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Il legame tra musica e comportamenti del cliente
musica non può essere scelta e le “breaking news” corrono il rischio di far passare l’appetito. Anche le hit, ovvero le canzoni più di moda, sono sconsigliate. I brani in testa alle classifiche o i grandi classici, distolgono l’attenzione dall’esperienza vissuta e accomunano il pasto alla colonna sonora ascoltabile da un’autoradio
L’assenza di musica è sicuramente un fattore negativo. Il cervello “odia” il silenzio. Esiste un automatismo cerebrale che associa silenzio e paura. In una foresta, il silenzio era letto dalle aree emotive come un segnale di imminente pericolo. Questa memoria antica presente nel sistema nervoso si riattiva in un ambiente nuovo e particolarmente silenzioso. L’assenza di stimolazione sonora predispone negativamente, facendo vivere un senso di disagio. La scelta della colonna sonora è fondamentale nel definire l’identità del ristorante. Non esiste la musica giusta “tout court”, perfetta per tutte le occasioni e location. Esiste la colonna sonora adatta al tipo di locale. Qual è la musica che valorizza la proposta di piatti e vini? Quanto tempo voglio che i clienti restino seduti a tavola? Qual è la musica adatta all’esperienza che voglio far vivere al cliente? Mina aveva intuito tutto: “la musica, bella o brutta, seria o ignorante è il rumore dell’anima".
Luigi Caricato oleologo
Sarà possibile concepire, alla stregua delle varie cantine con cucina, già presenti in tutte le regioni d’Italia, anche l’analoga formula delle oleoteche con cucina? Alla luce della realtà direi proprio di sì. Oggi, soprattutto in questi primi anni Venti, si registra senza dubbio una sensibilità diversa e maggiore nei confronti degli oli extra vergini di oliva. C’è una conoscenza del prodotto più strutturata, si frequentano le scuole d’assaggio, e anche i consumatori accolgono volentieri le tante segmentazioni di gamma: si va dagli oli ‘dedicati’, pensati appositamente per corrispondere ad abbinamenti specifici, agli oli monovarietali, dai blend tra varie cultivar di olivi ai blend tra oli di diverse origini, dagli oli delicati e tenui per chi è abituato a sapori poco invasivi a oli ricchi di polifenoli e perciò estremamente strong, dagli oli da agricoltura biologica agli oli addizionati con vitamine per renderli altamente funzionali, dagli oli multiregionali o frutto di miscele tra oli di diverse nazioni a oli di territori circoscritti, con l’attestazione di origine DOP e IGP. Insomma, lo scenario che si presenta oggi è piuttosto variegato; e quando l’offerta è così stratificata è sempre un buon segnale, perché significa che esiste un pubblico di oleofili attenti e curiosi. Concepire un ristorante nello stile di una oleoteca con cucina sembrerebbe dunque una soluzione praticabile. Tanto più che inventare nuovi format aiuta sempre chi vuole investire in novità, anche se i rischi di insuccesso non si escludono. Infatti non è un caso che le oleoteche intese in senso tradizionale, presenti in diverse regioni, non riscuotano ancora il meritato successo, nel senso che spesso aprono e chiudono nel giro di pochi anni, o per errori di impostazione, o per improvvisazione. Aprire un negozio è di per sé complicato, se non ci si organizza bene, ma una oleoteca con cucina sarebbe la soluzione vincente, proprio perché non essendo paragonabili ai vini, gli oli si esprimono al meglio (anche sul piano commerciale) soprattutto se proposti in abbinamento al cibo. Qualora si intenda individuare un modello da seguire, allora consiglio i ristoranti - che è giusto definire a tutti gli effetti ‘oliocentrici’ - di Palazzo di Varignana, a Castel San Pietro Terme, sui colli bolognesi: tra tutti segnalo in particolare Aurevo, nomen omen, a indicare il grande legame con l’olio prodotto nella struttura collocata all’interno del resort tra le campagne che ospitano l’azienda agricola con oltre 3oo ettari olivetati. Scorrendo tra le varie proposte regionali, si segnalano i ristoranti aperti da aziende operanti nel settore dell’olio, che non deludono certo le aspettative, ma l’elenco di ristoranti oliocentrici si fa davvero interessante. Sarebbe anzi il caso di valorizzarli tutti, segnalandoli di volta in volta. Come per esempio in Toscana, il ristorante Antico Uliveto di Seravezza, collocato in una ex casa colonica dedita alla produzione dell’olio, immerso tra gli olivi della varietà autoctona Quercetano e che tuttora propone ai clienti il proprio extra vergine. Fin qui due esempi concreti e di successo, ma la vera sfida sta nel portare il format della oleoteca con cucina nelle città, e soprattutto nelle metropoli, in modo da trasmettere, oltre a una offerta ristorativa, anche un sapere e un’esperienza.