Magazine Cont@tto Siav | nr.4 | ottobre-dicembre 2013

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

Magazine Siav di cultura digitale e dematerializzazione

Normativa

Le nuove regole sulla firma grafometrica Avv. Benedetto Santacroce

Tecnologia & Applicazioni

Gestire e conservare gli archivi di PEC Progetti

PEC e fatturazione II riuso del software Siav è pronta!

Alfieri Voltan Presidente Siav

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NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

MAGAZINE SIAV DI CULTURA DIGITALE E DEMATERIALIZZAZIONE

SOMMARIO Normativa Firma grafometrica. Le nuove regole tecniche e i fattori

normativi abilitanti: opportunità e scenari applicativi

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Avv. Benedetto Santacroce

Tecnologia & Applicazioni L’Orchestrazione dei processi, un acceleratore di efficienza di Alessandro Fabris

Firma grafometrica e sportello digitale per ottimizzare i processi

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della Redazione

Gestire e conservare gli archivi di PEC di Mauro Scanferla

Progetti La PEC nell’ambito del processo di fatturazione

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di Alessandro Fabris

Riuso del software. Siav è pronta! di Elena Cattelan

Informazioni per i clienti

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Editoriale

Cont@ttoSiav

CUSTOMER FIRST

di Alfieri Voltan

Essere Customer Oriented: cosa significa davvero?

Cosa significa creare valore?

Caro Cliente, SIAV riprende ad inviare ai propri Clienti la Rivista “Cont@tto” con l’edizione di Ottobre, che si presenta particolarmente ricca di spunti informativi.

Desidero riprendere il contatto con voi trasferendovi un estratto dell’articolo di fondo del n. 57 della Newsletter interna di Siav del maggio 2013.

Giusto per trasferirvi gli indirizzi e la filosofia d’azione della nostra azienda.

Mi auguro che vi risultino graditi.

Alla prossima edizione.

Alfieri Voltan Io credo che, in ogni azienda, e particolarmente in un’azienda come la nostra, che non è fatta di strutture o macchinari, ma di persone, ci siano due colonne fondamentali che la sostengono, che vanno curate al massimo grado, e che sono i propri Collaboratori e i propri Clienti.

Io vorrei questa volta dedicarmi ai Clienti, da un particolare punto di vista, che ritengo costituisca anche una direttrice di marcia e filosofia d’azione che deve avere la nostra azienda.

E ciò, come particolare focalizzazione, come indicazione al cambiamento, prima di tutto concettuale, per arrivare poi a quello operativo.

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Vorrei innanzitutto che fosse adottato lo slogan “Customer First” come un altro dei valori fondamentali che devono regolare i nostri indirizzi fondamentali a livello di Azienda.

Significa mettere al centro della nostra attenzione il Cliente, preoccuparci costantemente per lui, entrare nei suoi bisogni, nei suoi processi, nei suoi problemi.

Va però chiarito con precisione cosa significa essere “Custom Oriented”, e cosa non deve significare.

Non deve significare dare tutto e gratis al Cliente; non deve significare lavorare oltre misura per lui, essere soggetto al

Cliente; non deve significare poi “fregarlo” per rifarsi magari di uno sconto eccessivo strappato o saltare procedure aziendali per compensare manchevolezze.

In sostanza, tenere il Cliente come un bambino viziato, o in un rapporto di sottomissione.

Deve invece significare rapportarsi in modo che veda la dignità e la parità di rapporto come un valore fondamentale, e lo scambio di valori forti come l’onestà, la correttezza, la civiltà, il rispetto, la solidarietà, la partecipazione, la responsabilità.

Ma soprattutto, l’attenzione fondamentale, e la domanda che ciascuno dovrebbe porsi, nella attività quotidiana che svolge (e vedendo peraltro anche il Cliente interno, il proprio collega con il quale si collabora, a questa stregua): “come posso io creare valore per il mio Cliente?”.

In effetti, il nostro lavoro, e la nostra costante preoccupazione, deve essere di avere uno scambio cosiddetto “a valore” con il nostro Cliente.

Questo vuol dire che io devo creare qualcosa, creare qualcosa che vale, che vale possibilmente tanto, che io trasferisco al mio Cliente, e che il mio Cliente è poi disposto a pagarmi.

E questo scambio deve essere onorevole: se io creo e trasferisco tanto al mio Cliente, quello che il Cliente mi deve dare deve essere tanto, e non poco.

In sostanza: se io trasferisco tanto e ricevo poco, lo scambio non è onorevole; se io trasferisco poco e ricevo tanto, allo stesso modo lo scambio non è corretto, ed il Cliente prima o poi se ne accorge, e me la fa pagare.

A questo punto, costante preoccupazione di ogni collaboratore, in ogni ruolo svolto, e principalmente chi è coinvolto nei processi produttivi o di business deve essere: cosa devo fare per creare valore? cosa devo fare e con quali strumenti, per valutare l’ammontare del valore che creo?

Ecco quindi la costante ricerca di due cose: da una parte, essere davvero competente, formarsi (e chiedere formazione all’Azienda) in una ricerca continua di esprimere sempre il meglio; dall’altra, informarsi, mettersi dalla parte del Cliente, comprendere il suo ambiente, i suoi problemi, la sua organizzazione, interrogandolo, entrando nei suoi processi e nei suoi bisogni.

Ma poi, va fatto l’ulteriore passo, quello della valutazione, chiedendosi: –– “sto creando valore?”, –– “quanto valore sto creando?”, –– “quanto vale questo valore che sto creando?”, “quanto è giusto che paghi il mio Cliente per il valore che gli sto trasferendo, in modo che lo scambio sia onorevole?”, –– “come posso spiegare al mio Cliente, e condividere con lui, in modo che lui ne sia consapevole, lo scambio di valore che gli propongo, e me ne sia anche riconoscente in quanto gli porto del valore che altrimenti lui non avrebbe?” È un esercizio credo di non semplice fattura, non sempre direttamente applicabile in modo coerente e completo.

Ma credo che sia un indirizzo che è fondamentale tutti inizino a praticare come esercizio mentale ed operativo.

Perché questo è il modo più coerente e diretto per creare valore per se, per il Clienti e per l’Azienda, per valorizzare i rapporti con i Clienti, mettendoli davvero al centro del nostro obiettivo, ed avere alla fine dei Clienti soddisfatti e fedeli sostenitori della nostra Azienda.

Ed anche di svolgere una funzione etica per la società, per il proprio Paese e per il futuro dei propri figli.

La risposta non è semplice, ma qui sta la chiave e la bellezza di questa costante ricerca di creazione di valore e valutazione del valore creato.

In particolare, rapportandosi al Cliente, la cosa fondamentale è l’atteggiamento: proattivo, e non passivo.

Non devo pormi nei confronti del mio Cliente come se dicessi: “eccomi qui, dimmi cosa devo fare” ma invece: “sono un professionista, un esperto, uno che ha competenza, che ti sa consigliare per il meglio: ti dico io che cosa devi fare”.

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

di Alfieri Voltan Presidente Siav

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Normativa Normative

LA FIRMA GRAFOMETRICA le nuove regole tecniche e i fattori normativi abilitanti:opportunità e scenari applicativi Avv. Benedetto Santacroce

Atti del Seminario “Il nuovo sportello Digitale. Gestione Documentale e Firma grafometrica: ottimizzare i Processi delle Utilities” Padova, 25 settembre 2013 L’introduzione delle firme elettroniche e la loro validità giuridica fissata dal CAD ha alimentato negli ultimi anni la completa de materializzazione di processi aziendali, influendo in modo notevole sulla nostra vita di tutti i giorni. Dal 2013, inoltre con l’approvazione delle regole tecniche (DPCM del 22 febbraio 2013) ha trovato sempre più spazio il ricorso alla firma elettronica avanzata sotto forma di firma grafometrica. In effetti, in diversi settori (bancario, assicurativo, industriale) la firma grafometrica ha sostituito la firma autografa sia per la conclusione di contratti che per la gestione della consegna di beni.

Inoltre, sul tema è intervenuto anche il Garante della Privacy che con un recente provvedimento (n 396 del 12 settembre 2013) ha autorizzato l’uso della firma grafometrica non solo allo sportello, ma anche in mobilità sul tablet.

L’introduzione della firma elettronica, però, in qualsiasi attività aziendale comporta (per essere giuridicamente valida e vincolante e per creare una vera efficienza) la creazione di un articolato processo di acquisizione e di conservazione della firma. In effetti, molto spesso l’imprenditore quando introduce questa innovazione sofferma la sua attenzione al mero fattore tecnologico, immaginando di trasporre ciò che fa su carta su supporto elettronico Questo è, nella maggior parte dei casi, limitativo e, in alcune situazioni, impraticabile. Ad esempio si pensi, in ambito sanitario, cosa vuol dire trasformare il fascicolo sanitario da cartaceo in

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digitale. La dematerializzazione del fascicolo (voluta anche dal legislatore Dl 179/2012, infatti, non può prescindere da una completa riorganizzazione dei processi di gestione del paziente.

Non si tratta quindi semplicemente di introdurre un device tecnologico, ma di ripensare e ridisegnare il workflow dei processi, con un ritorno notevole, tra l’altro, in termini di aumento dell’efficienza dell’intero sistema.

Partendo dal concetto di processo è più facile capire le caratteristiche peculiari delle firme elettroniche rispetto alle firme autografe cartacee.

In generale la sottoscrizione autografa di un documento cartaceo raggiunge un solo obiettivo quello di attribuire un documento al suo autore, e quindi fornire la prova della riferibilità di quel documento a colui che lo ha graficamente sottoscritto.

Al contrario, la firma autografa su carta non consente mai di provare con certezza l’autenticità del documento, cioè non consente di legare la firma al contenuto del documento stesso, si limita invece a legare la firma al documento, che è una cosa completamente diversa. Questo accade perché a fronte di una firma autografa, manca totalmente un qualsivoglia riferimento al relativo processo che lo ha formato. Per poter legare la firma al contenuto del documento occorre fare un passo ulteriore.

L’unico modo per farlo è attraverso un processo. È qui che entra in gioco la specificità delle firme elettroniche.

La definizione giuridica di firma elettronica la troviamo nel CAD – codice dell’amministrazione digitale. L’art. 1, co. 1, lett. q) del CAD (Dlgs 82/2005) definisce la firma elettronica come “l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica”.

La garanzia di identità informatica sta nel processo all’interno del quale la firma si realizza. È evidente quindi che le caratteristiche di sicurezza vanno riferite non alle tecnologie ma ai processi Un esempio classico di utilizzo di firma elettronica è l’homebanking, nel quale la firma dell’atto informatico è provato da: Log nel sistema con ID e PW dispositiva (ad es. con OTP – One Time Password). Si tratta a tutti gli effetti di una firma elettronica, ed ha valore perché dietro c’è un processo di hardware e di software, oltre che un processo logico di workflow.

Il quadro normativo sulle firme elettroniche distingue quattro diverse forme: Accanto alla firma elettronica semplice abbiamo la firma elettronica avanzata , la firma elettronica qualificata e la firma digitale (queste ultime due sono species del genus firma elettronica avanzata).

La firma elettronica avanzata è l’“insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico, che consentono l’identificazione del firmatario del documento, e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo (art. 1, lett. q-bis) È evidente quindi che la firma elettronica avanzata garantisce in modo inscindibile sia l’autenticità del documento sia il collegamento di quella firma con l’autore.

Il concetto di firma avanzata è molto ampio, perché include non solo le forme di firma realizzate attraverso un dispositivo, ma anche attraverso un processo che sia in grado di garantire la connessione del documento informatico con l’identità del firmatario.

Il vero passo avanti in questa direzione è stato fatto con l’entrata in vigore delle nuove regole tecniche (DPCM 22.2.2013, in G.U. 21.5.2013). Queste hanno finalmente ripreso in mano la definizione di firme elettroniche, e hanno dato contenuto reale al concetto di firma elettronica avanzata, mettendo a disposizione degli strumenti alternativi rispetto alla firma digitale.

Nell’ambito dei contratti, tutti gli atti previsti dall’Art. 1350, n.

13 del Codice Civile, “soddisfano comunque il requisito della forma scritta se sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale” e possono quindi essere gestiti in maniera completamente dematerializzata.

L’ultima frontiera è rappresentate dai contratti in mobilità.

Anche questi contratti possono essere completamente dematerializzati attraverso una firma di tipo grafometrico.

Questo significa non dover più produrre carta, né alla stipula del contratto né in tutti i successivi processi legati allo stesso.

In definitiva la norma ci sta dicendo che grazie alla firma elettronica avanzata, possiamo gestire tutti i contratti. Il nuovo DPCM consente infatti di slegarsi dai dispositivi tipo smartcard, perché ora è un processo, e non solo la tecnologia, a garantire autenticità e opponibilità in sede giudiziaria.

La firma grafometrica consente il massimo del controllo, perché include tutta una serie di parametri biometrici, quali la velocità di scrittura, la pressione esercitata, l’angolo di inclinazione della penna, l’accelerazione del movimento, il numero di volte che la penna viene sollevata dal supporto elettronico. Tutti questi elementi vengono criptati nel documento e possono essere, però, poi riaperti in sede giudiziale.

Naturalmente la firma elettronica avanzata deve rispondere a tutta una serie di obblighi e caratteristiche, individuati dall’art.

56 e seguenti del citato DPCM di febbraio scorso.

Un punto delicato da considerare è che “la firma elettronica avanzata” è utilizzabile limitatamente ai rapporti giuridici tra sottoscrittore e soggetto che realizza soluzioni in proprio o che si avvale di soluzioni di terzi.”(ART. 60) In conclusione, mi sembra necessario sottolineare che la normativa consente in modo pieno e valido la dematerializzazione dei singoli documenti o delle singole procedure oggi ancora gestite su carta, utilizzando firme elettroniche, ma ciò è possibile solo se si provvede a creare un processo che risponda in pieno alla nuova logica de materializzata, solo così il documento digitale prodotto potrà essere conservato ovvero opposto ai terzi.

Un’esigenza nata anche dalla scarsa diffusione della firma digitale, dovuta principalmente a fattori umani, di difficoltà ad approcciarsi ad un mezzo rigido, percepito come troppo lontano dal cittadino, che si vede attribuite le più svariate firme digitali e alla fine rischia di non utilizzarne nessuna.

La firma elettronica avanzata, attraverso la grafometrica, ha la possibilità di colmare il gap evolutivo delle firme digitali. Si tratta infatti di uno strumento più vicino al cittadino, ma che consente di raggiungere lo stesso obiettivo, garantendo quei requisiti di certezza dell’attribuzione e autenticità del documento.

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

Benedetto Santacroce

Professore presso l’Università Telematica Niccolò Cusano di Roma, avvocato tributarista, si occupa di diritto tributario e doganale, fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva. È stato esperto nazionale distaccato presso la Commissione Europea direzione generale fiscalità e Unione doganale Pubblicista, la sua firma appare su numerose riviste e giornali specializzati in materia fiscale e doganale, tra cui “Il Sole 24 Ore”. È autore di vari libri in materia di trattamento dei documenti fiscali e del lavoro. È inoltre rappresentante del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti presso la FEE (Fédération des Expert Comptables Européens) a Bruxelles.

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Tecnologia & Applicazioni

L’Orchestrazione dei processi

un acceleratore di

EFFICIENZA di Alessandro Fabris

Gli “ecosistemi informatici” di aziende ed enti pubblici stanno diventando sempre più estesi e complessi, e hanno un ruolo ormai irrinunciabile nelle nostre attività quotidiane.

Spesso tuttavia non si riesce a sfruttarne in pieno le potenzialità perché ciascuno funziona come una “isola” rispetto agli altri, impedendo una reale condivisione delle informazioni e una efficace gestione dei processi organizzativi.

L’adozione di strumenti di orchestrazione permette di superare questi limiti.

1. COMPLESSITÀ Un paio di anni fa una importante compagnia aerea americana ha dichiarato di avere dimezzato il numero delle applicazioni software installate: da 1.300 (!) a circa 700. Senza dubbio un ottimo risultato, e probabilmente ottenuto con grande impegno, ma viene da pensare che anche ora facciano un po’ di fatica a destreggiarsi in una simile miriade di sistemi…

In Italia è raro incontrare realtà con questi numeri, ma anche nel nostro Paese il ruolo dell’ICT è cresciuto a dismisura negli anni, con un proliferare di tecnologie e applicazioni molto variegate, arrivando a costruire “ecosistemi informatici” sempre più complessi ed impegnativi.

Siamo sicuri che in uno scenario di questo tipo gli utenti riescano ad utilizzare al meglio tutte le risorse disponibili? O piuttosto non si corre il rischio di perdere una visione organica ed organizzata dell’intero “ecosistema”?

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Gestione delle fatture, del magazzino, delle risorse umane, della documentazione, del parco clienti, degli archivi, sono solo alcuni esempi di applicazioni che si stratificano…

2. CONDIVISIONE E CONTROLLO I sistemi software sono come comunità isolate, con lingue, leggi, monete diverse l’una dalle altre...

Altro spunto di riflessione: pensiamo al nostro lavoro quotidiano, e immaginiamo di dover aprire una nuova pratica, non ha importanza di che tipo: può essere una richiesta di acquisto, un segnalazione di non conformità, una fattura da pagare…

In tutti i casi una cosa è certa: nel momento in cui la pratica “esce” dal nostro ufficio, non la “controlliamo” più. E questo significa che può diventare difficile sapere dove è arrivata, e ciò a volte è causa di ritardi, confusione, costi nascosti. In uno scenario in cui una parte del lavoro è fatto a mano e il resto tramite software, diviene ancora più arduo avere una visione affidabile della situazione.

Per gestire queste problematiche molte applicazioni software sono state dotate di sistemi di controllo del workflow, in modo da guidare gli utenti assegnando le attività, e indicando loro dove si trova ogni pratica in lavorazione.

Esiste però un limite: questi workflow funzionano finché si lavora all’interno dell’applicazione, ma vanno in crisi quando se ne esce.

Per fare un paragone, si può pensare a tante piccole comunità, ciascuna delle quali parla una propria lingua, ha i propri governanti, usa le proprie leggi e la propria moneta: finché gli abitanti interagiscono tra loro non c’è nessun problema, ma nel momento in cui devono uscire dai confini allora iniziano le difficoltà.

Prendiamo un esempio e pensiamo ad un CRM: è perfetto per gestire tutto ciò che riguarda i rapporti con i clienti, ma se poi decidiamo di incrociare i dati dei reclami con le non conformità rilevate internamente, come facciamo?

E se ci interessa verificare a quali clienti abbiamo venduto il medesimo prodotto per un eventuale campagna di richiamo, dove troviamo questi dati?

Il proliferare delle applicazioni software ha di fatto creato il bisogno di farle comunicare tra loro, tanto che in questi anni molti sistemi

informatici si sono evoluti per favorire questo dialogo, realizzando la cosiddetta architettura “SOA” (Service Oriented Architecture), che permette di accedere alle proprie funzionalità da altri software. Ma è sufficiente questa evoluzione per risolvere il problema di una vera condivisione delle informazioni e del controllo su dove queste si trovano?

3. CONOSCENZA Proviamo ora a pensare a quante volte abbiamo bisogno di reperire una informazione, un documento, un dato rilevante.

Se lo abbiamo ricevuto tramite e-mail allora dobbiamo cercarlo nel nostro client di posta, ma se è stato registrato nel sistema ERP dobbiamo trovarlo lì, oppure magari è salvato nel CRM, o nel HRM, o nel ECM, o magari sappiamo di averlo visto ma non ricordiamo più dove… …e invece non preferiremmo usare qualcosa come Google, che con un’unica semplicissima casella di testo ci mette a portata di mano tutto il mondo? Il confronto è un po’ una forzatura, ma il concetto resta: quanto tempo risparmieremmo se potessimo trovare le informazioni senza preoccuparci della fonte da cui provengono?

La informazioni sono distribuite in tanti sistemi, a volte è veramente difficile trovarle.

Allora è come se non esistessero…

1+2+3 ORCHESTRAZIONE Mettiamo in fila questi concetti, complessità, condivisione, controllo, conoscenza, e ci rendiamo conto che sono tutti fattori critici, che vanno governati usando una “cabina di regia”, che sia in grado di fare cose come queste: –– Assicurare e agevolare la comunicazione tra i soggetti coinvolti.

–– Garantire la condivisione delle informazioni.

–– Coordinare le attività.

–– Agevolare l’accesso ai dati e alle informazioni.

ORCHESTRAZIONE NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

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–– Fornire indicazioni sulla qualità dei processi –– Verificare che i soggetti coinvolti siano nelle condizioni di lavorare –– Individuare eventuali anomalie e gestirle Si potrebbe incaricare qualcuno di fare questo lavoro, e a volte è proprio così: si individua una figura che divenga il collante per “far girare gli ingranaggi come un orologio”. Purtroppo non è sempre facile trovare queste persone, perché deve possedere competenze molto vaste e trasversali, e avere un’autorità e un’autorevolezza riconosciuta da tutti.

Per sfruttare al meglio le risorse informatiche disponibili e semplificare il lavoro alle persone serve un regista, un direttore di orchestra.

E anche se si trovasse qualcuno con queste caratteristiche esisterebbe in ogni caso un limite al numero di attività che potrebbe seguire contemporaneamente… E allora che si fa?

Non sarebbe interessante poter delegare questa regia, o orchestrazione, ad un sistema software che se ne occupi al posto nostro?

L’evoluzione dell’informatica negli ultimi anni ci ha fornito gli strumenti e le tecnologie per realizzare soluzioni “intelligenti”, chiamate appunto Orchestratori, con cui dare risposta a queste esigenze: –– Permettere di far comunicare tra loro sistemi eterogenei, ponendosi come interprete tra tutti i soggetti coinvolti.

–– Avere accesso alle informazioni distribuite tra tutti i sistemi presenti nell’organizzazione, e metterle a disposizione di tutti.

–– Conoscere il flusso di lavoro, in modo da coinvolgere gli attori – siano essi persone o applicazioni software – al momento giusto –– Assicurarsi che non si siano verificate anomalie nelle attività previste, ed intervenire in caso di necessità.

–– Controllare che tutti gli attori coinvolti siano in condizione di lavorare.

–– Mettere a disposizione informazioni di natura statistica e analitica sul funzionamento del sistema.

Un Orchestratore permette di dare completezza ad una visione di tipo “Service Oriented”, in cui varie applicazioni cooperano tra loro, ciascuna per svolgere un determinato servizio nell’ambito di un flusso di lavorazione più esteso e complesso.

Siav crede molto nell’importanza di realizzare strumenti con cui “federare” i servizi aziendali che forniscono dati e informazioni, per poterle trasformare in conoscenza condivisa, e ha per questo realizzato il BPM Orchestrator, che risponde alle esigenze prima descritte.

Come funziona un Orchestratore più in dettaglio lo scopriremo nel prossimo numero di Cont@tto.

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Una storia vera (o quasi…)

Un’azienda PMI, dopo avere effettuato una ristrutturazione interna, decide di aggiornare il proprio sistema gestionale, per adeguarlo al nuovo assetto organizzativo.

Coinvolge quindi un team di consulenti esterni, che affiancano il personale dell’ufficio acquisti, e alla fine decide di sostituire il software con una nuova piattaforma.

Al termine del progetto, durato alcuni mesi, il nuovo sistema entra in produzione, con grande soddisfazione del CFO, che ha ottenuto i risultati attesi.

Tutto bene quindi? Non proprio, perché qualche tempo dopo, chiacchierando con un proprio collaboratore, il CFO scopre alcune soprese… Viene infatti a sapere che ogni ordine che viene caricato richiede di applicare una procedura manuale per esportare la lista degli articoli acquistati verso il CRM aziendale, in modo da fornire ai colleghi del Delivery le informazioni sui nuovi ordini, e all’Help Desk una vista completa su quali sono i prodotti utilizzati dai clienti.

Allo stesso tempo è necessario tenere allineata parte dei dati caricati nel gestionale con il sistema ECM aziendale, in cui sono salvati tutti i documenti di offerta e le conferme d’ordine.

Questa “Babele” di sistemi comporta delle conseguenze nell’operatività, in particolare: –– il coordinamento nelle attività tra uffici è difficile; –– il passaggio di dati e informazioni richiede l’esecuzione di attività manuali; –– non esiste un controllo sullo stato del sistema, che quindi è vulnerabile ad errori, distrazioni, negligenza,…

Certamente si potrebbe risolvere il problema delegando l’intera gestione ad un unico sistema (es: l’ERP), ma questo approccio ha due difetti: –– è costoso (acquisito, installazione, configurazione, formazione,…); –– qualunque sia il sistema scelto come “owner” del processo, non riuscirà mai ad offrire le stesse funzionalità di soluzioni dedicate (un ERP non potrà mai arrivare a funzionare come un CRM o un ECM, e viceversa…).

La soluzione ottimale consiste invece nel trovare un sistema di orchestrazione in grado di prendersi carico dell’onere di far comunicare tra loro le applicazioni coinvolte e di gestire i flussi di attività e informazioni. Ecco a cosa serve un Orchestratore.

Alessandro Fabris

Laureatosi nel 1997 in Ingegneria Informatica presso l’Università di Padova, per oltre 5 anni è stato Responsabile del Laboratorio di sviluppo software di Siav, per poi coordinare il Siav Education & Knowledge Center. Dal 2011 ricopre il ruolo di Responsabile del team di marketing & training e, in ambito prevendita, del centro di competenza sui grandi progetti.

Da più di 10 anni lavora nel mondo della gestione documentale, contribuendo a realizzare soluzioni innovative in ambiti quali OCR, image processing, document & process management, business process intelligence, conservazione sostitutiva, protocollo informatico.

Tecnologia & Applicazioni

FIRMA GRAFOMETRICA E SPORTELLO DIGITALE

PER OTTIMIZZARE I PROCESSI

della Redazione

Un workshop organizzato da Siav a Padova ha illustrato le principali novità che consentono una piena dematerializzazione dei processi delle aziende multiutilities. Ma non solo. La chiave di volta è la firma grafometrica, che ha assunto piena dignità legale quale meccanismo di firma di documenti informatici.

La gestione cartacea del fascicolo comporta importanti carichi di lavoro. Le recenti novità normative permettono in tutto e per tutto di creare documenti “informatici”.

Attraverso l’apposizione di una firma grafometrica, che dal 21 maggio 2013 con l’uscita del DPCM rientra nella definizione di firma elettronica avanzata, il processo di dematerializzazione può essere completato e avviato alla conservazione sostitutiva.

La gestione elettronica del fascicolo a questo punto permette di semplificare ed ottimizzare l’interazione con l’utente anche attraverso l’uso di portali verticali, PEC, mobile e tutti gli strumenti messi a disposizione dal progredire delle tecnologie di comunicazione.

Il workshop, che ha visto la partecipazione di oltre venti aziende multiutilities provenienti da tutto il Nordest, ha fatto il punto sugli aspetti normativi e sulla soluzione offerta da Siav. Un interessante intervento dell’Avvocato Santacroce, uno dei maggiori esperti in ambito normativo sui temi della dematerializzazione e dell’Amministrazione Digitale, ha evidenziato le opportunità e i nuovi scenari applicativi aperti dalle nuove regole tecniche.

Quali sono i vantaggi della gestione digitale? Cos’è e come funziona la firma grafometrica? Quali vantaggi è in grado di portare ai processi di un’Organizzazione?

VANTAGGI DELLA GESTIONE DIGITALE Migliorare il servizio all’utenza

Rivalutazione della professionalità dei dipendenti

PERCHE LA FIRMA GRAFOMETRICA Risparmio di costi

Si elimina la carta dall’origine

Risparmio di tempo e aumento di produttività

Si elimina il data entry e relativi errori

Scansione e conservazione

Si elimina il costo di archiviazione

Efficienza dei processi

Il processo di conservazione è automatizzabile

Risparmio sulle spese legali

Difesa più efficace contro le truffe

COME FUNZIONA LA FIRMA GRAFOMETRICA La firma grafometrica consente di utilizzare la consueta firma autografa, familiare a tutti, all’interno di documenti digitali.

Grazie a tavolette grafiche in grado di registrare informazioni quali velocità del movimento della mano, pressione esercitata, etc. è possibile acquisire una serie di dati biometrici che permettono di identificare l’autore tramite perizia calligrafica.

Queste informazioni vengono usate per mostrare nel documento digitale, ad esempio un PDF, l’immagine della firma, ed inoltre sono criptate ed incapsulate all’interno del documento stesso per una successiva verifica in caso di contestazioni.

Centralità delle informazioni

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Tecnologia & Applicazioni

Gestire e conservare

GLI ARCHIVI DI pec

di Mauro Scanferla

Una breve guida per la corretta Conservazione dei documenti firmati digitalmente, PEC e relative ricevute

La diffusione dei messaggi PEC negli uffici di aziende ed enti italiani è in rapido aumento. La PEC è uno strumento che tutela mittente e destinatario sulla certezza della trasmissione elettronica di informazioni e documenti, ma siamo pronti a utilizzare correttamente questa opportunità?

Scopriamo, portando alla luce domande comuni e risposte, gli aspetti principali sulla gestione e conservazione dei messaggi PEC e delle ricevute.

La PEC da obbligo a opportunità La Posta Elettronica Certificata è oggi uno dei maggiori successi nel percorso di digitalizzazione intrapreso dal nostro Paese, eppure la sua diffusione non ha certo avuto un cammino privo di ostacoli: slittamenti delle scadenze, interpretazioni normative, oltre alla generale diffidenza verso l’adozione di nuovi strumenti. Il cambio di marcia si è iniziato a percepire più chiaramente con la sua diffusione tra le aziende private e i professionisti, favorita dalle recenti semplificazioni nel campo della fatturazione elettronica, che rende la PEC lo strumento più efficace ed economico per lo scambio della documentazione.

Oggi la PEC appare finalmente nella sua vera natura di mezzo di comunicazione pratico e certificato, e anche nella vision aziendale si è ormai trasformata da “ennesimo adempimento normativo” a “indispensabile strumento per la riduzione dei costi e la certezza delle comunicazioni”. Insieme a questa diffusione sono nati i primi dubbi di interpretazione sulla gestione dei messaggi PEC e sulle ricevute di accettazione e consegna. In particolare vi sono due questioni rilevanti che vale la pena di affrontare: quale strumento usare per gestire un archivio sempre più grande di PEC? E come conservare correttamente e in sicurezza questi documenti?

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Quale strumento usare per gestire un archivio di PEC? Un normale client di posta elettronica ci consente, salvo rare eccezioni, di inviare e ricevere PEC con un’ interfaccia semplice ma non è certo lo strumento adatto a garantirci un’archiviazione ordinata e rapida dei messaggi.

Le ricevute delle spedizioni PEC sono infatti gestite dal client al pari di altri messaggi recapitati e quindi visualizzate nella stessa cartella: in alcuni client è possibile creare delle regole di smistamento dei messaggi per riporre le ricevute in una cartella apposita, ma sarà in ogni caso poco agevole consultarle assieme al messaggio spedito. È sicuramente preferibile un’archiviazione più evoluta, in grado di collegare automaticamente i messaggi alle ricevute (nella ricevuta vi è ovviamente un riferimento univoco al messaggio) ed eventualmente anche altri documenti correlati, creando un fascicolo ibrido: si manterrà così il formato originale a garanzia dell’integrità e nello stesso tempo si favorirà un accesso rapido alle informazioni.

Come conservare correttamente e in sicurezza i documenti PEC? In termini di conservazione ricordiamo la distinzione tra il mezzo di comunicazione PEC e il messaggio PEC. La normativa italiana ci indica che il messaggio PEC è ”un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati” , mentre il sistema di posta elettronica certificata è “ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici.” (estratto da DRP 68/2005 art.1 lettera f. e g.).

Il messaggio PEC e le relative ricevute sono quindi documenti informatici, in entrambi sono presenti firma digitale e marca temporale del gestore: significa che i messaggi e le ricevute PEC sarebbero privi di valore legale se conservati su carta, se non per uso corrente, perché perderebbero le informazioni di certificazione di natura elettronica.

Anche il CAD, all’articolo 43, terzo comma recita che : “I documenti informatici [quindi anche la PEC, ndr], di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, possono essere archiviati per le esigenze correnti anche con modalità cartacee e sono conservati in modo permanente con modalità digitali”.

Le soluzioni Siav per gestire l’intero ciclo di vita delle comunicazioni PEC Pec Manager Enterprise Edition La soluzione che risponde alle esigenze di governo dei flussi di PEC inviate e ricevute da organizzazioni con numerose caselle PEC e ingenti moli di traffico dati.

Virgilio La soluzione completa per conservare il valore legale dei documenti informatici. Aiuta e tutela il Responsabile della Conservazione nell’adempimento delle sue mansioni, portando automazione e controllo su flussi documentali anche multiazienda.

Servizi di Outsourcing Il dipartimento di Document Management Outsurcing garantisce competenza e delega di responsabilità sul processo di Conservazione dei documenti e offre soluzioni SaaS per la gestione PEC.

Dalla normativa si evince quindi chiaramente che la Conservazione Sostitutiva è l’unico sistema per conservare il valore legale dei messaggi e delle ricevute PEC nel tempo.

Quali PEC occorre conservare?

Appurato come vanno conservate le PEC, analizziamo anche quali PEC conservare.

Fermo restando la libera iniziativa personale in merito alla corretta ed ordinata tenuta dei propri archivi, nel particolare caso dei documenti fiscali è il Codice Civile a darci delle indicazioni.

L’articolo 2220 stabilisce il periodo di conservazione di dieci anni per le scritture contabili e per le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti, e per le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti.

L’intento del quadro normativo è quello di avere a disposizione tutte le informazioni necessarie a risalire alla natura delle operazioni contabili dalle scritture utilizzando un archivio documentale completo.

Nel momento in cui una parte sempre crescente della documentazione, come lettere e fatture, vengono scambiate tramite PEC, varia esclusivamente il mezzo di trasmissione, non la natura dei documenti scambiati; pertanto l’obbligo di conservazione rimane anche per lettere, fatture e relative ricevute scambiate via PEC, con le modalità indicate dal CAD, ovvero con la Conservazione Sostitutiva di questi documenti.

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

Mauro Scanferla

Consulente freelance nel campo della prevendita e del marketing, da oltre 15 anni è specializzato in gestione documentale, workflow e conservazione sostitutiva in outsourcing. Collabora con importanti realtà nel panorama delle software house italiane per la diffusione delle tecnologie documentali digitali.

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Progetti

La PEC nell’ambito del processo di FATTURAZIONE di Alessandro Fabris

Emettere una fattura in formato digitale permette di risparmiare circa 7€, riceverla consente un risparmio di 4€.

La PEC è un sistema poco invasivo e legalmente riconosciuto per mettere subito in atto questi risparmi.

La PEC, data la sua natura digitale, agevola la creazione di processi di lavorazione altamente automatizzati.

Siav crede fermamente nell’utilità della PEC per contribuire a rendere più efficaci i processi produttivi del nostro Paese e ha realizzato una serie di soluzioni appositamente pensate per sfruttarne al meglio le caratteristiche.

A partire dal 2014 inizierà a trovare applicazione concreta quanto previsto già nel 2007 (legge 244/2007, “Finanziaria 2008”) in materia di fatturazione elettronica verso la PA. Si tratta di una iniziativa estremamente importante, visto che coinvolge un grandissimo numero di aziende che forniscono prodotti e servizi agli Enti Pubblici, per un totale di circa 60 milioni di fatture all’anno.

Il processo coinvolge una serie di soggetti che interagiscono tra loro: il fornitore, che emette la fattura, e che può rivolgersi ad un intermediario per l’invio; il cosiddetto Sistema di Interscambio, o SDI, che è un portale nazionale che funge da hub di raccolta di tutte le fatture; l’ente pubblico che usufruisce del servizio o acquista il prodotto, che a sua volta può chiedere supporto a terzi per la gestione tecnica del flusso.

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Il flusso di dati e documenti che coinvolge fornitori e PA si basa su strutture dati XML, conformi allo standard internazionale UBL (Universal Business Language) e si basa su diversi canali di comunicazione: PEC, HTTP, FTP, SPC (Sistema Pubblico di Connettività).

In questo scenario, una delle soluzioni più efficaci e meno invasive consiste nell’utilizzo della PEC per la spedizione al SDI della fatture e per la gestione delle notifiche da questo inviate.

E usare un sistema poco invasivo permette di ottimizzare gli investimenti in tempo e risorse.

Serve però una gestione solida, affidabile ed altamente automatizzata, che permetta di governare il flusso di tutti i messaggi PEC: è quindi necessario dotarsi di strumenti informatici adeguati.

Siav mette a disposizione le proprie tecnologie per fornire una soluzione di tipo enterprise per l’invio tramite PEC, e gestisce l’intero ciclo di vita dei messaggi inviati e ricevuti, grazie alla cooperazione tra i moduli Archiflow (ECM), BPM Orchestrator e Virgilio (Conservazione Sostitutiva).

Invio via PEC Invio via PEC

Aziende Professionisti Intermediari

Invio via HTTPS Invio via FTP

Invio via HTTPS

SDI Sistema di Interscambio

Fatturazione Elettronica tra privati L’obbligatorietà dei pagamenti alla PA in formato elettronico sarà sicuramente un fattore abilitante per favorire la diffusione della fatturazione elettronica: si tratta di un’occasione importante per estendere ai rapporti tra privati i vantaggi economici, immediati e misurabili, derivanti dall’utilizzo della fattura elettronica al posto di quella “tradizionale”.

Siav su questo tema propone un approccio molto concreto ed efficace, che si adatta alle esigenze del cliente, ed in sostanza consiste nell’estendere la soluzione pensata per la fatturazione alla PA anche ai rapporti tra privati: allegando al messaggio, insieme alla fattura in formato PDF, anche un documento XML che include tutti i dati della fattura stessa, così come previsto per la PA, consente di usare la stessa piattaforma applicativa ed inoltre permette a tutti i soggetti coinvolti di “parlare la stessa lingua”.

Invio via FTP Invio via SPC

Pubblica Amministrazione Intermediari

Per questo motivo Siav ha realizzato una soluzione ad hoc che permette alle aziende coinvolte di assolvere rapidamente e in modo efficace ai dettami di legge, all’interno di un sistema altamente automatizzato, affidabile e sicuro.

ConclusionI In un contesto che nel giro di 12-24 mesi renderà per tutti necessario dotarsi di mezzi per la fatturazione elettronica alla PA, poter sfruttare la medesima piattaforma applicativa per l’invio delle fatture in formato elettronico anche a privati e professionisti diventa occasione per ottimizzare l’uso delle risorse e incrementare ulteriormente i risparmi in termini di costi e tempi di lavorazione.

Fatturazione in ambito agro-alimentare Sempre in tema di invio e ricezione di fatture, un caso concreto riguarda l’applicazione dell’art.62 della Legge 27/2012, che introduce obblighi precisi nel calcolo dei tempi di pagamento delle fatture in ambito agro-alimentare. L’utilizzo della PEC, che consente di avere data certa, costituisce una soluzione ottimale a quanto prescritto dalla normativa.

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

Alessandro Fabris

Laureatosi nel 1997 in Ingegneria Informatica presso l’Università di Padova, per oltre 5 anni è stato Responsabile del Laboratorio di sviluppo software di Siav, per poi coordinare il Siav Education & Knowledge Center. Dal 2011 ricopre il ruolo di Responsabile del team di marketing & training e, in ambito prevendita, del centro di competenza sui grandi progetti.

Da più di 10 anni lavora nel mondo della gestione documentale, contribuendo a realizzare soluzioni innovative in ambiti quali OCR, image processing, document & process management, business process intelligence, conservazione sostitutiva, protocollo informatico.

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Progetti

Riuso del software

SIAV È pronta

di Elena Cattelan

È stato recentemente inserito nel Catalogo Nazionale dei programmi utilizzabili pubblicato dall’Agenzia per l’Italia Digitale lo «Sportello del Cittadino» di Ciriè (Sportello Incontr@Ciriè), il progetto di dematerializzazione dei procedimenti amministrativi e sportello unico virtuale realizzato da Siav per il Comune di Ciriè.

Ma cos’è il Riuso? Quali i suoi obiettivi e la sua diffusione?

Il Riuso, un’opportunità di innovazione e risparmio Negli ultimi anni, le continue politiche di riduzione della spesa pubblica stanno incidendo in negativo sulla dotazione degli strumenti tecnologici in uso nella Pubblica Amministrazione.

Non è un caso dunque che, tra i temi emergenti nell’ambito dell’eGovernment, si stia facendo largo il concetto di “Riuso di programmi informatici”.

Gli obiettivi non sono solo economici: con la collaborazione sul software si mira all’armonizzazione e al miglioramento dei sistemi informatici della PA, offrendo così ai cittadini servizi migliori ed uniformi.

La diffusione di soluzioni già sviluppate e adottate da una pubblica amministrazione è garanzia della loro rispondenza alle esigenze dell’amministrazione pubblica e costituisce spesso occasione di ottimizzare l’utilizzo delle risorse, concentrandolo verso il perfezionamento e l’evoluzione funzionale della soluzione applicativa originaria.

Condivisione della conoscenza, collaborazione, compartecipazione negli investimenti economici e un comune impegno per innovare l’azione amministrativa, migliorandola: questa è la filosofia su cui si basa il Riuso, che consente di contrastare il divario tecnologico e avviare nuovi percorsi collaborativi nel comune interesse allo sviluppo della pubblica amministrazione digitale.

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L’IMPIANTO NORMATIVO Nel nostro ordinamento, tale concetto fa il suo ingresso, per la prima volta, con la legge 340/2000, nella quale veniva stabilita per le PA la facoltà di concedere in uso gratuito ad altre amministrazioni le applicazioni informatiche.

Un’ulteriore specificazione sul riuso si ha con l’emanazione del CAD. L’articolo 68 del CAD prevede infatti che le amministrazioni, nell’acquisizione di programmi informatici, debbano procedere operativamente secondo una delle seguenti possibilità: –– sviluppi «ad hoc» –– riuso –– codice aperto e Cloud –– licenze d’uso, combinazione di metodi Il successivo art. 69 afferma che nel processo di sviluppo dei programmi per proprie esigenze “le amministrazioni devono favorire il riuso, prevedendo nei capitolati di appalto che i programmi siano facilmente portabili su altre piattaforme e inserendo clausole contrattuali adeguate”.

Proprio nell’ottica di consentire alle amministrazioni cedenti di far conoscere alle altre amministrazioni le soluzioni che intendono offrire in riuso è stato costituito un Catalogo gestito dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

Ad oggi, le esperienze di riuso realizzate non sono ancora molte.

La PA è pronta, le regole ci sono, non resta che attendere l’uso!

Un pò di numeri Una ricerca condotta nel 2012 dall’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano evidenzia come già oggi, nella scelta di possibili soluzioni ICT, il 42% degli Enti prendono sempre in considerazione soluzioni implementate da altre realtà, il 24% lo fa in casi specifici e solo il 34% non lo fa mai.

I vantaggi, per l’Ente che sceglie il Riuso, sono molteplici: si va dalla maggior rispondenza alle esigenze (72%), ai minori costi (70%), fino alla semplificazione dei processi di affidamento (52%) e la riduzione dei tempi di introduzione della soluzione (46%). (fonte Politecnico di Milano, Osservatorio eGovernment)

DETERMINARE IL GRADO DI «RIUSABILITÀ»

DETERMINARE L’«ADEGUATEZZA»

DETERMINARE LA CONVENIENZA ECONOMICA

STUDIO DI FATTIBILITÀ

COMUNICAZIONI DI «RIUSO»

CONTRATTO DI «RIUSO»

cosa fare per “riusare”

More info...

Nel corso della XXX Assemblea annuale dell’ANCI, che si svolgerà a Firenze, alla Fortezza da Basso, dal 23 al 25 ottobre 2013, Siav presenterà lo Sportello del Cittadino presente nel Catalogo Nazionale dei Programmi utilizzabili. Nell’ambito dell’Assemblea, Siav invita tutti i Comuni interessati a partecipare al Convegno “Sportello on line: l’Agenda Digitale per i Comuni passa da qui”, che si terrà nella mattinata di giovedì 24 ottobre.

Il Convegno, che vede la partecipazione di importanti personalità e presenta alcune significative best practices, ha l’obiettivo di analizzare gli aspetti normativi, di indirizzo ed applicativi, che consentono alle Pubbliche Amministrazioni di utilizzare il modello dello “sportello on line” per rendere più semplice e veloce l’erogazione dei servizi e la diffusione delle informazioni.

NUMERO 4 - OTTOBRE 2013

Elena Cattelan

Corporate Communication, SIAV spa Laureata nel 2001 in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Bologna, da diversi anni si occupa di comunicazione, ufficio stampa e web.

In Siav dal 2009, cura i progetti e i contenuti di comunicazione interna ed esterna dell’azienda.

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Informazioni per i Clienti È stato rilasciato Archiflow 8 La nuova frontiera del documentale È stata rilasciata lunedì 7 ottobre la nuova versione di Archiflow, la piattaforma documentale n.1 in Italia per realizzare progetti di dematerializzazione innovativi e dal veloce ritorno dell’investimento.

Archiflow 8, questo il nome della nuova release, oltre a migliorare ulteriormente la stabilità e le performance complessive della piattaforma, offre una serie di nuove funzionalità che rendono ancora più potente, sicuro e semplice l’utilizzo del software.

Ecco un breve elenco delle principali novità di Archiflow 8:

1. iFlow3 Con iFlow il sistema documentale diventa mobile. iFlow è un modulo che permette l’accesso all’applicazione anche tramite dispositivi mobile Apple e Android-based.

2. Contrassegno elettronico (glifo)

I documenti cartacei possono essere confrontati con i loro originali elettronici utilizzando i dati di un barcode bidimensionale (glifo) ed altri dati raccolti in un modello di contrassegno elettronico.

3. Nuovi Add-In

Archiflow 8 prevede una serie di nuovi Add-In per MS Office, che rendono ancora più semplice e immediato l’utilizzo del sistema documentale.

4. Invoice automation via PEC (“Art. 62”)

Questa soluzione basata sull’utilizzo della PEC permette di ottemperare a quanto previsto dall’art.62 legge 27/2012 in merito alla certezza circa la data di ricezione della fattura e di governare il flusso di comunicazioni con clienti e fornitori in modo sicuro ed affidabile.

5. Integrazione con Poste (H2H) per invio massivo

Il sistema è in grado di inviare massivamente, senza l’intervento dell’operatore, lotti di documenti tramite servizi Host to Host.

6. Nuova preview dei PDF

Archiflow 8 permetterà di vedere la preview di documenti in formato PDF evitando così l’utilizzo di programmi dedicati, velocizzandone la gestione.

7.Export to Virgilio

Il modulo consente di recuperare in modo automatico i documenti archiviati in Archiflow che devono essere posti in conservazione sostitutiva. Il servizio è governato dall’Orchestratore, un potente engine BPM che governa le funzionalità di workflow della piattaforma Archiflow.

8. Firma massiva documenti

Questo modulo è in grado, in base alla configurazione, di utilizzare un sistema di firma remota automatica (HSM) per firmare (standard CAdES e/o PAdES) documenti di qualsiasi formato.

9. Report & BPI

Con questo modulo sarà possibile configurare statistiche sui dati contenuti negli indici delle schede di Archiflow.

10. Registro di emergenza

Il registro di emergenza consente di avviare la protocollazione di documenti in situazioni di emergenza, come in caso di guasti hardware o di sospensione nell’erogazione di elettricità.

11. Firma Applicativa

Questa funzione risponde all’esigenza, molto sentita in ambito PA, di apporre una data ed un numero di protocollo su un documento pdf senza invalidare eventuali firme digitali già presenti sul pdf stesso.

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Dismissione di Archiflow 6.2 Con il rilascio di Archiflow 8, nei prossimi mesi la versione 6.2 di Archiflow verrà gradualmente dismessa e desupportata.

Ricordiamo a tutti i clienti che già da luglio 2013 è avvenuto il passaggio da Full Support a Limited Support, che comporta l’interruzione della manutenzione adattiva e normativa.

Dal 1 gennaio 2014 la manutenzione correttiva verrà interrotta, salvo per anomalie bloccanti.

Il 1 luglio 2014 si avrà la dismissione completta di Archiflow 6.2: non sarà più effettuato alcun intervento di manutenzione o modifica sul prodotto, e non verrà fornita assistenza dall’Help Desk o dall’Area Tecnica di Siav Tenendo conto della grande diffusione di Archiflow 6.2, e delle numerose applicazioni ancora in uso che riguardano processi di particolare criticità, Siav ha definito un piano che consente ad ogni Cliente di definire, con la consulenza del personale specializzato di Siav, le modalità migliori per realizzare in tempi brevi la migrazione dei propri sistemi ad Archiflow 8.

Siav è certificata ISO/IEC 27001: lo Standard per la sicurezza delle informazioni Siav ha conseguito l’importante certificazione UNI CEI ISO/IEC 27001:2006 per quanto riguarda i propri Datacenter e i servizi di Outsourcing documentale erogati ai clienti.

Già certificata ISO 9001, oggi Siav con la certificazione del proprio Sistema di Gestione Sicurezza Informazioni secondo lo Standard ISO 27001 offre ai propri clienti un’ulteriore garanzia di qualità, con particolare attenzione alla sicurezza delle informazioni.

La richiesta di tutela delle informazioni è oggi la domanda fondamentale del mercato. Le informazioni rappresentano infatti un patrimonio aziendale la cui gestione diventa strategica per la tutela e lo sviluppo del business. A questa necessità Siav ha risposto certificando il proprio Sistema di gestione della sicurezza delle Informazioni.

Lo Standard UNI CEI ISO/IEC 27001:2006 è infatti lo standard più riconosciuto ed utilizzato al mondo che definisce i requisiti per impostare e gestire un Sistema di Gestione della Sicurezza delle Informazioni, ed include aspetti relativi alla sicurezza logica, fisica ed organizzativa.

Tra i sistemi di gestione, è lo standard che più incide nel miglioramento delle prestazioni, in quanto consente di dare continuità, sicurezza e fluidità a tutti gli altri sistemi gestionali.

Lo Standard ISO/IEC 27001 è particolarmente significativo per aziende come Siav che forniscono servizi IT in outsourcing, e rappresenta una importante garanzia di protezione per le informazioni dei propri clienti.

Le attività propedeutiche alla certificazione sono cominciate in Siav già nel febbraio 2012: un percorso quindi durato un anno, particolarmente sfidante data la complessità dello Standard, che ha richiesto uno sforzo notevole all’interno dell’Organizzazione, per eseguire l’identificazione, la valutazione e la gestione dei rischi, formalizzando al tempo stesso i processi, le procedure e la documentazione relativi alla sicurezza delle informazioni.

Un percorso che non si ferma qui, ma richiederà e garantirà il monitoraggio costante delle prestazioni aziendali e l’attivazione delle azioni di miglioramento necessarie.

Una certificazione che pone Siav tra le aziende d’eccellenza in Italia nel proprio settore: secondo Accredia (l’Ente Italiano di accreditamento) infatti, le aziende IT che hanno ottenuto la certificazione ISO 27001 in Italia sono ad oggi 402, contro le 5122 aziende che sono certificate ISO 9001. Ancora meno sono le Aziende che, come Siav, possono vantare di avere conseguito entrambe le certificazioni.

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