Oliviero Buccianti Nicoletta Cellai
Una guida per conoscere il Pratomagno, quella terra che giace rotonda, come scrisse Venturino Venturi, quel tratto di Appennino che separa il Valdarno Superiore dal Casentino, a poca distanza da due città d’arte come Firenze e Arezzo. Un invito a camminare per i numerosi sentieri che segnano questa montagna alla ricerca delle sue bellezze naturali e dei tanti segni lasciati dall’uomo in tempi lontani e recenti. Itinerari ad anello che suggeriscono di procedere senza fretta per ritrovare quella dimensione più intima e più vera che talvolta sembra perduta, accompagnati dalle riflessioni e dalle descrizioni di alcuni poeti e scrittori del passato che da questa terra sono stati ispirati.
Oliviero Buccianti
Nicoletta Cellai
In Pratomagno
In Pratomagno
14 itinerari trekking tra Valdarno e Casentino
Oliviero Buccianti e Nicoletta Cellai, marito e moglie, sono stati spinti alla loro prima pubblicazione dalla passione per l’escursionismo (entrambi sono iscritti al Club Alpino Italiano), per la storia, l’arte e, soprattutto, per il Pratomagno, la montagna che hanno di fronte a Loro Ciuffenna.
euro 12,00
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Oliviero Buccianti  Nicoletta Cellai
In Pratomagno 14 itinerari trekking tra Valdarno e Casentino
Referenze fotografiche Le cartine riportate all’inizio di ogni itine rario sono state realizzate da Anna Bernar dini, consulente della società Artel. Disegni pp. 54, 62: courtesy Archivio Venturino Venturi. Si ringraziano Giovanni Pestelli, Duccio Baldassini e Nicole Wittum per aver gen tilmente concesso la pubblicazione di al cune fotografie presenti nel loro Viaggiatori e villeggianti. Vallombrosa-Saltino. Sto ria di un luogo turistico dalla nascita agli anni Venti, Firenze, Polistampa, 2003. Tutte le altre immagini pubblicate nel presente volume sono di proprietà di Oli viero Buccianti e Nicoletta Cellai. Referenze letterarie Si ringrazia Banca Etruria per aver gentil mente concesso il diritto di pubblicazione del brano di Edward Hutton riportato a
p. 42 e tratto da: Edward Hutton, Viaggio nel Casentino. Una valle nello specchio della cultura europea e americana 1791-1912, a cura di A. Brilli, Ediprint Service srl, Cit tà di Castello, 1993. I testi di Peter Russell alle pp. 93, 100 so no pubblicati per gentile concessione del l’Associazione culturale Peter Russell (c/o Comune di Pian di Scò, Piazza del Muni cipio, Pian di Scò). I testi di Venturino Venturi alle pp. 54-55, 61-62, sono pubblicati su gentile conces sione dell’Archivio Venturino Venturi. Si ringrazia l’Editrice Clinamen per aver gentilmente concesso il diritto di pubbli cazione del brano di William Wetmore Story riportato a p. 142 e tratto da: Wil liam Wetmore Story, Vallombrosa. Taccuino di viaggio di fine Ottocento, a cura di Si monetta Berbeglia, Firenze, Editrice Cli namen, 2002.
Progetto editoriale Giorgio Torricelli Progetto grafico e impaginazione Grafica Elettronica (Napoli) Finito di stampare nel marzo 2011 da Grafica Elettronica (Napoli) In copertina: Foto di Oliviero Buccianti Nel retro: V. Venturi, Paesaggio, s.d. (courtesy Archivio Venturino Venturi) © 2011 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it blog www.seflog.net/blog facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account www.twitter.com/sefeditrice isbn 978-88-6032-146-6 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata
A Gaia
Un ringraziamento particolare a Ghigo (Federico Franchi) e a Leonardo Burbui che ci hanno accompagnato nelle nostre escur sioni sul Pratomagno. Ringraziamo inoltre la sig.ra Anna Bernardini, che ha dato veste grafica ai nostri itinerari; la sig.ra Lucia Fiaschi, per le immagini delle opere di Venturino Venturi; Giorgio e Vannetto, per aver creduto fin dall’inizio al nostro progetto. Gli Autori
Sommario
Premessa di Mauro Brogi 7 Prefazione di Vannetto Vannini 9
Sui crinali del Pratomagno 11 Itinerario 1: Rocca Ricciarda - Varco della Vetrice -
Croce del Pratomagno - Rocca Ricciarda 15 Parole che camminano… Francesco Petrarca 21 Itinerario 2: La Trappola - Poggio Massarecci -
Cima Bottigliana - La Trappola
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Itinerario 3: Pontenano - Badia S. Trinita -
Varco Anciolina- Pontnano 29 Parole che camminano… Carlo Beni 34 Itinerario 4: Consuma - Poggio Atello -
Montemignaio - Consuma 37 Parole che camminano… Edward Hutton 42
Loro Ciuffenna e le sue frazioni montane 43 Itinerario 5: Faeto - Le casacce - Monte Lori -
Anciolina - Faeto
49 Parole che camminano… Venturino Venturi 54 Itinerario 6: Poggio di Loro - Gorgiti -
Rocca Ricciarda - San Clemente - Poggio di Loro 57 Parole che camminano… Venturino Venturi 61
Castelfranco di Sopra tra storia e geologia 63 Itinerario 7: Piantravigne - Castelfranco di Sopra -
Case S. Antonio - Piantravigne 71 Parole che camminano… Leonardo da Vinci 75 Itinerario 8: Caspri - Odina - Cocollo -
Poggio Montrago - La Lama - Caspri
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Pian di Scò: vecchie strade e grandi dimore 83 Itinerario 9: San Giovenale - Canova - Pian di Scò -
Casabiondo - Bologna - San Giovenale
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Parole che camminano… Peter Russell 93
Itinerario 10: Menzano - Ponticelli - Monte Acuto -
Poggio della Regina - Menzano 95 Parole che camminano… Peter Russell 100
Reggello e il bosco di Sant’Antonio 101 Itinerario 11: Acqua Rossa - Mandro vecchio -
Case S. Antonio - Acqua Rossa
Itinerario 12: Acqua Rossa - Pratopiano - Bartolesse -
Uomo di Sasso - Pratopiano - Acqua Rossa
107 113
Vallombrosa e la sua foresta 119 Itinerario 13: Saltino - Macinaia - Varco Croce
al Cardeto - Secchieta - Vallombrosa - Saltino 127 Parole che camminano… Scipio Slataper 132 Itinerario 14: Vallombrosa - Metato - Croce vecchia -
Secchieta - Vallombrosa 137 Parole che camminano… William Wetmore 142 Bibliografia essenziale 143
Premessa
Questo libro, in forma semplice ma accurata, descrive con effi cacia le nostre montagne e indica i modi migliori per raggiun gerle. Le belle citazioni scelte, insieme alla descrizione dei sentieri per seguono esattamente i principi e gli obbiettivi del Club Alpino Italiano agevolando un approccio consapevole alla montagna con lo spirito di conoscere il territorio e tutelare l’ambiente na turale. Per questi motivi il Consiglio Direttivo della Sezione Valdarno Superiore ha concesso il proprio patrocinio alla pubblicazione.
Mauro Brogi
Presidente del Cai Sezione Valdarno Superiore
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Provincia di Firenze Provincia di Arezzo Massiccio del Pratomagno
Il Pratomagno in Toscana
Prefazione
Dei molti libri di escursionismo che l’editoria italiana sforna ogni anno, resta nel tempo solo qualche traccia. Per lo più sono libri passatempo, taluni anche egregi. Ma pochi sono i libri che fanno… pensare. Il libro in questione appartiene a quest’ultima categoria, e lo stesso titolo che porta è un invito a mettersi gli scarponi e partire alla scoperta della montagna. L’insieme dei capitoli è una proposta concreta per scoprire e per correre non solo lo spazio geografico di tanti itinerari del passa to, ma anche un lungo e articolato percorso attraverso la storia, la realtà e la cultura del Pratomagno. Ancora oggi gli antichi sentieri descritti aggregano ambiti territoriali diversificati dal punto di vista storico e ambientale, tasselli di un paesaggio sto rico, a volte ancora intatto, talvolta pericolosamente segnato dal le trasformazioni più recenti. Con questo libro, il Pratomagno si può ancora scoprire perché tanti e così perfettamente descritti sono gli itinerari con i borghi, le torri, le antiche chiese… Un libro che suggerisce di viaggiare con lentezza, fermandosi spesso ad ascoltare le voci del bosco ma anche ad ammirare i panorami che, salendo di quota, diventano immensi, a gustare il silenzio antico dei vicoli stretti e deserti di borghi montani che conservano intatto il fascino e il gusto della scoperta, facendoci sentire ancora la sensazione bella di essere dei pionieri. Credo fermamente che nessun luogo ci appartiene finché non abbiamo percorso anche l’ultimo sentiero, conosciute bene le tra dizioni dei suoi abitanti e ascoltati i racconti del vento. La diffi coltà di ogni escursione, fatta di passi e di attese, di pensieri e di incontri, sta nel non smettere di chiedere, di cercare, di docu mentarsi con occhi attenti e gambe buone e la curiosità sincera di chi ha voglia di stupirsi, e questa libro ci aiuta in tal senso. La riscoperta di antichi sentieri che tagliano la montagna è anche la
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prefazione
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riscoperta di quella cultura povera di matrice contadina fatta di chiesette, di maestà, di resti di muretti a secco, stradelle e mulat tiere che gli autori hanno percorso, visionato di persona, fotogra fato e che ora offrono tanto sia al turista desideroso di conoscere gli aspetti più nascosti di una montagna sia ai residenti in loco, siano essi camminatori inesperti o escursionisti provetti. Conse guentemente, nell’efficace descrizione di ogni itinerario, emerge la natura un po’ complessa e difficile del Pratomagno, il fascino di un territorio che racchiude in pochi chilometri un paesaggio collinare e uno tipicamente alpestre. Un sentiero è anzitutto un segno dell’uomo tracciato per addomesticare la montagna, per trasformarla in spazio di appartenenza, in “orizzonte di riconosci mento”. I sentieri sono l’espressione di un “tempo della lentezza” in cui la montagna era un mondo vitale, pulsante di attività. Un mondo segnato dalla fatica e dalla miseria ma comunque aperto al confronto con altri mondi proprio con il cordone di collega mento del sentiero e la riscoperta dei reticoli sentieristici della montagna fa parte di quella cultura del “camminare per conosce re” verso cui, questo volume, indirizza gli escursionisti. Escursionismo non significa solo annotare nel proprio carnet una fila di cime, quote, chilometri percorsi, ma anche scoprire a piedi lentamente il mondo della natura e degli uomini in tutte le sue espressioni. La vera e unica filosofia, capace di catalizzare l’interesse di gran parte delle persone, desiderose di stancare oltre alle gambe anche la mente, a furia di curiosità e scoperte del mondo che ci circonda, è semplicemente quel turismo “lento e culturale” che osserva con interesse e attenzione muovendosi con rispetto nei confronti di ciò che la storia ha dato e che la natura continua a offrire. Il libro centra pienamente questo obbiettivo perché è un invito costante a camminare con le gambe e con la testa, alla ricerca di quella crescita fisica e culturale che insegna durante una escur sione a leggere e interpretare le tracce che lungo i sentieri ci par lano della nostra storia e del nostro passato.
Vannetto Vannini
Club Alpino Italiano Sezione Valdarno Superiore
Sui crinali del Pratomagno
Il massiccio del Pratomagno, delimitato dalla grandissima ansa che il fiume Arno forma nella prima parte del suo percorso, è, geograficamente parlando, la parte di Appennino che divide il Valdarno superiore dal Casentino. Una montagna non aspra, la cui vetta più alta è il Monte Pianellaccio che raggiunge quota metri 1593, a pochissima distanza dalla più nota Croce di Prato magno (m. 1591). Le altre cime sono Poggio Masserecci (m. 1548) e il Monte Secchieta (m. 1449), quello che divide la provincia di Firenze da quella di Arezzo. La dorsale montana è pre valentemente costituita da roccia arenaria, chiamata “macigno del Chianti”. So lo nella parte settentrionale e nell’area sud-occidentale è sostituita dal più giovane “macigno del Mugello”. Questa roccia ha costituito da sempre, nel Valdarno superiore, il principale ma teriale da costruzione. Uti lizzata per la fabbricazione delle macine dei frantoi e dei mulini e nella costruzione dei muri a secco dei terrazzamenti collinari e sub-montani, è stata finemente lavorata e scalpellata per abbellire le pievi romaniche e le grandi case signorili. Una montagna ricca di testimonianze storiche e artistiche che ha conosciuto, nel corso dei secoli, fasi di popolamento a cui sono seguite fasi di abbandono. Gli uomini che abitarono queste altu re in età preistorica ed etrusca le lasciarono intorno al II secolo a.C. per spostarsi più in basso quando era Roma che comandava.
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Il Pratomagno nel Medioevo è di nuovo intensamente abitato, a partire dal X secolo, accogliendo nelle sue pendici castelli, villag gi, casali e tante strade che scendevano e salivano le sue dorsali e le sue valli. Un sistema insediativo che andò in crisi nella secon da metà del XIV secolo quando il baricentro economico e poli tico si spostò nuovamente sul fondovalle e in area pedemontana, lasciando così spazio a un paesaggio sempre più naturale con boschi, radure e prati. La montagna, oggi, con i suoi dolci pendii, i suoi estesi prati e i piccoli borghi è il luogo ideale per rilassarsi, per fare escursioni a piedi, in mountain bike e pure a cavallo, percorrendo sentieri immersi nel verde che offrono non solo bellezze naturali e ina spettati panorami, ma anche tante testimonianze materiali del nostro passato più o meno lontano. Mentre vigneti e oliveti dominano sui terrazzamenti costruiti dall’uomo sui fianchi della montagna fino ai circa 450 metri di altitudine, la vegetazione spontanea del Pratomagno è costituita, oggi, nelle quote più basse, prevalentemente da querce, insieme a ornielli, corbezzoli e a una moltitudine di arbusti come gine stre, ginepri, scope, biancospini, prugnoli. Nelle aree un tempo coltivate, dove il suolo è più ricco, è facile incontrare piante co me aceri, olmi, ciliegi, peri e meli selvatici. Salendo di quota la querce lascia gradualmente il posto al casta gno, ancor più sul versante casentinese, in un’area dove non è raro attraversare rimboschimenti di pino nero, di pino silvestre, di douglasia e anche di abete bianco. Attorno ai 900 metri di al
titudine inizia il dominio del faggio, che a ridosso del crinale diventa di bassa statura e di ramificazione sinuosa e contorta a causa del vento. Sulle sommità, infine, la vegetazione d’alto fusto lascia spazio solo a vasti prati: il Pratomagno deve il suo nome proprio a questo. Il crinale montano rappresenta un ambiente di grande valore naturalistico con preziose specie erbacee e floreali. La fauna che vive sulla nostra montagna è molto ricca. Possiamo incontrare diverse specie di animali quali il cinghiale, il capriolo, l’istrice, la volpe, lo scoiattolo bruno e rosso, varie specie di uc celli rapaci e anche la vipera. Senza dimenticare, infine, il ritorno del lupo.
varco alla vetrice
poggio-varco di castelfranco
Croce del Pratomagno
ruderi Castello fonte del pero
Rocca Ricciarda - Strada sbarrata
min. 20
Sbarra - Incrocio Sentiero n. 20
h. 1 min. 40
Sentiero n. 20 - Croce Pratomagno
h. 1 min. 50
Croce Pratomagno - Rocca Ricciarda
h. 1 min. 40
Dislivello Tempo di percorrenza
metri 636 h. 5 min. 30 circa
(escluse le soste)
Itinerario 1 Rocca Ricciarda · Varco della Vetrice · Croce del Pratomagno · Rocca Ricciarda
Il primo itinerario sale fino alla cima più alta del Pratomagno, il Monte Pianellaccio (m. 1593), e quindi alla grande croce di ferro simbolo della nostra montagna, inaugurata nell’estate del 1928. Si tratta di un percorso di media difficoltà con delle salite erte ma brevi e delle discese da affrontare con prudenza. Il tragitto è abbastanza lungo, perché si raggiunge la Croce del Pratomagno percorrendo un largo giro, ma è assai gratificante perché ricco di vedute di vasto respiro, di boschi silenziosi e di splendidi prati fioriti. Il punto di partenza è il suggestivo paese di Rocca Ricciarda (m. 957), di certo uno dei luoghi più belli e particolari che le pendici del Pratomagno offrono all’escursionista. Parcheggiata l’auto, si
Rocca Ricciarda
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sui crinali del pratomagno
ridiscende a piedi, per una ventina di minuti, la strada asfaltata che abbiamo fatto per arrivare al paese e poi cominciamo a salire imboccando sulla destra un’ampia stradella sbarrata, in mezzo a un bellissimo castagneto. Alla fine della salita, aggirato il poggio il Cerigiolo e passato sulla sinistra un laghetto antincendio, ci aspetta una terrazza (m. 1036) con una splendida vista su Rocca Ricciarda e la valle del Ciuffenna. Il nostro cammino continua salendo più dolcemente tra abeti e tanti faggi fino a incontrare la linea del metanodotto algerino, una nuova sbarra di ferro e infine il sentiero CAI 20 (m. 1253) che, proveniente da Pulicciano, segue la linea di un crinale late rale del Pratomagno. Il panorama, a quel punto, si apre e si allar ga sotto di noi su tutto il Valdarno e oltre i monti del Chianti. Ricominciamo a salire, con l’aiuto della segnaletica bianca e ros sa, e accompagnati da bellissimi faggi valichiamo il poggio di
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Varco della Vetrice
Massa Ladronaia (m. 1406), dove c’imbattiamo in un enorme masso di arenaria a forma di fungo. Siamo su di un poggio sug gestivo e panoramico, che secondo le leggende popolari era fre quentato da briganti, da ladroni per l’appunto, che usavano de rubare i viandanti in transito per la via Abaversa. Questa antica strada, proveniente da Rassina, dal Casentino, passava dall’abba zia di Santa Trinita prima di valicare il Pratomagno e giungeva quindi nel Valdarno scendendo per Pulicciano. Con tratti in salita, alternati ad altri quasi in piano, si continua a camminare, superando di seguito i poggi di Donna morta e di Uomo morto (m. 1456), fino ad arrivare a una staccionata, supe rata la quale siamo, finalmente, sulla cresta del Pratomagno, e quindi sul sentiero CAI 00, in corrispondenza del varco della Vetrice (m. 1451), riconoscibile anch’esso per la presenza di un altro grosso macigno di arenaria. Aggirato il poggio di Castelfranco (m. 1516), arriviamo al varco omonimo, dove incroceremo la strada Panoramica del Pratoma gno che, per mezzo di una breve galleria, collega il Valdarno con il Casentino. Una strada, in gran parte sterrata, molto frequen tata in estate, che corre sotto il crinale e che incontriamo spesso scendendo e risalendo la montagna. Oltrepassato un cancello di legno e passati sopra il tunnel si ricomincia ancora a salire. Se siamo affaticati, le magnifiche vedute che si aprono sia sulla de stra sia sulla nostra sinistra ci possono aiutare a non sentire la stanchezza. Alla fine della salita, nei pressi di un ripetitore, è visibile il cippo che ricorda la tragica fine del pilota australiano Herbert Hinkler che, il 7 gennaio 1933, partito da Londra per Atene, dopo aver Tra maggio e giugno nei prati del crinale del Pratomagno, e proprio nei dintorni della croce, fioriscono le genziane di Koch, fiori bellissimi di colore blu e dalla forma a campana, screziati all’interno di verde. Non superano i dieci centimetri di altezza, in pratica non hanno il gambo. Le loro radici sono utilizzate per la preparazione di liquori e amari.