Carlo Lapucci
Busti equestri Figure e personaggi granducali del secondo Novecento
SocietĂ
Editrice Fiorentina
carlo lapucci
busti equestri figure e personaggi granducali del secondo novecento
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Š 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-507-5 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Disegno di copertina Lido Contemori
Indice
11
Un sogno
Vita fiorentina
17 Tutti amici di Dylan Thomas 19 Gli occhiali di Oxilia 19 Oxilia, La Pira e il matto 20 Gl’incerti del mestiere d’Annigoni 21 Il Gazzarrini 21 I - Come si viaggia all’estero 23 II - Lo scontro di civiltà 25 L’oste di Careggi e il ciclo cosmico 26 Il poeta Carlo Betocchi 26 I - Carlo Betocchi e lo stracchino 27 II - Dormire, forse sognare 28 III - Conversazione in treno 28 Il manfano al telefono 29 Paolo Marini e la sua città 30 Le Giubbe Rosse 30 I - Arnaldo Pini e Francesco Marcucci due anime in un nocciolo 32 II - Bigongiari al caffè 33 III - Il bacio peccaminoso 34 IV - Foto ricordo 36 V - L’avvocato Macarelli, Pini e altri alle Giubbe Rosse 38 VI - La poesia impegnata 39 VII - Identità di vedute
40 VIII - Laurea con la lode e il bacio accademico dell’avvocato Macarelli 41 Le gambe della Cinzia 42 Duetto con il baritono Rolando Panerai 43 Una rivista fiorentina degli anni Sessanta 45 Incontri ravvicinati d’un certo tipo 46 La Pira e Ho Chi Minh 47 Torna a casa Riccardo! 47 Il Buffa e il Maffini 48 Alluvionansi macchine 49 L’uomo di fango 50 Baffo di Ferro 52 Serate cinematografiche all’Arena dei Pini
Tempi lontani
59 Il santo protettore 59 Lo scherzo della mezzina 60 Lo scherzo della boccia 61 Accorgimenti 61 Il Sor Enrico 61 I - La fidanzata del sor Enrico 62 II - Verso l’Eternità col capocollo in mano 64 III - Il sor Enrico e i giornali 65 Infanzia 65 I - Il primo amico 67 II - Il tempo delle ciliegie 68 III - La fumata di vitalbe 69 Processione con pastorale 69 Il giorno più bello della mia vita 70 Il bastone nobile della zia Rina 73 Il sillogismo di Noviglio 73 Paolo, il cugino di campagna 74 Come lo Zanzi vinse le Mille Miglia 77 L’esorcista e l’indemoniata 80 L’Eccellenza col cariello 82 L’ultimo questuante 84 La fecondazione artificiale 85 La narratrice di favole
Busti equestri
89 Visita a Romano Bilenchi 90 La Valmartina 90 I - Invocazioni internazionali 91 II - Annunci funebri del commendator Galzigna 92 III - Il commendatore e il Brahman 93 Il Calabresi, il Migliorini e la nuova accezione del termine “linguista” 95 Spericolato esordio del Pomodori nella carta stampata 96 Il professor Marchese 96 I - Angelo Marchese ad Amsterdam 97 II - Il Superego Funereo 99 Siro Conforti, ovvero il libro 100 Quinto Martini e Primo Conti 101 Viaggi di lavoro col professore 101 I - I viaggi di Hermet 102 II - Hermet e la musica 103 III - Morte e resurrezione di Hermet 105 Oreste Macrì e il poeta Jorge Guillén 106 Il segreto della fotogenicità di Geno Pampaloni 106 Giovanni Spadolini 106 I - Vita segreta di Giovanni Spadolini 108 II - Parlando parlando 108 L’editore Guido D’Anna e la sistemazione della sua biblioteca 109 Alfonso Gatto 109 I - Alfonso Gatto e il mèlione 110 II - Aggio magnato 111 La Mercedes del generale Marangone 116 «Ex ore infantium» 117 «Doctus absconditus» 117 I - Mezzo topo e mezzo uccello 118 II - La sfida su Tucidide 119 III - Duello al saloon 120 IV - La fortuna di portarsi fortuna 120 V - Lo sfondone del cardinale 121 VI - La crisi esistenziale 123 Il professor Tagliaferri non c’è! 125 Opinioni letterarie
Progetti e chimere
129 Moderni indirizzi pedagogici 131 Contestazione agreste 131 I - La comune sulla Calvana 133 II - Come si costruisce un trogolo 135 III - Il fulgido agnello 137 Il sonatore di mosche 139 Pedagogia della contestazione 139 I - La Pappalalla 141 II - La conferenza della Pappalalla 143 III - La Tordella e il Tarantello 146 Disonore perenne 148 Olinto Guerri 148 I - Olinto Guerri e le villette a schiera 149 II - La prima notte d’Olinto Guerri e Stella Ronzi 150 III - Pedagogia rurale 150 Il pittore Giulio Brandi 150 I - Discussioni d’arte in Valdorcia 152 II - Il Brandi e le medicine 152 Psichiatria indorinascimentale 152 I - Uguccioni e la metempsicosi 154 II - Siamo tutti assassini 155 III - Ipostasi divina 156 Il politico al cinema 156 La fine del Comunismo 157 Didattica sperimentale estrema in un plesso scolastico del ’68 157 I - Rivoluzionari senza sciarpa 159 II - Ricerca sull’educazione sessuale e il controllo delle nascite 161 Fantasie erotiche 161 Perché liticarono l’accademico Alderigo Palazzoni e Gerundo Fortunali 164 Sesso nel futuro 165 Manrico 165 I - Manrico mercante d’arte 167 II - «Il Carnevale di Rio» del Vandrillez 168 Il ritratto futurista 169 Burro su tela 169 Il prete dei poveri 171 Il bevitore redento
Vita segreta
175 Il gatto del Duchini 177 L’amico dello zio Renato 177 L’arco di via Faentina 177 I - Sotto l’arco 179 II - Lucrezia Conestabile 181 Il maresciallo Calosso Schiavi 184 Lu Surgiu in borghese 185 Il professor Morfei, o la consuetudine del paradosso 185 I - Ce l’aveva nel DNA 186 II - «Medice, cura te ipsum» 187 III - Disimpegno aristocratico 188 La vita del signor Scalandrone e dell’Orsola 190 Il professor Micheli Pellegrini, la sapienza nelle corsie 190 I - Il professor Micheli Pellegrini al ristorante 190 II - Un capolavoro di realismo lirico 192 III - I miracoli della lavanda gastrica 193 IV - Battaglia di chirurghi 193 L’avvocato Mandolari e il cavedano, ossia: la mano del destino
Autoricordi 199 Me l’hai portato il prosciutto? 200 Mondo letterario sotterraneo 200 I - Stampa alternativa 202 II - Successo in America della stampa alternativa 203 III - A rimpiattino con Parronchi: fughe per sale, salotti, saloni tra tende, quadri, arazzi, specchiere e mobili di fasto antico 205 IV - La difesa dell’assente 206 Poesia sperimentale 208 Le uova dell’avvocato 209 La macchina della signora Montagnani 211 La crisi culturale 211 I - La prima mostra di epigrammi 212 II - Grande antiquariato 213 III - Il presagio della fine 214 Andar per carceri 214 Un film con Fellini 216 In stato di avanzata composizione
216 Luciano Satta, «Il Peggiorini» 216 I - Luciano Satta, Indro Montanelli e il gossip su Pertini e le regine 218 II - Critica letteraria sintetica di Luciano Satta 218 III - Focolino focolino… acqua acqua 219 IV - Riscuotere con dignità 219 Come si può trovare un testo orale 221 Mario Luzi 221 I - Tempi duri 222 II - Il dissacratore 224 III - Mario Luzi e i caffè
Lampi al magnesio
227 Tecnica milanese e arte toscana 228 Il capitano Pescosolido 230 Don Ivo Petri, pensatore indipendente 230 I - Dubbi di fede di don Ivo 231 II - Servizio segreto 231 III - Una poesia difficile 232 Ubaldo Lai e l’«Amleto senza Ofelia» 235 Voglio vederti il culo, Mariannina, detta anche «La storia dello sbizìo Pietrino» 236 Un pastore all’antica 236 I - Il Pievanone 238 II - Detti celebri del Pievanone 239 III - Il Pievanone e la Madonna Pellegrina 240 IV - Antichi gabinetti a caduta 241 L’uomo col campanaccio 242 Musa campestre 244 Un medico dal volto umano 244 I - Il dottor Truci e il fumo 244 II - La diagnosi 245 III - Medicina all’antica 245 La componente giovanile 245 I - La protezione celeste 246 II - «Il momento del ritratto» 246 III - La collezione d’Amerigo
Un sogno
Nec tu sperne piis venientua somnia portis: cum pia venerunt, somnia pondus habent. Nocte vagae ferimur, nox clausas liberat umbras1.
Ho sognato una volta, ed è un sogno indimenticabile, di trovarmi in una terra inselvatichita coperta di piante erbacee di straordinaria altezza, quali verdi con in cima i semi dell’autunno, quali secche, poco più di lunghi stecchi rimasti dall’anno precedente. Andavo senza sapere dove, tra steli e sterpi che mi passavano sopra la testa e m’impedivano di vedere intorno, mentre i piedi calpestavano erba verde e riarsa, foglie cadute da alte piante irriconoscibili che segnavano qua e là il terreno. Procedevo cercando la fine di quella zona che pian piano mi apparve una terra coltivata molti anni fa e poi abbandonata alle piante infestanti che si erano alzate dal suolo e altre striscianti, rampicanti che si erano aggrappate agli alberi d’alto fusto, riempiendone tutto lo spazio tra i rami e traboccando poi da questi a terra andando a formare isole di macchie inestricabili qua e là sul terreno. Altri alberi erano sorti spontanei e si ergevano senza ordine in mezzo a quelli da frutto che erano stati coltivati: peri, meli, peschi, ciliegi, fichi, nespoli, questi presi d’assalto dalle viti primitive che strisciavano nell’erba cercando un tronco al quale appigliarsi, salire, avvinghiarsi tra i rami formando una matassa aerea fitta con edere, rovi, vitalbe. Ogni tanto affioravano dall’erba i segni sfigurati del lavoro un tempo praticato dai contadini in quelle zolle: le ferrature di un giogo, la stanga corrosa d’un carro agricolo, la lama rugginosa d’un coltro, doghe di botti, tini, bigoncioli, cose rimaste alla deriva in una fuga frettolosa senza tempo di raccogliere attrezzi considerati inutili per sempre. Non so quanto vagai in quella distesa accecata dalla vegetazione fitta, in un’ora del giorno indecifrabile, nel fittume di steli senza ombre, in una luminosità fio«Tu non sorridere dei sogni che giungono dalle sante sponde: dal momento che vengono i sogni dalle rive divine hanno il loro perché. Noi vaghiamo nelle ombre vacue, la notte libera dalla loro prigionia i fantasmi» (Sesto Properzio, Elegie IV, 7, vv. 87-89).
1
12 un sogno
ca che veniva dall’alto, dov’era il cielo divenuto di cenere, come se fosse sul fondo d’una palude. Provai a gridare sperando che qualcuno si trovasse là vicino, presso una gora, lungo una strada, ma non venne alcuna risposta. Anche gli uccelli erano spariti: né in cielo, né tra i rami si vedeva qualcosa muoversi, come fossero stati allontanati da uno spavento o un pericolo. «E ora dove vado? Cosa faccio qui?» mi chiedevo avanzando circospetto nella sterpaglia – questa specie di steppa può continuare decine, centinaia di chilometri e alla fine esserci il mare, o un deserto o una pianura di pietre senza vita –. Cominciai a pensare di doverci passare la notte e m’avvicinai a uno degli alberi più alti, con una chioma più grande, più intricata e più folta per trovarvi un riparo e magari cogliere qualche frutto, qualche bacca rimasta sui rami. Ora però, ficcando gli occhi in quell’intrico, scorsi tra i rami mossa da un dondolio quasi impercettibile, una sagoma goffa rivestita di abiti colorati ma ormai sbiaditi dagli anni, una figura umana con un grande cappello e un ombrellaccio che gli passava sotto il braccio, le maniche ciondolanti senza consistenza. Rimasi a guardare incredulo, ma non riuscivo a vedere di cosa si trattasse. Salii lungo i tralci giganteschi di un’edera e vidi che si trattava d’un vecchio spaventapasseri che il ciliegio crescendo aveva portato in alto coi suoi rami, aprendogli le gambe e spalancandogli le braccia fino a deformarlo come i lampioni deformano orribilmente sul selciato delle piazze notturne le sagome delle statue. C’era qualcosa però che in quello stravolgimento mi attraeva e volevo decifrare, per cui salii più in alto seguendo il mazzo di tralci delle vitalbe e, con mio sgomento, riconobbi in quella figura i tratti sicuri dello Zanzi, Ampelio Zanzi, l’uomo che con il glorioso Mosquito Garelli aveva vinto le Mille Miglia, davanti a una folla in delirio tra applausi, entusiasmo, in un trionfo continuo per chilometri e chilometri tra due ali di folla oceanica che lo guardava sgomenta e in delirio andare sul Mosquito a quella velocità pazzesca seminando i bolidi. «Zanzi», gli dissi, «chi t’ha messo lassù? Che ci stai a fare in questa terra abbandonata?» «E chi lo sa?» rispose lo Zanzi, «crescendo l’albero mi ha portato fin quassù come tanti altri su queste piante. Se guardi bene in questi fagotti, di liane e di foglie ci troverai molti amici di quegli anni e di prima… anche sconosciuti dei tempi che vennero poi, tutti qua sono arrivati e rimasti come cornacchie invischiate e prese nella macchia». «Zanzi, te li ricordi quei pomeriggi d’estate, dopo pranzo, che s’andava a dormire sotto il quercione del Bai? Quante ce ne hai raccontate di te con quel Mosquito!» «E come se mi ricordo!» «E il Mosquito?» «È rimasto nel pollaio della Diomira… Ci vanno sopra le galline, a tutto gas».
un sogno 13
«E ora?» «E ora… siamo qui. Guarda qua intorno e vedi quanti ne ritroverai…». Salii ancora un poco sopra quel ponte di tralci fino a camminare sui rami e toccarlo: trovai dentro il panno ragnato la gamba destra inconsistente, le scarpe come pendenti da uno spago al modo che talvolta si fanno i piedi agli spaventapasseri. Chiamai una, due, tre volte lo Zanzi… non mi rispose. Non mi rispose più. Nell’intrico della ramaglia mi apparve un’altra sagoma in un altro bozzolo. Scesi e camminai fino a un leccio dove s’era appoggiata una gigantesca vitalba che risaliva la chioma scura serpeggiando fino alla cima. Mi feci sotto a una figura bianca e il volto mi pareva quello di Luciano… era ancora lui, seduto sopra un ramo basso, era curvo allungato e oblungo come un’anamorfosi, mi guardava muto. Gli dissi: «E tu, Luciano, che fai in questo mondo che pare una contraffazione della vita?» «E ti pare vita?» domandò. «Ah, mi ricordo quando ti venivo a prendere al giornale verso le tre di notte e passeggiavamo soli per il Lungarno deserto e per i viali fino al tuo portone in Via della Robbia…» «E chi se lo potrà dimenticare?». Sollevai le braccia sfiorandogli affettuosamente la lunghissima gamba ricadente dal ramo: le pieghe del panno erano vuote e solo polvere grigia scese da quel lieve contatto. «Non cercare, non cercare», disse, «è inutile: ormai siamo fatti quasi di nulla…» e aveva due lacrime sotto gli occhi vuoti. Lo chiamai: «Luciano… Luciano… Luciano…». Non rispose e non mi rispose più.