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LETTERA APERTA

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PARLIAMO CON

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Luigi Franchi direttore responsabile

Una lettera aperta per davvero

Quando si legge di NFT, acronimo di Non Fungible Token (in italiano è letteralmente ‘gettone non riproducibile’), passa la voglia di scrivere; tutto improvvisamente diventa desueto, ma poi, per chi ha una cultura umanista, resta preponderante il piacere di fare ancora cose come questa; scrivere di cibo, di relazioni, di luoghi e paesaggi. Perché comincio così il primo editoriale di questo 2022? Forse per non parlare più di pandemia. Forse perché anche scrivere di cyber-food può essere utile pensando al futuro della ristorazione. Forse, forse, forse… Il fatto è che mi ha colpito molto imbattermi in una cosa di cui ignoravo l’esistenza fino a qualche ora fa. Innanzitutto cosa sono gli NFT? Sono certificati ‘di proprietà’ su opere digitali. Un mercato che, nel 2020, è valso qualcosa come 250 milioni di dollari, mentre nel 2021 è diventata la parola dell’anno sul dizionario Collins.

Cosa c’entrano le opere digitali con il cibo e la ristorazione?

In Italia forse ancora poco ma gli esempi all’estero si sprecano. Pizza Hut, in Canada,ogni settimana propone, a chi fa uso di NFT, una nuova immagine artistica dedicata alla pizza. Gary Vee, invece, ha fondato il primo ristorante NFT al mondo: un locale con ingresso consentito solo ai possessori di NFT. Pringles, l’azienda di patatine, ha diffuso un nuovo gusto delle sue famose chips in edizione limitata chiamato CryptoCrisp. Solo che si tratta di un sapore virtuale in tiratura limitata nel tubo realizzato dall’artista Vasya Kolotusha. In pratica, potenzialmente, lo chef di un ristorante potrebbe vendere le foto dei suoi piatti realizzando una cena con portate che esistono solo in termini di opera d’arte digitale. So che tutto questo può apparire lontano nel tempo, impossibile in un Paese come l’Italia che ha fatto del cibo un fenomeno di richiamo del turismo internazionale. Invece è proprio qui che sta il terreno fertile; in un mondo dove viaggiare in luoghi lontani è diventato fisicamente complicato, NFT può favorire un modello di coinvolgimento davvero originale e innovativo. Così come la realtà virtuale potrebbe rendere più trasparenti i processi di produzione e fornitura alimentare. Altrettanto creare esperienze immersive di ristorazione potrebbe aprire un nuovo mercato, trasformando una semplice cena in un’esperienza mai provata prima. Il mondo ha accelerato i suoi ritmi, il cambiamento di ruoli, abitudini, modi di relazionarsi, in questi due anni, è stato tangibile, portandoci tutti in una fase di transizione di cui non conosciamo ancora le regole, mentre di certo sono aumentate le inquietudini, i disagi, le incomprensioni. Abbiamo un dubbio su tutto, se andare a cena fuori, se un colpo di tosse è Covid, se uno che respira vicino a noi è contagioso. La comunicazione ha accentuato questi disagi e, forse, troviamo pace solo nel rapporto con il mondo digitale perché è lontano, non tossisce, non ha la febbre.

Questa fase di transizione può essere fatale se non

ci appelliamo all’intelligenza, la nostra e quella di altri milioni, anzi, miliardi di esseri umani. Siamo ancora in maggioranza, facciamo in modo di far fruttare questa rendita di posizione, cerchiamo, laddove è possibile, di usare il digitale per rendere il mondo ancora più bello, anche con gli NFT se danno valore e diffusione all’arte e alla bellezza.

luigifranchi@salaecucina.it

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