Riccardo Paoli Riccardo Paoli è nato a Firenze, città dove vive e lavora. Ha due figli; la moglie è prima lettrice e autore di quei dolorosi tagli che rendono i libri migliori. Collabora con la rivista di letteratura «Progetto Babele». Immagina la scrittura come un pentagramma letterario: una danza di parole lungo un sogno musicale.
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Grano e spade
Nella campagna senese, in una vecchia casa senza televisore né internet, Bri e la sua famiglia passano alcuni giorni di vacanza. Suo padre, per allietare le serate, inizia a raccontare l’episodio della battaglia di Montaperti, rivelando alcuni particolari sconosciuti anche ai libri di storia. Bri ascolterà le avventure di Benuccio, scudiero di Iacopo de’ Pazzi, disposto a tutto pur di combattere, di Tubrino, giovane contadino in cerca di un signore che lo faccia cavaliere e di sua sorella Amalia, in cerca dell’amore vero, e per questo in conflitto con la madre che la vuole vendere a ricchi e attempati cavalieri. Sullo sfondo la guerra con i suoi pericoli, e l’ingegno di questa umile umanità, capace sempre di trovare una via di salvezza anche nelle situazioni più intricate.
Riccardo Paoli
Grano e spade Romanzo
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Filo diretto con l’autore www.riccardopaoli.it info@riccardopaoli.it
© 2011 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it blog www.seflog.net/blog facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account www.twitter.com/sefeditrice isbn 978-88-6032-175-6 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Disegno di copertina Lorenzo Ghignone Copertina a cura di Andrea Tasso
Scrivendo posso vivere innumerevoli vite. Di fronte a un bivio esiste una terza via, che spesso però non vediamo‌
nota dell’autore
Sono stati miei compagni di viaggio lungo questo sentiero, pur senza saperlo, cercatori di parole ben più conosciuti di me: Buonsignori, D’Ancona, Jachomo di Marrano, il Villani con le loro cronache dell’epoca e Carlo Bellugi che con il suo libro La Battaglia di Pievasciata e lo scempio di Montaperti (San Quirico d’Orcia, Editrice Don Chisciotte, 2004) fa di questa battaglia una ricostruzione critica ed accurata. Con loro ho trovato informazioni storiche e leggendarie che sono servite per trasmettere ai lettori, a scopo divulgativo, il contesto storico nel quale è inserito il mio racconto. Li ringrazio. Un ringraziamento particolare a Massimo Gerbi.
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Grano e spade
1. la storia da raccontare
«Cosa sono babbo quei tondi?». «Covoni». «Sarebbero?». «Servono per le uova che hanno perso le galline…». Bri mi guardava dubbioso. Occhi spalancati e ciglia alte. «Sto scherzando. È grano raccolto con le macchine e lasciato all’aria per la maturazione». «Belli i campi così per giocarci. Quei cosi sarebbero un buon nascondiglio». «E non solo per giocare…». «Perché?». «In passato dietro ai covoni si nascondevano per fare l’a…» Marisa mi guardò male. «Per fare?». «La guerra!». «Quella con le spade?». «Anche». «Ma quei tondi…» avevo attirato la sua attenzione. «I covoni?» dissi. «Sì loro, quando non c’erano le macchine come li facevano?». «A mano: gli uomini tagliavano il frumento con la falce, donne e bambini con i forconi lo raccoglievano legandolo poi in mucchietti. Venivano meno precisi, ma era lo stesso». «Stasera mi racconti una storia babbo?». «Volentieri. Se non sbaglio dove andiamo non c’è neanche più una tv funzionante» risposi . «Cosa ci vuoi in questa storia?». «Non so…». 3
«A scuola a che periodo siete arrivati?». «Al Medioevo credo». «Come credo?». «Sì insomma, al Medioevo, intorno al 1200, 1300 mi sembra». «Bene, la storia sarà di quel periodo. Parlerà di due città, la nostra, Firenze, e un’altra che conosci perché c’è nata vicino la nonna, Siena. Poi cosa potremmo metterci Bri?». «Grano e spade» rispose Bri sorridente. «Va bene. Però questa storia ci terrà impegnati per diverse sere. Va bene a tutti?». Andava bene a tutti. La strada girava verso sinistra. Ci lasciammo il campo di covoni alle spalle, Bri continuava a guardarlo dal vetro. «Non girarti che poi ti fa male la macchina» disse Marisa. Ancora un poco e la vista delle mura del paese avrebbe trasformato il parabrezza dell’auto in una cartolina. Pensai alla storia da raccontare. «Con chi giocava la Fiorentina babbo?» chiese Bri. «Mi sembra con il Siena». «Senza tv non possiamo sapere chi ha vinto. Peccato!». «Guarda che verrai a saperlo sicuramente; qui a Montalcino la rivalità tra Firenze e Siena, appartiene alla storia. Vedrai, basterà camminare per il paese e ascoltare la gente in Fiaschetteria per sapere com’è andata».
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2. il cavaliere ghibellino
Nel Medioevo produrre il cibo necessario per la sopravvivenza era lavoro duro e ingrato. Significava alzarsi all’alba, in ogni stagione dell’anno e con qualsiasi tempo, per arare e seminare i campi, tagliare il fieno, raccogliere le messi. Tubrino era giovane, diciamo poco più di un ragazzino per i giorni nostri, ma in quel periodo la vita media dei contadini non superava di molto i trent’anni, per cui era considerato perfettamente in grado di lavorare. Aveva provato la vita dei campi con il padre, ma proprio non era fatta per lui e anche il suo fisico alto e snello lo testimoniava. Appena poteva andava a volteggiare spade di legno dietro casa; ritrovato veniva rispedito immediatamente nei campi. Riprendeva il lavoro, ma controvoglia e con scarsissimi risultati. «Non sarò un contadino come mio padre» si diceva. «Sarò uno scudiero!». In realtà i figli dei contadini avevano ben poche possibilità di diventare scudieri, questo era un privilegio lasciato ai figli dei Signori che apprendevano l’uso delle armi nell’attesa di essere ordinati cavalieri. I tempi però stavano cambiando, e ultimamente alcuni «signorotti» preferivano rivolgere altrove le loro attenzioni; si aprivano così nuove possibilità anche per i meno nobili. Tubrino odiava le fatiche dei campi ed era affascinato dalla spada, ma la grossa spinta a diventare scudiero la vedeva in come sua madre Usilia e sua sorella maggiore Amalia guardavano i cavalieri. Gieppo, suo padre, non era mai stato guardato in quel modo nella sua tunica ruvida, i calzoni pesanti, gli stivaloni e la sacca di cuoio. «Devo diventare uno di loro o almeno aspirare a vivere come loro» si diceva. L’occasione arrivò quando Manente degli Uberti detto Farinata, cacciato 5
indice
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Nota dell’autore
Grano e spade
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1. La storia da raccontare
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2. Il cavaliere ghibellino
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3. Il cavaliere guelfo
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4. Il messaggio
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5. Un ricordo
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6. Benuccio incontra Tubrino
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7. Amalia
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8. L’Amore
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9. Fine del ricordo
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10. Preparativi
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11. Epilogo