Verga e gli scrittori

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biblioteca di letteratura 24

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Gino Tellini è ordinario di Letteratura italiana all’Università di Firenze. Ha fondato il dottorato di ricerca in Italianistica e il Centro di Studi «Aldo Palazzeschi». Dal 1994 tiene corsi alla Scuola Italiana del Middlebury College, negli Stati Uniti (Vermont e California). Ha pubblicato libri su Manzoni, Leopardi, Verga, Fogazzaro, Svevo, Tozzi, sul romanzo italiano otto-novecentesco, sulla parodia, sui metodi della critica letteraria, sul tema del giardino. Ha curato edizioni di Alfieri, Manzoni, Leopardi, Tommaseo, Verga, Palazzeschi («Tutti i romanzi», 2 voll. dei «Meridiani», 2004, 2005). Una scelta dei suoi studi è tradotta in inglese («The Invention of Modern Italian Literature. Strategies of Creative Imagination», University of Toronto Press, 2007).

€ 18,00

Verga e gli scrittori Da Capuana a Bufalino a cura di Gino Tellini

trovare l’appiglio (tematico o stilistico) a cui aggrapparsi per chiarire e spiegare la sua grandezza. Narratore granitico e levigatissimo, nonostante le facili apparenze, è liscio e impervio, come una roccia che non offre punti d’appoggio. Perciò tanto più opportuno giunge l’aiuto di altri scrittori che si sono misurati con lui, assistiti da maggiore o minore acutezza di sguardo. Ma sempre spinti dalla volontà di capire.

Verga e gli scrittori. Da Capuana a Bufalino

Il volume presenta un’ampia antologia di pagine critiche su Verga firmate da scrittori (grandi e meno grandi…). La scelta si attiene al valore interpretativo degli articoli selezionati, con qualche eccezione, tuttavia, per i contemporanei di Verga, ai quali è concesso ascolto con generosità per il credito testimoniale che spetta ai loro interventi. Di tutti i nostri classici, l’autore dei Malavoglia è tra i più difficili da valutare. Non è agevole

Gino Tellini



biblioteca di letteratura collana internazionale diretta da Gino Tellini

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comitato scientifico internazionale Marc Föcking, Universität Hamburg Michael Lettieri, University of Toronto Anna Nozzoli, Università degli Studi di Firenze Pasquale Sabbatino, Università degli Studi di Napoli Federico II Michael Schwarze, Universität Konstanz William Spaggiari, Università degli Studi di Milano Paolo Valesio, Columbia University Antonio Carlo Vitti, Indiana University


Verga e gli scrittori Da Capuana a Bufalino a cura di

Gino Tellini

SocietĂ

Editrice Fiorentina


© 2016 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it ebook isbn: 978-88-6032-374-3 issn: 2036-3559 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Nell’eventualità che passi antologici o citazioni di competenza altrui siano riprodotti in questo volume, l’editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono potuti reperire In copertina: Paul Cézanne, La route tournante, 1877, olio su tela, collezione privata (© 2016 Christie’s Images, London/Scala, Florence)


Indice

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Premessa

verga e gli scrittori. da capuana a bufalino

3

ottocento

5 Francesco Dall’Ongaro, Lettera-prefazione alla «Storia di una capinera» [1871] 7 Ferdinando Martini, «Eva»: «il “fatto” è nulla, l’analisi è tutto» [1873] 12 Vittorio Bersezio, Non fisiologia, ma patologia sociale [1875] 15 Roberto Sacchetti, Non è vero che «Eros» sia immorale [1875] 19 Luigi Capuana, «Vita dei campi» [1880] 27 Id., «I Malavoglia»: «un terribile corrosivo nella nostra bislacca letteratura» [1881] 33 Id., «Novelle rusticane» [1883] 37 Carlo Del Balzo, «Non parole, ma sensazioni passate per la carne» [1880] 40 Salvatore Farina, Sulle «Novelle rusticane» [1883] 43 O. Rabasta [Remigio Zena], «Audacia di forma» e «energia di pensieri» [1883] 46 Edoardo Scarfoglio, Lo «scoppio del sentimento umano» [1883] 50 Giuseppe Giacosa, «Cavalleria rusticana» [1884] 53 Chiquita [Matilde Serao], «La folla pare colpita d’immobilità» [1884]


56

61

E. Samigli [Italo Svevo], Gesualdo: sempre vincitore, ma mai felice [1889] primo novecento

63 Federigo Tozzi, Giovanni Verga e noi [1918] 68 Luigi Pirandello, «Non c’è via di scampo in altra realtà» [1920] 74 Vincenzo Cardarelli, A proposito di Verga [1920] 76 Federico De Roberto, Stato civile della «Cavalleria rusticana» [1921] 91 Id., Le ultime ore di Giovanni Verga [1923] 100 Pietro Pancrazi, L’esempio di Verga [1920] 105 Riccardo Bacchelli, Per la morte di Giovanni Verga [1922] 110 Id., La vita, le opere e i paesi di Verga [1922] 114 Id., L’ammirabile Verga [1932] 118 David H. Lawrence, Un «fascino strano e profondo» [1922] 129 Giuseppe Antonio Borgese, Giovanni Verga [1923] 132 Elio Vittorini, Scarico di coscienza [1929] 135 Ugo Ojetti, «Uno della folla» [1931] 142 Massimo Bontempelli, «La discesa alle radici della vita» [1940]

151

secondo novecento

153 Italo Calvino, Lucido pessimismo [1955] 156 Vitaliano Brancati, L’orologio di Verga [1955] 168 Pier Paolo Pasolini, Noterella su una polemica Verga-Di Giovanni [1956] 172 Leonardo Sciascia, Verga e il Risorgimento [1960] 177 Id., Verga e la memoria [1977] 187 Emilio Cecchi, Lettere d’amore [1962] 192 Eugenio Montale, Verga e Svevo [1925-1963] 195 Id., Disavventure editoriali di Verga [1967] 199 Mario Pomilio, «Il bruciore della nostra realtà quotidiana» [1963] 203 Alberto Arbasino, Il mago della pioggia [1977] 215 Edoardo Sanguineti, Il mito verghiano [1978] 222 Id., Il segreto ultimo del realismo [1979] 226 Guido Ceronetti, Verga e il mistero dello stile [1979] 228 Carlo Cassola, La marea di Verga [1981]


231 Pietro Citati, Il mistero di Verga [1982] 236 Vincenzo Consolo, Un castello di vigilia [1982] 242 Id., Le foto sul comò [1991] 245 Gesualdo Bufalino, Giovanni «dalla Banda Nera» [1989] appendice 255 Ugo Ojetti intervista Giovanni Verga [1895] 261 Abbreviazioni bibliografiche 267 Indice dei nomi



Premessa

credo che i migliori critici siano gli scrittori. (Cassola 1981, p. 259) Come sempre, quelli che possiamo chiamare «i gesti critici» di un artista, di un poeta […], sono più indicativi e significanti della critica dei critici […]: di quello che si è scritto su Verga, migliaia di pagine sono inutili. (Sciascia 1977, pp. 3-7)

Senza condividere i giudizi netti espressi da Carlo Cassola e da Leo­ nardo Sciascia nei passi sopra riportati, mi sembra di dover affermare che, per limitarmi alla mia personale esperienza, leggo sempre con sollecito e vivissimo interesse i giudizi di critica letteraria formulati da scrittori su altri scrittori. Mi appassiona il dialogo tra persone del mestiere, che omettono l’inessenziale, prologhi o preamboli, e parlano invece, con chiarissima concretezza, di cose particolari e di aspetti pratici. Molti scritti su Verga si devono a critici di professione, tanti dei quali non sono accademici, e si leggono con grande profitto. Molti altri scritti su Verga portano la firma di accademici, e non pochi risultano illuminanti, ma per buona parte bisogna riconoscere che rendono ragione dell’insofferenza dichiarata da Sciascia («… migliaia di pagine sono inutili»). Sciascia si dichiarava insofferente nel 1977: oggi la crescita di simile saggistica accademica s’è sviluppata in modo esponenziale. Ecco allora, una ricca silloge d’interpretazioni di Verga proposte


xii    verga e gli scrittori

da scrittori (grandi e meno grandi…). La scelta non aspira all’esaustività bibliografica, né alla completezza informativa, bensì si attiene, come parametro selettivo, al valore critico-interpretativo degli articoli selezionati, con qualche eccezione, tuttavia, per i contemporanei di Verga, ovvero per i suoi compagni di strada, ai quali s’è concesso ascolto con più generosità per il credito testimoniale che spetta ai loro interventi (da Francesco Dall’Ongaro a Ferdinando Martini, da Vittorio Bersezio a Roberto Sacchetti, da Carlo Del Balzo a Salvatore Farina, a Edoardo Scarfoglio). L’aver privilegiato il rilievo critico-interpretativo degli articoli ha comportato, com’è facile immaginare, non poche esclusioni, in merito a tanti articoli anche di gradevole e istruttiva lettura, ma nondimeno puramente esornativi. Credo che Verga, tra i classici del nostro canone letterario anche scolastico, sia uno degli autori più difficili da capire, da interpretare, da presentare al grande pubblico. Quando si è detto che, nella sua opera più significativa, egli rappresenta le condizioni di miseria e di sofferenza degli strati sociali più umili della Sicilia, si è detta una cosa vera, ma non si è detto ancora nulla dello scrittore: infatti, anche l’inchiesta di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, La Sicilia nel 1876 (Firenze, Barbèra, 1877, 2 voll.) documenta l’arretratezza dell’isola, con stupefacente quantità di materiali, eppure non è un’opera letteraria. Quando si è detto che Verga usa un linguaggio originale, vicino al dialetto siciliano, si è detta un’altra cosa vera, eppure non si è detto ancora nulla sulla sostanza dello stile verghiano: infatti, una miriade di scritture otto-novecentesche attinge a patine dialettali, senza che per questo s’innalzi d’un palmo dal piano del più inerte documento sociologico. Quando si è detto che Verga rappresenta la realtà così com’è, che coglie al volo gli aspetti più comuni della vita quotidiana e li mette tali e quali sotto gli occhi del lettore, non è vero che non s’è detto nulla, perché s’è detta, invece, una sciocchezza, in quanto la realtà di per sé non è in nessun modo. È sempre come la s’interpreta. Per non dire, del resto, ch’è impossibile riportare sulla pagina scritta, tali e quali, le cose della vita reale: in ballo – cosa ovvia, ma per Verga (non si sa come…) va sempre ripetuta – c’è sempre un problema di stile. Tutto sta nel trovare lo stile che crea l’illusione della realtà. Chi riesce a creare tale illusione, riesce anche a dare credito alla propria interpretazione della realtà come se fosse l’unica vera. Invece è sol-


Premessa   xiii

tanto una, una delle tante. Chi riesce a creare tale illusione, può anche far credere di essere impassibile dinanzi al dolore e alla miseria, invece questo esibito distacco non è che un modo per rendere più efficace (perché taciuta e riversata nei modi della rappresentazione) la propria amara, aspra, acuminata indignazione, la propria sofferta compartecipazione. Altro che impassibilità! Davvero, scrittore difficile, Verga. Sulla società dell’Italia postunitaria, ovvero sul modo di essere della modernità, sul mito della roba e della moneta, sul conseguente quanto esclusivo primato del lucro, del possesso, dell’antagonismo, della sopraffazione, della violenza, ha formulato in cuor suo un giudizio acre e sprezzante, sconsolato e senza appello, ma non senza profonda pietà verso i perdenti, verso le vittime incolpevoli che restano per via (Jeli, Rosso Malpelo, Maruzza, Mena…). Quanto agli altri, i presunti vincitori (i Mazzarò…), li ha guardati fissamente negli occhi e li ha accompagnati passo passo nelle tappe della vita, fino al capolinea (come Gesualdo…), augurando loro tutto il male immaginabile. Altro che impassibilità! Si aggiunga che i suoi personaggi sono tutti mediocri, raso terra, senza ideali, con minime aspirazioni; nelle sue opere non si dibattono questioni morali, né sociali, né politiche. E dunque? Non agevole trovare l’appiglio (o tematico, o stilistico) a cui aggrapparsi per chiarire e spiegare la sua grandezza. Narratore granitico e levigatissimo, nonostante le facili apparenze, Verga è liscio e impervio, come una roccia che non offre punti di presa. Quelli più visibili, non consentono presa sicura, ma sporgenze ingannevoli. Assomiglia, per questo verso, a Leopardi. Pareti di sesto grado. Provare per credere. Anche la sua biografia è serrata, inespansiva, misteriosa, chiusa in un solitario silenzio (l’amore per il silenzio è un altro tratto che lo avvicina a Leopardi). Indecifrabile e muto negli affetti privati, salvo la giovanile, confidenziale intimità della corrispondenza con la madre e la ruvida dimestichezza dei colloqui epistolari con Capuana. Perciò tanto più fruttuoso può risultare l’ausilio che viene da altri scrittori che si sono misurati con lui, spinti da maggiore o minore simpatia, sorretti da maggiore o minore acutezza di sguardo. Ma sempre motivati dall’intenzione di capire. Non più che un ausilio. Perché i testi che in questo libro si possono leggere sono lontani dal risolvere quesiti e lontani dall’offrire soluzioni. Molto spesso, anzi,


xiv    verga e gli scrittori

con lodevolissima libertà antidogmatica e antiaccademica, sollecitano dubbi e domande, giacché, anche su vertenze decisive, propongono risposte divergenti, quando non antitetiche. A riprova della mutabilità organica, della relatività, della storicità di ogni giudizio letterario. Ma insieme anche a riprova che l’arte di Verga è scoglio non facile da decifrare. Si afferma di solito che uno scrittore quando parla d’un altro scrittore, mentre sembra che stia trattando argomenti che riguardano il collega, sta in effetti parlando di se stesso e della propria opera. Il che risponde a verità, in buona sostanza, ma ciò non toglie, tuttavia, né il piacere né l’utilità che può discendere dalla lettura dei suoi interventi. Per comodità espositiva, le pagine qui presentate sono suddivise in tre sezioni cronologiche, quantitativamente omogenee: Ottocento, Primo Novecento, Secondo Novecento. Non sembri, infine, fuori luogo l’aver incluso in Appendice la bellissima intervista rilasciata da Verga a Ugo Ojetti, nell’agosto 1894, a Milano. Il presente volume raccoglie articoli critici di scrittori su Verga, e non dichiarazioni di poetica dell’autore. Però occorre riconoscere che se un’intervista appartiene per certo all’intervistato, appartiene, in qualche buona misura, anche all’intervistatore. Le risposte rilasciate da Verga sono cosa sua, però nascono da domande poste da Ojetti. Senza le une, non ci sarebbero le altre. E al giovanissimo intervistatore è bene tributare il riconoscimento che merita. Firenze, gennaio 2016 Gino Tellini


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