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Cervello, neurotrasmettitori e comportamenti in sala

te si irrigidisce. Se invece chi è in sala enfatizza che si tratta di un regalo, allora tutto cambia. “Nell’attesa del tavolo che stiamo predisponendo vi offro un calice del nostro prosecco”. “Questo è un piccolo pensiero dalla cucina, mentre scegliete cosa ordinare, un regalo del nostro chef”. Queste frasi chiariscono che si tratta di un omaggio per accogliere il cliente. L’ossitocina cresce e tutto va in discesa. La prima impressione è positiva. Il cliente si sente accolto. Quindi è più benevolo nei giudizi, più propenso a godersi l’esperienza, perfino più disposto a tollerare errori ed imprecisioni.

I due principi si possono unire. Regalare alla fine del pasto qualcosa da scartare assicura un picco di dopamina ed ossitocina all’unisono. In alcune occasioni importanti si può pensare ad un regalo per i clienti più fidelizzati del locale. In tutti gli altri casi basta un regalo simbolico. Immaginate di regalare al cliente una “polaroid” scattata dal personale in un momento della cena. Per potenziare l’effetto, mettete la polaroid in una busta con una dedica che costringa le persone ad aprire la busta scartandola. Questa piccola attenzione avrebbe un impatto pazzesco sul cervello del cliente, generando conseguenze sulla fidelizzazione e sulle recensioni. Ricevere un regalo non rende gentili e gioiose le persone per educazione, ma per l’attivazione di una reazione biologica iscritta nei circuiti cerebrali. Parola di Neurovendita!

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