Oliviero Buccianti Nicoletta Cellai
Una guida escursionistica di 12 itinerari per cominciare a scoprire, e a conoscere, il Chian ti, una terra speciale nel cuore della Toscana. Camminate ad anello, alla portata di tutti, che salgono e scendono sui Monti del Chian ti, una breve dorsale montana all’interno di un triangolo che vede agli apici città come Firenze, Siena e Arezzo. Monti non erti, co me scrisse Bino Sanminiatelli, ma selvaggi e custodi di tante e millenarie memorie. Ogni itinerario, infatti, diverso per aspetti e parti colarità, comprende approfondimenti che riguardano l’immensa ricchezza paesaggi stica, storica e artistica di luoghi sempre bel li e seducenti.
Oliviero Buccianti Nicoletta Cellai
I monti del Chianti 12 itinerari trekking da Greve a Gaiole
I monti del Chianti
Oliviero Buccianti e Cellai Nicoletta sono marito e moglie, appassionati di escursionismo (entrambi iscritti al Club Alpino Italiano), di storia e di arte, già autori della guida trekking In Pratomagno, edita dalla Società Editrice Fiorentina nel 2011.
euro 12,00
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Oliviero Buccianti  Nicoletta Cellai
I monti del Chianti 12 itinerari trekking da Greve a Gaiole
Con il patrocinio di:
Comune di GREVE IN CHIANTi Provincia di Firenze
CLUB ALPINO ITALIANO Gruppo Regionale Toscana
© 2013 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it
Referenze fotografiche Le foto pubblicate nel presente volume sono di Nicoletta Cellai, tranne le foto delle pp. 12 e 29 che sono di Fabio Modi.
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Cartografie Le cartine sono state prese dal sito www.openstreetmap.org e rielaborate da Federico Franchi.
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Progetto editoriale Giorgio Torricelli
isbn 978-88-6032-263-0
Progetto grafico e impaginazione Grafica Elettronica (Napoli)
Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata
Finito di stampare nel giugno 2013 da Grafica Elettronica (Napoli)
A Gaia
Lasciate che mi incammini per la strada in salita e al primo batticuore mi volga, giĂ da stanchezza e gioia esaltato ed oppresso a guardar le valli azzurre per la lontananza, azzurre le valli e gli anni che spazio e tempo distanziano. A. Bertolucci
Sono tante le persone che ci hanno dato aiuto in vario modo e per questo diciamo grazie a Fabio Macerini, Bruna Gregorio, Pa足trizia Andreoni, Fabio e Francesco Modi, Luca Ficai, Laura Masseti, Roberto ed Enrico Giunti, Maurizio Gennaro Cataldo, Gabriele Bonechi, Diana Lo Bianco, Angelo Australi, Sabrina Bernardi, Franco Vallone e a nostra figlia Gaia. Grazie ancora a Massimo Bernacchioni, a Vannetto Vannini e a Giorgio Torricelli per i consigli e i suggerimenti che ci hanno dato. Tantissimi grazie, infine, a Federico Franchi, che oltre ad accompagnarci ha lavorato sulla cartografia dei percorsi. Gli Autori
Sommario
Prefazione di Vannetto Vannini 7 A piedi nel Chianti 9 Itinerario 1: San Polo in Chianti - case Aiaia -
Poggio di Firenze - Fonte Santa - Montemasso San Polo in Chianti
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Itinerario 2: Poggio alla Croce - Pian d’Albero -
Castello di Celle - Badia di Montescalari Monte Moggino - Poggio alla Croce
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Itinerario 3: Castello di Mugnana - Castello di Sezzate -
Castello di Cintoia - La Panca - C. al Monte Castello di Mugnana
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Itinerario 4: Greve in Chianti - Montefioralle -
Pieve di Cresci - Colognole - Verrazzano - Uzzano La Convertoie - Greve in Chianti
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Parole che camminano… Domenico Giuliotti 60
Itinerario 5: Panzano in Chianti - Cappella delle Grazie -
Oratorio S. Eufrosino - Pieve di San Leolino Panzano in Chianti
Itinerario 6: Lucolena - Pescina - Monte Lisoni -
Gaville - Lucolena - Castellaccio di Lucolena
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Parole che camminano… Michele di Lando 77
Itinerario 7: Volpaia - Lamole - Casole -
Monte San Michele - Badiaccia a Montemuro Volpaia 79
Itinerario 8: Badia a Coltibuono - Pian d’Albola -
Bugialla - Selvole - Monte Cetamura Badia a Coltibuono
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Itinerario 9: Gaiole in Chianti - San Donato
in Perano - Vistarenni - Vertine - Spaltenna - Meleto Castagnoli - Barbischio - Montegrossi Gaiole in Chianti
Itinerario 10: Montegonzi - Sereto - M.te Muro -
M.te Calvo - Starda - Moncioni - Montegonzi
99 115
Itinerario 11: Pieve S.M. in Altaserra - Montebenichi -
Solata - Monte Luco - San Vincenti - Montebenichi Pieve S.M. in Altaserra
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Parole che camminano… Bino Sanminiatelli 131
Itinerario 12: San Gusmè - Villa a Sesta - Campi -
Villa Arceno - San Gusmè
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Parole che camminano… Eugenio Montale 140
Bibliografia essenziale 141 Indice dei nomi 143
Prefazione
Tantissimi libri si occupano del Chianti, ma una guida escursionistica aggiornata di questo territorio è sempre la benvenuta perché riempie un vuoto macroscopico all’interno di una grande bibliografia che di guide escursionistiche ne comprende solo alcune risalenti ormai a molti anni fa. Il Chianti non ha bisogno di presentazioni in quanto questa parte di Toscana ha come portavoce ufficiale il celebre omonimo vino, uno dei più conosciuti in Italia e all’estero. Ma chi conosce bene il Chianti sa che questa terra non è solo sinonimo di vino, è una terra affascinante avvolta in una atmosfera antica, medievale, di altri tempi e quasi surreale. Una atmosfera resa ancora più suggestiva dal continuo alternarsi di casolari, castelli, ville, chiesette, borgate circondate da vigne, olivi e cipressi: tutto costruito sulle cime di dolci colline in uno straordinario paesaggio che non è il frutto della casualità naturale, ma di una scelta economica e produttiva” conservatrice” compiuta in Toscana tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 dalla borghesia agraria di allora. Un paesaggio che sembra veramente uscito dalla tavolozza di un pittore. Elemento fondamentale per l’escursionismo nel Chianti è l’antico reticolo di viabilità medievale che, causa l’isolamento secolare della zona, è arrivato ai giorni nostri ancora intatto. Una fitta rete di sentieri colleganti abbazie con pievi, paesi con piccole borgate, castelli con ville porta con se un grande interesse culturale che consente all’escursionista un approccio diretto con il territorio che conserva bene ancora oggi i segni di quella civiltà contadina, simbolo di un mondo arcaico e lento, ma ben definito nella sua struttura organizzativa interna. Una società rurale che ha permesso la conservazione del Chianti come terra dall’ambiente integro e magico tanto che, nel percorrerlo a piedi fa provare emozioni impareggiabili.
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prefazione
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Itinerari ancora poco noti se non localmente, non segnalati, percorribili però da tutti, anche da quelli che da poco tempo hanno iniziato la pratica escursionistica, ed è questo un aspetto non trascurabile visto il numero sempre crescente di persone che ritengono le dolci colline toscane il luogo ideale per compiere camminate ed escursioni. Camminare per i sentieri del Chianti significa trovare i segni tangibili dell’importanza culturale di percorsi che offrono un incessante sequenza di siti archeologici, rocche, borghi fortificati, pievi, cappelle, maestà, case torri, antichi selciati, che ovunque accompagnano l’escursionista lungo i tracciati. Ma seguire queste antiche vie non significa soltanto ripercorrere le testimonianze salenti della storia chiantigiana, significa in realtà anche incontrare e capire le caratteristiche geografiche e morfologiche della zona che hanno avuto un ruolo fondamentale nel condizionare l’affermarsi, con il trascorrere dei secoli, della vocazione e della tradizione rurale di questo territorio. I rilievi chiantigiani, armoniosi e dolci nei loro profili, hanno nei secoli offerto rifugio o abitazione in silenziose e incantevoli dimore, sapientemente restaurate, siano esse ville o semplicemente casolari e tutto questo in una cornice di perfetta armonia con il delicato paesaggio. Riscoprire questi valori ambientali e ritrovare il contatto con la natura è anche lo scopo di una escursione nel Chianti. Tutti gli itinerari di questa guida permettono di compiere serene camminate, accompagnate da notizie che informano, descrivono e quando è necessario invitano a fermarsi per ammirare una fila di cipressi, una maestà, una villa, un particolare scorcio di panorama. Escursioni brevi e lunghe, tutte verificate dagli autori, alla portata di tutti e tutte interamente capaci di offrire la seduzione e la bellezza di un territorio antico che ha inserite ricchezze uniche e suggestive con il suo impareggiabile fascino, la sua storia e i suoi tanti colori.
Vannetto Vannini
Club Alpino Italiano Sezione Valdarno Superiore
A piedi nel Chianti
Cammin facendo, passo dopo passo, itinerario dopo itinerario, scoprirete anche voi come il Chianti, una terra speciale nel cuore della Toscana, compresa tra due città d’arte come Firenze e Siena, sembri sfuggire ad una semplice e facile definizione. La sua immagine più nota è quell’insieme di morbide e armoniose colline, ora rigate da vigneti e oliveti, ora ricoperte di folti boschetti, ma il Chianti è anche uno scrigno ricco di cultura e di opere d’arte, è un vino rinomato in tutto il mondo, è un modo di vivere e di gustare. E Chianti è anche il nome che è stato dato a quelle colline che, invece di degradare dolcemente a ovest, salgono a est, verso il Valdarno e la Val di Chiana, diventando così dei monti, benché la loro altitudine massima, che non supera i 900 metri, faccia pensare a degli alti poggi. Geograficamente parlando, questa piccola catena montana, che si snoda su un’asse da nord-ovest a sud-est per circa 20 chilometri, è una diramazione secondaria dell’Appennino che, delimitata a nord dal poggio di Firenze (m. 693) e dal Monte Muro (m. 634), dopo il valico di Poggio alla Croce e il passo del Sugame, si eleva fino agli 892 metri del Monte San Michele, la sua cima più alta. Si torna ancora sopra gli ottocento metri con il monte Querciolo (m. 816) e il monte Maione (m. 812), altezze che si raggiungono di nuovo dopo il passo di Coltibuono con il massiccio dei monti Calvo (m. 838) e Luco (m. 834), prima di scendere rapidamente perdendosi nel territorio delle Crete senesi. La parte “montana” del Chianti è meno conosciuta, forse perché poco ritratta nelle classiche cartoline che pubblicizzano questa terra, ma essa si rivelerà all’escursionista non meno interessante della parte collinare. I boschi che ricoprono questi monti, infatti, di rado appaiono solitari e selvaggi, perché anche in essi è palpabile la presenza dell’uomo di oggi o di un tempo che fu. Seminascosti nella vegetazione troviamo bellissimi casolari, pic-
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coli gruppi di case dove vivevano insieme, fino a qualche decennio fa, più di una famiglia contadina, nonché le tracce di antichi percorsi, i suggestivi ruderi di insediamenti e fortificazioni di un tempo lontano, piccoli oratori e tabernacoli, segni di una religiosità passata. Anche su questi rilievi, come in tutto il Chianti, la natura ha trovato il modo di convivere magnificamente insieme alla storia, all’arte e alla civiltà dell’uomo. I monti del Chianti, costituiti in gran parte dalle arenarie del Macigno, hanno delle cime tondeggianti e i fianchi segnati da piccole e strette vallate dove scendono numerosi i corsi d’acqua, a carattere torrentizio, che vanno a confluire nei bacini dell’Arno e dell’Ombrone. Torrenti che vengono tranquillamente giù attraversando una vegetazione mista dove predomina la querce (cerro, roverella) insieme ai castagni, ai carpini e agli ornielli, mentre nel sottobosco sono numerose le ginestre e le eriche. Più a sud, nei versanti più aridi, prevalgono, invece, i lecci, insieme ai pini, ai corbezzoli e ai cipressi. Camminando sulle zone sommitali di questi rilievi, dove una volta prevalevano i pascoli, capiterà spesso di trovar riparo all’ombra scura di alcune conifere, come gli abeti bianchi, a cui un tempo si dedicarono i monaci, le douglasie e i pini neri, aree di rimboschimento di epoca più moderna. Difficilmente incontreremo, nelle nostre escursioni, alberi ad alto fusto, poiché prevale generalmente la loro forma ceduata per i continui e regolari
tagli del bosco, benché non manchi la fortuna di entrare in alcune secolari marronete. Sono ambienti naturali palpitanti di vita. In questi boschi trovano, infatti, rifugio molti animali come il daino, il capriolo, la volpe, la donnola, la faina e soprattutto il cinghiale che fino a quaranta anni fa non popolava le valli e i poggi chiantigiani. E grazie all’abbondanza di selvaggina, di recente, ha fatto il suo ritorno anche il lupo. Diffusi sono anche quegli animali che sanno sempre suscitare la simpatia dei camminatori come il riccio, l’istrice, e gli scoiattoli che numerosi corrono sugli alberi. Sulle fronde di questi si vanno a posare molti uccelli, tra i quali sono facilmente visibili la gazza, la ghiandaia, l’upupa e rapaci come le poiane. Questi boschi, che l’uomo per secoli ha intaccato per guadagnare nuovi terreni per le coltivazioni agricole, anticamente doveva-
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no ricoprire tutto il territorio che oggi chiamiamo Chianti. Nel Pliocene possiamo immaginare i versanti di questi monti lambiti dal mare a Occidente e bagnati a oriente da un lago che copriva la conca del Valdarno Superiore, mentre in un passato meno remoto possiamo pensare a una grande foresta che si estendeva dall’Arno all’Ombrone senese. Un’immagine agreste e selvaggia supportata dalla stessa etimologia: i nomi come MonteLuco e Lucolena hanno una parte che deriva dal latino Lucus, cioè bosco, e il toponimo germanico Brolio anticamente poteva significare tenuta selvosa. Inoltre ci sono i toponimi come Avane e Avenano che sembrerebbero derivare dalla voce “venando”, ossia dalle cacciate o qualcosa del genere. Se alcuni studiosi, in passato, hanno voluto far derivare il termine Chianti da Clante, dal nome di una famiglia gentilizia etrusca, residente in queste zone, altri hanno invece sostenuto che questo coronimo derivasse dal sostantivo latino Clangor, ossia dal rumore, dallo squillare delle trombe o dei corni in uso durante la battute di caccia signorili. Antiche e numerose strade si snodavano e disegnavano questo territorio ricoperto di boschi ricchi di selvaggina, abitato anticamente dagli Etruschi, che ebbero il merito di aver avviato da queste parti la coltivazione della vite, e poi dai Romani che hanno lasciato più di un segno della loro presenza. Ai percorsi principali che scorrevano, in quei tempi lontani, sui crinali dei monti e dei poggi, si vennero progressivamente innestando delle vie secondarie che salivano e scendevano i loro versanti tra il Chianti, il Valdarno Superiore e la Val d’Ambra. Una rete stradale che continuò ad essere molto frequentata nel corso del Medioevo, come testimonia ampiamente la presenza, lungo quelle direttrici viarie, di abbazie, pievi, nonché di piccole cappelle, spedali e ospizi per poveri viandanti e pellegrini.
Il gallo nero in campo d’oro, che oggi simboleggia il Consorzio del Chianti Classico, fu nella seconda metà del XIII secolo lo stemma della Lega del Chianti, un’organizzazione territoriale e militare creata dalla Repubblica fiorentina, che comprendeva i “terzieri” di Castellina, Gaiole e Radda, per difendere i confini meridionali dai tentativi di espansione senese. Le due città toscane, infatti, si contesero a lungo e duramente le terre chiantigiane fino alla metà del XVI secolo. Stupirà sapere che un tempo i suggestivi paesaggi del Chianti, la cui bellezza è capace di infondere pace e benessere non solo fisico, siano stati teatri di battaglie e di assalti sanguinosi tanto da colorar di rosso i torrenti. Nella battaglia di Montaperti del 1260, infatti, perirono tanti soldati fiorentini da trasformare l’Arbia in un fiume di sangue, come cantò Dante nella Divina Commedia, e qualche anno dopo, nella battaglia di Colle Val d’Elsa, furono invece i senesi a subire un tragico massacro. Alla fine del XII secolo, gran parte dell’area, già denominata Chianti in alcuni documenti, era comunque sotto il controllo fiorentino, confermato e rafforzato dalla pace di Fonterutoli (1201) e dal Lodo di Poggibonsi (1203). Ma purtroppo il Chianti era ben lungi dal conoscere la pace: nel 1397 i soldati di Gian Galeazzo Visconti entrarono nel territorio toscano devastando e saccheggiando in modo particolare Castellina e Panzano e nella
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seconda metà del Quattrocento furono, invece, le truppe aragonesi del re di Napoli, in appoggio a Siena in due occasioni (1452 e 1478), a mettere a ferro e fuoco alcuni castelli di parte fiorentina. E se la discesa del re francese Carlo VIII, nel 1494, passò senza grandi danni, furono invece un vero dramma le calate dell’esercito imperiale di Carlo V nel 1529 e nel 1536. Una relativa tranquillità per gli abitanti del Chianti arrivò, tuttavia, pochi anni dopo, quando Firenze ebbe definitivamente ragione della rivale Siena, che dal 1555 entrò a far parte stabilmente del dominio mediceo. Durante questo stato di continua belligeranza, che aveva obbligato le due contendenti a costruire castelli e a cintare di mura i paesi, i contadini avevano continuato a dissodare la terra, a disboscare i colli per impiantarvi gli olivi, gli alberi da frutto e le viti, perché il vino rosso vermiglio del Chianti era già assai rinomato. I nobili e i ricchi cittadini, dal canto loro, si erano fatti nel tempo costruire le case “da signore” e, quando giunse la pace, trasformarono i loro arcigni manieri in sontuose ville-fattorie. La diffusione del sistema mezzadrile portò la costruzione delle tipiche case isolate al centro dei poderi. Ma solo a partire dalla seconda metà del Trecento i mezzadri cominciarono ad abitare case in muratura, costruzioni turrite poco elevate o semplicemente rettangolari, con le scale esterne per il piano superiore, con loggetta architravata. Queste case da contadino, costruite e ampliate in base ai bisogni, secondo un modello di crescita continua, con materiale disponibile in loco, soprattutto alberese e arenaria, rappresentano molta dell’edilizia rurale chiantigiana, un’altra ricchezza inconfondibile di questa terra. Nella seconda metà del Settecento, in età leopoldina, apparvero le case coloniche di terza generazione. Sono quelle costruite secondo una più
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definita progettazione e che avevano come modello le case signorili cinquecentesche. Queste abitazioni si riconoscono per le loro forme sempre quadrangolari, a due piani, arricchite da una torretta-colombaia (talvolta da due torri all’estremità della facciata) e da uno o due ordini di loggiati. Questo rinnovamento delle abitazioni contadine fu un desiderio di Pietro Leopoldo, quello stesso Granduca che nel 1774 decretò l’abolizione delle Leghe del contado, dando vita a una nuova organizzazione amministrativa basata sulle comunità, molto vicina a quella degli attuali comuni. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo anche il Chianti fu investito dalla cultura romantica e dal gusto neo-medievale che nel campo dell’architettura significò, in alcuni casi, la trasformazione delle antiche ville con una serie di elementi strutturali antistorici che dovevano riportarle al loro ipotetico stato originario, appagando allo stesso tempo con “moderni” criteri di bellezza i gusti dell’alta società italiana. Altre volte, invece, si trattò di costruire ex novo palazzotti o eleganti ville dalle forme pseudocastellane, con tanto di mura e torri con merlature e beccatelli. L’attuale divisione del Chianti, tra la provincia di Firenze e di
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Siena, deriva dalla sistemazione amministrativa creata dalla dominazione francese in Toscana, all’inizio dell’Ottocento, che creò i tre dipartimenti dell’Arno, dell’Ombrone e del Mediterraneo. Le mairies napoleoniche di Castellina, Gaiole e Radda facevano capo a Siena, capoluogo dell’Ombrone, mentre il cantone di Greve era rimasto nel circondario fiorentino compreso nel dipartimento dell’Arno. Il passaggio del fronte nel 1944 non avvenne purtroppo senza danni e dolore. Molti beni architettonici furono danneggiati dai bombardamenti e molti cippi, lungo le strade e nei paesi, ricordano stragi e crudeli rappresaglie. Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, con la crisi dell’agricoltura e il boom industriale, molti contadini lasciarono le campagne chiantigiane, richiamati in città dalle fabbriche. E più o meno in quello stesso periodo si cominciò a parlare, tra molte polemiche e discussioni, spesso facili ed esagerate, di Chiantishire. Un etichetta coniata per quella che per alcuni fu una sorta di “colonizzazione” del territorio da parte di viaggiatori stranieri che comprarono e ristrutturarono le case coloniche abbandonate. È un mondo, questo del Chianti, in delicato equilibrio con la
natura, ma che tuttavia ha cercato, negli ultimi anni, di adeguarsi e di rinnovarsi: ecco apparire tra i filari di viti i campi da tennis, le piscine, ecco i cavalli che scalpitano nei maneggi, ecco i casolari riportati al bello, trasformati in agriturismi e in residences con tutti i conforts, mantenendo i tetti rossi, i muri in pietra, i pavimenti in cotto e con gli orci e le statue ad abbellire verdi giardini. I soliti tradizionalisti o sentimentalisti o in qualunque altro modo li vogliamo chiamare saranno poco contenti per tutti questi cambiamenti, a volte eccessivi e lussuosi, che purtroppo includono talvolta l’immotivata chiusura di stradelle e sentieri storici, per la rabbia degli escursionisti. Questo mondo, con le sue problematiche e le sue contraddizioni, ha saputo comunque conservare quella magia e quel fascino che rendono speciali le nostre camminate, magari accompagnate da un buon bicchiere di vino, attraverso un territorio che non finisce mai di stupire. Nel Chianti si riesce ancora a sfuggire alla velocità e ai rumori del mondo moderno, trovando rifugio nel silenzio delle pievi, incastonate nel verde dei vigneti e dei cipressi, camminando lungo i sentieri, che s’insinuano nei boschi e nei vigneti, e perdendoci nelle numerose testimonianze di una cultura e di una tradizione contadina che per nostra buona sorte continua a sopravvivere nei piccoli borghi. Legenda delle cartine PARTENZA PUNTO PANORAMICO EDIFICIO RELIGIOSO
CASTELLO RUDERE DI CASTELLO VILLA PONTE
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RUDERE DI EDIFICIO RELIGIOSO
AREA NATURALE
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