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SCUOLE MEDIE - L’istituto Comprensivo “Gavazzeni” di Talamona si rinnova!

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ANTICHE TRADIZIONI

Gli eventi ci hanno portato alla scoperta di antiche tradizioni, che hanno dato lustro alla nostra amata frazione di Cevo; luogo di antiche rimembranze mai dimenticate. Tra le più frequenti il tradizionale movimento dei batacchi delle campane nel periodo della festa della Madonna del Carmine. Tale suono sincronizzato è prodotto da corde ferrate disposte in maniera tale da produrre delle vibrazioni ed azionate da persone che si prendono l’incarico di contribuire a mantenere viva questa consuetudine cimentandosi con alternanza nei giorni precedenti la festa. La tecnica è basata nell’azionare con movimenti a cadenza le corde collegate al batacchio, pendulo di ferro, delle campane. Si crea un movimento ritmato e continuo con la consapevolezza di svolgere una armoniosa sensazione che si espande nell’aria dando quel tocco di religiosità. Queste tradizioni, come tante altre, hanno nel loro svolgere periodi secolari che si perdono nel tempo. Qui di seguito alcune foto di persone propense alla continuità della tradizione

Pino Cerasa

1982 MARIO SOLDATI IN VISITA A CASPANO

Quarant’anni fa, nell’estate del 1982, il famoso scrittore, sceneggiatore e regista Mario Soldati (1906-1999), fu invitato dalla Banca Popolare di Sondrio a visitare la Valtellina e a lasciare memoria di quel viaggio in un libro che venne pubblicato nel 1985 col titolo L’avventura in Valtellina. Curiosando tra le 200 pagine del volume, mi imbatto nel capitolo intitolato “La costiera dei cèch”, nel quale Soldati racconta della sua visita a Caspano. «Saliamo alla costiera dei cèch. […] Si sale a tornanti. Andiamo un po’ in giro dappertutto, attraversiamo uno dopo l’altro tutti i villaggi: Dazio, Civo, Mello. L’altopiano si allarga in conche dolcissime, in declivi erbosi, fioriti, riposanti. È un eden campagnolo, una natura che, dal fondovalle era assolutamente imprevedibile: la nascondeva, a chi stava sotto, il ripido, roccioso, cupo fianco della valle principale. Insomma, una sorpresa di infinita vaghezza». Giunto a Caspano, l’attenzione di Mario Soldati viene colpita da tre elementi: «la bella chiesa barocca», il palazzo Parravicini («scuro, tetro, a picco sul vuoto come un castello, di costruzione rinascimentale […] quasi diroccato») e le molte macchine targate Roma che affollano la piccola piazza. È la sua guida Walter Togno a spiegargli che «quelle macchine targate Roma sono dei cèch, ma noi ormai non li chiamiamo più cèch, li chiamiamo semplicemente romani: sono originari di qui, emigrati tanti anni fa, molti sono anche nati a Roma, e vengono qui per le vacanze e per le feste natalizie». L’osservazione del Palazzo Parravicini lascia Soldati visibilmente deluso. L’imponenza e la solennità classica dell’architettura gli sembrano in forte contrasto con il deperimento, la rovina e i numerosi interventi che gli occupanti hanno effettuato senza alcun tipo di controllo. Viene accompagnato da una ragazza all’interno di uno di questi appartamenti, dove lo accolgono un ferroviere di Morbegno e la moglie. Un enorme camino con lo stemma dei Parravicini attira la sua attenzione, così come gli incongrui restauri che i provvisori occupanti hanno effettuato nei loro appartamenti. Soldati dava per certo che il palazzo sarebbe crollato prima del Duemila; non è stato così, per fortuna, ma è inevitabile osservare che Palazzo Parravicini è rimasto esattamente come lo vide Soldati e rimane ancora attuale la domanda che lo scrittore si poneva quarant’anni fa: «Non sarebbe possibile e anzi doveroso restaurare, salvare, conservare […] il Palazzo Parravicini, il più bello e il più grande della meravigliosa costiera dei cèch»?

Domenico Flavio Ronzoni

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