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patriziasanti
UNGARETTIANA
frammenti, periferici
SocietĂ
Editrice Fiorentina
ungarettiana 4
collana di poesia, traduzioni e saggi diretta da Paolo Valesio e Alessandro Polcri
«Ungarettiana» si interessa a un’esperienza di poesia che sappia fare convivere un forte senso della situazione italiana con una significativa apertura internazionale. Nel repertorio della collana rientrano libri monolingui in italiano, libri bifronti (tradotti in italiano) e saggi. Siamo convinti che la poesia sia in prima istanza ricerca di linguaggio e linguaggio della ricerca. Ma quello che noi in ultima analisi cerchiamo non è, come spesso accade di trovare nella lirica contemporanea, un eccesso di esistenza al ribasso, spesso ridotta a catalogo di fatti insignificanti narrati con una lingua scolorita; è, semmai, una nuova e accresciuta quantità di vita e di pensiero. Lo stile sarà la forma di quella quantità e sarà a volte semplice, a volte – perché no? – complesso e seletto. Ma saranno i poeti che sceglieremo a condurci là dove ancora non sappiamo di voler andare.
Patrizia Santi
Frammenti, periferici prefazione di
Alberto Bertoni
SocietĂ
Editrice Fiorentina
La presente raccolta di poesie ha vinto il Secondo Premio internazionale di poesia “Piero Alinari” 2011, organizzato dalla Fondazione Vittorio e Piero Alinari (www.fondazionealinari.it)
© 2013 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn 978-88-6032-245-6 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Copertina a cura di Studio Grafico Norfini - Firenze In copertina Renzo Vespignani, Periferia con Gasometro, 1946, Roma, Museo della Scuola Romana (© Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina, U.O. Ville e Parchi storici, Museo della Scuola Romana, per gentile concessione)
A Francesco e Umberto eternamente
In queste mura non ci si sta che di passaggio. Qui la meta è partire. Giuseppe Ungaretti, Lucca
prefazione
In questo bel libro di Patrizia Santi, c’è un io in movimento che descrive un paesaggio in movimento, e così – come acutamente sosteneva Calvino – ogni elemento del paesaggio si carica di una sua temporalità. Si comincia con un fatto, un avvenimento, qualcosa che, pur presentandosi con tutte le caratteristiche della normalità, diventa per noi straordinario per la sua intensità e per gli effetti spiazzanti che produce sulla nostra vita: «La Cadillac dell’83 promise, ma non mantenne, / l’esito di un viaggio quieto». Qui, se siamo abbastanza curiosi, se abbiamo abbastanza energia o se siamo abbastanza disperati – senza essere depressi però, perché l’energia è il motore di tutto – qui si può trovare l’estremità minuscola di un filo che spunta da un muro, dalla terra, dall’orizzonte, da una corsa, da una foglia, da una poesia di Ferlinghetti o di T.S. Eliot, dal fumo di una sigaretta, da un American dream. Qui noi decidiamo se ignorare quel filo o cominciare, con cautela, a tirarlo per vedere cosa succede: e quello che succede è uno sguardo periferico, fatto di frammenti, che alla fine si ricompongono nello specchio sensibile di una serie di esistenze sospese, incompiute, interrotte, eppure sempre on the road, a caccia di un degno finale o di un piano di trascendenza, fossero pure quelli della morte... A ragione, questa inesausta ricerca – che trova equilibrio nell’esattissima e talora ammaliante prosodia di un
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verso lungo, narrativo, calibrato alla perfezione e in sé intimamente necessario – la si può considerare una cifra di autoconsapevolezza del libro, perché a Patrizia Santi riesce qui alla perfezione l’impresa più difficile: vale a dire, la scelta immediata, quasi istintiva, dell’intonazione giusta, del timbro narrativo che le consente di collocare il suo io alla stessa altezza del lettore: «Torno alla periferia, il centro non mi si addice. / La luna mi è valida consigliera, rompe l’assetto / intricato di meridiani e paralleli e non esprime / giudizi nella parabola del Buon Samaritano, / permettendomi di vivere da ogni parte». Il tempo proprio della poesia di Patrizia è un presente assoluto (appena screziato da certi passati prossimi molto emiliani) che – nella necessità del verso – raccoglie e mette in movimento la sincronia delle epoche e delle situazioni, dei sentimenti e degli eventi, del corporeo e dell’immateriale. E il cronotopo che vi domina è quello di una strada dell’anima, nella quale si raccolgono e si mescolano gli ingredienti di una vita auscultata nelle sue sedimentazioni minime: improvvisi sussulti, particelle di racconto, emozioni alla ricerca di una qualche durata, flashes memoriali di straordinaria efficacia evocativa, bagliori dell’inconscio, ricostruibili per via sintattica attraverso una linearità solo all’apparenza referenziale, ma in verità spesso sospesa sul filo dell’assurdo, con qualche effetto di sospensione straniata d’ogni nesso logico e la traccia viva di un memento mori di stirpe barocca: «Gli insetti sopraggiunti non hanno il midollo. / Lasceranno le ossa senza gridare. / Necrosi, nell’ordine, affidano spazio al silenzio, / che corrompe le cose». Questi elementi primi, in ogni caso, non restano immobili, ma si sovrappongono, s’intrecciano, si trasformano secondo un’esatta grammatica di metafore vive e soprattutto di memorie attive. Infatti, la memoria di un
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poeta è tutto: la memoria che il poeta riceve, la memoria che il poeta trasmette. E questo “tutto”, naturalmente, non corrisponde a un’unità mistica, ma equivale piuttosto a un’integrità fisica e formale, storica e dinamica, dialogica e percettiva: «Per attenuare, mi era parso utile radere al suolo, / gli abitati della memoria, ma si è trattato di un vano / paradosso». Allo stesso modo funziona l’immaginazione, che è il vero alter ego della memoria. E l’immaginazione che un testo poetico di qualità (come questo di Patrizia Santi) produce, riesce a dar luogo a effetti dirompenti di alchimia e di entropia, comunque nuovi e non immediatamente definibili, per quanto riguarda le loro conseguenze emotive e conoscitive. Non è solo un fatto di gusto in fieri, come scaturisce dal soggetto lirico e narrante, ma è a pieno diritto un’esperienza esistenziale destinata a consolidarsi dentro l’interiorità sensibile che l’ha compiuta: a trasformarsi essa stessa in memoria, lasciando trapelare un vero e proprio prontuario del passaggio o della metamorfosi dalla percezione individuale e quotidiana al riconoscimento di una metafisica dell’esistere. Certo, l’esistere poetico di Patrizia Santi non ha nulla di diaristico né tantomeno di confessionale, dilatandosi piuttosto a una sorta di misura antropologica profonda, poiché riesce a intrecciare – con finezza e coraggio – pathos amoroso e dimensione onirica, afflato religioso ed estetica del dolore, pulsione al viaggio e struggimento di un cuore messo a nudo: «L’acidità di questi steli decomposti si fa sentire senza / apparenza elaborata. / L’erica ricoperta di neve radioattiva, occupa l’ultimo / bordo del pozzo. // Lo zero porta la mia partenza da un’altra parte». Alberto Bertoni
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premesse
Devo riempire il vuoto tra lo splendore adolescente e la lucentezza matura S. Plath, Diari
Nei pressi Temporalesco, il cielo, stamani. L’accattonaggio dello scheletro del pneumatico, si manifesta con suoni acuti. Sarà un giorno volto alla bancarotta, non ho briciole nemmeno per un solo passero. Attorno, la tragedia mostra l’esca. La Cadillac dell’83 promise, ma non mantenne, l’esito di un viaggio quieto. Non avrei dovuto fidarmi di quel rettilineo, di quelle ammalianti primavere cariche di luce.
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Indice 9 Prefazione di Alberto Bertoni
Premesse 15 Nei pressi 16 Duplicato 17 Inespresso 18 Anteriore
Scali 21 Mancando il Beginoff 22 Suburbs 23 L’alloggio comune 24 Le tele
Comparse 27 Intentato 29 Anne 30 Stallo 31 Crollo
Arterie interrotte
35 Mutabile 36 Dimostrazione 37 A mezz’asta 38 La disposizione 39 Il termine 40 Condotta 41 La nomina vuota
Viatici 45 Onirico 46 Fugace 47 Fase 48 Groppi 49 Senza precetto
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Nota bio-bibliografica
ungarettiana 1. Emma Pretti, I giorni chiamati nemici, pp. 84, 2010 2. Vera Lucia de Oliveira, La carne quando è sola, pp. 72, 2011 3. Leopoldo María Panero, Ianus Pravo, Senz’arma che dia carne all’«imperium», pp. 92, 2011 4. Patrizia Santi, Frammenti, periferici, pp. 56, 2013