Andrea Fagioli
SILVANO
PIOVANELLI Padre, fratello, amico prefazione di
Gualtiero Bassetti
Andrea Fagioli
Silvano Piovanelli Padre, fratello, amico prefazione di
Gualtiero Bassetti
SocietĂ
Editrice Fiorentina
© 2017 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-426-9 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Referenze fotografiche Archivio Renato Burigana copertina Archivio Caritas Firenze p. 54 Archivio Fotografico Fotografia Felici (Roma) p. 82 Archivio Toscana Oggi pp. 18, 24, 30, 33, 41, 51, 52, 59, 63, 66, 74, 77, 85, 88, 94, 102 Anna Zucconi pp. 12, 38, 46, 49, 71, 91, 98 Foto L’Osservatore Romano p. 8 L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte con i quali non sia stato possibile mettersi in contatto
Indice
7 Avvertenza 9 Prefazione di Gualtiero Bassetti 13 Il prete 13 La vocazione 15 Il compagno don Lorenzo Milani 20 Il parroco 23 Il vescovo 23 Da ausiliare a cardinale 28 Il primo Sinodo dopo il Concilio 32 La nascita del settimanale cattolico regionale 36 La radio 39 Un’idea di politica 45 La Facoltà teologica 48 L’ecumenismo e i viaggi 50 La Terra Santa 53 Monaci in città e parrocchie «a conduzione familiare» 55 Natale e Pasqua 61 San Giovanni Battista 65 La visita di Giovanni Paolo II 68 Il «miracolo di Karol» 73 L’emerito 73 Alla presidenza della Fies
76 79 84 86 89 93 96 100
Lo scrittore L’amicizia con Mario Luzi L’incontro con Roberto Benigni Il «Sindaco santo» Gualtiero doppiamente fratello Il saluto a Benedetto XVI Gli ultimi giorni Il ricordo del cardinale Giuseppe Betori
Avvertenza
Queste pagine che state sfogliando, se avrete la bontà di leggerle, vi accorgerete che non sono una biografia di Silvano Piovanelli, né tantomeno un saggio su questa grande figura di prete e di vescovo o un’esegesi dei suoi testi. Le pagine mancano persino di una bibliografia ragionata. In pratica sono frammenti ricavati in gran parte da materiale personale: ricordi, interviste, appunti di conversazioni, ritagli di giornale, soprattutto di «Toscana Oggi», messi da parte negli anni in cui (come tanti altri) ho avuto la fortuna di frequentare e di condividere qualcosa con «il cardinale». Gli scritti che arricchiscono questo libro, e persino lo giustificano, sono la prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti, il ricordo conclusivo del cardinale Giuseppe Betori e la testimonianza di don Luigi Innocenti. A loro va il grazie sentito e affettuoso. Oltre a loro devo ringraziare in amicizia Renato Burigana, per i preziosi suggerimenti, e Anna Zucconi, per parte del materiale iconografico. La speranza è che alla fine, tutti insieme, siamo riusciti a dare un’idea della bella persona che è stata il cardinale Piovanelli, animati dal solo fatto che gli abbiamo voluto bene. A.F.
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La Messa in Santa Marta con Papa Francesco
Prefazione
Nell’accingermi a scrivere queste righe, il pensiero corre veloce più della penna e rievoca, oltre le righe della biografia del cardinale Silvano Piovanelli, tutti i momenti belli vissuti insieme. Tanto ho condiviso con questo «padre, fratello, amico», che percepisco quasi sensibilmente anche i momenti che con lui non posso aver vissuto, per motivi anagrafici. Per esempio quella foto di gruppo che lo ritrae, il 13 luglio 1947, in occasione dell’ordinazione, con il glorioso cardinale Elia Dalla Costa, reduce da trascorsi eroici nell’aiuto prestato ai derelitti della guerra. C’è insieme a loro don Lorenzo Milani, indimenticabile anche nel ritratto che ne fece in seguito lo stesso Piovanelli, il quale ne aveva colto subito la tempra. È pensando a lui che don Silvano più tardi avrebbe detto a proposito dell’amore cristiano: «L’esagerazione è la misura giusta. Noi siamo amati da Dio in modo esagerato e quindi la nostra risposta non può che essere esagerata». Aveva capito, come avrebbe sempre messo in pratica, che «in questo nostro tempo siamo chiamati a passare da un cristianesimo di tradizione a un cristianesimo di convinzione». La fede e la scelta dei poveri si allacciano indissolubilmente, nel giovane don Lorenzo e nel giovanissimo don Silvano, nel difficile periodo postbellico e con il maturare 9
dell’esperienza. Come diceva Piovanelli quando, a Loreto il 3 settembre 1987, parlava di sé in terza persona: «Diventato vescovo, per uno di quegli “scherzi” che Dio ogni tanto ama fare alla sua Chiesa, il vecchio parroco riconosce nella parrocchia l’unica sua scuola». Una comunità di fede che cerca Gesù Cristo: ma anche e soprattutto i tanti che in chiesa non ci vanno. Ed è in quell’amore, nel bisogno di cercare quanti cercano il Vangelo senza saperlo, che soprattutto mi ritrovo anch’io, dopo essere passato a mia volta attraverso l’odore di tante pecore, come ci insegna a dire Papa Francesco. Posso ben comprendere, dopo aver condiviso pastoralmente la vita fiorentina, il ritratto di Piovanelli vescovo che faceva Accattoli: «Un Abramo che diatriba con il Signore per la sua Firenze, della quale è diventato padre dopo esserne stato figlio», intercedendo con energia presso il Padre per il suo piccolo grande gregge. Sottolinea Andrea Fagioli, l’autore di questo bel libro, citando Luciano Martini: «Ha versato olio sulle ferite della Chiesa fiorentina e mai ne ha provocate. Pioniere del lavoro collegiale, ha sempre preferito mandare altri alla ribalta», salvo quando c’era da prendere posizione. Sapeva, come dice lo stesso Martini, «riferirsi alla memoria difficile della Chiesa fiorentina, spesso al centro di aspre controversie: dal Concilio di Firenze e da Savonarola agli anni novecenteschi di monsignor Facibeni, del cardinale Elia Dalla Costa, di monsignor Bartoletti, di Giorgio La Pira, del cardinale Florit, del cardinale Benelli», fino a personalità «scomode» e «dissonanti», ma non per lui. Ecumenismo, comunicazione, politica sono capitoli non ignari a don Silvano e questo libro ne dà conto. Adeguatamente trattata anche la sua vita come emerito e come 10
scrittore. Bello il capitolo sull’amicizia con Mario Luzi, il poeta che con lui si apriva in una confidenza totale, anticipazione di quel nuovo umanesimo che a Firenze avrebbe ritrovato la sua capitale, nel convegno ecclesiale del 2015. Bellissima, su un altro versante, la grande consonanza che con rispetto e ammirazione Piovanelli nutriva – e non poteva essere altrimenti – nei riguardi di Giorgio La Pira. Rileggo infine con emozione la parte dedicata a «Gualtiero doppiamente fratello». E mi commuove ancora, come quando la lessi, la lettera che mi scrisse in occasione dei dieci anni di servizio episcopale in Arezzo-CortonaSansepolcro: tutta la mia vita come mi sembra si sia svolta agli occhi del Signore e come è apparsa gli occhi attenti del caro monsignor Piovanelli, dal mio arrivo «a Firenze dall’Appennino tosco-emiliano» al ritrovarci, lui provicario e poi arcivescovo, io rettore del Seminario e poi vescovo di Massa Marittima-Piombino. «La schiettezza dei rapporti, la comunione fra i presbiteri, l’affrontamento dei problemi pastorali legati all’applicazione delle norme nate dalla revisione del Concordato e la diminuzione numerica dei preti, il decentramento dei vicariati e lo sforzo per un cammino insieme più profondo, il grande evento del Sinodo diocesano…». E dietro queste parole ufficiali e queste storie a tutti note, quanti episodi, quanti ricordi… Cardinale Gualtiero Bassetti Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve
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Il prete
La vocazione Il cardinale Silvano Piovanelli è stato un vescovo molto amato. In tanti, a Firenze e non solo, lo ricordano con affetto. Per molti è stato un padre, un fratello, un amico. Non c’è retorica in queste espressioni condivise anche in ambienti non strettamente ecclesiali. Ne è prova quello che di lui pensava il poeta Mario Luzi quando diceva che Piovanelli era rimasto «un prete vicino al suo popolo anche nella dignità a cui era stato elevato». «Non sono da prendere a esempio come devoto, lo riconosco – ammetteva Luzi –, ma sento fraternamente amico Silvano Piovanelli». Del resto, il cardinale accoglieva tutti con un sorriso. Aveva sempre un consiglio o una parola d’incoraggiamento. Era una sponda sicura, un punto di riferimento. Nella definizione di padre c’è in particolare l’essenza del prete e del vescovo che è stato. La vocazione nel piccolo Silvano scattò proprio nel vedere in un prete la felicità dell’essere cristiani. Lui era un bambino, quel prete era il suo parroco a Ronta del Mugello, il paese in provincia di Firenze dove era nato il 21 febbraio 1924 da una famiglia di umili origini. Aveva undici anni quando un giorno di sole e di gioia, come raccontò ai giovani fiorentini in pellegrinaggio 13
con lui verso Santiago di Compostela, stava camminando lungo la strada provinciale insieme ai suoi compagni e al parroco. Una donna che li vide passare disse: «Guardalo, sembra don Bosco», riferendosi al prete con i ragazzi. In effetti don Bosco era stato santificato poco tempo prima. Quella donna lo avrà visto in una foto su qualche giornale. «Io – raccontava Piovanelli – ho guardato il mio parroco, don Giuseppe. Era contento in mezzo a noi. Ho detto: “Vorrei essere come lui”. Allora sono partito». Entrò in Seminario nel 1935, a nemmeno dodici anni. «Ero piccolino – raccontava – e perciò soltanto dopo potei comprendere fino in fondo quello che lo Spirito allora mi aveva suggerito e dato la forza di fare». In Seminario, Piovanelli ha compiuto gli studi fino all’ordinazione sacerdotale nel 1947. Come primo incarico fu mandato dall’arcivescovo Elia Dalla Costa alla Pieve di Rifredi in qualità di cappellano-coadiutore di don Giulio Facibeni, il fondatore dell’Opera della Divina Provvidenza «Madonnina del Grappa». Vi rimase un anno confrontandosi con la realtà di una periferia industriale che si stava sviluppando intorno a due fabbriche. Nel 1948 fu chiamato a svolgere il compito di vicerettore del Seminario minore di Firenze accanto dapprima al rettore Enrico Bartoletti (che poi sarebbe diventato arcivescovo di Lucca e segretario della Conferenza episcopale italiana) e poi, dal 1958 al 1960, di monsignor Gino Bonanni. Dal 1960 al 1979 è stato parroco di Santa Verdiana e vicario foraneo a Castelfiorentino, estrema periferia della diocesi, in mezzo a un popolo con una lunga tradizione di impegno politico fortemente ideologizzato e anticlericale. Nel 1979 il cardinale Giovanni Benelli lo nominò pro-vicario e successivamente vicario generale. 14
La vocazione al sacerdozio, Piovanelli la intendeva come risposta «al nome con cui Dio ti ha chiamato prima che tu nascessi». Citava Von Balthasar: «Egli ha impresso in ogni uomo la predestinazione dell’amore e gli ha donato per grazia il fine e le forze per raggiungerlo. Così ha collocato ogni uomo nel suo stato, che è il luogo e la forma in cui egli deve tendere al suo destino». «Il mondo, la storia, sono un cantiere immenso, in cui – diceva Piovanelli – ogni uomo ha il suo posto. Ognuno deve farvi la parte per cui Dio lo ha chiamato al mondo. Così ogni vita ottiene un centro eccentrico, non esiste per sé, ha il suo baricentro fuori di sé. Ogni vita. Ma nella vita del prete, del religioso, della religiosa tale finalità è particolarmente evidente ed esigente». Ai sacerdoti e a se stesso non chiedeva altro che «conservare lo stupore del dono». Il compagno don Lorenzo Milani Undici, come una squadra di calcio. Era il 13 luglio 1947. La foto ufficiale li ritrae, subito dopo l’ordinazione, nel corridoio del palazzo arcivescovile di Firenze. Don Lorenzo Milani è il secondo da sinistra nella fila centrale. Don Silvano Piovanelli è il secondo da destra nella fila in alto. Con gli undici sacerdoti novelli, in posa, seduti, il cardinale Elia Dalla Costa, monsignor Enrico Bartoletti e il rettore del seminario monsignor Giulio Lorini. Piovanelli, che era di un anno più giovane di don Milani, ricordava bene l’ingresso in Seminario del suo amico: «Quando nel novembre 1943 arrivò Lorenzo, ci accorgemmo subito che entrava come convertito. La sua tempra era 15