Francesco e il sultano L’incontro sull’altra riva (1219-2019) a cura di Maria Pia Alberzoni e Andrea Avveduto
Francesco e il sultano L’incontro sull’altra riva 1219-2019 a cura di Maria Pia Alberzoni Andrea Avveduto
© 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it | www.sefeditrice.it facebook account: www.facebook.com/sefeditrice twitter account: @sefeditrice isbn: 978-88-6032-534-1 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Progetto grafico e impaginazione Andrea Tasso
Referenze iconografiche Adobe (stock.adobe.com): p. 86 Archivio Alamy: pp. 71, 72, 74, 77, 85, 89 Archivio fotografico del Sacro Convento di S. Francesco in Assisi (per gentile concessione): p. 95 Associazione Pro Terra Sancta (per gentile concessione): pp. 46, 48, 50, 52, 54, 55, 57-59, 110, 112, 113, 115, 116 Custodia di Terra Santa (per gentile concessione): pp. 101, 102 A. Dagli Orti/Scala: p. 82 De Agostini Picture Library/Scala: pp. 73, 107 Foto Scala: copertina, pp. 64, 67, 69, 78, 97
Indice
5
S. Francesco e il sultano. L’eredità di un incontro che dura da 800 anni di fra Francesco Patton
L’INCONTRO SULL’ALTRA RIVA
9
Francesco e il sultano. Una storia ancora da scoprire di Maria Pia Alberzoni
18
Sete di martirio? Ricerca della pace? Le molteplici narrazioni della missione di Francesco d’Assisi da al-Kamil al-Mālik di John Tolan
UN INCONTRO CHE ATTRAVERSA I SECOLI
30
La Custodia di Terra Santa dei francescani dopo la visita e l’incontro di San Francesco con il sultano nel 1219 di fra Narcyz Klimas
36
Per la gloria di Dio e il servizio al prossimo. Il tesoro del Santo Sepolcro di Jacques Gaffiot
L’INCONTRO OGGI
46
La nostra storia comune, una speranza per i giovani di Osama Hamdam e Carla Benelli
52
Un nome e un futuro di Andrea Avveduto
57
“Egitto la forza dell’amore”. La presenza dei frati nei luoghi dell’incontro tra Francesco e il sultano di Andrea Avveduto
IL PERCORSO ESPOSITIVO
a cura di Maria Pia Alberzoni, Andrea Avveduto, Caterina Cappuccio, Simone Lombardo
63 Introduzione 66 Protagonisti 70
Crociate, cultura e scuole
81
Passagium, viaggio, pellegrinaggio
90
L’incontro sull’altra riva: i testimoni
96
Dopo l’incontro
100 I frati e la predicazione presso i saraceni 103
Frate Elia, Federico II e il sultano
110
Un incontro che vive oggi
S. FRaNcescO e il sultanO. L’eRedità di un incOntrO che dURa da 800 aNni FR. FRancescO Patton OFM Custode di Terra Santa e Presidente Associazione pro Terra Sancta
L’
affermazione homo homini lupus, cioè che «l’uomo è un lupo per l’uomo», risale al poeta latino Plauto (255-184 a.C., Asinaria, v. 495). È un’idea ripresa in epoca moderna da Thomas Hobbes nel XVI secolo, nel Leviatano (1651) e in tempi recenti Samuel Phillips Huntington ha parlato di «scontro di civiltà», su base culturale e religiosa. Per Francesco d’Assisi invece l’idea fondamentale è un’altra. Continuando a usare il latino, con Francesco dovremmo dire homo homini frater, «l’uomo è un fratello per l’altro uomo». In uno studio di qualche anno fa, Carlo Paolazzi, che nel 2009 ha curato l’ultima edizione critica degli Scritti di Francesco d’Assisi, ha messo in luce come Francesco non usi mai la parola nemico per riferirsi a una persona, ma unicamente al proprio io egoista. Il nemico per Francesco non è mai di fronte a noi, ma dentro di noi! Di fronte ci sta il fratello: che è tale anche quando si tratta di una persona che professa un’altra religione, che è tale anche quando si tratta dell’avversario e del brigante, che è tale quando si tratta di ogni creatura animata e inanimata. E per Francesco il fratello è dono di Dio e la modalità di entrare in relazione con lui è quella dell’accogliere con bontà (Rnb vii,14: FF 26). In un tempo come il nostro in cui si teorizza e spesso si alimenta e si invoca lo scontro di civiltà, in modo particolare lo scontro tra Islam e cristianesimo, l’ottavo centenario dell’incontro tra san Francesco e il sultano, che avvenne quasi certamente nel settembre del 1219, ci aiuta a recuperare la fondatezza e la lungimiranza di una prospettiva diversa e alternativa, che è quella dell’incontro tra persone di civiltà e fede differente. Occorre essere naturalmente persone capaci di entrare in 5 L’eredità di un incontro che dura da 800 aNni
dialogo, di coltivare il senso dell’ospitalità, di preferire la parola alla spada. Nella stessa linea e facendo riferimento esplicito a questo modello, si muove il magistero e l’azione di papa Francesco, che nel corso di questi anni di pontificato ha chiaramente e decisamente abbracciato il paradigma dell’incontro piuttosto che quello dello scontro. Ma è soprattutto in questi ultimi due anni che i suoi gesti e le sue parole hanno premuto sull’acceleratore dell’incontro, anziché dello scontro di civiltà. È dell’aprile 2017 il suo viaggio in Egitto, per esprimere vicinanza alla Chiesa locale, provata proprio dalla sete di sangue del Jihadismo estremista, ma anche per coltivare il dialogo con l’istituzione sunnita più autorevole, vale a dire l’Università di Al Azhar. In quella occasione l’incontro con il grande imam Ahmad Al Tayyeb ha posto le premesse per l’incontro del febbraio di quest’anno 2019, ad Abu Dhabi, durante il quale è stato congiuntamente sottoscritto il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. A questo ha fatto seguito il recente viaggio in Marocco durante il mese di marzo 2019, dove è stato invitato dal re Mohamed VI e ha potuto continuare a coltivare la via dell’amicizia e dell’incontro. In ognuna di queste occasioni è stato esplicito il richiamo al gesto profetico di Francesco d’Assisi a Damietta otto secoli fa. Oggi come allora i sostenitori del dialogo e dell’incontro sono considerati dei sognatori, privi del pragmatismo necessario a risolvere i problemi del mondo. Sappiamo come andò a finire la quinta crociata: una sanguinosa vittoria, che durò un breve lasso di tempo e che fu preludio di un’altrettanto sanguinosa sconfitta. Per contro, l’intuizione di Francesco d’Assisi,
codificata poi nell’indicazione data ai frati che vivono in terra islamica «di non fare liti o dispute, di essere sudditi e soggetti a ogni umana creatura per amore di Dio, confessando di essere cristiani» (Regola non bollata, cap. xvi), permise ai suoi frati di radicarsi in Terra Santa e in Marocco fino ad oggi, come testimoni pacifici di quella fratellanza umana alla quale papa Francesco e il grande imam Ahmad Al Tayyeb hanno voluto pubblicamente e solennemente invitare i credenti di ogni religione. Se poi penso all’esperienza della Custodia di Terra Santa in termini di fraternità trovo al suo interno una risorsa particolare che è quella della sua internazionalità e multiculturalità. La Custodia di Terra Santa è una presenza francescana di tipo internazionale e lo è fin dall’inizio. Poi, quando riceve un mandato ufficiale della Santa Sede, da papa Clemente VI nel 1342, l’internazionalità diventa parte dello statuto giuridico della Custodia. Mi pare che questa internazionalità possa essere una grande occasione di manifestare il desiderio cristiano e francescano di esprimere la dimensione universale della fraternità. E credo che questa internazionalità, con la sua inevitabile multiculturalità, manifesti un aspetto importante dell’atteggiamento fraterno inteso come una modalità inclusiva di vivere l’incontro con l’altro, a partire da un’identità chiara e nel rispetto dell’identità dell’altro. L’internazionalità e la multiculturalità possono essere anche una grande occasione di allenamento a un modo diverso di entrare in relazione con chi vive un’altra identità e appartenenza religiosa, secondo una modalità che in Terra Santa è abbastanza evidente ed è la modalità del permettere a tutti di esprimere la propria fede, anche pubblicamente, anziché confinarla nei luoghi religiosi – qui si direbbe nelle sacrestie – e ridurla a una dimensione puramente privata, confondendo il significato di pratica personale con la sua riduzione a pratica privata, irrilevante e invisibile sul versante pubblico. Ciò comporta certamente anche difficoltà e tensioni, ma è al tempo stesso un modo molto concreto per affermare la libertà fondamentale, che è quella religiosa, cioè
di coscienza, imparando a far parte di una realtà che è multiforme e non uniforme. In un contesto del genere acquistano valore particolare anche gesti concreti di una grande semplicità, come quello del sapere che esistono calendari diversi dal nostro, feste che hanno un altro nome e un loro significato e nel farsi gli auguri reciprocamente in occasione delle feste degli altri. I gesti concreti acquistano un significato simbolico e i gesti simbolici hanno un significato concreto, nel bene e nel male. Per uscire dalla logica dell’homo homini lupus e approdare a quella dell’homo homini frater è necessario avere lo sguardo di Francesco d’Assisi, pur sapendo che qualcuno ci dirà che siamo naïf e che non abbiamo senso della realtà. Raccontano le biografie antiche che Francesco d’Assisi esprime con forza la convinzione che solo Dio è all’origine del bene, per cui occorre saper cogliere il bene nelle parole e nei gesti di ogni persona e dar lode a Dio. L’idea di fraternità non è esclusiva, ma è piuttosto inclusiva e passa attraverso l’atteggiamento di apertura verso l’altro, di accoglienza e di apprezzamento dell’altro. La capacità di apprezzare e anche emulare aspetti positivi presenti nella pratica religiosa altrui è qualcosa che ha caratterizzato san Francesco e che può essere prezioso anche oggi. Dopo il suo viaggio in Terra Santa e l’incontro con il sultano al-Kamil al-Mālik, san Francesco scrive diverse lettere. In una di queste, rivolta “ai reggitori dei popoli”, scrive: «e vogliate offrire al Signore tanto onore in mezzo al popolo a voi affidato, che ogni sera si annunci, mediante un banditore o qualche altro segno, che all’onnipotente Signore Iddio siano rese lodi e grazie da tutto il popolo» (v. 7 FF 213). Aveva evidentemente notato e apprezzato come nel mondo musulmano esisteva un invito pubblico alla preghiera, che veniva fatto attraverso il muezzin. Mi pare importante recepire come qualcosa di positivo anche nel nostro contesto il valore di poter esprimere pubblicamente la propria fede, senza prevaricare
Francesco e il Sultano. L’incontro sull’altra riva. 1219-2019 6
sull’altro, ma al tempo stesso senza subire quel tipo di censura che vorrebbe silenziare le espressioni religiose in nome di una malintesa laicità. Così come mi pare importante, e lo dico a titolo puramente esemplificativo, recepire il valore di avere un giorno di riposo, come viene fortemente sottolineato dall’ebraismo attraverso il riposo dello Shabbat, perché nel momento in cui perdiamo la possibilità di avere questo giorno di riposo non solo oscuriamo la nostra immagine e somiglianza con Dio, come suggerisce la versione del comandamento sul riposo contenuta nel Libro dell’Esodo (Es 20,8-11), ma cadiamo in una forma di schiavitù che umilia la persona e la sua dignità, come evidenzia la versione dello stesso comandamento
7 L’eredità di un incontro che dura da 800 aNni
contenuta nel Libro del Deuteronomio (Dt 5,12-15). Ed è un riposo che riguarda tutti e tutto, con una valenza potremmo dire al tempo stesso antropologica, sociale ed ecologica. Da san Francesco a papa Francesco sono passati otto secoli, e in questi otto secoli la nostra presenza in Terra Santa si è radicata ed è cresciuta, come presenza fraterna, pacifica e dialogante con tutti. Come presenza di preghiera, di cura dei Luoghi Santi cristiani e di servizio alla comunità locale. Nel segno della fraternità e dell’incontro questa presenza, grazie a Dio, è viva ancora oggi.