STRATEGIE
PRICING STRATEGY. Monetizzare il valore per massimizzare i profitti. Terza puntata
La cascata dei prezzi Soprattutto quando si vende attraverso un canale indiretto è bene disporre di un listino da cui partire per arrivare a ottenere il miglior prezzo in ogni transazione eliminando perdite di profitto di Danilo Zatta
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i fronte alla domanda se applicare un listino dei prezzi lordi da scontare o dei prezzi netti, ossia dei prezzi già scontati, la risposta dipende da come si intende impostare il rapporto con i clienti. In genere, disporre di un listino è particolarmente indicato quando si opera tramite un canale indiretto, ovvero non si vende direttamente al cliente finale bensì a un rivenditore, per ottenere maggiore influenza e competenza in materia di determinazione del prezzo. La price waterfall è alla base della vendita tramite listino.
Che cos’è la price waterfall La cascata che porta dal prezzo di listino lordo a quello netto, la price waterfall, fornisce una misurazione del prezzo di transazione conseguito, andando oltre il semplice prezzo pubblicato sul listino. Ciò permette di verificare quanto i venditori siano stati bravi a difendere il valore del prodotto proteggendolo da erosioni in forma ad esempio di sconti, abbuoni o premi. In altre parole, è uno strumento per conservare la redditività dell’azienda, che identifica e visualizza le perdite di margine. Rispetto al pricing basato sul cost plus, dato dal costo più un margine, in questo contesto non vi è un target price definito a priori. Per costruire una price waterfall si devono raccogliere, analizzare e sintetizzare tutti i dati relativi a costi e prezzi disponibili in azienda. La price waterfall permette alle aziende di ottenere il miglior prezzo in ogni singola transazione dopo aver identificato le perdite di profitto in corrispondenza di diversi livelli di prezzo: prezzo di listino, prezzo in fattura, prezzo netto (al netto degli sconti),
prezzo netto netto (al netto di sconti e premi, detto pocket price) e margine netto netto (detto pocket margin). Fornisce dunque una schematizzazione del processo che porta il produttore a ottenere il miglior prezzo netto risultante da ogni transazione attraverso l’individuazione di dispersioni sui diversi livelli di prezzo a partire da quello di listino.
Come si realizza Tre le fasi per costruire la cascata dei prezzi. La prima è quella della preparazione di un apposito progetto. Per realizzare la price waterfall è infatti necessario identificare all’interno dell’azienda gli esperti da coinvolgere, tipicamente provenienti dal marketing, dalle vendite e dalla funzione finanziaria. Sempre più spesso si coinvolge però anche l’It, visto l’impatto che la price waterfall ha sui sistemi informatici interni. La durata di un progetto di lancio o di ottimizzazione della cascata dipende da molti aspetti, ad esempio dal sistema di gestione dei prezzi in vigore o dalla disponibilità di dati. In media dura 2-3 mesi. La seconda fase consiste nello sviluppo concettuale e si suddivide in due parti: identificare i principali obiettivi della price waterfall; sviluppare la struttura della cascata e di tutti gli elementi. Nella prassi molte aziende commettono lo sbaglio di non definire con precisione gli obiettivi e questo può far sorgere problemi una volta implementata la cascata dei prezzi: si scopre che mancano importanti informazioni in quanto diversi elementi non sono stati definiti in maniera adeguata. Il principale obiettivo della price waterfall deve essere chiaramente quello di identificare ed eliminare perdite di profitto. Ulteriori obiettivi possono essere: segmentare i clienti in base alla redditività; sviluppare un nuovo approccio per misurare
Danilo Zatta, Partner & Managing Director in The Boston Consulting Group, società leader nella consulenza strategica, è uno dei massimi esperti mondiali di top line growth e pricing. È anche autore del libro Le basi del pricing, Hoepli 2016. Può essere contattato via mail: zatta.danilo@bcg.com
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Price waterfall: la cascata che porta al prezzo netto Indice prezzo/costo 120 100
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10 100
40
80
8
10
70
52
20
30 8
0 Prezzo di Sconto in Prezzo in listino fattura fattura
Sconto fuori fattura
Prezzo netto
Costi di Costi dei transa- servizi zione
Pocket price
Costi di produzione
Costi di gestione
14 Pocket margin
Fonte: D. Zatta, Le Basi del Pricing, Hoepli
I vantaggi del listino prezzi
1.
Negoziazione basata sul valore. La frammentazione del prezzo in più parti permette alla forza di vendita di utilizzare più leve di negoziazione per ottenere il prezzo migliore. Inoltre, offrire sconti funzionali e premi permette di allineare clienti e distributori alla politica commerciale aziendale, incentivando comportamenti e azioni desiderate.
2. 3.
Maggiore controllo. Un listino prezzi fornisce una base per gestire in maniera sistematica e disciplinata il processo di pricing.
4.
Incremento dei profitti. Tramite una price waterfall si identificano perdite di profitto a livello di singoli clienti, prodotti e transazioni, permettendo di realizzare il miglior prezzo per ogni transazione. A tal fine è necessario analizzare dove si perde marginalità (spesso a causa di sconti discrezionali fuori fattura) e adottare delle contromisure.
5.
Trasparenza. Si ha maggiore chiarezza su come vengono differenziati i prezzi e di quanto gli sconti vengano concessi in maniera coerente a clienti con potenziale simile.
Migliore pianificazione. Partendo dal listino il prezzo lordo può essere scomposto in una serie di elementi che portano al prezzo netto. Ciò permette di confrontare il prezzo obiettivo raggiunto su diversi livelli.
Le basi del Pricing, D. Zatta, Hoepli 2016
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la performance della forza vendita sulla base della profittabilità di singole transazioni. Una nota azienda ha così definito gli obiettivi della price waterfall: «Sviluppare un processo sistematico per determinare quali prodotti e servizi vanno offerti a quali clienti, a che prezzi, tramite quali canali, al fine di massimizzare i profitti e mantenere la base dei clienti». La price waterfall permette quindi di combinare più obiettivi e visto che questi ultimi determinano la struttura e la granularità della cascata dei prezzi, devono essere concordati in maniera univoca sin dall’inizio.
Infine, si deve determinare la struttura della cascata dei prezzi, ossia quali elementi di prezzo e quali di costo ne debbano far parte e come debbano essere definiti. Nonostante non vi sia una struttura genericamente applicabile a tutte le aziende, sono quattro gli elementi tipici da tenere in considerazione. Prezzo di listino. Ogni cascata dei prezzi inizia con il prezzo di listino (o prezzo lordo). Anche l’azienda che non utilizza un listino prezzi per i clienti, dovrebbe comunque definirne uno interno per gestire il processo di pricing, ossia il processo che permette di definire la strategia, la determinazione e l’implementazione dei prezzi. Il listino deve riflettere il valore dei prodotti, il posizionamento e la forza competitiva, prendendo in considerazione sconti e premi nonché i servizi erogati gratuitamente ai clienti. L’esperienza insegna che la funzione marketing è quella predestinata a presidiare la definizione del listino prezzi; tuttavia è importante far leva su tutte le esperienze interne più rilevanti – ecco perché va coinvolta la forza vendita. Prezzo in fattura. Gran parte delle imprese italiane imposta i prezzi in fattura come prezzo di listino meno sconti. Ciò tuttavia non indica la vera marginalità di una transazione in quanto non prende in considerazione né gli sconti non menzionati direttamente in fattura né i costi specifici per servire i singoli clienti, ad esempio ulteriori costi transazionali dovuti al non rispetto di ordini con quantitativi minimi. Ciononostante il prezzo in fattura resta un importante elemento della cascata dei prezzi in quanto i venditori di solito lo negoziano con i clienti. Prezzo netto. Per garantire che tutti gli sconti siano contemplati nella cascata dei prezzi, vanno identificati sia quelli in fattura sia quelli fuori fattura. Per un controllo e un monitoraggio ottimali, ogni sconto dovrebbe essere rappresentato da un singolo scalino della cascata. Di conseguenza, un prezzo netto va calcolato come la differenza tra il prezzo in fattura meno tutti gli sconti fuori fattura. Questi ultimi possono variare molto e i venditori hanno una forte influenza su di essi. In un recente progetto ho notato che i venditori concedevano forti sconti discrezionali fuori fattura e non troppi in fattura, in quanto il loro premio era basato sugli sconti
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in fattura. L’impresa non ne era consapevole fin quando non è stata implementata una price waterfall che ha permesso di mettere a nudo gli sconti nascosti, misurando così la reale profittabilità della transazione. Pocket price. Indica ciò che l’azienda guadagna in una transazione. Corrisponde al prezzo netto meno tutti i costi specifici del cliente, che comprendono: costi di transazione (trasporto merci, ordini urgenti, ordini non standard ecc.) e costo del servizio (team di vendita, servizio clienti, formazione, promozioni, crediti ecc.).
La “qualità” del prezzo netto Operare esclusivamente in base a prezzi netti evita di dover impostare e gestire un listino prezzi; tuttavia, così non si hanno informazioni sulla “qualità” del prezzo netto. Inoltre, i prezzi netti devono essere ricalcolati a ogni transazione. Il listino d’altro canto, a fronte di questo svantaggio, offre una serie di vantaggi: ad esempio, permette di incentivare adeguatamente i propri partner commerciali. Aziende che vendono tramite distributori possono differenziare gli sconti concessi: una percentuale di sconto può essere data se il partner commerciale compra più prodotti (incentivazione del crossselling), oppure se posiziona in una certa maniera i prodotti a scaffale nel punto vendita (incentivazione del sell out), oppure se favorisce la vendita dei prodotti a maggiore marginalità. Un’osservazione per concludere: la gestione dei prezzi transazionali di rado è al centro dell’attenzione dei vertici aziendali, in quanto è legata a un elevato grado di dettaglio della gestione del profitto. Tuttavia l’ottimizzazione della gestione dei prezzi tramite listino o prezzi netti è quella che tipicamente ha il maggior impatto sui profitti dell’azienda. Il top management dovrebbe dedicarvi la massima attenzione.
PENSARE DIFFERENTE
La curiosità paga
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ra le molte virtù manageriali ne esistono due fra loro contrapposte ma non antagoniste, comunque necessarie per essere un buon negoziatore: riservatezza e curiosità. Entrambe devono essere dosate in modo diverso nel tempo e nelle occasioni di dialogo. All’inizio della carriera manageriale premia di più la curiosità rispetto alla riservatezza, mentre quando si è all’apice dell’organizzazione le due virtù vanno sviluppate entrambe al massimo. Essere riservati significa non esplicitare e diffondere notizie e informazioni riguardanti la propria azienda. Di fronte a un cliente, è meglio essere riservati dando enfasi, soprattutto o solo, al prodotto o al servizio che si vuole offrire. La riservatezza è caratteristica delle persone sagge ed equilibrate che ascoltano più che parlare, che non esprimono giudizi o non danno consigli se non espressamente interrogate. Questo modo di agire aumenta l’autorevolezza del negoziatore, che verrà giudicato da chi lo osserva: persona affidabile anche se un po’ enigmatica. Curioso è colui che pone domande per scoprire fatti e atteggiamenti dell’interlocutore (sperando che non sia troppo riservato!) e avere dati riguardanti la strategia e l’operatività dell’azienda o per conoscerne meglio convinzioni e opinioni. Nella cultura dominante degli strati sociali più evoluti, il curioso viene solitamente criticato perché si interpreta la domanda (qualsiasi domanda) come un’indebita ingerenza non considerando che la difesa alle troppe domande sta nelle risposte che si vogliono (più che si devono) dare. Ma chi è curioso si arricchisce di conoscenze che l’indifferente non avrà mai, e grazie alle quali potrebbe ottenere informazioni essenziali per risolvere molti problemi. Fior di colloqui di assunzione o di dialoghi fra colleghi che devono collaborare si concludono con domande (e risposte) banali e scontate quando
una maggiore curiosità permetterebbe di conoscere meglio l’interlocutore, capire meglio (e prima) i suoi problemi, le sue ansie, le sue preferenze. Quante dimissioni hanno luogo solo perché il manager non ha fatto alcune domande relative allo stato di insoddisfazione del dimissionario. Un’indagine promossa dalla società Gram, nel 2016, e rivolta a un gruppo qualificato di consulenti d’impresa alla domanda: «Qual è la capacità più utile e a maggior valore aggiunto per il vostro mestiere?» ha ottenuto come risposta quasi all’unisono: «Fare domande». Si può opinare sulla conclusione così uniformemente diffusa, in un ruolo di consulente, aggiungendo che l’affermazione vale solo per domande giuste e non generiche, mirate ad approfondire il problema. O anche: pensare che un conto è essere consulente e un altro essere manager d’impresa. Ma la domanda da porsi è: perché ho bisogno di un consulente per avere risposte che probabilmente troverei da solo, se soltanto mi sfidassi a farmi le stesse domande che il consulente mi farà? Un corretto indicatore del rapporto fra domande e risposte nell’incontro fra due interlocutori si può calcolare a posteriori e quando ciò è stato fatto ha quasi sempre prevalso, a parità di successo della negoziazione e di valore aggiunto nei risultati, la maggiore numerosità delle domande. Lo confermano i più esperti e validi professionisti commerciali molto attenti nella fase di progettazione dell’incontro con il cliente. Fare più domande significa avere più informazioni per decidere quale alternativa sia quella che dà il maggior ritorno in termini economici. Un buon bilanciamento fra riservatezza e curiosità determina il successo di qualunque negoziazione. di Riccardo e Maria Ludovica Varvelli varvelli@varvelli.com
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