Silvia beltrami punti di fuga

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Punti di fuga Silvia Beltrami 25 novembre 2016 - 7 gennaio 2017

Testo di

Giorgio Bonomi Design Silvia Beltrami e Emanuela Pitti Crediti fotografici Silvia Beltrami

Š 2016 Costantini Art Gallery S.r.l., Milano Š 2016 Silvia Beltrami Finito di stampare nel mese di novembre 2016 Tiratura 100 esemplari A cura di

Costantini Art Gallery S.r.l. Via Crema, 8 - 20135 Milano Tel/Fax +39 02 87391434 costantiniartgallery@gmail.com


I colages di Silvia Beltrami

di Giorgio Bonomi

È difficile, nel panorama odierno dell’arte emergente, trovare chi sappia coniugare l’abilità manuale (quella famosa “tékhne”, parola con cui i Greci antichi indicavano l’“arte”) con la capacità di innovazione linguistica (frutto di un’attenta ricerca) e con un’individuazione di tematiche (il contenuto dell’opera) attuali e tali da suscitare nell’osservatore pensieri e riflessioni: ecco, tutti questi aspetti si possono trovare nella poetica e, naturalmente, nelle realizzazioni di Silvia Beltrami. L’artista – per altro abilissima disegnatrice e capace di dipingere immagini naturalistiche “perfette”, ma queste vengono eseguite solo saltuariamente per “esercizio della mano” – lavora con il collage di ritagli di carte, le più svariate (di giornali, riviste, carte da parati ed altre ancora): con questi “ritagli”, che appaiono come le tessere di un mosaico, Beltrami articola nei sui lavori, portati avanti con una coerenza rigorosa da alcuni anni, un discorso su tavole di faesite, mentre prima lavorava su “strappi d’affresco”, cioè utilizzando quella classica tecnica raffinatissima per preparare i fondi su cui poi applicava le sue figure. Beltrami opera, dal punto di vista dei contenuti i quali, ovviamente, influenzano anche la tecnica realizzativa, per “serie”. Prima di addentrarci nell’analisi delle serie recenti, occorre evidenziare che le sue composizioni appaiono come una sorta di “esplosione” che “dissemina”¹ i pezzi o i protagonisti stessi di quell’immagine (idealmente) originaria, apparendo dialetticamente con un duplice movimento: per un verso sembra che l’esplosione, una specie di big bang, provochi una forza centrifuga “dispersiva” che dal nucleo mette in orbita o in fuga lineare le particelle; per un altro invece l’immagine può apparire come dotata di una forza centripeta per cui quei singoli frammenti vengono “risucchiati” dalla figura o figure centrali, in una sorta di attrazione magnetica o assorbimento in un “buco nero”, per usare ancora termini presi in prestito dalla fisica. Il lavoro paziente della costruzione crea effetti coloristici notevoli, come se l’artista facesse una rilettura contemporanea della tecnica degli impressionisti o, ancor meglio, dei pointillisti, fondata su piccole pennellate che, accostate, rendevano la


luce, il colore, lo spazio, il movimento, l’immagine. Così la composizione è assai articolata e complessa, e sempre presenta l’essere umano al centro dell’attenzione, sua e dello spettatore. Ed ancora. L’artista non “disegna” prima l’immagine per poi “costruirla” con i frammenti di carta, ma procede direttamente a creare i soggetti rappresentati: questa modalità di operare testimonia come la tecnica “collagista” non si ponga come “ancillare” al disegno ma sia essa stessa un modo di disegnare e di dipingere nello stesso tempo. Insomma i “pezzetti” di carta colorata hanno la medesima funzione del pennello e dei colori che si utilizzano per comporre sulla tela l’opera. Ma c’è di più. Beltrami non preleva dal “magazzino” dei suoi materiali, cioè dai giornali, dalla carta da parati eccetera, le immagini già definite ma solo piccoli elementi colorati, quindi, se vediamo un viso o un corpo sul quadro con i loro lineamenti e colori, questi non provengono da una fotografia di viso o di corpo stampata e ritagliata dall’artista bensì sono “composti e colorati” con quei pezzetti che così fungono da matita oltre che da pennello e colore. Forse, è proprio perché ha praticato la tecnica dell’affresco in cui si deve “attaccare” il colore al fondo, che i suoi collages si offrono come “dipinti”, non solo alla vista ma anche al tatto, tanto le “tessere” sono aderenti al supporto. Possiamo, a questo punto, esaminare gli ultimi lavori di Beltrami, ragionando sulle problematiche che i suoi contenuti esprimono. Le prime opere di cui ci occupiamo sono quelle intitolate Rave (del 2011 e 2013) e del più recente (2016) Rave-party, tema caro all’artista: “Rave” originariamente significa “delirio”, “furia”, e solo poi (all’incirca dagli anni ’80) acquista il significato di “festa libera”, “trasgressiva” e, come tale, “pericolosa”, infatti spesso leggiamo di incidenti anche gravissimi durante o dopo i Rave Parties. Qui i protagonisti di queste opere – che sembrano essere come Paolo e Francesca² che, nella costruzione ultraterrena dantesca, precisamente nel girone dei lussuriosi, sono perpetuamente trascinati dal vento, – non manifestano l’allegria della festa, ma proprio quella “tragicità” delle situazioni al limite ed extra legem quali sono quelle che si verificano nel Rave Party (ma forse anche nelle condizioni giovanili di oggi che non sembrano dare “allegria” o “speranza”); anzi questi soggetti che “danzano” collettivamente in


due, tre, quattro ed anche in gruppo, appaiono nella loro più totale solitudine (pure quest’ultima caratteristica tipica della condizione odierna che sembra, in molti suoi aspetti e situazioni, “socializzante”, come ad esempio i network, mentre invece lascia completamente “soli” gli agenti e i partecipanti. Da un punto di vista formale la composizione si presenta ora “complessa” con una moltitudine di soggetti che “esplodono” e, al contempo, “implodono”, ora più “semplice”, con le immagini poste su uno sfondo bianchissimo, che fa assumere alla totalità valenze metafisiche e simbolicamente “inquietanti”; nel Rave-Party Beltrami applica la prospettiva del cerchio (l’ellisse) che meglio rende quel senso di “perdita del centro” e, soprattutto, della quasi impossibilità per le giovani generazioni di ritrovarlo, per cui appaiono “senza futuro”. Questa atmosfera “tragica” si evidenzia in uno degli ultimi lavori dell’artista, una costruzione complessa di ventinove pezzi di piccolo formato (cm 25 x 25), collocati a parete a creare una sorta di anamorfosi piana (una visione con una prospettiva diversa da quella centrale), e che rappresentano un ragazzo o una ragazza che sembra “nuotare” nel vuoto, in uno spazio senza gravità (come nelle navicelle spaziali) con espressioni apparentemente sorridenti, ma in realtà il sorriso è più un ghigno, e l’ondeggiare è più un annaspare. Questa indefinitezza, questa insicurezza, questa mancanza di identità, questa ambiguità sono rese con grande efficacia proprio per la tecnica rappresentativa qui usata: la prospettiva anamorfica derivante dall’applicazione grafica del “cubo di Necker”, secondo il quale un lato di un cubo può apparire percettivamente come quello in basso o come quello in alto: così i “ballerini”, protagonisti di questa serie di opere, possono essere visti come “prigionieri” in una scatola, o come “liberi” danzatori su un cubo. Terminiamo questa breve disanima dei lavori di Silvia Beltrami con Panopticon³ del 2014, opera molto pregnante ed emotivamente perturbante, consistente in un dittico in cui, nel primo elemento, abbiamo tre piani accostati in modo “impossibile”, prodotto di un’illusione ottica; nel secondo invece abbiamo un piano, con la prospettiva dall’alto, in cui quella stessa folla che era divisa nel primo, con le braccia e il volto protesi verso l’alto, pare gridare e cercare una via di fuga da un luogo che, come il Panopticon, non è di libertà né di gioia.


Anche in altre opere qui presenti, come Untitled del 2013 e Senza titolo del 2014, i corpi di donna, plurali nel primo (nel quale usa, per la rappresentazione, la prospettiva del cerchio) e duali nel secondo, “lottano” con forze “occulte” – come in rappresentazioni di fantascienza – per “liberarsi” (secondo l’autrice “per l’emancipazione femminile”): la situazione è “caotica” e, ad accrescere il senso di “vorticosità”, Beltrami aggiunge una serie di orbite come quelle degli atomi. Molti dei lavori presenti vogliono esprimere una riflessione sulla condizione femminile: in Self-Portrait, dove l’artista si serve della prospettiva accidentale, cioè di quella tecnica rappresentativa, introdotta da Brunelleschi, per rappresentare gli oggetti inclinati in modo “casuale” (accidentale) rispetto al quadro prospettico; ed ancora in Milk del 2014 in cui abbiamo la riflessione dell’autrice sulla donna, con una composizione affascinante in cui, con la prospettiva a volo d’uccello, l’immagine appare “michelangiolesca”. Abbiamo lasciato, con un metaforico ribaltamento della prospettiva tradizionale, alla fine quello che solitamente si chiarisce all’inizio di un saggio: il ragionare intorno al titolo dello scritto. “Punti di fuga” è una locuzione che appartiene tanto alla matematica (la teoria della prospettiva) quanto alla realtà della vita (luogo per fuggire da un pericolo, materiale o morale) e qui Silvia Beltrami opera appunto sui due significati. Un artista ha idee e sentimenti da esprimere e lo fa (lo deve fare, se è artista vero) usando una forma, questa ora, nei lavori esaminati, è appunto l’applicazione di vari modi in cui si esplica la prospettiva geometrica. Questa, come sappiamo dal Rinascimento in poi, è solo una forma di rappresentazione illusoria che permette di far sembrare tridimensionale un’immagine che si ha su una superficie piana bidimensionale. Ma, ci dice l’artsta, illusione è pure la possibilità di libertà, di poter “dormire”�, mentre il “danzare” è solo un inganno di poter essere felici e spensierati: così, come voleva un grande filosofo nella sua teoria estetica5, abbiamo una perfetta coincidenza tra contenuto e forma, tra l’illusorietà della vita reale e della prospettiva. E non possiamo terminare questo nostro saggio senza sottolineare con forte convinzione come tutta l’opera di Silvia Beltrami si, e ci, ponga non solo i “problemi” umani da un punto di vista sociologico ed etico ma anche da quello iconografi-


co, dato che mai è assente, nei suoi lavori, la figura umana: quindi una poetica che fa dell’umanità il suo fulcro, e si tratta di un’umanità certamente né serena né felice, anzi ansiosa e drammaticamente in fuga da sé e dagli altri o che si scontra fisicamente con se stessa e con chi gli capita vicino. Un’arte di “contenuto” che rende lo spettatore “pensoso” e indotto alla riflessione profonda ma, proprio perché è arte visiva, anche comunicata con una tecnica, aderente alla disciplina, sapiente ed efficace.

1 Abbiamo trattato questo concetto nel nostro volume La disseminazione. Esplosione, frammentazione e dislocazione nell’arte contemporanea, Rubbettino Editore, 2009. 2 Dante Alighieri, Divina Commedia, 1304-1321 ca., canto V. 3 Panopticon che significa “osservare (opticon) tutto (pan)”, è il termine con

cui il filosofo e giurista Jeremy Bentham nel 1791 chiamò il progetto di un carcere ideale, nel quale da una torre centrale un solo guardiano avrebbe potuto osservare tutte le celle disposte in cerchio o semicerchio. 4 Ci piace ricordare la frase di Thomas Mann in Tonio Kröger, ripresa dalla

poesia I giacinti di Theodor Storm: “Vorrei dormire, ma tu devi danzare”; metafora della libertà e della felicità senza problemi (il dormire) e del dovere, del restare legato alla dura realtà (il ballare).

5 Si tratta di Benedetto Croce, troppo presto e troppo frettolosamente dimen-

ticato!



Untitled

collage su faesite - cm. 84 x 104


Rave party

collage su faesite - cm. 70 x 100


Rave 22 collage su faesite - cm. 70 x 70




The Necker_10

collage su tavola - cm. 35 x 35

The Necker_5 collage su tavola - cm. 25 x 25


The Necker_25 collage su tavola - cm. 40 x 40

The Necker_18

collage su tavola - cm. 30 x 30


Rave 25 collage su faesite - cm. 50 x 45


Rave 23 collage su faesite - cm. 100 x 150


Untitled

collage su faesite - cm. 43 x 42


Panopticon

collage su tavola - cm. 216 x 287


Milk

collage su tavola - cm. 100 x 80


Self-portrait

collage su tavola - cm. 120 x 180



Silvia Beltrami - Roma 1974; vive e lavora a Desenzano d/G (BS) Mostre Personali 2016 2011 2010 2009 2007

“Punti di fuga” Costantini Art Gallery, Milano “Limbo” Maurer Zilioli Contemporary Arts, Brescia “Silvia beltrami-collages , Rita Siragusa-Sculture” a cura di Ellen Maurer Zilioli - Istituto Italiano di Cultura, Monaco di Baviera (D) “Uomini di Piombo” a cura di Paolo Bolpagni - Casa Galleria Cavalli, Filetto-Villafranca - Massa Carrara “Castelli di carta” Galleria Yellowcake, Bergamo

Mostre Collettive 2016 2015

2014

2013

2012 2011

2010 2009

2008 2007 2005

“Confini & Prospettive” Palazzo Ducale, Lucca “Eau-Fibre-Papier” Villa Dutoit, Ginevra (CH) “Premio Internazionale Limen Arte 2015” sezione a cura di Giorgio Bonomi - Complesso Valentianum, Vibo Valentia “Pulp and Fiction” The Negev Museum of Art, Be’er Sheva (IL) “CODA Paper Art 2015” Coda Museum Apeldoorn, Apeldoorn (NL) “13x18” a cura di Mario Francesco Simeone - La casa di Schiele, Benevento “030 Arte da Brescia” a cura di Dario Bonetta e Fabio Paris - Piccolo Miglio in Castello, Brescia “Spremuta per l’estate” Costantini Art Gallery, Milano “Iside Contemporanea” a cura di Ferdinando Creta - Museo Arcos, Benevento “Tacà insema” Costantini Art Gallery, Milano “The Art and Soul of Paper” Mandell’s gallery, Anterous arts Founda tion, Norwich (UK) ”I nuovi mostri” Costantini Art Gallery, Milano ”The news talent’s” Galleria Marchina, Brescia ”PaperArtContest” Paper Culture Museum, Seoul (ROK) ”Sc’arti” Casa Galleria Cavalli, Filetto-Villafranca - Massa Carrara ArtVerona11 - Galleria Marchina, Verona “Leaf and bound” Burgess hall Art Gallery, Eureka - US-IL “In between” a cura di Shir Meller-Yamaguchi e Anat Turbowhicz Wilfrid Israel Museum of Asian Arts and Studies, Hazorea (IL) Art by Geneve - Ginevra (CH) “Torrefactum 09” Symposio in collaborazione con il museo Würth, Torrecilla en Cameros (E) “V Triennale di Arte sacra Contemporanea” Arcidiocesi di Lecce “Gratis” a cura di Paolo Bolpagni - Castello Grande Miglio, Brescia “Shu-Mok-ji” a cura di Ok-Jin Choi - Paper Culture Foundation, Seoul (ROK) “Triennale Internazionale du Papier” a cura di Patrick Rudaz - Musée de Charmey, Charmey (CH) “Autoriflessioni” Maurer Zilioli Contemporary Arts, Brescia “ In polvere” a cura di Paolo Bolpagni - Palazzo Martinengo, Brescia “2° Biennale d’Arte/Genovarte” Palazzo Stella, Genova “Pink Athena” Galleria Yellowcake, Bergamo “Arte come memoria” Galleria Giòbatta, Brescia



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