo resoconto del Messo al tale quarta parte Arrivo degli invitati Il dubbio Cena liberale Cena del collettivismo Cena cristiana Conclusione


Presentazione

Questo libro nasce negli anni ’70 da un’idea di padre Aldo Bergamaschi il quale, intuendo la potenzialità dell’immagine, pensava di realizzare dei brevi filmati che esponessero l’esegesi dei passi evangelici. Il progetto ci ha entusiasmato e, insieme con un piccolo gruppo di amici, abbiamo iniziato questo cammino che è stato per noi non solo un lavoro intellettuale fine a se stesso, ma un esaminare, giorno dopo giorno, le tematiche fondamentali dell’uomo, analizzate e approfondite sul piano filosofico, ma sempre con l’occhio fisso al Vangelo. Il Padre ha scelto, come argomento, la Parabola dell’invito a cena, ritenendo che in essa si racchiudessero i tre aspetti dell’animo umano la cui degenerazione ha portato l’uomo a essere lupo per l’altro uomo, impedendogli di formare quell’èkklesia capace di risolvere i problemi della convivenza. Per p. Aldo, infatti, era importante sottolineare che, oltre ad aiutare i cosiddetti “relitti umani”, è necessario correggere il sistema che li crea e che trova la sua linfa vitale nella definalizzazione del sesso, del denaro e del potere. Il lavoro si è protratto a lungo con cadenza settimanale, ma non è stato mai pubblicato. Oggi, a distanza di anni, rileggendo quelle pagine, abbiamo ritenuto doveroso condividerle con chi sia interessato a risolvere i problemi 11


esistenziali che ci affliggono, per questo abbiamo tradotto l’originaria sceneggiatura in un testo letterario. Questo libro vuole essere l’espressione della nostra gratitudine e un sincero grazie a p. Aldo, “disperato boscaiolo” che a colpi di Vangelo ci ha aperto la strada nel buio della foresta. Associazione Aletheia

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Premessa L’uomo spirituale sa tutto dell’uomo carnale; l’uomo carnale non sa nulla dell’uomo spirituale

L’uomo è l’unico essere storico che può dire qualcosa di se stesso. La benzina alimenta il motore, il motore spinge la macchina, la macchina porta l’uomo. La benzina, il motore, la macchina attuano un finalismo senza poter dire di se stessi: “Io sono”. L’uomo, invece, può dire di se stesso, e sapendo di dirlo, “Io sono”, “Io soffro”, “Io amo”, “Io penso”, “Io posseggo”, “Io acquisto”. Fin qui non affiorano pericoli apprezzabili. Se domani un robot si comportasse come una mente che deduce, non potremmo dire né che è conscio né che non lo è; saremmo di fronte a lui così come oggi siamo di fronte alle altre menti. I pericoli iniziano quando si trascende la soglia fenomenologica e si emettono giudizi come questi: “Io sono un essere che pensa”, “Io sono un essere che soffre”, “Io sono un essere che si sposa”, “Io sono un essere che possiede”, “Io sono un essere che acquista”. Il pericolo raggiunge il livello di guardia quando dal fenomeno costatato o dal giudizio pronunciato, ci si avventura, senza le dovute cautele, nell’area delle deduzioni e delle inferenze; dicendo, per es.: “Io penso dunque sono”, “Io muoio dunque sono un essere per la morte”, “Io soffro dunque Dio non esiste”, “Io vedo dunque esistono soltanto le cose che si vedono”, “Io mi sono sposato dunque non posso venire alla Cena”, “Io ho comperato dunque non posso partecipare 13


alla Cena”. Non si dimentichi che l’ergo è diventato e può diventare un trabocchetto per tutti i filosofi. È noto il tiro che esso ha giocato a Cartesio. L’ergo, invece di portare il cogito verso l’aliquid est lo ha riportato dentro all’io e quel giorno il pensiero ha smarrito per sempre l’essere. Ho la coscienza, quindi sono un giusto. No! Altro è la coscienza e altro sono i contenuti. Ma quel tale che bandì una gran Cena ha voluto esattamente rilevare la mappa della libertà fin giù nei nascondigli dell’inconscio. Chi sono quei tre individui che tirano fuori la bandierina della scusa? Tre punti euclidei su cui passa il piano dell’umano. Ma altro è dire come Cremete (il famoso personaggio di Terenzio!): “Tutto ciò che è umano mi interessa”; e altro è dire, come dice l’umanesimo radicale: “Solo ciò che è umano mi interessa”. Ora, la scusa massiccia e unanime dei tre sembra nascondere questa affermazione. Essi sono il simbolo dell’eterno galantuomo che conosce, per averli posti lui, i confini tra il bene e il male. Bloy chiama borghese questo eterno galantuomo e lo definisce “Un maiale che vuole morire di vecchiaia”. È un uomo solo e tuttavia diviso in tre persone che stanno inserendosi, a diversi livelli, nel corpo sociale. Cataloghiamole. Una è giovane e s’è appena sposata. Il suo problema è l’amore. L’altra è una persona di mezza età e sta cercando una solida sistemazione nella proprietà privata; compera, infatti, un terreno per costruirvi una villa oppure una villa col terreno. Il suo problema è la sicurezza economica. La terza è una persona matura, un po’ calva, con un vistoso anello al dito, dall’apparenza levigata e composta; ma con il cranio pieno di pensieri indecifrabili e di progetti assai esotici e voluminosi. Questa persona compera cinque paia 14


di buoi. Si suppone che già avesse il terreno, la villa e, ovviamente, molto danaro a disposizione. Il Vangelo tace – per verità di cronaca o per pudore? – sui comportamenti che di solito accompagnano questo stato di agiatezza sociale. Il suo problema è la conquista economica, l’affermazione sociale di alto livello. Proporre a questi temperamenti, così personali, un invito alla Cena – prospettare loro, cioè, l’esistenza dei Valori dello spirito come valori guida per l’uomo – significa turbare tutto l’orizzonte delle loro programmazioni attuali e future, distendere la nube uggiosa del controllo su tutte le loro scelte. Le loro scelte, infatti, hanno dei perché causali e finali ben congegnati; di cui essi soli sono i conoscitori e gli arbitri di ultimo appello. E un invito alla Cena rischia, ahimè, di rimettere in questione tutta la loro etica. Per Colui che invita, la Cena è il luogo di distribuzione gratuita delle bussole e dei radar storici e metastorici; per questi invitati la Cena si trasforma in una offesa alle loro progettazioni e alle loro esperienze. Tutti e tre, infatti, devono vedere, provare, possedere perché per essi solo ciò che si vede, si tocca, si possiede è e ha un valore. Hanno l’istinto della belva dentro la giungla e ogni valore esterno al sistema giungla li mette in allarme. L’andare alla Cena è un impegno e un aggancio dagli esiti oscuri, nella valutazione che essi fanno della realtà. Amore, proprietà, capitale – Eros, Termine, Mammona – ecco lo spazio entro cui l’uomo tenta di organizzare la propria autonomia. Dio però – Carità senza limiti – invita l’uomo a uscire dalla giungla nel timore che egli diventi preda definitiva dell’Ananke e dell’Ubris. Dio ha creato il sesso per Agapé non per Eros. Agapé finalizza la dicotomia uomo-donna, Eros la strumentizza. Dio ha creato il Co15


smo per l’uomo armonizzando così la dicotomia mio-tuo; ma la proprietà privata esaspera e avvilisce tale dicotomia. Dio ha creato l’uomo possessore e lavoratore (“possedete e coltivate la terra”); ma il capitale già nasconde due allarmanti dicotomie, la dicotomia lavoratore-datore di lavoro e la dicotomia danaro-lavoro. Ma la logica dell’eterno galantuomo scandisce lo strappo e l’opposizione dualistica: “Mi sono sposato dunque non posso venire a Cena”, “Ho comperato dunque non posso venire a Cena”, “Ho investito un capitale dunque non posso venire a Cena”. Ciò che Dio ha creato per l’uomo come può provocare un allontanamento da Lui? Quasiché le tre realtà in gioco siano in contrasto dualistico con la Cena! La opposizione, ahimè, è messa in piedi dalla dialettica dei tre e nel tentativo inconscio di organizzarle in modo da ricavarne una convivenza più felice. Eros ha già pronta la canzone: “Io sono con te… ti abbraccio dimenticando il mondo”; e Machiavelli la sua lezione: “La convenienza ai tempi è la condizione sine qua per il buon esito di tutte le azioni umane”. Può darsi che la maniera con cui i cristiani, nella storia, abbiano creato il raccordo fra la Cena e il sesso, la Cena e la proprietà privata, la Cena e il lavoro sia stata una maniera opaca; ma la parola di Dio giudica anche i cristiani che a Essa si alimentano e persino la Chiesa che la custodisce e la trasmette.

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