L'ultima maschera

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romanzo

L’ultima maschera Maurizio Chinaglia



Maurizio Chinaglia

L’ultima maschera Romanzo

SocietĂ

Editrice Fiorentina


Š 2020 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice instagram account @sef_editrice isbn 978-88-6032-584-6 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Foto di copertina Tina - stock.adobe.com Copertina a cura di Andrea Tasso


Alla mia Amica



L’ultima maschera



Alessandra

«Non so neanche io perché sono venuta qui, ma avevo bisogno di parlare. Ho la mente che mi scoppia: ho la testa piena di pensieri, c’è tanta confusione». Un silenzio pieno di comprensione fu la risposta a quelle parole pronunciate tutte d’un fiato, quasi vomitate. «Ho più di cinquant’anni, un marito che dopo tutti questi anni ancora mi ama e un figlio meraviglioso. Si è sposato l’anno scorso: è stata una giornata bellissima. Lavora ormai da più di due anni come anestesista all’ospedale di Taranto: ha vinto il concorso subito dopo la laurea perché è bravissimo. Guadagna bene ed è tanto contento del suo lavoro. È andato via. Ormai sono quasi tre anni. Mi ha lasciato, sola. Dopo poco che viveva là ha conosciuto questa collega: molto bella, a me non piace, figlia di un imprenditore di laggiù. Hanno una villa meravigliosa con la vista sul mare. Si sono sposati lì: c’era tanta gente. I parenti e gli amici della sposa erano di più. Comunque è stato veramente tutto molto bello. Non so se lui è davvero felice: a me lei pare un po’ fredda, troppo “perfettina”. Quando torna a casa mi chiede sempre di fargli la trippa, lei non la mangia: non le piace. Ma io la faccio per lui!». Alessandra, parlando della sua bravura come cuoca, aveva iniziato a rallentare il flusso delle parole. Anche il respiro stava tornando su ritmi normali. «Mio marito… è un uomo meraviglioso, glielo dico sempre! Siamo sposati da tanti anni e mi ama ancora. Mi accontenta, fa quello che gli dico, mi aiuta anche in casa. Gli piace stare in compagnia dei suoi amici. È un compagnone: ogni scusa è buona per stare con i suoi compagni, sono molto affia9


tati. Poi nei fine settimana coinvolgono anche le mogli e tutto finisce con delle gran mangiate!». Le uscì un sorriso amaro che rivelava quanto tutto quel mondo non le piacesse. «La mia è una vita perfetta, anche il lavoro che faccio tutto sommato mi piace. Non siamo ricchi, ma non abbiamo neanche problemi di soldi. Tutte le mie amiche mi invidiano: dicono che sembriamo la famiglia del mulino bianco e lo siamo davvero! È tutto perfetto». «Quindi, tutto bene. Di cosa hai bisogno di parlare, dov’è il problema allora? Non capisco» le domandò una voce maschile, calma, pacata. Alessandra, nonostante avesse trovato un ritmo normale alle sue parole, continuava invece a essere in uno stato di agitazione evidente. «Non lo so. Non so più nulla!» rispose stizzita alzando la voce. Un altro silenzio carico di comprensione fu la risposta. «Mi sono innamorata. O meglio, credo che sia amore, innamoramento… passione: non lo so. Uffa, che ne so io!». Rispose agitando le mani davanti al suo viso, gli occhi si fecero ludici probabilmente per la rabbia di non riuscire a trovare la giusta definizione a quel sentimento che davvero non capiva. «L’ho conosciuto al lavoro: è l’avvocato della ditta dove lavoro io. Aveva un appuntamento con il mio titolare che era in ritardo e gli ho fatto compagnia mentre lo aspettava. Quando è arrivato il capo e si sono chiusi nel suo ufficio ho sentito una fitta al cuore: perché me lo porta via? L’ho odiato con tutta me stessa, in quel momento. Più tardi, mi sono resa conto di avergli raccontato tutta la mia vita: in poco più di mezz’ora gli ho detto tutto di me, così spontaneamente, senza che mi avesse chiesto niente. Senza motivo. Era così bello parlare con lui, mi pareva di conoscerlo da sempre. Gli interessava quello che gli stavo dicendo, mi capiva. Mi capiva davvero! Da quel momento non ho mai smesso di pensare a lui». 10


Giovanni alzò la testa, cercò gli occhi di Alessandra: brillavano, brillavano d’amore senza alcun dubbio. Distolse subito lo sguardo: non voleva metterla in imbarazzo, non voleva interrompere il filo di quel racconto. «Da quel giorno viene in ufficio con una certa regolarità: quasi tutte le settimane. Io lo aspetto, non vedo l’ora che arrivi il giorno dell’appuntamento. Quando so che viene, mi metto i vestiti che mi stanno meglio, cerco di farmi vedere sempre con qualcosa di diverso. Quando so che sta per arrivare, vado in bagno e mi rimetto il rossetto. Mi batte forte il cuore… come quando avevo quindici anni». L’uomo sorrise di sincera comprensione, senza che Alessandra se ne accorgesse. La donna si sentì avvampare il volto, non riusciva a nascondere la sua emozione. Chinò la testa fino a toccare con il mento il petto. Rimase così per qualche istante, colmo di imbarazzo. Quando le sembrò di aver ritrovato i suoi colori, riprese. «Io non riesco a capire come sia possibile che mi stia accadendo tutto questo. A me? Ora? Sono bella, sono sempre stata bella, e gli uomini mi hanno sempre fatto la corte… io mi divertivo a illuderli… a farli sperare, ma non mi sono mai spinta oltre. Era un gioco malizioso, ma innocente. Qualcuno mi è anche piaciuto, ma mai, mai ho mancato di rispetto a mio marito: gli volevo bene, gli voglio bene, e quello che mi dava mi è sempre bastato. Mai sono stata sul punto di tradirlo». Spezzò la frase, fece una pausa. «Una volta tanti anni fa, più di venti, c’era un ragazzo che mi piaceva. Era d’estate, portavo mio figlio al mare e mio marito veniva nei fine settimana, era un bel ragazzo abbronzato e con i capelli neri: era amico del bagnino e veniva a trovarlo tutti i pomeriggi. O forse veniva a trovare me tutti i pomeriggi! Beh quando l’ho capito ho cambiato bagno, e non l’ho più visto. Ecco io sono così!». Si fermò. Aspettava un cenno di approvazione, di comprensione, da parte del suo interlocutore. 11


Un silenzio attento fu la risposta. «Ma stavolta non è così – riprese con la voce rotta da una sincera disperazione – non faccio che pensare a lui… e poi mi arrabbio! Mi arrabbio con me stessa perché non riesco a controllarmi. Quando so che sta per arrivare, mi impongo di non dargli relazione, di non starlo a sentire, ma non ci riesco. Non ci riesco mai! È più forte di me. Mi batte forte il cuore… sento le farfalle nello stomaco e rido, rido sempre: come una scema. Ma io sono una donna di cinquant’anni! Come è possibile che mi succeda tutto questo?». «Direi che ti sei innamorata davvero: i sintomi ci sono tutti» la interruppe questa volta la voce maschile. «Ma no – provò a schermirsi – si innamorano le ragazzine, mica le donne della mia età. Sposate per di più». «Ho sempre pensato che l’amore non abbia età, e tu me lo confermi. Magari sul fatto che sei “felicemente” sposata dovremmo riflettere un po’…». «È quello che dico anch’io! Il guaio è che io mi dispero e mi faccio un sacco di domande, ma la verità è che è già andata: è già successo». Prese fiato. «Lo amo» sospirò con voce ferma. «Lo amo come non ho mai amato nessuno nella mia vita: di certo come non ho mai amato mio marito. È una passione enorme quella che mi ha travolto. Penso a lui ogni istante della mia vita: è in ogni mio pensiero, in ogni mio sospiro. Sento che se me lo chiedesse sarei capace di lasciare tutto e di andare con lui. Dove? In capo al mondo o dietro l’angolo: che m’importa. So che non perderei un minuto per fare l’amore. Lo desidero, lo voglio! Sono certa che fare l’amore con lui sarebbe meraviglioso. Lo vedo da come mi guarda, da come muove le mani: sento che potrei essere sua come non lo sono mai stata di nessun altro. So che non faremmo sesso: noi saremmo capaci di fare l’amore quello vero. Lo so, ne sono sicura. Lo sento da come mi bagno quando mi guarda: il mio corpo è 12


percorso da un fremito. Un fremito che mi finisce in mezzo alle gambe: sento di essere pronta a godere subito, così al primo contatto» sospirò di ardente passione. «Contatto che non c’è mai! E che mi fa arrabbiare, mi rende nervosa. Sono pronta, muoio dal desiderio ma mi trattengo, cerco di non fargli capire quello che provo…». «E ci riesci?». «No, non ci riesco. Se n’è accorto». «E quindi?». «È stato dolcissimo: mi ha detto che è bellissimo per lui venirmi a trovare perché quando entra nel mio ufficio mi cambia la luce negli occhi e che il sorriso che gli faccio mi illumina il volto… gli sarei saltata addosso per finirlo di baci. Da quella volta i nostri discorsi si sono fatti più seri: non nascondo più i miei sentimenti». «Ti ha fatto delle avances?». «No, tutt’altro. È diventato ancora più dolce e carino nei miei confronti. Mi rispetta. Dice che è bellissimo stare con me, che è meraviglioso come riesca a non vergognarmi più dei miei sentimenti e che solo una donna con un gran coraggio può permettersi questa sincerità. Io, tanto per non sbagliare, con lui non esco neanche a prendere il caffè. Glielo faccio in ufficio, quello della macchinetta. Mi ha chiesto di vederci fuori dal lavoro e mi ha promesso che non mi avrebbe neanche sfiorata. Sono talmente innamorata che gli credo: sono convinta che lo farebbe!». «Ma tu non hai mai accettato?». «Certo che no!». «Non capisco, hai detto che ti fidi…». «Di lui sì. Io non mi fido di me!». Le parole le uscirono talmente forti dal cuore che quasi urlò. «È di me che non mi fido: con la voglia che ho di lui sarei capace di saltargli addosso. Le dirò anche questa: ormai quando faccio l’amore con mio marito penso a lui. Penso di averlo fra le mie braccia, di stringerlo forte a me con le mie gambe… solo così riesco ad avere uno straccio di orgasmo». 13


Alessandra chinò di nuovo la testa, arrabbiata, confusa, esasperata. L’uomo aspettò con rispettoso silenzio che Alessandra si calmasse, che il suo animo e la sua mente ritrovassero un minimo di lucidità. Poi le sorrise dolcemente. «Credo di aver capito – le disse continuando in quell’atteggiamento paterno – adesso va, ma torna presto». Alessandra si sentì sollevata da quelle parole. Si passò velocemente una mano fra i capelli, come se avesse voluto pettinarli, come se avesse voluto ritrovare se stessa, e salutò il suo interlocutore con un sorriso un po’ triste.

• «Come stai?» le domandò l’uomo. Non era una domanda retorica, anzi: voleva veramente sapere quale era lo stato d’animo di Alessandra. Aveva molto riflettuto, dopo il loro procedente incontro, su quello che si erano detti, era sinceramente preoccupato. «Male» rispose determinata, quasi brusca. «Immaginavo» le disse con voce comprensiva, accondiscendente. «Ti va di parlarne?». «Se sono venuta qui!» stavolta fu brusca davvero, maleducata. «Mi scusi – si riprese subito – sono fuori di me, non volevo essere scortese. Anzi, grazie per il tempo che mi sta dedicando». Aveva addolcito anche i toni della voce. «Come stai?» ripeté l’uomo come a chiudere il piccolo incidente diplomatico. «Mi sta crollando il mondo addosso. Tutto il mio mondo. Quello che mi sta succedendo mi turba profondamente. Non è solo il turbamento fisico, l’irresistibile voglia di tenerlo fra 14



Indice

L’ultima maschera

9 Alessandra 28 Debora 35 Antonella 46 Stefania 58 Elena 72 Clara 84 Paola 95 Giovanni


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