Bergel_Aprile 2022

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L’OLIO AL CENTRO Luigi Caricato oleologo

Una cucina laboratorio per l’olio Immaginate l’olio extra vergine di oliva nella sua complessità. È necessario informarsi, conoscere, approfondire una materia prima ogni volta diversa. Non basta dire infatti extra vergine. Ogni olio ha le sue peculiarità. Semmai possiamo suddividere gli oli in due grandi famiglie, quelli erbacei e quelli dai sentori vegetali; ma sarebbe una forzatura, perché le sfaccettature che si colgono all’assaggio, soprattutto le sensazioni tattili e chinestetiche, sono in realtà tante. È un po’ come per i vini: ve ne sono tanti e tutti dai profili sensoriali peculiari. Di conseguenza, se si è addetti alla sala, o si sta in cucina, è consigliabile frequentare un corso di assaggio, magari tenendosi allenati con continui approfondimenti. Ma a differenza dei vini gli oli interagiscono direttamente con tanti alimenti, in quanto ingrediente. Cosa apportano gli oli? Come modificano i sapori e l’armonia di una preparazione? Che reazioni chimiche si sviluppano? Quando sul finire degli anni ‘80 feci un corso di assaggio professionale, avevo al mio fianco uno chef, Lino Gagliardi, dell’Antica Osteria La Rampina di S. Giuliano Milanese. Mi sorprese molto la sua presenza e in seguito ho molto apprezzato i modi con i quali si rapporta con gli oli, la sua grande competenza. Ora tuttavia posso dire che non è più sufficiente apprendere le regole dell’assag16

gio, pur fondamentali. Occorre andare oltre. Lo dico da molti anni: l’olio evo va ogni volta interpretato. È necessario trovare le giuste chiavi di lettura e trasformare la propria cucina in un laboratorio. Ovviamente l’ideale è creare un centro dedicato, o una scuola di cucina che si presti a sperimentare, come è stato fatto in Spagna, nel centro di Mas Bové in Taragona. L’Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare ha realizzato un CookingLab dotato di un centro di interpretazione dell’olio da olive e della cucina. Sono decisamente un passo avanti. Studiano i cibi cotti e quelli arricchiti con oli da olive e i suoi derivati. La struttura è dotata di una oleoteca, di una sala di assaggio, uno show room, e ovviamente di una cucina in cui provare e riprovare, non solo a livello empirico, ma con valutazioni scientifiche: cercano di creare una nuova visione gastronomica degli oli da olive. Perché allora non farlo in Italia? Io lo sollecito da almeno vent’anni a questa parte, e forse di più. Per ora ci sono le iniziative di alcune aziende olearie. A Imperia il Frantoio di Sant’Agata d’Oneglia ospita ormai da anni, a rotazione, chef con i quali sperimentare e inventare perfino nuovi prodotti. È un vantaggio per l’azienda e per gli chef, oltre che per chi ne fruirà. A Forlì Olitalia ha ideato OIL, acronimo di Olitalia Innovation Lab, con l’obiettivo di formare gli chef e gli addetti alla ristorazione. Non basta, però. Ci vuole una maggiore progettualità, coinvolgendo scuole alberghiere, accademie, scuole di cucina, ma soprattutto le aziende olearie, le quali devono a loro volta investire energie e denaro, creando sinergie con le organizzazioni di chef e ristoratori. A parte le eccezioni, finora non è stato fatto molto ed è incomprensibile che non si sia avvertita tale necessità. Uno studio olandese ci ha chiarito come poter attenuare l’amaro eccessivo di un olio attraverso la molecola della caseina presente nei latticini. Dobbiamo forse attendere che dall’estero ci insegnino come utilizzare l’olio al meglio?

| aprile 2022


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