Un lontano paradiso
Giacomo Soremic
Un lontano paradiso
Giacomo Soremic
ha tredici anni. È nato e vive a Firenze, dove frequenta la terza media. La sua passione per la poesia è iniziata durante la scuola elementare. Il suo hobby sport preferito sono gli scacchi, a cui ha dedicato una poesia di questo libro.
Giacomo Soremic
euro 8,00
Società
Editrice Fiorentina
«Immagina, / un umile / foglio di carta… / E pensa / quanta saggezza / possa racchiudere. / Apparentemente povero, / ma, al tempo stesso, / così prezioso». La quantità nella lirica di Giacomo è tutta segnata dalla pochezza. Pochissimi sono gli anni di questo giovanissimo poeta, relativamente poche le poesie che in queste pagine possiamo ascoltare, pochi i versi, piccolo il volume che le raccoglie, non ampio è lo spettro delle esperienze, per lo più molto quotidiane, famigliari e domestiche, che compongono la materia delle sue liriche, volutamente leggero lo scavo riflessivo su cui insiste la penna del nostro Giacomo. E tuttavia «apparentemente povero» in realtà «quanta saggezza» racchiude il suo «umile / foglio di carta» per noi «così prezioso» nel restituirci la mappa autentica e verace di una esplorazione che ci è resa possibile da questo viaggio letterario nell’abisso ora speranzoso ora singolarmente melanconico e pensoso dell’autore. Invito con convinzione i lettori a percorrere con perseveranza e senza pregiudizi la geografia delle «piccole cose» che ci propone questo piccolo, grande ragazzino alla ricerca di una bellezza che ci apparirà, lirica dopo lirica, giammai una trasformazione ovattata e idealmente truccata della realtà, ma un sondaggio scabro ed essenziale nella verità dei nostri sentimenti creaturali e dunque inevitabilmente fragili e sofferti. (Bernardo Francesco Gianni)
Giacomo Soremic
Un lontano paradiso introduzione di Bernardo Francesco Gianni
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Š 2016 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-380-4 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata
Note dopo un viaggio nell’universo poetico di Giacomo
Immagina, un umile foglio di carta… E pensa quanta saggezza possa racchiudere. Apparentemente povero, ma, al tempo stesso, così prezioso.
Inizio da questi pochi versi di Giacomo una essenziale presentazione di questa sua prima silloge poetica. Scelgo queste sue parole perché esse mi paiono esprimere con sapiente consapevolezza una dialettica decisiva per cogliere l’essenziale dell’umano: la tensione fra quantità e qualità. La quantità nella lirica di Giacomo è tutta segnata dalla pochezza. Pochissimi sono gli anni di questo giovanissimo poeta, relativamente poche le poesie che in queste pagine possiamo ascoltare, pochi i versi, piccolo il volume che le raccoglie, non ampio è lo spettro delle esperienze, per lo più molto quotidiane, famigliari e domestiche, che compongono la
5
materia delle sue liriche, volutamente leggero lo scavo riflessivo su cui insiste la penna del nostro Giacomo. E tuttavia «apparentemente povero» in realtà «quanta saggezza» racchiude il suo «umile / foglio di carta» per noi «così prezioso» nel restituirci la mappa autentica e verace di una esplorazione che ci è resa possibile da questo viaggio letterario nell’abisso ora speranzoso ora singolarmente melanconico e pensoso dell’autore. Invito con convinzione i lettori a percorrere con perseveranza e senza pregiudizi la geografia delle «piccole cose» che ci propone questo piccolo, grande ragazzino alla ricerca di una bellezza che ci apparirà, lirica dopo lirica, giammai una trasformazione ovattata e idealmente truccata della realtà, ma un sondaggio scabro ed essenziale nella verità dei nostri sentimenti creaturali e dunque inevitabilmente fragili e sofferti. E tuttavia mai la penna di Giacomo rinuncia, anche in questo vero poeta e vero fanciullo, a farci sollevare lo sguardo da una riduzione della realtà, anche quella psicologica, ridotta a meccanismo di rassegnata sopravvivenza. Esiste nel cuore di un poeta, e tanto più di un poeta fanciullo, un sogno perenne, uno sguardo onirico capace di trasfigurare la realtà ponendola, con la geometria del verso, e il ritmo della musica implicita nel poetare, in una cornice di bellezza sottratta all’usura del tempo. Come altrimenti interpretare versi come questi, peraltro segnati da grande intensità spirituale:
6
Azzurro infinito spalanca i nostri occhi volenterosi. Innalzaci, e dirigici, verso il tuo mondo incantato.
Non è tuttavia affatto scontato l’approdo mediante la scrittura poetica a una sorta di paradiso sillabico ove rifugiarsi dalle tempeste della vita. Scopriremo fra breve anzi, il carattere fortemente pensoso dell’esistenzialismo poetico del nostro Giacomo, la cui elaborazione poetica trova nell’asse del tempo, e quindi della memoria e dell’attesa del futuro, la sua più ricorrente espressione. Ma prima di esaminare quei versi di grande e drammatica profondità andrà evocata la lirica intitolata La poesia e il poeta ove Giacomo elabora una sua essenziale poetica: Esprimere le emozioni. Dal concreto all’astratto. Un legame fraterno sboccia
7
in un momento, sparisce in un istante.
Sì, la poesia risulta davvero un passaggio che intensifica, compendia, quasi assolutizza una emozione astraendola dal flusso informe della vita lasciandone intatta però tutta la sua contraddittoria e amara consistenza: La vita un corridoio di quotidiani letti. In una realtà sgradita.
Il verso disegna insomma un contorno che racchiude quanto si fa emblematico, anzi simbolico del nostro altrimenti incircoscrivibile esistere. Il poeta avverte una sorta di possibile fraternità con l’universo intero. Un universo generosamente messo a disposizione perché il poeta lo viva quale potenziale alleanza con cui le cose si lasciano rinominare obbedienti dalla voce arcana del poeta stesso, nuovo Orfeo che ricompone per noi la realtà restituendola al suo più vero e profondo significato. Ma Giacomo ci avverte: «in un momento, / sparisce / in un istante». Appare dunque motivo di pensosa riflessione verificare come la tipica esperienza
8
contemporanea del provvisorio, dell’instabile, del contingente ispiri una sorta di “poetica liquida” al cuore di Giacomo, il cui verso non a caso è essenziale e scabro come osso di seppia, e dove non rare volte soffia un «vento di bufera… che / le chiome / fai sparire», o addirittura «il ghiaccio vento, / e le battenti lacrime / delle anime sconfitte». In un fulminante distico egli arriva a ricordarci che «la debolezza / ci rende noi» e in questa umile autoconsapevolezza, motivata da ben altre ragioni che quelle anagrafiche di Giacomo, si illumina la necessità di misurare una distanza enorme fra il suo cuore creativo e quello di un qualsiasi altro oggi ormai improponibile “poeta laureato”. Giacomo ha già elaborato e per noi approntato una sua poetica della debolezza e della piccolezza. Ce la testimonia una delle sue liriche più sofferte, Vita: Deciso procedevo diretto verso la tortuosa via; ma dall’orgoglio accecato mi sono ingannato. La vita, un inquietante incubo.
Al poeta è lecito sì passare «dal concreto / all’astratto», gli è doveroso anzi, ma mai nel-
9
la presunzione di voler tutto capire, afferrare, motivare. Il mistero del poeta ha per vitale confine il mistero delle cose, e la conseguente penombra, che ripara, protegge, feconda. Altrimenti la nostra pupilla farebbe la stessa fine del girasole, cantato da Giacomo in questi splendidi versi: Tu, povero essere che pena mi fai. Un concetto astratto insegui. Il quale inaccessibile non ti è dato conoscere. Per cui gli occhi ti sei bruciato.
Nel crogiuolo dei giorni e nell’agone delle prove della vita, solo un cuore purificato dalla stagionatura austera della ricerca e dell’inquieta domanda si fa finalmente sguardo capace di abbracciare la vita senza ingannevoli riflessi o miraggi: Cuore puro, severo il tuo destino con te,
10
oramai. La vita lenti antiriflesso.
Tutt’altro che esperienza di banale divertimento e distrazione, magari elaborata dagli schermi variopinti e virtualmente dinamici delle modernissime playstations, per Giacomo la vita, abbracciata e quasi subìta nella sua oggettiva realtà, assomiglia piuttosto a una partita a scacchi, una vertiginosa comparazione che ricorda pagine di pensatori russi e immagini in bianco e nero di registi scandinavi: Saggia prima dello spostamento è l’attesa. Un problema, un enigma da risolvere. Un avanzamento un attacco al nemico. I pezzi eserciti agguerriti. La scacchiera
11
un campo da battaglia. Gli scacchi dappertutto nella vita.
Con una siffatta interpretazione dell’esistenza non meraviglierà trovare nella raccolta di Giacomo un buon numero di liriche dalle coloriture marcatamente autunnali con cui egli ci illustra le pagine più aspre del suo intimo e segreto diario catalogando per noi senza censura alcuni momenti anche di dura tristezza, come Tristezza è il titolo di questa poesia: Mutano i sorrisi. S’infrangono i cuori afflitti, in un mare di lacrime. La luce, oramai svanita.
La lirica di Giacomo ha la sua sorgente di ispirazione nel suo cuore sensibilissimo e creativo: si nutre a quella sorgente di immagini, emozioni e intuizioni che l’età dell’autore per così dire preserva ovviamente da un improponibile e precipitoso confronto con la riflessione propriamente
12
filosofica, una riflessione che si domanda, sotto la scure implacabile delle argomentazioni intellettuali, senso e significato ultimo dell’esistenza. Ci piace sottolineare come questo cuore si lasci invece attenuare nella sua oggettiva e implacabile scansione della presente realtà soltanto da una sua certa disponibilità a farsi aprire un varco verso il futuro mediante una chiave propriamente evangelica, quella della speranza, una speranza tuttavia tornita dal confronto inesausto e mai indolore con il passato e la memoria. Esemplari a proposito sono i Pensieri nel tempo: Impressi, scolpiti dentro nel mio profondo. Immagini in flash frantumate dal futuro. Stracolmi di sentimenti, come confusi ricordi. … Il passato un lontano dono, ma il futuro un sogno infinito.
Un sogno, il futuro per Giacomo! Un «sogno infinito» conseguente a L’ora come titola
13
una lirica di grande intensità nell’evocare l’istante estremo del passaggio, della consunzione, dell’estrema vocazione, quella della morte: La chiamata è vicina. Appassiscono i fiori. Sereni. Cedono le pesanti palpebre.
In questo tempo maturato dalla vita così intensamente da sfiorire esangue nella morte, la serenità è data da un’attesa nonostante tutto speranzosa con cui Giacomo ci educa a interpretare e vivere la morte e con essa ogni esperienza di oppressione, di fatica, di cattività. Due liriche ci avviano alla conclusione del nostro viaggio in questo suo atlante poetico di severa bellezza: Dolore fermentato, da un saluto prolungato. Separati i corpi, ma Dio provvederà.
14
E goccia non traboccherà.
Niente di noi andrà dunque smarrito, ci rassicura Giacomo confidando in un Dio provvidente e capace finalmente di trasformare anche la più violenta tempesta in un crinale spalancato a una riassaporata libertà fatta di cielo e d’infinito: Di schegge un farfuglio. Si svelò un sussulto. Di folgori un’epidemia. Si liberò un varco. E le anime volarono.
È quanto ci promette la speranza, come se la immagina Giacomo in quattro limpidi versi: Come uccelli in gabbia; aspettiamo di librarci.
Intanto, nell’«attesa della beata speranza», come ci fa pregare la liturgia eucaristica, non
15
abbiamo altra via che appaiare a essa, a quel futuro finalmente promettente, l’amore, un amore che abbracciando libera e guarisce, riscatta e trasfigura ogni nostro solitario dolore e ogni nostro disgregante tormento in una ritrovata libertà oltre ogni mortificante strettoia. Così infatti ci insegna Giacomo nella sua lirica intitolata programmaticamente Abbraccio: Apre tutti i confini. Risarcisce le ferite, più gravi. Vince le peggiori angherie.
Grazie, mio carissimo Giacomo, per averci consegnato la mappa del tuo cuore: ci lasci entrare, ci lasci attraversare e sostare nelle scure nebbie delle tue più abissali tristezze, ma abbracciandoci tutti con la bellezza dei tuoi versi, ci apri anche una via di libertà, un esodo di speranza, una ragione di dignità, un possibile cammino di amore per tutti e fra tutti. Bernardo Francesco Gianni Firenze, Abbazia di San Miniato al Monte 19 maggio 2016
16
Indice
5 Note dopo un viaggio nell’universo poetico di Giacomo di Bernardo Francesco Gianni
19 La poesia e il poeta 20 Alba 21 Tristezza 22 Solo 23 Scacchi 25 Illusione 26 La bellezza nelle piccole cose 27 Brutti ricordi 28 Nonni 29 Girasole 30 16-04-2010 31 Lontani, ma vicini 32 Sogni infranti 33 Sconforto 34 Sfortuna 35 Prigione 36 Auschwitz 37 Inverno 38 Il vento 39 Bufera
40 Tempesta 41 Primavera 42 Abbraccio 43 Vita 44 Speranza 45 Pensieri nel tempo 46 Un lontano paradiso 47 Tramonto 48 L’ora
nella stessa collana
Pier Luigi Canzi, Per ripetuto caso, pp. 68, 2008. Giovanni Gut, Senza mai fermarsi, pp. 76, 2010. Carlo Cantagalli, Riverberi. Quarantaquattro sonetti, pp. 68, 2011. Walter Rossi, erfahrung. 140 caratteri in poesia, pp. 60, 2012. Carlo Villa, Eclisside, pp. 100, 2013. Emma Pretti, Un guaio che non è stato preso in esame, pp. 100, 2014. Walter Tripi, Londra, pp. 48, 2014. Carlo Cantagalli, Riverberi. Improvvisi e strambotti, pp. 76, 2015.