Studi di letteratura italiana in onore di Anna Nozzoli

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Studi di letteratura italiana in onore di Anna Nozzoli

a cura di Francesca Castellano e Simone Magherini studi 47



studi 47



Studi di letteratura italiana in onore di Anna Nozzoli a cura di

Francesca Castellano e Simone Magherini

Società

Editrice Fiorentina


Il volume è frutto di una ricerca svolta presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze e beneficia per la pubblicazione di un contributo a carico dei fondi amministrati dallo stesso Dipartimento

© 2021 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-634-8 ebook isbn: 978-88-6032-650-8 issn: 2035-4363 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte con i quali non sia stato possibile mettersi in contatto


Indice

ix xiii

Premessa dei curatori Tabula gratulatoria

studi di letteratura italiana in onore di anna nozzoli 3

Cinque poesie per Anna Nozzoli Alessandro Fo

9

Le torte anime. Nota su Purg., xxiii, 57 e 126 Valter Boggione

19

Alle origini della iconografia dantesca a Napoli. Sondaggi su alcuni manoscritti miniati della Commedia Andrea Mazzucchi

43

Un carnevale fiorentino nella contea di Civillari (su Dec. viii 9) Giancarlo Alfano

55

Panormita in versi e in prosa e la rinascita dell’elegia nel Quattrocento Donatella Coppini

69

Sognando Bisanzio: Costantino Lascaris a Messina Concetta Bianca

77

Le due Veneri e il «desiderio di fruir la bellezza» in Ficino e Castiglione Pasquale Sabbatino


95

Il duplice Leonardo delle biografie vasariane Enrico Mattioda

109

Petrarchismi di Michelangelo Riccardo Bruscagli

123

«Fare un modello»: Giorgio Vasari tra autobiografia e autoritratto Vincenzo Caputo

135 153

«La mia continua guerra». Sulle tarde lettere (1552-1569) di Bernardo Tasso Stefano Verdino

L’oro e le querce. La sestina lxi o Canzone v delle Rime di Giovanni della Casa Quinto Marini

167

Appunti su Magalotti viaggiatore Francesca Castellano

181

Giustizia umana e giustizia divina in una tragedia per le «Cristiane Repubbliche» Rosa Giulio

193

Amore e magia: Le fate ariostesche di Pallavicino e Ristori Alberto Beniscelli

205

Addenda alla vita letteraria di Napoleone Matteo Palumbo

217

Davide Bertolotti e la nascita del romanzo storico Aldo Maria Morace

233 249 263

Le Memorie di Confalonieri dallo Spielberg tra politica, testimonianza e confessione Irene Gambacorti «Un divorzio» che precorre i tempi. Una «azione drammatica» inedita di Angelica Palli Giulia Tellini

Le Poesie (1872) di Tommaseo: giacimento di forme, ritmi, immagini Simone Magherini

279

Qualche appunto su Pascoli, d’Annunzio e il “loro” Novecento Simona Costa


293 305 317

L’incontro fra Enrico Novelli e Pirandello. Con le illustrazioni e il testo a firma di Yambo: «La Nazione» 9 marzo 1926 Beatrice Alfonzetti L’angelo della notte. La funzione narrativa della luna nelle novelle di Pirandello Marcello Sabbatino

«Con qualche ritocco». Lettere e letteratura nel Frustino di Sibilla Aleramo Manuela Manfredini

335

«Ebbe un amante. Pare». Per la poesia Historia di Guido Gozzano Mariarosa Masoero

345

Un arabesco di Campana, fra Manet e Cézanne Marcello Ciccuto

351

Le novelle disperse di Palazzeschi Gino Tellini

367

«A noi che non abbiamo altra felicità che di parole»: Sbarbaro e il Grande Dizionario della Lingua Italiana Marco Biffi

385

Gli studi foscoliani di Giuseppe De Robertis Sandro Gentili

399

Nota sull’Adeleith di Montale Marina Paino

415

Sergio Solmi e l’aeropoesia Stefano Carrai

423

Leo, Guglielmo, Gina Ferrero Gloria Manghetti

441

Nel «carcer tetro»: Carlo Levi e Cesare Pavese Laura Nay

455

Lalla Romano e le cose «dette come è sufficiente che siano dette» Gino Ruozzi

469

Ancora sulle interviste a Giorgio Caproni (con tre testi dispersi) Andrea Aveto


485

La forma del Caos. Note e divagazioni su Teorema Marco Villoresi

507

Edith Bruck e Nelo Risi: letteratura e vita Giovanna Ioli

519

I Poemetti a Sezzate (1995) di Renzo Gherardini Paolo Zoboli

535

Indice dei nomi


Premessa dei curatori

Il 1° novembre 2021 Anna Nozzoli ha preso congedo dall’Università degli Studi di Firenze, dove si è iscritta nell’anno accademico 1970-1971, laureata nel 1974 in Letteratura italiana moderna e contemporanea, e dove si è ininterrottamente svolto il cursus della sua vita di studiosa e di docente: ricercatrice, professore associato, professore ordinario di Letteratura italiana. Con la stessa intelligenza, gentilezza, generosità e dedizione che ha investito nell’intero arco della sua esperienza professionale nelle molteplici e quotidiane articolazioni dell’attività didattica (lezioni, seminari, esami, tesi di laurea, tesi di dottorato), Anna Nozzoli è stata presidente del corso di laurea in Italianistica e in Lettere moderne, presidente del Centro di Cultura per Stranieri, pro-rettore alla didattica e ai servizi agli studenti con il rettore Alberto Tesi, direttore del Dipartimento di Lettere e Filosofia, ancora prorettore alla innovazione didattica durante il rettorato di Luigi Dei. Ha rappresentato l’Università di Firenze in più sedi e occasioni per delega del rettore, e gli atenei della Toscana negli organi direttivi dell’ADI (Associazione degli Italianisti). È stata membro del Collegio del dottorato di ricerca in Filologia, Letteratura italiana, Linguistica dell’Università di Firenze. Ha svolto un’intensa attività di partecipazione e di organizzazione di convegni nazionali e internazionali. Condirige la rivista annuale «Quaderni montaliani». È socia dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria», Classe di Filologia e Critica letteraria, e membro del comitato scientifico della Fondazione Primo Conti di Fiesole. Nelle aule di Piazza San Marco, Piazza Brunelleschi, Piazza Savonarola, Via della Pergola ha visto alternarsi e succedersi studenti di più generazioni e colleghi più anziani e più giovani mantenendo intatto il senso di una fedeltà non formale a un’istituzione che il divenire dei tempi ha profondamente cambiato dedicandovisi a tempo pieno senza mai farsi irretire nel tritume di una ripetitività meccanica o feriale. Ha esercitato un magistero critico di qualità


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non ordinaria con una strenua libertà intellettuale illesa dal protagonismo e dall’esibizione di sé, inclinando anzi sempre, e di preferenza, nella direzione dell’understatement e del sottotono. Ad alcune linee di ricerca presto diventate una sorta di patrimonio condiviso e sovrapersonale, o addirittura oggetti di mode destinate a durare una o più stagioni, ha dedicato un’attenzione sovracuta e spesso anticipatrice: si pensi a un libro pionieristico come Tabù e coscienza. La condizione femminile nella letteratura del Novecento (1978), capostipite di una serie di indagini alle quali la stessa Anna Nozzoli ha poi atteso nel corso degli anni nell’altro volume, La parete di carta. Scritture al femminile nel Novecento italiano (1989), e nei saggi riguardanti Térésah, Sibilla Aleramo, Margherita Sarfatti, Carola Prosperi, Anna Banti, Gianna Manzini, Camilla Cederna, Irene Brin, Anna Maria Ortese, Natalia Ginzburg, Gina Lagorio, Cristina Campo. Ha studiato Alfieri, la letteratura risorgimentale (Letteratura e democrazia nel Risorgimento. Mazzini. Cattaneo. Ferrari è del 1984), i rapporti tra fascismo e istituzioni culturali (del 1993 è l’importante capitolo su La cultura e il fascismo scritto per Il Novecento, diretto da Giorgio Luti, del remake della Storia letteraria d’Italia della Vallardi), le riviste italiane e particolarmente fiorentine del Novecento, che ha descritto e investigato in alcuni memorabili cataloghi (con Carlo Maria Simonetti Il tempo della «Voce». Editori, tipografi e riviste a Firenze nel primo Novecento, 1982; con Adele Dei, Simone Magherini, Gloria Manghetti, Gino Tellini Dal Vate al Saltimbanco. L’avventura della poesia a Firenze tra belle époque e avanguardie storiche, 2008). Ha riportato alla luce la lettera in cui Giovanni Verga illustra a Salvatore Paola Verdura il ciclo dei Vinti (2018). Degli innumerevoli studi su autori grandi o sommi e su una pulviscolare galassia di scrittrici e scrittori dell’Ottocento e del Novecento di diversissimo ordine e grado che non è possibile evocare qui (il volume del 2000 Voci di un secolo. Da D’Annunzio a Cristina Campo ne esibisce una parzialissima campionatura) Anna Nozzoli ha compiuto nel corso degli anni una inquieta rimodulazione filologica, critica e interpretativa. Centrali in tal senso appaiono i suoi lavori, distribuiti in un arco temporale non breve, su Ippolito Nievo, Luigi Pirandello, Aldo Palazzeschi, Eugenio Montale. Di Nievo ha pubblicato il Novelliere campagnolo (1994) e alcune lettere inedite a Romeo Bozzetti (2004), di Pirandello I vecchi e i giovani (1992), di Palazzeschi le lettere a Montale (1999) e Il Doge, Stefanino e Storia di un’amicizia (2004); a Nievo ha dedicato Immagini di Nievo nel Novecento (1995), a Montale il recente volume La ragione e il sogno. Su Montale in versi e in prosa (2020), cui ha appena fatto seguire il saggio Montale e Dante, in corso di stampa. Uno speciale risalto ha avuto l’edizione “per le scuole” di un libro capitale come Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese, allestita con la diretta collaborazione dell’autrice nel 1979, con largo anticipo sulla Ortese-Renaissance che ha contrassegnato gli ultimi anni di vita della grande scrittrice.


Premessa dei curatori   xi

All’amica e collega Anna Nozzoli i curatori e i collaboratori del volume, anche a nome e per conto dell’intera Università di Firenze, degli atenei e delle istituzioni di appartenenza, intendono rendere oggi affettuosamente omaggio. Francesca Castellano Simone Magherini



Tabula gratulatoria

Francesco Ademollo, Università di Firenze Giancarlo Alfano, Università di Napoli “Federico II” Beatrice Alfonzetti, Università di Roma “La Sapienza” Clara Allasia, Università di Torino Annalisa Andreoni, Università di Pisa Andrea Aveto, Università di Genova Luca Azzetta, Università di Firenze Benedetta Baldi, Università di Firenze Monica Ballerini, Università di Firenze Alberto Beniscelli, Università di Genova Concetta Bianca, Università di Firenze Marco Biffi, Università di Firenze Valter Boggione, Università di Torino Luca Boschetto, Università di Firenze Paola Bruni, Università di Firenze Riccardo Bruscagli, Università di Firenze Andrea Cantini, Università di Firenze Vincenzo Caputo, Università di Napoli “Federico II” Stefano Carrai, Scuola Normale Superiore di Pisa Simone Casini, Università di Perugia Francesca Castellano, Università di Firenze Marcello Ciccuto, Università di Pisa Vittorio Coletti, Università di Genova Donatella Coppini, Università di Firenze Simona Costa, Università di Roma Tre Luca Degl’Innocenti, Università di Firenze Luigi Dei, Università di Firenze Barbara Del Giovane, Università di Firenze

Mila De Santis, Università di Firenze Fabrizio Desideri, Università di Firenze Annamaria Di Fabio, Università di Firenze Massimo Fanfani, Università di Firenze Alessandro Fo, Università di Siena Maria Serena Funghi, Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, Firenze Sandra Furlanetto, Università di Firenze Irene Gambacorti, Università di Firenze Gianluca Garelli, Università di Firenze Sandro Gentili, Università di Perugia Rosa Giulio, Università di Salerno Michela Graziani, Università di Firenze Giovanna Ioli, Torino Mario Labate, Università di Firenze Roberta Lanfredini, Università di Firenze Maria Sofia Lannutti, Università di Firenze Gianfranca Lavezzi, Università di Pavia Simone Magherini, Università di Firenze Enrico Magnelli, Università di Firenze Francesca Maltomini, Università di Firenze Daniela Manetti, Università di Firenze Manuela Manfredini, Università di Genova Andrea Manganaro, Università di Catania Gloria Manghetti, Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, Firenze Monica Marchi, Università di Siena Quinto Marini, Università di Genova Mariarosa Masoero, Università di Torino Enrico Mattioda, Università di Torino Andrea Mazzucchi, Università di Napoli “Federico II”


xiv   Studi di letteratura italiana in onore di Anna Nozzoli Pierluigi Minari, Università di Firenze Roberto Morani, Università di Firenze Francesca Murano, Università di Firenze Laura Nay, Università di Torino Marina Paino, Università di Catania Valeria Piano, Università di Firenze Matteo Palumbo, Università di Napoli “Federico II” Vittoria Perrone Compagni, Università di Firenze Anna Rodolfi, Università di Firenze Sandro Rogari, Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, Firenze Gino Ruozzi, Università di Bologna Marcello Sabbatino, Università di Firenze Pasquale Sabbatino, Università di Napoli “Federico II”

Antonio Saccone, Università di Napoli “Federico II” Raffaella Setti, Università di Firenze Chiara Tavella, Università di Torino Gino Tellini, Università di Firenze Giulia Tellini, Università di Firenze Alberto Tesi, Università di Firenze Roberta Turchi, Università di Firenze Monica Venturini, Università di Roma Tre Stefano Verdino, Università di Genova Salomé Vuelta García, Università di Firenze Giovanni Zago, Università di Firenze Paolo e Erika Zoboli, Mercallo (Varese) Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, Firenze Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, Firenze


Studi di letteratura italiana in onore di Anna Nozzoli



Cinque poesie per Anna Nozzoli* Alessandro Fo

Tutto bene Mi scelsi una piazzola in mezzo ai colli, vicino a un campo che saliva al cielo, verde di grano in erba, verso le nuvole, ora di un bel bianco, ora più grigie, a spasso nell’azzurro. Per me era presto. Mangiavo qualcosa sotto una betulla. Già le amavo fin da ragazzo, per il bianco incanto (ignaro che in tedesco il nome è Birke, e un betulleto è Birkenau). Mi ricambiava il suo ombrello di foglie. Anche se andavo in un penitenziario, tutto era pace e serena bellezza: un confortevole invito alla vita, come nel Carpe diem di Billy Collins, che fra poco andavo a presentare.

* Carissima Anna, i comuni amici mi invitano a questo affettuoso omaggio a sorpresa, e con immenso piacere scelgo, fra le possibili opzioni, di tentare la via di qualche verso. Colpa tua, namque tu solebas meas esse aliquid putare nugas (guarda tu a che livello di presunzione sono infine arrivato, osando mutuare queste celebri parole…). Grazie infinite del tuo lavoro, della tua strenua dedizione alla causa della poesia e, sul piano personale, del tuo generoso conforto. Un abbraccio e i migliori auguri per tutto ciò che più ti sta a cuore, tuo Alessandro.


4   Alessandro Fo

Quiete, pienezza, libertà persi!).

(quanto si erano

Stavo lì assorto, e nel silenzio campestre comparve un’auto. Un gruppo di colleghe. «Ti abbiamo visto ch’eri fermo, andando verso casa, e siamo ritornate. Serve forse qualcosa? Tutto bene?»


Cinque poesie per Anna Nozzoli    5

Lamento (e amen) del preticello freddino Credetemi, che c’è tanta stanchezza a raccogliere lì, in confessionale sempre le stesse, e credo irrimediabili, mille bave del male. Ipocriti, che tanto lo sapete, contriti o no, che poi lo rifarete. Che volete da me. Che non vi guardi con questo volto spento? Si fa tardi, e a me di tutti questi vostri torti fatti o subiti, che volete importi? Forse non dovevo fare il prete. Non sopporto più la situazione, la gente in genere… Da cui, pure, ho il pane… Ma ormai che senso avrebbe ritirarsi, a questa età (e se anche è la pensione lontana ancora)… Andrà così, ormai, e amen.


6   Alessandro Fo

Non essere Oggi ha nevicato molto forte. È un paesaggio incantato. Tu non potrai vederlo. Avevi già otto mesi, ed eri molto atteso. D’improvviso dentro il grembo ancora di tua madre sei venuto a mancare. Non mi so misurare con questa assurda sorte. Avevi già una tua identità, so che avevi già un nome, ma lo ignoro. Incompleto ancora era il tuo corpo, ma di poco, di poco. Avevi avuto già un’anima in dote? («Prima di formarti nel grembo di tua madre io ti ho conosciuto»). Più ancora che per ogni altra morte, mi chiedo come, e dove sei ora. Quanto manchi ai tuoi cari mancati, mai incontrati, come ti pensa e ti piange tua madre. L’affetto che ti giunge ti fa esistere, anche se spento prima ancora di nascere. Come e quanto verrai tu ricordato e da quanti e per quanto… Guardo attonito tutto questo bianco, anche per te. La neve che ti manca.


Cinque poesie per Anna Nozzoli    7

Caffè nel pomeriggio La nivea camicetta della nuova ragazza si è macchiata di fragola. È bella, e non dà spago, fra un panino e una tazza, al cliente che, cauto o impudente, intercetta le sue manovre, in cerca di attenzione e contatto. Sorride, ma ugualmente, assorta e indifferente, la coda di cavallo galoppa lungo il banco. E così (farò male?) l’avverto (dubitando) della piccola chiazza finita sotto il seno. «L’ho messa stamattina, e già è ridotta a niente»… Raccoglie una spugnetta, la bagna, trasparente si fa la camicetta, e sarebbe invadente uno sguardo sleale. Voltarsi, e salutare. Non c’è più già al mattino. Sta aspettando un bambino.


8   Alessandro Fo

Quasi una «domandina» e caro esser ti puote», fu mia risposta, «se dimandi fama, ch’io metta il nome tuo tra l’altre note». Inferno xxxii, 91-93

Già vari anni ormai sono passati da quando, un po’ più spesso poetando, ho scritto un po’ di versi ai girasoli. Poi ho perso sintonia, o non ne ho trovati, semplicemente, come questo colosso da libro delle fate, di tre metri, con foglie immense, che ci si può scalare il cielo e i suoi misteri. Enorme, asciutta doccia dismessa, sta il fiore, ritorta la testa verso terra. Lo stelo può fare invidia alla prosapia tutta dei tubi Innocenti. «…Hem… Eccezionalmente Chissà… Posso… Soltanto lui, magari con me sotto, per far capire… Si può fotografare?» «Eh, anch’io ne avevo avuto il desiderio – prontamente mi fa la sorveglianza –…, ma temo (lei ben sa il regolamento) temo proprio che ci dovrà passare». Peccato. A fine fila dei minori, rachitici e penosi in giusto tono, chiude in bellezza il nuovo «arredo urbano» del carcere. Dove anche un girasole, se pur gigante, langue prigioniero, senza speranza (così, vietata la fotografia, ne liberi la gloria una poesia) di un po’ di ammirazione e rinomanza.


Le torte anime. Nota su Purg., xxiii, 57 e 126 Valter Boggione

Nel canto xxiii, per ben due volte l’aspetto dei golosi viene indicato con l’aggettivo torto. In entrambi i casi a parlare è Dante personaggio, che sta compiendo il suo viaggio attraverso il regno purgatoriale, e l’interlocutore è l’amico Forese, di cui si sottolinea l’aspetto deforme rispetto alla condizione sulla terra. Nel primo, Dante manifesta la propria sofferenza alla vista della faccia di Forese: «La faccia tua, ch’io lagrimai già morta, mi dà di pianger mo non minor doglia», rispuos’io lui, «veggendola sì torta» (55-57).

Seppure in maniera implicita, mi sembra che con le sue parole Dante intenda suggerire che neppure l’agonia della morte ha stravolto tanto l’aspetto di Forese, quanto si vede nella sua attuale condizione1. L’occorrenza del termine faccia è stata spiegata da Cudini come un implicito riferimento all’ultimo componimento dantesco della tenzone, in cui si richiama l’attenzione sullo sfregio che segna il volto di Forese, testimoniandone la natura di ladro2: «Que1 Giuseppe Marrani, «Purgatorio» xxiii, in «L’Alighieri. Rassegna dantesca», 55, n.s., xliv, 2014, p. 82, definisce quello di Forese come il «volto che Dante ha visto, piangendolo, sfigurato dalla morte, e che adesso ritrova ugualmente, se non più ancora deturpato dalla fame». 2 Piero Cudini, La tenzone tra Dante e Forese e la «Commedia» («Inf.» xxx; «Purg.» xxiii-xxiv), in «Giornale Storico della Letteratura Italiana», clix, 1982, pp. 1-25. L’interpretazione dell’episodio purgatoriale di Forese come palinodia della tenzone, cui qui mi attengo, è ormai pressoché universalmente accettata: si vedano almeno al proposito Giovanni Borriero, Considerazioni sulla tradizione manoscritta della Tenzone di Dante con Forese, in «Anticomoderno», v, 1999, pp. 385-405; Fabian Alfie, Dante’s «tenzone» with Forese Donati. The reprehension of vice, Toronto-Buffalo-London, University of Toronto Press, 2011; Sara Ferrilli, Il «nodo» di Bonagiunta. Storia di una metafora dantesca, in «Linguistica e Letteratura», xxxvii, 1-2, 2012, pp. 39-89 (utile anche per la ricapitolazione della bibliografia critica sul tema: pp. 51-52); e Luca Azzetta, Canto xxiii. Memoria, amicizia e poesia nell’incontro con Forese, in Lectura Dantis Romana. Cento canti per cento anni. ii. Purgatorio. 2. Canti


10   Valter Boggione

sti c’ha la faccia fessa, | è piuvico ladron negli atti sui» (lxxvii, 7-8)3. Ma la «faccia fessa» è ora una «faccia […] torta», contemporaneamente simile e diversa rispetto al suo aspetto terreno4. Nel secondo, Dante sta spiegando all’amico, seppure attraverso un brevissimo riassunto, le circostanze e il significato del proprio viaggio ultraterreno. L’occorrenza è particolarmente importante, perché investe la totalità e il significato stesso dell’esperienza dantesca; a essere torta non è più la faccia di Forese soltanto, ma l’aspetto tutto delle anime che popolano la montagna del Purgatorio: Indi m’han tratto sù li suoi conforti, salendo e rigirando la montagna che drizza voi che ’l mondo fece torti (124-126).

A rigore, l’aggettivo, per indicare l’aspetto dei golosi, non è appropriato: la fame che li tormenta e li scava, rendendoli emaciati, determina certamente uno scarto, rispetto al loro aspetto terreno; ma è uno scarto per sottrazione, non per deviazione dalla norma. Termini come cava, scema, secco, conquiso, asciutto, difetto, sfoglia, e via di questo passo, sono ben più appropriati in relazione al contesto. E difatti torti non sono soltanto i golosi, ma tutte le anime del Purgatorio. Mi si dirà che la rappresentazione del male nei termini di una xviii-xxxiii,

Roma, Salerno Editrice, 2014, pp. 687-711. La sola eccezione recente che io conosca, tra chi è convinto della paternità dantesca della tenzone, è costituita da Massimo Verdicchio, Tenzone e ironia in Dante, in «Tenzone», 16, 2015, pp. 11-30, che propone una lettura dei canti xxiii-xxiv in chiave ironica e antifrastica, ma senza supportarla con argomentazioni persuasive e in stridente contrasto con le esigenze di chiarezza e verità che Dante pone a fondamento del poema. «Resta il fatto che, qualunque uso si voglia fare della tenzone, essa si aggira tra le pieghe del canto e contribuisce a dare una forma alla tessitura con cui le parole si distribuiscono» (Matteo Palumbo, Lettura del canto XXIII del «Purgatorio», in «Rivista di Studi Danteschi», 7, 2, 2007, p. 237). Ricordo tuttavia, pur non condividendole, le perplessità sull’attribuzione avanzate da Guerri, Lanza, e soprattutto Mauro Cursietti (La falsa Tenzone di Dante con Forese Donati, Anzio, De Rubeis, 1995; Nuovi contributi per l’apocrifia della cosiddetta Tenzone di Dante con Forese Donati ovvero La tenzone del panìco, in Bibliologia e critica dantesca. Saggi dedicati a Enzo Esposito, a cura di Vincenzo De Gregorio, Ravenna, Longo, 1997, ii, pp. 53-72; Dante e Forese alla taverna del panìco. Le prove documentarie della falsità della Tenzone, in «L’Alighieri. Rassegna bibliografica dantesca», n.s., 41, xvi, 2000, pp. 7-22; A proposito di una nuova ipotesi sulla cosiddetta Tenzone di Dante con Forese, in «La parola del testo», 8, 1, 2004, pp. 157-168), seguito – con più avvertito e prudente approccio al canto xxiii del Purgatorio – da Ruggero Stefanini («Tenzone» sì e «Tenzone» no, in «Lectura Dantis», xviii-xix, 1996, pp. 111-128). Per una ricapitolazione chiara e persuasiva delle ragioni dell’attribuzione a Dante, si veda l’edizione delle Rime della maturità e dell’esilio, a cura di Marco Grimaldi, Roma, Salerno Editrice, 2019, pp. 812-813. 3 Dante Alighieri, Rime della maturità e dell’esilio, cit., p. 834. 4 Michelangelo Zaccarello, L’uovo o la gallina? «Purg.» xxiii e la tenzone di Dante e Forese Donati, in «L’Alighieri. Rassegna dantesca», n.s., 44, xxii, 2003, p. 19, pone invece in relazione l’aggettivo fesso della tenzone con l’aspetto emaciato e scavato di Forese e dei golosi: «la descrizione della “faccia di Forese” nel passo purgatoriale […] potrebbe essere stata suggerita a Dante da uno spunto secondario ma non trascurabile del sonetto v, dove la “faccia fessa” (v, 7), cioè sfregiata, di Bicci-Forese offriva un termine passibile di amplificazione semantica mediante il suo più diffuso significato di ‘vuoto, scavato’».


Le torte anime. Nota su «Purg.», xxiii, 57 e 126    11

deviazione dalla norma, fino all’uso del termine torto come sostantivo per indicare in origine ogni comportamento contrario a giustizia, e dunque genericamente iniquità, e soltanto più tardi, in particolare, un’azione lesiva o offensiva nei confronti di qualcuno, è così scontata da non meritare attenzione. Eppure, in considerazione del contesto e dell’accezione per così dire fisica in cui la voce è impiegata, mi pare che non sia così, che siano presenti due ordini di implicazioni che è importante sottolineare. Partiamo dal primo, il più significativo, che coinvolge aspetti non irrilevanti di carattere metaletterario. Evidentemente, il peccato è concepito da Dante come una deviazione non soltanto rispetto alla norma, ma rispetto all’autentica natura dell’uomo. Del resto, ripetutamente nella Commedia si fa riferimento a un’originaria bontà dell’uomo, a un’iniziale purezza dell’anima, allorché questa esce dalle mani di Dio. Se l’uomo è stato creato «ad imaginem et similitudinem» di Dio (Gen., 1, 26), «ad imaginem suam» (1, 27), l’aspetto dell’uomo porta in sé il segno della suprema perfezione divina. Tutto ciò che devia, si torce, da tale aspetto originario è una perversione della bellezza di Dio. Tale è, ovviamente, il peccato. È in questa prospettiva, allora, che mi pare vada letto il richiamo, proposto da Dante nello stesso canto xxiii nel contesto di una similitudine tra le occhiaie scavate e prive di luminosità e anelli privati delle gemme, al fatto che sul volto smunto e scavato dei golosi meglio si legge la parola «omo»5: Parean l’occhiaie anella sanza gemme: chi nel viso de li uomini legge ‘omo’ ben avria quivi conosciuta l’emme (31-33).

5 Sulla lettura dei volti delle anime purganti e sull’implicito gioco dantesco circa la doppia accezione di faccia, “volto”, ma anche “facciata di un foglio”, si veda William A. Stephany, Erysichthon and the Poetics of the Spirit, in The Poetry of Allusion, a cura di Rachel Jacoff e Jeffrey T. Schnapp, Stanford, Stanford University Press, 1991, p. 180. Secondo Gabriele Muresu, Forese e la gola («Purg.» xxiii), in «L’Alighieri. Rassegna dantesca», n.s., 48, xxix, 2007, pp. 15-16, la frase vuole «rimarcare che nella faccia di queste anime non gli occhi risultano visibili, ma soltanto le componenti ossee – zigomi, arcate sopracciliari, setto nasale – che li contornano e il cui insieme è propriamente assimilabile alla forma di una M gotica», a suggerire, attraverso la «facciale irriconoscibilità», «la perdita, da parte di chi della gola si è fatto schiavo, della propria identità spirituale». Ciò non toglie che anche solo la cavità delle occhiaie valga a disegnare in maniera evidente le due O della parola, che sono sempre facilmente riconoscibili, a differenza della lettera M. Non concordo pertanto con Matteo Palumbo, Lettura del canto xxiii del «Purgatorio», cit., p. 232: «Da questa parola la sottrazione della sfera delle pupille cancella i due tondi e lascia solo che resti la traccia stilizzata della M». Del resto, l’Anonimo fiorentino (Commento alla «Divina Commedia» d’anonimo fiorentino del secolo XIV ora per la prima volta stampato, a cura di Pietro Fanfani, Bologna, Romagnoli, 1868, p. 378), il quale ritiene che nel volto dell’uomo si possa leggere «non solo homo, ma anche (almeno in parte) dei» (Matteo Motolese, Lettura di «Purgatorio», xxiii, in «Rivista di Studi Danteschi», xix, 1, 2019, p. 65), fa osservare non che le O sono scomparse, ma la M è ben visibile: «uno delli orecchi è l’H, et l’altro orecchio per l’altro verso rivolto è uno D, l’occhio è uno O, il naso colle ciglia è uno M, la bocca è uno I. Or dice l’Auttore che per la magrezza gli occhi erono sì fitti nella testa, che l’M chiaramente si scorgea».


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di psicologia sperimentale. Intrecci culturali: da Bayreuth alla Salpêtrière, pp. 140, 2018. 29. Avventure, itinerari e viaggi letterari. Studi per Roberto Fedi, a cura di Giovanni Capecchi, Toni Marino e Franco Vitelli, pp. x-546, 2018. 30. Mario Pratesi, All’ombra dei cipressi, a cura di Anne Urbancic, pp. lx-100, 2018. 31. Giulia Claudi, Vivere come la spiga accanto alla spiga. Studi e opere di Carlo Lapucci. Con tre interviste, pp. 168, 2018. 32. Marino Biondi, Letteratura giornalismo commenti. Un diario di letture, pp. 512, 2018. 33. Scritture dell’intimo. Confessioni, diari, autoanalisi, a cura di Marco Villoresi, pp. viii-136, 2018. 34. Massimo Fanfani, Un dizionario dell’era fascista, pp. 140, 2018. 35. Femminismo e femminismi nella letteratura italiana dall’Ottocento al XXI secolo, a cura di Sandra Parmegiani, Michela Prevedello, pp. xxxiv-302, 2019. 36. Maria Bendinelli Predelli, Storie e cantari medievali, pp. 188, 2019. 37. Valeria Giannantonio, Le autobiografie della Grande guerra: la scrittura del ricordo e della lontananza, pp. 368, 2019. 38. Per Franco Contorbia, a cura di Simone Magherini e Pasquale Sabbatino, 2 voll., pp. xviii-1028, 2019.

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