Corrado Paina Un brindisi alla malattia
Corrado Paina è nato a Milano, tanti anni fa. Quando era bambino c’erano ancora i buchi delle cannonate su alcune malandate pareti di una città dal cielo arancione, corrotto dagli scarichi odoranti delle fabbriche. In quegli anni cominciò a fare poesie e da allora ha pubblicato sei libri di poesia in Canada, sette in Italia, di cui tre libri d’arte con le incisioni di Sandro Martini. Ha lavorato a un numero piuttosto grande di piccole pubblicazioni in Italia per “il pulcino e l’elefante”, “il ragazzo innocuo” e “i quaderni d’Orfeo”. Infine ha pubblicato un romanzo in Canada, uno in Italia e un saggio in Canada. Nel 2022 Mansfield press pubblicherà in Canada Changing residence, le opere selezionate di Corrado Paina.
Corrado Paina
Un brindisi alla malattia
(www.corradopaina.com)
euro 12,00
Società
Editrice Fiorentina
Le poesie raccolte in Un brindisi alla malattia […] mi hanno condotto in un’odissea difficile e allo stesso tempo impossibile da mettere da parte, un viaggio attraverso le tappe fisiche e psicologiche con cui la malattia segna il malato. Uso la metafora del viaggio non a caso: è Corrado stesso a invocarla a più riprese nel volume, e a buona ragione: viaggiatore instancabile, […] egli sembra vedere ogni aspetto dell’esistenza, compresi quelli più difficili quali appunto la malattia, come un percorso, un attraversamento che porta a nuovi luoghi anche quando si rimane fissi nello spazio perché comunque è il viaggiatore a essere cambiato. […] Il malato di cancro è «un essere invertebrato mai catalogato», un unicum al quale non si adattano più le categorie sociali della vita prima della malattia – il genitore liberale e anticonformista, il consumista, il padre discreto – e che si avventura in un nuovo mondo di cui si conosce bene il punto di partenza ma non si può pianificare quello d’arrivo. Ed è questa una delle mosse straordinarie e stranianti di questo libro, che ne giustifica il titolo: cercare di trovare le parole per condividere la malattia, per invitare gli altri a unirsi nel viaggio – i suoi cari prima di tutto, evocati a più riprese, ma anche i lettori che lo accompagnano verso dopo verso. (dalla Prefazione di Luca Somigli)
Corrado Paina
Un brindisi alla malattia traduzione di
Daniela Zanchi a cura di
Carlotta Beltrami prefazione di
Luca Somigli
Società
Editrice Fiorentina
© 2022 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice instagram account @sef_editrice isbn 978-88-6032-639-3 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Edizione originale Corrado Paina, A Toast to Illness, Toronto, Quattro Books, 2018 L’Editore desidera ringraziare Alessandro Franci per l’aiuto offerto alla realizzazione di questo progetto editoriale
Prefazione
Corrado Paina è il protagonista di uno dei miei primi ricordi – se non addirittura il primo – di Toronto. Era la primavera del 1997 ed ero appena arrivato in città per la breve visita all’università che costituisce uno dei momenti salienti nei concorsi universitari nordamericani quando l’amica e futura collega Manuela Gieri mi disse che dovevo assolutamente fare la conoscenza di un giovane poeta che rappresentava una delle voci più originali della scrittura italiana in Canada. L’incontro avvenne intorno a una pizza ai tavoli del Caffè Diplomatico, intramontabile centro della Little Italy torontina anche adesso che la comunità italiana è ormai sparpagliata ai quattro venti. Ho quindi imparato ad apprezzare insieme l’uomo e l’opera, da un lato l’intellettuale dinamico e poco docile ai confini disciplinari che si muove a suo perfetto agio tra poesia e business (è da anni direttore esecutivo della Italian Chamber of Commerce of Ontario) e dall’altro la vasta produzione artistica non solo in versi (Corrado è anche narratore in prosa e pittore). In un bel profilo apparso qualche anno fa sulla rivista «Accenti», Alberto De
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Logu, altro valido poeta italiano trapiantato in Canada, ne ha dato una descrizione che ancora calza a pennello: Corrado è «a man of connection and dialogue – not a Zelig, but rather Pico della Mirandola able to converse at the same time with different interlocutors, to each in their own language, tone and register»*. Una delle più belle iniziative in cui io sia stato coinvolto nel quarto di secolo che ho ormai trascorso nella capitale dell’Ontario rimane, a distanza di ormai diversi anni, “Poetry in the Gallery”, una serie di letture da parte di poeti di origine italiana ma attivi in Nord America che Corrado e io organizzammo in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Toronto, e nella quale riuscimmo a coinvolgere figure come Pier Giorgio Di Cicco, Paolo Valesio, Mary Melfi, Gianna Patriarca e Len Gasparini. Poi, come spesso succede, ci siamo persi un po’ di vista. Quando ci siamo incontrati di nuovo, la malattia che costituisce la musa perversa di questo volume lo aveva cambiato nel fisico: non nello spirito, però, tagliente, acuto, ironico, lirico come sempre. Le poesie raccolte in Un brindisi alla malattia – titolo che riunisce in sé tutte quelle caratteristiche – hanno colmato in qualche modo la lacuna di * Alberto Mario De Logu, Corrado Paina, Executive Poet, «Accenti», 28 marzo 2011 (aggiornato 30 dicembre 2019), https://accenti.ca/corrado-paina-executive-poet/.
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quel periodo di distanza, e mi hanno condotto in un’odissea difficile e allo stesso tempo impossibile da mettere da parte, un viaggio attraverso le tappe fisiche e psicologiche con cui la malattia segna il malato. Uso la metafora del viaggio non a caso: è Corrado stesso a invocarla a più riprese nel volume, e a buona ragione: viaggiatore instancabile, sempre in movimento fra mondi diversi (Italia e Canada, certo, ma anche la sua amata Cuba), egli sembra vedere ogni aspetto dell’esistenza, compresi quelli più difficili quali appunto la malattia, come un percorso, un attraversamento che porta a nuovi luoghi anche quando si rimane fissi nello spazio perché comunque è il viaggiatore a essere cambiato («il passato è una terra straniera», ha scritto memorabilmente L.P. Hartley). Il tema è evocato esplicitamente in Invito a un viaggio, titolo dal sapore baudelairiano che propone però non un viaggio verso mete favolose dove tutto è «luxe, calme et volupté», ma verso l’ignoto, verso un mondo straniato dall’impatto della malattia sul corpo e l’anima. Il malato di cancro è «un essere invertebrato mai catalogato», un unicum al quale non si adattano più le categorie sociali della vita prima della malattia – il genitore liberale e anticonformista, il consumista, il padre discreto – e che si avventura in un nuovo mondo di cui si conosce bene il punto di partenza ma non si può pianificare quello d’arrivo. Ed è questa una delle mosse
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straordinarie e stranianti di questo libro, che ne giustifica il titolo: cercare di trovare le parole per condividere la malattia, per invitare gli altri a unirsi nel viaggio – i suoi cari prima di tutto, evocati a più riprese, ma anche i lettori che lo accompagnano verso dopo verso. Il viaggio è ricostruito nelle sue varie tappe, sin da prima che il cancro facesse sentire la propria predatoria presenza. In Gravidanza all’Avana il male cova già nella carne come un feto maligno mentre il suo ospite ignaro si abbandona alla vita, immagina il futuro – «Stavo morendo e sognavo il futuro», recita uno dei versi più disarmanti del libro. La transizione tra prima e dopo è dolce e brutale come uno stacco tra due strofe che dall’Avana porta il lettore nel mondo ovattato e pieno di delicatezza dell’ospedale, in cui la cortesia più riguardosa e artificiale sta nel modo in cui si evita di nominare la malattia: «nessuno poteva dire / ehi tu col cancro! […] in questo mondo di gentilezza / nessuno usa la parola dolore». Il riserbo con cui, per pudore o per paura, i sani evitano di usare termini più precisi non appartiene a chi ha attraversato il confine della malattia, eppure le parole “cancro”, “tumore”, “linfoma”, spaventose nella loro brutale clinicità, non bastano a comunicare il dolore. La poesia è un tentativo di articolare questa esperienza. L’albero diventa metafora della condizione del malato, di una vita costretta al semplice
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pulsare delle linfe vitali, eppure ugualmente vita, e lotta, e resistenza, come in Le cose da fare: essere un albero, in cui l’apparente passività della quercia è invece fonte di vitalità per se stessa e per il piccolo mondo che le ruota intorno («Una quercia con il terreno, gli animali e i frutti»). L’albero proclama la dignità della vita nuda, della vita in quanto tale, al di là della coscienza o della volontà, della vita come rifiuto di collaborare con la morte a cui siamo comunque costretti («Forse possiamo avere il previlegio di non collaborare» è la chiusa icastica della poesia Suicidio). Il poeta si definisce anche «albero bionico» (in Quanti stanno qui con me questa notte), quasi un ossimoro che però cattura bene la condizione anfibia in cui si trova il malato, diviso tra l’impossibilità fisica di agire, la sua condizione per così dire vegetale, e il desiderio di superare quel limite, come la bionica promette di superare i limiti dell’umano. Non a caso, l’albero è l’immagine chiave di una delle due poesie che danno il titolo alla raccolta: l’albero spoglio che rinasce alla vita in primavera è metafora insieme semplice ed esaustiva del malato che rifiorisce alla vita nel momento in cui il cancro appare essere in remissione e torna possibile immaginare nuovi baci letterali e metaforici. Ma attenzione: anche questa poesia apparentemente piena di speranza è insidiosa come la malattia. Alla chiusa segue
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una nota in prosa da cui il lettore apprende che «in alcuni ospedali quando il paziente termina il ciclo di chemioterapia suona più volte una campana». La campana è anch’essa un simbolo ambiguo, che qui suona per i vivi ma altrove suona per i morti. La ritroveremo alcune pagine dopo in Un altro ciclo, Emilia, dove «suona vigorosa», ma non per Emilia, morta per melanoma, e allora «non c’è motivo di fare festa», e la vittoria (temporanea) di uno non cancella il dolore per la scomparsa di un’altra. Alla fine, viaggio, albero, cancro, sono tutte forme di uno stesso movimento nel tempo, un attraversamento che conduce a un luogo che niente, neppure le parole della poesia, può illuminare. In Natura morta (ecco un altro bell’ossimoro), poesia situata oltre il suono della campana, nello spazio della remissione (parola insieme profana e sacra, che a chi si è formato in un contesto cattolico non può ricordare, insieme alla lotta contro il cancro, la promessa della remissione dei peccati), il tempo pare sospeso nell’immobilità delle figure – il cane accovacciato sotto le coperte, il figlio ancora addormentato – e prima che riprenda il suo scorrere c’è tempo per un ringraziamento per l’esistenza tutta, nel bene e nel male, che ci ha portati qui, a questo momento, in questo luogo. Se Dio esistesse, dovrebbe essere possibile fermarlo per sempre, questo momento. La po-
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esia, Suo piccolo surrogato, fa quel che può: lo conserva con la parola, lo rende condivisibile, ne afferma l’esistenza anche dopo e contro la morte. Luca Somigli
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Nota alla traduzione
Ho iniziato la traduzione di A Toast to Illness di Corrado Paina come per gioco: “gli amici italiani leggeranno mai le sue poesie in inglese?” e mi sembrava importante che lo facessero. Innanzitutto per condividere un momento buio e doloroso che ci veniva così generosamente offerto nel linguaggio a lui più congeniale, quello poetico. L’accettazione dell’indesiderato ospite che prendeva spazio dentro di lui gli ha consentito di esprimere, come attraverso un faticoso parto, lirici frutti da regalare, perché la malattia per C.P. non è un nemico da sconfiggere bensì un’esperienza da accogliere con umiltà. Tradurre A Toast to Illness è stato per me come ripercorrere, giorno dopo giorno, la sua malattia sentendomi come un’intrusa, che spia dal buco della serratura e riesce solo a intuire gli echi dello strazio e della sofferenza vissuti dall’altro: sentirsi un albero, sentirsi un ragno, un fragile insetto… sentirsi come una candela, come un aquilone… e fissare quella finestra, davanti a cui ha passato chissà quante ore, immobile, vedendo le stagioni scorrere come in
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uno schermo. Vedere i volti sfocati della gente che gli sta intorno, e gli occhi dei figli, e di Deborah… Il suo dolore nel sentire il loro, nascosto dietro ai sorrisi, e il pensiero della loro vita inevitabilmente segnata dalla sua malattia, in un mondo di gentilezza che male sopporta ma di cui ha bisogno. L’amicizia fiduciosa del vecchio cane… e pensare continuamente alla morte, tanto vicina da poterla toccare, sentirne gli odori, osservarla nella trasformazione dei corpi. Quando ho iniziato a leggere A Toast to Illness, non pensavo di essere all’inizio di un viaggio tanto doloroso e intimo, un viaggio che conduce a meditare e metabolizzare argomenti che nella nostra cultura si tenta sempre di evitare. Che dire poi del lavoro del traduttore? Tradurre dall’inglese all’italiano un poeta vivente di madrelingua italiana! Sembrava quasi uno scherzo, con Corrado che diceva «bella, ma chi l’ha scritta?». Cercare e soppesare le parole per meglio interpretare e trasformare in differenti suoni i suoi pensieri, a volte opachi e sussurrati, a volte lucidamente scolpiti, urlati o pianti. E rimanerci male quando capivo che “dentro” certe parole non si ritrovava: una traduzione è la trasposizione di qualcosa che è nato diverso, cambiare idioma sovverte e trasfigura l’originale. Mi sono resa conto di quanto una traduzione sia comunque una copia, un’ombra. Per questo, alla fine del viaggio, rimando il lettore
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empatico e curioso al testo originale mentre a Corrado P. va il mio grazie, per la preziosa opportunità che mi ha regalato.
D. Z.
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Un brindisi alla malattia
Magna mors Come puoi dubitare e invitare la vita lasciando alla porta la morte vieni è splendida là in piedi con quel vestito che nessun’altra potrebbe indossare ti ha scelto e tu indugi
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Ringraziamenti
A Emilia, che ci ha lasciato con discrezione e viene sempre a visitarci Alla vecchia signora che ha un linfoma incipiente Al Generale, che la notte condivideva le sue sigarette A Paolo Valesio, poeta e protettore della poesia A Stefania, che ha attraversato mari e monti A Lucio, mio compagno di avventure A Julie che ha letto il libro per prima A Daniela che ha amato il libro A Deborah, ad Andrea e Rufus sempre vicini al mio letto A Luca che non vuole viaggiare con me ma viaggerà Agli amici vicini sempre più vicini
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Non sono riuscito, dopo tanti anni, a darmi una risposta: se a Rita avesse fatto piacere farmi conoscere un suo “vecchio” amico trasferitosi in Canada con un importante incarico o farmi assaggiare pasta e fagioli, piatto forte di un ristorante in Corso di Porta Ticinese, che già conoscevo… Corrado era in partenza il mattino successivo, io casualmente l’avrei raggiunto qualche giorno più tardi per un’installazione nel Giardino della Scultura di Toronto. Vinse quindi l’intelligente simpatia di Corrado, e la reciproca stima ha cementato la nostra amicizia. Abbiamo con piacere ed entusiasmo realizzato alcune edizioni di libri di artista, firmati e numerati, con le poesie di Corrado accompagnate dalle mie acqueforti. In breve siamo ancora amici e ci lega un grande affetto. Perciò: «Caro amico è così che ci salutiamo con un abbraccio». Sandro Martini
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Caro inimitabile e infaticabile Corrado, i tuoi canti inquieti sono nel mio cuore e nelle mie viscere. Come tu ben sai, «non c’è più il futuro di una volta» ma la vita vive di futuro. Sempre tuo. Alberto Casjraghy Brindisi alla malattia è un saluto ironico a un’afflizione che lo ha portato faccia a faccia con la sua precarietà, un tributo caustico a un avversario che lo ha costretto a un onesto esame della sua esistenza. E se il libro è scritto in gran parte in modo diretto confinando spesso con una certa rigidità, il testo è ricco di poesia saturato da un lirico e sotterraneo dolore. Luciano Iacobelli Poeta, artista ed editore Amico poeta scrittore pittore, viaggiatore infaticabile tra infaticabili specchi, uomo in pienezza di cuore dalla scrittura sorprendente, in continuo movimento, le immagini strizzate di rosso livido. Massimo Arrigoni
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Indice
5 Prefazione di Luca Somigli 13 Nota alla traduzione di Daniela Zanchi
Un brindisi alla malattia
19 Magna mors 20 Mi mancano i mesi d’estate e mi manchi tu 22 Malattia 23 Lasciami dire che questo è un giorno come gli altri… 25 Quanti stanno qui con me questa notte… 26 La storia è semplice 27 Una famiglia sensibile 28 Il valore della proprietà 30 Un brindisi alla malattia 31 Invito a un viaggio 32 Suicidio 34 In tumulto
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Ma la morte non mangia, beve e basta Buon compleanno Lo stato delle cose Tu sei la mia casa A letto A letto 2 Cose da fare Le cose da fare: essere un albero Sì e no Non riesco a trovare un cappello… C’è stato un tempo in cui i medici non volevano… Un brindisi alla malattia Come una balena TransCanada Gravidanza a l’Avana Dal retro alla copertina Ode alla costipazione Ancora una poesia Casa dei morti Io e Rufus L’attesa Che cosa mi è stato dato Chi devo ringraziare… Madri vere A letto 3 L’albergo Un giorno al centro commerciale… Può sembrare facile La gente che cammina è bella e in buona salute…
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Ognuno di noi può morire ma nessuno sa quando… Kensington market oggi è come una Babele risparmiata… Un altro ciclo, Emilia Il cancro e il poeta Riempi i tuoi occhi Ho dimenticato la primavera Cos’è rimasto In questi mesi di malattia… Coraggio Il tuo il suo il vostro cammino… Sono come un film… Io so Poesia di animali e cose Questa notte fino a quando non spunterà l’alba ll tuo ultimo giro… Fuga a NY Natura morta Ci siamo noi due XVIII Lucio, tu e io Ringraziamenti
nella stessa collana
Pier Luigi Canzi, Per ripetuto caso, pp. 68, 2008. Giovanni Gut, Senza mai fermarsi, pp. 76, 2010. Carlo Cantagalli, Riverberi. Quarantaquattro sonetti, pp. 68, 2011. Walter Rossi, erfahrung. 140 caratteri in poesia, pp. 60, 2012. Carlo Villa, Eclisside, pp. 100, 2013. Emma Pretti, Un guaio che non è stato preso in esame, pp. 100, 2014. Walter Tripi, Londra, pp. 48, 2014. Carlo Cantagalli, Riverberi. Improvvisi e strambotti, pp. 76, 2015. Giacomo Soremic, Un lontano paradiso, pp. 52, 2016. Carlo Villa, Retrostrato, pp. 220, 2017. Carlo Cantagalli, Riverberi. Percorsi inversi. (Poesie 20151960), pp. 192, 2018. Raffaele Riela, Cinquanta. Poesie per strada, pp. 132, 2018. Carlo Villa, De te dedica narratur, pp. 256, 2018. Debora Scrofani, Lo sguardo teso, pp. 52, 2018. Massimo Bettetini, Luce di Candoglia, pp. 52, 2020. Alessandro Franci, La fragilità dei pesi, pp. 84, 2020. Simone Fagioli, Inconsapevoli emozioni, pp. 256, 2020. Angelo Scipioni, The End of Everything. Scritture di mari(lyn)ologia, pp. 116, 2021. Simone Fagioli, Canti d’amore, pp. 48, 2022. Corrado Paina, Un brindisi alla malattia, pp. 112, 2022.