dorso 17,5 mm
Biblioteca Palazzeschi
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Biblioteca Palazzeschi
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Gino Tellini Alle origini della modernità letteraria
€ 24,00
Alle origini della modernità letteraria
Centro di Studi «Aldo Palazzeschi»
La poesia a Firenze tra Ottocento e Novecento
11
Società
Editrice Fiorentina
università degli studi di firenze dipartimento di lettere e filosofia
Biblioteca Palazzeschi
Collana coordinata dal Consiglio Direttivo del Centro di Studi «Aldo Palazzeschi»
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Gino Tellini
Alle origini della modernitĂ letteraria La poesia a Firenze tra Ottocento e Novecento
SocietĂ
Editrice Fiorentina
© 2013 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-271-5 issn: 2036-3516 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Copertina: Studio Grafico Norfini (Firenze)
indice
Premessa
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alle origini della modernità letteraria
la poesia a firenze tra ottocento e novecento 1. Persone
3
2. Luoghi
25
3. «La casa è l’uomo»
37
4. Intersezioni
55
5. Fiorentini d’adozione
73
6. La città riflessa
103
7. Il signore biancovestito
141
8. Etica e poesia
157
Tavola delle sigle
177
Indice delle illustrazioni
179
Indice dei nomi
187
premessa
Nell’ottobre 2008, al momento di chiudere la Mostra Dal Vate al Saltimbanco. L’avventura della poesia a Firenze tra belle époque e avanguardie storiche, promossa dal Centro di Studi «Aldo Palazzeschi» e allestita a Firenze, presso l’Archivio di Stato, dal 16 settembre al 16 ottobre, mi «sapeva male» (per usare, si parva licet, un’espressione famosa…) smontare e riporre, dopo soltanto un mese dall’inaugurazione, tanti e tanto preziosi pezzi esposti, di disparatissima provenienza, che avevano richiesto, per la loro scelta e raccolta e adeguata presentazione al pubblico, un serio investimento finanziario e un altrettanto serio impiego di energia, di tempo, d’impegno lavorativo. Fu così che chiesi al coordinatore della Mostra, Simone Magherini, di provvedere a filmare, con analitica pazienza, gli oggetti allineati nelle pareti e nelle bacheche della vasta sala dell’Archivio di Stato (manoscritti, prime edizioni, stampe, manifesti, foto, dipinti), in vista di un’augurabile, ma per allora ancora ipotetica, valorizzazione di quelle inedite immagini. Il filmato, girato il 15 ottobre 2008, il giorno precedente la chiusura della Mostra, è servito da materiale di partenza per il dvd che si trova allegato a questo libro e che s’intitola Dal Vate al Saltimbanco. La poesia a Firenze tra Ottocento e Novecento. Il dvd è stato affidato alla responsabilità del regista statunitense Joseph Tamagni, che ha soggiornato appositamente una settimana a Firenze nell’autunno 2009 per le riprese dal vivo, allo scopo di funzionalizzare le sequenze e le inquadrature dei materiali espositivi nel contesto della città, nello sfondo e tra le quinte delle strade e delle piazze fiorentine. Il te-
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sto della voce narrante è la sceneggiatura, a cura di Federico Pacchioni, derivata dalla mia Introduzione all’album storico e iconografico pubblicato in occasione della Mostra (Dal Vate al Saltimbanco. L’avventura della poesia a Firenze tra belle époque e avanguardie storiche, a cura di Adele Dei, Simone Magherini, Gloria Manghetti, Anna Nozzoli, Firenze, Olschki, 2008). Il presente volume, che intende più ampiamente diffondere la conoscenza dei materiali presentati nella Mostra del 2008, ora rianimati in forma multimediale dal dvd allegato, trova il proprio antefatto nella citata Introduzione, che è stata notevolmente incrementata e arricchita con nuove testimonianze e accompagnata da un altrettanto ricco corredo figurativo. Quest’indagine sulla civiltà letteraria fiorentina, a cavallo tra Ottocento e Novecento, si presenta come capitolo di storia letteraria, nonché, al tempo stesso, come ricerca di geografia e topografia culturale, di biografia ambientale, intesa a chiarire la vivacissima compresenza, nello stesso perimetro cittadino, di multiformi e antitetiche tensioni intellettuali. Tendenze e metodi critici che si sono affermati con successo in un passato non lontano (formalismo, strutturalismo, semiologia/semiotica, narratologia, decostruzionismo…), hanno alzato una barriera spesso invalicabile tra lo studio del testo e lo studio della biografia autoriale, distogliendo drasticamente dall’approfondimento delle vicende vissute. Nelle pagine che seguono, viceversa, non solo si sostiene la necessità di conoscere la quotidianità anche feriale degli scrittori esaminati, ma si sottolinea con decisione l’interesse non minore che riveste la conoscenza del tessuto civile e ambientale da loro praticato, della filigrana toponomastica, abitativa, bibliografica nella quale i singoli autori hanno agito e operato. Se sottratta all’opacità pulviscolare della cronaca, l’esperienza biografica può essere assunta utilmente in chiave interpretativa. Si tratta di restituire all’arte la sua effettiva, diffusa, integrale storicità, non in senso meramente grammaticale, linguistico, formale. Al di là di siffatta questione metodologica, importa anche chiarire il peso della puntualizzazione storiografica. Per quanto riguarda il breve quanto intenso periodo della dilemmatica coabitazione in Firenze di D’Annunzio e di Palazzeschi (il Vate e il Saltimbanco), dei Pedanti (i professori del metodo storico, famosi e operosi nelle aule severe dell’Istituto di Studi Superiori) e dei Geniali (gli autodidatti d’assalto
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delle riviste militanti, ma anche i moltissimi poeti che da più parti d’Italia e d’oltreconfine vedono nella Firenze vociana, e in parte anche lacerbiana, l’epicentro d’un rinnovamento decisivo), occorre dire che ci troviamo dinanzi a un momento fondamentale per la genesi della nostra modernità letteraria. Cosa significa «modernità letteraria»? Significa che si afferma qui e ora − con una risolutezza esemplare che non ricorre in altro centro della penisola − l’inequivocabile pronuncia d’un protocollo lirico alternativo al classicismo carducciano, al simbolismo pascoliano, all’estetismo dannunziano. Si afferma un autentico ribaltamento rispetto al superomismo del Vate. Il nuovo accento, in chiave antisublime, s’orienta verso due strade essenziali. Una (coltivata nelle pagine di «Lacerba», specie da Palazzeschi, ma non solo da lui) va verso la radicale eversione delle strutture tradizionali, in nome d’un dissacrante umorismo, inteso come gioco irridente e funambolico, ironia e frizzo e lazzo da clown, da trapezista spericolato, tanto da rinnovare il codice espressivo e il catalogo degli oggetti, dei luoghi, delle situazioni poetabili. L’altra va nella direzione del frammentismo e dell’autobiografismo esistenziale vociano (da Rebora a Campana, da Jahier a Sbarbaro, da Boine a Slataper), come illuminante cifra espressionistica, inquieta autobiografia, tormentata interrogazione di sé. Di qui, sempre dalla palestra fiorentina, prendono avvio due esperienze capitali per la poesia italiana del Novecento: il diarismo interiore di Saba e la sillabazione analogica di Ungaretti. La poesia metafisica di Montale è ancora di là da venire, ma si sa che da Firenze è destinata a trarre linfa vitale. L’osservatorio storico-geografico considerato (il capoluogo toscano tra fine Ottocento e Grande Guerra) consente anche di toccare con mano un altro dato non marginale del costume letterario novecentesco. Nel conflitto tra i saggi dell’Istituto di Studi Superiori e gli autodidatti dell’avanguardia si consuma il divorzio tra cultura accademica e letteratura militante. D’ora innanzi, la scuola e la letteratura nuova parlano linguaggi diversi: Nell’età carducciana e anche dopo la scomparsa del Carducci, fino alla guerra libica, se non proprio a quella europea, poeti e prosatori, critici e maestri universitari avevano formato in Italia una sola famiglia. Potevano accapigliarsi, ma non ignorarsi. Nel 1912 col Pascoli era scomparso l’ultimo professore che indiscutibilmente anche fosse un maestro dell’arte […]; il rapporto fra scuola e letteratura, fra tradizione e innovazione non poteva più essere, nell’età dannunziana, quello d’un tempo. I due rami della fami-
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glia erano ormai divisi: il ramo vecchio non aveva più né autorità né controllo sugli arbitri del nuovo. Passata la tempesta della guerra, apparve chiaro che la scuola era tagliata ormai fuori anche dalla critica militante, nonché dalla letteratura1.
L’età dannunziana apre, anche a questo riguardo, un capitolo nuovo, nonostante che D’Annunzio costeggi strumentalmente l’ambito accademico. Certo è che, proprio a Firenze e prima della guerra, tra i venerati Pedanti dell’Istituto di Studi Superiori e gli arrabbiati Geniali d’assalto esplode un conflitto rovente che significa frattura e separatezza. Ma anche al di là dello scontro frontale, risulta chiaro che si afferma in poesia con la generazione dell’Ottanta − valgano, per restare nell’area fiorentina di quegli anni, i nomi di Saba, Govoni, Jahier, Palazzeschi, Ungaretti − una sensibilità nuova che poco o nulla ha ormai in comune con le basi stesse d’una formazione umanistica e classica, educata su testi antichi, greci e latini (nella prosa narrativa la cosa è già avvenuta con la generazione di Verga). Ancora nel capoluogo toscano, nel giro di circa un trentennio, torna a ristabilirsi un punto d’incontro tra filologia universitaria e poesia ermetica, allora all’avanguardia della letteratura militante, ma questo tentativo di rinnovata saldatura non basta a sanare una divaricazione irreversibile, destinata a segnare il corso successivo degli eventi, in campo accademico come in campo letterario. Nel congedare questo volume, frutto d’indagini anche biografiche, bibliografiche e iconografiche di lunga lena, mi è gradito ringraziare quanti hanno contributo operativamente al buon esito dell’iniziativa: in particolare, i ricercatori del Centro di Studi «Aldo Palazzeschi», Stefania Bottini e Giorgina Colli; l’amico Simone Magherini, che ha anche provveduto al corredo figurativo del libro; Angela Giuntini, che nel dvd legge con limpida emozione i testi letterari; il regista Joseph Tamagni, che s’è dedicato al montaggio e alle riprese filmiche con rigoroso entusiasmo. gino tellini Firenze, 5 maggio 2013 Carlo Dionisotti, Varia fortuna di Dante (1966), in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 240-241. 1