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food passion

Tutti i migliori ingredienti più uno... la nostra autentica passione

Rispetto per la stagionalità delle materie prime, “dalla terra in cucina”, dalla raccolta alle preparazioni sapienti, prodotti gustosi e freschi direttamente nelle tue mani. Un’attenta selezione di pomodori conservati in innovative confezioni: polpa, passata, datterini, ciliegini e pomodori pelati... questo è il segreto di Demetra perchè ogni pizza diventi straordinaria. demetrafood.it

Luigi Franchi direttore responsabile

Se ne parla, se ne parla e non si agisce! Questa è la sensazione che, spesso, proviamo quando si cerca di affrontare il problema della carenza di personale, in sala e in cucina.

Quando si affronta il tema delle risorse umane sembra che sia tutto complicato, a tratti scivoloso. Allora proviamo a cambiare il modo, cominciando a sostituire i termini; reintroduciamo quello di persone!

Facevo questa riflessione mentre, pensando a quale tema professionale mi stava più a cuore in questo periodo, guardavo il film Il capo perfetto, con Javier Bardem che ne interpreta il ruolo. Un capo che chiede devozione alla sua fabbrica di bilance, che fa ruotare tutta la sua vita attorno ad essa e che, alla fine, resta vittima di questo.

E mi è venuto in mente l’errore, quello principale perché ce ne sono molti altri, che si fa nei colloqui di lavoro: quello di valutare l’assunzione sulla base della devozione a un’idea di ristorazione che è solo nella mente dello chef patron.

In questi anni si è ormai interrotto, fortunatamente, il meccanismo degli chef star. Questo fa pensare che tutto si sia rotto ma non è così. Le persone esistono, non sono solo risorse umane e qui sta il primo cambiamento. Esistono e chiedono di essere valutate su basi diverse dalla devozione. Sulla serietà professionale, sulla condivisione di obiettivi, sul fatto che sono giovani e vogliono imparare quando si tratta di ragazzi e ragazze. Ma se la risposta a questo è quella che ho sentito di recente a un convegno dove uno chef di mezza età ha liquidato la faccenda con un “i giovani non sanno cos’è la fame”, allora di strada da percorrere ne resta ancora molta e il tempo a disposizione è troppo poco.

Per fortuna che non sanno cos’è la fame. I nostri padri hanno fatto di tutto per non farla più provare ai propri figli!

Cosa fare, quindi, durante un colloquio di lavoro? Innanzitutto, da parte del ristoratore, avere le idee chiare. Gli annunci sono pieni di sciatteria, non espon- gono quasi mai le mansioni per cui si cerca personale: AAA cercasi cameriere non potrà mai attirare né chi ha competenze ma neppure chi ha solo attitudini. Oggi ci sono nuove competenze che emergono in ogni ambito, anche in quello della ristorazione. Adottare un linguaggio diverso diventa obbligatorio!

In sala bisogna guardare e ricercare, ad esempio, la serietà professionale, la capacità di essere empatici, di conoscere le lingue, di avere gusto e piacere del cibo, di essere igienicamente puliti, anche con la barba certo, ma perfetta.

In cucina alla passione, alla duttilità, alla voglia di imparare.

Mi si dirà: ma se non si presentano neppure il primo giorno di lavoro? È vero ma non facciamo un fascio indistinto di tutto. Quelli che non sono in grado di badare a sé stessi restano una minoranza nel mondo.

Pensiamo in un’altra logica; proviamo a coinvolgere, a motivare fin dal primo approccio, a raccontare il bello, perché c’è il bello in questa professione, a spiegare bene il ruolo, la sua importanza per il successo collettivo del ristorante.

Forse, adottando parole nuove si creeranno anche persone motivate!

Benhur Tondini presidente sala&cucina

Mancano poche settimane alla Pasqua, cioè a quella festività che, storicamente, segna l’inizio di una nuova stagione per il turismo con tutte le attività annesse. La ristorazione è una di queste, forse quella che meglio di altre ha reagito al lungo periodo pandemico se i dati provvisori del 2022 segnano un recupero e un sorpasso rispetto a quelli del 2019.

Nel 2019 i consumi fuori casa si erano attestati sugli 83 miliardi, nel 2022 si aggirano sui 91 miliardi. Un risultato davvero straordinario ma come è cambiata la ristorazione? Come è cambiato il cliente?

Domande che necessitano di risposte certe, chiare, perché da queste risposte derivano tutte le altre che consentono alla filiera di lavorare al meglio.

Il cambiamento ha luci e ombre, forse sono ancora maggioritarie queste ultime perché la ristorazione, intesa come filiera, si basa sul sentiment, sulla percezione e non su ricerche e studi davvero approfonditi. Ad esempio, si sa solo a grandi linee quanto incide il costo degli alimenti nel bilancio di un ristorante: le stime ci dicono che è un’incidenza del 25/26%, quindi sui 91 miliardi di giro d’affari stiamo parlando di 25/27 miliardi di euro.

Come sono ripartiti? Quali sono le materie prime privilegiate? Oggi c’è una tendenza al vegetale ma non dimentichiamo che la carne, ad esempio, mentre cala negli acquisti retail sta crescendo in quelli del fuoricasa.

Si parla di territorio e di stagionalità e va benissimo, ma il territorio italiano o i mari italiani, da decenni, non riesce, in nessun settore alimentare, a coprire totalmente i consumi.

Argomenti di cui si parla ancora troppo poco e che sono fondamentali per guardare in faccia la realtà. E con la realtà ci sono decine di imprese, da quelle di trasformazione a quelle di distribuzione, che ci devono fare i conti tutti i giorni perché sono quelle che, dalla produzione alla logistica, tengono in vita la ristorazione.

E veniamo al cliente? Come è cambiato? Anche qui

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