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Mirco Plebani

La bellezza naturale del servizio di sala

In Versilia, esattamente a Marina di Pietrasanta, c’è un ristorante affacciato sul mare che si chiama Franco Mare. Viene aperto nel 2005 dalla famiglia Stefanini, già attiva nel comparto balneare, e raggiunge la dovuta fama nel 2021 quando, con la cucina dello chef Alessandro Ferrarini, riceve la stella Michelin.

Con lui i fratelli proprietari Nicola e Davide Stefanini, Massimiliano Martino, maître, Robben Gevaert, sommelier, e un giovane ragazzo in sala, nel ruolo di secondo maître, Mirco Plebani

È di lui che vi parleremo in questo articolo, della sua naturalissima vocazione all’empatia, del suo garbato modo di essere, gentile e competente.

Mirco Plebani proviene da una famiglia di ragionieri e anche lui ha fatto quegli studi ma c’è un ma…

Mirco aveva nel cuore la passione per la cucina, l’aveva coltivata stando spesso con i nonni da bambino: il nonno paterno e la nonna materna passano ore in cucina e i profumi, i gesti, l’atmosfera che anche lui viveva era contagiosa.

Mirco, raccontaci la tua storia professionale dall’inizio…

“Sono nato a Tradate (VA) dove mi sono diplomato in ragioneria. Dopo i primi quattro mesi in ufficio decido di inviare curriculum a caso nei ristoranti della zona. Mi chiamano al Panorama Golf Club di Varese dove, grazie al titolare, scopro che la mia vera passione non era la cucina ma la sala, l’accoglienza. Con lui imparo molte regole di questa professione e seguo anche diversi eventi in prima persona dove saper accogliere era una regola di vita. Resto qualche tempo ma volevo vedere altri luoghi, capire tutto del funzionamento della ristorazione. Mi sposto quindi in Svizzera, a Locarno, in un grotto dove ho iniziato anche a imparare la lingua tedesca. Poi a St. Moritz, all’hotel Laudanella, dove presto servizio in uno dei ristoranti interni, si faceva cucina thailandese molto ricercata. Qui completo la mia formazione e prendo rapido possesso della lingua tedesca”.

Come sei arrivato da Franco Mare?

“A Varese, al Golf Club, lavoravo insieme allo chef Alessandro Ferrarini. Con lui è nata un’amicizia solida che non si è mai allentata, nonostante i percorsi diversi. Gli avevo telefonato per scambiare due chiacchiere e fu lui a dirmi che si trovava molto bene da Franco Mare. Perché non vieni a trovarmi, mi disse. Sono arrivato qui per quell’invito”.

Cosa ti piace di più di questo ristorante?

“La cosa che mi ha affascinato fin da subito è stata la location; mi ispira, ogni giorno, tranquillità, relax, piacere. Ogni mattina quando vengo al lavoro i sentimenti sono quelli. Poi mi sono innamorato di una ragazza del posto e, infine, della cucina di Alessandro, ne sposo il talento e voglio molto bene alla vita che ci ha fatto ritrovare. Non ultimo l’insegnamento quotidiano che ricevo dal maître Massimiliano Martino, le sue notizie sulla storia della ristorazione da quando ha iniziato negli anni ’80 del secolo scorso, la sua bravura nel servizio al tavolo, con il flambé che ho iniziato a praticare con il grande piacere che questo procura agli ospiti. Tenere vive alcune cose del passato nel servizio di sala contribuisce a renderlo importante e attrattivo”.

Infatti, osservandoti quando sono venuto a cena ho notato proprio questa cosa: la tua bravura e la tua grande carica empatica. Mentre pulivi un pesce al sale si capiva che quei gesti avrebbero soddisfatto gli ospiti che avevano ordinato quella pietanza. Cosa ti da più soddisfazione in questa professione?

“Per ora ho due cose che mi hanno dato grandi soddisfazioni da quando sono qui. La prima è la stella Michelin giunta a ridosso del mio arrivo e mi piace pensare che anche il mio contributo alla sala abbia determinato quel giudizio degli ispettori Michelin. La seconda, la più importante, è stato vedere i miei genitori, entrambi ragionieri, venire qui e comprendere la mia scelta che loro non avevano inizialmente accettato. Quella è davvero la soddisfazione più grande!”

Come si impara questo lavoro? Quanto conta frequentare l’istituto alberghiero oggi?

“Sarebbe importante ma ci sono troppe cose che non vanno bene. Lo vedo ogni volta che mi capita di essere in commissione d’esame. Di base i ragazzi approcciano questo mondo con il pensiero: non so cosa fare, scelgo l’alberghiero. All’interno della scuola poi trovano una didattica superata dalla società. Quando poi vanno in stage non c’è un criterio oggettivo per trovare la struttura migliore per ogni ragazzo e quindi si ritrovano magari in un bar o in un locale dove non apprendi nulla. Infine pesa la poca considerazione che la politica nutre nei confronti dell’intera categoria. Tutto questo sta portando ai problemi attuali: mancanza di personale qualificato, costi gestionali insostenibili. Per questo sono arrivato alla considerazione che, per fare bene questa professione, devi avere dentro una sorta di naturalità verso l’accoglienza delle persone, deve piacerti. Un po’ come Messi per il calcio, impari facendo ma lo stimolo devi averlo dentro in maniera naturale”.

Una visione originale la tua, ma cosa bisogna cambiare per rendere attrattiva questa professione, a tuo parere?

“Valorizzare di più il lavoro di sala, con corsi formativi specifici e improntati all’oggi; puntare sulla televisione; conoscere il nome di chi lavora in sala. Queste sono alcune delle cose necessarie e urgenti da fare”.

Cosa hai ricavato dalla partecipazione ad Emergente Sala?

“Una partecipazione nata per caso. Me ne aveva parlato Alessandro, lo chef. Ero un po’ titubante ma vedendo lui così convinto mi sono candidato e ho fatto bene. Ho visto ragazzi come me difendere con passione questa professione, mi sono confrontato con loro, insieme abbiamo vissuto un percorso di crescita ulteriore”.

Come vivi questa società così precaria?

“La vivo con la paura del futuro. Sto cercando di fare il possibile per togliere un po’ a me per dare ai miei figli quando ci saranno, alla mia compagna. Voglio creare le condizioni per dar lor un po’ di sicurezza in più”.

Cosa ti fa piacere in una serata di lavoro?

“Mi rende appagato vedere il cliente che si alza entusiasta della serata che ha vissuto, ricevere i complimenti personali dalla maggioranza dei tavoli che quella sera erano serviti da me”.

Quanti anni hai?

“27, 28 a ottobre”.

Autrice: Simona Vitali

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