Writers Between Worlds / Scrittori fra più mondi

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UNGARETTIANA

writers betweenworlds scrittori frapiùmondi Atti del Simposio Internazionale, Bologna a cura di Paolo Valesio, Flavia Manservigi, Marcello Neri

Società

Editrice Fiorentina



ungarettiana 19

collana di poesia, traduzioni e saggi diretta da Paolo Valesio e Alessandro Polcri

«Ungarettiana» si interessa a un’esperienza di poesia che sappia fare convivere un forte senso della situazione italiana con una significativa apertura internazionale. Nel repertorio della collana rientrano libri monolingui in italiano, libri bifronti (tradotti in italiano) e saggi. Siamo convinti che la poesia sia in prima istanza ricerca di linguaggio e linguaggio della ricerca. Ma quello che noi in ultima analisi cerchiamo non è, come spesso accade di trovare nella lirica contemporanea, un eccesso di esistenza al ribasso, spesso ridotta a catalogo di fatti insignificanti narrati con una lingua scolorita; è, semmai, una nuova e accresciuta quantità di vita e di pensiero. Lo stile sarà la forma di quella quantità e sarà a volte semplice, a volte – perché no? – complesso e seletto. Ma saranno i poeti che sceglieremo a condurci là dove ancora non sappiamo di voler andare.



Writers Between Worlds / Scrittori fra più mondi Atti del Simposio Internazionale Bologna, 24 novembre 2017 a cura di

Paolo Valesio, Flavia Manservigi, Marcello Neri

Società

Editrice Fiorentina


© 2021 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn 978-88-6032-598-3 ebook isbn 978-88-6032-599-0 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte con i quali non sia stato possibile mettersi in contatto In copertina Anonimo, Veduta di Piazza del Nettuno, Olio su tela, inizio XVIII sec., Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna


We dedicate the Acts of this International Symposium to Mr. Thiraphong Chansiri and his family. Mr. Chansiri has generously supported the publication of this volume. Dedichiamo gli Atti di questo Simposio Internazionale al Signor Thiraphong Chansiri e alla sua famiglia. Il Signor Chansiri ha generosamente patrocinato la pubblicazione di questo volume.



paolo valesio

A proposito del centro studi sara valesio (CSSV)

Due parole sulla natura e la storia del Centro Studi Sara Valesio (CSSV). L’attività culturale del CSSV, la cui residenza e centro operativo è la città di Bologna, ha avuto ufficialmente inizio nell’ottobre 2014, con un Simposio internazionale intitolato Writers Between Two Worlds / Scrittori fra due mondi presso la Montclair University, nello stato nordamericano del New Jersey. Questo inizio per così dire decentrato non è in contraddizione con la “logica” del CSSV. Il Centro, infatti, coerentemente alla vocazione filosofica e plurilingue della giovane donna di cui esso porta il nome, è nato come centro di studio, ricerca, confronto e discussione fra la cultura italiana e quella statunitense – attraverso opere storiche letterarie filosofiche (compreso il fondo librario e archivistico della Biblioteca di Studi Comparati che è in corso di catalogazione e inventariazione presso il Centro). Inoltre, fin dall’inizio l’interesse del CSSV non era puramente intellettuale, ma antropologico ed esistenziale in senso lato: esso cioè si rivolgeva e si rivolge soprattutto alle esperienze concrete di persone che si muovono o si sono mosse fra mondi diversi sotto il profilo geografico, culturale, psicologico. La sostanza di questa attività e impegno resta valida, ma nel frattempo ha avuto luogo un significativo sviluppo, simboleggiato dal nuovo titolo del secondo Simposio tenutosi a Bologna il 24 novembre 2017: Writers Between Worlds / Scrittori fra più mondi. Infatti era nel frattempo risultato chiaro che il CSSV non stava limitando la sua attenzione all’Italia e agli USA, ma la estendeva anche a vari Pa-


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esi europei. Mentre dunque le relazioni presentate al Simposio del 2014 (e pubblicate come Atti congressuali in un numero speciale della rivista «Studi italiani», xxvii, 2, luglio-dicembre 2015) si occupavano quasi esclusivamente dei rapporti fra la cultura italiana e quella statunitense, le relazioni del Simposio 2017 riguardano pressoché interamente Paesi europei (e auspichiamo che in futuro la nostra attenzione si allarghi anche a culture extra-europee). Non è questo il luogo per presentare un dettagliato elenco di tutte le attività culturali che il CSSV ha organizzato nella sua ancora giovane storia (poco più che triennale, come abbiamo visto); basti dire che la lista risulterebbe piuttosto lunga. Il CSSV è, come accennato, un nucleo culturale di raccolta libraria e archivistica, che comprende attualmente più di 35.000 volumi e un vasto archivio cartaceo; e il nostro patrimonio si sta ampliando in seguito a varie offerte di donazioni (libri e carte) di studiosi e scrittori. Al di là di questa documentazione, il Centro si pone come luogo di confronto, di ricerca, di formazione al pensiero critico, di discussione e di performance. In particolare, la formazione al pensiero critico è anche un modo di educare noi stessi e gli altri alla libertà d’espressione – libertà che è celebrata “a parole” da tutti (tante parole, sulla libertà di parola…), ma è veramente praticata soltanto da pochi, in mezzo a numerosi ostacoli e anche a rischi. Il CSSV si pone come un luogo di studium – dove il termine studium recupera alcuni dei suoi significati originari nel latino classico: “predilezione, passione, devozione”. Il nostro Centro dunque mira a combinare la cultura accademica con quella militante, e con il mondo della performance artistica. In quest’ultimo senso, una delle maggiori attività del CSSV sono le letture poetiche, con le quali insistiamo sulla poesia come presa e come trasmissione di parola, concentrandoci inoltre sul processo di traduzione. Ma non per questo il Centro trascura le questioni filosofiche, storiche e metodologiche – con vari colloqui e tavole rotonde dedicati non soltanto alla poesia ma anche alla narrativa, dove ci interroghiamo sui modi futuri della sopravvivenza della poesia e del teatro, del romanzo e del racconto, in quanto forme produttive di conoscenza. Ma i nostri colloqui si rivolgono anche ad altre manife-


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stazioni della cultura e della realtà, con speciale attenzione ai rapporti fra la letteratura e: la traduzione, la psicologia, la storia delle idee, la filosofia, con le connesse questioni di estetica, etica, teologia e storia religiosa. In questi anni ci è apparso sempre più chiaro come i confini fra scrittura letteraria e riflessione critico-filosofica siano divenuti, analogamente ai citati confini fra cultura accademica e cultura militante, molto porosi. Si tratta in fondo di uno stesso fluire di discorso: è il flusso del pensiero che si articola di volta in volta in forme diverse. C’è, insomma, un pensiero-scrittura che si definisce come “funzionale”: è il pensiero delle scienze esatte, della tecnologia, delle scienze mediche ed economiche ecc. – tutte forme evidentemente indispensabili. Ma esiste accanto a ciò il pensiero-scrittura che abbiamo descritto sopra, e che si potrebbe definire “non-funzionale” se questo termine non desse luogo a equivoci; si potrebbe allora designarlo come pensiero disinteressato o (adottando un termine di Roland Barthes) come pensiero “intransitivo”. E quest’ultima è l’area di attività del CSSV. Nei tre anni intercorsi fra il primo e il secondo dei nostri Simposi sono accaduti, al di là della piccola storia del nostro Centro, fenomeni ben più grandi; e un’osservazione come questa sarebbe un’ovvietà, se non fosse che uno di questi fenomeni ha cambiato il quadro di riferimento generale dei nostri studi sugli “scrittori fra più mondi”. Mi riferisco naturalmente alla tragedia contemporanea delle migrazioni, soprattutto nell’area mediterranea – una tragedia che fra l’altro ha scavato drammaticamente dentro il senso stesso della parola “migrazione”. D’ora in poi dunque tutte le nostre analisi – qualunque sia il loro soggetto specifico – avranno luogo sullo sfondo di una vasta consapevolezza di quello che – prendendo a prestito il titolo di un libro scritto negli anni Cinquanta dall’economista e teorico Paul Sweezy – potremmo chiamare “il presente come storia”. Vorrei indicare a questo proposito che, anche prima dei recenti sconvolgimenti, avevamo cominciato a riflettere sul fatto che termini come “cosmopolitismo” ed “espatrio”, azioni come “superare i confini” e simili, avessero perso qualcosa del loro smalto, e in particolare non potessero più essere semplicemente inscritte in una sorta di trionfalismo della trasgressione. In tutte queste esperienze, in-


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fatti, vi sono elementi positivi ed elementi negativi – “luci e ombre” come si diceva una volta. Si tratta insomma di scelte (nella misura in cui sono veramente tali) che possono maturare – o anche far soffrire – una persona; e, come accade il più delle volte, i due aspetti coesistono all’interno di una stessa esistenza. Di conseguenza l’approccio del CSSV a questi fenomeni è descrittivo ovvero fenomenologico, evitando le valorizzazioni affrettate che possono portare a contrapposizioni ideologiche. A proposito, per esempio, dello sfondo europeo di questo Simposio: noi pensiamo alla dialettica fra un’entità astrattamente singolare, “Europa”, e un complesso più o meno ben definito di concrete entità diverse, “le Europe”; indipendentemente da ogni concezione ideologico-politica di “Europa” ed “Europe”. Il nostro è un dialogo spirituale, non un progetto politico. Un’ultima osservazione. Nelle conversazioni preliminari nell’ambito del CSSV che preparavano questo evento, si era in un primo tempo pensato di aggiungere – a differenza di quello che era accaduto nel Simposio a Montclair University – una tematizzazione specifica sotto forma di sottotitolo (in aggiunta appunto al titolo simbolicamente bilingue: “Writers Between Worlds / Scrittori fra più mondi”). Ma si è poi deciso di lasciare soltanto questo titolo generale – il quale non è generico, bensì rappresenta un modo di aprirsi alla più vasta gamma possibile di analisi e di esperienze; in completa (ripeto) libertà di espressione, e senza parametri o paraocchi ideologici. Il Simposio del 24 novembre ha confermato questa vastità di temi e approcci, così come la libertà della discussione. Di notevole interesse in questo senso è apparso uno dei fili conduttori del convegno, cioè la riflessione sulla pratica della traduzione, che ha dato vita a un dialogo indiretto e non pianificato fra: l’intervista di Graziella Sidoli a Martina Della Casa, Todd Portnowitz e Paolo Valesio, i pensieri di Jean Robaey e le osservazioni finali di Marcello Neri. In particolare, sono emersi dal Simposio alcuni elementi che corrispondono alla fisionomia caratteristica del CSSV così come essa è stata rapidamente abbozzata: mi riferisco soprattutto all’alternanza di ricerca e performance, all’apertura verso contesti extra-europei (letteratura statunitense e brasiliana), e al citato “presente come storia”.


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Questi “Atti” (raccolti in volume nella collana di poesia e saggistica «Ungarettiana», prodotta dalla «Italian Poetry Review – IPR») consentono al lettore di farsi un’idea chiara del nostro incontro in tutta la sua ricchezza di prospettive.



Marcello Neri

CONCLUSIONI. Vivere/scrivere tra-mondi

Il Centro Studi Sara Valesio nasce all’incrocio di due tratti apparentemente distinti tra loro1: da un lato, l’esperienza di un vissuto (umano, letterario, accademico) e, dall’altro, il desiderio di coltivare un patrimonio (volumi, scambi epistolari, manoscritti, rapporti e così via) che ha la sua genesi nella trama complessa di quella esperienza. L’esperienza di ogni vissuto ha una sua singolarità, un tratto biografico si potrebbe dire, che la rende incomparabile nel senso che si tratta proprio di questo vissuto-qui e non di un altro. Non una separazione elettiva, ma la traccia singolare che il vivere comunemente umano lascia in ciascuno di noi. Proprio questa incomparabilità è ciò che rende possibile una familiarità condivisa, aprendo lo spazio per una reciproca riconoscibilità e riconoscenza tra molti; che, per ragioni che possono essere disparate e non omogenee tra di loro, sentono che quell’esperienza dice qualcosa del loro personalissimo e incomparabile vissuto – non solo, soprattutto sentono che tale esperienza è capace di rivolgersi a questo vissuto, raccogliendolo e ospitandolo come se fosse a casa propria. In questo senso, il Centro Studi Sara Valesio è, fin dal suo nasce1   Lo sguardo qui gettato sul Centro Studi Sara Valesio è del tutto personale, si tratta – appunto – di una lettura fatta a partire dalla prospettiva di un vissuto che ha avuto la possibilità e l’onore di accompagnarne alcuni tratti nella sua fase di progetto, prima, e di attuazione, poi. Non ha quindi nessun rilievo né formale né ufficiale, e non intende in alcun modo avere un qualsiasi carattere vincolante per le attività e la progettualità del Centro stesso.


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re e, prima ancora, nel percorso che ha portato alla sua fondazione, una figura dell’ospitalità: luogo del linguaggio, non solo quello verbale, costruito da parole ospitanti e da parole ospitate – mai le une senza le altre. Paradossale appoggio particolare per l’universalità sempre singolare del linguaggio, in cui non solo possono essere trovate parole estranee per dire del proprio vissuto, ma che si configura anche come una concentrazione del linguaggio stesso che autorizza alla parola ogni forma dell’estraneità. In questa dinamica, l’estraneo e l’estraneità non vengono omologati, ridotti alla misura di una comparabilità, ma fanno esperienza di forme di avvicinamento, contatto, commistione, meticciamento, che possono ridurre la distanza, intesa come separazione, generando appunto una familiarità condivisa in cui la figura della differenza è onorata come la sua stessa ragion d’essere. Credo che anche tutto il materiale documentario del Centro, quello che sta andando a formare un archivio che vuole essere costantemente aperto, possa essere compreso sotto questa luce. Un archivio che si va componendo come luogo in cui può abitare l’estraniamento della diacronia del tempo, della intermittenza dei rapporti, della molteplicità dei generi e degli stili che lo vanno a comporre. Si apre qui lo spazio, ma anche la necessità, per pensare cosa sia un archivio; meglio, chi è un archivio perché credo sia possibile immaginarlo come un “soggetto-luogo”, in cui si incontrano/scontrano una molteplicità di “soggetti-vissuti”. Insomma, archivio non come grande cimitero di informazioni in attesa di esumazione, ma come circolazione e interazione del deposito “letterario” di una varietà di esperienze generate dalla transumanza tra mondi linguistici, culturali, spirituali. Questa variegata transumanza tra-mondi non giace semplicemente nell’archivio, ma lo genera di giorno in giorno; ne rappresenta, quindi, la forza che lo costituisce in quanto tale. Generato da questa forza, che in esso si raccoglie, l’archivio diventa a sua volta generativo, dando alla luce non tanto un resoconto di quello che lì si accumula, quanto piuttosto accendendo percorsi di “scrittura” viva che si immettono e intercettano l’esperienza comunemente umana del quotidiano vivere. In questo senso, immaginare l’archivio rappresenta uno snodo centrale per delineare la posizione e le attività del Centro sia nella città di Bologna, sia in quella rete di relazioni linguistiche e letterarie che travalicano le mura della città.


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Tra i due simposi Qualche annotazione merita di essere spesa per una riflessione che attraversa lo stile che ha caratterizzato ciascuno dei due Simposi internazionali finora organizzati dal Centro (Montclair State University, New Jersey USA, nel 2013 e Palazzo Pepoli, Bologna, nel 2017). Il primo Simposio, quello svoltosi a Montclair, ha avuto un taglio prevalentemente seminariale, concentrandosi quasi in toto sulla circolazione letteraria tra Italia e Stati Uniti. In tal modo si è raccolta la fase germinale del percorso che ha portato alla fondazione del Centro, perché la sua concezione è nata prevalentemente sull’asse di un gioco di sponda tra i due lati dell’Atlantico – sebbene fosse già, fin dagli inizi, abitata da allargamenti che oltrepassavano la geografia di questo dittico immaginario. Quello di Bologna, oltre ad avere assunto, fino a un certo punto (ma su questo tornerò in seguito), il modello più classico del convegno, si è maggiormente concentrato sugli spazi letterari europei, intesi in senso ampio e capaci di includere generi e medialità diverse (dal cinema alla radio, dal romanzo, alla poesia, al racconto), ed è uscito dal monolinguismo (italiano) che aveva paradossalmente contrassegnato il simposio statunitense. Uno degli aspetti lasciati alla elaborazione ulteriore del Centro dal Simposio di Bologna è stata la messa in scena di una stratificazione e molteplicità che attraversano la figura dell’Europa (e non solo delle sue concezioni). Personalmente considererei questo fatto anche come motore per un progetto politico che sembra essersi arenato nell’amministrazione burocratica e nell’esercizio giuridico di un legame fra i molti. Legame che non riesce a essere più generativo e si limita alla gestione di un sistema sempre più complesso e tendenzialmente opaco. La ricchezza delle molte lingue, la loro diversa sonorità, storie di popoli che in esse si accostano drammaticamente e si distanziano come se fosse l’unica possibilità di preservazione, una sorprendente capacità di un corpo letterario estremamente variegato di tematizzare, con modulazioni singolari, questioni che sono comuni al vissuto di tutto il continente europeo, sono solo alcuni degli aspetti emersi che potrebbero rappresentare una forza per uscire dallo stallo in cui è caduto il progetto politico europeo. Ma rappresentano anche la scrittura di un legame, sottile e fragile, che scorre nella complessità storica dell’Europa stessa.


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Come articolare la marcata diversità dei due Simposi? In primo luogo, considerandola come qualcosa di fecondo, anche in vista dei prossimi Simposi. Ciascuno si caratterizza per le condizioni locali in cui si svolge, trovando nel Centro una disponibilità a farsi carico di queste differenziazioni senza voler imporre un modello unitario. Quella che a prima vista potrebbe sembrare una dispersione è in realtà un’opportunità più che feconda: il Simposio raccoglie una storia, sempre plurale, ancorata nella concretezza del luogo in cui si svolge. Nella sua breve durata, vive di vite e dà loro spazio. Mostrando, così, che questa ospitalità in situ non rappresenta affatto una minaccia per la qualità, anche scientifica, del suo svolgimento. In secondo luogo, invita a mantenere un respiro ampio, che non si focalizza esclusivamente su un’unica topica geografica del vivere/ scrivere tra-mondi. Il simposio bolognese ha mostrato una linea che sarebbe interessante riprendere, quando ce ne sarà l’opportunità, anche sull’altra sponda dell’Atlantico. Si potrebbe così gettare uno sguardo profondo sull’estrema varietà e molteplicità, non solo letteraria, che attraversa e scuote il corpo della nazione statunitense. Certo, si tratta di un’evidenza (basterebbe passeggiare per le vie di New York, passare una giornata in una piccola città del Midwest, o noleggiare una macchina ad Atlanta e guidare su strade secondarie fino a New Orleans per rendersene conto), che è però continuamente occultata da una mitologia uniformante e omologatrice. Mitologia che ha lasciato una scia di dimenticati ai margini della società americana; mondi che vivono quasi invisibili all’interno di una grande narrazione che, nella migliore delle ipotesi, è una favola che ci si racconta (tra alcuni) e, nella peggiore, un’ideologia civile. Ma questi mondi, marginali e talvolta impercettibili, si scrivono e lasciano tracce che travalicano la loro ghettizzazione politicamente corretta. C’è tutta una corrente letteraria, scritta e orale, musicale e artistica, in cui scorrono i vissuti di questi mondi separati, disgiunti, e le loro pratiche marginalizzate all’interno del grande racconto della nazione, che sarebbe intrigante convocare all’interno di un simposio del Centro. Quello appena svolto a Bologna ha organizzato una forma mentis e una libertà di spirito che potrebbero funzionare da chiave ispiratrice sull’altra sponda dell’Atlantico. In questo senso, direi che la diversità, oserei dire quasi l’incongruenza, tra i due Simposi fin qui svolti è tutt’altro che un problema; anzi, si


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tratta di una forza ideativa che non dovrebbe spegnersi con il loro svolgimento. I due Simposi devono essere, quindi, letti trasversalmente l’uno rispetto all’altro, non devono essere dimenticati dalla memoria del Centro, e non possono considerarsi conclusi con la pubblicazione degli atti. Pensare in questo modo vorrebbe dire privarsi di una forza che si inscrive nel cuore del progetto e dell’idealità singolare del Centro. Bologna, novembre 2017 Ho detto che solo in parte il Simposio di Bologna ha avuto la forma classica del convegno. Diciamo che il segno più evidente di questo profilo è stata la disposizione dello spazio in cui esso si è svolto: un tavolo per i relatori rialzato su una pedana e delle sedie disposte davanti a esso per il pubblico (presente, per tutta la giornata, in una misura che credo si possa sinceramente dire inaspettata). Eppure, già a questo livello, possiamo trovare un elemento di rottura con la forma-convegno a cui siamo abituati. L’inserimento del Simposio in un luogo di transito variegato, che viveva della sua vita quotidiana, il Museo della Storia della Città a Palazzo Pepoli appunto, dice del desiderio di una non separatezza del progetto del Centro dai mondi impercettibili che attraversano i territori dell’umano. Ignoti, casualmente tangenziali, chiassosi, curiosi…scrivere/vivere tra-mondi vuol dire anche essere disponibili a immergersi in tutto questo. Già questa semplice collocazione del Simposio bolognese dice della commistione come una delle armoniche intorno a cui si articola e organizza il Centro nelle sue varie attività. Confini che diventano labili, nella loro rigidità epistemologica e nell’indifferenza che sembra essere il tratto più marcato della socialità contemporanea occidentale. Diventano labili nella loro funzione di demarcatori identitari, che giustificano e organizzano un regime di separatezza (dei discorsi, dei vissuti, dei destini) rassicurante, ma che lascia tutti più soli ed esposti alle potenze che vogliono dominare su qualsiasi aspirazione dell’umano degna di questo nome. In quest’ottica, il Simposio ha cercato di dare forma a un ordine altro del discorso, facendo uscire dalla comodità dei codici a cui


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ci siamo assuefatti e attraverso i quali pensiamo di poter leggere l’intero dell’esperienza umana e delle forme letterarie. Un ordine del discorso trasversale che, nella sua obliquità, ha portato a contatto competenze specifiche diverse tra loro, producendo così un sano effetto di superamento della loro abituale piegatura autoreferenziale. Creando così una porosità dei generi epistemologici, raccolti nello spazio comune e condiviso dello svolgimento del Simposio stesso. Competenze diverse tra loro si sono trovate invischiate l’una nelle altre, senza poter stabilire un primato gerarchico rispetto ai vari mondi letterari che sono circolati al suo interno. Sotto questo punto di vista, il Simposio bolognese non è stato solo una conferma del meticciamento metodologico che ispira l’idealità del Centro, ma ha anche reso evidente la necessità di affinare con maggiore consapevolezza riflessa uno dei suoi asserti di fondo – ossia, che non esiste una gerarchia delle “scritture”, come delle competenze e delle forme di approccio a esse. E non esiste neanche una “scrittura” che nasce, come d’incanto, nello splendido isolamento di una generazione dal nulla. Le molteplici forme di testualità, verbale e non, si dipanano sulla tessitura di rimandi reciproci impercettibili, di una circolazione del linguaggio che non può essere ricondotta a un’origine univoca e determinabile. Per come si sta organizzando nel presente quell’accademia dei saperi che è l’Università, una certa alterità e distanza del Centro rispetto a essa non rappresenta un problema da risolvere, ma un’opportunità da coltivare con passione e convinzione. Perché oggi, rispetto ai vari mondi testuali e letterari, nell’Università non sembra esserci spazio che per la tecnica, perdendo così di vista l’arte della lettura, dell’ascolto, della percezione di un radicamento nei mondi effettivi del vivere umano. Si dimentica così che il letterario è parola/linguaggio ancorato nell’effettività dei giorni, anche quando si tratta di pura finzione o invenzione – perché la sua “lettura” comunque a essa si destina e lì viene messa alla prova. È nei mondi ordinari del vivere che le molteplici forme di testualità mostrano la loro qualità generativa, quella di autorizzare una parola altra, nuova, inedita, che raccoglie e dice di un’esperienza effettiva dell’umano che si muove fra mondi eterogenei e spesso in contrasto fra di loro. Ridotta a tecnica del sapere la letteratura non ospita più nulla, neanche il proprio “racconto”. Perde la sua vo-


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ce come universo semantico percepibile che dà parola, gratuitamente, alle molte trasmigrazioni di cui è fatta la vita. Questa restituzione della “voce” è stato uno dei perni intorno a cui si è mosso il Simposio bolognese del Centro. Penso qui alle letture poetiche plurilingui che ne hanno scandito le varie sessioni. L’idea di fondo mi sembra essere quella della restituzione di dignità di sapere al linguaggio non meta-riflessivo, uscendo così dal dominio (tecnico) della parola-su, operazionale e troppo spesso fine unicamente a sé stessa, per accedere alla ricchezza esistenziale, incerta e variegata, della parola che si dice a voce alta – e niente più di questo. Questo ingresso della performatività nelle trame della forma-convegno ha avuto la forza di rompere gerarchie stabilite, di indebolire un ordinamento scontato, ma potente, del diritto di parola e del diritto sulla parola. Messa in scena, la parola assume comunque un carattere sovversivo, non dominabile e non riconducibile a un ordinamento univoco. Ed è in questo medesimo senso che si dovrebbe comprendere l’atto, delicatissimo e instabile, della traduzione da una lingua all’altra, da un mondo all’altro. Tradurre è, in primo luogo, un atto performativo e non una tecnica linguistica; richiede l’ingresso in un mondo che non ci appartiene e non ci apparterrà mai come proprietà, per quanto possa essere fine la nostra conoscenza e competenza della lingua estranea. La traduzione è un gioco sempre in bilico che realizza effetti di estraniamento permanente, che implicano la rinuncia alla sicurezza e saldezza di una “casa” in cui trovare, comunque, un qualche rifugio e sicurezza. Questo proprio nel momento in cui tradurre significa abitare realmente un mondo non nostro fra molti altri mondi. Dire, ascoltare, mettere in scena parole, restituendo il linguaggio alla sua permanente genesi interstiziale, fra-mondi appunto, senza ridurre il tutto a evento commerciabile, ma con il desiderio di sostare nella forza della loro sonorità e del loro silenzio, è stata la trama di fondo del Simposio che ha permesso allo stesso linguaggio meta-riflessivo di potersi spingere oltre i limiti abituali del proprio discorso. Se si riesce a uscire dall’ebrezza della sorprendente riuscita di questo Simposio bolognese, ossia se si ha la libertà di non immaginarlo come modello da ripetere, come norma che gerarchizza le attività a venire del Centro, allora si apre la possibilità per poter


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pensare i prossimi Simposi come un evento, qualcosa che accade nella sua puntualità generando procedure linguistiche e letterarie inedite – che non sarebbero possibili senza l’ordinamento configurato dal secondo Simposio Scrittori fra più mondi che il Centro ha messo in scena in un autunno bolognese. Andare oltre L’intrigo del Simposio del 2017 ha dettato, quasi da sé, il proseguimento degli appuntamenti biennali del Centro – sfociato in quello del dicembre 2019 tenutosi presso l’Europa-Universität di Flensburg (Germania), che si è confrontato seminarialmente su un incrocio di figure ispirate dal titolo generale «Crossing Boundaries». Si trattava di mettere direttamente a tema quella trasversalità implicita che caratterizza le attività del Centro fin dalla sua nascita. Il tra-mondi non è solo una collocazione spaziale e magari biografica, ma anche condizione generativa di un sapere che può essere declinato solo al plurale-intrecciato. Approfittando dello stile marcatamente interdisciplinare coltivato da anni dal Dipartimento di teologia cattolica dell’Università, e intercettando l’anima profonda di una città attraversata da un pluralismo linguistico, non senza conflittualità e fraintendimenti (in tutta la risonanza che Paolo Valesio ha dato a questo termine), come quella di Flensburg, il Simposio del 2019 ha voluto spingere in avanti il sondaggio dell’intersezione delle discipline e degli approcci, raccogliendo la provocazione dello «sconfinamento» che ognuna di esse deve mettere in opera per non rimanere incantata nello specchio auto-referenziale delle proprie competenze. Spingendosi oltre la propria frontiera, ogni contributo presentato e discusso durante il Simposio di Flensburg ha scoperto (nel doppio senso di mettere a nudo e di trovare) l’ampiezza della circolazione del «proprio» oltre ogni possibile delimitazione epistemologica e disciplinare. Sconfinare, dunque, vuol dire sostanzialmente spossessamento, oltrepassamento della proprietà e del privato che caratterizzano anche quell’ambito così radicalmente pubblico che è (o dovrebbe essere) l’Università europea.


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Volutamente il Simposio di Flensburg è tornato alla forma più intima e amicale del seminario. Questo non solo per fare del confronto sui vari contributi il vero fulcro del convegno, ma anche per favorire la partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse dell’Università. La scelta di affidare a giovani dottorandi e dottorande la moderazione di ciascuna sessione del Simposio è stata intesa anche come introduzione a un ampliamento generazionale delle attività del Centro, che non può e non vuole rimanere rinchiuso nel suo essere frutto dei fermenti che hanno caratterizzato il XX secolo. Certo, il cambio generazionale, non solo come persone ma anche e soprattutto come stile di approccio alle questioni culturali e politiche più urgenti dell’Europa contemporanea, rimane da fare e chiederà il suo tempo per riflettersi nell’organizzazione del Centro stesso. Ma la strada è stata intrapresa, se ne è percepita sia la possibilità sia la fecondità. Non sarà cosa facile, perché oggi l’accademia universitaria educa le giovani generazioni di ricercatori e ricercatrici più al management lucrativo che al pensiero appassionato. Ma sono i giovani stessi che, oramai, iniziano a ribellarsi a questa riduzione economicista dell’Università e dei percorsi accademici. L’istanza che essi muovono è squisitamente politica, nel senso più alto e ampio del termine. Raccoglierla rientra nella tradizione stessa del Centro, nel suo voler essere anche militante e politicamente scorretto. Riuscire a declinarla culturalmente, nell’asfissia della società italiana di oggi, potrebbe rappresentare la sfida mediante la quale il Centro si troverebbe a transitare oltre sé stesso, mettendo in atto uno sconfinamento che lo fa ritrovare esattamente là dove esso desidererebbe essere.



note biobibliografiche

Matthias Bauer, 1962, Professor für Neuere deutsche Literaturwissenschaft an der Europa-Universität Flensburg; Arbeitsschwerpunkte: Literaturgeschichte des 18. und 19. Jahrhunderts, Film- und Medienkunde. Wichtige Publikationen: Schwerkraft und Leichtsinn. Kreative Zeichenhandlungen im intermediären Feld von Wissenschaft und Literatur. 2005. Romantheorie und Erzählforschung. Eine Einführung 2005. (zusammen mit Christoph Ernst) Diagrammatik. Einführung in ein kulturund medienwissenschaftliches Forschungsfeld 2010. (zusammen mit Fabienne Liptay) Historien- und Kostümfilm. 2011. Michelangelo Antonioni. Bild – Projektion – Wirklichkeit. 2015. Tania Collani è professore presso l’Université de Haute-Alsace. Specialista delle avanguardie (Le Merveilleux dans la prose surréaliste européenne, Hermann, 2010 e Sogno e letteratura. Poetiche dell’onirismo moderno nei testi e nei manifesti del primo Novecento, FrancoAngeli, 2016). Si occupa di analisi e teoria della ricezione e traduzione in ambito letterario e di letteratura della Svizzera italiana – ha pubblicato nel 2017, insieme a Martina Della Casa, il volume di letture e antologia Attraversare le parole. La poesia nella Svizzera italiana: dialoghi e letture (Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2017).


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Martina Della Casa è Maître de conférences all’Université de Haute-Alsace (Mulhouse, Francia). È autrice di: Expériences du sacré et dé-figurations du Christ. Lectures croisées: de Bataille à Artaud, Beckett et Pasolini (Paris, Orizons, 2020). Dal 2015 co-organizza, con Tania Collani, un ciclo di giornate di studio e di lettura dedicate alla poesia contemporanea in Svizzera, ciclo che ha dato luogo alla pubblicazione del volume Attraversare le parole. La poesia nella Svizzera italiana: dialoghi e letture (Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2017). Nel 2014 ha diretto un progetto di traduzione collaborativa in francese de La mezzanotte di Spoleto di Paolo Valesio. Michel Delville enseigne la littérature anglaise et la littérature comparée à l’Université de Liège, où il dirige le Centre Interdisciplinaire de Poétique Appliquée. Parmi ses publications les plus récentes, on peut citer Food, Poetics and Aesthetics of Consumption: Eating the Avant-Garde (Routledge, 2008), Crossroads Poetics: Text, Image, Music, Film, & Beyond (Litteraria Pragensia, 2013), Radiohead: OK Computer (Densité, 2015), Undoing Art (Quodlibet, 2016; avec Mary Ann Caws) et The Political Aesthetics of Hunger and Disgust (Routledge, 2017). Giuseppe Episcopo si è formato all’Università di Napoli Federico II. È Associate Lecture presso la University of St. Andrews. È stato Visiting Scholar alla Columbia University e Teaching Fellow di lingua e letteratura italiana alla University of Edinburgh fino al 2016. Ha tradotto in italiano i volumi di Fredric Jameson Brecht e il metodo (2008), Raymond Chandler. L’indagine della totalità (di prossima pubblicazione), e curato il volume Metahistorical Narratives & Scientific Metafictions. A Critical Insight into the Twentieth-Century Poetics (2015). Ha pubblicato la monografia L’eredità della fine. Gravity’s Rainbow di Thomas Pynchon e Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (2016). È nella redazione di «Italian Poetry Review - IPR» e di «The Edinburgh Journal of Gadda Studies».


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Seit 2000 ist Elin Fredsted Professor für dänische Sprache an der Europa-Universität Flensburg, Deutschland. 1996 erhielt sie ihren PhD für eine Abhandlung im Bereich der interkulturellen Linguistik mit dem Schwerpunkt auf deutsch-dänische Begegnungen im Dienstleistungsbereich. Ihre Forschung umfasst Biund Multilingualismus, Sprachkontakt, Sprachenvielfalt, Sprachvariation, Spracherwerb und dänische Phonologie. Sie ist Mitbegründerin und war erste Direktorin des Zentrums für kleine und regionale Sprachen an der Europa-Universität Flensburg (KURS). 2017 erhielt sie den Forschungspreis der Europa-Universität Flensburg für eine Publikation über Sprachkontakt. Ann Lauinger’s two books of poetry are Persuasions of Fall (University of Utah Press, 2004) and Against Butterflies (Little Red Tree Publishing, 2013). Her poems have appeared in publications from Alimentum to Zone 3, including Angle, The Cumberland River Review, The Georgia Review, Hotel Amerika, Measure, Parnassus, The Same, Smartish Pace, and The Southern Poetry Review. She has translated poetry of Vergil and Ronsard. Her work is anthologized in The Bedford Introduction to Literature, Poetry Daily Essentials 2007, Decomposition, In a Fine Frenzy: Poets Respond to Shakespeare, A Slant of Light, and Short Flights. She is emerita professor of literature at Sarah Lawrence College and member of the Slapering Hol Press Advisory Committee. Flavia Manservigi ha conseguito il Dottorato di ricerca in Culture Letterarie, Filologiche e Storiche presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Dal 2015 lavora al Museo della Città di Bologna, dove è coordinatrice del Centro Studi Sara Valesio, del Festival della Scienza Medica e del Centro Studi sul Rinascimento. È il delegato per l’Italia Settentrionale del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone di Torino, e insegna storia della Sindone nell’ambito del Diploma di specializzazione in studi sindonici in lingua inglese presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Nel 2020 ha pubblicato i contributi 1008. In loco Figline, in Il Medioevo. Il tempo della Chiesa e


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dei cavalieri (secoli X-XIII), a cura di P. Pirillo; Storia di Figline Valdarno 1, Figline e Incisa Valdarno, Edizioni Feeria, 2020 (pp. 69-74) e Claudia Atte: una liberta-imprenditrice alla corte di Nerone, in «Zetesis», xl, 1, 2020, pp. 56-70. Filippo Naitana is Associate Professor of Modern Languages and Director of the Italian Program at Quinnipiac University. His scholarly interests include Dante and the classical tradition, the Renaissance in a Mediterranean context, and Americanism in 20th century Italy. His research has been published in journals such as «Archivio storico italiano», «Dante Studies», «Quaderni medievali», and «Italian Poetry Review - IPR». His poetry and literary translations have recently appeared in «The Massachusetts Review», «Journal of Italian Translation», «La Repubblica», «Levania», and «nuoviargomenti.net». Marcello Neri è professore di Etica e Deontologia Professionale presso l’Istituto Superiore di Scienze dell’Educazione G. Toniolo di Modena e membro esterno del Centro Dipartimentale Diritto e Pluralismo del Dipartimento di Legge dell’Università Milano-Bicocca. È co-curatore (con Markus Pohlmeyer) della serie di pubblicazioni «Flensburger Studien zur Literatur und Theologie» (Amburgo, Igel Editore). È inoltre co-curatore della serie di pubblicazioni «Per Conoscenza» (Bologna, EDB). Collabora con la rivista «Il Mulino» ed è redattore del blog «Settimananews». È membro del Consiglio Direttivo del Centro Studi Sara Valesio. Il suo libro più recente è: Fuori di sé, La Chiesa nello spazio pubblico (Bologna, EDB, 2020). Markus Pohlmeyer unterrichtet an der Europa-Universität Flensburg kathol. Theologie und im MA-Studiengang KulturSprache-Medien. Seine Doktorarbeit beschäftigt sich mit Geschichten-Hermeneutik, seine Lizentiatsarbeit mit J. G. Herder. Staatsexamina in Latein, Deutsch, Philosophie und kathol. Religion. Er ist Mitglied des Centro Studi Sara Valesio und gibt


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zusammen mit M. Neri die Reihe “Flensburger Studien zu Literatur und Theologie” heraus. Eines seiner lyrischen Werke wurde von dem Komponisten A. Tarkmann vertont und letztes Jahr mit Chor und Orchester uraufgeführt. Todd Portnowitz è il traduttore di: Midnight in Spoleto di Paolo Valesio (Fomite, 2018), Go Tell It to the Emperor. The Selected Poems of Pierluigi Cappello (Spuyten Duyvil, 2019), e Long Live Latin di Nicola Gardini (Farrar, Straus and Giroux, 2019). Per le sue traduzioni dall’italiano ha vinto il premio Raiziss/de Palchi della Academy of American Poets. Le sue poesie sono apparse su «Poetarum Silva», «Nuovi argomenti», «Atelier» e «Italian Poetry Review - IPR». È un co-fondatore del sito Formavera e della serie di letture per scrittori-traduttori “Us&Them” a Brooklyn. È Assistant Editor per la Casa Editrice Alfred A. Knopf di New York. Jean Robaey, laureato in Lettere Classiche a Bologna, ha insegnato lingua e letteratura francese a Potenza e Ferrara. Ha scritto saggi su vari autori, tra cui Racine, Foscolo, Mallarmé, Verhaeren, Pound, Sereni. Ha pubblicato libri di prosa e di poesia (tra cui L’epica, Corpo 10, 1990; Presentazione del Duomo di Modena, Book Editore, 2002; L’epica. Le sette giornate e l’epica. Le sette notti, Bohumil, 2007 e 2009). Ha tradotto dal sanscrito (Vyâsa), francese (Jaccottet) e nederlandese (Vondel, Huygens, Van de Woestijne, Leopold, Cami); l’ultima traduzione è del 2016: Karel van de Woestijne, Interludi, Medusa. Mauro Roversi Monaco ha pubblicato due libri di poesie: Bolle di Bosch nel giugno 2011, per Book Editore, nella collana «Fuoricasa»; Mauritania nel luglio 2016, per Società Editrice Fiorentina, nella collana di poesia e saggistica «Ungarettiana» (secondo classificato al Premio Alinari del 2014). Con Valeria Roncuzzi ha pubblicato nel dicembre 2010, per Minerva Edizioni, Bologna. Parole e immagini attraverso i secoli; e nel luglio 2011, sempre per


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Minerva, Bologna s’è desta! Itinerario risorgimentale in città. Fa parte del Comitato Scientifico del Centro Studi Sara Valesio. Traduttrice, editrice, critica e autrice, Graziella Sidoli è stata docente di lingue e lettere prima negli atenei di New York e poi in licei preparatori all’Università. Ha creato e diretto la rivista «Polytext» per 15 anni, in cui ha presentato poeti italiani contemporanei in traduzione inglese. Nel 2014 si è trasferita a Bologna, dove si dedica alla scrittura giornalistica, alla saggistica e alla poesia. Il Servo Rosso/The Red Servant (puntoacapo, 2016) è una antologia poetica (1979-2002) di Paolo Valesio, da lei ideata, curata e co-tradotta in inglese con Michael Palma. Nel 2018 la Sidoli pubblica Saggiminimi (Fara Editore), opera in prosa. Fa parte della redazione di: «Italian Poetry Review – IPR» e «Le Voci della Luna», rivista trimestrale a Bologna. È membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Sara Valesio. Nel 2018 ha curato e tradotto in inglese, con Todd Portnowitz, Ero Maddalena / I Was Magdalene, poesie di Cinzia Demi (Gradiva Publications). Paolo Valesio è Giuseppe Ungaretti Professor Emeritus in Italian Literature dell’Università di Columbia a New York. Dal 2013 è presidente del Centro Studi Sara Valesio - CSSV a Bologna. Ha fondato e diretto la rivista «Yale Italian Poetry – YIP» (19972005), che dal 2006 a Columbia è divenuta, sempre sotto la sua direzione, «Italian Poetry Review - IPR». Dirige la collana di teatro «Persona» per puntoacapo Editrice. Collabora al quotidiano online «ilSussidiario.net» e tiene un blog di critica e letteratura (www.paolovalesio.wordpress.com). Ha scritto saggi e libri di critica, curato e co-curato testi letterari. È autore di tre romanzi, di una raccolta di racconti, di una novella e di un poema drammatico in nove scene. In particolare, Paolo Valesio ha pubblicato 21 raccolte di poesie; fra le ultime pubblicazioni: Esploratrici solitarie (Raffaelli Editore, 2018) e Le minuit de Spolète / La mezzanotte di Spoleto (Orizons, 2019).


writers between worlds scrittori fra più mondi Bologna, Palazzo Pepoli (via Castiglione, 8) 24 novembre 2017

La serie dei simposi internazionali organizzati dal Centro Studi Sara Valesio – CSSV in collaborazione con varie altre istituzioni culturali, e aperta tre anni or sono presso la Montclair State University nel New Jersey (USA) col titolo Scrittori tra due mondi / Writers Between Two Worlds, continua adesso a Bologna sotto il nome Scrittori fra più mondi / Writers Between Worlds. La differenza tra i due titoli rappresenta una modulazione (pur nella sostanziale continuità) della ricerca del CSSV. Se nel contesto statunitense il dialogo che raccoglieva i vari relatori e relatrici si riferiva prevalentemente ai rapporti fra esperienze italiane ed esperienze nordamericane, in questa sessione del Simposio il dialogo degli studiosi e studiose si concentra primariamente sulle esperienze europee nel campo della letteratura, della cinematografia e radio, della linguistica e della storia. La tradizione plurilinguistica e traduttologica del CSSV (per cui si ascolteranno a Bologna poesie e presentazioni in italiano, tedesco, inglese, francese e nederlandese) si inscrive nel suo costante interesse di ricerca per l’attività di intellettuali ed artisti che, muovendosi fra mondi in vari sensi diversi, hanno incarnato in esperienze non solo culturali ma anche esistenziali alcuni dei vari significati connessi a questi movimenti. I relatori provengono da varie istituzioni europee e americane: Genus Bononiae. Musei nella Città (Bologna), Europa-Universität Flensburg (Germania), Université de Haute-Alsace (Francia), Casa Editrice Alfred A. Knopf (New York), L.UN.A Libera Uni-


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versità delle Arti (Bologna), University of Edinburgh (Gran Bretagna), Università di Bologna, Université de Liège (Belgio) e Università degli Studi di Ferrara. Il Simposio è diretto da Paolo Valesio e Marcello Neri e coordinato da Flavia Manservigi. Programma Ore 10.30: Introduzione ai lavori: Fabio Roversi Monaco (Presidente Genus Bononiae. Musei nella Città), Chiara Elefante (Prorettrice alle Risorse Umane dell’Università di Bologna) e Paolo Valesio (Centro Studi Sara Valesio) Prima sessione Matthias Bauer (Europa-Universität Flensburg, DE): Antonioni‘s Travelogue, or the Worldiness of Cinema Elin Fredsted (Europa-Universität Flensburg, DE): Vernacular Languages in Film Introduce e coordina: Raffaele Milani (Università di Bologna) Martina Della Casa (Université de Haute-Alsace, FR), Todd Portnowitz (Casa Editrice Alfred A. Knopf, New York, USA), Paolo Valesio: lettura plurilingue da La Mezzanotte di Spoleto / Midnight in Spoleto / Le Minuit de Spolète Dialoga con gli autori: Graziella Sidoli (L.UN.A Libera Università delle Arti – Bologna) Seconda sessione Tania Collani (Université de Haute-Alsace, FR): Prisca Agustoni: poetessa cosmopolita Giuseppe Episcopo (University of Edinburgh, UK): Il romanzo al tempo della radio. Lo spazio acustico del presente in Dos Passos e Gadda


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Introduce e coordina: Alberto Bertoni (Università di Bologna) Lettura poetica bilingue in tedesco e italiano di Markus Pohlmeyer (Europa-Universität Flensburg, DE) Dialoga con l’autore: Marcello Neri (Europa-Universität Flensburg, DE) Terza sessione Iulia Karin Patrut (Europa-Universität Flensburg, DE): Europe in transformation 1800/2000: Novalis/Rabinovich Michel Delville (Université de Liège, BE): Retour sur Giacomo Joyce Introduce e coordina: Ferdinando Amigoni (Università di Bologna) Lettura poetica bilingue in nederlandese e italiano di Jean Robaey (Università degli Studi di Ferrara) Dialoga con l’autore: Mauro Roversi Monaco (Centro Studi Sara Valesio) Discussione finale: modera Marcello Neri



Indice ix

paolo valesio A proposito del Centro Studi Sara Valesio (CSSV)

papers 3 matthias bauer Antonioni’s Travelogue, or the Worldliness of Cinema 15 elin fredsted «Heimat» and the Theory of Compensation Future needs provenance – manifestations of German ‘Erinnerungskultur’ in film and philosophy: Edgar Reitz’ «Heimat-trilogy» and Odo Marquard’s theory of compensation 27 tania collani Prisca Agustoni: poetessa cosmopolita 45 giuseppe episcopo Il romanzo al tempo della radio. Lo spazio acustico del presente in Carlo Emilio Gadda 59 michel delville Retour sur Giacomo Joyce poetry and translation 73

Interviste di Graziella Sidoli a Martina Della Casa, Todd Portnowitz, Paolo Valesio


95 marcello neri Presentazione delle poesie di Markus Pohlmeyer 97 markus pohlmeyer Poesie 105 jean robaey Presentazione degli «Interludi» di Karel van de Woestijne 109 karel van de woestijne Interludi 117 mauro roversi monaco Jean Robaey e una lettura da Karel Van de Woestijne 119 ann lauinger Introduction to Filippo Naitana 121 filippo naitana Poesie 135 marcello neri Conclusioni. Vivere/scrivere tra-mondi

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Note biobibliografiche

151 Writers between worlds / Scrittori fra più mondi Programma


ungarettiana 1. Emma Pretti, I giorni chiamati nemici, pp. 84, 2010 2. Vera Lucia de Oliveira, La carne quando è sola, pp. 72, 2011 3. Leopoldo María Panero, Ianus Pravo, Senz’arma che dia carne all’«imperium», pp. 92, 2011 4. Patrizia Santi, Frammenti, periferici, pp. 56, 2013 5. Alberto Bertoni, Traversate, pp. 152, 2014 6. Marco Sonzogni, Ci vuole un fiore, pp. 72, 2014 7. Mario Moroni, Recitare le ceneri, pp. 96, 2015 8. Antonio Barolini. Cronistoria di un’anima, Atti dei Convegni di New York e di Vicenza nel centenario della nascita, a cura di Teodolinda Barolini, pp. xxx+342, 2015 9. Antonio Bux, Kevlar, pp. 144, 2016 10. Mauro Roversi Monaco, Mauritania, pp. 108, 2016 11. Attraversare le parole. La poesia nella Svizzera italiana: dialoghi e letture, a cura di Tania Collani e Martina Della Casa, pp. xx-156, 2017 12. Michele Marullo Tarcaniota, Poesie d’amore, testo latino a fronte, a cura di Pietro Rapezzi, pp. 148, 2017 13. Corrado Paina, Largo Italia, pp. 92, 2018 14. Mallarmé. Versi e Prose. Traduzione italiana di F.T. Marinetti, seconda stesura inedita, a cura di Giuseppe Gazzola, pp. 164, 2018 15. Angelo Scipioni, De renuntiatione. Scritture di mari(lyn)ologia, prefazione di Guido Monti, pp. 208, 2019 16. Simona Mercuri, Umanesimo latino e volgare. Studi su Fonzio, Poliziano, Pico e Machiavelli, a cura di Anna Corrias, Eva Del Soldato, Marcella Marongiu, Laura Refe, pp. xvi+292, 2019 17. Prospettive incrociate. La poesia nella Svizzera italiana: dialoghi e letture, a cura di Martina Della Casa e Clémence Bauer, pp. xx-180, 2019 18. Patrizia Santi, Caro marzo, prefazione di Mauro Roversi Monaco, pp. 96, 2020 19. Writers Between Worlds / Scrittori fra più mondi, a cura di Paolo Valesio, Flavia Manservigi, Marcello Neri, pp. xiv-158, 2021


Finito di stampare nel mese di febbraio 2021 da Tipografia Monteserra (Vicopisano - Pi)

Questo volume è stampato su carta ecologica Fedrigoni Arena Natural Smooth da 100 g/m2


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