TERRITORI Autore: Bruno Damini
Il Violetto di San Luca ha il cuore senza spine Bruno Albertazzi coltiva la terra da circa 75 anni. Classe 1932, ha cominciato a lavorare nei campi con suo padre quando di anni ne aveva 13 o 14, e continua a piacergli questo mestiere, lo si capisce osservando i suoi occhi mentre ne parla. Alla sua generosità si deve la salvaguardia del carciofo violetto di San Luca, una varietà precoce, pregiata e molto produttiva, arrivata quasi a rischio di estinzione perché le stagioni sono cambiate, non ci sono più distinzioni nette nel passaggio fra l’una e l’altra e le piante ne soffrono. Poi non ci sono quasi più coltivatori sui colli intorno a Bologna, i campi restano incolti, le case coloniche le hanno trasformate in abitazioni di pregio e hanno costruito ville trasformando i terreni circostanti in grandi parchi. Un tempo, la collina intorno alla città era tutta coltivata e questo carciofo maturava per il primo sul colle di San Luca, ben esposto al sole, perciò questa primizia veniva chiamata di San Luca o Sanluchino. Era il primo carciofo ad arrivare al mercato di Bologna, da aprile e poi fino a maggio. Una volta nella collina intorno alla città tutte le zone esposte a sud erano carciofaie e la produzione era tanta che arrivavano con dei camion per caricarli. Allora questa pianta diventava molto più alta di oggi e si arrivava a raccogliere fino a 40 carciofi per ceppo, dalla cosiddetta ‘mamma’ fino al carciofino, mentre oggi paradossalmente è difficile trovarli. 40
| agosto/settembre 2021