L'ultimo Umberto Saba: poesie e prose

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STUDI TESTI&

7 L’ULTIMO UMBERTO SABA: POESIE E PROSE a cura di JACOPO GALAVOTTI ANTONIO GIRARDI ARNALDO SOLDANI



studi e testi collana diretta da Simone Magherini, Anna Nozzoli, Gino Tellini

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La collana «Studi e Testi» intende promuovere e diffondere, in campo nazionale e internazionale, studi e ricerche sulla civiltà letteraria italiana, nonché edizioni critiche e commentate di testi della nostra letteratura, dalle origini alla contemporaneità. La qualità scientifica delle pubblicazioni della collana «Studi e Testi» è garantita da un processo di revisione tra pari (peer review) e dal Comitato scientifico internazionale. La collana «Studi e Testi» prevede pubblicazioni in formato cartaceo e digitale con un modello di diffusione a pagamento o ad accesso aperto (open access).

comitato scientifico internazionale Andrea Dini (Montclair University), Marc Föcking (Università di Amburgo), Gianfranca Lavezzi (Università di Pavia), Paul Geyer (Università di Bonn), Elizabeth Leake (Columbia University), Alessandro Polcri (Fordham University), Pasquale Sabbatino (Università di Napoli “Federico II”), William Spaggiari (Università di Milano), Gino Ruozzi (Università di Bologna), Michael Schwarze (Università di Costanza).


L’ultimo Umberto Saba: poesie e prose a cura di Jacopo Galavotti, Antonio Girardi, Arnaldo Soldani

SocietĂ

Editrice Fiorentina


Pubblicato con il contributo del Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Verona

© 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-487-0 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata


Indice

vii arnaldo soldani Prefazione l’ultimo umberto saba: poesie e prose 3 antonio girardi Lo stile dell’ultimo Saba 15 jacopo galavotti Saba tra Orfeo e Pery: l’«ultimo bellissimo verso» di Ceneri 25 gianfranca lavezzi Oltre Mediterranee: una conclusione provvisoria? 43 enrico tatasciore L’ornitologo pietoso. Per una lettura di Uccelli e di Quasi un racconto 71 federica massia La poesia di Saba in lingua inglese: analisi comparata di alcune traduzioni di Ulisse 87 thomas mazzucco «Di mio ci ho messo lo stile». La forma delle scorciatoie 103 veronica albi L’epistolario di Umberto Saba come officina di Scorciatoie


115 ilaria cavallin Citare per commentare. Autocitazione e citazione in Storia e Cronistoria del Canzoniere 139 stefano carrai Ernesto o il ritorno del rimosso

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Indice dei nomi


Arnaldo Soldani

prefazione

Umberto Saba moriva il 25 agosto 1957, ed è nel ricordo di quella data che sessant’anni dopo, nel 2017, tra il 5 e il 6 dicembre, l’Università di Verona ha organizzato un seminario dedicato a questa figura centrale della tradizione poetica del Novecento. Gli ideatori dell’evento sono stati due studiosi di generazioni diverse, accomunati da una passione senza riserve per il poeta triestino: un maestro di riferimento per questo settore, Antonio Girardi, e un giovane che in quel periodo era ancora un dottorando, Jacopo Galavotti. E non a caso l’incontro tra generazioni è stata una delle due direttrici che li ha guidati nella scelta dei relatori, costruendo così un programma dove si sono alternati sabisti di lungo corso quali Gianfranca Lavezzi e Stefano Carrai, oltre allo stesso Girardi, e studiosi tanto giovani quanto esperti, nei metodi di analisi e nell’oggetto di studio, che citerò nell’ordine in cui hanno parlato a Verona, insieme allo stesso Galavotti: Ilaria Cavallin, Federica Massia, Enrico Tatasciore, Thomas Mazzucco, Cristina Cappelletti, Veronica Albi. L’altra direttrice che ha guidato gli organizzatori è coincisa con la scelta di ritagliare nella vastissima attività letteraria di Saba il segmento forse meno noto, comunque il meno battuto dall’indagine critica, ossia quello della produzione, in verso e in prosa, risalente agli ultimi vent’anni di vita del poeta: un poeta ormai lontano dal Saba entrato nel canone scolastico e nella vulgata critica, colpevolmente limitati a Trieste e una donna e ai suoi immediati dintorni. Invece, come si leggeva nel programma, il seminario si è focalizzato sullo «studio delle ultime raccolte poetiche – da Parole sino alle Sei poesie della vecchiaia – che compongono il Volume terzo (1933-1954) del Canzoniere. Si tratta di testi che appartengono agli anni successivi alla cura psicoanalitica, dove, pur nel costante ritorno dei motivi ossessivamente ricorrenti nella sua opera, il dettato poetico si rinnova, caratterizzandosi per una maggiore brevità, rarefazione, concisione, quello che il Saba critico di se stesso ha definito “illimpidimento della forma”». È stato inoltre preso in considerazione «il prolifico autore di opere in prosa, quasi tutte pubblicate o composte negli stessi anni: l’aforista di Scorciatoie e raccontini, il narratore di Ricordi-Racconti ed Ernesto, l’autobiografo-autocritico di Storia e Cronistoria del Canzoniere».


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Arnaldo Soldani

Ora gli esiti di quelle giornate arrivano a questo volume, in cui le relazioni si sono depositate dopo i consueti lavori di messa a fuoco e di decantazione, facendo tesoro delle discussioni, sempre vivaci e appassionate, che hanno accompagnato la loro esposizione orale. Adesso dunque è possibile vedere riuniti gli interventi e, se non trarre delle conclusioni, che lasciamo volentieri ai lettori, almeno tracciare alcune linee, che a mio avviso dipendono meno dalla casualità delle circostanze che dalle nuove prospettive degli studi sabiani. Fin dalla prima occhiata all’indice, ad esempio, emerge con chiarezza il ruolo centrale che oggi si riconosce al Saba prosatore, cui è dedicata la seconda metà dei saggi del volume, e con esso affiora l’interna articolazione di quella prosa, la sua complessità “di genere”, specie a fronte della sostanziale unitarietà di fondo dell’esperienza poetica, che transita da tante fasi diverse, profondamente individuate – lo sappiamo – ma insieme mantiene una sua intima coerenza di svolgimento, una progressione garantita dal discorso del soggetto, con la sua attitudine introspettiva così peculiare, con la sua voce inconfondibile e con le sue costanti stilistiche, com’è plasticamente suggerito dal suo comporsi nella “storia” tracciata dal Canzoniere. In prosa, invece, le esperienze di scrittura si differenziano per impostazione discorsiva basilare, per “genere” appunto, o per forma semiologica, sicché viene da chiedersi se non sia questo, primariamente, il campo cui Saba affidava la propria vena sperimentale, un campo libero dalle interferenze anche della sua stessa storia di poeta. E a riprova si leggano, in questo libro, gli interventi sulle Scorciatoie (Mazzucco), sull’epistolario (Albi, ma ancora nella prospettiva delle Scorciatoie), sulla Storia e Cronistoria del Canzoniere (Cavallin), su Ernesto (Carrai), dove per l’analisi critica e la ricostruzione storiografica la prospettiva di genere sembra prevalere su quella cronologica, dello sviluppo interno, che è invece inevitabile per ogni discorso sull’opera in versi. Che poi comunque, anche nella prosa, la presenza dell’io resti così evidente, e con essa il timbro della scrittura, tanto da farne un unicum nelle vicende della prosa novecentesca, si impone come un altro dato incontrovertibile, che entra in dialettica con l’articolazione dei generi e che fa serie con la natura vischiosa della personalità di Saba, con l’azione pervasiva della sua psiche sull’esperienza del reale, prima ancora che sull’attività letteraria. La prima parte del volume è invece dedicata alla poesia, e tocca in successione le raccolte principali dell’ultimo Saba: Parole (Galavotti), Mediterranee (Massia), Epigrafe (Lavezzi), Uccelli e Quasi un racconto (Tatasciore). Ma non è questo il punto qualificante. Conta di più che in questa sezione si intreccino focalizzazioni e metodi diversi. Si va dunque dal grande affresco complessivo che Girardi dedica, niente meno, a Lo stile dell’ultimo Saba, fino ad affondi microstrutturali su singole poesie: Galavotti su Ceneri, Massia su Ulisse. E per i metodi, si va appunto dall’analisi stilistica, più o meno larga, più o meno dettagliata, di Girardi e Galavotti, ai raffinati strumenti della variantistica impiegati da Lavezzi, fino all’indagine problematica delle fonti condotta da Tatasciore e alle aperture di Massia verso le letterature anglosassoni, attraverso il campo finora quasi inesplorato delle traduzioni da Saba. Ecco, mi pare che una simile pluralità di approcci sia un sintomo


prefazione

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che ci parla, ancora, dell’oggetto: ovvero della vitalità inesauribile di Saba, della sua singolarità quasi proverbiale di classico tanto incontestabile quanto irriducibile a ogni schematismo. Quasi che l’inattualità che, storicamente, ha reso difficile riconoscere la reale statura del poeta continui a manifestarsi ora nella complessità plurisprospettica che la sua opera esige dall’indagine critica. Giunti al termine del lavoro, organizzativo e scientifico, che ha portato prima al seminario poi a questo volume, è giusto ringraziare quanti, a vario titolo, hanno contribuito a realizzare il progetto. Anzitutto gli istituti dell’Università di Verona che lo hanno patrocinato e finanziato: il Dipartimento di Culture e civiltà, con il direttore Gian Paolo Romagnani; il Dottorato in Filologia, letteratura e scienze dello spettacolo, con la coordinatrice Raffaella Bertazzoli; la Scuola di dottorato in Scienze umanistiche. Ma più che a ogni altro, il merito dei risultati spetta ai due ideatori, i sabisti veronesi che ho ricordato all’inizio e nel cui nome mi piace chiudere questa breve nota: Antonio Girardi e Jacopo Galavotti. Verona, 26 aprile 2019



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