SHORT THEATRE

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SHORT THEATRE TRASFORMAZIONI IN ATTO india 20 giugno luglio 2006 artefatti - area 06

RADICALI
teatro
1
accademia degli

teatri del sud

SALA MOSTRE

20 GIUGNOore 20.00 e 23.00

21 GIUGNOore 22.00 e 24.00

Requiescat

di Peppino Mazzotta e Francesco Saponaro studio per una messa in scena da Riposa in pace di Jiří Pokorný regia e spazio scenico Francesco Saponaro con Nadia Carlomagno, Fortunato Cerlino, Francesco Cordella, Peppe Cortese, Sonia Ferriera Barbosa, Peppino Mazzotta, Luciano Saltarelli

Pochi giorni al Natale. Una banda di criminali votati al dio denaro si riunisce per discutere di affari in un anonimo rifugio di montagna. La riunione serve a pianificare, ribadire ruoli, chiarire obiettivi e stabilire dominanze. L’affare è il traffico di carne umana, di clandestini, anime disperate che da est attraversano la Repubblica Ceca per puntare al cuore opulento d’Europa. Leggendo Riposa in pace di Jiri Pokorny vengono in mente i cani da rapina dell’omonimo film di Quentin Tarantino. Il tema della violenza come normalità è il tema forte di Pokorny come lo è, del resto, in Tarantino. I nostri cani da rapina agiscono fuori dalle leggi morali e giuridiche, obbediscono a pochi padroni: tornaconto personale, ricatto, vendetta, disperazione e avidità. Come un branco di iene azzannano la preda in fuga per farla a brandelli e trascinarne le carni sanguinanti nella tana. Avvizziti e gonfi di alcool e coca sono pronti a tutto, anche a calpestare culture e rituali che non riconoscono e a trarre profitto persino dalla morte e dal lutto. Le prede di questi cani rabbiosi sono anime inconsapevoli (turchi, cinesi, kosovari, arabi) che vagano nel buio delle notti di poca luna verso ovest, dove c’è un po’ di spazio e di avvenire in più. Da oriente ad occidente, perché è questa la direzione. Perché gli uomini vanno sempre dall’alba al tramonto: ora l’Europa del benessere, come prima l’America. E da qualche parte, vicino a qualche frontiera, c’è sempre un accompagnatore pronto a farsi Caronte, spinto dall’unico scopo di accumulare la bramata ricompensa: ‘e denare! Viene da chiedersi: è veramente così lontano questo anonimo rifugio di montagna? ..o non nasconde, invece, le sue trame e le sue insidie, qui, a un tiro di Beretta semiautomatica, nei festini bianchi di neve sintetica, dietro le vetrine addobbate, dietro i vetri fumé delle lussuose vetture full-optional, ai crocicchi delle vie, tra i rilievi barocchi delle finestre che s’affacciano sul panorama illustre e beffardo di tutte le nostre agorà?

In questo nuovo studio per una messa in scena saldiamo il lavoro di scrittura e adattamento con quello di regia e interpretazione. Riposa in pace diventa Requiescat, si contamina di mediterraneo. La nostra tessitura drammaturgica evita le ridondanze, scarnifica la scrittura scenica in cinque quadri dando rilievo alla personalità espressiva degli attori e cerca, in sintesi, di aderire all’eloquenza dei loro corpi. L’uso di dialetti e inflessioni meridionali (calabrese, napoletano) non nasce da una valutazione formale di stile ma dal bisogno di rendere vibrante e concreta l’azione, di avvicinarla il più possibile, immergerla nel colore rovente della realtà. Il luogo dell’azione è la sala mostre del Teatro India di Roma, spazio non convenzionale scelto per smorzare il confine tra simulazione e vita. Il pubblico, disposto sui tre lati della sala, partecipa a un azzardo: aprire lievi fratture di improvvisazione, esaltare l’azione ludica intorno al testo, tra comicità e smarrimento. Ci avviciniamo a questa avventura senza l’ansia di strepiti e scossoni tecnologici ma con la solida convinzione che qui, tra noi, c’è solo l’umano, l’attore a sostenerci.

Peppino Mazzotta e Francesco Saponaro, attore e regista ma anche viceversa - oltre la definizione di ruolo - essendo stati entrambi l’uno anche regista, l’altro anche attore. Insieme da più di un decennio, dai tempi della scuola di Palmi. Nel 1995 fondano e codirigono (con Fabio Cocifoglia, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione) la compagnia teatrale Rossotiziano. Progetto cardine di Rossotiziano era lavorare sulle intersezioni tra la scrittura, lo spazio scenico e l’interpretazione degli attori. Quasi un manifesto della compagnia fu attraversare e sondare la vita e l’opera di Pino Pascali, geniale artista dell’arte contemporanea italiana. Il lavoro su Pascali è stato un lungo “viaggio”, da cui sono scaturiti diversi esempi, sperimentazioni di messe in scena, ipotesi drammaturgiche estreme, di cui - alla fine - dopo molti anni, non è rimasto un unico, definito e solitario testo, ma una vero e proprio melange di materiali, un progetto metamorfico. Oggi Pascali è il passato ma il ‘vizio’ di costruire progetti di intersezione tra scrittura (non solo drammaturgia ma anche pittura, poesia o letteratura) e messa in scena è rimasto. Mazzotta e Saponaro lavorano spesso individualmente ma si ri-incontrano molto volentieri sui loro temi cruciali: “scrittura drammatica, messa in scena e interpretazione”, seguendo un’idea di teatro-laboratorio, luogo-non luogo, rituale di interazione tra le arti, per la ricerca di un linguaggio nuovo che non dimentica la centralità dell'attore (attori che tornano spesso nei loro progetti da Francesco Cordella a Fortunato Cerlino, da Luciano Saltarelli a Nadia Carlomagno…). Mazzotta ha collaborato come regista assistente di Saponaro per il Cechov prodotto dal Teatro Mercadante a inizio stagione, poi ha proseguito su altri fronti da Barberio Corsetti ai film del commissarioTV-Montalbano. Saponaro ha messo in scena “wild east”, per TREND, altro progetto di intersezione tra scrittura e messa in scena, di drammaturgia europea che incontra linguaggi e artisti mediterranei. Scegliersi come condizione di libertà estrema che si esplicita sulla scena e nel rapporto, che continua da anni, anche fuori dalla scena. Questa libertà che è teatro e lavoro con attori (tra attori) capaci di restituire, prima di tutto come uomini, l’eccellenza e l’invenzione dell’imprevedibile. Approccio al teatro come qualcosa di attivo, di palpitante, a volte sporco, certamente artigianale

bugulA – autobiografia coreografica di Alessandra Sini e Antonella Sini coreografia Alessandra Sini danza Antonella Sini suono Matthew Mountford immagini Stefano Montinaro luce Max Mugnai ambiente Alessandra Sini e Antonella Sini costumi Francesca Sassi produzione CIULINGA onlus

Il naturale, l’umano sono l’oggetto di un vagare esasperato dentro le possibili impossibilità della comunicazione del corpo, puro, esposto, che pesa e s’impone nello spazio occupandolo impudentemente, il corpo si offre ab aexemplum con tutta la propria memoria esistenziale, per creare comunanza con l’umanità coinvolta, che guarda. Lo sguardo che bugulA predilige è dichiaratamente introspettivo, è una risposta sofferta, che piega la tensione dello spettatore mentre mette a dura prova i limiti tecnici, fisiologici ed emotivi del corpo che danza solo sulla scena. bugulA offre una visione particolaristica, è, se si vuole, una proposta da poter essere condivisa per esorcizzare i “modi duri” della realtà. E’ un percorso di trasformazione che si ferma e si ripete, che riinizia con coraggio forzando i ritmi della coreografia e la “pazienza” del danzatore, una donna.

Se ci fossero le didascalie, la protagonista ci parlerebbe di consapevolezza: essere presenti con coscienza, sopravvivere con coerenza ridefinendo giorno per giorno i propri valori, ci parlerebbe di resistenza: sopravvivere con caparbietà e coraggio, disegnando gli spazi di luce per una serenità che non potrà essere solo passeggera. bugulA non è uno spettacolo d’intrattenimento ma gioca sulla leggerezza e sull’ironia; scopre tratti amari che accosta a sprazzi visionari soprattutto legati alle immagini e ai suoni.

Un debito resta, nelle suggestioni, del tutto personali, che il mondo surreale ed onirico dei personaggi di Haruki Murakami ci suggerisce. E quell’incontro tra oriente e occidente, tra culture del passato e contemporaneità, trova connessione nelle modalità dinamiche di percorrere la danza, di oltrepassare lo stile.

Sistemi Dinamici Altamente Instabili

Sistemi Dinamici Altamente Instabili gruppo di ricerca sul movimento, rivolto alla diffusione di una cultura del corpo ampia, non univocamente legata ai "repertori" della danza, il lavoro si apre a realizzazioni in teatro e performative, più o meno adeguate alla dicitura spettacolo, che tendono a discostarsi da una definizione di genere. Il lavoro segue due linee di interesse: il corpo, attraverso un percorso di ricerca verso fattività ritmico-dinamiche ed espressive (con l’intento di comunicare e non di “narrare”) che delineano una modalità autonoma e originale legata alle specificità del linguaggio-danza; e poi l’esplorazione di altri linguaggi, alcuni solo occasionalmente pertinenti al mondo dello spettacolo, ci porta a contaminare e intersecare la visione coreografica con immagini, elaborazioni acustiche e ambientazioni sonore, presenze plastiche o digitali, animazioni grafiche, che qualificano gli ambienti delle danze, che comprendono le mutazioni della materia corporea e raccolgono l’emozione dell’opera che si costruisce davanti agli occhi dello spettatore. La globalità delle due linee di interesse scopre un lavoro sul sentire contemporaneo in cui la presenza fisica è in ogni momento sull’orlo del non-senso e deve continuamente cercare i gesti per proclamare momentaneamente il proprio diritto di presenza.

produzioni

2006 morsi *2005 esatto-continuum audiovisivo in movimento per danzatori e altro (coproduzione Ciulinga onlus, Grandi Magazzini Teatrali) *2004 bugula - praticamente assente – dial 372886 (coproduzione festival Enzimi) – bianco sincrono-lunazione (con Fortebraccio Teatro) *2003 hapax - transisters *2002/2003 tonine *2002 radomobile (con MK per il Palazo delle Esposizioni di Roma) *2001 itinere.e *2000 gap *1999 bambole bambara - sintonazione *1998 bambara *1997onna-gata a *1996 bambola bambara *1995 rat-atat *1994 acquario in macadam

sistemi dinamici altamente instabili SALA A 20 GIUGNO ore 21.00 21 GIUGNO ore 20.00

Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano indagini su Pre paradise sorry now di Rainer Werner Fassbinder ideazione e regia Enrico Casagrande & Daniela Nicolò consulenza letteraria e musicale Luca Scarlini interpretati Dany Greggio, Nicoletta Fabbri in video Silvia Calderoni e Gaetano Liberti voce off Andrea Riva editing audio e fonica Nico Carrieri ed Enrico Casagrande immagini video Daniela Nicolò e Simona Diacci relazioni e organizzazione Sandra Angelini e Elisa Bartolucci amministrazione Cronopios produzione Motus con il sostegno di Arboreto di Mondaino, CANGO-Cantieri Goldonetta Firenze, Regione Emilia Romagna e Provincia di Rimini note

Last days È dal caos di immondizie e macerie che conclude L’Ospite, - un dopo bomba - che guardiamo ancora l’oggi. Dopo il progetto su Pasolini, l’ultimo e disperato Pasolini di Petrolio e Salò, diamo avvio a un nuovo percorso che scava dentro una serie di scomodi rimossi. Dalla caduta del muro si è inaugurata L’età dei crolli - per citare un bel libro di Marco Belpoliti - e lo spettro del nazismo e della epurazione razziale, non è così lontano come si vuol far credere... “Hitler è sopravissuto!” veniva gridato anche in Twin Rooms! Basta fare una semplice ricerca in internet per accorgersi con orrore di quante migliaia di siti neo-nazisti esistono al mondo, dove è possibile acquistare on-line icone, bandiere, musiche e ambigua oggettistica: un mercato immenso che si intreccia con quello sado-maso e degli snuff-movies… Spesso la sede di questi siti è negli Usa, dove il militarismo si incrocia funestamente agli ideali di patria, razza e famiglia, osannati spavaldamente dall’attuale, spregevole, presidente.

Il rombo dei bombardieri, torna a sorvolarci, inquietante e amplificato, per dirigersi in Iraq, dimentico del bagliore del fungo atomico… e il governo italiano approva, sottoscrive, imita, si adegua: il rombo dei bombardieri è assordante in Italia, sostenuto e sottoscritto da un nuovo papa altrettanto oscurantista e medievale. Siamo disperati e preoccupati per le sorti di questo paese in declino artistico e culturale, e chiediamo umilmente aiuto, pur sapendo che forse non esistono isole possibili, immuni dal fascismo quotidiano che governa le relazioni di potere, anche nell’illuminato contesto teatrale.

Questo progetto è l’ultimo nostro tentativo di resistenza qui, e non a caso, sino ad ora, è stato ospitato solo da luoghi anomali, che a loro modo “resistono”, rischiando, tentando di attuare programmazioni non omologate. È dunque evidente come i Piccoli Episodi nascano intrisi di sconfortante malessere: non ci interessa giungere a uno spettacolo, - non è tempo per intrattenimenti - preferiamo lavorare sul filo del baratro, spostandoci con leggerezza, sempre pronti alla fuga (e alla guerriglia). È un progetto che implicitamente suona come addio a un Italia - sotto regime - in cui sta diventando impossibile sopravvivere per compagnie di ricerca indipendenti come la nostra, e non solo per motivi economici! Abbiamo lasciato anche il nostro spazio prove per avviare una formula nomade, fatta di una serie di residenze consecutive che non avrà fine: ci insediamo come pianta rampicante, come virus, come ospiti invadenti nei luoghi, interagendo con gli interni, mutando con gli spazi e in relazione ai progetti in cui la nostra presenza è inserita. Simuliamo, con pezzi e poveri frammenti, un interno dalla banale normalità, fatto di oggetti, cose, assolutamente riconoscibili, e le facciamo tremare… andiamo a ricercare i segni, le tracce del fascismo ancora predominante proprio nell’infimo, nel quotidiano, perchè “… è nelle abitudini del comune vivere domestico che si annidano i germi che alimentano le ideologie autoritarie…” 1, fra la polvere nascosta sotto i tappeti, dietro i crocifissi e i merletti, nei rapporti di coppia, in quelli tra padri e figli, fra datore di lavoro e dipendenti, e … fra registi e attori. Parallelamente al lavoro teatrale, stiamo realizzando un interminabile video-catalogo con piccole interviste a giovani attori raccolte durante un workshop che affianchiamo alla residenza artistica. Chiediamo loro di descrivere, davanti a una telecamera, un “piccolo episodio di fascismo quotidiano” subito o a cui hanno assistito: stanno emergendo storie inquietanti anche e soprattutto rispetto al relativismo che la parola “fascismo” oggi assume, che è poi tema centrale del laboratorio. In scena invece ci sono due soli attori, Ian e Myra, (Dany Greggio e Nicoletta Fabbri), protagonisti-pretesti, desunti dal testo scritto da Fassbinder nel 1969, Pre paradise sorry now ispirato alle reali vicende di due serial killer inglesi arrestati nel 1966,“The moors murderers“, icone pop delle “coppie assassine”… (Myra è morta in carcere nel 2002, mentre Ian, condannato all’ergastolo, viene tuttora alimentato a forza). Nel corso delle residenze, abbiamo lentamente deciso di rinunciare alla messa in scena del testo per estrapolarne pochi frammenti di dialogo e descrizione, confluiti in un evento scenico destrutturato ed evocativo, che slitta continuamente fra le biografie dei due psicopatici inglesi, infervorati dal fascino per il nazismo e tutte le forme di rigida sopraffazione e intolleranza - tipici della frustrazione sociale delle classi medio basse - e i tanti Ian e Myra che abitano le villette a schiera delle periferie, e ogni giorno si recano in ufficio covando un odio irrazionale, rozzo, sempre proiettato verso qualche nuovo nemico. Fassbinder, poco dopo il loro arresto, ha dunque scritto una pièce teatrale che ne conserva addirittura i nomi reali e attraversa pedissequamente le vicende della loro storia,

1 Wilhelm Reich. Psicologia di massa del fascismo, Einaudi, Torino, 2002

motus SALA B 20 GIUGNO ore 22.00, 24.00 21 GIUGNO ore 21.00, 23.00

sino alla comparsa di Jimmy - in realtà si chiamava David Smith - un loro parente, che viene fatto assistere al sesto omicidio, per essere “istruito”… e che il giorno successivo li va a denunciare… Il terzo, il voyeur, viene selezionato in ogni città fra i partecipanti al laboratorio, proprio perché Jimmy - colui che assiste muto a eventi terribili - possiamo esserlo tutti. Il lavoro resta così costantemente in bilico, aperto, adagiato nei luoghi e nelle persone, è mutevole e fragile, come le immagini proiettate sugli schermi in plexiglas coperti di polvere, che possono essere cancellate con un colpo di mano o una luce troppo intensa. Può essere adattato a qualsiasi tipologia di spazio, da un reale appartamento ad una sala teatrale, purché spogliata di quinte e panneggi. Rifiutiamo solo di farlo su palcoscenici all’italiana, in tal caso, come è avvenuto al Teatro Petrella di Longiano, anche il pubblico siede sul palco, condividendo con gli attori quel luogo domestico in cui finisce troppo spesso per riconoscersi, scoprendo, nelle ridicole manie di grandezza dei protagonisti, tanto del proprio comune agire, anche se, sorry, è sempre più facile addossare colpe, e debolezze, a qualcun altro.

Motus

Motus è uno dei gruppi più discussi e più omaggiati della scena contemporanea italiana ed europea. Fondato a Rimini negli anni Novantamomento di particolare esplosione teatrale - da una coppia d’arte e di vita, ha sviluppato attorno a sé un movimento di presenze fisse o passeggere che ne hanno caratterizzato il volto e lo stile, strutturandone l’identità come nucleo artistico aperto. In un’ottica di promiscuità tra le forme espressive Motus ha prodotto numerosi spettacoli, spesso presentati come eventi speciali nel loro essere concepiti per spazi anomali. Daniela Nicolò è lo sguardo esterno alla scena, Enrico Casagrande lavora con lei all’ideazione e va anche in scena portando il gioco dell’attore a una sfida con l’immagine, in un vortice del narcisismo che, mentre si cala nei canoni di una superficie ben nota al nostro oggi, la mette a nudo rivelandone gli aspetti di feroce solitudine.

Nel novembre ’99 gli viene attribuito il Premio UBU Speciale: “Per la coerenza testarda e creativa di una ricerca visionaria nel ridisegnare spazi e filtrare miti attraverso uno spasmodico uso del corpo e il recupero di materiali degradati e quotidiani sull’onda trascinante della musica”.

Nello stesso anno riceve il premio “Giovani talenti” dalla rivista “Lo straniero” diretta da Goffredo Fofi. Anche nel ’00 consegue il Premio Ubu Speciale per il Progetto “Prototipo” realizzato ad Interzona di Verona e coprodotto dalla Biennale di Venezia per “….la proficua esperienza di collaborazione fra giovani compagnie teatrali in uno spazio straordinario".

Nel dicembre ’02 la critica italiana attribuisce a Motus il Premio Ubu Speciale per “il gioco di sdoppiamento delle immagini e del racconto nell’evoluzione del Progetto Rooms”

Dalla primavera 2005, per continuare il confronto con autori e tematiche contemporanee, Motus rivolge la sua attenzione a Rainer Werner Fassbinder.

tony clifton circus

Rubbish rabbit

note

Rubbish Rabbit... Abbiamo vissuto per anni facendo ridere le persone e ci è sempre sembrato il lavoro più bello che potessimo fare… Noi ci divertivamo, le persone che ci incontravano si divertivano e per di più eravamo pagati. Poi abbiamo cominciato a non divertirci più, essere clown è diventato mestiere, un lavoro come un altro ed è stato inevitabile chiederci… PERCHE' CONTINUIAMO???

La nostra frustrazione è aumentata nel vedere che per gli altri, il pubblico, gli organizzatori, i colleghi… andava tutto bene! Tutto bene… i vecchi trucchi, le vecchie magie, le vecchie battute, le routine ripetute migliaia di volte… In questa ansia di cambiare abbiamo trovato, del tutto inconsciamente, dei modelli eccezionali: i bambini. Loro sono pazzi, diversi, liberi, almeno prima di essere trasformati in piccoli e stressati consumatori teledipendenti. E cosa fanno i bambini se lasciati soli: casino, rumore, distruzione.

Ecco, si… nel nostro spettacolo questo vogliamo: essere bambini… fare quello che per la testa senza preoccuparci del perché!!! Per questo in Rubbish Rabbit rompiamo la maggior parte delle cose che ci passano per le mani, ci spariamo, ci buttiamo per terra, balliamo, facciamo la lotta con il nostro peluche gigante… semplicemente perché è la cosa che ci fa divertire di più… e state certi, vedercelo fare non sarà per nulla rassicurante.

Il ritorno di Hula-doll note

Hula doll... Spettacolo di sala. “Tony Clifton Circus presenta Hula Doll, uno spettacolo di comicità estrema o meglio di estremismo comico, in bilico tra il nosénse e la performance provocatoria.

In scena due clowns acidi, un musicista e un mucchio di oggetti si abbandonano alle loro fantasie ludiche non meno che al loro istinto nero.

Ne viene fuori un disordinato mosaico di libertà e frustrazione, risate viscerali e pugni allo stomaco, poesia tramutata in sangue e stupidità estremizzata fino a divenire pensiero.

Lo spettacolo si snoda attraverso provocazioni verbali e azioni apparentemente assurde, fino a toccare momenti di poesia. Lo scopo e’ creare una situazione progressivamente sempre più disarmante e iper reale, tanto da poter indurre nel pubblico uno stato di coinvolgimento tale da fargli credere che tutto, nel teatro come nella vita, e’ possibile. “…e' come se la gente voglia essere rassicurata, coccolata, distratta e preferisca vedere qualcosa di già conosciuto o almeno di riconoscibile, qualcosa che le permetta di spegnere il cervello ed assumere una rilassante posizione passiva ed un po' ebete.Ora però… questa cosa esiste già, è la TV e se una persona va in strada e incontra uno spettacolo e si ferma a guardare o addirittura paga un biglietto, forse si merita qualcosa di diverso. Inoltre, crediamo, è assurdo chiedere ad un clown sicurezza… un clown non è un orsacchiotto di peluche… un clown è un pazzo, un diverso, un libero. Questo può regalare, o meglio vendere, pazzia, diversità, libertà.” Idealmente dedicato a Tony Clifton, munifico impresario italoamericano e a Leo Bassi, clown performer inimitabile, Hula Doll è uno spettacolo di difficile catalogazione, la sua comicità vuole essere spazzatura la sua drammaticità sfiora la pornografia intellettuale.

Tony Clifton Circus

Nato nel 2001 il Tony Clifton Circus vuole essere un’insegna luminosa, con lampadine colorate e ad intermittenza, utile a segnalare la presenza di qualcosa di inatteso.

Il progetto Tony Clifton Circus nasce da una causa scatenante, l’incontro con Anthony Jerome Clifton, un artista più o meno sconosciuto, italoamericano, la cui estetica può ridursi a quattro parole “la vita è strana”.

La formazione di questo “Circo dell’anomalia” è responsabilità di Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi. Sono due clown molto diversi tra loro.

Nicola è cervellotico, tenta di essere razionale, politico, cosciente... ama la parola, il suono ed il senso della parola, in scena vorrebbe cantare.

Iacopo è corporale, è vittima dei suoi raptus, volutamente incosciente per sfiducia nella ragione, è umorale... balla, suda, in scena vorrebbe vomitare.

Trovare una poetica, una linea di ricerca costante al lavoro del T.C.C. non è facile, quello che cercano di mettere in scena è la stranezza, l’anomalia; amano far ridere ma ancor più amano far strozzare la risata in gola allo spettatore.

Vogliono essere riconosciuti ed apprezzati ma pensano che la strada migliore per farlo sia non essere accomodanti, non assecondare le voglie del pubblico, portare davanti agli spettatori qualcosa che sia imbarazzante più che divertente.

ZONA ESTERNA 21 GIUGNO ore 23.00
SALA B BIS 22 GIUGNO ore 21.00

Da queste premesse nascono i loro spettacoli veri e propri esperimenti di comicità estrema o meglio di estremismo comico, nei quali amano mischiare la più elementare demenzialità alla sottile eleganza poetica.

Ma alla base c’è sempre l’irrazionale godimento che nasce dal mettere in scena tutto questo...da lì nasce tutto dal piacere di giocare come bambini e come bambini non chiedersi perchè nè tanto meno cosa significa... fare quello che pare e piace per loro è la cosa più importante e vederglielo fare, state certi, non è per nulla rassicurante.

Tony Clifton Circus ama incondizionatamente Leo Bassi, lo copia e, soprattutto, aspira a diventare ricco almeno quanto lui. Se non sapete chi è Leo Bassi è un vostro problema. Se avete un’idea per cambiare il mondo è un problema del mondo.

Con Amore e anche un po’ di Odio.

Colica

di Rainald Goetz

traduzione Umberto Gandini regia Sandro Mabellini con Edoardo Ribatto video Pietro Lassandro colonna sonora Giuseppe d’Amato note

necessario delirio in tempo di guerra | presuppone in chi agisce e chi vede una predisposizione alla rivolta | ironia della propria sorte siamo in un’epoca disperata per noi e per i nostri figli | il tragico è allontanato dalle nostre vite e torna vestito da spettacolo | non c’è via d’uscita | il nostro essere sudiciume non conosce fine | la parola non serve più | neanche l’amore | c’è ancora il corpo | quello sì necessaria una definizione del proprio limite | essere metafisico uomo anno zero | rimane il corpo | oh quello sì corpo dilaniato da ferite | può saltare in aria corpo mobile | può andarsene | da un momento all’altro

Rainald Goetz

E’ nato nel 1954. Ha svolto studi universitari di Medicina e Storia.

Considerato il più importante ed innovativo autore tedesco contemporaneo, ha debuttato in Italia nel luglio 2005 al Festival Internazionale di Montalcino e della Val D’Orcia con “Colica”.

Autore di pièces teatrali, poeta, performer, Rainald Goetz è un artista polivalente che si sottrae a qualsiasi categoria classica: dalle pubblicazioni-performance di un diario in internet (“Abfall für alle” – “spazzatura per tutti” del 1999) alle collaborazioni con Dj di musica techno, si profila come teorico del pop, sperimentatore accanito delle frontiere tra finzione e realtà inseguendo l´idea dell´artista totale che abbraccia la fisicità e i nuovi media, il testo e l´immagine.

A seguito di una lettura in occasione del conferimento all´autore del Premio Ingeborg-Bachmann a Klagenfurt, nel bel mezzo della lettura del suo testo “Subito”, il poeta diplomato in Storia e Medicina, armato di bisturi, si opera un taglio nella fronte e finisce la lettura coperto di sangue.

Gli argomenti delle sue pièces, a volte raccolte in trilogie (come “Guerra santa”, che comprende “Guerra”, “Battaglie” e “Colica”) trattano tematiche legate ai media, l´arte, il pop, la ricerca sul corpo. Grande attenzione ha destato la pièce Jeff Koons dedicata all´artista del pop-kitsch. Pluripremiato, sono da ricordare in particolare i premi dei prestigiosi Mühlheimer Theatertage, che l´autore si è aggiudicato addirittura tre volte.

Il Battello Ebbro

La Compagnia, con sede a Roma, opera dal 2000 in Italia e all’estero nell’ambito del Teatro Contemporaneo. Ha finora realizzato opere di autori contemporanei (“Qualcuno arriverà”, di Jon Fosse; “Colica”, di Rainald Goetz; “Car”, di Chris O’ Connell; “Tanto tempo fa, in una galassia lontana”, di Jochen Dehn; “L’amante”, di Harold Pinter), performance di artisti visuali (“Nevrasthenia skorbuto in ghiacchio capocadente”, di John Bock), riscritture di classici (“Apocalisse di Don Giovanni”, di Giulio Federico Janni; “La Passione secondo Giulietta e Romeo”, dii Sandro Mabellini), opere liriche (“La sfera umana”, da Francis Poulenc), spettacoli per ragazzi (“Racconto d’autunno”, da Patrick Suskind)

Ha inoltre collaborato con la “Reale Ambasciata di Norvegia” e con il Festival “Alice nelle Città” alla realizzazione dell’Oversound in sala nell’ambito della programmazione di Cinema per ragazzi. Collabora con il circuito Biblioteche di Roma alla realizzazione di letture sceniche per ragazzi (“L’isola di Arturo”, di Elsa Morante; “Il piccolo principe”, di Antoine de Saint-Exupéry; “Il mondo di Sofia”, di Jostein Gardeer). Ha infine organizzato la rassegna teatrale “Incursioni”, in collaborazione con il CSIOA “Villaggio Globale” di Roma

il battello ebbro SALA B 22 GIUGNO ore 20.00 23 GIUGNO ore 21.00

teatro sotterraneo

SALA A BIS

22 GIUGNO ore 20.30 (primo studio giugno 2005) ore 21.30, 23.30 (spettacolo giugno 2006)

23 GIUGNO ore 23.00 (primo studio giugno 2005) ore 23.30, 24.00 (spettacolo giugno 2006)

Il corpo del condannato

creazione scenica Teatro Sotterraneo elaborazione drammaturgica Daniele Villa musiche originali e missaggio Mauro Davide scenografia Iacopo Braca-Massimiliano Pruneti in scena Iacopo Braca

note

Il corpo del condannato ha un impianto biunivoco: linguaggio scenico e linguaggio verbale coabitano la performance in totale autonomia. Il testo è diviso in tre ‘monodialoghi’ alienati dalla voce che li riproduce ma legati ad essa dalla condizione rappresentata sulla scena: la detenzione e la sua rimozione dall’immaginario collettivo. La struttura scenografica è costituita da una centina circolare in ferro di 3,5 metri di diametro, chiusa da una guaina in pvc. All’interno di questa l’attore agisce circondato dal pubblico, posizionato a ridosso della circonferenza ma tagliato fuori dalla presenza della plastica e dall’effetto di visione sfocata che questa produce. Nel lavoro qui proposto uno dei principali obiettivi è quello di riprodurre una separazione tipica del contemporaneo: fra società integrata e non, fra ‘cittadini onesti’ e corpi condannati. Dopo un anno di lavoro intermittente il gruppo si confronta ancora sul progetto di una performance individuale che indaghi la detenzione rappresentata. Per questo un work-in-progress dal titolo provvisorio: Teatro Sotterraneo verifica col pubblico l’avanzamento dei lavori di una ‘costruzione per un corpo condannato’.

Teatro Sotterraneo

La compagnia Teatro Sotterraneo nasce nel 2002 dall’incrocio di percorsi formativi differenti e per certi versi antitetici nel tentativo di definire un spazio artigianale collettivo in base al quale impostare la propria proposta teatrale. I primi anni di lavoro servono così a creare un bagaglio d’affiatamento tecnico quanto extrateatrale: leggerezza, rapporto biunivoco col pubblico, avvicinamento a registri ironici e sviluppo di una capacità d’ascolto reciproco. Nel 2004 la compagnia si defi nisce nella propria struttura attuale: quattro performers (Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri), un dramaturg (Daniele Villa), un’organizzatrice (Elena Lamberti), che collaborano senza gerarchie o recinti fra competenze.

Materiali di lavoro

- Inchiesta sulle carceri italiane, Associazione “Antigone” (estratti)

- Patrie galere, S.Anastasia P.Gonnella (Ass. Antigone)

- Sorvegliare e punire, M. Foucault (estratti)

- Fuori margine, G. Salierno

- Divisi da un pianerottolo, I. Welsh, (in Acid House)

- Alta marea, A. Yehoshua (in Tutti i racconti)

- Gli invisibili, N. Balestrini

- rassegne stampa: La Repubblica, il manifesto, L’espresso, Communitas n. 7

- Web: italy.indymedia.org + polizia-penitenziaria.it + giustizia.it

- Lettera aperta dei detenuti del carcere di Sollicciano (FI - sett. 2002)

- Cube, V. Natali – 2002

- The experiment, O. Hirschbiegel – 2003

- Memento, C. Nolan – 2003

- Garage Olimpo, M. Bechis - 2001

- Incontri con alcune detenute all'interno della sezione femminile del carcere di Sollicciano (visita effettuata con l'Associazione Pantagruel)

stefano savi scarponi

SALA MOSTRE

22 GIUGNO dalle ore 21.30

23 GIUGNO dalle ore 21.30 28 GIUGNO dalle ore 21.30

Liberalize Freedom(r)

home-video opera di Stefano Savi Scarponi con Fabio Camilli, Heidi Cetta, Caterina Inesi, Roberto Latini, Ester Silvagni, Antonella Sini, Stefano Savi Scarponi e con Simona Lobefaro, Serena Intilia, Francesca Sassi musica e testo Stefano Savi Scarponi coreografia Caterina Inesi, Alessandra Sini, Antonella Sini

note

Nel 1982 viene prodotta la prima spiga di mais geneticamente modificata. Ha alcuni chicchi blu ma, assicurano gli scienziati che l'hanno creata, il sapore è identico a quello delle spighe "naturali". Inizia la produzione in serie di cibi di nuova concezione. Il creatore del primo clone umano è uno scienziato genetista afflitto dal non riuscire a trovare una cura per la grave malattia della moglie. Una famosa giornalista televisiva e un uomo d'affari combattono anch'essi contro lo stesso sconosciuto morbo causato, forse, dai cibi progettati dal genetista stesso.

Un barbone che vaga in una Roma notturna e deserta borbottando chissà cosa, scrivendo appunti su foglietti e vendendo cartoline tridimensionali, è l'unico che sembra immune al morbo, ma questa è l'ultima delle sue preoccupazioni.

Liberalize Freedom è insieme un pazzesco progetto di home-video opera, uno spettacolo di teatro musicale in differita, una riflessione sul percorso intrapreso dall'uomo nel suo tentativo di comprendere gli intimi meccanismi della natura e, soprattutto, la somma dei talenti e dell'amicizia di un gruppo di giovani artisti romani, quelli di Area06, coinvolti in un progetto pensato per evidenziare le caratteristiche di un non-movimento che è, pur non volendolo, un movimento artistico. Realizzato in digitale nell'arco di tre anni con mezzi totalmente casalinghi, Liberalize Freedom è una assurda miscela di compositing da camera, 3D da videogioco e musica "colta" che attinge a piene mani alla storia passata e recente della musica contemporanea.

Stefano Savi Scarponi

Cresciuto tra macchine da presa, stabilimenti di sviluppo e stampa e registratori video a nastro, Stefano Savi Scarponi ha sommato al caso di una preparazione cinematografica ereditata, la scelta - mai così ardua come oggi - dell'avventura nella ricerca musicale contemporanea.

L’addio (Les Adieux, Das Lebewohl) di Elfriede Jelinek traduzione Fabrizio Parenti e Werner Waas l’oratore Fabrizio Parenti bei fanciulli Luca Barlassina, Pietro Di Giorgio, Ivan Gallo, Marco Pezza regia Werner Waas

Quellicherestano, Theater Transit Wien in collaborazione con il festival Oltre 90 di Milano. con il patrocinio di Fondazione Romaeuropa e Il Pitigliani Centro Ebraico Italiano note

“…Fanciulli! Noi siamo qui e qui restiamo, nessuno dovrà più soffrire! Noi siamo soprattutto dalla parte di tutti coloro che non vogliono soffrire. Mai più. Mai più solitudine. Mai più sentirsi estranei. Mai più essere strani. Mai più separarsi. Noi siamo contro molti. Chi ci conta? Alla fine sono i voti degli elettori quelli che contano. Gli altri sono comunque di più. Tutti però sono più di molti!…”

“Come ho già ripetuto più volte, ho l’impressione che la lingua, una lingua differenziata, letteraria, non sia più in grado di tenere testa a questo linguaggio minaccioso, pieno di sé, mai sfiorato da alcun dubbio sul proprio conto, dei tecnocrati bellocci e di quelli che vogliono sempre avere ragione, che ora ci sommergono da ogni parte.”

Lo spettacolo “L’addio” ha debuttato in prima nazionale a Roma il giorno precedente alle elezioni del 2001 e successivamente è stato rappresentato con grande successo al festival “Oltre 90” di Milano. Elfriede Jelinek, l’autrice della pièce, è riconosciuta come la massima scrittrice drammatica vivente di lingua tedesca; in Italia non era mai stata rappresentata prima, mentre in Austria è stata lei stessa in passato a vietare la rappresentazione dei suoi testi per protesta contro l’attuale governo nero-blu. L’Addio si presenta infatti come un monologo/comizio di Haider davanti ai “bei fanciulli” del suo partito. La Jelinek vi denuncia il rischio di una deriva antidemocratica senza ritorno che proietta nel nostro futuro lo spettro del nostro passato più buio.

Lo stile di argomentazione, la spensieratezza con cui si passa sopra ogni obiezione che si imporrebbe guardando la storia, lo sprezzante “noi siamo tutti” ripetuto innumerevoli volte che non lascia scampo a chi si sente diverso, l’immagine plastificata e spettrale con cui l’oratore si presenta, segnata “dall’eterno sorriso stampato sulla bocca di tutti”, l’aggressività dei metodi utilizzati per raggiungere i propri scopi, l’ossessività della ripetizione infinita degli stessi concetti nel dire tutto e il contrario di tutto, il populismo sfrenato, risultano essere, visti da qui, un’impressionante analisi del modo di agire e di rappresentarsi dell’attuale quadro politico italiano e non. La fredda ironia e l’agghiacciante comicità della rappresentazione, che svelano la demagogia e creano un doppio legame fra la storia e il presente, sono il tentativo da parte del teatro di collocarsi dentro un contesto di rovesciamento delle parti, dove l’intrattenimento si finge politica, e la politica fa intrattenimento, in un mondo “supermarket” senza memoria né distinzioni; sono la reazione ad una situazione politica e sociale francamente insostenibile e potenzialmente pericolosa, non tanto per il nostro “benessere”, ma per la libertà d’espressione, per tutti quelli che non sono “tutti”.

Quellicherestano

L’Ass. cult. Quellicherestano, fondata nel 1992 da Paolo Musio, Fabrizio Parenti, Massimo Bellando Randone e Werner Waas oltre alla realizzazione di spettacoli cura anche la traduzione di testi, coltiva rapporti di collaborazione con scrittori italiani e stranieri (Achternbusch, Kemnitzer, Moresco, Musio, Nove, Schimmelpfennig etc.) promuove progetti interdisciplinari dedicati alla cultura contemporanea, collabora con artisti visivi italiani e stranieri (Kirchhoff, M+M, Petric, Randone), coproduce spettacoli con compagnie di danza (Travirovesce), all’insegna di una ricerca di interdisciplinarietà che comprende la cultura come un tutt’uno e non procede per compartimenti stagni. Regia, recitazione, scrittura, invenzione visiva e sonora, movimento del corpo, dibattimento del reale concorrono a pari merito nell’elaborazione di esperimenti culturali atti a cogliere il “sentimento di vivere” del presente e trasformarlo in azione. Il percorso dei spettacoli finora prodotti delinea una particolare attenzione al carattere intrinsecamente politico del teatro e a modelli di scrittura originali e non dettati dalle richieste di mercato, ma sempre di assoluta qualità.

Da segnalare oltre alle numerose produzioni indipendenti anche le produzioni con i teatri stabili di Roma e di Brescia (Achternbusch, Schwab, Moravia), le coproduzioni con partner stranieri e italiani (Theater Transit Wien, Oltre 90) e l’attività di gestione della residenza regionale Magliano Sabina Teatro.

quellicherestano SALA A 22 GIUGNO ore 22.00 23 GIUGNO ore 20.00

antonio tagliarini

Titolo provvisorio: senza titolo

di e con Antonio Tagliarini collaborazione scene e costumi Fabrizio Bianchi produzione Planet 3 2004

note

Lo spazio è completamente illuminato, in scena un tavolo, una sedia, una lampada. Tutto è ordinato, in attesa.

Entra un uomo. Una cosa tra le cose.

Si lascia guardare. Sorride. Si emoziona. Piange.

Ogni cosa si sposta, si capovolge. Tutto adesso è obliquo.

Un topo è schiacciato, eliminato.

Una donna uccide marito e due figli.

Un paio di scarpe, false, dialogano tra loro prima di essere esposte in vetrina.

L’assurdità del tutto, il ridicolo e il tragico sono le linee di questo spettacolo che in un ironico non sense si sviluppa intorno ad una sola e ossessiva riflessione: “tutto è al contempo vero e falso”.

Tutto è nella mia testa e al contempo tutto è fuori dalla mia testa.

Il binomio dentro-fuori è perennemente tradito dal linguaggio.

Tutto è percepito, pensato, filtrato, rappresentato.

La rappresentazione è più reale del reale, il reale è più falso di una bugia detta male.

Antonio Tagliarini

Antonio Tagliarini vive a Roma; lavora in Italia e in Europa sia come autore e regista di proprie creazioni sia come interprete in spettacoli diretti da altri artisti.

“Quello che mi interessa è lavorare sul ridicolo, sulla comicità e dunque anche sul tragico. Cosa è ridicolo? È mostrare ciò che preferiamo nascondere, è il proibito, è ciò che ci rende tremendamente vulnerabili, umani e dunque tragici. Non tanto l’ironia che cerca il distacco, il cinismo. Una presenza, un corpo, un evento, una storia, una vita come possono essere raccontate, viste, percepite?

I meccanismi della comunicazione, della rappresentazione, della percezione… i confini tra reale, falso, verosimile sono confusi, alterati, sovrapposti e questo è un altro tema che mi interessa approfondire, capire e con cui voglio giocare… I miei spettacoli sono spesso frammentari, assurdi, disomogenei. Non cerco la coerenza, non voglio raccontare una storia ma cerco di aprire degli squarci di pensiero… squarci che devono vivere della leggerezza, dell’assurdità, della tragicità di cui è fatta la vita.”

Antonio Tagliarini
SALA A 23 GIUGNO ore 22.00

alessandro benvenuti

Genova 01 – ri-letture di Fausto Paravidino regia Fabrizio Arcuri

note

Nel 2001 l’associazione Human Rights Watch, per i fatti accaduti durante il G8, inserisce l’Italia in un elenco di sei paesi europei in cui erano state commesse violazioni dei diritti umani. In un’iniziativa congiunta con il Royal Court Theatre di Londra vengono scelti sei autori di quei paesi cui commissionare un testo.

È così che nasce “Genova ‘01” di Fausto Paravidino, inizialmente breve atto unico per poi assumere la veste formale di una tragedia classica con prologo e cinque atti. Coerentemente a quella convenzione, in scena non accade nulla ma la cronaca degli accadimenti di Genova è semplicemente narrata da tre personaggi riuniti stavolta in una unica voce.

Alessandro Benvenuti

Nato 31 Gennaio 1950 a Pelago, Firenze.

Sin da fanciullo dimostra la sua passione per il mondo dello spettacolo e svariate sono le sue esperienze in questo campo: caratterista comico, cantante, percussionista, attore di cabaret e di teatro. artista di una comicità spontanea e innata. Fonda un giorno il gruppo dei Giancattivi (da jam captivus = schiavo liberato), con il quale ottiene con Athina Cenci e a Francesco Nuti, un enorme successo prima in teatro poi in televisione. Il suo esordio come autore e regista cinematografico (percorso che arriva ad oggi con vasto elenco di film diretti e interpretati anche per altri registi), Ad ovest di Paperino interpretato con i Giancattivi, é l'idea ancora embrionale ma abbastanza chiara di ciò che sarà la sua linea di scrittura teatrale più che cinematografica. Nel teatro Benvenuti é interprete regista e autore di testi volti alla ricerca di una nuova forma di drammaturgia comica. Con Ugo Chiti scrive il suo cavallo di battaglia Benvenuti in Casa Gori (che successivamente diventerà anche un film) dove interpreta dieci personaggi.

La volontà di favorire la ricerca drammaturgica contemporanea ha poi spinto la scelta artistica di Alessandro Benvenuti verso la produzione e il sostegno di altri nuclei artistici e di progetti volti alla nuova drammaturgia. Questo percorso è iniziato insieme con Armunia (Festival Costa degli Etruschi) ed è continuata sino ad oggi sempre al fianco di Armunia con la produzione nel 2004 del progetto "Cioni Mario di Gaspare fu Giulia" storico testo di Roberto Benigni e Giuseppe Bertolucci riinterpretato dall'estro di Bobo Rondelli e nel 2005 nella fortunata impresa di Pasticceri - io e mio fratello Roberto di e con Leonardo Capuano e Roberto Abbiati. Nel 2005 sempre in collaborazione con Armunia ha prodotto e prestato la sua interpretazione per lo spettacolo I Costruttori di Imperi di Boris Vian diretto da Davide Iodice. Questa scelta non facile, così come la volontà di produrre compagnie meno commerciali rappresenta la risposta di una produzione piccola come la Benvenuti srl, alla necessità impellente di dare voce a quelle formazioni teatrali giovani e di talento che troppe insormontabili difficoltà devono incontrare anche solo per poter dire “esistiamo”. Dal 2005 Alessandro Benvenuti ha riscoperto anche la sua vena rocker e la sua passione per la musica, e insieme con la Banda Improvvisa diretta dal M° Orio Odori reinterpreta le canzoni del repertorio da lui più amato raccogliendo successi in tutta Italia.

ZONA ESTERNA 26 GIUGNO ore 20.00

teatro aperto

SALA B BIS GIUGNO ore 21.00 27 GIUGNO ore 23.00

Prima della pensione - frammenti di Thomas Bernhard traduzione Roberto Menin personaggi

ALESSANDRO GENOVESI è Rudolf Höller, presidente del tribunale ed ex-ufficiale delle SS IRENE VALOTA sua sorella Clara FEDERICA FRACASSI sua sorella Vera FRANCESCA GAROLLA il testimone Olga IL PUBBLICO un testimone progetto e regia Renzo Martinelli aiuto regia Elena Cerasetti, Francesca Garolla suono Giuseppe Ielasi tecnica Marco Preatoni disegno luci Lucio Lucà fotografie di scena Andrea Messana, Salvatore Lanteri produzione Teatro i arredamento in collaborazione con 1380 con il patrocinio di Comune di Milano- Assessorato Cultura e Musei, Provincia di Milano, Forum Austriaco di Cultura a Milano si ringrazia A.G.A. Anelli, B&F di Roberto Botti, Lucrezia Pizzetti

note

Dopo Il teatro è cominciato. Un esercizio per Thomas Bernhard, la compagnia Teatro Aperto continua l’indagine intorno all’autore austriaco con la produzione di Prima della pensione Dello spettacolo, che ha debuttato a Milano presso Teatro i nel maggio scorso, vengono qui presentati alcuni frammenti appositamente scelti per il festival short-theatre. Questa “commedia dell’anima tedesca” si svolge tra le claustrofobiche pareti domestiche della famiglia Höller, dove l’ex direttore di un lager e le due sorelle si preparano a celebrare, come ogni anno, il compleanno del defunto Himmler.

La regia sceglie di far incarnare vizi e degenerazioni dei personaggi bernhardiani a maschere non ancora segnate dal tempo, affidando provocatoriamente i ruoli ad attori trentenni.

Siamo di fronte a un panorama confuso ed equivoco. Oggi, in particolare nel nostro Paese, si assiste al cortocircuito dei concetti di tempo ed età. Non ha più senso parlare di uno sviluppo storico lineare, dove generazione si succede a generazione. L’Occidente, non avendo la forza di guardare in faccia il suo passato, non può far altro che essere fatalmente immaturo, vittima e artefice della sindrome di una falsa giovinezza.

Dopo aver dato spazio a voci fuori dal coro, antagonisti, idealisti, eroi, ci ritroviamo per necessità e per scelta a chiamare in causa chi invece del coro è parte e nel coro si nasconde: noi borghesi, noi intolleranti, noi vecchi, noi infantili, noi violenti, noi bugiardi, noi morti.

Quanto in là ci si può spingere affrontando Bernhard?

La lingua di Bernhard è terreno insidioso. Ci avviciniamo con cautela, inadeguatezza, curiosità. Ogni testo è un labirinto, un intero di infinite parti.

La lingua di Bernhard costringe alla concentrazione, al dubbio, al gioco. Incrina con leggerezza il nostro poco sapere.

La lingua di Bernhard chiama, chiede con forza una presenza, un’attenzione. Non ha bisogno di uno spettatore passivo, non si lascia semplicemente fruire. Chiede un’azione, un corpo, una voce. Vuole un pensiero.

Noi prendiamo la sua parola in punta di dita, cerchiamo di farla nostra e interpretarla, per comprenderla. E infine la rimandiamo a chi guarda.

Esiste una sfida da condividere. Da condividere con un pubblico accolto all’interno di una cornice, non più semplice spettatore, ma testimone, di ciò che è accaduto ieri, pochi anni fa, di ciò che accade oggi, di ciò che non si vuole più vedere per non ferirsi ancora. Una bambina sordomuta accompagna il pubblico nel quadro, gli svela le contraddizioni di cui si nutrono i personaggi, figure ormai incapaci di uscire dalla propria ossessione.

Verità e menzogna, autenticità e simulazione, realtà ed esasperazione convivono, si confondono per cogliere infine, oltre la parola, suoni esili, impalpabili e armonie momentanee.

Che altro, ancora? Ah sì, quante maschere, quanta voglia di truccarsi e struccarsi hanno questi personaggi di Bernhard. Quanti volti.

Teatro Aperto

Compagnia di produzione fondata da Renzo Martinelli, regista e Federica Fracassi, attrice, Teatro Aperto privilegia un'autonoma costruzione scenica, linguaggio portante vicino all'arte e alla scultura, da cui partire per intrecciare dialoghi con altre discipline, non ultime, le indagini a tutto tondo su scrittura e musica e lavoro dell'attore, messaggero di un corpo che si spolpa in parole.

Teatro Aperto gestisce dal 2004 il Teatro i a Milano.

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Il percorso di questi anni, oltre a video e pubblicazioni presso le più importanti case editrici (Feltrinelli, Rizzoli, Bollati Boringhieri) , performance e installazioni (Oggetti a perdere), reading (Voci per...) ha condotto alla realizzazione degli spettacoli: "Sebastian", 1993; "Lenti in Amore",1995/96, liberamente ispirato a Marguerite Duras, selezionato alla prima edizione di Scena Prima; "Cuore d'infinita distanza", 1997, liberamente rubato a Clarice Lispector; "Legittima difesa", 1998; "Quel m2 mai visto", 1998/99, a partire da Samuel Beckett; "Bassa fedeltà", 1999 cantiere di Scena Prima; "MIRaMILANO", 2001, parte del progetto Maratona di Milano; "La lente scura", 2003, dai testi di Anna Maria Ortese. Nel 2000 il gruppo ha messo in scena "La Santa", primo testo teatrale di Antonio Moresco, edito da Bollati Boringhieri, che ha vinto il premio "sette spettacoli per un nuovo teatro italiano per il 2000" indetto dal Teatro di Roma.

Del triennio 2001/2003 è il Progetto Caosmologia: la prima parte "Sinfonia per corpi soli" Omaggio a Sarah Kane di Federica Fracassi ha debuttato nell'edizione 2001 del Festival Oltre90 e ha ottenuto importanti riconoscimenti in occasione dell'edizione 2002 dei prestigiosi Premi Ubu. La seconda parte su "Canti del caos" di Antonio Moresco, di cui sono già stati presentati diversi studi, ha debuttato nel luglio 2003 in collaborazione con Santarcangelo dei teatri, Mondrian Kilroy di Alessandro Baricco e Xing. Ultima produzioni di Teatro Aperto sono "Kamikaze" da Antonio Moresco, che ha debuttato all'interno del progetto Petrolio di Mario Martone a Napoli nel gennaio 2004 e “La regina delle nevi” da Hans Christian Andersen che ha debuttato nel 2005.

Attualmente il gruppo sta lavorando a un progetto biennale su Thomas Bernhard.

Teatro Aperto è stato promotore e organizzatore degli incontri :

- "Fare un teatro di guerra", una retro-prospettiva con incursioni teatrali e dibattiti dedicata a Mario Martone, in collaborazione con C.S.Leoncavallo, che ha dato vita a una pubblicazione, e un documentario video. In collaborazione con Oliviero Ponte di Pino è nato, a seguito di quest'iniziativa, un forum di discussione online sul sito www.ateatro.it

- "Scrivere sul fronte occidentale" (Milano - 11 novembre 2001) che ha avuto un seguito editoriale per i tipi di Feltrinelli.

- "Walkie-Talkie", incontri tra testo e scena, un progetto triennale sulla drammaturgia che ha inaugurato la collana 'i quaderni di i" per la casa editrice Principe Costante.

Il gruppo è stato tra i fondatori del sito culturale collettivo www.nazioneindiana.com Info su Teatro Aperto si possono trovare, tra le altre, sulle pubblicazioni: Nuova scena italiana, di Chinzari/Ruffini, Castelvecchi. Exit, a cura di Francesco Bonami, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori. Lo spazio aperto, a cura di Tiziano Fratus, Editoria e Spettacolo. Il Patalogo (dal 19 al 27),Ubulibri

SALA A ore 22.00 ore

Solo empty di Virgilio Sieni e Marina Giovannini con Marina Giovannini costumi Manuela Menici luci Virgilio Sieni e Paolo Pollo Rodighiero scene Virgilio Sieni produzione 2004

Fondazione Teatro A. Ponchielli Cremona Comune di Siena con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Dipartimento dello spettacolo - Regione Toscana Comune di Siena, Assessorato alla Cultura- Comune di Firenze, Assessorato alla Cultura

note

Solo Empty, atto di raccoglimento nel silenzio e nel vuoto spaziale e simbolico della deflagrazione, appena segnato da un cumulo di abiti. Si accenna a più presenze contemporaneamente in quanto si veste dei morti. Si respira in ascolto sull’idea di trasfigurazione. Qui è forte il richiamo al diario di Jean Genet Quattro ore a Chatila, alla camminata sui corpi morti e macellati all’indomani della strage dei falangisti nel campo di Chatila. Marina danza con impressionante disciplina fisica in quanto avviene nell’immediato un disfacimento di giunture che creano figure di donne senza tempo, apparentemente marginali; quadri che si susseguono secondo paesaggi cromatici ricercati coloristicamente: sono donne cecene, antiche, arabe, africane, animali. Appare improvvisa l’immagine iconoclasta di alcuni movimenti a spirale del Pontormo che subito si danno e si scolorano in sembianze umane dell’oggi, antropomorfe, ma sempre nel silenzio assoluto, in assenza di musica e in completa sottrazione dell’effettistica. Le luci sono fisse e marmoree e il corpo ci indica l’attimo del dolore e della bellezza.

Spazio livido, pesante, immobile, costruito simmetricamente per essere agito nella sua potenza: percorso poveramente; dando tutto al corpo segnato da un altro corpo, lo spazio diviene memoria di tragitti e di visioni non cumulabili. Una donna si muove fisicamente nel silenzio con azioni ballate, pneumi che avvengono trasfigurando per otto volte e ancora otto volte la figura in successione cronologica, rivolgendosi direttamente alla necessità di memoria; appaiono immagini che vengono ricordate e che rimandano ad altro, come una redenzione. Presente a sé stessa è anche nell’altro, la donna si veste, indossa una carne – vestizione - che solca il movimento. Nella leggerezza vulnerabile il corpo si anima di donne senza tempo. Un corpo scomposto, in ascolto, irregolare con ferrea disciplina, metricamente sonoro, che azzera i codici incrociandoli, che vive dinamicamente, mostruoso. È un Requiem composto all’indomani dell’inizio della guerra in Iraq.

L’arte coreografica di Virgilio Sieni, le sue opere, gli spettacoli e gli allestimenti sono riconosciuti come una tra le più significative ricerche teatrali maturate in questi ultimi decenni. La qualità del suo lavoro risiede nell’ aver affrontato la danza come linguaggio contemporaneo, cioè come forma d’avanguardia, proiettando tale arte nell’universo dell’espressione visiva contemporanea. Il suo sforzo è stato quello di prendere distanza da una forma di danza e di spettacolo ancora sottomessa alle leggi della rappresentazione e della recitazione e, rendere adulta e internazionale anche la coreografia italiana e la sua messa in scena teatrale.

Virgilio Sieni ha optato per contaminazioni, sconfinamenti, spostandosi sempre altrove rispetto alla cornice accademica, affiancando le altre ricerche artistiche, tracciando una coreografia di relazioni e ispirazioni. La sua ricerca sul movimento è verso una lingua personale non fine a se stessa, non è puro esercizio stilistico, ma ha di mira un processo di trasformazione della materia, della tecnica e dei contenuti in forma ridotta all’essenziale, ma copiosa in quanto a vocaboli e significati. Nel lavoro di Sieni è evidente come il movimento, il corpo si muovano alla ricerca di una lingua fatta di mille parole e frasi, di grammatiche, di segni, di immagini: una forma in crescita continua composta di figure e congiunzioni mai concluse e terminate in un repertorio.

Virgilio Sieni Danza

La Compagnia Virgilio Sieni Danza attualmente è composta da un nucleo stabile artistico e organizzativo che viene integrato con altri artisti e danzatori secondo le necessità del progetto.

La Compagnia è oggi riconosciuta a livello internazionale come una delle maggiori compagnie stabili italiane perseguendo un percorso artistico fondato sull'articolazione di progetti di produzione, formazione, residenze, allestimenti, eventi. Affiancando alla produzione di spettacoli un programma articolato di ricerca, studio e diffusione del linguaggio contemporaneo, la Compagnia realizza progetti “in residenza” in collaborazione con teatri, festival, enti, istituzioni e centri d’arte contemporanea. Tra le collaborazioni costanti e preziose citiamo: il Teatro comunale di Ferrara, il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Metastasio di Prato, Armunia – Festival della Riviera Etrusca. Dal 2000 è in “residenza artistica” a Siena, grazie ad una convenzione stipulata con il Comune di Siena – Assessorato alla Cultura, per la realizzazione di progetti secondo una mappa di luoghi che caratterizzano il territorio senese

compagnia virgilio sieni
26 GIUGNO
27 GIUGNO
21.00

La Compagnia è sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dipartimento dello Spettacolo, Regione Toscana, Comune di Firenze, Assessorato alla Cultura, Comune di Siena, Assessorato alla cultura.

Virgilio Sieni ha compiuto studi d’arte e di architettura a Firenze, dove è nato e risiede. Ha iniziato a studiare danza con Traut Faggioni.

In Giappone conosce lo Shintaido, una tecnica tra danza e arti marziali con uso della voce, e lavora come danzatore e coreografo. In seguito frequenta Amsterdam e New York, partecipando attivamente alla vita artistica e teatrale più innovativa e vivace della fine anni settanta/inizio anni ottanta.

Dirige una propria compagnia dal 1983 (dal 1983 al 1988 col nome Parco Butterfly, insieme a Julia Anzilotti e Roberta Gelpi) e da allora, oltre ad una costante presenza nei teatri italiani, è stato ospite di numerosi festivals internazionali.

Ha creato, in qualità di coreografo ospite, balletti per il Teatro alla Scala, per MaggioDanza del Teatro Comunale di Firenze, per il Teatro San Carlo di Napoli, per il Balletto di Toscana, per il Teatro Massimo di Palermo.

Ha collaborato con artisti, compositori e musicisti, tra i quali, Grazia Toderi, Liliana Moro, Sandra Tomboloni, Alexander Balanescu, Giorgio Battistelli, Ennio Morricone, Steve Lacy, Giovanni Tamborrino, Francesco Giomi, Giovanni Damiani, Michael Moore, Toshinori Kondo, Evan Parker, Tristan Honsinger, Miuccia Prada.

Nel 1995 riceve il premio "Danza e danza" come miglior spettacolo dell'anno con Cantico. Nel 1998 gli viene assegnato il “Premio della Danza Contemporanea Italiana” come miglior coreografo e miglior spettacolo con Trilogia del presente

Nel 2000 riceve il Premio Speciale Ubu per la ricerca intorno alla fiaba svolta nell'ultimo triennio. Nel giugno del 2002 viene pubblicato il libro “Anatomia della fiaba, Virgilio Sieni tra teatro e danza” (ed. Ubulibri) sul percorso produttivo degli ultimi cinque anni.

Nel 2004 riceve per la seconda volta il premio Ubu per lo spettacolo Empty Space Requiem prodotto nello stesso anno con la collaborazione della Fondazione Teatro A. Ponchielli di Cremona e il Comune di Siena. E’ incaricato attualmente alla direzione artistica dei CANGO Cantieri Goldonetta Firenze.

Corpo a corpo

un progetto di Daria Deflorian condiviso con Alessandra Cristiani interpretazione e movimenti Alessandra Cristiani interpretazione e collaborazione artistica Nicola D’Angelis interpretazione Nora Rae progetto luci Gianfranco Lucchino consulenza per lo spazio Paola Bizzarri collaborazione alle musiche Valentina Cardinali special makeup Paola Gattabrusi e Dalia Colli traduzioni e montaggio sonoro Leslie Csuth video e foto di scena Serafino Amat collaborazione artistica Marina Haas Giada Iafisco, Mauro Neri interpretazione e regia Daria Deflorian una produzione Dreamachine 2006 in collaborazione con Accademia degli Artefatti, Associazione L’Arco, Ruota Libera Teatro anteprima

note

“cut away the excess to strip away the colour” (“taglia gli eccessi per denudare il colore”) Samuel Beckett

Corpo a corpo è un progetto attorno alla violenza nato dopo la folgorante lettura del libro autobiografico di Alice Sebold, Lucky, in cui viene raccontato lo stupro subito a diciannove anni e gli eventi successivi a questo trauma. Il fatto che la Sebold non ci abbia concesso i diritti di utilizzo del testo è stata di fatto una grande opportunità che ci ha costretto ad aprire e svolgere questo tema spinoso in maniera diversa. Quello che ci aveva colpito nel libro è il fatto che, come dice James Hilmann, “ciò che le serve l'anima lo usa: sono strabilianti la saggezza e il senso pratico che essa dimostra nell'utilizzare accidenti e disgrazie.”. Lucky, fortunata, è il nome con cui la Sebold riesce alla fine di un lungo e doloroso processo a chiamare se stessa, dopo che la prima pagina del romanzo si apriva così: “Nella galleria in cui sono stata violentata, ex ingresso sotterraneo di un anfiteatro da cui gli attori irrompevano sulla scena passando sotto le gradinate del pubblico, una ragazza era stata uccisa e fatta a pezzi. Me lo disse la polizia. Al confronto, dissero, io ero stata fortunata”. Con Alessandra Cristiani abbiamo lavorato partendo dai bordi più esterni di questa landa sconfinata: abbiamo visto molti film insieme, in particolare ci ha fatto da guida John Cassavetes di cui rimangono nel risultato finale molte tracce. Ci hanno accompagnato le incredibili aperture dei suoi film che danno l’impressione di entrare nella vicenda con lo scasso, di cogliere l’azione nel suo divenire. E soprattutto i corpi, che sembrano cercare l’istante della più grande fragilità, il rischio della rottura. I film di Cassavetes moltiplicano le immagini dei crolli, di corpi che si accasciano, che si lasciano andare. Momenti quasi miracolosi in cui il corpo si disfa e, nello stesso tempo, si rivela a se stesso.

In Manovre di volo (2001) e Torpignattara (2004) avevamo lavorato ad una stretta drammaturgia tra immagini video e performance teatrale. Questa volta le immagini sono nelle vene e nell’aria: non solo Cassavetes, ma anche frammenti sonori da altri film come Cuore selvaggio di David Lynch e Persona di Ingmar Bergman. Il corpo come uno schermo e le parole di Artaud stampate in mente: “…è anzitutto importante spezzare la soggezione del teatro al testo e ritrovare la nozione di una sorta di linguaggio unico a mezza strada fra gesto e pensiero.”

Ad un certo punto del progetto abbiamo capito che Corpo a corpo non poteva non rischiare una ulteriore apertura: la presenza di un uomo. L’assenza amplificava infatti una ineluttabile colpevolizzazione, come se si trattasse di violenze subite dalle donne dagli uomini e non di violenze subite punto e basta.

Infine la parola. C’è una scena in Lucky che ci aveva toccato il cuore: “Mentre piano piano mi cacciava tutto il pugno dentro e iniziava a pompare, mi rifugiai nella mia testa. Lì mi aspettavano delle poesie, poesie che avevo imparato a scuola…una specie di intorpidimento formicolante mi invase la metà inferiore del corpo; intanto cercavo di recitarmi le poesie mentalmente.” In Corpo a corpo abbiamo tentato di abitare questo importante rifugio con le parole di Dorothy Porter, Philip Larkin, Lou Reed.

Dreamachine

Dal 2006 ho deciso di produrre i miei lavori come Dreamachine, dal nome di una lampada inventata da William Burroughs che permette di sognare ad occhi aperti.

Dreamachine non è una compagnia, né una associazione, ma un progetto, una modalità in divenire.

Un progetto individuale che volta per volta viene condiviso con altre persone. Performer, come Franco Pistoni, Benedetto Simonelli e ora Alessandra Cristiani e Nicola D’Angelis, scenografi come Marina Schindler e ora Paola Bizzarri, light designer come Gianfranco Lucchino, musicisti come Matteo Bennici, Stefano Di Cicco e ora Valentina Cardinali., videoartisti come Leonardo Filastò e ora Serafino Amato.

dreamachine SALA B 26 GIUGNO ore 23.00 27 GIUGNO ore 20.00

Tutte o quasi le persone coinvolte nei miei progetti sono corresponsabili del risultato, si tratta di scrivere insieme il lavoro nella pratica teatrale. Semplicemente sono io che butto il sasso nell’acqua e poi i cerchi si allargano. Sento i lavori realizzati con questa modalità (Piccoli poemi d’azione, Per l’errore, Manovre di volo, Torpignattara) sono consoni alla mia natura, li sento miei come figli ma nello stesso tempo sono, fortunatamente, altro da me.

La questione dell’autoproduzione e della mancanza di luoghi di lavoro adatti a questo processo di scrittura scenica è cruciale. Ma è anche vero che, come insegna John Cassavetes (autore cinematografico che ha spesso prodotto i suoi film grazie ai proventi del suo lavoro come attore hollywoodiano) autoproduzione significa controllo e protezione del progetto stesso, e quindi arma vitale contro la tentazione di confezionare prodotti culturali ad hoc e il rischio di bruciare i tempi del lavoro sugli altari della convenienza.

sylvie busnel fédensieu, danilo nigrelli

Incroci/Derive – ri-letture

di Eugéne Durif

regia Sylvie Busnel Fédensieu con Danilo Nigrelli

Les Têtes de bois e Andréa Satta video Eric Angels

Nell’ambito del progetto T.E.R.I. - Tradurre, pubblicare, rappresentare in italiano. Ambasciata di Francia in Italia

note

Con senso dell’umorismo, ironia, cinismo a volte, serietà sempre e comunque, l’autore racconta di gente ipersensibile, evocando quel granello di sabbia che una bella mattina si inserisce nel meccanismo della vita e senza parere distrugge le storie d’amore, i sogni, o la capacità di resistere all’ordinaria violenza di tutti i giorni.

Evoca le tracce lasciate sui corpi e nei ricordi dalla guerra (in questo caso la guerra d’Algeria). Si parlerà di guerre, e di donne, che ne sono le prime vittime. Tre coppie si incontrano, si cercano, si parlano, si desiderano. Ricordano. Nell’ambito del progetto ‘Tradurre, pubblicare e rappresentare in italiano’, ideato dall’Ufficio culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia. Il lavoro è incentrato sul testo, in modo che la scrittura sia ascoltata come una partitura musicale. « Senza recitare », senza immedesimarsi, senza psicologia, Durif impone un ritmo e un volume alla pagina, attraverso l’assenza di punteggiatura, grazie ad ampi movimenti della scrittura stessa, e all’uso di diversi caratteri tipografici che comunicano il senso e regolano l’intensità di quanto viene detto. Lavoro con il microfono che permette con il lavoro sottile di Rainero Terribili sul suono di modificare la distanza della voce.

L’attore, così come il traduttore, sono attraversati dal testo e ne divengono gli interpreti.

In stretta collaborazione con il regista video Eric Angels, il lavoro mettendo in gioco i corpi all’insegna dell’improvvisazione e ricorrendo a riprese-video, montate sin dall’inizio dal video-artista.

Filmare la pelle, la bocca, le labbra e le mani, i corpi stretti gli uni agli altri, i corpi addormentati: filmare e montare per poter raccontare le insonnie, la memoria, la memoria selettiva, le ossessioni.

Un primo montaggio sarà proiettato sul palcoscenico mentre gli attori stanno recitando, con i microfoni, e il regista video, anche lui nello spazio in presa diretta, con la telecamera puntata contro i volti, le labbra che si muovono; utilizzando il primo piano e il primissimo piano il montaggio delle immagini avverrà durante la rappresentazione.

Quel che serbiamo in noi, quel che mostriamo, quali immagini scegliamo: il montaggio crea un senso, inventandosi insieme allo scorrere del testo, qui ed ora, secondo una modalità interattiva.

I musicisti del gruppo dei Têtes de Bois parteciperanno alla presentazione del testo. Andrea Satta e i suoi musicisti interverranno con canzoni di Leo Ferré, con un arrangiamento di Sombre dimanche di Damia e con le loro composizioni.

Attrice, sotto la direzione di Didier-Georges Gabily, Jean-Yves Lazennec, Gildas Bourdet e Frédéric Fisbach, Brigitte Jacque... Da cinque anni a questa parte, ho scelto di dedicarmi a questo lavoro di ricerca e creazione che mescola testo, corpi parlanti e immagini digitali, dirigendo personalmente degli attori e cimentandomi con le mie prime esperienze di regia, in un primo tempo con attori non professionali.

Basandomi su un nuovo tipo di scrittura come quella di Philippe Minyana (Chambres) e di Eugène Durif (Chorégraphie à blanc), su racconti personali scritti dagli stessi attori e su adattamenti di sceneggiature, come Festen di Thomas Wittenberg, ho iniziato un lavoro di ricerca sulla forma. Una forma in cui i corpi degli attori, utilizzati quasi fossero danzatori, appaiono vivi sulla scena, ad evocare situazioni più o meno realistiche; corpi staccati dal testo che è invece curato da altri personaggi, come una sorta di narratori. Oppure sono presenti in quanto voci registrate, e con le immagini, che forniscono un terzo livello spazio/temporale: immagini degli attori in altri momenti, in altre frazioni di vita.

Ultimamente mi occupo di nuove scritture per la scena teatrale e mi dedico al progetto di un « ciclo di rappresentazioni per far scoprire in Italia tre autori francesi contemporanei :Laurent Gaudé, Noelle Renaude, Eugène Durif». Continuo inoltre a rappresentare lo spettacolo realizzato nel 2004 e basato sul testo di Marguerite Duras, L’amant de la Chine du Nord. Le immagini girate in Vietnam, la musica, e il testo si soprappongono, dando origine a infiniti percorsi.

Notediregia

Uno spettacolo interattivo.

Presenza costante dei microfoni, che serviranno al cantante e ai musicisti del gruppo dei Têtes de bois, interpreti italiani delle canzoni di Léo Ferré, dei cui testi si sono appropriati, e di cui hanno riscritto gli arrangiamenti. Voglio siano presenti in scena anche loro. La durezza della musica dei Têtes de bois e la crudezza dei testi di Léo Ferré danno ulteriore risalto alle derive degli uomini e delle donne che si muovono sulla scena.

I loro interventi non sono già dati, ma si inseriscono in una sorta di improvvisazione collettiva, che si basa su un canovaccio, una trama e su una precisa scelta di brani.

ZONA ESTERNA 27 GIUGNO ore 19.30

Il lavoro finisce con l’intersecarsi con quello del regista-video il quale riprende gli attori e i volti degli spettatori che guardano, e reagiscono sia a ciò che vedono sulla scena, sia alla propria immagine proiettata durante il montaggio. Ogni sera la rappresentazione sarà dunque un evento assolutamente diverso, unico.

Il lavoro si baserà anche sulle voci registrate, sulle voci fuori campo. La scrittura frammentata di Durif consente, in questo lavoro di improvvisazione, di non fissare in modo definitivo i momenti in cui vengono articolate determinate parole, ma di far sì che certi passaggi vengano detti parecchie volte, ripetuti. Anche i corpi sono colti in una serie di movimenti ripetitivi.

Si avranno dunque attori narratori e corpi presenti sul palcoscenico, ma che, nel caso di determinate scene, possono anche calarsi in una precisa situazione drammatica.

Rappresentazione di un bar frequentato da prostitute, travesti, una di loro balla, vita notturna e solitudine, immagini della città, la notte.

Eric Angels proseguirà le sue riprese, rubando immagini e persone, quelle in carne e ossa, e quelle degli attori, mischiandole ad alcune immagini di archivio della guerra d’Algeria: ulteriore lavoro di montaggio che va ad arricchire quello già iniziato.

Le immagini non illustrano nulla, gli schermi video non vogliono essere solamente parte della scenografia, ma servono a creare una sorta di interattività tra suoni, immagini, attori e spettatori, tutti riuniti all’interno di un medesimo spazio. Potremo distinguere gli spazi d’incontro da quelli di divergenza solo in un secondo tempo, con l’esperienza sul campo.

Ho pensato all’adattamento di Croisements/Divagations come ad una bella occasione per suscitare incontri e/o paragoni, limpidi, o anche confusi, tra attori e pubblico francesi e italiani.

Eugène Durif

Nato a Lione, Eugène Durif vive attualmente a Parigi. Dopo studi di filosofia, ha fatto il giornalista ed ha pubblicato poesie e numerosi racconti. Si dedica ormai essenzialmente alla scrittura teatrale.

Poiché il teatro resta per lui « l’unico luogo dell’utopia e del dialogo con la comunità », il suo è un universo di gente semplice, di memorie private, colte nel caotico turbinare degli eventi e dei ricordi perennemente occultati…

La sua scrittura, segreta e fragile, poetica e rifratta attraverso il prisma della lingua, registra l’emozione diretta.

L’assoluzione

da un’idea di Gianluca Riggi progetto di Gianluca Riggi e Andrea Felici con Gianluca Riggi e Marco Adda

note

Da un format già studiato e sperimentato in occasione dello spettacolo Aracnofobia, che teatralizzava in maniera semplice ed immediata gli atti parlamentari della legge 4198 anno 2003, trasformando la lettura in evento teatrale e dando alla stessa una motivazione, si è deciso di portare avanti la sperimentazione applicandola agli atti processuali riguardanti famosi ed importanti uomini politici italiani, con particolare attenzione al “Processo del Secolo” che ha avuto come protagonista l’onorevole Giulio Andreotti.

La comicità è insita nelle parole dei testimoni appartenenti alla “Famiglia”, nella difesa dell’onorevole, ormai senatore a vita, e divino Giulio, non v’è bisogno di aggiungere, basta riportare fedelmente i testi trascritti dagli stenotipisti, cucirli tra loro senza operare alcun adattamento, se non taglio, vista la mole di documenti a disposizione, per avere un testo teatrale di stampo eduardiano, e per fornire i mezzi agli spettatori di giudicare e dare una inevitabile ASSOLUZIONE!

Purtroppo la storia giudiziaria del nostro paese in questi ultimi anni si presta alla più brechtiana delle operazioni …

Associazione Culturale L'Archimandrita L'Associazione Culturale L'Archimandrita viene fondata nel dicembre 1997 da Gianluca Riggi e Andrea Felici (in precedenza attivi sul territorio romano nell'organizzazione e nella produzione di spettacoli, stage e progetti teatrali all'interno dell'Associazione Culturale Materiaviva) per la gestione, l'organizzazione e la direzione artistica del Teatro Furio Camillo a partire dalla stagione teatrale 1998-1999.

Dal giugno 1998 L'Archimandrita entra al Teatro Furio Camillo e ne cura la ristrutturazione e la riorganizzazione.

Fin dal 1998 L'Archimandrita si occupa anche di produzione di spettacoli creando una compagnia affiliata a Dark Camera (Compagnia riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali).

In collaborazione con il Comune di Roma – Ufficio Speciale per una città a misura di bambine e bambini organizza per la stagione 2000-01 laboratori teatrali nelle scuole elementari delle circoscrizioni V,VI,VII,VIII, X, a cui seguirà nel mese di Marzo una rassegna teatrale frutto dei laboratori svolti.

Gianluca Riggi e Marco Giuliani nel 2001 e nel 2002 dirigono un laboratorio teatrale per portatori di handicap mentale per conto dell’A.S.L. RM C (Giona, Vai a Ninive – 2001, Odisseo – 2002) , mentre sempre Gianluca Riggi ed Enrico Di Fabio lavorano da anni in strutture per portatori di Handicap mentale, Andrea Felici, Gianluca Riggi e Marco Adda partecipano attivamente alla realizzazione del convegno ‘Epifania dell’ombra’ dell’ Istituto Gestalt Firenze tenutosi al Teatro Argentina di Roma il 17 e 18 Novembre 2001. La collaborazione con l’Istituto Gestalt verrà ripresa successivamente in tutte le stagioni teatrali fino all’odierna. Nel settembre 2002 Gianluca Riggi ed Enrico Di Fabio dirigono il laboratorio Di Terra In Terra, con giovani immigrati del C.P.I.M., lo spettacolo conclusivo verrà messo in scena al Castel Sant’Angelo con il sostegno del Comune di Roma, e sempre insieme proseguono la loro attività con il Centro di Riabilitazione Handicap della ASL RM C di via Pincherle. L’associazione crea, dirige e organizza (1999,2000,2001,2002, 2003, 2004) la rassegna di danza Danza und Tanz realizzata in collaborazione con Travirovesce, Sistemi Dinamici Altamente Instabili, Goethe Istitut Rom, Università La Sapienza di Roma, Centro Teatro Ateneo, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Roma, Regione Lazio, Fiuggi Teatro, giunta alla VI edizione, i teatri di appoggio sono il Teatro Comunale di Fiuggi, il Teatro Furio Camillo di Roma e il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Teatro Vascello, il Campo Barbarico.

Crea, dirige e organizza anche il Mese di Formazione dell'attore, uno stage continuato di quattro settimane realizzato in collaborazione con l'Eti e inserito nella rassegna Maggio Cercando i Teatri dell'Eti, condotto nel 1999 da Mamadou Dioume e Tapa Sudana, nel 2000 da Giovanna Marini, Francesca Breschi, Antonella Talamonti, Patrizia Nasini e Marcello Sambati, nel 2001 da Teatrino Clandestino e Danio Manfredini, nel 2004 con Gabriella Rusticali, Akira Kasai, Yoko Muronoi, Jean Laurent Sassporters, Peter Kowald.

Crea e organizza la giornata d’incontro “Cortocircuito tra danza e teatro” in collaborazione con l’Eti, ospitando il lavoro di Travirovesce, Sistemi Dinamici Altamente Instabili e Esse. P.A.

Crea, dirige e organizza la rassegna-osservatorio Il teatro che non c’è, due settimane di incontri, seminari e spettacoli dei Teatri Invisibili a Roma in collaborazione con l’Associazione Teatri Invisibili, l’Eti, la IX Circoscrizione.

associazione culturale l'archimandrita SALA A BIS 27 GIUGNO ore 22.00 28 GIUGNO ore 21.00

La delicatezza del poco e del niente – riletture di Mariangela Gualtieri regia Roberto Latini con Roberto Latini luci Max Mugnai

Fortebraccio Teatro

Fortebraccio Teatro è un’associazione nata dalla fusione di TESTEDASTRI di Ilaria Drago e CLESSIDRA TrEATRO di Roberto Latini. riconosciuta dal 1999 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è una delle compagnie fondatrici dell’Associazione AREA06 presente negli ultimi anni nei maggiori festival o rassegne nazionali (da MaggioCercandoITeatri ai Festival di Santarcangelo, Volterra, Castiglioncello, delle Colline, Enzimi, Mittelfest, BassanoOperaFestival, Primavera dei teatri…), FORTEBRACCIO TEATRO è nel pieno sviluppo di un progetto intitolato RADIOVISIONI, che, dall’approccio e svolgimento con mira prettamente contenutistica del precedente “dell’anima e delle forme” (2000-2002), sta destinando il campo di ricerca della compagnia sulle strutture sonore e visive degli spettacoli dal vivo. gli ultimi spettacoli: “BUIO RE _ da Edipo a Edipo in radiovisione” ; “PER ECUBA _ Amleto, neutro plurale” ; “UBU INCATENATO”. Roberto Latini nato a Roma nel 1970, ha studiato presso lo Studio di Recitazione e di Ricerca teatrale diretto da Perla Peragallo dove si è diplomato nel 1992.

fondatore negli anni delle compagnie TEATRO ES, CLESSIDRA TrEATRO e FORTEBRACCIO TEATRO, è il vincitore di quattro concorsi nazionali per attori di prosa intitolati “Wanda Capodaglio”, “Prova d’Attore”, “Bruno Brugnola” e “Sergio Torresani”. in quasi quindici anni di attività, oltre ad aver interpretato e firmato la regia e la drammaturgia di circa venti spettacoli, ha curato le rassegne teatrali TEATRODROMO, LUNA DI SCENA e, in collaborazione con AREA06: COME LE FOGLIE, SUPERDOWNLOAD, ORIZZONTI MOBILI, ZO6, TECNICA MISTA e GRAFIE TEATRALI ha collaborato con il dipartimento di Lingua e letteratura Inglese dell’Università di RomaTre nell’allestimento di spettacoli bilingue e, come responsabile della sezione teatrale, ha curato la drammaturgia e messa in voce delle sezioni teatrali nella trasmissione radiofonica di RADIO3: Appunti di Volo, di Laura Fortini. È laureato in Metodologia e Critica dello Spettacolo presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

fortebraccio teatro ZONA ESTERNA 28 GIUGNO ore 22.00 29 GIUGNO ore 23.00

Dux in scatola - autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito

uno spettacolo di e con Daniele Timpano collaborazione artistica Valentina Cannizzaro e Gabriele Linari disegno luci Marco Fumarola foto di scena Valerio Cruciani e Alessandra D'Innella organizzazione Maria Rita Parisi produzione amnesiA vivacE in collaborazione con RialtoSantambrogio e UbuSettete – periodico di critica e cultura teatrale finalista del Premio Scenario 2005

note

Nella nostra bella Italia, tra le due guerre, fioriva in Italia uno statista meraviglioso: Benito Mussolini.

Facciamo uno sforzo d’immaginazione collettiva: fate conto che sia io. Morto.

“Un attore - solo in scena con l’unica compagnia di un baule che viene spacciato come contenente le spoglie mortali di “Mussolini Benito”racconta in prima persona le rocambolesche vicende del corpo del duce, da Piazzale Loreto nel ’45 alla sepoltura nel cimitero di S. Cassiano di Predappio nel ‘57. (...) L’attore, costretto ad avvicinare la materia da una lontananza cronologica e ideologica immensa, gioca una identificazione posticcia con l’oggetto del suo racconto, parlando sempre in prima persona, come se il suo corpo contenesse la forza criminale del fascismo tra le sue quattro ossa. Una identificazione che è appunto posticcia, visto che in scena non c’è nessun tentativo di rappresentare un personaggio-Mussolini: il duce degli italiani è nel baule, o al limite nella tomba di Predappio. L’assimilazione forzata tra il soggetto (Daniele Timpano: “sinistramente” vivo) e l’oggetto (Mussolini Benito: “destramente” morto) del racconto riconferma la lontananza irriducibile tra due visioni del mondo inconciliabili.” Bene, fin qui è il mio comunicato stampa. Quell’attore costretto ad avvicinare la materia da una lontananza cronologica e ideologica immensa sono io: Daniele Timpano. Dal momento che sono, oltre che l’attore, insieme l’autore e il regista dello spettacolo la mia irresponsabilità politica è immensa. C’è stato già chi ha detto che non si può parlare di queste cose in modo così leggero. Oltre che leggero: ambiguo. C’è chi è arrivato a dire che lo spettacolo sfiora l’apologia di fascismo, qualcun altro addirittura mi ha detto che il modo in cui mescolo le carte può creare degli equivoci, specie in un momento come questo. La realtà è molto più semplice, e più onesta: semplicemente appartengo alla prima generazione per la quale il fascismo non è più neppure una memoria dei genitori. Lo spettacolo è stato un tentativo di riappropriarmi di una materia da cui mi sento generazionalmente escluso. Il Ventennio e la Resistenza io li ho conosciuti da piccolo guardando i documentari Luce in tv, negli stessi anni in cui guardavo i cartoni animati giapponesi e i Western con John Wayne. Da un punto di vista emotivo, non razionale, devo ammettere con grande senso di colpa che per me non c’è differenza tra il fascismo e una puntata del Grande Mazinga: gli alieni cattivi o i robot nazistoidi di Kyashan per me erano sullo stesso piano dei fascisti. Il male assoluto, ma che tutto sommato non esiste. Due cose che fanno parte entrambe dell’immaginario. Il fatto è che siamo tutti malati di immaginario. Il mio è stato un tentativo di squarciare il velo di irrealtà che copre il fascismo - come cosa che è accaduta sessant’anni fa ma poteva anche essere al tempo dei Sumeri - per farne riaffiorare drammaticamente la realtà. Questa irrealtà è sotto gli occhi di tutti: dai nazisti all’acqua di rose de La vita è bella di Benigni agli ultimi libri di Vespa, fino all’uso improprio di celtiche, svastiche e littori negli stadi. Consapevole di questa situazione di partenza, che non è certo motivo di orgoglio ma anzi di profonda preoccupazione, mi sforzo di non prendere una posizione ideologica chiara. Nello spettacolo il mio punto di vista è volutamente spiazzante. Sono pienamente Timpano e pienamente Mussolini: siamo in fondo una sola carne. Dico io identificandomi con la salma e pretendo di impietosire il pubblico col racconto del mio corpo appeso a Piazzale Loreto, ma poi introduco anche miei ricordi personali, viaggi nei luoghi menzionati nella storia, slogan neofascisti letti su un muro sotto casa. Soprattutto a Mussolini non somiglio per niente: anche solo guardandomi in scena lo spettatore non può fare una sovrapposizione, come accade nel film Mussolini ultimo atto di Lizzani. Tra Timpano e il duce non c’è alcuna somiglianza. L’autobiografia di Mussolini morto è anche un telo non neutro su cui proiettare l’autobiografia di un giovane trentenne del 2006, che è Daniele Timpano. Ma la proiezione vale anche per gli spettatori. L’italia del 2006 non è certo democratica come vuole credere di se stessa. Ma non solo a causa di Berlusconi e di Alleanza Nazionale o, come dicono quelli della Cdl, dei comunisti che mangiano i bambini. L’italia non è democratica da 150 anni, cioè da quando è stata fatta. Da Garibaldi in poi. Nello spettacolo lo dico chiaramente. Quando racconto la mia autopsia, parlo di un aneddoto certamente falso che raccontò Curzio Malaparte, secondo cui gli infermieri giocarono a ping pong con le mie budella. E la gente ride. “No, non ridete!” - gli urlo. “Questa connivenza tra scena e platea è una vergogna. Io e voi siamo d’accordo, no? Non siamo mica come quei fascisti là fuori, vero? Beh, troppo comodo. Dio, patria, famiglia, Dante, Leopardi, D’Annunzio, Alfieri, Goldoni, Carducci, e l’enciclopedia Treccani, e le targhe commemorative, e l’altare della Patria, e il Milite ignoto, e il risorgimento, e Garibaldi… Siamo circondati da secoli di cultura reazionaria, papalina, paternale, aristocratica, retorica, destrofila e sessista. Ogni italiano dovrebbe gettare la maschera e dichiararsi francamente fascista. Cioè vale a dire reazionario, papalino, paternale, aristocratico, retorico, destrofilo e sessista.”

amnesiA vivacE SALA A 28 GIUGNO ore 23.00 29 GIUGNO ore 20.00

Questo passaggio, come parecchi altri del testo, è profondamente mio, ma è anche il risultato di un collage di spunti e testi altrui, per lo più libri di storia, memorialistica o saggistica, ma anche molta letteratura. Non mi interessa la cultura orale: nessun ex partigiano e nessun ex saloino sono stati intervistati per realizzare questo spettacolo. Del resto non sono uno storico e non sono un antropologo, nemmeno dilettante, e sul fascismo non ho niente da dire. Del resto, anche se utilizzo alcuni stilemi del cosiddetto “genere”, non sono neanche un “narratore”. Della cosiddetta “narrazione” lo spettacolo contraddice (a mio parere) le premesse: la parola io, con la quale solitamente il “narratore” si mette in gioco in prima persona, come un uomo che instaura da subito un rapporto chiaro, di fiducia, tra lui-uomo e gli altri spettatori, uomini anch’essi come lui, è qui ambigua. Non c’è più questo rapporto di fiducia. Anzi, di me – che sono io e non sono io, che sicuramente non sono neanche il personaggio-Mussolini, non ci si può proprio fidare. Dux in scatola è dunque un monologo. Dopo il precedente caccia ‘L drago - fabula in musica da J. R. R. Tolkien questo è in effetti il mio secondo spettacolo da solo.

Tra le principali fonti di ispirazione e informazione dell’opera:

-Sergio Luzzatto, Il corpo del duce (Einaudi, Torino, 1998)

-Fabio Bonacina, La salma nascosta (Vaccari, Vignola, 2004)

-Luisa Passerini, Mussolini Immaginario (Laterza, Bari, 1991)

-Domenico Leccisi, Con Mussolini prima e dopo Piazzale Loreto (Settimo Sigillo, Roma, 1991) Daniele Timpano

amnesiA vivacE

amnesiA vivacE si occupa di teatro, musica, filosofia ma – soprattutto - di altro. Gli spettacoli di amnesiA vivacE sono tutti concepiti lungo una linea di ricerca anche musicale, di integrazione tra testo/corpo/note in un continuo disequilibrio tra partitura codificata ed improvvisazione. AmnesiA vivacE ha tenuto laboratori teatrali, letterari e musicali presso l’Università “La Sapienza” di Roma ed è tra gli organizzatori, assieme ad altre compagnie del Nuovo Teatro romano, della rassegna teatrale UBUsettete! Fiera di alterità teatrali romane, che giunge quest’anno alla sua quarta edizione.

Tra gli eventi extra-teatrali: Scrivere l’Es (ciclo di incontri, performance, concerti sul rapporto tra inconscio e scrittura letteraria e musicale, con interventi di Sylvano Bussotti, Ben Watson, Esther Leslie, Roberto Terrosi); Impressioni dal cosmo (parole e immagini dai partecipanti per l’Italia alla 11° Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo, Atene 2003); mostre di fotografia, presso la libreria Odradek di Roma (Photo Pride, sul Gay Pride, La Dama e la Candela, Io statua, sul museo della Montemartini, col patrocinio del comune di Roma).

amnesiA vivacE dal 2001 è una associazione culturale, con sede in Roma, che riunisce le esperienze di Daniele Timpano (autore, attore, regista), Marco Maurizi (filosofo, musicista), Valerio Cruciani (autore, fotografo), Costantino Belmonte (poeta, web-master), Natale Romolo (musicista, compositore), Francesca La Scala e Valentina Cannizzaro (attrici), con la libera collaborazione di Michela Gentili (cantante, danzatrice), Simone Mancini (grafico), Marzio Venuti Mazzi (musicista, tecnico del suono).

amnesiA vivacE Dal 2002 è anche una rivista on line di teatro, critica dell'arte e della società a cadenza trimestrale (www.amnesiavivace.it)

Daniele Timpano

Autore-attore, regista. Daniele Timpano nasce a Roma il 18 maggio del 1974. Frequenta il biennio di recitazione presso il Conservatorio teatrale di G. B. Diotajuti e M° Antonio Pierfederici. Seminari con Fiorella D'Angelo (mimica Orazio Costa), Alfio Petrini (drammaturgiaTeatro Totale), Luca Negroni (commedia dell'Arte), Luis Ibar (direzione scenica). Come attore ha lavorato con Michelangelo Ricci (Finale di Partita, La Meglio Gioventù, Ubu Re), Carlo Emilio Lerici, Francesca Romana Coluzzi, Massimiliano Civica (Grand Guignol). Ha collaborato con diverse compagnie, tra le quali il Teatro dell'Assedio (attuale Teatro del porto) di Livorno, OlivieriRavelli teatro e LABitlaboratorio ipotesi teatro, di Roma.

Fondatore del gruppo Amnesia Vivace, è autore-attore di diversi spettacoli, tra i quali: Storie di un Cirano di pezza; Teneramente Tattico; Profondo Dispari; Oreste da Euripide; caccia 'L drago da J.R.R.Tolkien; Gli uccisori del chiaro di luna – cantata non intonata per F.T.Marinetti e V.Majakovskij. Coordinatore dei laboratori teatrali, letterari e musicali Oreste ex Machina (2003) e Gli uccisori del chiaro di luna (2004) e Fiabbe Itagliane (2005), finanziati dall'Università degli studi di Roma "la Sapienza". Un suo testo inedito, Per amarti meglio!, è stato finalista nella rassegna Napoli drammaturgia in festival 2001 e dramma del mese su dramma.it. E' redattore (e collaboratore) della rivista on line www.amnesiavivace.it e di Ubu Settete, periodico di critica e cultura teatrale sul teatro "underground" romano a diffusione gratuita. È tra gli ideatori e organizzatori della rassegna Ubu Settete – fiera di alterità teatrali romane. Dell’edizione del 2003 è stato direttore artistico.

accademia degli artefatti

SALA A GIUGNO ore 21.00 GIUGNO ore

Tre pezzi facili – ballate sul collasso del mondo

Face to the wall / Fewer emergency / Advice to Iraqi women di Martin Crimp traduzione Pieraldo Girotto regia Fabrizio Arcuri con Matteo Angius, Fabrizio Croci, Pieraldo Girotto disegno luci Diego Labonia consulenza musicale D.J. Ras Noiz costumi e oggetti di scena Rita Bucchi organizzazione Miguel Acebes

note

•Advice to Iraqi women (Consigli alle donne irachene) è una breve e terrificante pièce in cui, con un taglio ironico e impassibile vengono offerti suggerimenti per la sicurezza dei bambini come lo farebbe un professionista alle mamme viziate di un paese dell’occidente. La casa è una potenziale zona di guerra per i bambini: gli angoli dei tavoli, le stoviglie, le scale, il cassetto dei medicinali, ma niente paura… se succede qualcosa ai vostri bambini chiamate subito il dottore, arriverà subito perché sta aspettando la vostra chiamata, non ha fatto altro durante la vita che aspettarla. In questo contesto questa terminologia di guerra suona come la grottesca esagerazione di gente che non sa neanche di essere ancora al mondo.

•Face to the wall (Faccia al muro) racconta di una sparatoria a sangue freddo in una scuola elementare. Tre persone sembrano avere una discussione su questo omicidio di massa. Ma questa discussione sembra essere una prova per una messinscena teatrale poiché uno dei tre riceve continui suggerimenti da un quarto che lo portano a infuriarsi sempre più fino ad arrivare ad un finale in cui il personaggio canta una canzone.

•Fewer emergencies (meno emergenze) è un esempio straordinario di come il linguaggio teatrale possa infastidire la nostra comprensione emotiva del mondo attraverso una analisi impietosa dei clichè, delle ripetizioni, delle ellissi, dei vuoti, dei lapsus: tre personaggi raccontano con acida ironia e apparente leggerezza come le cose nel mondo stiano migliorando…

Martin Crimp, autore poco più che quarantenne, è l’ideale anello di congiunzione tra la generazione dei "vecchi arrabbiati" e i nuovi autori britannici, animati da una carica di denuncia che non è più ideologica come quella dei loro padri, e forse per questo è assai più disperata.

Innegabilmente sono attratto e condivido il piacere per la poesia del linguaggio, l'interesse per il tema della violenza, il radicale disprezzo per il capitalismo, il rifiuto di una società che tenta di trasformarci tutti in una massa indistinta di consumatori itineranti. Questa piece composta di tre drammaturgie brevi e due canzoni continua così una indagine personale sul reale attraverso i linguaggi che investigano l’universo del disagio, e le sue potenzialità di rappresentazione.

Le tre pieces brevissime scritte tra il 2000 e 2002 affrontano situazioni di estrema attualità, ma la distanza dal fatto di cronaca e la lucida ironia con cui sono trattate ne fa materia incandescente e corrosivo.

Il gioco attento tra verità e finzione dell’atto teatrale, trasformano con leggerezza alcuni aspetti del contemporaneo, regalando a temi di scottante attualità una ulteriore sfaccettatura: l’ironia.

Tre clown, o tre individui qualsiasi colti in una qualunque giornata, sempre e comunque tre attori alle prese con la memoria del testo e con la memoria della storia, uno scherzo direbbe Heiner Muller dal quale però emerge più caustico e solitario un grido.

Accademia degli artefatti nasce intorno ai primi anni 90.

Si contraddistingue per l’indiscriminato approccio al lavoro sempre contaminando arte figurativa, performance e istallazioni, mentre parallelamente sviluppa una propria modalità prettamente teatrale.

Dal 1998 riceve il contributo dal ministero dei beni culturali.

E’ negli anni presente nei più importanti festival italiani e rassegne di teatro di ricerca come T90 (Milano-Torino-Palermo), Iperavanguardia (Scandicci), Milanoltre, Santarcangelo dei teatri ecc.

Nel 96 vince il premio Riccione TtV per il video teatro con l’opera Dati…, e nel 98 riceve una menzione speciale nell’ambito dello stesso premio per la ricerca e la sperimentazione dei linguaggi con l’opera Sulle possibilità irrazionali di vita a una data qualsiasi.

Nel 99 vince la Biennale giovani sezione Teatro. Nel 2001 il palazzo delle esposizioni di Roma dedica alla compagnia un’ampia retrospettiva sul lavoro teatrale e sulle istallazioni.

Nel 2003 vince il premio Dioniso teatro organizzato dal Crut e dello stabile di Torino con la tragedia Cori tragici da Euripide.

29
30
21.00

L’ultimo progetto a cui sta lavorando la compagnia sono una serie di testi di autori contemporanei che leggono in modo originale e provocatorio la realtà

pool 2005ev

progetto Kinkaleri produzione Kinkaleri, in collaborazione con Teatro Metastasio Stabile della Toscana – Contemporanea 2005, con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dipartimento dello Spettacolo, Regione Toscana.

note

Piscina. Pozzanghera. Biliardo. Un luogo di svariati sollazzi e inappuntabili dondolii, circolazioni del pensiero, misurazioni del tempo e della distanza: da bordo a bordo. Oppure: un luogo che potrebbe essere attraversato da un senso, dal senso, di marciume o cosa stantia. Ancora: un luogo fatto di traiettorie e geometrie, scontri cercati da sponda a sponda o fortuiti. Uno spazio grigio, un rettangolo di linoleum che accoglie lo spettacolo, gli spettatori appena fuori, sui bordi. Stavolta ad ognuno il suo posto. Una tenda, o fondale, come monumento e parodia, senza piangere sul morto. Sul davanti il pubblico e anche ai lati fino al limite di ciò che un pudore, tutto umano, potrebbe considerare senza decoro. Tutto costruito per un fronte aprendone altri affacciati sul retro. Ogni retro al suo posto. Fino ad avere negli occhi due porzioni indistinte: la mia scena al di qua ha la stessa censura applicabile alla mostra di sé che avviene a poca distanza, appena varcata una soglia. Mi vergogno quasi sempre o quasi mai. Produrre le immagini cercando il modo per tacere ché ogni cosa dell’oggi mi sovrasta in definizione ed eccitazione, apparecchiando sistemi di visione ed esclusione che dichiarano la propria percezione delle cose e del mondo, nell’evidenza dei segni: dall’arrivo all’uscita (quale?). Indiscutibilmente. Inequivocabilmente. Evidentemente. Anche se gli occhi del mondo si affollano d’immagini e riferimenti continui, incessanti, affaticanti, non voluti, invadenti. Costruire la propria esposizione, la propria estetica dai rami della jungla. Spogliarsi e rivestirsi. Moltiplicarsi in casi diversi di visione. Mettendo tutto nello stesso piatto, dentro la mia indifferente bellezza, a una durata e a un suono di basso. Se lo spettacolo c’è per essere visto, lo spettacolo dichiara la mia condizione di strabico congenito, impossibilitato alla messa a fuoco, distratto da ogni cosa: My love for you will never die. Guardami guardare. Guardati guardare. Ogni tragedia al suo posto.

Kinkaleri

Kinkaleri nasce nel 1995 come raggruppamento di formati e mezzi in bilico nel tentativo. L’andamento produttivo della compagnia da sempre ha trovato un proprio sviluppo attraverso itinerari diversificati – spettacoli, performance, installazioni, produzioni video, sonorizzazioni, allestimenti, pubblicazioni - con ospitalità in musei d’arte contemporanea, teatri, festival, rassegne di danza e di teatro, produzioni televisive, installazioni sonore, gallerie, in Italia e all’estero.

Il gruppo è formato da: Matteo Bambi, Luca Camilletti, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Cristina Rizzo.

La struttura personale, sia dal punto di vista organizzativo che per la particolare produzione artistica, fornisce le coordinate essenziali alla volontà di lavoro che la spinge: mettere in tensione il rapporto rappresentativo tra l’oggetto e l’ambito a cui si riferisce (o dovrebbe riferirsi). Tutte le produzioni hanno pertanto sempre avuto quella trasversalità di segni che in ambito contemporaneo stanno progressivamente mettendo in crisi la fruizione della rappresentazione: un linguaggio che impasta le lingue e le rende straniere a se stesse per poi ridefinirsi altrove. La ricerca è sempre stata quindi indirizzata verso una qualità del fare che privilegia l’innovazione, l’interazione tra linguaggi originali attraverso la sperimentazione di diverse modalità di esposizione. Kinkaleri ha realizzato diversi progetti installativi e performativi in situazioni e spazi specifici con cui si relaziona di volta in volta. Dal 1995 ha creato gli spettacoli: Amras (1995), Doom (1996), Super (1997), 1.9cc GLX (1998), Esso (1999/2000), et (1999/2000), Zoo (2000/2001), Ecc.etera (2000/2001), My love for you will never die (2001), <OTTO> (2002/2003), TONO (2003), WEST (2003-2005), I Cenci/Spettacolo (2004), pool (2005), 11cover (2006). Nel 2002 Kinkaleri ha organizzato al Teatro Studio di Scandicci Short Connection, un momento di approfondimento sullo stato delle arti e più specificamente una riflessione sul territorio ibrido della ricerca nel campo delle arti sceniche alla luce del profondo isolamento culturale del panorama italiano.

Nel 2002 la compagnia ha ricevuto il “PREMIO LO STRANIERO Scommesse per il futuro” “…per l’ammirevole coordinamento di gruppo dentro forme teatrali austere dai mezzi scabri e intensi dove la danza è ritmo nascosto della realtà e una sottile distanza crea le necessarie dissonanze” e, sempre nel 2002, il PREMIO UBU ad <OTTO> come miglior spettacolo di teatrodanza dell’anno: “uno dei lavori più sorprendenti della stagione, oltre i confini dei generi” (M. Marino). Kinkaleri lavora all’interno dello Spazio K a Prato – Italia.

kinkaleri SALA B 29 GIUGNO ore 22.00 30 GIUGNO ore 22.00

psicopompo teatro associazione culturale vittoria weil associazione olinda di milano

SALA A BIS

30 GIUGNO ore 20.00

1 LUGLIO ore 21.00

Està bien esplosione due uno studio ispirato a Rodrigo Garcia di e con Milena Costanzo e Roberto Rustioni note

741 742 743 745 746 747 748 749 750 45/8 45/9 45/10 45/11 45/12 45/13 45/14 45/15 45/16 45/17 45/ 29bis 30bis 31bis 32bis 33bis 34bis 1954 1961 1962 1963 1965 1971 1972 1980 1998 2001 201

Està bien è uno studio ispirato all'universo teatrale di Rodrigo Garcia.

Està bien è nato dalla nostra voglia di confrontarci con un autore contemporaneo. Per motivi di diritti siae prosegue ora senza precisi riferimenti testuali.

Un bene? Un male? Non lo sappiamo.

Siamo "andati avanti" salendo su un vagone che attraversava l'universo contemporaneo senza ben sapere dove si sarebbe fermato. Un nostro punto di vista sulla "volgare realtà quotidiana".

Durante il percorso lo studio si è nutrito e sviluppato delle fonti di riferimento più disparate. Abbiamo lavorato sulle sabbie mobili, abbiamo archiviato azioni, parole, materiali, immagini... Abbiamo composto figure nate dalla sovrapposizione di veline, ogni velina una nuova difficoltà, un nuovo compito, un nuovo vincolo.

Il disegno finale si regge su slittamenti continui.

Està bien è ora il nostro archivio vagante di responsabilità. L'archivio dei ricordi e delle paure, delle rabbie, elenchi interminabili di nomi, date di nascita e di morte.

Tutte le cose scritte, tutte le cose che si dovranno scrivere.

"Per tutti quelli che sono rimasti con me per cambiare tutto, a ribaltare tutto, a distruggere e ad abitare sopra, abitare sopra le nostre macerie..."

R. Garcia

"...Sono in piedi, come altre volte, come in passato, a scuola, nella mia classe... e dico: ho dimenticato, lo sapevo, lo sapevo, vi assicuro, Signore e Signori..." T. Kantor

" L'uomo è innanzitutto disposto a credere nell'autorità degli altri. Tutto quindi comincia con l'amore per se stessi in primo luogo. Altrimenti è impossibile capire l'altro, è impossibile amarlo.

- Ama il prossimo tuo come te stesso - Questo è il punto dal quale comincia il conteggio - cioè lo zero - l'io Persona. "

A. Tarkowskij

"Perchè la debolezza è grande e la forza non significa niente." Stalker

Costanzo/Rustioni

Si incontrano nel 1991 all'interno della compagnia teatrale di Giorgio Barberio Corsetti con il quale collaborano per molti spettacoli. Insieme lavorano anche per alcuni progetti di Claudio Morganti e di altri registi. Da due anni hanno intrapreso un lavoro di ricerca per un teatro fisico e di creazione dal quale sono nati lo spettacolo -Un cerchio alla testa- , il progetto -Està bien- e vari laboratori. Il lavoro, che trova nel corpo e nelle sue possibilità un elemento fondante, si interroga sul ruolo autorale dell'attore e sui vari linguaggi teatrali, prendendo le distanze dal teatro cosiddetto di regia e di prosa. La loro è un'esperienza completamente indipendente e priva di legami istituzionali.

Viviamo in un grande paradosso. Non avevamo mai avuto tanta tecnologia, la scienza non si era mai spinta così lontano, ma in tanto tempo non si era neanche riaffacciato con tale forza il pensiero oscurantista delle sette (scientifiche, ecc), dei fondamentalismi ed esoterismi vari.

Negli U.S.A. il 55% degli americani pensa che la bibbia spieghi le origini dell’universo e che quest’ultimo sia stato creato appena 6000 anni fa. Uno dei grandi casi che si discute nei tribunali americani è stabilire se Darwin e la Teoria dell’evoluzione debbano essere insegnati agli alunni nelle scuole.

Qui, i Legionari di Cristo e altri fondamentalisti cristiani, ispirati da un vecchio ed intransigente Papa, cercano di ridestare i vecchi demoni della repressione sessuale ponendosi non troppo lontano dai loro vecchi rivali monoteisti dell’ Islam.

Non sembra vero, ma persino con la nuova costituzione europea, la redazione ultima del testo ha scaturito dure battaglie per stabilire se si dovesse inserire o no un paragrafo citando le radici cristiane del continente, senza neanche spendere una parola in merito al riconoscimento della filosofia greca e latina in quanto pilastri fondamentali d’Europa.

I Buffoni, antica istituzione e parte altrettanto essenziale della tradizione europea – eccellenti rappresentanti dell’importante diritto di burlarsi di tutto e di tutti, del quale neanche si fa menzione nella nuova costituzione – hanno sempre lottato contro l’oscurantismo insieme a intellettuali, creativi e tutti gli uomini liberi in difesa della ragione. Io, Leo Bassi, in qualità del buffone che sono, sento che è arrivato nuovamente il momento di cominciare lo lotta per salvare l’intelligenza. In nome di Cartesio, Averroè, Socrate, Confucio, Kant, Einstein e dei filosofi e scienziati di tutti i tempi, io dico: “Ne abbiamo piene le palle!” di tanta superstizione, dei mercanti dell’oscurantismo e della paura. Preaparatevi: è giunto il momento della nuova “Rivelazione”.

Leo Bassi

Leo Bassi ha lavorato e lavora in tutto il mondo. In Italia ha vissuto per parecchi anni partecipando a numerose trasmissioni televisive, il suo Curriculum è talmente vario che risulta difficile ricostruirlo con precisione. Egli stesso si definisce un “filosofo-buffone” contemporaneo, un divulgatore di verità attraverso l’idiozia. Nei suoi assolo utilizza alcuni strumenti del circo per raccontare eventi storici e accadimenti politici. Leo Bassi non va per il sottile, racconta i fatti, dice i nomi. Vuole realmente investigare e informare la “gente” sulla condizione dell’uomo contemporaneo in relazione agli eventi politici

leo bassi SALA A 30 GIUGNO ore 23.00 1 LUGLIO ore 22.30

Real Life Guaranteed

Suddeutsche Klassen Lotterie installazione di Paolo Musio

Real Life Guaranteed è un marchio di garanzia per non classificate esperienze che costituiscono principi d’azione e possibili chiavi di lettura della realtà.

È garanzia di qualità della vita in un programma ecologico di salutare disinganno. Intende lucrare sul formarsi di una coscienza in continuo rapido cambiamento. È vita come opera poetica.

È gioco, terapia occupazionale, anger management.

Nasce a dispetto di tutto. È un modo per galleggiare sull’elemento distruttore. Chiede di essere condivisa o osteggiata, è collettore di energie e specchio di contraddizioni. Chiede senso della posizione.

Ha a che fare con il presente come schiuma del tempo.

È il prossimo errore, la prossima sorpresa.

Ho deciso di raccogliere i progetti attualmente in opera sotto un unico denominatore: Real Life Guaranteed, per gemmazione dall’opera di Ross Sinclair, artista scozzese, creatore di Real Life. È una dichiarazione di intenti, un nuovo contenitore che mi permette di rendere riconoscibile il filo conduttore della mia attività artistica, ed è anche uno stimolo a condividere le mie scelte con altri a partire da questa riconoscibilità. Nasce un marchio operativo “leggero”, che intende sfruttare questa sua caratteristica a vantaggio di un’azione il più possibile diretta.

“Suddeutsche Klassen Lotterie” è la prima iniziativa direttamente riconducibile a R.L.G. Sarà presente negli spazi del Teatro India di Roma dal 20 giugno al 1 Luglio, nella rassegna Short Theatre. Si tratta di un’installazione e insieme dell’inaugurazione di un nuovo spazio: un juke-box, da cui, al costo di un euro, si può ascoltare un racconto della durata di circa venti minuti, con musica di Nobuzaku Takemura, remix di Aphex Twin.

Il racconto è di Paolo Musìo ed anche la voce. L’organizzazione di Alessandra Terni. L’intenzione è quella di aprire una stagione itinerante per questo juke-box e via via conquistare spazio per tutti coloro che con le loro proposte abiteranno temporaneamente quella macchina sonora con gettoniera.

Un caloroso ringraziamento va alla direzione artistica di Short Theatre, nella persona di Fabrizio Arcuri dell’Accademia degli ArtefattiArea06, agli organizzatori e al Teatro di Roma per aver accolto con entusiasmo e disponibilità estrema ed immediata una proposta estemporanea.

Libri

ZONA ESTERNA

27 GIUGNOore 18.00

Presentazione del libro “Incroci/Derive”, di Eugéne Durif, edito da Luca Sassella editore, in presenza dell’autore e dell’editore

ZONA ESTERNA

29 GIUGNOore 18.30

Presentazione di “Oggetti da interpretare”, di Martin Crimp, Rodolfo di Giammarco, Luca Scarlini, Fabrizio Arcuri, Pieraldo Girotto, Paolo Ruffini, in presenza degli autori e dell’editore

ZONA ESTERNA

29 GIUGNOore 18.30

Tutti i giorni dalle ore 18.00 Stand di editoria teatrale

Video

SALA MOSTRE

22, 23, 28 GIUGNO dalle ore 18.00

Proiezioni video a cura di Stefano Savi Scarponi

SALA MOSTRE

27 GIUGNO ore 16.30

Prove di “Incroci/Derive”, regia di Sylvie Busnel

ZONA ESTERNA

Tutti i giorni dalle ore 22.00

V.j. set a cura di Bluecheese project

Musica, bar, ristorazione

ZONA ESTERNA

DAL 20 GIUGNO AL 1 LUGLIO

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