Giulia Tellini
L’officina sperimentale di Goldoni Da La donna volubile a La donna vendicativa studi 41
studi 41
Giulia Tellini
L’officina sperimentale di Goldoni Da La donna volubile a La donna vendicativa
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Il volume è frutto di una ricerca svolta presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze e beneficia per la pubblicazione di un contributo a carico dei fondi amministrati dallo stesso Dipartimento
© 2020 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-565-5 ebook isbn: 978-88-6032-566-2 issn: 2035-4363 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata
Indice
9 Premessa 15 Abbreviazioni I. Da La donna volubile a Il Moliere 17 1. Le tourbillon 19 2. La trilogia della Marliani in prova 41 58
II. Da La gastalda a Il tutore 1. Pace e guerra 2. L’importanza di essere onesto
83 110 120
III. Da La moglie saggia a Le donne gelose 1. Come mettere in scena la virtù 2. Una parte della società, «forse la più necessaria» 3. «Brutte», «zelose», «inspiritae»
131 150
IV. Da La serva amorosa a La figlia obbediente 1. I due volti di Corallina 2. Padri e figlie
V. Tra mercato e locanda 165 1. Father and Son 182 2. «Conosco il merito… Ma io non son conosciuta». Le finzioni di Mirandolina 201
VI. Da Le donne curiose a La donna vendicativa 1. La «casa segreta»
210 221
2. L’elogio della «prudenza» 3. Addio al Sant’Angelo
Tavole 239 Tavola I Schema delle diciassette commedie con Maddalena Marliani 241 Tavola II Edizioni di riferimento per le diciassette commedie con Maddalena Marliani 242 Tavola III Indici dei singoli tomi delle edd. Bettinelli, Paperini, Pitteri, Pasquali Indici 249 Indice delle opere goldoniane citate 253 Indice delle illustrazioni 255 Indice dei nomi
Esse vivono, poesia e umanità goldoniane, nella loro originaria e originante radice nativa ed estetica, d’una simpatia, d’un’esuberanza d’affetto, d’un’amorosa disposizione verso l’uomo, d’un amor del simile e del prossimo, d’un gusto e piacere della faccia umana, così pieni e cordiali e fertili, così, a forza d’alacrità e simpatia, così caritatevoli, che ne nasce la poesia, la musica di quella frugale e splendida meraviglia, ch’è il dialogo goldoniano, la sua casta, gentile, gioiosa vitalità sovrabbondante e geniale. Riccardo Bacchelli, Vocazione teatrale del Settecento italiano, in Teatro e immagini del Settecento italiano (1953, con R. Longhi)
Le nostre storie letterarie hanno l’aria di scusarsi: che il teatro italiano, giunto finalmente a poter presentare un grande autore, non dia in fondo col Goldoni che un Molière minore. Anche questa volta non si sa vedere in che consiste la novità, l’originalità dell’espressione di casa nostra. […] Il Goldoni ha superato il carattere, e trovato, con una felicità inarrivabile, con una leggerezza di tocco che sbalordisce, tutto il volubile, il fluido, il contraddittorio, il momentaneo della vita in atto, e aperto così, con un colpo di bacchetta magica, la vena del Teatro contemporaneo. Luigi Pirandello, Introduzione al teatro italiano (1936)
1. Marco Alvise Pitteri da Giambattista Piazzetta, Ritratto di Goldoni, ed. Paperini, iii (1753).
Premessa
Nel Carnevale 1751 Maddalena Marliani entra come Corallina nella compagnia di Girolamo Medebach. Nel Carnevale 1753 Carlo Goldoni, a norma di un contratto stipulato tre anni prima, consegna l’ultima commedia da lui dovuta al capocomico. Dal febbraio 1751 al febbraio 1753, sempre presente la Marliani nella troupe, il commediografo compone diciassette pièces per gli attori del Sant’Angelo: Medebach, il capocomico, è il primo amoroso, Ottavio; sua moglie Teodora è la prima amorosa, Rosaura; Giuseppe Marliani è il servitore, Brighella; sua moglie Maddalena è la servetta, Corallina; Antonio Mattiuzzi, detto Collalto, è Pantalone; Francesco Falchi è il secondo amoroso, Florindo; Luzio Landi è il terzo amoroso, Lelio; sua moglie Caterina è Beatrice, la seconda amorosa; Vittoria Falchi, moglie di Francesco, è la terza amorosa, Eleonora; Ferdinando Colombo, infine, è Arlecchino. Il libro prende in esame le diciassette commedie del biennio 1751-1753, che si segnala, nella carriera goldoniana, come periodo di intenso sperimentalismo. Il nesso di continuità con la precedente produzione è dato dal fatto che le prime due pièces delle diciassette che hanno la Marliani in scena (La donna volubile e I pettegolezzi delle donne) sono le ultime due delle sedici nuove approntate nell’anno comico 1750-1751. Per comodità espositiva, le diciassette commedie qui esaminate sono organizzate in cinque gruppi, sulla base del peso e della funzione che in esse spetta alla Marliani. Il che consente di seguire e puntualizzare meglio la sua traiettoria attoriale nei testi allestiti da Goldoni nell’ultimo biennio al Sant’Angelo. Ecco così che La donna volubile, I pettegolezzi delle donne e Il Moliere, scritte quando Goldoni ha ancora poca consuetudine di lavoro con l’attrice, compongono la «trilogia della Marliani in prova». La gastalda (poi, nell’ed. Paperini, La castalda), Le donne gelose, La serva amorosa, La locandiera e La donna vendicativa formano la «pentalogia della Marliani protagonista». L’amante mi-
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litare, Il trionfo della prudenza in Rosaura moglie amorosa (nella Paperini, La moglie saggia), La figlia obbediente e I due Pantaloni (poi, nella Paperini, I mercatanti) costituiscono la «tetralogia della commedia nella commedia» perché l’attrice vi risulta protagonista di mini trame autonome, inserite all’interno della trama principale in modo tale che, se espunte, l’edificio generale non crolli e resti ugualmente funzionante. Per Il marchese di Monte Fosco (poi, nell’ed. Paperini, Il feudatario), Le donne curiose e L’uomo imprudente (poi, nell’ed. Paperini, Il contrattempo o sia Il chiacchierone imprudente), che presentano Corallina libera dai suoi abituali rapporti sentimentali con Arlecchino o con Brighella, viene proposta la denominazione di «trilogia della Marliani a riposo». Il tutore, I puntigli domestici e La donna vendicativa danno vita, infine, alla «trilogia di Corallina villain», perché la Marliani, con vorticosa climax ascendente, vi interpreta il ruolo di antagonista sempre più malvagia. Ultima delle diciassette commedie, La donna vendicativa, una delle opere più ingiustamente sottovalutate di Goldoni, si segnala già in via preliminare per un dato d’immediata evidenza, vale a dire per il fatto d’appartenere sia alla «pentalogia della Marliani protagonista», sia alla «trilogia di Corallina villain»: un tratto distintivo che assegna al testo un risalto e un rilievo unici nel panorama della produzione che qui interessa. Lo studio delle diciassette commedie mostra come gli ultimi due anni al Sant’Angelo siano di fondamentale importanza nell’evoluzione della riforma goldoniana. I motivi sono molteplici e di varia natura. Anzitutto, occorre pensare al rapporto di collaborazione con il pubblico veneziano, che conferisce in questi anni al poeta di teatro, insieme a una forte carica di energia propulsiva, anche l’illusione di un possibile rinnovamento e di un’augurabile modernizzazione delle strutture sociali attraverso l’affermazione dei nuovi, laici principi di ragionevolezza, civile convivenza, solidarietà, libertà, parità di genere1. Tale intesa ideale è presto destinata a tramontare. L’impulso operativo ha effetti concreti nell’officina artistica e si riflette nel profilo laboratoriale assunto dalle singole pièces di questo periodo, l’una collegata all’altra, come pezzi di un’imponente macchina in movimento, ma ognuna differente dalla precedente e dalla successiva, innovative e sperimentali per tema, classe sociale dei protagonisti, stile, lingua, ambientazione. Oltre ai diversi ceti portati alla ribalta, si pensi alla geografia delle diciassette commedie: dalla Verona di La donna volubile e La serva amorosa alla Venezia di I pettegolezzi delle donne, Il tutore, Le donne gelose, La figlia obbediente e I mercatanti, dalla Parigi di Il Moliere alla villa «sulla Brenta» di La gastalda, dalla non nominata «città di Lombardia» di L’amante militare alla Montopoli (Sabina) di La moglie saggia, dalla Montefusco (Napoli) di Il feudatario alla Napoli di I puntigli domestici, dalla Firenze di La locandiera alla Bologna di Le donne curiose e Il contrattempo, fino alla loca1 Cfr. Franco Fido, Goldoni e Giandomenico Tiepolo interpreti dell’antico regime (1992), in Fido 1995, p. 94.
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lità non specificata di La donna vendicativa. La geografia, eterogenea e frastagliata, si muove tra esterni e interni, spazia dalla campagna alla città, da Nord a Sud, e varca le Alpi, per necessità drammaturgica, per esigenze di socializzazione (in un commediografo disinteressato per vocazione all’individuo ritratto in solitudine, alle prese con questioni astratte), per ragioni di censura2, ma più ancora per il carattere sovramunicipale, interregionale e nazionale di una produzione artistica che l’autore si auspica possa essere letta e apprezzata a ogni latitudine. Denominatore comune delle diciassette commedie, come anticipato, è la presenza in esse, nel ruolo della servetta, di Maddalena Marliani, attrice di rigogliosa vitalità e d’«indiavolato spirito»3. Perciò queste opere sono qui considerate alla luce dei personaggi da lei portati in scena di volta in volta, con specifica attenzione per le dinamiche interne alla gerarchia dei ruoli nella compagnia di Medebach e quindi con riguardo particolare verso il rapporto tra il poeta teatrale e i suoi interpreti. Ma un’attenzione speciale è rivolta anche alla lettura puntuale dei testi, al loro impianto strutturale, alla tenuta della messinscena drammaturgica, come anche alla filigrana della prosa goldoniana, al suo spessore sintattico e lessicale, alla sua personalissima efficacia espressiva. Le opere qui indagate con indugio più analitico sono soprattutto quelle finora meno valorizzate e meno studiate, come Il tutore, La moglie saggia, Il contrattempo o La donna vendicativa. Il libro parte dal presupposto che Goldoni si distingue nel panorama della nostra letteratura come autore che richiede, per essere adeguatamente inteso, una pluralità di prospettive esegetiche, in quanto è, nello stesso tempo, poeta di teatro e scrittore: «la Commedia è Poesia da rappresentarsi, e non è difetto suo, ch’ella esigga, per riuscir perfettamente, de’ bravi Comici, che la rappresentino, animando le parole col buon garbo d’una azion confacevole»4; «Col tempo [le mie commedie] passeranno tutte dalla Scena al Torchio»5. La Scena e il Torchio. Sono due aspetti complementari, uniti da un rapporto di stretta interrelazione: da un lato, la polvere del palcoscenico, gli attori, la compagnia, l’impresario, il pubblico pagante; dall’altro lato, la poesia, la scrittura, la letterarietà. Spezzare l’endiadi significa tradire Goldoni. L’applicazione analitica sulle diciassette commedie consente anche di valutare meglio la nozione e le modalità della riforma, di accertarne il valore di pratica problematica e duttile: non svolta radicale, non rottura con il passato, 2 «Perché […] alcune commedie, venezianissime quanto ad ambientazione di tipi e di situazioni, non sono ambientate a Venezia? La prima risposta pensa alla censura: critiche troppo feroci ai vizi della nobiltà non potevano passare a Venezia» (Franca Angelini, L’Italia di Goldoni: classi sociali e felicità, in Ead., Vita di Goldoni, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 124-126). 3 G. O. [Giuseppe Ortolani], La locandiera. Nota storica (1910), in mv, ix, 1910, p. 286. 4 Carlo Goldoni, Edizione Bettinelli. Lettera seconda dell’autore allo stampatore (1750), in Id., Polemiche editoriali. Prefazioni e polemiche, a cura di Roberta Turchi, en, 2009-2011, 3 voll., i (2009), p. 114. 5 Id., Prima lettera dell’autore allo stampatore (1750), ivi, p. 109.
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bensì volontà di recuperare e assimilare sul piano della scrittura l’energia, il ritmo, il taglio espressivo della recitazione all’improvviso. È un orientamento non nuovo6, ma riproposto all’attenzione degli studiosi in modo da presentarsi come tema di ricerca meritevole di essere sempre più approfondito7. Puntare l’obiettivo verso il biennio finale del Sant’Angelo significa anche sottolineare il rilievo attribuito da Goldoni al magistero morale e al valore etico della sua poetica in azione, della sua riforma in fieri, con la consapevolezza che la virtù può essere celebrata secondo una multiforme fenomenologia e che, per l’autore teatrale, l’intento primario è quello di non annoiare il pubblico. In L’autore a chi legge di La figlia obbediente, riferendosi ai due personaggi lepidi (Olivetta e Brighella), il commediografo osserva: Sono riusciti ridicoli per modo questi caratteri, che hanno quasi oscurato il merito della Donna Protagonista, la quale conducendosi con serietà, non dà il piacere che i Personaggi lepidi sogliono dare. Alcuno crederà forse che tai personaggi non sieno necessari alla favola, e che pecchi di superfluità. Non so che dire. Se si sta sul rigore, che i Personaggi abbiano a essere necessari in modo che senza di essi la Commedia non possa farsi, in questa vi sarebbe da poter discorrere: ma se basta che sieno bene intrecciati, e che lavorino tutti in armonia fra di loro, e accrescano la beltà e l’intreccio, staranno benissimo colla Figlia obbediente la Ballerina e suo Padre8.
Il «piacere» di chi assiste allo spettacolo e insieme il «rigore» dell’impianto, il rapporto di «necessità» tra le varie componenti della «favola» e la funzionalità dell’«intreccio», l’«armonia» e la «beltà» dell’insieme. Il commediografo, regista avveduto anche nell’allestimento dei propri testi, è consapevole della complessa concertazione di cui deve tenere conto. Però Goldoni non teorizza, non stabilisce regole assolute, non conosce la formula della commedia perfetta. È uno sperimentatore («il Galileo della nuova letteratura»…)9 che collauda ogni giorno nuove miscele, nuovi composti, che funzionino per castigare ridendo mores e che siano in sintonia con le attese del pubblico. In La figlia obbediente, per esempio, la virtù dell’obbedienza, incarnata da Rosaura, è talmente immersa nel ridicolo contorno rappresentato dalla ballerina Olivetta e da suo padre Brighella da finire quasi con lo scomparire. Qualcuno, forse, potrà contestare il fatto che la trama secondaria non sia necessaria alla princi6 Risale infatti a Carducci, proprio come «utile» indicazione di studio: «il Goldoni, pur intendendo a liberare il teatro italiano dalle commedie dell’arte, fu de’ comici nostri letterari quello che più prese dalla commedia dell’arte, e vedere fino a qual punto il riformatore seguitò, continuò, si giovò della commedia dell’arte, sarebbe utile» (Giosue Carducci, Vita e opere del Goldoni fino al 1753 [1878], in Id., Opere, Ed. Naz., xxiii, Bologna, Zanichelli, 1936, 19452, p. 188). 7 Cfr. Piermario Vescovo, La riforma, in Vescovo 2019, pp. 199-211 (con relativi apparati bibliografici). 8 Carlo Goldoni, La figlia obbediente. L’autore a chi legge, mn, iv, 1940, p. 610. 9 Il celebre parallelismo desanctisiano (Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di Niccolò Gallo, introduzione di Natalino Sapegno, Torino, Einaudi, 1958, 2 voll., ii, p. 896) non finisce di rivelarsi proficuo.
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pale, ma non «gl’intelligenti della Commedia»10. Per l’autore, per la sua pragmatica concezione del lavoro artistico, vale sempre una buona regola: se una pièce «piace è superfluo, che io ne parli, e se non piace, vane sarebbero le mie parole»11. Importa la concretezza dei risultati, non importano le buone intenzioni, né le teorie. Un altro aspetto rilevante emerge dalle diciassette commedie (non limitato a esse, ma in esse sistematicamente messo a punto): la funzione primaria dei personaggi femminili, che, nel corso dei testi qui passati in rassegna, ritagliati su misura per il protagonismo di due prime donne come Teodora e Maddalena, si fanno sempre più sfumati, complessi, ambigui ma anche volitivi, risoluti, aggressivi. Come si attesta nella Dedica di Le femmine puntigliose (al patrizio fiorentino Francesco de’ Medici, 1753), sul tema capitale dell’«umana felicità», nascere donna è garanzia di non-felicità: «Considero dunque felicità umana il nascer Uomo, e non Donna. Che dite Voi, Gentilissimo Signor Cavaliere, parvi che sia ragionevole il mio pensiero? La Donna è più gentile di noi; e anche più bella, se certa bellezza esposta agli occhi altrui si consideri; ella è da noi provveduta, servita, amata. Ma se cerchiam fra le Donne le più servite, le meglio amate, evvi paragone veruno colla libertà nostra, colla nostra virile autorità?»12. A rendere le donne soggetto prediletto d’indagine, agli occhi di Goldoni, è proprio la loro connaturata mancanza di felicità, che le rende meno pacificate degli uomini, più ansiose, più irrequiete, più suscettibili, più meritevoli d’interesse drammaturgico. Se sono fanciulle, eccole sottomesse all’«austera disciplina de’ Genitori»; se «congiunte», vale a dire coniugate, ecco che sono dominate dalla volontà «talvolta asprissima de’ Mariti»; se sono vedove, eccole esposte alle «osservazioni del Mondo». Normalmente vittime, com’è noto, possono però, per compensazione, avere «l’abilità di porsi gli Uomini sotto i piedi»13. E provare gusto a sopraffarli. Certo è che le donne, vittime o persecutrici, si guadagnano nell’orizzonte goldoniano un energico, risoluto, vigoroso primato (con esplicito ammiccamento al Proemio del Decameron)14, grazie a una variatissima galleria di caratteri femminili. Non è un caso che l’ultima delle nostre commedie, apogeo e sintesi di un complesso itinerario, sia La donna vendicativa, nella quale a una protagonista femminile è attribuito un vizio non solo tragico ma tipicamente maschile come la vendetta: la passione dell’odio. Qui la Marliani è persecutrice, ma tiene alta a suo 10 Carlo Goldoni, Edizione Bettinelli. Lettera dodicesima dell’autore all’editore (1752), in Id., Polemiche editoriali. Prefazioni e polemiche, cit., i, p. 142. 11 Ibidem. 12 Id., Le femmine puntigliose. Dedica, mn, ii, 1936, p. 1113. 13 Ibidem. 14 «E chi negherà questo [il mio conforto], quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare? Esse [...] ristrette da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano» (Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio, a cura di Vittore Branca, Milano, Mondadori, 1985, p. 6).
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modo la dignità della cattiveria, malvagia ma non meschina, biasimevole ma non insipida. Mentre La donna volubile e I pettegolezzi delle donne, le ultime due commedie della stagione delle sedici nuove, sono un anello di congiunzione con il passato, La donna vendicativa, per il fatto di essere in equilibrio fra vecchio e nuovo (contigua alla commedia dell’arte ma senza più Pantalone e senza più Brighella, variazione noir sul tema della serva padrona15 e al contempo tragicomica riflessione sui pericoli dell’amore), si propone come un ponte verso il futuro, verso il San Luca, verso nuovi attori, nuovi caratteri, nuovi impresari. Giunta al termine di questo lavoro, desidero ringraziare Paola Luciani, per i libri regalati e per i suggerimenti preziosi, per le cene e per le merende a tema settecentesco nelle sue case di Siena e di Firenze; Roberta Turchi, per l’ascolto e i consigli, per le felici conversazioni letterarie in treno e al telefono; Piermario Vescovo, per essere stato la mia guida alla casa e all’arte di Goldoni. Grazie a Simone Magherini, per il costante, affettuoso, partecipe, sostegno morale; e a Francesca Castellano, per l’amicizia e i sorrisi, la mattina. Infine, per le parole (e per la musica) di ogni giorno, ringrazio sempre i miei genitori. E Gabriele.
15
Ginette Herry, Tetro epilogo, in Herry 2009, p. 539.