Riflettori su... MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO
Anno IV - N. 24 Maggio 2022
INTERVISTA ESCLUSIVA
Seguici sui social Riflettori su...
LUCA BONO
Il nuovo "one man show" dell'illusionista italiano
MATTEO MONTALTO Il "mio" Serenante in Rugantino
MASSIMO BOLDI
Cipollino... ovvero il ritmo della risata!
LA MIA RESPONSABILITÀ È QUELLA DI DIFFONDERE GIOIA E AMORE ATTRAVERSO IL MIO VIOLONCELLO
INTERVISTE●ANTICIPAZIONI●CASTING●PERSONAGGI●TOURNÈE●MUSICA
SOMMARIO
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MATTEO MONTALTO
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HAUSER
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SDM
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HAIR
GILLIAN BRUCE
Riflettori su...
MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO Anno IV - Numero 24 - MAGGIO 2022 • Supplemento alla testata www.silviaarosio.com (Reg. al Tribunale di Milano n°249 del 21/11/2019)
• Direttore Responsabile: Silvia Arosio • Art Director & Redattore: Daniele Colzani • Contatti: riflettorisumagazine@gmail.com • Contributors: Christine Grimandi - Simon Lee - Massimiliano Fusco - Antonella Lazzaretti - Antonello Risati - Claudia Rossi - Maurizio Tamellini - Angela Valentino - Luca Varani • Hanno collaborato: Emanuela Cattaneo - Andrea Iannuzzi - Daniele Mignardi Promopressagency - Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication - Parole & Dintorni Edizione Digitale: www.issuu.com/riflettorisu
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LUCA BONO
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Instagram Riflettorisu
Facebook Riflettorisu
DANIELA FERRARI BOSCHI
Il magazine Riflettori su... è stampato su prodotti certificati FSC e PEFC
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GALÀ NUREYEV
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MASSIMO BOLDI
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LUIGI PIGNOTTI
GILLIAN LYNNE
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ARALDICA
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SAN MARINO DANCE FESTIVAL
I GEMELLI DI GUIDONIA
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POZZOLIS FAMILY
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LILLO & GREG
Le rubriche dei "Contributors" 64 - IL DANZATORE 66 - DIDATTICA 68 - IL DIRETTORE D'ORCHESTRA
72 - LA TRUCCATRICE 74 - LO SCENOGRAFO 76 - PAROLE D'ARTISTA 78 - INCONTRI RAVVICINATI
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VITTORIO GASSMAN
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WALT DISNEY
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BRYAN ADAMS AMADEUS QUARTET
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ILIR SHAQIRI ORCHESTRA MOZART
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KARIMA
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e ancora... 44 - RENATO RASCEL 110 - SUMMER JAMBOREE 90 - STAR WARS IN 4K 114 - RADIORAMA 92 - MOVIELAND
94 - ZORRO
116 - SONAR DISCHI
108 - PIANO MILANO CITY 118 - COVER ME 5
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DANIELA POGGI Buona
lettura e...
ci vediamo a Giugno!
LA VOCE DEL DIRETTORE
Silenzio! Si va in scena
IL TEATRO È UN OTTIMO ESEMPIO DI ASCOLTO CHE DIVENTA SILENZIO INTERIORE, QUELLO DAI PENSIERI INVASIVI.
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opo vari editoriali, in cui ho raccontato il potere della musica sull’essere umano, ma anche sulla natura e sulle piante, oggi, voglio ribaltare la prospettiva. Spiazzarvi. Vi parlerò del silenzio. Papa Francesco è rimasto recentemente in silenzio per ben 40 secondi, durante un’intervista. Il fatto ha suscitato scalpore in parecchi spettatori. Non siamo abituati al silenzio nei media: quando ho fatto radio, una delle prime regole era quella di non lasciare mail un buco, il nero, perché una persona che stia cercando una stazione sulle frequenze, non sentendo nulla, sarebbe passata oltre. Agli esordi della TV, quando non c’erano trasmissioni – non come ora dove programmi passano 24H al giorno, con anche qualcosa di interessante alle due di notte – si mandava il “monoscopio”, quell’immagine prima in B/N e poi a colori, che indicava il “vuo-
to televisivo”, accompagnato da una fastidiosa nota continua. Un vuoto non vuoto. Non siamo più abituati al silenzio: anche nei periodi di lockdown, ci sentivamo costretti a riempire le giornate, anche solo con il web, la tv o la musica, “come uno stereo in camera”, citando una canzone di qualche anno fa. Eppure, il silenzio ci farebbe bene ed ora, che
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stiamo tornando alle nostre attività quotidiane, sempre rumorose, possiamo ancora meno approfittare di momenti di silenzio. Eppure, il silenzio, al pari della musica, può farci bene. Lo stesso Caveman ci dice che l’uomo deve stare in silenzio a fissare il vuoto per “ricaricarsi”! Secondo uno studio del 2011 dell'Organizzazione mondiale della sanità, più di 3000 infarti ogni anno sarebbe causati proprio dall'inquinamento acustico. Una ricerca condotta qualche tempo fa dalla Duke University ha rilevato che praticare due ore di silenzio al giorno giova alla memoria Secondo questo studio, portato avanti da Imke Kirste della Duke University, "due ore di silenzio al giorno solleciterebbero lo sviluppo cellulare nell'ippocampo, la regione del cervello collegata alla for-
di Silvia Arosio
mazione della memoria". Ma attenzione, il silenzio non è mai privo di senso. I monaci, di qualsiasi religione, lo sanno bene. Il segreto ha un nome e si chiama Consapevolezza, quella della meditazione, quella della mindfulness: la maggior parte del rumore interno, infatti, viene prodotto dall'automatico e incessante chiacchiericcio che c'è dentro la nostra testa, dove i “pensieri fanno un gran casino”. Il rimuginio, o PAN, pensieri automatici negativi, tolgono energia all’uomo come e di più rispetto al movimento fisico: il flusso dei pensieri ci invade, non riusciamo a rilassarci, né a prendere sonno. Allora, perché non farlo e stordirci di “rumori” per riempire il vuoto, almeno di tanto in tanto? Tanti sono i modi per “staccare il cervello” e fare silenzio nella nostra testa: uno è quello della meditazione, un altro è l’esercizio fisico, un altro ancora, secondo gli psicologi, è fare qualcosa di manuale. Un ultimo, aggiungo io, è andare a tea-
tro. “Ma sei fuori di testa”, mi direte, “non c’è luogo meno silenzioso di un teatro!”. Dove voglio arrivare? Forse, a livello fisico, ci sono rumori in una sala teatrale, ma pensateci bene. Pensate quel momento di soglia, quando si spengono le luci in platea e vi trovate davanti ad un sipario chiuso: ebbene, quel sipario è lo stargate per una realtà parallela, una siepe di leopardiana memoria che ci permette di immaginare cosa ci sia oltre, l’ingresso ad un sotto o sopramondo che, meglio di una serie tv, dove possiamo mettere in pausa ed andare in bagno, che ha il potere di “sollevarci” dal nostro rimuginio mentale. Il potere del teatro è quello di farci allontanare per due ore dai nostri pensieri ed il successo di una commedia o di una tragedia potrebbe essere valutato da quanto non ci abbia fatto pensare alla spesa del giorno dopo, alla partita di calcetto del figlio o al mobbing del capo in ufficio.
Perché il silenzio dei pensieri si raggiunge anche attraverso l’astrazione, che ci viene da fuori e che il teatro, con il suo logos, la sua parola, le sue note, le vibrazioni, ma anche l’assenza di battute, quando due attori si fissano senza parlare o guardano il vuoto sopra il golfo mistico ed al di là del pubblico, sa perfettamente incarnare. Un silenzio mentale ricco di senso, quel silenzio che ci porta via da noi per due ore. Perché, vedete, ci sono molti modi di fare silenzio e ci sono molti tipi di silenzio differenti. Provateci. Provate a ritagliarvi non solo dei momenti di silenzio esterno, ma anche un silenzio di pensieri, un vuoto ricco di senso, offerto dall’immersione in un altro da sé, in un ascolto totale di una storia, raccontato in quel mondo parallelo che è lo spettacolo teatrale. Silenzio in sala. Sipario! • RS
Silvia Arosio
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INTERVISTA
Rockstar con il violoncello
IL MUSICISTA CROATO, EX MEMBRO DEL DUO 2CELLOS, È CONSIDERATO UNA STAR MONDIALE: SCOPRIAMO IL PERSONAGGIO E LA SUA VITA
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a quel fatidico momento in cui decise di creare una nuova esperienza musicale HAUSER ha tenuto concerti nelle arene di tutto il mondo, sfidando le convenzioni del business musicale. Dalla sua ormai iconica interpretazione di Smooth Criminal, e, dove si è affermato come membro fondatore del duo 2Cellos, ha catturato il cuore e la mente di milioni di persone. Lo stile della performance di HAUSER può essere descritto solo come elettrico; un'accoppiata unica di pirotecnica del violoncello che allinea bellezza, eleganza e veri muscoli rock. Alimentato da una base di repertorio che è tanto ampia quanto Lady Gaga lo è da Tchaikovsky o Shakira lo è da Shostakovich, HAUSER è il violoncellista che esegue tutto questo e diciamolo chiaramente, quale altro violoncellista di formazione classica può dire di essere stato in tour con Elton John? Sia che lo troviate a collaborare con altre leggende artistiche, come Andrea Bocelli o i Red Hot Chili Peppers, o che appaia nella sua propria, stupefacente serie di video musicali, HAUSER spinge costantemente in alto i limiti del suo violoncello e del suo fare musica.
CONTRASTI IN EQUILIBRIO HAUSER è uno studio nei contrasti; ugualmente a suo agio con la musica classica come con la musica pop e, in possesso di una conoscenza non comune e quasi enciclopedica di entrambe. Come parte della quintessenza dei 2Cellos, HAUSER ha girato il mondo - dalla Royal Albert Hall e la Sydney Opera House al Madison Square Garden di New York, vendendo più di un milione di biglietti per i loro spettacoli dal vivo. Durante il Natale 2021, ha avuto il grande onore di esibirsi e apparire di fronte a Papa Francesco, ma si è anche esibito per diversi presidenti americani, il principe Carlo e la regina Eli-
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di Daniele Colzani
sabetta. Il suo stile virtuoso e soul è stato riconosciuto con non meno di 21 primi p r e mi nei più prestigiosi concorsi musicali nazionali e internazionali del mondo. Si dice anche che il più grande talento di HAUSER
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di HAUSER sia la sua singolare capacità di comunicare stili contrastanti e temi emotivi; le essenze dell'amore, del romanticismo e della sensualità e persino uno stile danzante e rockeggiante, tutto attraverso il corpo del suo violoncello. COLLABORAZIONI E RICONOSCIMENTI L'innata flessibilità musicale di HAUSER ha portato a una vasta gamma di collaborazioni con molte leggende artistiche tra cui Andrea Bocelli, i Red Hot Chili Peppers, George Michael e Steven Tyler degli Aerosmith. Tuttavia, è la sua serie personale e visivamente stupefacente su YouTube, Alone Together, lanciata durante la pandemia del 2020 con ritratti musicali del suo paese d'origine, la Croazia, che ha sbalordito il pubblico con la sua pura bellezza e ha portato il suo primo album da solista, HAUSER - CLASSIC al primo posto della classifica di Billboard. Ospite frequente nei programmi televisivi più quotati del mattino e della sera in tutto il mondo, HAUSER/2Cellos si è esibito alla finale della UEFA Champions League del 2018 ed
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è apparso con Lang Lang su CCTV per il loro Gala di Capodanno. In particolare, i 2Cellos, sono stati anche il primo atto strumentale ad esibirsi su GLEE come ospite speciale durante l'episodio del tributo a Michael Jackson. L'album di debutto omonimo dei 2CELLOS è entrato nella Billboard Top 100 e Smooth Criminal ha raggiunto il 10° posto nella Billboard Hot 100 Digital Songs Chart.
abbiano realizzato tutto ciò che eravamo destinati a fare. È stata una collaborazione meravigliosa, ma siamo entrambi pronti a passare ad altre avventure. Personalmente volevo essere in grado di espandere le mie scelte musicali. Meno di un mese fa, hai omaggiato Sir Elton John con un medley di alcuni suoi capolavori (Your song, Candle in the wind, Rocket man, Sorry seems to be the hardest word e Goodbye Yellow brick road). Lo hai chiamato My gift is my song: perchè hai deciso di "regalare" ad una star della musica mondiale questo tuo medley? Che rapporto ti lega a Elton John? Non conoscevo modo migliore per rendere omaggio a qualcuno così monumentalmente importante per il mondo che attraverso il dono della musica.
IL SUONO DI HAUSER Il successo dello stesso HAUSER si estende ben oltre i suoi molti, molti milioni di seguaci sui social media con una base di fan devoti e internazionali che continua a crescere. Con più di un miliardo di streaming audio in tutto il mondo e più di 4 miliardi di visualizzazioni, il violoncellista croato È un fenomeno formato da una parte virtuosa e l'altra di puro magnetismo. Per i fan di HAUSER forse, invece, è semplicemente la sua capacità di unire generazioni di amanti della musica. LA NOSTRA INTERVISTA Dopo dieci anni di attività le strade dei 2Cellos si sono divise: cosa ha portato te e Luka a prendere questa decisione? Penso che i 2Cellos insieme
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Elton è stato estremamente importante per i miei primi tempi, in molti modi, credendo davvero nel mio talento, e quindi, in occasione del suo 75° compleanno, che è anche il suo ultimo e definitivo tour così come l'ultimo e definitivo tour dei 2Cellos, mi è sembrata la cosa più naturale del mondo da fare. Ti sei esibito sui palchi di tutto il mondo. Qual è stata la location che ti ha emozionato di più? Credo che mentre ci sono stati palchi eccezionali e bellissimi luoghi e pubblico in tutto il mondo, l'occasione più significativa e più commovente è stata nella mia città natale di Pola, Croazia - quando ho eseguito Alone Together, nell'arena durante la pandemia. In questa occasione, l'arena normalmente piena era vuota - eppure, c'erano migliaia di persone che guardavano questo concerto in tutto il mondo. Ho sentito veramente le vibra-
zioni, l'amore e la musica che mi attraversavano e mi sentivo come se stessi comunicando con quelle persone che stavano mi guardando da ogni dove. In un momento in cui nessuno poteva andare ad un concerto dal vivo, volevo condividere qualcosa di bello e spero che questo abbia significato tanto per tutti quelli che lo guardavano quanto per me mentre lo eseguivo. Quando e come è nata la tua passione per la musica? Sappiamo che la tua famiglia è composta da musicisti... Parlo sempre del momento in cui, da piccolissimo, ho sentito la musica de Il Cigno di Camille Saint-Saëns. Ho sentito un brivido attraversare la mia spina dorsale e in quel preciso momento ho capito che dovevo suonare il violoncello. Certo, ho dovuto aspettare di essere abbastanza grande per tenere in mano il violoncello, ma questo è stato certamente il momento in cui mi è stato chiaro che proprio quello strumento era il mio mondo. Sei uno dei pochi talenti che ha avuto la fortuna di essere ascoltato dal Maestro Rostropovic che ti aveva scelto nel 2006 per eseguire un Concerto di Gala a palazzo Vecchio di Firenze. Ci racconti quell'incontro? È stato un grande onore. Naturalmente, è una delle figure più
IL VIDEO
Inquadra il QRcode per il video di My gift is my song
iconiche nel mondo della musica e del violoncello, quindi aver suonato per lui in quel momento, verso la fine della sua vita, è stato estremamente importante. Sei riconosciuto da tutti come la star mondiale del violoncello e questo ti porta ad essere da esempio per tante persone. Senti il peso di questa responsabilità? Sento che la mia responsabilità è quella di diffondere gioia e amore e questo è più un onore che altro. La musica è il mio messaggero e il violoncello è il portatore di quel messaggio, quindi non c'è un vero e proprio peso. Con il tuo stile hai "sdoganato" la musica classica ren-
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dendola più "friendly" e "popolare". Pensi che sia la chiave giusta per farla apprezzare ad un pubblico sempre più vasto? Penso che qualsiasi cosa che aiuti le persone a connettersi con i giganti musicali del passato, come sentiamo nella musica classica, o con i giganti musicali di oggi, come nella musica pop, è la strada giusta. Non faccio distinzioni tra il far apprezzare alla gente uno stile o un altro. La musica è musica - e finché le persone la ascoltano e se la godono - che sia Bach, Tchaikovsky, Shakira o Lady Gaga, voglio assicurarmi che arrivi alle loro orecchie in modo sicuro, con passione, con gioia e con amore. • RS
INTERVISTA
Siamo tutti Rugantino!
UNO SPETTACOLO CHE INCARNA LA PIÙ CLASSICA ROMANITÀ CHE DIVENTA ITALIANITÀ NEL MONDO
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ncora una volta, la storia commovente, ironica e nostalgica di Rugantino ha colpito al cuore gli spettatori: dalla Première dello scorso 10 marzo, in pochissimi giorni, le repliche sono andate tutte sold-out. Nel 60esimo compleanno dello spettacolo di Garinei & Giovannini, che debuttò nel lontano 1962, i romani continuano a dimostrare il loro affetto nei confronti di questa maschera amara e dissacrante, anima pulsante di un titolo che è uno dei simboli più autentici della Capitale, oltre a rappresentare un pezzo di storia della grande tradizione teatrale italiana. Presentato nella sua versione storica originale, con la regia di Pietro Garinei, le
splendide musiche del M° Armando Trovajoli, le preziose scene e i bellissimi costumi originali firmati da Giulio Coltellacci, e con la supervisione di Massimo Romeo Piparo, Rugantino è stato in scena anche a Napoli, al Teatro Augusteo dal 3 al 10 aprile, e vede sul palco Serena Autieri, straordinaria interprete della bella e irraggiungibile Rosetta, e Michele La Ginestra, che ancora una volta con maturità e talento dà vita al popolano sbruffone e chiacchierone ma dal cuore buono di cui ha vestito i panni per la prima volta 21 anni fa. Nel ruolo di Eusebia torna Edy Angelillo mentre Massimo Wertmuller esordisce nel ruolo di Mastro Titta. Insieme a loro, un cast di oltre 30 artisti.
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Matteo Montalto anche in questa ultima edizione interpreta il Serenante in RUGANTINO, per la messa in scena di M.R. Piparo e le coreografie di R. Croce. Una delle figure più classiche della romanità: chi era nella storia di Roma il “Serenante”? Il Serenante era il “cantore” che veniva chiamato per intonare dolci melodie nelle occasioni di festa, principalmente quando si voleva regalare una serenata d'amore alla propria amata. La parola Serenante probabilmente deriva da “rasserenare”, che soprattutto in questo periodo così particolare, è quello che vorrei riuscire a fare con la mia voce. Le canzoni che interpreti sono tra le più belle dello spettacolo e sono state portate al successo da grandi interpreti come Lando Fiorini: come le hai fatte tue? Le canzoni del maestro Armando Trovajoli sono delle perle straordinarie divenute ormai famose in tutto il mondo. Sapere che prima di me sono state interpretate da mostri sacri come Lando Fiorini e Aldo Donati mi trasmette grande responsabilità ma è anche un grandissimo privilegio. Ho cercato di ispirarmi a loro pur mantenendo la mia vocalità ed il mio stile, cercando di far emergere il mio bagliore artistico. Sei nel cast per la seconda volta, dopo la versione di Enrico Montesano… Ricordo che da bambino
di Silvia Arosio
guardavo le immagini del Rugantino di Montesano e sognavo un giorno di poter vestire i panni del Serenante proprio accanto a lui, ma credevo che ciò non sarebbe mai accaduto…poi nel 2018 mi ritrovo sul palco del Sistina ad interpretare proprio il Serenante e Rugantino, dopo 40 anni, è di nuovo Enrico Montesano... Michele La Ginestra era già stato Rugantino qualche anno fa. Che Rugantino è, secondo te? Michele è il perfetto ritratto di Rugantino...lo incarna in maniera viscerale. Oltre ad essere uno straordinario attore è anche una persona stupenda ed un grande professionista. Abbiamo in comune tutti e due il fatto che dopo aver visto il Rugantino di
Matteo Montalto
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Serena Autieri
Montesano entrambi sognavano di poter farne parte un giorno: lui da Rugantino ed io da Serenante...ed ora ci ritroviamo sul palco insieme. E com’è questa versione? Questa edizione invece credo che abbia davvero un'energia speciale...riuscire in questo periodo a mettere in scena uno spettacolo, che conta tra artisti e tecnici più di 60 persone, lo si può fare solo con un forte affiatamento e con un grande lavoro di squadra. Questo grazie alla grande professionalità di tutto il cast, all’ esperienza di grandi nomi come S.Autieri M. La Ginestra, E. Angelillo e M. Wertmuller, e con il coraggio di M.R.Piparo che sceglie oggi di omaggiare uno spettacolo, tanto straordinario quanto articolato, che quest'anno festeggia i suoi 60 anni. Qual è il segreto del successo di questo spettacolo? Rugantino è uno spettacolo scritto in maniera eccellente, dove si ride, si piange, ci si emozione e si riflette. Tutto Made in Italy. Ideato da due monumenti del teatro come Garinei e Giovannini, coadiuvati da Magni, Franciosa e Festa Campanile...
poi le musiche di Trovajoli rendono tutto magico. Pensare che i costumi e le scenografie di Giulio Coltellacci siano le stesse dopo 60 anni e facciano ancora emozionare il pubblico ci spiega il perché dello straordinario successo di questo spettacolo. Siamo tutti…Rugantino. La romanità è anche italianità? Assolutamente sì... Rugantino è furbo, irriverente, scaltro, fannullone, cinico, simpatico e strafottente... ma in fondo ha
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un cuore grande...come tutti noi Romani e come tutti noi Italiani. Lo abbiamo dimostrato in questo brutto periodo che abbiamo passato e che ancora purtroppo stiamo vivendo. Sei stato anche Serenante nella commedia musicale Il Conte Tacchia con M. Mattioli, con la regia e le coreografie di G. Landi. Ci parli di questo spettacolo? Lavorare con il maestro Gino Landi è davvero un grande privilegio...uno dei grandi maestri di questo mestiere. Anche in quello spettacolo interpretavo il ruolo del Serenante ed ho avuto l'occasione di cantare melodie davvero stupende. È stata un'esperienza meravigliosa, perché oltre ad essere uno spettacolo magnifico, che poteva vantare un cast eccezionale, mi ha dato modo di conoscere Saria (Cipollitti)…e pochi anni dopo ci siamo sposati. Innamorarsi sul palco lavorando insieme, e continuare oggi a fare lo stesso lavoro, ci lega a quello spettacolo in maniera speciale. Non sei solo in teatro nelle commedie musicali…Come attore comico è nel cast della settima edizione di Made in
cimentarsi con tutte le forme ed i mezzi di comunicazione che ritiene più congeniali. Per esempio l'esperienza della radio mi ha permesso di andare in onda tutti i giorni (dove cantavo alle 7 del mattino, cosa che i cantanti non amano particolarmente) dovendomi inventare ogni giorno un modo diverso per intrattenere il pubblico solo con l’uso della voce. Non amo invece parlare di differenza tra l'attore che recita in teatro o davanti ad una telecamera. A mio avviso un bravo attore può fare indistintamente le due cose e funzionare benissimo in entrambe. Basta solo “prendere le misure” e mettersi al servizio del mezzo che si sta usando. L'esperienza legata ad Un Posto al Sole mi ha dato poi la possibilità di vivere un set dove in un giorno si registra anche un’intera puntata...una macchina produttiva davvero incredibile.
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Michele La Ginestra
© ADR Photo
Sud, in onda su Rai2, e della trasmissione Il Boss dei Comici, in onda su La7, e nella serie tv Sogno comico in onda su Sky. Come mai hai scelto queste due strade? Mi è sempre piaciuto sperimentare. Ho sempre sentito una forte vocazione per la comicità e avere la fortuna di poter lavorare in trasmissioni così seguite mi ha dato la possibilità di fare tanta esperienza e soprattutto mi ha permesso di fare tante serate in giro per l'Italia, portando al pubblico un prodotto interamente scritto e diretto da me e dai miei colleghi. Questo mi ha dato anche modo di affinare la mia capacità autorale, un aspetto che trovo fondamentale nel mio lavoro e al quale sono molto legato. Grazie al programma Made in Sud poi ho potuto sperimentare la diretta televisiva... Un' esperienza davvero entusiasmante. Alla comicità in Tv, quindi, alterni radio e fiction televisive. Cosa vuol dire per un attore di teatro lavorare in tv? Sono mezzi diversi ai quali bisogna solo adattarsi...ma tutti e tre hanno lo stesso scopo. Credo che un attore possa e debba
So che insegni in Accademie di Musical: trovi che i giovani di oggi siano preparati? Insegnare è davvero stimolante. Mi piace pensare che più che “insegnare", ciò che faccio sia aiutare qualcuno a migliorare e a scoprire le proprie potenzialità. Insegnare però permette anche a me di continuare ad imparare tanto, e mi dà la possibilità di mantenermi costantemente in forma...vocalmente e mentalmente. Oggi credo che i ragazzi abbiano molte più possibilità di intraprendere un percorso di formazione di quante ne avevamo noi alla loro età. Trovo che però abbiano più di difficoltà ad affidarsi completamente a chi gli sta davanti. Tutti noi abbiamo bisogno di “guide", cosa sempre più rara. I maestri ci indicano la strada da percorrere e ci mettono in condizione di saper affrontare questo mestiere e soprattutto ci insegnano ad amarlo e rispettarlo. Cosa vuoi dire a chi volesse fare il tuo mestiere? Di studiare tanto, di mettersi in gioco, di rispettare se stessi e i propri colleghi, di conoscere i propri limiti ma di riconoscere le proprie potenzialità, di farlo seriamente ma con serenità e soprattutto di preservare... sempre. • RS
INTERVISTA
Le donne in musical nel
Summer
Musical
Festival
LA BSMT (BERNSTEIN SCHOOL OF MUSICAL THEATRE ) DIRETTA DA SHAWNA FARRELL, PROPONE AGLI ALLIEVI SPETTACOLI CHE RIGUARDANO LA CONDIZIONE FEMMINILE NEGLI ANNI
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l tempo delle donne” è il filo conduttore della decima edizione di A Summer Musical Festival per la quale la BSMT, diretta da Shawna Farrell, ha scelto 4 titoli molto diversi tra loro ma con un tema comune: la condizione femminile. Due musical drammatici, Bernarda Alba e Doghfight e due commedie brillanti, Bring it on e Qualcosa di Marcio (Something Rotten) con un fil rouge che unisce gli spettacoli: quello del ruolo delle donne che, in ciascuna storia, con sfumature e in epoche diverse, con il loro silenzio o in maniera esplicita, riescono a cambiare la vita degli uomini. Le storie fanno riflettere su quanto è stato fatto e quanto rimane da fare per il riconoscimento del giusto ruolo
Shawna Farrell
della donna nella società. Gillian Bruce è coreografa di Bernarda Alba e Qualcosa di marcio (Something Rotten). Inoltre è docente di tap in BSMT. Gillian, ho sempre affermato che uno dei punti di forza delle accademie di musical sia quello di fare conoscere in Italia spettacoli che non sono mai arrivati e devo dire che anche questa volta i vostri titoli sono molto forti. Come li avete scelti e perché? Sì, assolutamente, una delle prime cose che mi ha attirato della BSMT, a parte la qualità e la professionalità, è stata proprio la scelta coraggiosa dei titoli dei loro spettacoli.
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Grazie a loro ho potuto lavorare su titoli che sono sempre stati un sogno per me, oltretutto in un teatro di grande prestigio come il Comunale di Bologna, con un’orchestra di tanti elementi e più di cento persone in scena, fra questi: Ragtime, Evita, Titanic, West Side Story, The kiss of spider Woman. Non solo sono state avventure meravigliose per me dove ho imparato tanto, ma per gli allievi della BSMT credo sia un’esperienza unica in Italia. Ogni anno scegliamo dei titoli per ampliare la loro cultura musicale, infatti spaziamo da Bernstein a Gershwin a Sondheim credo che questa sia la grande forza della Bernstein School. Ce li vuoi raccontare tutti brevemente, per chi non sapesse di cosa si tratta? Quest’anno il Festival si chiama “Il tempo delle donne” nelle varie epoche dei
di Silvia Arosio La coreografa Gillian Bruce
musical affrontiamo la loro vita. Cominciamo con un testo teatrale La casa di Bernarda Alba (di Federico Garcia Lorca ndr) ambientato in Spagna che narra della dispotica Bernarda Alba la quale, in seguito alla morte del marito, impone un lutto rigoroso alla madre e alle 5 figlie un mondo molto opprimente. Poi passiamo a Bring it on, dove le due protagoniste, che vengono da background diversi, devono trovare un linguaggio comune. Il personaggio la Cienega è una donna trans e Brigitte che rappresenta un messaggio di body positivity. Passiamo a Dog Fight dove affrontiamo le donne durante la guerra e le varie forme di bullismo e violenza. L’ultimo, Qualcosa di marcio (Something Rotten) si affronta la donna nel 500, come vivevano e perché non potevano recitare con gli uomini. Sono temi diversi ma molto attuali sulla donna. Scegliamo sempre dei titoli con stili diversi per sfruttare tutti i talenti dei nostri allievi. Come hanno risposto gli allievi alle proposte? La risposta dei nostri studenti è stata fenomenale, anche se secondo me molti si rendono conto della grande fortuna solo una volta usciti dalla BSMT.
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale della BSMT 17
Bring it on
Bernarda Alba, portato in scena dalla BSMT anche nel 2017, in programma dal 2 al 4 giugno, ha la regia di Saverio Marconi, riconosciuto all’unanimità il “padre del Musical Italiano”, da molti anni collabora con la BSMT in qualità di docente e regista. Il musical, basato sul dramma di Federico García Lorca La casa di Bernarda Alba, riprende le atmosfere cupe e tormentate descritte nel testo letterario, proponendo uno spettacolo pieno di pathos. Com’è stata la trasposizione in italiano? Lo avete adattato in qualche modo? Bernarda Alba è un testo molto amato da Saverio, pieno di sentimento e di significati. Noi non abbiamo cambiato il testo anche perché un test così geniale va sempre rispettato. Ma la storia la raccontiamo a modo nostro, con tanta passione e pieni di idee. Lavorare con Saverio è sempre molto divertente, perché ci stimoliamo a vicenda e vengono fuori delle idee bellissime. Per le traduzioni dei testi, la BSMT si affida a grandi nomi perché è un fattore molto importante, come Franco Travaglio che lavora da tanti anni nel
nostro ambiente. Una volta fatta la traduzione va fatta controllare dagli occhi sapienti di Shawna Farrell che ha una conoscenza incredibile dell’inglese e dell’italiano, ma soprattutto ha una conoscenza musicale che deve essere curata insieme al testo, perché l’inglese è più facile dell’italiano. Devi essere molto preparato se vuoi lavorare alla BSMT, perché lavori con persone che sanno. Qualcosa di Marcio (Something Rotten) è invece un Something Rotten
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musical divertentissimo. Nella Londra di fine ‘500 i fratelli Nick e Nigel Bottom, incapaci di scrivere una commedia di successo schiacciati dall’egemonia letteraria di Shakespeare, hanno l’intuizione di comporre uno spettacolo dove si fonde canto, ballo e recitazione inventando il primo musical- Quali sono le difficoltà oggi nello scrivere uno spettacolo da zero? Io credo che la scrittura di un musical sia fondamentale, se il copione non funziona, puoi riempire il palco con effetti speciali, scenografie incredibili, costumi, luci e paillettes, ma alla fine la cosa più importante è la storia e come è raccontata. La scrittura di nuovi musical in Italia è difficile, anche perché non è nella vostra cultura, detto questo anche all’estero certe volte non funziona, soprattutto quando un film viene adattato per il teatro. In che modo avete assegnato le parti, cercando di dare spazio a tutti gli allievi? Abbiamo fatto delle audizioni attente e accurate per dare agli studenti l’opportunità di proporsi per i vari personaggi degli spettacoli. La BSMT dà molta importanza a questo momento
delle audizioni, un momento che diventa di insegnamento per gli studenti, che possono capire in che cosa devono lavorare di più. La cosa molto bella e coinvolgente è che gli studenti della Accademia hanno la possibilità di partecipare agli allestimenti degli spettacoli non solo come performer, ma anche in qualità di assistenti, per esempio: alla regia, coreografie, assistenti musicali, costumi, scenografie, così imparano anche a stare dall’altra parte del palco, cosa che a mio parere è fondamentale. Sei una coreografa davvero internazionale. La danza oggi nel musical in Italia è diversa da quella di londinese o di Broadway? Il talento italiano non ha nulla da invidiare a quello dei performer di Londra o Broadway; io sono una grande sostenitrice ed estimatrice del talento italiano che è molto apprezzato anche all’estero. Ho una visione a 360 gradi del talento italiano, perché ho la possibilità di lavorare sia con il talento ancora acerbo degli allievi, così come di confrontarmi con il talento maturo dei professionisti; il problema italiano sta nella mancanza di produttori e di risorse economiche da investire in nuove produzioni.
Bernarda Alba
Nella scuola, sei insegnante di Tap. Ricordiamo che il tip tap non è solo Fred Aistare. E nemmeno quello più energico di Gene Kelly. Come si declina oggi nel mondo del musical? In BSMT ho la grande fortuna di insegnare sia Jazz che Tap, discipline che per me sono molto legate, cerco di dare una visione più ampia possibile del Tap. Solitamente comincio ad insegnare la tecnica inglese per poi passare allo stile americano Broadway Dog Fight
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style e Hoofer style, amo molto anche la fusione dei due generi. La tecnica è molto importante così come la ricerca stilistica. Quando i giovani si iscrivono alla vostra scuola, hanno già una qualche base culturale sulla storia del musical in generale? Negli ultimi anni le cose sono molto migliorate, gli studenti che arrivano in Accademia hanno delle base culturali più ampie, ma credo anche che oggi non abbiamo più scuse…! Hanno tutto a portata di mano, tra social, Youtube e web hanno la possibilità di conoscere e informarsi. Come vedi il futuro del teatro musicale in Italia? Questo è un momento molto difficile per il musical e in generale per il teatro in Italia, già da alcuni anni era così, ma il Covid ha sicuramente peggiorato la situazione. Io rimango però positiva e lotterò per il futuro dei nostri giovani talenti e per creare sempre degli spettacoli di qualità, perché se questo non viene fatto li perderemo, andranno all’estero dove c’è più lavoro e sono più tutelati. • RS
SPETTACOLI
La S D M omaggia Stephen Sondheim
“LO SPETTACOLO DI FINE ANNO È UNA GRANDE VETRINA – DICE ALICE MISTRONI - POICHÉ I DIPLOMANDI SI ESIBIRANNO DAVANTI A UNA PLATEA DI ADDETTI AI LAVORI”
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arà Company, musical del 1970 firmato da Stephen Sondheim, su libretto di George Furth e vincitore di sei Tony Awards, lo spettacolo di fine anno di SDM – La Scuola del Musical, che debutterà domenica 29 maggio, alle 20:30, al Teatro Nazionale di Milano. Protagonisti gli allievi SDM, diretti per l’occasione da Mauro Simone, regista associato di Grease e regista di Una volta nella vita (Once). Abbiamo chiesto ad Alice Mistroni e Mauro Simone qualcosa in più sull’evento. Alice, so che per voi la scelta dello spettacolo di fine anno è sempre importante. Come mai? Lo spettacolo di fine anno accademico è una grande prova per i ragazzi che arrivano al diploma. È il momento in cui si uniscono tutti gli strumenti acquisiti negli anni di studio e si portano sul palcoscenico dimo-
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strando a sé stessi e al pubblico di essere pronti per il mondo professionale. Lo spettacolo di fine anno, per i nostri diplomandi, è una grande vetrina poiché si esibiranno davanti a una platea importante di addetti ai lavori quale quella del Teatro Nazionale, e in quanto tale è fondamentale scegliere il titolo giusto con lo stile musicale e drammaturgico che si addica ai singoli elementi presenti tra gli allievi. È importante ponderare questa scelta con cura per far arrivare al meglio il grande talento e la preparazione dei ragazzi a 360° e farli brillare in tutto il loro splendore. Sarà il loro primo passo verso un futuro di successo. Su cosa vi basate per scegliere il titolo? Alice: Ogni anno scelgo il titolo basandomi sempre sui ragazzi che ho in classe. Dopo anni di insegnamento ho impa-
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rato a riconoscere il potenziale di ogni ragazzo e cerco di farmi ispirare da loro. Ogni giorno in classe li osservo, carpisco la loro energia, il loro stile, il loro potenziale, cerco di capire se sono una classe più comica o più drammatica, se ho più ballerini o più attori cantanti. Poi vado con il mio istinto, me li immagino in scena, mi chiedo cosa mi piacerebbe vedere fatto da loro. Penso a un paio di titoli. Li studio bene. Poi, prima di arrivare ad una scelta definitiva, mi confronto con il team artistico di grande eccellenza SDM: la vice direttrice Chiara Vecchi, l’organico direttivo musicale Gianluca Sticotti ed Elena Nieri che, assieme a Giacomo Buccheri docente della classe di coro SDM, testano le voci dei ragazzi ogni settimana ed imparano a conoscerli molto bene a livello vocale. La scelta finale e definitiva avviene poi con i Direttori SDM
di Silvia Arosio
Giulio Riva e Gail Richardson. Insomma, una grande catena di montaggio, che da anni, posso dire ormai essere sempre più vincente. Come mai avete deciso di portare in scena proprio questo spettacolo? Alice: Con la scomparsa di Stephen Sondheim quest’anno ho avuto il grande desiderio di scegliere un titolo in suo onore. Avevo la consapevolezza di trovarmi di fronte a una classe di grande talento composta per la maggior parte da attori e cantanti. Alcuni anche abbastanza maturi di età. Pertanto, ho pensato che Company fosse il testo ideale. Per esporre i ragazzi al mondo del lavoro e dar loro l’opportunità di essere diretti da artisti esterni alla scuola, anche quest’anno ho scelto di avvalermi di un nome del Musical italiano per curare la Regia dello spettacolo: Mauro Simone; un mio carissimo collega di vecchia data, nonché ormai noto regista di Musical tra i quali Grease e Once, Una Volta Nella Vita. Alice Mistroni, la Direttrice Artistica, ha parlato di un gruppo di diversi cantanti ed attori “molto forti” quest’anno. Sei d’accordo? Mauro: Sì, sono molto d’accordo sono felicissimo di lavorare con questi giovani talenti.
La direzione musicale sarà di Gianluca Sticotti, con la collaborazione di Giacomo Buccheri a cui, come da diversi anni, saranno affidate anche le liriche italiane. Elena Nieri sarà vocal coach e le coreografie saranno affidate ad Andrea Verzicco. Sono state fatte delle modifiche rispetto al musical originali? Quali e perché? Mauro: Le modifiche sono artistiche e non di testo. C’è solo una novità musicale e coreografica, ma che non posso anticipare. Posso solo dire che riguarda un incubo di Bobby. Poi abbiamo deciso di ambientare lo spettacolo a NYC oggi nel 2022, quindi usando un linguaggio teatrale coreografico e musicale più contemporaneo. Company racconta le vicissitudini di Robert, scapolo newyorkese circondato da molti amici e dalle donne. So che il testo è stato riportato ai giorni nostri. Cosa vedremo in scena? Mauro: Credo che le paure di Bobby, il sentirsi solo, separato, il dubbio di cosa potrà fare in futuro, di chi potrà amare in futuro è un dubbio che in questo momento storico ci appartiene in modo molto forte, dato tutto ciò che ci sta accadendo in torno da due anni. Il musical parla di “connessione”.
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Che genere di connessione esiste oggi, post pandemia e in epoca di social? Mauro: Credo che si abbia paura di tornare in connessione, c’è un desiderio di connessione, ma c’è ancora l’idea della separazione. Abbiamo ancora paura di abbracciare perché c’è l’idea di essere invadenti, e chiediamo il permesso. Posso abbracciarti? E come se stessimo chiedendo: Posso darti amore? Posso ricevere amore? Sono le due domande che Bobby si fa per tutto lo spettacolo. Siamo in grado di sostenere di nuovo la presenza oggi? Mauro Simone: Dipende dal carattere. Se si è coraggiosi sì. Il teatro può aiutare i giovani a “connettersi” in presenza? Mauro: Assolutamente sì. Il teatro è condivisione. La condivisone si basa sul desiderio di mettersi in relazione. Perché vedere questo spettacolo? Mauro: Perché è un musical divertente, che fa ridere, ma nello stesso tempo dietro a questa risata c’è il colore dell’emozione che ti permette di tornare a casa con delle riflessioni. • RS
TOURNÉE
Hair, the tribal
love-rock musical!
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lla fine degli anni sessanta un musical, che da lì a pochi anni sarebbe diventato un film, scosse profondamente l’opinione americana. Tra sesso, scandalo, droghe e musica rock Hair raccontava la storia di una ribellione, contro la tradizione, il conservatorismo e le guerre, soprattutto contro la traumatica guerra del Vietnam. E proprio i capelli rappresentano simbolicamente il rifiuto totale nei confronti della guerra, i protagonisti del musical portano i capelli lunghi come espressione del rifiuto di entrare a far parte dell’esercito americano. GLI ESORDI E L'ITALIA Il musical debutta nel 1967 a New York in un teatro minore e poi, dopo 45 repliche, arriva a Broadway. Numerose le messe in scena successive, da Los Angeles a Londra, a Sidney, fino ad arrivare a Roma, al Sistina dove i giovanissimi Renato Zero, Lore-
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dana Bertè e Teo Teocoli, con la regia di Victor Spinetti e l’adattamento dei testi di Giuseppe Patroni Griffi, portarono il rock, un cast multietnico ed il primo nudo in scena nel tempio dei musical più classici, per un grande e contestato successo. Scatenata, coloratissima, emozionante, coinvolgente, quella di HAIR, creato da James Rado e Gerome Ragni - autori rispettivamente del libretto e delle liriche - e da Galt MacDermot, autore delle musiche, è una storia senza tempo, una storia di amicizia, amore libero e pacifismo, ancora oggi simbolo della controcultura hippie, che porta messaggi di straordinaria attualità: fratellanza, multiculturalità, libertà, come desiderio di spogliarsi di tutto per essere se stessi (come nella scena di nudo di fine primo atto), ambientalismo, lotta alle differenze sociali e sessuali e impegno civile, sono alcuni dei temi che ancora oggi risvegliano la coscienza dei “nostri” giovani. Oggi come allora, ovunque ci sia guerra, discriminazione razziale e intolleranza, si può rispondere con un grido di pace, un messaggio universale che attraversa la storia e le generazioni.
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di Silvia Arosio
L’Era dell’Acquario è tornata, e anche quest’anno si respira aria di amore e libertà su alcunj dei più prestigiosi palcoscenici italiani, dove una tribù dai capelli selvaggi si scatena, accompagnata dall’orchestra dal vivo, al ritmo di famosissime canzoni come Aquarius, Hair e I Got Life. HAIR The Tribal Love-Rock Musical nella prima parte dell’anno è stato a Saronno al Teatro Giuditta Pasta l’8 gennaio, dall’11 al 13 gennaio a Trieste al Teatro Il Rossetti, dal 14 al 16 gennaio a Reggio Emilia al Teatro Valli e il 20 marzo a
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Modena al Teatro Comunale. Il tour si conclude dal 2 al 5 maggio a Milano al Teatro Nazionale CheBanca! In alcune città, tra cui Milano, prima della rappresentazione, agli spettatori più giovani verrà offerto un incontro con il cast e con uno psicologo che introdurrà le tematiche trattate nel musical tra le quali la tossicodipendenza e l’educazione sessuale, perché lo show possa essere anche occasione di approfondimento e crescita. Il regista Simone Nardini sottolinea come “oggi, come allora, esistono ancora tanti Vietnam… e tanti giovani con la voglia di liberarsi dalla schiavitù commerciale della Società. Hair, spettacolo cult fine anni ‘60, è più che mai l’ideale manifesto delle nuove generazioni che cantano l’alba dell’era dell’Acquario. Il mio tributo vuole rendere omaggio all’opera-rock simbolo del pensiero “hippie”. In quegli anni si formavano gruppi di ragazzi e ragazze che trascorrevano il tempo senza inibizioni e accompagnavano la protesta contro le sofferenze della guerra con il grido di “Sesso, droga e Rock’n’Roll”. Hair il musical con il suo folto cast, le musiche eseguite dal vivo, le coinvolgenti coreografie, il libretto in italiano ma le canzoni in lingua originale e la trasgressione irriverente dei sui contenuti, coinvolgerà ancora le platee dopo oltre 50 anni dal suo debutto a Broadway”. • RS
© Sergio Banfi
IL MESSAGGIO UNIVERSALE DEL MUSICAL SIMBOLO DI UN'ERA, RIVIVE IN UN NUOVO TOUR TEATRALE CHE VEDE LA SUA CONCLUSIONE AL TEATRO NAZIONALE CHE BANCA!
INTERVISTA
Il mio nome è Luca
Bono, l 'Illusionista!
AL TEATRO NAZIONALE CHE BANCA! DI MILANO IL ONE MAN SHOW DEL GIOVANISSIMO TALENTO ITALIANO DELLA MAGIA INTERNAZIONALE DIRETTO DA ARTURO BRACHETTI
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l giovane talento della magia Luca Bono sabato 7 (alle 21.00) e domenica 8 maggio (alle 17.30) porta al Teatro Nazionale Che Banca! di Milano il suo One Man Show L’Illusionista, diretto da Arturo Brachetti. Dimenticate il classico mago con cilindro, bacchetta e frac, perché Luca Bono è sì uno straordinario illusionista, ma soprattutto un ragazzo normale in grado di fare cose eccezionali. All’apertura del sipario le arti magiche tra-
In scena assisteremo ad un percorso spettacolare e tecnologico tra illusioni di grande effetto scenico ed emotivo, manipolazione di oggetti e close up.
sformeranno la sua apparente normalità in una grande dimostrazione di talento con stile personale ed accattivante. Uno spettacolo già applaudito da oltre 27.000 persone con notevoli consensi di pubblico e critica nei teatri di tutta Italia e che, dopo Milano sarà al Teatro di Varese il 15 maggio alle 17.30.
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Ma non si tratta di uno show di sole illusioni, bensì di un lavoro teatrale autobiografico con un messaggio forte: mai smettere di inseguire i propri sogni, allenamento, determinazione, motivazione possono fare superare gli ostacoli e far realizzare anche i desideri più impensabili. Luca Bono, già Campione Italiano di Magia all’età di soli 17 anni e successivamente laureato a Parigi con il Mandrake d’Or, riconosciuto come l’Oscar della magia, è univocamente considerato il talento magico più interessante della sua generazione, interprete del nuovo illusionismo, coinvolgente e contemporaneo. Al suo attivo 450 date in Canada, Francia, Belgio, Svizzera e Italia in due anni di tournée con oltre 400.000 spettatori.
© Paolo Ranzani
LO SPETTACOLO L’Illusionista propone la grande magia rivisitata da un giovane artista, ex corridore di go kart che a seguito di un incidente, e incuriosito dal fratello maggiore Davide, si avvicina al mondo magico scoprendo un
© Massimo Mocilinik
di Daniele Colzani
universo artistico e culturale impensato. Quasi inconsapevolmente, in pochissimi anni, Luca Bono passa così dal sottoscala del circolo magico torinese alle grandi platee internazionali. In scena, dunque a n drann o n o n solo l’Artista, ma anche il ragazzo, con tutte le sue debolezze, le sue paure e la sua proverbiale riservatezza in grado di sciogliersi davanti al pubblico con la stessa disinvoltura con cui l’insospettabile Clark Kent sapeva, in una frazione di secondo, trasformarsi in Superman; all’apertura del sipario le arti magiche trasformeranno la sua normalità in una grande dimostrazione di talento e in un caleidoscopio di sorprendenti effetti conditi con lo stile personale ed accattivan-
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te proprio di Luca Bono. In scena anche Sabrina Iannece, artista ed assistente che da diversi anni lavora al fianco di Luca Bono e che in questo spettacolo è co-protagonista. L’Illusionista è uno spettacolo unico che emozionerà gli adulti e allo stesso tempo coinvolgerà e divertirà i più giovani, che potranno così lasciarsi trasportare in un mondo di pura illusione, in cui sarà davvero difficile
IL SITO
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© Massimo Mocilinik
distinguere i confini tra realtà e apparenza. La regia de L’Illusionista è di Arturo Brachetti, il maestro internazionale del quickchange, che di Luca è direttore artistico. In alcuni momenti lo spettacolo si avvale di filmati e proiezioni su grandi schermi attraverso i quali il pubblico, anche più lontano, potrà rendersi conto che davvero “non c’è trucco e non c’è inganno” e che il close up e la prestidigitazione, sono tecniche di pura maestria e non consentono di celare trucchi.
IL TEASER
Inquadra il QRcode per il teaser dello spettacolo L'Illusionista
La produzione è curata da Muvix Europa, realtà di produzione artistica capace di coniugare l’illusionismo con le più diverse discipline dello spettacolo, per realizzare soluzioni su misura. LA NOSTRA INTERVISTA Quando è nata la tua passione per la magìa? Qualcuno in famiglia ti ha tramandato la passione per quest’arte? Ho scoperto la magia quando avevo 13 anni grazie a mio fratello Davide. Allora io correvo sui go-kart, ho avuto un incidente in pista e mio fratello essendo appassionato di magia veniva a trovarmi in ospedale e per distrarmi mi faceva vedere dei giochi. È stato lui il primo maestro. Uscito dall’ospedale ho iniziato a praticare la magia da autodidatta, finché ho conosciuto il Circolo Amici della Magia di Torino dove ho scoperto un vero e proprio mondo: li ho incontrato Arturo Brachetti che è diventato poi il mio direttore artistico e tanti illusionisti che condividevano la mia stessa passione. Si direbbe che hai avuto una
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carriera da enfant prodige: a soli 17 anni eri già Campione Italiano di Magia, due anni dopo il Mandrake d’Or che è considerato l’Oscar dell’illusionismo È stato un inizio elettrizzante che mi ha permesso di conoscere tanti contesti e artisti importanti. In pochi anni ho avuto la fortuna di esibirmi in teatri prestigiosi, in trasmissioni televisive di grande ascolto e di effettuare molte esperienze preziose. Una delle esperienze più inaspettate è stata forse la partecipazione al programma televisivo francese “Le plus grand cabaret du monde”: vi si sono esibiti i più grandi artisti internazionali e fin da quando ho cominciato guardavo e riguardavo i loro video all’interno di quel programma. Ritrovarmi nello stesso studio, con la scenografia che ero abituato a vedere solo in video, è stato come vivere in un sogno. Nell’immaginario collettivo il mago è rappresentato con cilindro, bacchetta e frac. Come è cambiata la figura dell’illusionista negli anni
l’elemento umano deve rimanere al centro dello spettacolo. Nella tua carriera ti sei ispirato a qualche grande mago del passato o del presente? La magia cosi come la musica ha varie branche e in ognuna c’è un “mito”: per quanto riguarda la manipolazione uno dei miei punti di riferimento è stato Nestor Hato, per i numeri con le colombe Greg Frewin e Lance Burton... In generale il numero uno resta David Copperfield perché rimane al passo coi tempi creando sempre, insieme al suo team, nuovi effetti. La regia del tuo spettacolo è di Arturo Brachetti, una vera e propria leggenda dell’illusionismo. Cosa si prova
CHI È LUCA BONO • Luca Bono (Pino Torinese, 1992) è considerato dai media tra i talenti magici più interessanti della sua generazione. Il suo primo importante riconoscimento lo conquista infatti a soli 17 anni con la vittoria al Campionato Italiano di Magia, e due anni dopo si aggiudica il Mandrake d’Or, riconosciuto come l’Oscar dell’illusionismo assegnato ogni anno ai più promettenti talenti internazionali. • Da allora i successi si susseguono: fa televisione e gira il mondo con Arturo Brachetti, anche suo direttore artistico e regista nello spettacolo L’illusionista, prendendo parte al tour di Brachetti and Friends e agli spettacoli Comedy Majik Cho e Brachetti che sorpresa! portati in scena in Canada e in Europa. • Luca è stato protagonista di The illusionist - La grande magia (Canale 5), primo talent dedicato all’illusione in cui Bono è stato l’unico italiano ad arrivare in finale. È stato insegnante di Marco Columbro e Catherine Spaak nella prima edizione di Si può fare (Rai Uno). • È stato protagonista in prima serata su BOING di Vuuaalà! Che Magia!, un programma dedicato a candid camera magiche e alle risate. In questi anni Luca ha sovente commentato l’attualità sul web creando video magici legati all’attualità che sono diventati virali venendo ripresi dalle testate giornalistiche nazionali.
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ad avere un personaggio così importante a “dirigere” il tuo show? Lavorare con Arturo è stata un’esperienza straordinaria: per due anni abbiamo girato il mondo nel suo spettacolo nel corso di 450 repliche in Canada, Francia, Belgio e Italia. E’ stata una scuola incredibile. Poi è venuta l’idea di creare un mio spettacolo, L’Illusionista appunto, che raccogliesse il repertorio che avevo costruito in due anni di esperienza. Quando abbiam o scritto lo spettacolo Brachetti è stato prezios o
© Paolo Ranzani
L’estetica del prestigiatore si è modernizzata, è evoluta, io stesso inizio lo spettacolo con un frack ma mi dopo pochi mi minuti e continuo lo spettacolo in jeans e t-shirt. Tuttavia molte tecniche e “segreti” sono rimasti gli stessi. È cambiato il modo di presentarli: rendendoli più moderni si riesce a rinnovare quest’arte. Per esempio un gioco “classico” come indovinare una parola scelta all’interno di un libro, oggi si può fare con Wikipedia. Oppure un grande classico come l’apparizione di una colomba, l’ho modificato anche grazie ad elementi tecnologici così da riuscire a trasformare una colomba virtuale all’interno di un monitor in una colomba vera. Credo tuttavia che non si debba abusare della tecnologia:
CHI È SABRINA IANNECE
• Sabrina Iannece, classe ’89, inizia da piccolissima a studiare ginnastica artistica per poi avvicinarsi al twirling (disciplina della ginnastica con il bastone) che ha praticato a livello agonistico. La danza è da sempre la sua passione: prima quella jazz, quella contemporanea e hip-hop, poi la danza acrobatica aerea con i tessuti e la specializzazione con il cerchio. • Nel 2012 l’incontro con Luca Bono: per la prima volta sale sul palcoscenico come assistente di scena, per poi diventare oggi vera e propria co-protagonista nello spettacolo L’illusionista.
© Paolo Ranzani
nel consigliarmi di creare uno spettacolo di magia che non fosse una sequenza di trucchi privi di collegamento con il solo obiettivo di stupire, ma che desse un senso preciso e una giustificazione ai vari giochi che diventano funzionali a una narrazione; questo è il maggior insegnamento ricevuto da Arturo che per primo ha abbandonato la mera esibizione di virtuosismi a favore di una drammaturgia in cui l’illusione ha una componente importante. In scena con te c’è anche Sabrina Iannece che lavora con te da diversi anni ed è molto più di un assistente.
Qual è la formula segreta del vostro rapporto? Effettivamente come ogni illusionista che si rispetti anche io ho un’assistente, Sabrina, che mi affianca da quasi dieci anni. Ma nel mio spettacolo l’assistente si vendicherà: ricorderà al pubblico che il mago prende ‹solo› gli applausi evidenziando che è lei spesso quella che fa materialmente le magie, senza però prendere nessun merito. Una sorta di vendetta da parte sua a nome di tutte le assistenti che negli anni sono state tagliate in due, messe in scatole anguste e fatte sparire da colleghi illusionisti: per questo mi stirerà fisicamente. Il fatto di essere la mia compagna anche nella vita di tutti i giorni, quindi fuori dal palcoscenico è sicuramente un elemento importante: alcuni numeri richiedono una sintonia quasi millimetrica che abbiamo affinato nel corso degli anni. Per questo più che un’assistenza la considero co-protagonista dello show. Che consiglio ti senti di dare a chi vuole avvicinarsi al mondo dell’illusionismo? Ai giovani che si affacciano alla
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Luca Bono e Sabina Iannece
magia dico sempre di non limitarsi a studiare i tutorial che oggi sono molto frequenti sulla rete, ma di cimentarsi con la pratica quotidiana, incontrandosi fisicamente, scambiandosi idee, leggendo i libri di magia. Per questo il Circolo Amici della Magia di Torino è un posto straordinario che per me è stato davvero prezioso quando ho iniziato e che ha aiutato tanti esordienti a diventare grandi artisti, come appunto Arturo e altri nomi importati della scena magica come Alexander, Berry e Marco Aimone che oggi ne è il presidente. Video e tutorial possono fornire sicuramente validi spunti, ma solo la pratica e il confronto con chi porta quotidianamente in scena quest’arte sono determinanti per perfezionarsi e completare la propria preparazione. • RS
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INTERVISTA
I libri e la musica, nella stessa Favolandia!
"UN BAMBINO FELICE OGGI, SARÀ UNA PERSONA MIGLIORE DOMANI". COSÌ DANIELA FERRARI BOSCHI, DISCENDENTE DI ETTORE, FONDATORE DELLA CASA EDITRICE BOSCHI, SPECIALIZZATA IN LIBRI PER L’INFANZIA
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© Giovanna Marino LaFotografa
a storica Casa Editrice Boschi, specializzata in libri per l'infanzia e la gioventù, trae origine da Ettore Boschi (1874-1955), fondatore negli anni Venti delle Edizioni Cartoccino Monza dirette dai figli Luigi e Lorenzo, poi Cartoccio delle Arti Grafiche e di Ettore Boschi. In seguito, con il trasferimento della famiglia a Milano, la Casa Editrice Carroccio dal 1933 a metà anni Cinquanta, e infine, nella seconda metà degli anni Cinquanta, l'Editrice Boschi di Luigi (Gino) con la moglie Maria Serenthà, la figlia Mirella e la supervisione di Ettore Boschi. Il bisnonno Ettore era anche scrittore e si firmava con il nome di Nonno "Ebe", che nell'antica Grecia significava "Giovinezza", ma anche "Ettore Boschi Editore". Parte dei suoi Libri sono nella Pinacoteca di Brera a Milano e alcuni giochi dell'Editrice
Cartoccino sono in esposizione nella Rocca di Angera nel reparto Giochi e Bambole. Vegetariano per il grande amore verso gli animali, Tenente Colonnello degli Alpini, fondò nel 1911, con il motto "Per il monte, contro l'alcool", l'Associazione U.O.E.I. Con il cippo dedicato a lui sul Monte Tesoro, è tutt'ora attiva con dodici sezioni dal nord al
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di Silvia Arosio
centro Italia. Discendente degli storici fondatori è Daniela Ferrari Boschi, che nella vita è anche una performer. Daniela, sei cresciuta nell’editoria. Vuoi raccontarci qualcosa sulla storia della Casa Editrice Boschi? Ricordi qualche aneddoto particolare? I miei ricordi sono sempre molto entusiasmanti. Spesso, di pomeriggio, tra un corso di
danza, di pattinaggio o di altri sport, ero in Editrice Boschi curiosando il lavoro artistico che c'è dietro una casa editrice. Stavo ferma e assorta ad osservare il mio nonno Gino che da un fazzoletto riusciva a creare il libro o affascinata dalle illustrazioni che creava la mia mami. Quindi scendevo ad osservare come era la stampa di un Libro, la rilegatura, ed in fine l'impacchettamento per la spedizione. Le copertine erano arricchite da fini illustrazioni. Ce ne parli? Le illustrazioni erano il fiore all'occhiello. Molte venivano create ad acquarello dalla mia mami, che guardavo affascinata, o da altri giovani illustratori, che forgiandosi nell'Editrice Boschi, venivano poi chiamati dalla Walt Disney. Ti è rimasta la passione per la stampa e per l’editoria? Pensi che potrebbe ancora avere successo una casa editrice così? L'amore e la passione per l'editoria non è mai svanita in me e sono sicura che l'Editrice Boschi avrebbe successo ancora oggi, perché amavano quello che facevano e nel loro campo sono sempre stati degli innovatori.
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Come si potrebbe fare tornare ad amare la carta, per i ragazzi di oggi, abituati al digitale? Cominciando dalle famiglie dedicando tempo ai loro bimbi, leggendo loro, anche prima di addormentarsi, i libri cartacei di Fiabe, per far creare il sogno in loro. So che sei anche performer. Ci parli di questa parte della tua vita? Nasco con l'amore per la danza e l'arte a 360 °, credo proprio che sia per il fatto che il sangue discenda dalla mia famiglia completamente artistica, e crescere in un ambiente con l'amore per gli animali, intriso di arte espressa nelle sue più svariate forme, equivalga a vivere la Favola. Spesso, la mattina svegliandomi, vedevo la mia mami Mirella, pittrice, che mi stava facendo un ritratto a carboncino; mentre dall'altra parte della casa arrivava la voce del mio papi Gian Franco, tenore lirico, che intonava alcune romanze tratte da opere, e subito di corsa i bimbi pelosi che saltavano sul letto per farmi le feste.
Così, già a due anni, inizio ad esibirmi in casa con coreografie e composizioni vocali di mia creazione. Dove sei ora? Come ti stai reinventando dopo la pandemia? Con la pandemia lo spettacolo e l'arte in generale, come altre attività, sono state molto penalizzate. Così quasi un anno fa, da Milano mi sono trasferita, per ora, sopra il lago di Lecco in bassa montagna in un posto battezzato da me Favolandia, ho iniziato a scrivere. Tornerai a cantare? Assolutamente sì e non vedo l'ora. Sogni e progetti?
Da quest'anno è iniziata la seconda parte della mia vita e ... • La Vita è il sogno per eccellenza che mi creo quotidianamente. • Di certo c'è la voglia di tornare sul mio amato palcoscenico da troppo tempo lontano; ci sono proposte, ma come ben sai, per scaramanzia non si dicono. • Riprendere il doppiaggio lasciato in pausa ma mai dimenticato. • La Radio mi manca, chissà... • Nuovo obiettivo che mi elettrizza è il Cinema e non dico altro. • Ritornare a fare i vari sport. • Dedicarmi come sempre ai nostri amicibimbi pelosi. • La carta è nel mio DNA, adoro annusarla, quindi sarà anche lei parte dei miei sogni nel cassetto e successivamente progetto. Tengo sempre nel mio cuore la frase che diceva la mia famiglia, diventata poi uno slogan: "Un bambino felice oggi, sarà una persona migliore domani". • RS
DANIELA FERRARI BOSCHI: ECCO CHI SONO • Nasco con l'amore per la danza e l'arte a 366 °; credo proprio che sia per il fatto che il sangue discenda dalla mia famiglia completamente artistica, e crescere in un ambiente con l'amore per gli animali, intriso di arte espressa nelle sue più svariate forme, equivalga a vivere la Favola. • Spesso, la mattina svegliandomi, vedevo la mia mami Mirella, pittrice, che mi stava facendo un ritratto a carboncino, mentre dall'altra parte della casa arrivava la voce del mio papi Gian Franco, tenore lirico, che intonava romanze tratte da opere e i bimbi pelosi che correvano per farmi le feste. • Così, già a due anni, inizio ad esibirmi in casa con coreografie e composizioni vocali di mia creazione. • Frequento per un periodo la Scuola del Teatro alla Scala ma successivamente comprendo che la mia vera attitudine è per la Commedia Musicale, il Musical. • Quindi frequento Scuole di Danza, Coreografia, Mimo, Canto, Dizione, Recitazione e Doppiaggio. • Numerose le partecipazioni televisive, sia come ballerina che come cantante e presentatrice. Gli anni di concerti e spettacoli teatrali mi forgiano lo stile, il quale prende la sua forma definitiva 12 anni fa con il disco di cover di brani di Swing Italiano dal titolo DFJive. • Poco dopo divento l'ideatrice e organizzatrice del Festival Milano Swing Italiano. • Gli anni e l’esperienza mi portano alla realizzazione di un album composto da nove brani esclusivamente inediti in chiave Swing (fresco), creato da me e dal mio staff, dal titolo LaSignoraDelleFavole.
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INTERVISTA
Massimo Boldi: Cipollino...
ovvero il ritmo della risata UN COMICO, CHE METTE ALLEGRIA SOLO INCROCIANDO IL SUO SGUARDO, CON UN RETROGUSTO MALINCONICO
A
ttore, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, classe 1945 di Luino (Varese). Se Mario Vigorone (e il suo energetico minestrone), non vi dice nulla... forse vi ricorderete di quel surreale cuoco toscano, che parlava in un divertente dialetto maccheronico, oppure del Mago di Napoli con i suoi oroscopi da tregendai. Personaggi diversi con un unico volto, quello inconfondibile del “cipollino” Massimo Boldi. Un artista che si è guadagnato l’affetto del pubblico prendendo in giro, a modo suo, la nostra polverosa, dimessa e spesso poco onorevole Italietta, attraverso i registri della comicità popolare (con qualche concessione alla parolaccia che in dosi misurate ci può stare) e con una recitazione impeccabile per tempi e metodi. Dotato di un senso del ritmo non comune, sia con la
IL VIDEO
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favella che sui tamburi di una batteria, in attività dal 1963 fra musica, televisione, cinema e teatro. Tutte esperienze che gli hanno permesso di diventare - anche in qualità di “cinepanettoniano” doc - uno dei volti più amati dal pubblico. Da quando dettava il ritmo nella band di Gino Paoli di tempo ne è passato. Ma la voglia di divertire e di trasferire energia e diverimento negli altri, quella è rimasta intatta. Un mistero sapere come faccia: “Non lo sapessi ma lo so... ma se lo sapessi lo dissi!” Essere Massimo Boldi, con due anni di pandemia, definitivamente, speriamo, alle spalle: cosa fa un comico di grande popolarità come te oggi per fare ridere? Diciamo che momentaneamente si “autosospende”.
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Cerca di pensare e soprattutto di ricordare quello che è stato fatto. Un momento di riflessione per poter guardare il mondo con occhi differenti. Siccome tutto è cambiato è fondamentale cercare di capire cosa il pubblico vuole veramente, con logiche molto diverse da quelle con le quali ho iniziato e, successivamente, mi hanno portato fortuna. Personalmente mi sento ancora molto giovane di spirito, con tanta voglia di fare... ma comunque gli anni continuano a scorrere, vanno avanti e non si può esagerare. Diciamo che non puoi pensare di fare quello che facevi anche solo quindici anni fa... Anche perchè il mondo dello spettacolo non è più quello che hai vissuto e cavalcato tu per tanto tempo.
di Luca Varani
Ma c’è qualcosa di universale che si può consigliare a chi vuole cominciare a fare questo mestiere? Sarà banale ma riaffermo il valore della cosidetta “gavetta”. Tutti oggi si vogliono buttare nel mondo dell’arte e dell’intrattenimento, hanno tutti una gran voglia di arrivare alla fama immediatamente, senza sacrificio. Se i presupposti sono questi direi loro che... sarebbe meglio lasciar perdere! Questa è una professione difficile che necessita di unicità. Quelli che hanno avuto grande successo sono tutti unici e diversi dal resto. Il mio consiglio, se vogliamo chiamarlo così, è quello di non stancarsi mai nel ricercare la propria u-n-i-c-i-t-à. Come erano unici e diversi i protagonisti della grande tradizione milanese, da Cochi e Renato agli anni del Derby? Non solo... io parlo più in generale. Non bisogna guardare a quelli della mia generazione, perché
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noi venivamo dal dopoguerra, con logiche culturali, situazioni contingenti e anche opportunità diverse che oggi non esistono più. Oggi è cambiato tutto. Prendi la televisione: ormai è tutta giochi, reality e improvvisazione. Che ricordi hai dei tuoi inizi da batterista? Ti ricordi quale fu la tua prima batteria? Certo che me la ricordo... era una Ludwig, come quella di Ringo Starr! A proposito invece di televisione... in tanti ti ricordano e ti celebrano attraverso il tuo sodalizio cinematografico con Christian De Sica. Mi piacerebbe invece che tu mi parlasse di quello televisivo – e teatrale – con Teo Teocoli. Partiamo dal presupposto che Christian è un artista bravissimo - e su questo sfido chiunque a sostenere il contrario - col quale ci siamo conosciuti giovanissimi, nel 1972, per questioni inizialmente musicali: io suonavo la batteria e lui cantava. Con Teocoli, invece, abbiamo fatto da apriprista negli anni ’80 in tv e in teatro. Dopo Cochi e Renato ci siamo noi: Boldi e Teocoli. Nel 1981 siamo partiti da Antenna Tre e abbiamo inventato una nuova comicità. Drive In, Striscia la Notizia e tante altre
cose sono partite da lì. Dal nostro duo sono nati i nuovi comici che poi hanno avuto grande fortuna. Mi suggerisci il titolo di un tuo film da far vedere a chi non ha mai visto un film di Massimo Boldi? Matrimonio alle Bahamas. Perché proprio quello? Perché ho fatto tutto da solo senza far coppia con Christian. E invece un film con De Sica? Difficile risponderti citando un titolo specifico, farei un torto a tutti gli altri. Sono tutti grandi successi. Se proprio devo... dico Vacanze di Natale ’95 perchè ritengo che rappresenti l’apriprista per un certo genere di commedia all’italiana. Cosa fai quando, “scanalando” col telecomando, ti imbatti in un tuo film?
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Me lo guardo! Io li vado a cercare nei palinsesti, li riguardo sempre con grande piacere. Rido... come un matto! Quale è il regista al quale ti senti maggiormente legato? Carlo Vanzina. Abbiamo fatto tante cose insieme... anche tantissime risate. Sognando la California, A spasso nel tempo, SPQR… davvero un mare di risate! Una stagione irripetibile, alla quale sono legato da un affetto realmente sincero, soprattutto nei confronti di Carlo. Tu hai fede? Mi ritengo un credente cattolico ma non pratico. La vita ti ha regalato e ti ha sottratto molto. In questo momento ti senti in credito o in debito con lei? Più che altro mi sento un po’ abbandonato. Gli anni passano e purtroppo lo sai che per quanto tu possa gioire ancora di questa vita... esiste un limite che poi devi oltrepassare. È un pensiero ambivalente quello del limite: va giustamente tenuto presente ma si cerca anche di dimenticarlo, di non pensarci. Terminiamo con un occhio rivolto al futuro. C’è un progetto cinematografico che ti piacerebbe realizzare? Sì. mi piacerebbe fare un film.... sugli angeli. Credo che ce ne sarebbe bisogno... Penso di sì. • RS
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EVENTI
La danza rende omaggio a Rudolph Nureyev
ÉTOILES E SOLISTI INTERNAZIONALI IN UN OMAGGIO ALLA MEMORIA DI UNO DEI PIÙ GRANDI ARTISTI DI TUTTI I TEMPI
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udolf Nureyev, il più grande ballerino di tutti i tempi il cui talento rimane ancora oggi ineguagliato, ha segnato un’epoca dal punto di vista interpretativo e creativo nella storia della danza. Eccelso danzatore, le cui doti espressive e virtuosistiche hanno esaltato talento ed irrequieta genialità, unendosi ad un incredibile carisma e una presenza scenica unica ed ammaliante. Le sue coreografie, hanno saputo infondere nuova linfa ai classici del repertorio, rivitalizzandoli con un perfetto equilibrio tra modernità e tradizione. Nureyev ha saputo motivare alla passione per la danza e alla ricerca per la perfezione tecnica tante giovani promesse, che oggi, arricchite dal suo prezioso bagaglio artistico, gli rendono omaggio nel Gala di danza omaggio a
Rudolf Nureyev che sarà in scena al TAM Teatro Arcimboldi Milano sabato 7 maggio 2022. Il pubblico potrà assistere ai celebri pas de deux del repertorio classico e assoli contemporanei portati in scena da étoiles e primi ballerini provenienti dal Royal
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Ballet di Londra, American Ballet Theater, City Ballet di New York, National Ballet Theatre of Ukraine, Hungarian National Ballet e dal Teatro alla Scala di Milano. Ad arricchire la serata sarà la straordinaria partecipazione di due grandi stelle della danza mondiale: Natalia Osipova e Daniil Simkin. Natalia Osipova star del Bolshoi di Mosca e ora Principal del Royal Ballet è stata definita “la ballerina degli estremi” con la sua tecnica impeccabile, i sui giri e i suoi balzi estremi che stupiscono tutti coloro che la vedono ballare. Daniil Simkin, étoile dell’A-
di Silvia Arosio
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale del Teatro Arcimboldi merican Ballet di New York e vincitore di numerosi riconoscimenti, ha già conquistato i palcoscenici di tutto il mondo con la sua tecnica fatta da virtuosismi mozzafiato, pirouettes interminabili, salti unici per la magica sospensione in aria. Il Gala di danza omaggio a Rudolf Nureyev, reduce dal grande successo al Teatro Sferisterio nell’ambito del Macerata Opera Festival 2021, torna ad emozionare il pubblico in una nuova brillante produzione. • RS Natalia Osipova
© photo by NYC Dance Project
Daniil Simkin
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INCONTRI
“L’incontro con Rudol’f
mi ha cambiato la vita”
IL MANAGER LUIGI PIGNOTTI RACCONTA LA STAR: "A LUI NON SERVIVA PARLARE... PARLAVA CON IL SUO CORPO"
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a combattuto contro tutto e tutti per inseguire un sogno. The flying tatar, il tartaro volante ha impressionato le platee del mondo con la sua eleganza e la sua leggerezza, ha stravolto e rivoluzionato il mondo della danza diventando il precursore del mondo del balletto maschile classico e moderno. Affascinante e ambizioso, un talento puro come un diamante, raro e prezioso, indomabile, tenace, irriverente e indimenticato. Anni fa incontrai per la prima volta Luigi Pignotti. Ascoltavo le sue storie affascinata, amante come sono da sempre della danza e particolarmente di Rudy (Rudol’f Nureev) e Misha (Michail Barysnikov). Luigi ha lavorato con entrambi e quindi ho pensato di intervistarlo per fargli delle
domande più intime e forse anche un po’ più segrete. Luigi, com’è avvenuto il tuo primo incontro con Rudy? Ero fisioterapista massaggiatore e lavoravo al Grom for Men in Montenapoleone a Milano. Era un centro rinomato che dava lavoro a 70 dipendenti. Il centro comprendeva un negozio di parrucchiere per uomo e donna, una palestra e un centro di fisioterapia. Zubin Mehta (Direttore d' orchestra indiano di musica classica occidentale e orientale, Direttore musicale emerito della Israel Philharmonic Orchestra e Direttore emerito della Los Angeles Philharmonic, nato il 29 aprile 1936 a Bombay) incontrò Rudol’f a Vienna al Teatro dell’Opera. Lo trovò zoppicante e molto affaticato. Gli chiese cosa gli
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era accaduto. “Zubin, rispose, tu lavori con le braccia e io lavoro con le gambe!”. “Call Luigi when you’ll arrive in Milano!” gli disse. Mehta lo conoscevo personalmente già da tempo perchè quando veniva a la Scala, capitava spesso che io lo massaggiassi al Centro Fisioterapico. Ricordo perfettamente quella sera di settembre. Erano le 23 quando ricevetti la telefonata. Una signora mi chiese se gentilmente potessi raggiungere un importante cliente all’Hotel Continental in Via Manzoni 11 e non aggiunse altro. Appena arrivai, mi accorsi che il personale dell’hotel era tutto a completa disposizione del “Tartaro volante”. Mi accompagnarono alla sua camera, ci presentammo, si scusò per l’orario e mi
di Christine Grimandi
chiese se potessi massaggiarlo. Presi il materasso, lo raddoppiai e Rudol’f si coricò di schiena. Gli chiesi di girarsi perché mi accorsi immediatamente che la sua problematica avrei dovuta trattarla iniziando a massaggiare la pianta dei suoi piedi. Dopo mezz’ora, ancora sotto le mie mani, iniziò a russare. Stava dormendo profondamente. Rimasi per oltre un’ora. Quando terminai il massaggio, lui si alzò, recuperò dalla giacca del denaro e mi mise tra le mani ventimila lire. Non potevo credere ai miei occhi. A quei tempi guadagnavo centomila lire al mese! Mi chiese di rivederci il giorno successivo al Centro in Via Montenapoleone e prima di congedarmi mi disse: “Grazie. Tu sei molto bravo!”. Il giorno seguente prontamente mi premurai di liberarmi per le ore 17. Avevo suscitato molto interesse tra i miei colleghi a cui, increduli, avevo raccontato quello che mi era accaduto la notte
precedente. Lo attesi con loro al bar del Centro mentre, il mio titolare emozionato per l’importante visita, aveva fatto preparare una bottiglia di ottimo champagne. Arrivò puntualissimo, ma non appena gli venne offerta la costosa bottiglia, lui molto educatamente rifiutò, chieLuigi Pignotti con dendo, sorridendo, una Rudolf Nureyev tazza di thè. Quel pomeriggio lo trattai per la seconda volta e subito dopo mi chiese di lavorare per lui. Mi organizzai e a gennaio lo raggiunsi a New York. Il suo impresa- giornaliera. Rudol’f si fidava di rio chiese immediatamente di me e il nostro rapporto cominincontrarmi. Le sue parole furo- ciò a crescere giorno dopo giorno molto chiare e mi gelarono il no. Aveva un manager inglese sangue: “Lavorerai per lui, ma ormai molto anziano così, ben ricorda! Tu non vedi, non senti presto, cominciai ad occuparmi e soprattutto non parli!”. Gua- di tutto per lui, come ad esemdagnavo quattrocentocinquanta pio chiamargli il taxi, portarlo al dollari a settimana e mi dava- ristorante, fargli compagnia, inino anche trenta dollari di diaria ziai a definire accordi e persino a riscuotere i suoi compensi. Dopo qualche anno, eravamo in Tennessee, lo guardai e gli dissi che sarei rientrato a Milano se non mi avesse considerato come suo Manager ufficiale. Rudol’f rimase sorpreso dalla mia improvvisa richiesta, ma rispose: “Contatta il Metropolitan. Se riuscirai ad ottenere il contratto, potremo riparlarne”. In tutti quegli anni, standogli accanto, avevo cominciato a conoscere personalmente i direttori dei Teatri e comunicavo direttamente con loro senza chiedere o prendere appuntamento con le segretarie di produzione. Tutti mi conoscevano. Devo ammettere che nella mia semplicità colma di incoscienza, telefonai al Metropolitan, presentandomi come “Luigi di Nureev” e il direttore mi concesse un appuntamento. Entrai nel suo ufficio, mi sedetti davanti a lui ed esordii dicendogli: “Tu sei il Direttore del Metropolitan, un teatro che
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ha 4.500 posti a sedere, ma è vuoto! Io rappresento un artista potente, molto più potente di te. Lui ti riempirà il teatro per minimo quattro settimane! Se non accetti, esco da qui e vendo lo spettacolo a un altro teatro!”. Uscii incredulo con in mano il contratto e ricordo che sceso in strada, mi misi a urlare dalla felicità. Ritornai quindi a New York da Rudol’f e da lì la mia vita cambiò radicalmente. Le quattro settimane che trascorremmo insieme al Metropolitan furono incredibili. Poi iniziai a contattare, come Rudol’f voleva facessi, l’Opera di Parigi, la Scala di Milano e il Covent Garden di Londra. Ben presto mi accorsi che diventare manager di un artista così importante apriva ogni porta, ma m’imponeva di farmi rispettare in sua rappresentanza. Rudy era bravo, magnetico, aveva personalità, carisma. Era un grande artista che ha sacrificato tutto nella sua vita per la danza. Rudol’f è stato un precursore della danza moderna, registi e coreografi hanno creato nuovi balletti ispirandosi non solo alla tecnica della danza ma anche alla bellezza del cor-
po maschile. Tutto questo ha contribuito all’apertura delle menti di tante persone. Fino a quel momento il danzatore era considerato il “porteur”, il portatore, il partner della prima ballerina. Era sicuramente un ruolo limitante. Rudol’f disse chiaramente al mondo “No, ci sono anch’io!”. Ha danzato i titoli più importanti, ma contemporaneamente tanti ruoli li ha lui stesso inventati e coreografati. Ha dato molto alla danza, soprattutto alla danza maschile. E’ stato l’apripista, un ponte tra la danza classica e la danza moderna, ma questa era una mentalità comune a tanti danzatori russi che sognavano di poter lavorare con coreografi come Balanchine, Bejart… Nel 1971 la coreografia di Maurice Le chant du compagnon errant, musiche di Gustav Mahler, fu considerata uno scandalo. Era incredibile vedere allontanarsi mano nella mano, sulla scena Rudol’f e Paolo Bortoluzzi. Può raccontarmi qualcosa di più personale. Com’era il vostro rapporto e parlarmi dei suoi amori? Sono italiano, non sono omosessuale e ho cercato sempre di esaudire ogni sua richiesta. Era un uomo speciale. Credo che nel profondo del suo cuore, lui non
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amasse essere omosessuale, ma amava molto i suoi simili. Era molto riservato ma non aveva segreti e soprattutto, non raccontava bugie. Parlava poco di sé, della sua vita, del passato, ma non parlava mai di politica. A lui non serviva parlare, parlava con il suo corpo. Ci rispettavamo profondamente. A volte mi chiedeva un’opinione e io ero sempre pronto a condividere con lui le mie idee. E il suo amore più grande e importante? Posso confermare che l’amore più importante e profondo l’abbia condiviso con Erik Bruhn. Si incontrarono a Copenaghen nel 1961 e tra loro scattò la scintilla. Hanno vissuto insieme a Copenaghen e a Londra, ma erano tra loro molto diversi e per certi versi rivali sia in amore che sul palcoscenico. Erik l’ha sempre amato e protetto dalle sue stesse follie e Rudol’f lo ha, a suo modo, contraccambiato, nonostante le sue veloci e fugaci debolezze. Nel 1986 non ha esitato a raggiungerlo per vegliarlo fino alla fine. Rudol’f diceva che sul punto di morte vuoi poter stringere la mano alla persona che nella tua vita è stata la più importante. Lui strinse la mano a Erik e io ho stretto le sue mani il 6 gennaio 1993 a Parigi quando ha fatto il
volo più alto della sua vita e ci ha lasciati. Cosa amava mangiare? Amava il minestrone, il risotto e la carne al sangue. Rudy amava il mare e aveva un gozzo di 8 metri che portava 9 persone più lo skipper. Una volta andammo a mangiare “Da Luigi ai Faraglioni” a Capri. Arrivammo e ci vennero a prendere con una barca per raggiungere il ristorante sulla costa. Incontrammo Yul Brinner, Ryan O’Neil e altri. Ordinammo linguine all’astice con rucola selvaggia sottile e chiesi al cameriere se avevano pomodori pachini. “Freschi freschi!” mi rispose. Così ordinai come contorno anche rucola e pachino. Non appena mi portarono il piatto Yul e Rudy mangiarono tutto e non mi lasciarono nulla. Anni dopo tornai al ristorante e con mio grande stupore scoprii che “Rucola e Pachino” era stato inserito nel menù ed era diventato il
piatto famoso del ristorante e dell’isola dopo quell’episodio. “Tutti lo vogliono il piatto rucola e pachino di Yul e Rudy!” mi disse ridendo Luigi! Hanno da poco terminato il film documentario Rudol’f Nurejev alla conquista dell’Italia... Il regista e il produttore, guardando e selezionando i filmati storici, si sono resi conto che c’era un uomo sempre al suo fianco. Io! Quindi mi hanno invitato alla presentazione del
Film e a diversi eventi e incontri, come ad esempio la commemorazione della sua nascita il 17 marzo. Dovevo partire l’8 marzo per la presentazione fissata il 9 marzo e sarei dovuto rientrare in Italia il 28 marzo. E’ stato scritto anche un altro libro meraviglioso e avrei dovuto tradurlo per l’Italia. Sfortunatamente la guerra ha interrotto tutto e sarà riprogrammato non posso dire, purtroppo, quando… Speriamo presto! Grazie Luigi. • RS
RUDOL’F CHAMETOVIČ NUREEV • Considerato, insieme a Vaclav Fomič Nižinskij e Michail Baryšnikov, il danzatore e l’interprete per eccellenza del XX secolo. Nacque il 17 marzo 1938 nei pressi di Irkutsk in Siberia, in viaggio su un vagone passeggeri di un convoglio della ferrovia Transiberiana. Figlio di Farida e Khamet, un commissario politico dell’Armata Rossa, ultimo di cinque figli, amava la musica e il pianoforte, ma aveva un sogno: danzare. Cresciuto in una famiglia umile, ha avuto un’adolescenza difficile e precaria, ma nel 1944, ancora bambino, aveva già deciso che avrebbe danzato. Khamet aveva un’unica priorità, racimolare cibo per sfamare la famiglia e Rudol’f, raccoglieva patate e quanto trovava nelle campagne per benvolersi il padre, con il quale non ha mia avuto un buon rapporto. Iniziò con le danze folkloristiche, poi incontrò Anna Udel’cova, ex allieva di Sergej Djagilev e, successivamente, Elena Vajtovič che lo sostenne e lo convinse a continuare. • Riuscì a superare l’audizione all’Accademia di Danza e Teatro del Bol'šoj, ma ambizioso com’era, declinò l’offerta e riuscì ad entrare all’età di 17 anni, all’Accademia di danza Vaganova del Teatro Kirov di Leningrado, la stessa dove si erano formati i grandi protagonisti Vaclav Fomič Nižinskij, Anna Pavlova e Galina Ulanova. • Completò i suoi studi in tre anni seguito dal coreografo Aleksander Puškin, si diplomò Maestro di Danza insieme a Michail Baryšnikov ed entrò nella Compagnia di Balletto del Teatro Kirov. La sua carriera prese il volo quando nel 1961, Konstantin Sergeev si infortunò e lui venne catapultato sulla scena della prestigiosa Opéra di Parigi. Rudol’f cominciò a frequentare amici occidentali e venne invitato dal KGB a rientrare al Cremlino. • La sua fuga rocambolesca e la sua richiesta di asilo politico al Governo francese gli costò la condanna in contumacia per alto tradimento. Solamente nel 1987 riuscì a rivedere la madre ottenendo un permesso speciale di Michail Gorbačëv, allora segretario generale del PCUS. • Ha danzato con le stelle femminili della danza nei teatri più importanti, da Liliana Cosi a Carla Fracci a cui rimproverava di donarsi incondizionatamente alle platee meno sofisticate e popolari, da Natal'ja Makarova a Margot Fonteyn con cui strinse un particolare legame prima d’amore trasformatosi successivamente in profonda amicizia.
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PERSONAGGI
Signore e signori... Renato Rascel!
“E’ ARRIVATA LA BUFERA, È ARRIVATO IL TEMPORALE, CHI STA BENE E CHI STA MALE E CHI STA COME GLI PAR!”
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enato Ranucci, attore, comico, ballerino, presentatore e giornalista nacque a Torino il 27 Aprile 1912 da Cesare, cantante di operetta e Paola Massa ballerina di danza classica. La sua ecletticità artistica e il suo talento è evidente fin dalla sua tenera età. Ama il calcio e inizia a giocare in una squadra giovanile, ma per aiutare la famiglia lavora, ancora giovanissimo, come garzone, muratore e calderaro. Scritturato nel 1932 dalla compagnia teatrale dei fratelli Schwartz, recita Sigismondo nell’Operetta Al cavallino bianco” e viene ben presto notato dal critico teatrale Renato Simoni. Rascel crea un personaggio anticonformista e recita monologhi comici farciti di doppi sensi. Il suo aspetto gracile e minuto e le sue qualità acrobatiche spiazzano il pubblico che inizia a seguirlo attratto dal suo umorismo surreale, ingenuo
Renato Rascel con Giuditta Saltarini
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di Christine Grimandi
e disarmante. Nel 1939 si cominciano a sentire venti di guerra e lui scrive di getto: “È arrivata la bufera, è arrivato il temporale, chi sta bene e chi sta male e chi sta come gli par!”. La sua carriera cinematografica inizia nel 1942 e durante le riprese, Renato incontra Tina De Mola. Si innamora e per lei scrive il brano Pazzo d’amoreche diventerà anche colonna sonora e titolo del film. Si sposano l’anno successivo. Renato, continuamente perseguitato dalla censura, è costretto a nascondersi in Vaticano, ma è riuscito a vendicarsi, anni dopo, interpretando nel film Gran Varietà un comico censore fascista. Riprende a recitare in teatro e crea un nuovo personaggio il “piccolo corazziere”. Debutta al Teatro Sistina nel 1952 recitando in Attanasio
Rascel nei panni di Padre Brown
RENATO RANUCCI • Battezzato nella Basilica di San Pietro in Vaticano secondo il desiderio del padre profondamente religioso e romano da sette generazioni. Ha frequentato la Scuola Pontificia Pio IX. All’età di 10 anni entra nel Coro delle Voci Bianche della Cappella Sistina. • Tifoso della Roma è diventata storica la sua frase: “La Roma non si discute, si ama”. • Vince il Nastro d’argento nel Novembre 1952 per la sua interpretazione drammatica nel film Il cappotto diretto da Alberto Lattuada. • Nel 1970 scrive con Garinei e Giovannini Alleluia brava gente. Domenico Modugno viene scritturato al suo fianco, ma a causa di un suo infortunio, viene scritturato il trentenne Gigi Proietti ancora parzialmente sconosciuto alla grande platea. • Con la conduzione del programma televisivo Senza rete, Renato conquista l’amore incondizionato del pubblico italiano. Su Rai Due ha condotto il programma pomeridiano Buonasera con… Renato Rascel in cui si è esibito con le sue famose macchiette che l’hanno reso indimenticabile per il grande pubblico. Diretto da Franco Zeffirelli ci lascia un prezioso cameo nella sua interpretazione del “cieco” nel film televisivo Gesù di Nazareth
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cavallo vanesio, una favola musicale scritta appositamente per lui dalla coppia Garinei e Giovannini, a cui seguiranno Alvaro piuttosto corsaro e Tobia, candida spia, spettacoli precursori assoluti del debutto della commedia musicale in Italia. Ha recitato al fianco dei più grandi interpreti italiani: da Totò a Silvana Pampanini, da Raimondo Vianello a Walter Chiari, da Tino Buazzelli a Paolo Stoppa. Ha esordito alla radio per la sua perfetta dizione e ha debuttato in televisione il 22 Ottobre 1955 con ’Na voce, ‘na chitarra e un po’ di Rascel, confidenze musicali in chiave di basso. Creò la sua compagnia chiamandola ironicamente, “Teatro del piccolo”. Nel 1957 canta il brano diventato famoso in tutto il mondo, Arrivederci Roma e con il tenore Mario Lanza interpreta il film The Seven Hills of Rome. Il successo lo porta a Parigi al Teatro Mogador dove debutta nell’operetta Naples au baiser de feu, di cui Renato scrive le musiche. La sua vita sentimentale è stata travagliata: dopo l’annullamento del matrimonio con la moglie Tina, si lega alla sua segretaria personale, Huguette Cartier che lascerà per unirsi all’attrice Giuditta Saltarini con cui concepirà
il suo unico figlio, Cesare. Nel 1960 arriva a Sanremo e in coppia con Tony Dallara vince con il suo brano Romantica. Accanto a Delia Scala debutta nella commedia musicale Il giorno della tartaruga di Garinei e Giovannini. A causa della sua malattia degenerativa, si allontana a poco a poco dalle scene. Tifoso della Roma, ricordiamo la sua ultima apparizione nell’estate del 1980 durante il campionato di calcio dove Renato interpretò alcuni suoi cavalli di battaglia tra cui Arrivederci Roma”. È morto a Roma il 2 Gennaio 1991. UN LIBRO - OMAGGIO Il 27 aprile u.s. è stato festeggiato il 110° anniversario della nascita di un grande Piccoletto, che ha contribuito a innovare col suo linguaggio e la sua poetica un significativo pezzo di storia dello spettacolo italiano del Novecento. Autore originale, interprete raffinato e inconfondibile cantante, Renato Rascel seppe creare nelle sue imprevedibili performance un personalissimo stile, giocoso e riflessivo, incanalato sul fil rouge del surrealismo. In libreria, e sulle principali piattaforme digitali, arriva un saggio che ne ricostruisce in dettaglio l’arte attraverso un viaggio contestuale nella storia dello spettacolo italiano. Elisabetta Castiglioni, che oltre 20 anni fa ne ha ricercato le tracce per archivi pubblici e privati, dedica ora al “Piccoletto” nazionale questo lavoro, convinta che la scrittura creativa rasceliana sia ancora attuale ed estremamente comunicativa.
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RENATO RASCEL. Storia di un personaggio dello spettacolo del Novecento, pubblicato con Iacobelli editore, è un itinerario critico attraverso la genesi e i retroscena delle sue opere e performance in grado di farne emergere la poetica e l’unicità. Forte di un inequivocabile stile e del suo talento di “one man show”, l’eclettico Rascel si è districato con nonchalance tra avanspettacolo, rivista, commedia musicale, prosa, cinema, televisione, musica leggera, materie differenziate di ogni capitolo di questo libro. Il suo personaggio stralunato e fanciullesco ha attraversato i più diversi generi dello spettacolo, instaurando un dialogo immediato col pubblico e spaziando dall’umorismo del “Corazziere” alla poetica dell’assurdo di Beckett e Jonesco, dalle commedie musicali di Garinei e Giovannini a canzoni “evergreen”, prima fra tutte Arrivederci Roma. In questa ragionata biografia artistica – dove spiccano anche interessanti progetti inediti – ne si possono ripercorrere analiticamente le varie tappe per cogliere la misura della sua grandezza. (RENATO RASCEL - un protagonista dello spettacolo del novecento - Elisabetta Castiglioni - Iacobelli editore - 400 pg. - €19,80) • RS
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INCONTRI
Dai Capuleti ai Visconti, l ' o rigine dei cognomi
GRAZIE AL BIOGRAFO DINASTICO LUIGI TAMELLINI ANDIAMO ALLE RADICI DELLA NOSTRA STORIA FAMIGLIARE
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hakespeare scrisse una delle più belle storie d'amore tra Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi. Questa storia è anche cosparsa e profondamente intrinseca di rivalità tra le due famiglie, e se Dante, nella sua Divina Commedia le cita commiserandole, solamente William Shakespeare le innalza e le fa conoscere al mondo intero facendola diventare un' icona È così importante scoprire questi nostri cognomi e soprattutto, come sono stati coniati? A tal proposito voglio avvalermi della collaborazione di un biografo dinastico, Luigi Tamellini, che per anni ha cercato tra documenti, Registri parrocchiali e Archivi della città di Verona, le origini dei nostri avi, dei cognomi e delle sue derivazioni. Luigi, ci puoi descrivere il tuo sapere riguardo ai cognomi? La mia ricerca riguardo la nostra famiglia e il suo cognome, è iniziata guardando molti anni fa una una vecchia foto di famiglia, da allora la mia curiosità e' diventata un bisogno di trovare le nostre radici, conoscere il significato del cognome documentato fin dal 1500 e scoprire quel filo sottile che ci lega, nel quale io trovo oggi la mia dimensione di vita. Le famiglie nobili avevano sempre mantenuto nome e cognome, mentre quelle popolari erano conosciute solo per nome e soprannome che variava anche all’interno della stes-
sa famiglia. Con il Concilio di Trento, (1545 / '63), la Chiesa cattolica stabilì l'obbligo per le parrocchie di tenere i Registri di battesimo e matrimonio; da allora il cognome si tramandò da padre in figlio, diventando così ereditario. Nel caso di Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, storia e leggenda si sono mescolate, sulla casa di Giulietta di Verona nella chiave di volta del portale, c'è il simbolo di un cappello da cui forse trae origine il suo cognome, mentre Montecchi di
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origini nobiliari potrebbe essere legato ai toponimi di monte. Le due famiglie erano in lotta tra loro e a seguito di un omicidio i Montecchi vengono banditi da Cangrande della Scala, Signore di Verona. Così inizia la loro storia, raccolta da Luigi da Porto, citata da Dante e immortalata da Shakespeare E' davvero esaltante e curioso nello sfogliare, se il termine e' giusto, e trovare un perchè di questa ricerca? La velocità della storia ci supera sempre. Per questo non
di Maurizio Tamellini
bisogna mai perdere l'occasione di fermarsi per ammirare la bellezza, che non è solo arte, poesia e musica, ma anche altro, che sanno darti emozioni e sentimenti elevati. Io quando prendo in mano e leggo un documento antico, provo le stesse sensazioni e trovandomi di fronte alla storia e alla vita di un mio avo, mi domando del senso della mia e del perché… sono domanda senza risposte che gli uomini si pongono da sempre. I miei avi hanno lasciato un segno scritto della loro vita, forse anch’io desidero fare lo stesso, per questo ho voglia di sfogliare vecchi documenti per conoscere e capire, sono curioso. C è una sorta di correlazione tra il nome e il cognome, oppure è stato un caso l'accostamento tra i due? Non so se esistono risposte precise a questa domanda. Partiamo dal medioevo quando le persone del popolo si riconoscevano con il nome di battesimo, al quale si aggiungeva il nome del padre preceduto dalla formula " figlio di".
Archivio di Stato di Verona. Pergamena del 1599 della Famiglia Tamellini
Spesso al nome proprio si aggiungeva anche un soprannome che poteva essere riferito ad una caratteristica fisica, luogo di provenienza, etnia, professione od altro. Sarà questo che col tempo diventerà spesso il vero cognome. Per i nomi propri possiamo direi che quasi tutti hanno un significato, mentre non è possibile averlo per i cognomi. Cosa si prova nel trovare la storia di una famiglia in poche pagine, o meglio, in una pergamena ? Andare in Archivio è sempre emozionante, un luogo austero, silenzioso, dove è conservata la storia. Quando sul tavolo ti trovi un raccoglitore con dentro decine di cartelle,
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con oltre mille fogli, guardi in silenzio come fossero cose sacre. Senti l’odore della polvere e della carta invecchiata spesso ingiallita dal tempo, macchiata e rovinata dall'umidità e dalle muffe e a volte semi bruciata. Lentamente sfogli le pagine e quando in una pergamena del 1599 trovi scritto: "Perinu(m) q(uondam) s(e)r Bart(holom)ei de Messaris dicti li Tamelini" resti senza fiato. È un foglio ruvido al tatto, dal colore antico, con molte macchie, alcuni buchi e i bordi frastagliati. Inizi a leggerlo con difficoltà e allora senti il bisogno di farti un'immagine mentale, perchè "lui" ti racconta la sua storia, tu ascolti ma non puoi far domande, devi solo far tesoro di quello che ti dice. Il tempo vola, l'Archivio chiude, saluti Perinum e gli dici grazie e a risentirci. Ecco perché ho cercato le mie radici, per conoscere e far tesoro del passato, vivere il presente e sognare il futuro. Grazie Luigi della tua testimonianza e di averci detto, e soprattutto dato, una spiegazione alla tua ricerca e a dare un senso alla nostra curiosità di lettori. • RS
INTERVISTA
Gillian Lynne
“ Fire on both nipples!”
LA NOSTRA COLLABORATRICE RIPERCORRE A RITROSO LA SUA CARRIERA... CON TANTI RICORDI E TANTI INCONTRI SPECIALI
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ilvia Arosio, direttrice della rivista, mi ha chiesto di raccontare qualcosa della mia vita, delle mie esperienze. Racconterò episodi, parlerò degli artisti, degli incontri, di colleghi e amici che hanno contribuito a modificare il mio pensiero, il mio comportamento e la mia crescita artistica professionale. Potrete commentare, replicare e siete invitati a scrivere le vostre riflessioni con una lettera aperta al giornale. Buona lettura! Quando incontrai la prima volta Madame Gillian Lynne a Parigi, rimasi immediatamente folgorata dalla sua personalità. Già dall’audizione avevo compreso che avevo davanti a me una persona speciale. Mi richiamò a Vienna il giorno antecedente la premiere del musical Phantom of the Opera. Voleva parlarmi, incontrarmi e rivedermi. Per lei erano importanti i rapporti umani. A Parigi
mi aveva chiesto di dimagrire. Mi aveva personalmente scritto la dieta che avrei dovuto seguire. Ancora oggi conservo gelosamente quel foglio, come tutti i suoi biglietti e foto. Mi affidò il ruolo di Bombalurina e mi volle come cover Grisabella per la Premiere a Parigi del Musical Cats. Lasciai così la Germania e mi trasferii. Era incredibile osservare Gillian mentre lavorava perchè lei era magica, emozionante. Una fonte di rigenerante e continua ispirazione. Entrava in sala prove e l’aria si fermava. Ogni mattina faceva riscaldamento insieme a noi e, dopo una breve pausa, inziava a coinvolgerci spiegando la storia e la drammaturgia di ogni singola scena. Con l’improvvisazione
Gillian Lynne
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Christine Grimandi
ricercavamo l’emozione, attraverso la respirazione costruivamo il movimento e io, ero ipnotizzata mentre lei, spiegando, si muoveva danzando tra noi. Le sue coreografie erano frutto di una ricerca e richiedevano tanta precisione. A lei non sfuggiva un dettaglio. Sentivo i suoi occhi penetrarmi fin dentro l’anima. Le ho voluto molto bene, una stima che lei ha ricambiato con sincera amicizia. La raggiunsi a Londra diverse volte. Mangiavamo insieme durante le pause e parlavamo. Non ha avuto figli, ma le piaceva parlare dei bambini. Voleva conoscere il mio mondo e il mio passato. Le regalai delle foto, anche del mio primogenito. Ricordo spesso tutti i suoi preziosi consigli. Anche il mio amico e collega Simon Lee è stato suo grande amico e vi svelo che, anche lui, adora i bambini perchè dice “loro sorridono mentre mi guardano e io con loro!”.
di Christine Grimandi
RICORDI • Gillian ha amato l’attore Peter Land. Il giorno della sua morte ha scritto su Twitter: “Gillian ci ha lasciato un enorme patrimonio ed è stata amata da molti. La mia più cara moglie, amica e amante per 40 anni. Ho il cuore a pezzi”. • Andrew Lloyd Webber l’ha salutata con queste parole: “Addio carissima Gillie, tre generazioni del Musical britannico ti devono moltissimo”.
Gillian Lynne è nata a Pyrke il 20 Febbraio 1926 ed è morta a Londra il 1 Luglio 2018. I suoi genitori credevano avesse problemi di apprendimento perché non riusciva a concentrarsi e s innervosiva. Oggi viene definito ADHD, Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività, ma negli anni ’30 non si conosceva nulla a riguardo. La madre la accompagnò da uno specialista che scoprì il suo grande dono. Aveva 8 anni e, sola all’interno dello studio, iniziò a ballare. La danza sarebbe stata la sua cura replicò il medico alla madre. Rimase orfana di madre all’età di 13 anni. Entrò alla Royal Ballet School, si diplomò e diventò solista. Fondò la sua compagnia la Gillian Lynne Dance Company e poi la sua carriera decollò.
Dapprima ballerina poi acclamata coreografa, attrice, regista teatrale e televisiva. Nel 2018 il New London Theatre è stato rinominato Gillian Lynne Theatre e ha reso Gillie la prima donna non di origini reali ad avere un teatro del West End a lei intitolato. Solista nel Sadler’s Wells Ballet fino al 1951 è stata interprete di decine di spettacoli e ha lavorato a molte produzioni della Royal Opera House, della Royal Shakespeare Company, della English National Opera,
dell’Australian Ballet del West End e Broadway. Con Andrew Lloyd Webber ha creato il Musical Cats nel 1981, The Phantom of the Opera nel 1986 e Aspects of Love nel 1990. Per la televisione ha diretto e coreografato la serie The Muppet Show. Ha sviluppato e trasformato la danza jazz in Gran Bretagna. La sua fusione della tecnica classica e del jazz, ha rivoluzionato la danza e ha creato il capolavoro coreografico di Cats, riconosciuto oggi come nuova catego-
PREMI & NOMINATION • 2013 Olivier Awards – Premio speciale • 2012 Queen Elizabeth II Coronation Award, eletta vicepresidente dalla Royal Academy of Dance • 2014 È stata nominata DBE (Dance Commander of the Order of the British Empire) nella New Years Honours List per i suoi servizi alla Danza e al Teatro Musicale, prima donna ad essere onorata di questo titolo. • 2005 Outer Critics Circle Awards – Coreografia di Chitty Chitty Bang Bang • 2000 Olivier Awards – Eccezionale produzione musicale Dick Whittington • 1997 CBE • 1989 Moliere Award • 1988 Drama Desk Award – Coreografia Phantom of the Opera • 1988 Tony Awards – Miglior coreografia Phantom of the Opera • 1987 BAFTA per A Simple Man per la BBC TV • 1983 Tony Awards – Miglior coreografia • 1981 OLIVIER AWARDS – Miglior risultato dell’anno Cats • Ordine d’argento al merito di Vienna • Golden Rose of Montreux Award per The Muppet Show • Samuel G. Engel Television Award (USA)
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Andrew Lloyd Webber (a sx) e Cameron Mackintosh con Gillian Lynne alla cerimonia della "rinomina" del New London Theatre in Gillian Lynne Theatre
Simon Lee
ria agli Olivier Award per l’eccezionale risultato ottenuto. Ho intervistato il Maestro Lee e la storica collaboratrice, coreografa associata Chrissie Cartwright, facendo loro domande e ricordare insieme qualche aneddoto della mitica Gillie... M° SIMON LEE Maestro Lee come è stato il vostro primo incontro, come può descrivere il suo lavoro e ricorda un aneddoto curioso che ha piacere di condividere? Ho incontrato la prima volta Gillie nel 1997 per la produzione del Film del Musical Cats. Lei era, comprensibilmente, molto nervosa e diffidente nei miei confronti perché la scelta di avermi come direttore musicale del progetto e direttore d’orchestra era stata obbligata
da Andrew Lloyd Webber in persona. Non avevo fatto parte della produzione originale, non ero stato uno tra i creativi, anche perché ero troppo giovane, e il film era da Gillian considerato come un piccolo bambino. Sono certo che la sua apprensione scomparì in breve tempo. Ricordo un aneddoto: un giorno, durante le prove del White cat solo, io rimasi a cavalcioni, sopra di lei, e chiunque conosca come termini la coreografia, realizzerà quale potesse essere stata l’immagine finale! Il suo modo di parlare usando colori, la sua capacità di descrivere qualcosa apparentemente casto come il balletto, Errol Leslie Flynn
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era infinitamente affascinante e buffo al tempo stesso, ma io compresi quanto tutto era completamente integrato al mio approccio musicale, viscerale. Dopo quell’episodio, come si può immagnare, siamo diventati grandi amici e abbiamo continuato a lavorare insieme con reciproca ammirazione. Quando i nostri impegni lavorativi lo permettevano, ci incontravamo una volta al mese per cena. Le storie della sua vita erano assolutamente affascinanti, dall’orrore durante le prove con Sarah Brightman sul palcoscenico del Majestic a New York dove lei, accidentalmente, cadde all’indietro finendo nella buca d’orchestra (quell’incidente le causò il suo primo intervento all’anca), alla sua esperienza coreografica al Bolshoi per un gala, dove evidenziò la giusta opposizione tra la magnificenza e la bellezza delle aree pubbliche del teatro dell’opera e l’assoluto squallore delle toilets. Una sera Gillie prenotò un ristorante a Kensington per noi due. Come facevo sempre, andavo a prenderla alla sua residenza a Knightsbridge e la
ERROL LESLIE FLYNN • Attore statunitense, nato a Hobart il 20 Giugno del 1909, morì a Vancouver all’età di 50 anni per un infarto. Diventato alcolista negli ultimi anni di vita, espresse un desiderio: essere sepolto con dodici bottiglie di whiskey perchè temeva che nell’aldilà non avrebbe trovato alcolici. Non avrebbe così sopportato la sua vita eterna senza alcolici. • Errol era un uomo alto, elegante, un donnaiolo che divenne famoso per i suoi ruoli romantici e un idolo delle platee planetarie. • • Prima di esordire a Hollywood studiò a Londra e a Parigi e fece differenti mestieri: cuoco di bordo, poliziotto, giornalista, sorvegliante di piantagioni, pescatore di perle, pugile…
scortavo. Quando arrivammo, lei esclamò: "Non sono più ritornata qui dai tempi in cui, dopo cena, andavo a ballare dopo aver terminato lo spettacolo con iI Sadlers Wells (ora Royal) Ballet". Quando le espressi la mia sorpresa e le chiesi perché mai voleva ballare dopo aver terminato di danzare, mi rispose "Oh darling, yes! Errol Flynn mi portò qui!". Ho adorato quella donna e ricordarla, ora, mi fa pensare a quanto ancora mi manchi. CHRISSIE CARTWRIGHT Coreografa associata e regista di Gillian Lynne e del regista inglese Trevor Nunn. Quando ha incontrato Gillian la prima volta, cosa ha pensato e com’è stato lavorare con lei? Ho incontrato la prima volta Gillie nel 1986 nella sua bellissima casa a Chiswick. Mi aveva invitato per discutere la posssibilità di accettare il ruolo di Associate Coordinator della produzione londinese di Cats. Sei mesi prima avevo ricevuto una sua lettera di congratulazioni per il mio lavoro coreografico della produzione teatrale di Mack Mabel. Era venuta a vedere lo spettacolo insieme a suo marito, Peter e aveva così deciso che avremmo dovuto lavorare insieme nelle future produzioni. Ha un aneddoto speciale che spesso ricorda o che ritorna alla sua memoria? Non ho un aneddoto in particolare, ma quando lavoro penso spesso "Gillie cosa avrebbe fatto?". La cosa più importante è che lei è sempre stata coraggiosa. Lei avrebbe detto che quando entri in scena hai la responsabilità di riuscire a cambiare la scena e per farlo devi usare prima di tutto i tuoi occhi. Lei ha ricostruito la coreografia rimettendo in scena
Chrissie Cartwright
l’ultima edizione di Phantom of the Opera e avete da poco terminato le audizioni per il change over di alcuni artisti previsto per la prossima estate. Cosa pensa dei giovani performers e quanto è difficile raggiungere la ricerca di Gillian del movimento perfetto? Penso che Gillie aveva un modo di lavorare unico. Per un verso era come ascoltare una poesia quando descriveva quello che voleva. Il suo linguaggio era poetico. Alcune volte è difficile per i giovani artisti raggiungere la
propria personale confidenza ma questo era quello che Gillie voleva ed è quello che cerco di continuare a fare per raggiungere quell’obbiettivo. Una frase di Gillian ricorrente o una sua raccomandazione in sala prove? Non sono certa di riuscire a dire con le parole quello che lei diceva, ma il suo riferimento ai capezzoli viene sempre citato. Ha a che fare con la postura, vuol dire permettere ai tuoi capezzoli di aprire la strada all’interno della sala o come Gillie diceva “Fire on both nipples!” I suoi progetti futuri? Amo molto il mio lavoro quindi il mio prossimo progetto è rimontare un nuovo Tour europeo del musical Cats con la coreografia originale di Gillian. Ho già fatto questo diverse volte, ma amo continuare a farlo. È per me un enorme privilegio prendere questo spettacolo della storia del teatro musicale e riuscire a riproporlo con un nuovo gruppo di artisti. • RS
CHRISSIE CARTWRIGHT • Ha partecipato alle produzioni originali di Billy, Irene, Evita, Barnum e Blondel e diverse produzioni al London Palladium e al Victoria Palace. I suoi lavori in televisione includono The One and Only Phyllis Dixey, There’s Something Wrong in Paradise, The Stanley Baxter Show, The Morecambe and Wise Show and The Good Old Days. È apparsa in The Great Muppet Caper, Lassiter, Indiana Jones and The Temple of Doom e Mama Mia! Here We Go Again. • Ha diretto e coreografato nel West End le produzioni originali di The Secret Diary of Adrian Mole, Sherlock Holmes The Musical e la Premiere londinese di Mack and Mabel. Ha coreografato The Entertainer, Devil’s Virtuoso, Annie, The Card, On The Twentieth Century, Witches of Eastwick e ha diretto con la Showbizpops Orchestra’s concert tour di The Music of Andrew Lloyd Webber. Per la tv ha coreografato Kiss Me Kate, Alas Smith and Jones e Hit Dancing. Come regia associata e coreografia, le produzioni di Londra, New York e Australia di Five Guys Named Moe, ha seguito le produzioni in tutto il mondo di Cats e recentemente di The Phantom Of The Opera, come coreografa associata per il West End e Broadway. • È stata associata di Gillian Lynne delle produzione di The Likes of Us, Brick by Bricusse and Dear World; ha diretto i bambini del musical Mary Poppins e resident director di Cats, Joseph and His Amazing Technicolour Dreamcoat, Sister Act e Wizard of Oz. Ha diretto inoltre To Gillie With Love al Gillian Lynne Theatre ed è stata direttrice coreografica di The Private Ear and The Public Eye e Birdsong per la Original Theatre Company. • È Honorary Associate of the Royal Academy of Music per diverse produzioni incluso This is The Hour – a celebration of the music di Claude-Michel Schönberg.
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INTERVISTA
San
Marino Dance Festival
nel segno di Luciana Savignano ARCHIVIATA L'EDIZIONE 2022, SI PENSA GIÀ A QUELLA DEL 2023 PARTENDO DALLA GRANDE ÉTOILE MILANESE
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all’8 al 10 Aprile scorsisi è svolta la prima edizione del SMDF di San Marino. Tre giorni di Full Immersion per i giovani danzatori che hanno potuto studiare e approfondire le tecniche della danza. Alla prima edizione del San Marino Dance Festival sono stati concessi tre patrocinii: la Segreteria di Stato per il Turismo, le Poste, la Cooperazione e l'Expo, la Segretreia di Stato per l'Istruzione e la Cultura e la Segreteria di Stato per il Lavoro, la Programmazione Economica, lo Sport, l'Informazione e i Rapporti con l'A.A.S.S.. In rappresentanza di quest'ultima la Dott.ssa Annalisa Marcucci, che ha consegnato il Premio alla Carriera a Luciana Savignano. Nel giorno di apertura si è svolta la consegna del Premio alla Carriera per la grande étoile Luciana Savignano presso il Teatro Titano. Presenti diverse persone in sala. Luciana ha salutato il pubblico e si è lasciata intervistare, ripercorrendo i momenti più salienti della sua carriera artistica professionale. Christine Grimandi ha inter-
Luciana Savignano con Maurizio Tamellini
vistato per noi l’organizzatore, il Maestro Maurizio Tamellini, e la grande étoile Luciana Savignano. Maestro, come è andata la prima Edizione del SMDF – San Marino Dance Festival? Sono molto contento dei risultati che abbiamo ottenuto. E’ sempre difficoltoso organizzare una Manifestazione nuova così importante. Com’è nata l’idea? Quando ho visto questo delizioso teatro mi sono convinto. La signora Rossella Fugaro, ti-
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tolare di Dimensione Eventi, ha organizzato con grande maestria e professionalità tutta la parte logistica. Insieme a lei ho creato questo nuovo evento a San Marino, condividendo la responsabilità della direzione artistica, con la mia collega Guendalina Fazzini con cui già da anni collaboro per il Festival dei Due Mari a Sestri Levante. Un Festival della Danza con docenti, grandi professionisti della danza e un’esibizione? Assolutamente sì. Erano presenti insieme a me e Guendalina
di Christine Grimandi
Fazzini, i professionisti Ekaterina Dalskaya, Marco Ferrini, Gaia Minoia e Alessio Vanzini. Al termine dello Stage, tutti gli allievi si sono esibiti sul palcoscenico del Teatro Titano. Quindi, SMDF - Arrivederci al prossimo anno! Certamente. Faremo la Seconda Edizione del Festival, in contemporanea con il Primo Concorso di Danza nel quale si celebrerà il 250° anno del Teatro Titano. E, a grande richiesta, ritornerà l’Etoile Luciana Savignano. Luciana Savignano. Una lunga carriera artistica indimenticabile e prestigiosa. Un partner, un coreografo, un mentore con il quale ha avuto un feeling artistico importante che l’ha aiutata nella sua crescita artistica e professionale? Ho avuto tantissimi partner di prim’ordine e ho lavorato con molti coreografi, ma sicuramente Jorge Donn è stato il ballerino che mi ha trasmesso di più. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di frequentarlo e l’ho sempre considerato completo sotto tanti aspetti. Negli anni ho costruito con lui un’amicizia che mi ha permesso di comprendere la sua grande artisticità e sensi-
bilità. Con lui ho cambiato e trasformato il mio modo di stare in scena. È mancato troppo presto, purtroppo. E Maurice Béjart ha lasciato il segno, ha aiutato il mio sviluppo artistico. Fin da quando entrai in Accademia a La Scala di Milano sono sempre stata timida, introversa. Mi sentivo privilegiata perché frequentavo un’accademia prestigiosa, ma mi sentivo un brutto anatroccolo. Mi mettevo in disparte, non mi sono mai proposta né quantomeno messa in prima linea. Poi, i coreografi hanno cominciato a notare questo essere un po’ strano e hanno cominciato a interessarsi a me. Quando Béjart mi scelse è stata per me una sorpresa. Dalla
nostra collaborazione ho imparato tantissimo. Lui mi ha fatto comprendere che la danza non era puramente esecuzione, non era unicamente perfezione tecnica, ma era molto di più. Con la danza puoi esprimere un’emozione andando in profondità e con lui ho maturato la mia personale artisticità. Béjart mi ha fatto comprendere che stare in palcoscenico voleva dire, continuità di espressione tra un passo e l’altro. E quando mi propose Bolero mi sembrava per me una coreografia impossibile, quasi irraggiungibile. Invece, quando riuscii a memorizzare tutti quei passi, quella coreografia così ripetitiva, ricordo che scesi in cambusa a la Scala e mi
Da sin: Rossella Fugaro, Guendalina Fazzini, Luciana Savignano, Maurizio Tamellini e la Dott.ssa Annalisa Marcucci
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JORGE DONN • Danzatore argentino di livello mondiale. Nato a Palomar il 25 Febbraio 1947 e morto a Losanna il 30 Novembre 1992. • Ha iniziato a studiare all’età di 5 anni e nel 1963 entrò nella Compagnia di Maurice Béjart e insieme a lui crearono diversi balletti che lo portarono alla fama internazionale. • È rimasta famosa la sua interpretazione del film di Claude Lelouch di Bolero di Ravel. Divenne Direttore Artistico della Compagnia Ballet du XX Siecle creata da Béjart e successivamente fondò la sua compagnia Europa Ballet rimasta attiva per poco tempo.
ubriacai. “È fatta!”, ho pensato, adesso posso godermela fino in fondo. Un regista importante? Ho sempre lavorato con coreografi registi ed è importante assimilare tutto dall’artista che crea e con cui stai lavorando. Loro hanno in mente l’opera nella loro interezza. Quando ero ancora in Scala, Pier Luigi Pizzi, un regista moderno con una visione a 360°, amava inserire il balletto nelle sue produzioni e anche Margherita Wallmann lo faceva, essendo lei stata ballerina agli inizi della sua carriera. Ho avuto la fortuna di iniziare con Mario Pistoni, sono cresciuta con Maurice e con Micha van Hoecke ho continuato ad arricchire la mia espressione. Loro non cercavano solo la danza, ma l’interezza dell’espressione coreografica, il teatro danza che definirei il teatro totale. Ecco con loro ho imparato ad approfondire perché i passi non sono importanti. Importante è
quello che senti e che trasmetti al pubblico. Oggi come oggi, alcune cose si sono un po’ perse. I coreografi guardano all’esecuzione perfetta del passo e non vedono oltre. Un ruolo che le è rimasto nel cuore? Sono stata fortunata perché ho ballato solo coreografie che mi piacevano e che ho scelto. Se devo sceglierne una, penso “La luna”, la coreografia che più mi rappresenta. Mi corrisponde come modo di essere. La sua vena leggermente malinconica, un po’ come sono io, il bianco e nero. Mi ritrovo molto in questa coreografia perché mi sento anche io così, sensibile, sensitiva,
capto le cose, mi espongo e mi ritraggo quando comprendo che non è il caso di espormi troppo. Essere premiata oggi qui a San Marino, la cittadina simbolo della libertà. Quanto si può esprimere con la danza e quanto è stato importante per lei esprimersi attraverso la danza? La danza ti dà la possibilità di essere te stessa e di sentirti libera. Puoi esprimere tutto quello che hai dentro. E’ un modo per fare uscire le proprie paure, per comunicare. In palcoscenico sei libero. Libero di essere te stesso. Parliamo dei giovani. Cosa è più importante spiegare, insegnare, a chi devono ispirarsi,
MARGHERITA WALLMANN • È stata una regista molto attiva alla Scala negli anni 50/60. • Nata a Vienna il 22 Giugno 1904, è morta al Principato di Monaco il 2 Maggio 1992. • Studia a Vienna, a Berlino, si perfeziona a Parigi con Olga Preobrajenska ed entra nel Corpo di Ballo dell’Opera di Monaco di Baviera. • Cadde accidentalmente in una botola e si fratturò l’anca. Da quel momento la sua carriera artistica cambiò direzione. • Diventò dapprima coreografa, tra l’altro è stata la coreografa personale di Maria Callas, e successivamente è diventata regista e ha firmato innumerevoli produzioni. • La sua ultima produzione risale al 1987 prodotta per l’Opera di Montecarlo, Il cavaliere della rosa”di Richard Strauss.
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ma soprattutto quali prospettive può offrire la danza? Le prospettive le lascio a lato, perché la vita da un momento all’altro cambia. Si cresce mano a mano che uno fa’ le esperienze. Ripeto spesso ai giovani, fai il tuo percorso e vediamo dove riuscirai ad arrivare. Ogni giorno in libertà mi affaccio alle cose che mi accadono, alle persone che incontro, alle opportunità che mi vengono proposte. Queste sono le prospettive e questo discorso è valido anche per me. Importante lasciare qualcosa e far capire che i maestri sono importanti. Un buon maestro ti insegna per la vita e quando hai imparato, devi essere tu stesso a condurre il gioco, sei tu che devi scegliere per te stessa. Quello che per me è importante è lasciare qualcosa, un’emozione. Sono fondamentali i maestri perché da loro apprendi
MICHA VAN HOECKE • Ballerino, coreografo e regista è nato a Bruxelles il 22 Luglio 1944 ed è morto il 7 Agosto 2021 a Roma. • Studia con Olga Preobrajenskaya a Parigi e inizia a recitare in alcuni film. • Nel 1960 entra a far parte della Compagnia di Roland Petit e successivamente nel Ballet du XXe siècle di Maurice Bejart. • Diventa Direttore artistico del Mudra di Bruxelles e continua la sua collaborazione artistica con grandi danzatori e registi. • Ha intensificato dagli anni ’90 i suoi rapporti con il Ravenna Festival, dove ha debuttato come regista d’opera. Ha vissuto e lavorato durante i suoi ultimi anni di vita prevalentemente in Italia.
e ti rimane per tutta la vita, ma poi devi decidere tu cosa fare. La danza non deve esser copiata. Tu guardi, impari da quelli che ti hanno preceduta, ma poi devi trovare te stessa, devi comprendere quello che è giusto per la tua personalità, devi costruire il tuo modo, il tuo mondo, la tua danza, il tuo cammino. MAURICE BÉJART Non è im• Figlio di un filosofo, Gaston Berger, nasce a Marsiglia l'1 portante che il gennaio 1927, è muore il 22 Novembre 2007 a Losanna. pubblico esca • Si è appassionato alla danza assistendo a uno da teatro e dica spettacolo di Serge Lifar. Ha debuttato all’età di 14 anni ha fatto due, all’Opéra di Parigi e successivamente ha lavorato con quattro piroette Roland Petit. Ha creato meravigliose e indimenticabili oppure guarda coreografie. come alza la • Nel 1960, fonda la sua prima compagnia il Ballet du gamba a 180°, XXe siècle e successivamente a Losanna ha creato il questo non è Béjart Ballet Lausanne. l’essenziale. Ha accolto danzatori di alto livello provenienti da Importante è riogni parte del mondo a cui richiedeva una grande petere che quanpadronanza della tecnica accademica e un’apertura, do sei in scena, una capacità di adattamento, alle nuove tendenze neoclassiche che lui stesso prediligeva. • Cultore dello spettacolo nel suo insieme, ha mescolato l’universo musicale, lirico teatrale e coreografico fondendo potenzialità e bellezza dei solisti, illuminando contemporaneamente, con le coreografie d’insieme, il corpo di ballo. • Béjart ha contribuito alla nascita della danza moderna e dalle sue scuole sono usciti generazioni di coreografi e danzatori che hanno contribuito alla diffusione del contemporaneo in tutta l’Europa. • I suoi capolavori sono la “Symphonie pour un homme seul” del 1955 e “Le sacre du Printemps” del 1959 (entrambe con musiche di Igor Stravinskij) e il “Bolero” di Maurice Ravel.
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dici a te stessa, io sono qui, sono me stessa, voglio emozionarmi e trasmettere la mia emozione a voi, al pubblico in sala. Questo è il pensiero che voglio lasciare. Il suo futuro. Cosa vorrebbe ancora fare? Non lo so. Non mi chieda del futuro. Uno cammina e vede cosa accadrà. Vedrò dove andrò. Sono sempre proiettata verso il futuro. Non mi sono mai fermata a “qui, oggi e subito”. Sono aperta a qualsiasi esperienza. Non mi pongo mai un programma e un limite. Nella vita è tutto un divenire. Oggi sono qui ho conosciuto persone nuove, ho visto questo teatro che non conoscevo, riceverò un premio alla carriera. Vediamo. Io sono aperta a tutte le esperienze perché mi piace lasciarmi sorprendere. Grazie Luciana! • RS
SPETTACOLI
La grande fuga della Pozzolis Family
ALICE MANGIONE E GIANMARCO POZZOLI TORNANO INSIEME SUL PALCO CON UNO SPETTACOLO TUTTO NUOVO
LO SPETTACOLO The Pozzolis Family tornano insieme sul palco con uno spet-
IL SOCIAL
Inquadra il QRcode per il profilo Instagram della Pozzolis Family
© Virginia Bettoja
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educi dalla seconda stagione del Comedy Show LoL - Chi Ride è Fuori e dopo il successo del tour d’esordio A-Live! Perché Sopravvivere ai Figli è una Cosa da Ridere!, che ha registrato il tutto esaurito nel 2019, THE POZZOLIS FAMILY annunciano le date primaverili del tour La grande fuga in partenza il 5 maggio. Dai social network, che li hanno consacrati tra i più importanti family influencer in Italia, ai libri, agli spettacoli teatrali: THE POZZOLIS FAMILY - Alice Mangione e Gianmarco Pozzoli e i due figli Giosuè e Olivia raccontano la loro vita quotidiana e trattano tematiche correlate al mondo della genitorialità con un tono assolutamente veritiero, ironico e irriverente, decisamente lontano dagli stereotipi della “famiglia perfetta”.
tacolo tutto nuovo che unisce musica, stand up, canzoni; uno show unico dove il divertimento è una catarsi liberatoria. Ne La Grande Fuga il teatro è una zona franca in cui lasciarsi andare, sfogarsi e ridere delle proprie fragilità. Alice e Gianmarco si fanno portavoce del bisogno che tutti hanno di lamentarsi. Basta con le lamentele a mezz’asta, con la timidezza, con la paura di sembrare sempre il solito rompicoglioni pessimista, con i “Ma sì, dai, in fondo tutto bene”. Tutto bene un ca**o! Ne La Grande Fuga ci si sfoga ridendo, facendo a gara a chi si lagna di più, cantando, improvvisando, ballando e buttando fuori tutto tutto, senza differenziata, senza vergogna, senza freni, come prefiche… soprattutto se si ha la scenografia giusta. I Pozzolis mettono la testa fuori dalla melma per primi, trascinando il pubblico dietro di
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loro. E voi siete pronti a seguirli? + FUGA, - SFIGA! IL TOUR DI MAGGIO Gli spettacoli porteranno il duo a Como (Teatro Sociale, 5), Varese (Teatro di Varese, 12), Bologna (Teatro Celebrazioni, 20), Milano (Teatro Nazionale, 21), Brescia (Teatro Morato 25), Trento (Auditorium Santa Chiara, 29) e Belluno (Teatro Comunale, 30). Per info e biglietti: www.vivoconcerti.com • RS
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SPETTACOLI
I Gemelli di Guidonia e il loro Tre x
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IL TRIO MATTATORE DELL'ULTIMA EDIZIONE DI TALE E QUALE SHOW TORNA IN TEATRO CON UN NUOVO SPETTACOLO
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ulla scia del grande successo dello spettacolo Tre per 2 Tra Radio e Tv, i Gemelli di Guidonia tornano a grande richiesta in teatro con due date speciali a Roma (tenutasi il 28 aprile scorso, al Teatro Olimpico, dove sono tornati dopo il “sold out” dello scorso 2 dicembre) e a Milano il 18 maggio, al Teatro Repower): queste sono le prime importanti città di un lungo tour nazionale. LO SHOW Condotto dai fratelli (non ‘gemelli’) Pacifico, Gino ed Eduardo Acciarino, è un mix frizzante e divertente basato sull'ironia musicale, tra gag e imitazioni esilaranti e coinvolgenti. I vincitori dell’ultima edizione di Tale e Quale Show hanno come marchio di fabbrica la capacità di cogliere le infinite possibilità che offrono le 7 note, finanche le inclinazioni comiche. Lo spettacolo intreccia tanta musica e comicità coinvolgen-
IL SOCIAL
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale dei Gemelli di Gudonia
ti. Racconta la loro storia, fin da quando, ancora bambini, cantavano e facevano imitazioni. E, come sempre, un occhio all’attualità, che nelle mani e nelle voci dei Gemelli di Guidonia diventa occasione per ridere e per giocare insieme al pubblico. Non mancheranno poi aneddoti riferiti ai grandi protagonisti della televisione, dalla quale ogni
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settimana danno vita a performance straordinarie. Un modo per conoscere i cantautori del passato e del presente, interpretati e… avvicinati con grande rispetto. Divertimento, dunque, e tante emozioni, accompagnati da un trio di voci che si intersecano in maniera perfetta. I Gemelli di Guidonia, un talento moltiplicato per tre. • RS
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SPETTACOLI
Lillo & Greg due super eroi molto particolari!
LA COPPIA REGINA DEL SURREALE RITORNA CON UN UPGRADE DELL’ULTIMO GRANDE SUCCESSO GAGMEN!
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n super varietà firmato Lillo&Greg composto da cavalli di battaglia e novità assolute: da cult teatrali come L’Invito a cena o Occhio a rubriche radiofoniche come Che, l’hai visto? o Normalman; da sketch televisivi ormai storici come I provini per arri-
IL VIDEO
Inquadra il QRcode per l'episodio 1 di Gagmen - I giustizieri della città
vare alle nuove fantastiche avventure dei Giustizieri dell’universo! Una miscela esplosiva che ancora una volta porta in teatro la sintesi perfetta della comicità unica del Duo: arguta, sottile, colta, esilarante e decisamente spettacolare come
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solo Lillo&Greg sanno fare! Una lettura della realtà colta e intramontabile che non teme confronti stilistici o temporali grazie al suo stretto legame con le attitudini umane più viscerali e per questo immutabili e sempre attuali. • RS
Riflettori su...
MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO
I nostri
contributors
CHRISTINE GRIMANDI PRODUCTION ORGANIZATION AND CASTING DIRECTOR
SIMON LEE
MAURIZIO TAMELLINI
MUSIC SUPERVISOR E DIRETTORE D’ORCHESTRA
DIRETTORE ARTISTICO FESTIVAL DEI 2 MARI DI SESTRI LEVANTE
GIANMARIO CAVALLARO MAESTRO DI CORO E DIRETTORE D’ORCHESTRA
CLAUDIA ROSSI & ANTONELLA LAZZARETTI
MASSIMILIANO FUSCO WEDDING & BALLET PHOTOGRAPHER
DOCENTI FORMATRICI
ANGELA VALENTINO MAKE UP ARTIST
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Quotidiano on line www.silviaarosio.com
LUCA VARANI GIORNALISTA MUSICALE E BLOGGER DI SONAR
Digital Edition 63 www.issuu.com/silviaarosio
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IL DANZATORE
Evgenij
Polyakov: Genia,
la "sua" danza in
terra italiana
IL DIRETTORE ARTISTICO DEL "FESTIVAL DEI 2 MARI" E DEL " SAN MARINO DANCE FESTIVAL" SI RACCONTA.
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grafò diversi titoli del repertorio classico, ma quello che rimane ancora adesso nei ricordi di quei giorni, fu la sua splendida Giselle, con Elisabetta Terabust e Rudolph Nureyev. Dopo qualche anno, Nureyev propose a Polyakov un contratto come maître de Ballet e répetiteur all'Opera di Parigi, mentre era Direttore del corpo di ballo. Vi rimase per quasi sei anni e quando Rudy lasciò l 'incarico al Palais Garnier, vi rimase come co/direttore del corpo di ballo insieme all'étoile Patrice Bart.
© Romano Paoleschi e proprietà di Vladimir Kara - per loro gentile concessione
ra il 1978 e il Teatro Comunale di Firenze indette un'audizione per la stagione di danza per il corpo di ballo del Maggio Musicale Fiorentino. Io mi ero appena congedato dal servizio militare e volevo riprendere velocemente la mia vita di danzatore e scelsi Firenze, perché mi avevano parlato di un bellissimo corpo di ballo, giovane, dinamico e di un Direttore del corpo di ballo russo bravissimo. Lui arrivava a Firenze già con un'esperienza personale come maître de Ballet al Teatro la Fenice di Venezia. Coreo-
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Evgenij Polyakov era davvero un grande maestro di danza, un grande conoscitore e storico della danza. Per diversi anni aveva insegnato alla Scuola del Teatro Bolshoj e aveva danzato i ruoli principali del grande repertorio ballettistico nel Teatro dell'Opera e Balletto di Novosibirsk. Iniziai nell'autunno di quell'anno a provare i suoi balletti insieme al corpo di ballo. Avevano tutto il sapore e la cultura della sua terra, anche se lui cercava un suo stile personale anche nel rimontare i grandi balletti di repertorio. Aveva una grande conoscenza e un ammirevole rispetto per la coreografia, che nei suoi quaderni pieni di segni, riferimenti e scritte in cirillico, meticolosamente sfogliava. Penso che Firenze sia stata per Lui veramente una casa, perché ci tornò dopo quasi 5 anni di assenza, da Parigi, nel 1988. Ribattezzò il corpo di ballo del Maggio Musicale Fiorentino in Maggio Danza e creò diverse coreografie appositamente per la Compagnia. Ricordo i suoi consigli, le sue correzioni sull'impostazione corretta della schiena, le sue classi di danza, correzioni
di Maurizio Tamellini
che ho messo a frutto e forse il merito lo devo a Genia se vinsi l'audizione pochi mesi dopo per entrare nell'organico del corpo di ballo della Scala. In quegli anni per la danza in Italia, e non solo, erano anni d'oro, c'era lavoro per tutti i danzatori, esistevano 13 Enti Lirici con i suoi corpi di ballo stabili, in televisione nascevano nuovi programmi come: Fantastico, Aboccaperta, Il cappello sulle 23, insomma un sorgere di nuove sfide televisive. Anche Polyakov coreografò per il corpo di ballo estratti da Sleeping Beauty, Tema e variazioni e molti altri. Danzavamo in Teatro per le scuole, la matinée, poi la sera facevamo lo spettacolo. Anche il corpo di ballo allora era pieno di giovani talenti, eravamo arrivati in un Teatro d' Opera, ma per il balletto era diverso. Lui sapeva cosa significasse quella spinta giovanile con le energie giuste per arrivare al traguardo che Egli si era prefissato. Eravamo una bella squadra, tutti uniti verso il nostro Maestro, orgogliosi di Lui, delle sue scelte artistiche. Andavamo a mangiare in Via Borgo
CHI È MAURIZIO TAMELLINI...
• Inizia i suoi studi accademici nel 1974 a Verona, sua città natale. Entra all'Accademia Nazionale di Danza di Roma, nel Gruppo Stabile A.N.D., nel Ballet Classique de Paris, Arena di Verona, Teatro Comunale di Firenze e nel 1980 nel corpo di ballo del Teatro alla Scala per quasi 30 anni. • Solista del Ballet National de Marseille R.Petit. Direttore Artistico Danza del Balletto di Varese, del Teatro V.Alfieri di Cast./Garfagnana (Lu), Performing. A.A. Moveon di Milano e dal 2020 del Festival dei 2 mari di Sestri Levante (Ge). • Firma per la danza, i costumi per Workshop con il Teatro alla Scala e una t-shirt per la linea Porselli" Prende parte a diversi programmi televisivi su RAI2 e a numerose altre interviste su varie piattaforme. Maitre de ballet e Presidente di Giuria in prestigiosi Concorsi di danza nazionali e internazionali. • Nel 2019 pubblica il suo primo libro,Nonsola(mente)danza. Collabora con scuole e Accademie, promuove stage, rassegne, master-class, lezioni private e prepara allievi/e per audizioni e Concorsi.
Ognissanti in una trattoria, "da Armando”: era il nostro ritrovo quando era possibile con Genia. Danzatrici come Marga Nativo, Anna Berardi, Enrica Guerra (che aveva già danzato al Teatro la Fenice di Venezia con il Maestro), Rino Pedrazzini, Oreste Vacca, Philip Beamish, Johnny Kariono, Daniela Buson e Marcello Angelini che hanno fatto la storia in quegli anni, lasciando con Lui e attraverso di Lui, un segno indelebile che ancora adesso risuona senza mai scalfirne il passato. Rividi Evgenij alla Scala per rimontare il Don Quixote, con la coreografia di Nureyev per la tournée che facemmo con la
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Scala al Teatro Bellini di Catania. Non lo incontrai mai più, ma seguivo il suo lavoro in Teatro tramite il danzatore e amico Rino Pedrazzini. Qualche anno fa, è nata in segno di riconoscenza e di affetto verso il maestro, l'associazione "Evgenij Polyakov”, fondata dalla danzatrice Enrica Pontesilli che ne è stata per qualche anno la Presidente, passata poi ultimamente a un'altra danzatrice, Silvia Brioschi, con l'intento di conservare la memoria e di valorizzare il suo prezioso lavoro come uomo, artista, maestro e coreografo conosciuto ed apprezzato nel grande panorama ballettistico internazionale. • RS
DIDATTICA
La
Danza del corpo
e nel corpo Sensibile
UNO SGUARDO SULL'AZIONE FORMATIVA COME LABORATORIO DI RICERCA SPERIMENTAZIONE E PARTECIPAZIONE DIDATTICA
alla danza in una prospettiva diversa. Qui il corpo è un luogo di conoscenza: fare esperienza sensibile dell’avere ed essere un corpo ci permette di sviluppare il concetto di cinestesia, cioè il “sentire di muoversi”, sentire il proprio corpo come un tutto, capace di relazionarsi continuamente tra la realtà interiore ed il mondo esterno. Il corpo non è puro esecutore di “ordini” mentali, ma ha esso stesso la capacità di interpretare e di organizzare il sensibile, è una forma di pensiero non verbale. La danza ci mostra in prima istanza che il nostro corpo, quando è in movimento, è capace di produrre senso e significati non linguistici, che è capace di pensiero, è intelligente, di una intelligenza prevalentemente senso-motoria/cinestetica. Il corpo danzante è dunque un corpo sensibile che, all’interno di un costante processo creativo, è in grado di proiettare l’immaginazione personale nel movimento
© Fabio Marcato
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iflettere sull’esperienza sensoriale del corpo che danza è una proposta complessa. In questa visione, l’apprendimento della danza si basa più sulla ricerca di una consapevolezza motoria rivolta a sviluppare e affinare capacità di ascolto e percezione, piuttosto che di imitazione e riproduzione del movimento. Se i danzatori sollecitano le loro capacità sensoriali - visive, tattili, uditive - e fanno emergere da queste sensazioni “stati del corpo”, diventano in sostanza esploratori del movimento e del sentimento, perché fondamentalmente, tra sentimento e movimento tende a stabilirsi un rapporto profondo di coincidenza. Si tratta dunque di andare a ricercare un gesto profondamente “estetico” nel senso etimologico della parola (aisthesis = percezione sensibile), un gesto che restituisca ai sensi e al corpo il loro valore poetico. Un approccio di questo tipo ci invita a guardare e a pensare
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Antonella Lazzaretti
Claudia Rossi
rendendolo Arte. È proprio a partire da questi concetti che è nata l’esigenza di un’esperienza di pedagogia del movimento danzato fin dalla prima infanzia. Un’esperienza estetica assoluta probabilmente è possibile solo ai bambini e alle creature primitive, soggetti liberi di godersi le sensazioni date da una forma di percezione pura, non filtrata attraverso nessun’altra considerazione se non il valore intrinseco dell’esperienza stessa. (M. N. H’Doubler, (1940) Danza. Un’esperienza artistica creativa, a cura di Viti E., Gremese, Roma, 2017, p. 153). Parlare di pedagogia del movimento nella prima infanzia signi-
di Claudia Rossi e Antonella Lazzaretti
CHI È CLAUDIA ROSSI
fa e coreografa per televisione, teatro e cinema. Laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma per l’insegnamento delle discipline coreutiche, indirizzo Danza Contemporanea. • Grande è l’attenzione verso la Pedagogia della Danza intesa come continua ricerca ed evoluzione del movimento e della sua trasmissione. • Svolge una intensa attività di insegnamento con stage e corsi di formazione professionale e aggiornamento insegnanti su territorio Nazionale.
fica individuare le modalità più adatte per stimolare nel bambino una motricità spontanea, che utilizzi il corpo come strumento di conoscenza, relazione e comunicazione espressiva ed emotiva, i sensi per acquisire coscienza di sé e degli altri, dell’ambiente e dello spazio. Non si tratta dunque di proporre un’imitazione del movimento, ma di costruire un luogo stimolante e creativo in cui si respiri il senso artistico del gesto danzato. Siamo partiti dal concetto montessoriano di “mente assorbente”, ovvero la capacità del bambino di apprendere in maniera inconscia mediante l’esperienza sensibile del corpo nell’ambiente. Durante le lezioni, il gesto espressivo viene utilizzato come forma di comunicazione e interazione con il bambino, anche
© Fabio Marcato
• Danzatrice, assistente coreogra-
attraverso l’osservazione e la riproposta del movimento spontaneo. Il senso del tatto viene stimolato dall’uso di materiali di forma e consistenza diverse che il bambino può toccare, manipolare, muovere, sperimentando gesti, azioni e qualità di movimento. Stimoli visivi lo incuriosiscono e lo invitano a spostarsi nello spazio mentre rumori, suoni o silenzi lo portano ad ascoltare, muoversi o fermarsi. Non parliamo dunque di una
danza in senso tradizionale, ma di un’indagine profonda sulle origini del movimento a partire da percezione, sensazione e relazione, su quell’intelligenza motoria che si manifesta attraverso la creatività. Un percorso che richiede tempo e grande preparazione sugli aspetti metodologici, pedagogici e artistici dell’insegnamento della danza. • RS
CHI È ANTONELLA LAZZARETTI
• Danzatrice, insegnante, laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza per l’insegnamento delle discipline Coreutiche, indirizzo danza contemporanea. • Dal 2017 è docente a contratto nel progetto EducANDo in Danza, Accademia Nazionale di Danza. • È membro del consiglio direttivo della DES, Associazione Nazionale Danza Educazione Società. • Svolge un’intensa attività di insegnamento della danza in differenti contesti educativi e in numerosi corsi di formazione per insegnanti sul territorio nazionale.
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IL DIRETTORE D'ORCHESTRA
Il giusto mix di qualità per "dirigere"
ALLA SCOPERTA DI UNA DELLE FIGURE PIÙ ICONICHE DELLA MUSICA
N
el numero precedente ho parlato della figura del direttore d’orchestra cercando di far capire quale è il suo compito e come si approccia nei confronti dei Musicisti per ottenere i risultati voluti. Partiamo dal presupposto che una vera e propria tecnica definita per dirigere non esiste. Infatti ciascun apprendista nel corso degli anni dedicati allo studio, cerca un modo per lui efficace, capace di far comprendere a tutti ciò desidera ottenere da un’ esecuzione. Per prima cosa è importante avere l’opportunità di lavorare con delle orchestre. Può sembrare un'affermazione banale ma purtroppo negli ultimi anni questa occasione non viene spesso data a coloro i quali desiderano apprendere la via della direzione. Voglio fare un esempio: è ovvio che per preparare grandi piatti il cuoco deve potersi esercitare in cucina, così come l’atleta ha
bisogno di fare esercizi mirati che lo portino a raggiungere gli obiettivi e così via di seguito. Oggi il problema grande sta nel fatto che le orchestre con cui sarebbe utile lavorare per far crescere i Maestri sono sempre meno…. Proviamo a pensare ai giovani che dopo un lungo percorso affrontato con passione e sacrificio escono dai Conservatori e non trovano ambienti nei quali avviare la loro professione… Non è un aspetto marginale, tutt’altro, ne limita la crescita e l’ambita realizzazione professionale. Pertanto la cosa fondamentale per il Direttore d’Orchestra è proprio poter fare pratica. In secondo luogo avere dei riferimenti stilistici e dei modelli a cui ispirarsi, almeno all’inizio. Eccomi subito con l’esempio di due grandissimi Maestri Ita-
The conductor, Christopher Westfall
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liani: Riccardo Muti e Claudio Abbado. Possiamo dire due personalità completamente diverse tra loro ma sicuramente entrambe eccelse. Il modo di “leggere” una partitura tra uno e l’altro è completamente diverso e di conseguenza lo è anche il risultato del prodotto finito. Questo perché? La risposta sta nel fatto che hanno sensibilità differenti, gesto differente, approccio sulla Musica scritta e sull’orchestra differente. Vi è poi il gusto personale che deve sempre e comunque rispettare la volontà del Compositore ma lascia la cosiddetta libertà di interpretare una pagina sinfonica, un'opera, un concerto mettendoci la propria impronta. Diventa interessante mettere a confronto come i due Direttori lavorano su una Quinta Sinfonia di Beethoven dove le note scritte sono uguali per tutti ma il risultato sonoro e quindi le atmosfere create appaiono completamenti differenti all’ascoltatore attento. Ciò dipenderà, come dicevamo da fattori legati all’emotività
del M° Gianmario Cavallaro The conductor, Jim Rodgers
del Maestro ed alla sua capacità di trasmettere un pensiero a tutti i componenti dell’orchestra convincendoli a fare secondo le sue idee. Quando parlavo di prendere talvolta a modello alcuni “grandi” del podio intendevo appunto ascoltare, osservare e cercare di capire quale degli stili e delle tecniche adottate risultano essere più vicini e compatibili alla sensibilità espressiva dell’apprendista direttore. Anche il repertorio fa la differenza. Si può pensare che se il Maestro ha conseguito quel titolo accademico o comunque ha svolto un percorso con una preparazione che lo ha portato a
saper gestire un'orchestra, Cori e cantanti questi possa tranquillamente dirigere qualsiasi lavoro. Non è vero! La scelta dei vari repertori influenza molto il modo di agire di colui che regge la bacchetta. Si pensi alla Musica Sinfonica: qui l’elemento della melodia è affidato ai vari strumenti che si passano il testimone regalando all’ascolto timbriche diverse, fusioni di colori creati da un utilizzo particolare degli stessi così come pensato dal Compositore. Se però passiamo all’Opera Lirica le cose cambiamo: in questo caso spesso l’Orchestra deve accompagnare le melodie che sono affidate alle voci dei can-
CHI È IL M° GIANMARIO CAVALLARO
• Direttore d’Orchestra, Maestro di Coro, Direttore Musicale di Opera & Ballett Swiss, Balletto di Milano, Fondazione Arteatro e Calma Art Mtu delle quali è presidente il M° Carlo Pesta. • Diplomato presso il Conservatorio di Parma, si perfeziona con il M°Romano Gandolfi. Per 10 anni Maestro del Coro presso la Fondazione Teatro Coccia di Novara, debutta come direttore d’orchestra con il Balletto di Mosca in Versiliana per la prima Nazionale de “Il lago dei cigni”. Da qui prosegue l’attività direttoriale realizzando Opere, Balletti e Concerti in tutta Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera,Turchia, Svezia, Estonia, Polonia, Russia, Canada, Brasile alla guida di importanti formazioni Orchestrali e Corali. • Si esibisce con successo in occasione di Festivals Internazionali. Dirige in Teatri quali: Il Teatro degli Arcimboldi (Milano), Teatro Comunale (Bologna), Teatro Verdi (Trieste), Teatro Bellini (Catania), Teatro Puccini (Torre del Lago), Teatro Capranica (Roma), Teatro Donizetti (Bergamo), Teatro Coccia (Novara), Teatro Gesualdo (Avellino) ed altri. All’estero in Teatri quali: Teatro Du Leman (Ginevra), Centro Culturale Russo (Tallinn), Saaremaa Opera Festival, Teatro Pedro II (Riberao Preto). Tiene concerti in parecchie Città come: Toronto, Sao Paulo, San Pietroburgo, La Ciotat, Istambul, Dresda, Montecarlo, Vienna, Ginevra, Zurigo, Umea...
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tanti solisti e del Coro. Si rende necessario gestire l’Ensemble sonoro con altri criteri. Anche con il Balletto le cose cambiano molto: qui il sinfonismo è decisamente molto fitto perché gli artisti sul palcoscenico raccontano la vicenda attraverso il solo movimento del corpo e perciò la Musica assume un ruolo molto importante Infine possiamo affermare che anche le varie letterature dei Periodi storici costituiscono motivo di differenze nella direzione d’orchestra. affrontare una Pagina Barocca significa produrre un suono tipico di quel
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Gianmario Cavallaro tempo con uno stile che ben si colloca nell’epoca. Diversa la gestione dei gruppi orchestrali quando si suonano lavori del periodo Classico o più ancora quando si arriva all’800, al Romanticismo ecc… Non può essere la stessa cosa… Vale dunque la pena capire fin da subito che è necessario studiare bene gli stili, le sonorità e tutte quelle differenze che sono tipiche delle Composizioni realizzate in Epoche diverse. Spero di interessare il lettore con queste poche informazioni che girano intorno a questa carismatica figura. Nel prossimo numero parlerò del rapporto del Direttore d’Orchestra con i Cantanti e con il Coro. • RS
Riflettori s Quando lo scatto diventa " spettacolare"!
UN TUFFO NEL MAGICO MONDO DELLA FOTOGRAFIA DI SCENA...
MAGAZINE DI CULTURA E SP
Storie ed emozion
salgono sul palco
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Sfoglia i numeri del magazine al link WW 70
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IL SITO
n noi! Inquadra il QRcode per il suo sito internet
WW.ISSUU.COM/SILVIAAROSIO 71
LA TRUCCATRICE
Il fascino senza tempo
del make up giapponese
IN VIAGGIO CON LA MAKE UP ARTIST ANGELA VALENTINO NEL MONDO DEL TRUCCO ARTISTICO
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e tradizioni asiatiche sono sempre state molto affascinanti per la cultura occidentale. Anche per quanto riguarda il make up. Il Giappone, soprattutto, si contraddistingue per delle tecniche di maquillage facciale molto particolari, così come particolare è il risultato che le donne ottengono, dedicando tanto tempo alla propria estetica. Truccarsi non è solo emblema di bellezza e miglioramento del proprio costume tradizionale. Il senso del bello, pur essendo stato contaminato negli ultimi anni dal contatto con l’occidente, si mantiene molto vivo nel fare quotidiano delle donne nipponiche e nel make up viso. Le donne giapponesi si sono sempre contraddistinte per il loro desiderio di raggiungere alti canoni di bellezza. Già prima degli anni 1000, le intenzioni femminili iniziano ad essere quelle di ricreare un colore di pelle quanto più chiaro possi-
bile. Le donne dipingevano il loro viso utilizzando una polvere bianca chiamata oshiroi. Un’abitudine questa ampiamente diffusa soprattutto tra le nobili donne. Secondo alcune testimonianze, le donne passavano ore a realizzare il loro make up, e prima ancora di applicare i colori, dedicavano altrettanto tempo alla skincare e alla bellezza della pelle. Questo perchè il trucco, così come il rifacimento estetico, erano considerate buone norme di galateo. La donna doveva rimanere così acconciata dalle prime ore del mattino e per tutto l’arco della giornata, notte inclusa. Anche dopo aver fatto un bel bagno caldo, il trucco doveva rimanere intatto. Il make up era un momento intimo e privato, non lo si realizzava davanti agli altri, tanto che ancora oggi molte donne sono restie, ad esempio, a ripassare cipria e rossetto in treno, tra i pendolari. Il trucco giapponese è sempre stato espressione di discrezione, modestia e di abnegazione. Lentamente però, tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, prende forma una nuova moda, soprattutto nelle città di Osaka, Kyoto e Edo (l’odierno Tokyo). Le donne iniziano a frequentare i teatri kabuki, e
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qui si innamorano degli abiti e del trucco sfoggiato dagli attori e dalle belle cortigiane. Inizia così uno stile nuovo, un make up alternativo, dove il nero, il rosso e il bianco cominciano a fare da padroni. Il nero viene usato perché nuance tipica elegante e simbolo di splendore. Si sposava bene con i capelli neri delle donne nipponiche, tanto che queste ultime iniziarono a colorarsi anche i denti dopo il matrimonio e si depilavano le sopracciglia dopo aver avuto un figlio. Non possiamo nascondere il fatto che nella cultura estetica giapponese, si è sempre contraddistinta la figura della Geisha, emblema della nazione e status symbol del make up nipponico. Si tratta di un’artista, cultrice di musica, di canto, di tradizioni, ma portatrice di eleganza e di massimi canoni estetici. Oggi suo gesto rievoca alla mente grazia e bellezza, e il trucco è ciò che la contraddistingue dalle altre donne giapponesi. Farsi il trucco da Geisha è un vero e proprio rituale, detto oshiroi make up. La donna
di Angela Valentino
CHI È ANGELA VALENTINO • Angela Valentino una giovane
Make up artist italiana con una forte inclinazione per le arti del makeup. • La sua passione è iniziata con le arti dello spettacolo durante il liceo artistico. Laureata in Scenografia e costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e diplomata in Truccatore artistico alla BCM Cosmetics di Milano. Successivamente, ha lavorato per diversi teatri, televisione, cinema e moda. • Ha vinto due premi come miglior truccatrice a Los Angeles e a New York. Ora vive da sei anni a New York.
maschera, nel vero senso della parola, la sua identità usando colori intensi e modificando considerevolmente il proprio viso. Ancora oggi la tecnica usata per truccarsi rispecchia fedelmente quella della tradizione giapponese. In primis, la Geisha intinge le mani in una cera profumata, detta bintsuke e la cosparge sul suo viso e sul collo, per facilitare poi la stesura degli altri prodotti. A questo punto passa l’applicazione dell’oshiroi, il fondotinta bianco, a base di polvere
di riso e acqua mescolate fino a diventare una pasta bianca. La base bianca si stende con un pennello e con una spugnetta per evitare che si formino striature sulla pelle. Sul collo viene poi applicato del fondotinta, eccezion fatta per la scollatura a V del decolletè, che deve rimanere naturale e incontaminata, perché considerata sensuale dai giapponesi. In secondo step, si passa al trucco occhi, realizzato con un pigmento rosso che viene steso sfumandolo e che rappresenta la vera essenza delle Geisha. Più il rosso è marcato e meno la geisha risulta esperta. I l make up degli occhi è definito dal nero, sia per le sopracciglia, ricalcate usando una matita, che per gli occhi, definiti con eyeliner e mascara. Si prosegue con le labbra che vengono marcate con un colore rosso in-
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tenso, creato appositamente per il trucco da Geisha. Si tratta del Kyo beni, anche detto rosso di Kyoto. Si utilizza un pennellino molto sottile per stenderlo, e le labbra vengono rimpolpate in base all’esperienza: infatti, le neofite possono colorare solo il centro del labbro inferiore, mentre il colore pieno viene concesso solo a chi ha finito il percorso di apprendimento. Il maquillage si conclude usando una parrucca e acconciando i capelli. Con addosso un Kimono, la Geisha è pronta.. • RS
LO SCENOGRAFO
Alla scoperta dei segreti del
Teatro
Balocco di Vetriano
IL PRODUCTION DESIGNER E "ARCHITETTO DELL'EFFIMERO" RACCONTA I "TESORI" ITALIANI
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rosegue il nostro lungo viaggio alla scoperta dei teatri del nostro bellissimo paese e nuove perle sempre da scoprire. E questo nonostante le cattive notizie riguardanti i fronti di guerra che al momento non sembrano avere degli spiragli di pace e con una pandemia che fortunatamente sta un po’ rallentando: cerchiamo noi tutti di trovare il coraggio di tornare a una vita che assomigli il più possibile alla quotidianità antecedente l’avvento del virus. Ma tuffiamoci nel mare della cultura e troviamo la nostra perla di questo mese: vi farò scoprire un nuovo piccolo gioiello teatrale, addirittura scritto nella pagina del libro dei
Guinness dei primati per la sua infinitamente piccola dimensione. Stiamo parlando del Teatrino di Vetriano. Ci troviamo sull’Appennino che sfiora Lucca. Immaginate che, nel lontano 1889, un ingegnere di nome Virgilio Biagini decise di donare alla comunità del piccolo paese un fienile da adibire a teatro. Allora gli abitanti, per lo più contadini, decisero di autotassarsi prima di 2 lire e poi di 50 centesimi, per la costruzione di questo piccolo gioiello. Grazie al contributo di tutti, nel giro di un anno il teatro era pronto. Nel 1890 l’inaugurazione e, di seguito, nel teatro recitavano i paesani stessi con testi scritti da loro. Era normale prassi portarsi la sedia per assistere allo spettacolo. La vitalità del teatro di quei periodi fu davvero importante: con tanto di filodrammatica e filarmonica, si alternavano anche commedie e drammi. Ma tutte le magie prima o poi sono destinate a finire: infatti, negli anni 60 cominciò il
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decadimento del teatro, dovuto anche al fatto che i suoi membri cominciarono a disperdersi, le decorazioni pittoriche a lesionarsi e degli usi non consoni portarono la sala al decadimento generale. Ma, grazie alla FAI, il teatrino rifiorì nel 1997: di base era stato ben concepito e quindi anche il restauro, attento alla dovizia dei particolari, ha ri-
CHI È ANTONELLO RISATI • Assistente Scenografo: 2000
teatro Buonanotte Mamma regia L. Salveti; 2001 teatro Otello regia G. Del Monaco; 2002 teatro Tancredi regia M. Gasparon; 2003 teatro Proserpine regia M. Gasparon; 2003 teatro Orfeo regia M. Gasparon; 2015 teatro Una coppia in provetta regia G. Corsi; • Scenografo: 2006 Premiere del film animato The Wild (Disney), 2017 Design Area Kids Family Hotels, 2018 teatro Romeo e Giulietta regia M. Iacopini. 2019 teatro La leggenda di Thor regia A. Ronga 2021 Design Wellness Manini Group 2022 Design Themed Area Bosco delle Favole
di Antonello Risati
IL VIDEO
Inquadra il QRcode e guarda i suoi lavori portato alla luce un vero scrigno con tutti i suoi gioielli. Quali? La scala a chiocciola in stile Liberty che conduce alle balconate e allo gnomo reggi lampione. Oppure, le balconate in legno dipinte e decorate con maschere, ghirlande e stemmi che ci riportano ai teatri delle favole e dei giochi per bambini. Forse lo spirito era proprio questo: un grande giocattolo, dove gli adulti di allora ritrovavano quella magia dei sem-
plici balocchi che avevano da bambini. Alcune parti, quindi, si salvarono, come il sipario di cotone dipinto con allegorie alle arti... Si salvarono anche 4 fondali che rappresentavano scene diverse come un bosco, un interno, la piazza ed una reggia. A volte basta poco per creare la magia… Visitabile tutti i giorni, ma non dimenticate di prenotarvi presso la custode che ovviamente è discendente dell’ingegner Biagini, colui che diede inizio a questa fantastica storia! Alla prossima! • RS
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PAROLE D'ARTISTA
Ossip Zadkine:
la città distrutta
NELLE PAROLE DELLO SCULTORE RUSSO TROVIAMO L'ATROCITÀ E LA CRUDELTÀ DELLA GUERRA
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n questo periodo dove troviamo così presente di nuovo la guerra in Europa, mi sembra importante portare la testimonianza di un artista russo, Ossip Zadkine, nato nel 1890 nella città di Smolensk. L’artista giunge a Parigi ad appena diciannove anni e conosce personaggi del calibro di Picasso, Leger, Delaunay, Apollinaire... Sedotto dal Cubismo e dalla sua semplificazione geometrica, volle ridurre l’immagine ad un rigore essenziale. Anche lui fu uno degli artisti che, a causa della guerra e in questo caso dell’occupazione in Francia, trovò esilio negli Stati Uniti. A guerra finita crea il suo capolavoro più importante, La città distrutta, che scaturì proprio da un viaggio in treno nel 1947, passando in una periferia devastata e sconvolta della città di Rotterdam. Leggiamo questo racconto dalle sue parole: «Avevo preso il treno, un giorno del '47, per Deume, nel Brabante Settentrionale... Ma, durante il viag-
gio, quando il treno si fermò a Rotterdam, dal finestrino del mio scompartimento non vidi il grande paesaggio urbano che mi era familiare. Davanti a me si stendeva una tetra pianura senza case. Tutto era raso al suolo. Soltanto si potevano riconoscere le tracce dei marciapiedi e dei selciati, uniche testimonianze delle strade ch'erano scomparse insieme con
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la città. Mi ricordai del primo bombardamento perpetrato dall’aviazione hitleriana che aveva distrutto una parte della città, mostrando al mondo ciò di cui era capace. Tra i selciati feriti, qualche pianta grigia e anonima tentava di vivere, lambendo l'acqua salmastra di qualche rivolo tortuoso. Era una visione sinistra e deprimente. Il resto del viaggio ne fu avvelenato... Rientrato a Parigi, ho mo-
di Antonello Risati
dellato nella creta il progetto di una statua dove tentavo di esprimere insieme il disastro e l'orrore di Rotterdam come l'avevo vista. Poi, nello stesso anno, accettando l'invito a partecipare ad una mostra organizzata a Berlino sugli orrori della guerra, mandai questa terracotta, che mi ritornò a pezzi... Ma il ricordo di Rotterdam distrutta e l'idea di fame una scultura tuttavia non mi abbandonava. Al contrario: cresceva in me, mi assediava, finché un giorno la feci: una scultura di un metro, che rappresentava un corpo umano distorto per le esplosioni, ma che si ribellava con ogni membro funzionale che gli restava: con la sua figura spezzata e le braccia protese al cielo, la mia "cosa" scolpita esprimeva con forza il suo orrore e il suo furore contro i pensieri e le azioni indegne degli uomini che avevano provocato la guerra.» Testimonianze che l’arte cerca di far ricordare, affinché non si ripetano, ma purtroppo, qualche volta, in qualche punto del mondo, ricomincia questa triste e dolorosa storia... Alla prossima! • RS
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INCONTRI RAVVICINATI
Un nuovo punto di vista da... dietro le quinte!
IN CINQUE SEMPLICI DOMANDE OGNI SCENOGRAFO DOVRÀ RACCONTARE LA PROPRIA ESPERIENZA SUL CAMPO
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ella rubrica “incontri ravvicinati” questo mese abbiamo l’onore di scoprire l’arte grande maestro Massimo Gasparon, scenografo costumista e regista. Sono stato suo assistente e grazie a lui ho scoperto la modernità del classico e il gusto per le opere e le molteplici possibilità scenografiche che possono offrire. Ma facciamoci raccontare nelle famigerate 5 domande tutta la sua arte e la sua poetica. Come è iniziata la passione per l’arte ed il teatro? In realtà non ricordo un periodo particolare in cui mi sia sorta la passione per l’arte. Direi che fa parte della mia coscienza e che da sempre fin da bambino ho mostrato una grande predisposizione per le attività artistiche, il disegno, la recitazione, l’interazione con gli altri attraverso modalità artistiche Il teatro ha preso forma nella mia vita verso i 15 anni e poi attraverso un concorso di scenografia che vinsi a 20 anni al Teatro alla Fenice, mi avvicinai all’ope-
ra. Credo che uno degli spettacoli che più mi impressionarono fu la Semiramide di Rossini messa in scena dal Maestro Pizzi nel 1992 per il bicentenario della Fenice. Ho studiato anche canto lirico al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e questo mi ha permesso di capire molto meglio la psicologia dei cantanti sul palco. Il tuo percorso nella lirica parte prima da scenografo e costumista per arrivare alla regia: come ha preso forma. In realtà inizialmente mi sono concentrato nell’essere principalmente scenografo poiché ho una formazione da architetto e sono molto sensibile alla modulazione dello spazio e alla tridimensionalità. In seguito ho scoperto come il costume sia una micro architettura e che servano particolari competenze per realizzarlo proporzionato e coerente con il progetto scenografico. Subito compresi che la regia era in realtà a monte del progetto e che senza saperlo la studiavo già
Aida di G. Verdi
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Massimo Gasparon
nel progettare scenografie. L’opera come espressione artistica totale e sintetica permette di raggiungere una unità creativa fantastica: Pittura, architettura, scultura, musica, parola, danza sono tutte componenti essenziali del melodramma e permettono una sintesi artistica unica. L’amore per la classicità si ritrova nelle tue scenografie: spiegaci la tua poetica negli spettacoli lirici che allestisci. Non è mai facile ed obiettivo parlare della propria attività artistica, ma credo che la cultura classica sia per me sinonimo di cultura. Nel senso che l’immaginario artistico e culturale che si formò a partire dall’ellenismo di Alessandro Magno per raggiungere l’apice con la romanizzazione del mediterraneo, formino quella koinè fondamentale per ogni europeo. L’ellenismo è nelle mie ven. Quando da bambino andavo a giocare in piazza San Marco, non capivo ma già trovavo la Biblioteca Marciana e il suo colonnato porticato, così bello e familiare.
di Antonello Risati
Solo in seguito avrei capito che Venezia rifletteva questo ellenismo rinascimentale e si rifaceva ad Alessandria d’Egitto e a Costantinopoli. In un certo senso la poetica dei miei spettacoli nasce dalla mia vita, dalle mie emozioni, dalle mie esperienze, dalle mie passioni. Non potrei seguire altro criterio per creare: sono un uomo mediterraneo, permeato di ellenismo e romanità classica. La stessa repubblica di Venezia si rifaceva alla repubblica romana antica… come diceva Carlo Levi il futuro ha sempre un cuore antico. Sferisterio di Macerata è un palcoscenico unico nel suo genere: parlaci di un tuo allestimento in questa splendida cornice. Gli anni in cui ho lavorato allo Sferisterio di Macerata mi hanno permesso di realizzare moltissimi allestimenti in questo spazio unico e difficile. Traviata, Rigoletto, Tosca, Francesca da Rimini, Aida, Attila sono stati spettacoli importanti per me. Decisamente sono molto legato a Francesca da Rimini, uno spettacolo raro da mettere in scena. Ho avuto la fortuna di lavorare con la grandissima e compianta Daniela Dessi all’apice della sua carriera, suo marito Fabio Armilliato, e tanti altri colleghi straordinari. Sono stato invitato da Katia Ricciarelli quell’anno e ho concepito uno spettacolo grandioso, con una cupola rotante centrale che permetteva cambi a vista incredibili.
Francesca da Rimini di R. Zandonai
Ho voluto trasportare la vicenda in una Rimini bizantina, dove i costumi erano tratti liberamente dai mosaici di Giustiniano e Teodora. Devo dire che son o rimasto particolarmente soddisfatto del risultato finale che si può anche apprezzare in un video che la Rai trasmette spesso su Rai 5. Io solitamente sono molto esigente con me stesso, ma a volte ammetto che riesco a raggiungere un risultato artistico soddisfacente. Cosa ne pensi delle nuove tecnologie, applicate alla scenografia? Il futuro della lirica sarà legato alla loro integrazione con la classicità? Credo che in tutte le epoche l’innovazione tecnologica sia fondamentale per lo sviluppo delle tecniche teatrali: Bernini usò tutte le possibilità tecniche del 1600 sia nelle sculture, nelle architetture Tosca di G. Puccini
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e anche nelle sue scenografie ed allestimenti teatrali, perfezionate poi dai Bibbiena, e da tutti gli scenografi e scenotecnici che nel 1800 portarono la nostra arte all’apogeo. La tecnologia è sempre benvenuta in ogni attività artigianale ed artistica, ma non si deve confondere il mezzo con il fine. Il teatro e l’opera sono attività poetiche, legate ad una dimensione intellettuale dell’uomo. Non hanno necessità di risorse infinte per raggiungere il proprio scopo: la sintesi artistica e poetica ha bisogno di idee, di talento, di una visione d’insieme che pochi hanno. Una scenografia immensa e dotata di effetti speciali da colossal, non necessariamente garantisce il successo della produzione, anzi spesso lo allontana e rende tutto molto macchinoso. Il nostro lavoro di uomini di teatro deve mantenere la leggerezza del pensiero e farci volare da una scena all’altra, senza limiti, in piena comunione con la musica e il canto. Io credo che ogni mezzo debba essere sempre piegato alla ragione ultima dello spettacolo, e l’emozione vola più libera se non rimane imprigionata in una selva di tralicci, pilastri e praticabili inutili. Il mio unico obiettivo è servire lo spettacolo e lo spettatore, senza mai smettere di partecipare emotivamente alla messa in scena. • RS
MOSTRE
L 'arte di raccontare le storie senza tempo
FINO AL 25 SETTEMBRE, LE SALE DI PALAZZO BARBERINI A ROMA OSPITANO UNA UNA MOSTRA UNICA PERMETTE DI SCOPRIRE I SEGRETI DEI CLASSICI DELL'ANIMAZIONE TARGATA DISNEY
Biancaneve e i sette nani, 1937
C'
era una volta Walt Disney, un pioniere nell’arte dell’animazione. Il suo innovativo approccio creativo allo storytelling ha creato alcuni dei film più belli e famosi del Ventesimo Secolo, tra cui Biancaneve e i Sette Nani, Pinocchio e Fantasia. La mostra presenta preziose opere originali provenienti dagli Archivi Disney di questi immortali lungometraggi e di altri celebri film dei Walt Disney Animation Studios, tra cui Hercules, e La Sirenetta, fino al più recente film d’animazione Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle, creato da una nuova generazione di artisti e cineasti tuttora profondamente
ispirati all’eredità di Walt Disney. LA MOSTRA NEL DETTAGLIO Il percorso racconta al visitatore i capolavori di Walt Disney riconducendo le storie – che tutti noi siamo abituati a conoscere nella versione disneyana – alle antiche matrici di tradizione epica: sono i miti, le leggende medievali e il folklore, le favole e le fiabe che costituiscono da secoli il patrimonio archetipico narrativo delle diverse culture del mondo, un vero e proprio melting pot tra i diversi continenti. Queste sono anche le sezioni tematiche della mostra, in cui trovano collocazione le sto-
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rie più famose da cui sono stati tratti i film Disney e vengono presentate in chiave narrativa
IL SITO
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di Daniele Colzani
attraverso l’esposizione dei bozzetti preparatori di ricerca creativa, incentrati sull’esplorazione di personaggi, ambientazioni e trame narrative. Il grande sforzo innovativo degli artisti di Disney fu infatti – e lo è tutt’oggi – quello di portare queste storie al cinema utilizzando diversi strumenti artistici, dal disegno a mano – elemento fondativo del lavoro negli Studios – all’animazione digitale, per captare l’essenza delle favole antiche e rivitalizzarle, attualizzandone il valore universale. L’animazione infatti è un medium artistico che permette di rappresentare le diverse narrazioni con immediatezza. Sin dall’inizio, Walt Disney e la sua équipe lavorarono su queste tematiche, dando aspetti e sentimenti umani agli animali e agli oggetti delle favole, alle fate e ai nani delle fiabe, con una tale naturalezza e verosimiglianza che rapidamente raggiunsero un successo planetario. Con uno studio molto dettagliato dei comportamenti umani e animali, gli artisti della Disney hanno creato negli anni dei personaggi universalmente noti come Topolino e Paperino. Miti e leggende di dei ed eroi,
La Sirenetta, 1989
favole di animali, racconti di cavalieri, streghe, maghi e principesse assumono le fattezze dei cartoni animati: da Robin Hood a La Spada nella Roccia a I Tre Porcellini, da Hercules a Pinocchio, Biancaneve e i Sette Nani, La Bella Addormentata nel Bosco, Cenerentola, La Sirenetta, fino a Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle. Mentre il valore simbolico delle storie nei decenni è rimasto intatto, sono le tecniche di produzione a essersi evolute.
Robin Hood, 1973
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Questa è la seconda chiave di lettura del percorso della mostra, che racconta al pubblico come nasce un capolavoro di animazione, il ‘dietro le quinte’ di alcuni dei più grandi film d’animazione di tutti i tempi firmati Disney, entrando nel vivo dello studio e del processo artistico. Ci vogliono infatti mesi e anni di lavoro di un’intera équipe coordinata da un regista per produrre un film d’animazione: un processo creativo lento, continuativo e molto meticoloso che,
Pinocchio, 1940
da un’idea iniziale, costruisce un intero film attraverso migliaia di immagini che via via prendono vita. In mostra il visitatore potrà ripercorrere l’elaborazione dell’intero processo creativo dietro le quinte di un racconto Disney. Si inizia da un’idea, un concept di storia e si sviluppa un plot narrativo. Si creano quindi i personaggi. Ogni singolo personaggio che animerà la storia viene ‘visualizzato’ dai creativi Disney e, ancor prima che il nostro eroe (o il cattivo, o l’aiutante) abbia il volto e le fattezze che siamo abituati a riconoscere nel film, se ne immaginano gli occhi, i capelli, gli abiti e le movenze più iconiche, ottenendo così fogli e fogli di bozzetti preparatori e maquette tridimensionali in cui lentamente il personaggio prende vita. Il lavoro del team viene supervisionato da un direttore artistico. Con lo stesso procedimento creativo e sotto la sua guida si definiscono le ambientazioni. Svariate le tecniche artistiche utilizzate (che prevedono disegno a grafite, matite colorate e
pastelli, carboncini, acquerelli, tempere, acrilici, collages): la computer grafica, che oggi assiste nello studio e nella realizzazione delle scene di un film, è solo l’evoluzione di quelle tecniche tradizionali, e riguarda soprattutto i successivi step di animazione e colorazione, oggi realizzati mediante processi digitali. Trasformando centinaia di migliaia di immagini una
dopo l’altra in fotogrammi, si crea il film. La terza chiave di lettura della mostra consente una interpretazione personale e sperimentale della grande e creativa arte dello storytelling. Il visitatore viene incoraggiato a diventare egli stesso un narratore e potrà percorrere le sale della mostra non solo come spettatore passivo di contenuti, ma come attore protagonista degli stessi. L’obiettivo è infatti quello di costruire il proprio racconto, che si comporrà in un piccolo ‘libretto’ da portare con sé a casa. Attraverso postazioni interattive e un allestimento che evoca gli scenari dei grandi capolavori dell’animazione Disney, sarà lo stesso percorso di visita a fornire i ferri del mestiere di ogni storyteller. Sala dopo sala ognuno potrà sperimentare gli elementi strutturali fondamentali per dare vita a qualsiasi narrazione – ambientazione, personaggi, plot narrativo – fino a provare l’emozione di immedesimarsi nel lavoro di un artista dell’animazione attraverso le stesse tecniche dei Disney Studios. • RS
Cenerentola, 1950
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2 ome C
FESTIVAL DEI a 5 Edizione WWW.FESTIVALDEI2MARI.COM
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25-29 LUGLIO 2022 Ex Convento dell'Annunziata
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MOSTRE
Vittorio Gassman: in mostra un gigante del Novecento OLTRE 1.000 METRI QUADRI PER RACCONTARE L’ATTORE, IL REGISTA, LO SCRITTORE, IL MAESTRO Amleto, 1952 Prestito Museo Biblioteca Teatrale SIAE
© Museo Biblioteca dell’Attore di Genova
C
elebrare il centenario di Vittorio Gassman attraverso una grande mostra, la prima che a lui sia mai stata dedicata, significa rendere omaggio a un protagonista dello spettacolo e della cultura, un gigante del Novecento profondamente radicato nell’immaginario collettivo, uno dei personaggi italiani più amati dal pubblico. Campione di talento, versatilità, perfezionismo maniacale e carisma, Vittorio Gassman è stato attore, regista, scrittore, maestro, innovatore dotato di una cultura smisurata, eccellente tanto sul versante drammatico quanto nella commedia. La sua è stata una carriera eclettica in grado di spaziare tra cinema, teatro, tv, poesia. Rendendo possibile il miracolo di cui sono capaci solo i grandi: coniugare la cultura alta con lo spettacolo popolare.
IL SITO
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LA MOSTRA Oltre 1.000 metri quadri espositivi per raccontare l’attore, il regista, lo scrittore, il maestro. Attraverso materiali privati inediti e testimonianze professionali, immagini e materiali audiovisivi di prima mano, curiosità e oggetti personali, la mostra ripercorre l’intera parabola umana e artistica di Gassman che per tutta la vita inseguì l’eccellenza in tutti i campi, compreso lo
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sport. E racconta nei dettagli la sua carriera, la famiglia, le donne, i figli, le utopie, i premi, i trionfi e le criticità, mai nascoste ma vissute dall’attore come tappe, sia pure dolorose, del proprio percorso. Il pubblico, che ha amato tanto il protagonista de I Soliti ignoti quanto l’impareggiabile interprete di Shakespeare, incontrerà il “Mattatore” negli anni gloriosi dell’Accademia d’Arte Drammatica,
di Daniele Colzani
ripercorrerà i suoi inizi nei teatri milanesi, il lavoro prestigioso nella compagnia di Luchino Visconti. E il successo ottenuto nel cinema quando, insieme con Alberto Sordi, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi tra gli anni Sessanta e Ottanta sarebbe stato uno degli attori più popolari e più amati, un “colonnello della risata” capace di assicurare i massimi incassi nell’epoca d’oro in cui la commedia teneva in piedi l’industria. La mostra è il racconto di questo grande artista che parte dai momenti più importanti della sua vita privata - attraverso foto inedite e numerosissimi oggetti – e prosegue con il teatro dove vengono presentate diverse importanti pièce a fare da guida nella sua immensa attività teatrale. Tra i tanti materiali di scena, primo fra tutti il grande cavallo di legno di Mario Ceroli realizzato per il memorabile Riccardo III di Luca Ronconi. Sorprenderà rivedere dal vivo la mitica auto Lancia Aurelia B24S de Il Sorpasso, e sentire il suo inconfon-
dibile clacson risuonare con le immagini che scorreranno dietro, facendo rivivere i momenti più significativi del film di Dino Risi che quest’anno compie 60 anni: culmine della sezione dedicata al cinema, dove il visitatore - attraverso
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le immagini e tanti oggetti può ripercorrere le tappe più significative di una carriera lunga 130 film che lo vedono protagonista E ancora: la Tv, con gli spettacoli televisivi che sono rimasti nella storia, e la sezione dedicata alla sua
passione per la poesia - che non smette mai di celebrare in teatro e in tv - e la letteratura, culminata nell’autobiografia Un grande avvenire dietro le spalle. IL PERCORSO ESPOSITIVO Il racconto di Gassman attraverso la mostra si dipana in quattro sezioni espositive: IL TEATRO, IL CINEMA, LA TELEVISIONE, LA POESIA E LA SCRITTURA. Si parte dalle tappe più significative della sua vita privata – le mogli, i figli. Tante le foto intime fornite dai familiari, o le lettere d’amore scritte a mano a Diletta d’Andrea, come la richiesta di matrimonio. Si racconta anche la passione per lo sport: Gassman arrivò a giocare nella Nazionale di basket, ma poi lasciò tutto per studiare all'Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico. Un quaderno con foto e articoli raccolti dalla madre racconta tutta la sua carriera sportiva. Ad aprire il percorso del teatro c’è il suo baule di scena da cui escono metaforicamente
una quantità di materiali ricchissimi e vari, parrucche, cappelli, costumi, tra cui quello di Otello e di Macbeth. Si rivivono momenti di grande recitazione grazie a preziosi filmati: vediamo Gassman recitare Amleto e Otello, ma accanto a questo la sua testimonianza di cosa vuol dire interpretare i personaggi di Shakespeare. E poi documenti, foto, registrazioni di ogni tipo, e oggetti di culto. Preziose sono le foto di scena realizzate da Diletta d’Andrea che per essere vicino a Vittorio nelle lunghe tournée, ricoprì diversi ruoli, tra cui quello di fotografa di scena: di questo straordinario reper-
La Lancia Aurelia del film lI sorpasso
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torio, in parte inedito, spicca il materiale di uno degli ultimi spettacoli degli anni ’90, l’Ulisse e la balena bianca di cui si possono vedere i disegni dell’impianto scenico di Renzo Piano. Tra gli importanti spettacoli raccontati spicca Camper, con Alessandro Gassmann al fianco spesso del padre che lo volle nella sua “Bottega”, la scuola che aveva aperto nel 1977 (tra le curiosità allo spettacolo partecipò anche Jacopo Gassmann bambino); o anche lo spettacolo Sette giorni all'asta che segnò l'apertura del Teatro Tenda di Piazza Mancini, dove Vittorio recitò in una maratona teatrale di sette giorni. Un infinito e sterminato repertorio teatrale e cinematografico quello di Gassman e per raccontarlo la mostra si focalizza su quindici spettacoli teatrali e quindici film, scelti tra i tanti per restituire l’ecclettismo del grande artista. Il racconto della sua prolifica carriera cinematografica
passa attraverso i tre grandi registi con cui ha lavorato maggiormente: Scola, Monicelli e Risi, ma è documentata anche la parentesi di Hollywood dove in un filmato vediamo Vittorio definire i film americani come 'vaccate'. Si va poi dagli oggetti più pop e divertenti come i costumi de L'armata Brancaleone, o quelli di Il deserto dei tartari e Guerra e pace, alle foto e i fotogrammi numerosissimi e alle interviste particolari come quella di Carlo Mazzarella a Gassman e Sordi sul set in trincea de La grande guerra. A chiudere la sezione dedicata al cinema la mitica Aurelia del Sorpasso, di cui sente il clacson risuonare e, nelle immagini che scorrono dietro, il volto inconfondibile di Vittorio. Segue la sezione dedicata alla televisione con una proiezione dove vengono mostrate le sue “ospitate”, da Studio Uno con Mina nel '65, dove cantano insieme L'uomo per me, o la Canzonissima, dove
Il costume del film L'Armata Brancaleone
lui è ospite con la madre per recitare insieme i passi de La Divina Commedia (fu proprio lei a portarlo alla decisione di fare l'attore perché da piccolo era chiuso e introverso). Imperdibile Vittorio che prende in giro se stesso nel programma Tunnel leggendo l'elenco del telefono e un menù come se stesse leggendo La Divina Commedia. Infine, la parte dedicata alla poesia dove si po-
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trà ascoltare Gassman mentre recita alcuni tra i suoi componimenti preferiti e una sezione speciale a parte che mostra una serie di disegni su Vittorio fatti dal pubblico e postati su Instagram. La mostra si chiude narrativamente con il documentario Sono Gassman! Vittorio re della commedia di Fabrizio Corallo che racchiude l’universo Gassman. • RS
MOSTRE
Il talento da ritrattista di
Bryan Adams
LA MOSTRA PRESENTA VENTOTTO FOTOGRAFIE DI GRANDE FORMATO DI PROTAGONISTI DEL MONDO DELLO SPETTACOLO, DELLA MODA E DELL’ARTE
F
ino al prossimo al 9 luglio 2022, da Leica Galerie Milano, in via Giuseppe Mengoni 4 (ang. P.zza Duomo), la mostra Exposed celebra il talento di Bryan Adams, rocker tra i più acclamati a livello globale, che negli ultimi vent’anni si è costruito una solida fama come fotografo che lo ha portato a firmare l’edizione 2022 del Calendario Pirelli e a ritrarre personalità quali la Regina Elisabetta II d’Inghilterra. La mostra, curata da Anke Dagenhard e Denis Curti, presenta ventotto opere di grande formato che approfondiscono proprio la sua carriera da ritrattista. Per l’appuntamento milanese, gli scatti di Bryan Adams si concentrano su protagonisti del mondo dello spettacolo, della musica, della moda e dell’arte, da Amy Winehouse a Ben Kingsley, da Kate Moss a Mick Jag-
Ben Kingsley
ger, da Pink a Lindsay Lohan, da Morrissey a Michael Jackson a molti altri ancora. Ai tradizionali ritratti in studio si contrappongono quelli meno convenzionali che testimoniano il rapporto di grande complicità che Adams è riuscito a instaurare con i suoi modelli - sono spesso amici di lunga data - e a scavare nella natura più intima delle celebrità. In ogni immagine si percepisce la forte presenza del fotografo; l’obiettivo della macchina fotografica di Bryan Adams non crea una barriera tra sé e la persona ritratta; la sua grande
Mickey Rourke
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di Daniele Colzani
capacità è proprio quella di superare la distanza e abbracciare idealmente il soggetto. RITRATTO DELL'ARTISTA Bryan Adams (Kingston, Canada, 1959) ha raggiunto uno straordinario successo musicale globale, fin dagli anni ottanta. Dopo un inizio da autodidatta, è diventato fotografo professionista verso la fine degli anni ‘90, specializzandosi in ritratto e foto di moda. Gioco facile per lui incontrare le star, suoi colleghi. E così ha fotografato attori, modelle, cantanti, celebrità di tutto il mondo, da Mickey Rourke a Kate Moss, da Amy Winehouse a Mick Jagger, da Sir Ben Kingsley a Lana Del Rey, firmando anche un celebre ritratto della Regina Elisabetta II, finito su un francobollo canadese. Bryan Adams ha pubblicato cinque libri di fotografia: Ame-
rican Women (2004) che propone i ritratti di alcune influenti donne americane vestite Calvin Klein, Exposed (2012), Untitled (2015), dedicato ai suoi scatti astratti. Nelle sue foto, Adams riesce ad abbinare la dimensione estetica a quella etica, come testimoniano i volumi Wounded – The Legacy of War (2013) con le immagini di giovani soldati inglesi pesantemente feriti e mutilati durante la guerra in Iraq, e Homeless (2019) dove le sue fotografie dirette, compassionevoli e ricche di dignità, raccontano la storia di alcuni senzatetto. Le sue campagne pubblicitarie sono state utilizzate da Hugo Boss, Guess Jeans, Sand, Converse, Montblanc, Omega, John Richmond, Fred Perry, Escada, Windsor, Kaldewei, Jaguar e OPEL.
Kate Moss
Amy Winehouse
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Bryan Adams
Il suo lavoro è stato pubblicato anche su British Vogue, L’uomo Vogue, American Vanity Fair, Harper’s Bazaar, British GQ, Esquire, Interview Magazine e i-D. È uno dei fondatori della rivista Zoo Magazine, con sede a Berlino, per la quale pubblica regolarmente le sue fotografie. • RS
ANTEPRIME
La saga di Star Wars è da oggi in
4K
uhd
LE NUOVE TECNOLOGIE PERMETTONO LA VISIONE DEL KOLOSSAL DI GEORGE LUCAS CON UNA DEFINZIONE VIDEO MAI VISTA
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tar Wars, la leggendaria saga Lucasfilm che appassiona i fan di tutto il mondo da più di 40 anni, è disponibile con una nuova collezione per rivedere tutti gli episodi con la perfezione e la potenza del formato 4K La Morte Nera
UHD. La raccolta è composta da tre diversi box set in edizione limitata che racchiudono le tre iconiche trilogie: la trilogia prequel che dà inizio all’avventura spaziale, la trilogia originale in cui gli eroi si ribellano per salvare la Galassia, e la trilogia sequel con i film finali della saga di Skywalker. Oltre alle scene dei film da vedere e rivedere, i box set includono anche tutti i contenuti extra di ciascun titolo, tra cui le scene eliminate ed estese, le interviste ai protagonisti, i documentari esclusivi e tanti altri approfondimenti con il cast e i filmmaker per
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ripercorrere la storia di Star Wars dalle origini a oggi. CONTENUTI Ecco di seguito i contenuti extra presenti in ogni titolo: • La Minaccia Fantasma Episodio I Conversazioni: Doug Chiang guarda indietro / Scoperte dall'interno: modelli e miniature / George Lucas sulla rivoluzione digitale / Documentario: L'inizio / La corsa di sgusci: montaggio cinematografico / Scene tagliate ed estese / Interviste • L'Attacco dei Cloni - Episodio II Conversazioni: suoni nello spazio / Scoperte dall'interno: costumi svelati / L'arte de L'attacco dei cloni / Do-
di Daniele Colzani Il Millennium Falcon di Han Solo
cumentario: Dai pupazzi ai pixel: i personaggi digitali in Episodio II / Documentario: I film non vengono distribuiti: scappano / Episodio II: analisi del montaggio degli effetti visivi (Siggraph Reel) / Scene tagliate ed estese / Interviste • La Vendetta dei Sith Episodio III Conversazioni: lo Star Wars che quasi fu / Scoperte dall'interno: ologrammi ed errori / Scene tagliate ed estese / Interviste • Una Nuova Speranza Episodio IV Conversazioni: creazione di un universo / Scoperte dall'interno: armi e la prima spada laser / Contenuti storici Trailer di lancio di Star Wars / Scene tagliate ed estese / Interviste • L'impero Colpisce Ancora - Episodio V
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Star Wars
Conversazioni: le interviste perdute / Scoperte dall'interno: mascherini svelati / Una conversazione con i Maestri / Dennis Murren: come camminano i Camminatori / Scene tagliate ed estese / Interviste • Il Ritorno dello Jedi Episodio VI Conversazioni: Gli effetti speciali / Scoperte dall'interno: i suoni di Ben Burtt / Scene tagliate ed estese / Interviste • Il Risveglio della Forza Episodio VII Segreti de Il Risveglio della Forza / Il Risveglio della Storia: La Lettura a Tavolino / Creazione delle Creature / Costruzione di BB-8 / Progetto di Battaglia: Il Combattimento nella Neve / ILM: La Magia Visiva della Forza / John Williams: La Settima Sinfonia / Scene eliminate / Forza per il Cambiamento • Gli Ultimi Jedi - Episodio VIII Il Regista e i Jedi / L'Equilibrio della Forza / L'Analisi delle Scene / Andy Serkis Live! (Solo per Una Notte) / Scene tagliate ed estese / Interviste • L'Ascesa di Skywalker – Episodio IX L'eredità di Skywalker / Pasaana: creare l'inseguimento degli speeder / Alieni nel deserto / D-O: chiave del passato / Warwick e figlio / Cast di creature. • RS
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MOVIELAND
di Luca Varani
LE ULTIME PROPOSTE IN DVD E BLURAY PER RIVIVERE A CASA IL FASCINO DEL GRANDE CINEMA JACK REACHER
LOVE AND MOSTERS Una “deliziosa” disaster comedy - a tratti molto divertente e piena d'azione - diretta dal regista sudafricano Michael Matthews. Un giovane adolescente deve sopravvivere in un mondo post-apocalittico invaso da pericolosi mostri con l'aiuto di un esperto cacciatore. Il protagonista, credendo di aver perso tutte le persone che ha amato, scopre che la sua ex fidanzata (Jessica Henwick, già vista ne Il trono di spade) si trova a 80 miglia da lui. Riuscirà a ricongiungersi a lei?
L’ex investigatore militare Jack Reacher (Tom Cruise) esce dalle pagine del romanzo best-seller di Lee Child per comparire sul grande schermo in questo thriller esplosivo e pieno di azione mozzafiato. Quando tutte le prove dell’omicidio di cinque persone portano a qualcuno che si proclama innocente, un solo uomo ha l’abilità di scovare i veri colpevoli. La legge ha i suoi limiti, ma non Jack Reacher. Disponibile in cofanetto con bluray 4K Ultra HD e secondo che contiene anche molti extra.
BLOODTHIRSTY Se vi piacciono le storie dei lupi mannari... questo film fa al caso vostro! Si tratta di una rivisitazione del genere, raccontata attraverso il personaggio di Grey, una cantante indie con un album d'esordio di grande popolarità. L'invito ricevuto da parte di un produttore di successo nella sua casa in mezzo ai boschi, le darà modo di capire che in lei sta avvenendo una trasformazione... mostruosa. Diretto da Amelia Moses con Lauren Beatty e Greg Bryk. Un'inedita chiave della licantropia al femminile che funziona!
IL TITOLO SOTTO I RIFLETTORI... UN EROE - Regista, produttore e sceneggiatore, Asghar Farhadi - due volte Premio Oscar - è uno degli uomini simbolo del cinema internazionale. Con Un eroe, Farhadi torna con un nuovo, imperdibile film, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes e candidato ai Golden Globes come miglior film straniero. La trama: Rahim è in prigione a causa di un debito che non è riuscito a ripagare. Approfittando di un permesso di due giorni, cerca di convincere il suo creditore a ritirare la denuncia versandogli una parte della somma dovuta. Ma le cose non vanno secondo i piani. Una storia avvincente, fra dilemmi, speranze, delusioni e istanze di riscatto sociale. • RS
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ANTEPRIME
di Antonello Risati
Zorro al ritmo dei Gipsy Kings
UN INEDITO MUSICAL PER L’ITALIA VA IN SCENA A MIRABILANDIA, IL PARCO DIVERTIMENTI RAVENNATE
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l mitico personaggio mascherato, conosciuto da tutti con il nome di Zorro, approda direttamente al fantastico parco divertimenti di Mirabilandia, importato dalla Stuntmanshow, nel fantastico Teatro Pepsi. La Stuntmanshow è già protagonista nel Parco, con i suoi Stuntman e l’acclamato spettacolo Hot wheels city - la nuova sfida, che prevede acrobazie che propongono ogni volta numeri strepitosi e al limite della forza di gravità! Tornando al nostro Don Diego de la Vega, il Musical arriva in esclusiva dagli USA con la regia di Marco Giony, in veste anche di produttore della Stuntmanshow Productions e le coreografie curate da Mattia Ferretti. Zorro è l’unico musical mascherato che riporterà in scena le atmosfere e le musiche di un gruppo leggendario come i Gipsy Kings. Mirabilandia mette a disposizione i suoi cantanti e il suo
corpo di ballo: il leggendario eroe mascherato viene rappresentato in una storia che comincia in Spagna, dove troviamo un giovane Don Diego de la Vega che ha terminato gli studi lontano da casa e si unisce a un gruppo di gitani. Qui, Don Diego si innamora perdutamente della stupenda gitana Ines. Questo fantastico idillio itinerante d’amore viene interrotto in maniera brusca e triste, da una notizia che sconvolge il nostro protagonista: la morte di suo padre nella sua casa natia a Los Angeles.
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Le pessime notizie per Diego non finiscono qui: il fratello Ramon ha preso il posto del defunto padre come sindaco della città, imponendo la sua tirannia. La giustizia chiama, e Zorro si farà trovare pronto per riportare nella sua città la normalità di un tempo: grazie alla sua spada e al suo mantello sarà protagonista di questa nuova avventura…. Questa storia dai toni ispanici in chiave moderna è un piatto da gustare insieme alle altre fantastiche pietanze di un parco come Mirabilandia, che offre divertimento e spettacoli di alto livello, da mettere subito in programma per una giornata piacevole e all’insegna della fantasia! • RS
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PERSONAGGI
Ho vinto il GFVip in Albania anche per la "mia" italia
ILIR SHAQIRI, EX BALLERINO DI AMICI E BUONA DOMENICA È STATO IL PROTAGONISTA DEL REALITY BIG BROTHER VIP
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er Ilir Shaqiri si è riaperta una stagione d’oro. Il famoso ballerino, già parte integrante del cast di Amici e C’è Posta per Te, attualmente ha trionfato nell’edizione albanese del Grande Fratello Vip. Doppio orgoglio: per la sua madre patria, ma anche per noi italiano che lo abbiamo tenuto a battesimo ai suoi esordi artistici. Ilir, essere l’albanese più famoso di Italia è una bella responsabilità. La vera responsabilità è essere un buon artista: uno che sia innanzitutto se stesso, che rispetti gli altri, che resti umile. Il mio compito è trasmettere emozioni e positività, valori che tengo presenti ad ogni passo di danza che faccio. Lo devo alla mia famiglia, quella di origine e quella che mi sono costruito, al Paese in cui sono nato e a quello che mi ha accolto. Ti aspettavi di vincere il Big Brother Vip Albania? Ho partecipato soprattutto per vivere un’avventura, misurarmi con me stesso e con i miei connazionali dopo trent’anni che vivo
in Italia: volevo capire a che punto fossi come uomo e come valori. Credo di aver avuto dalla mia soprattutto la generosità, la lealtà, la correttezza e la coerenza; tutti valori che alla lunga mi hanno premiato. Il mio obiettivo principale era arrivare in finale, e ce l’ho fatta: sono stato decretato finalista con un mese di anticipo, e più volte
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sono risultato preferito del pubblico. Un segnale importante mi arrivava da fuori la Casa e questo mi ha dato la forza per andare avanti e non mollare: sì, a un certo punto ho pensato che avrei potuto vincere. Qual è lo stato dell’arte della danza in tv? La danza in tv sopravvive, grazie a programmi come Amici e Ballando con le stelle. Nel frattempo i teatri stanno morendo e le grandi compagnie progressivamente sparendo, e con loro anche i sogni di migliaia di giovani che sognano un giorno di realizzarsi e danzare, non solo in tv ma soprattutto in teatro, perché è lì che vive la vera anima di un danzatore. Io ho avuto la fortuna di vivere entrambe le emozioni, perché nasco come primo ballerino del Teatro dell’Opera avendo studiato all’Accademia Nazionale di Tirana, e poi in Italia sono diven-
di Andrea Iannuzzi
IL SOCIAL
Inquadra il QRcode per il profilo Instagram di Ilir Shaqiri tato “Ilir, il ballerino di Amici e Buona Domenica”. ono due emozioni molto diverse, che danno ugualmente soddisfazione: in teatro, il contatto con il pubblico è più immediato, ma la popolarità che ti dà la tv è certamente più ampia. Sei sempre dell’idea di voler partecipare all’Isola dei Famosi? Il format dell’Isola mi è sempre piaciuto, sarà perché da piccolo ho vissuto in mezzo alle fatiche e all’avventura, in un’Albania completamente isolata in cui davvero bisognava lottare per la propria esistenza. Quindi sì, mi piacerebbe essere uno degli isolani che lottano per la sopravvivenza: per un programma del genere ci vogliono forza, carattere e spirito di sacrificio. Io l’ho sempre seguito e due cose mi dispiacciono più di tutte: che vengano chiamate persone che hanno già vissuto quell’esperienza e quando qualcuno getta la spugna, si arrende subito. Questa è una vera mancanza di carattere e di parola. Dell’Isola mi sono piaciute soprattutto le prime edizioni: mi piacque molto soprattutto il percorso di Sergio Muniz, che ha affrontato tutto con grande carattere e infatti poi vinse. E nella danza, c’è qualcosa che non hai ancora fatto e che vorresti fare?
Nella danza ho realizzato tanto, e tanto ancora c’è da fare: è un mestiere sempre più difficile, spesso sembra di essere in tunnel del quale non si intravede la luce, la via d’uscita. L’arte in generale è difficile, perché nei momenti di crisi è la prima cosa che viene lasciata in disparte, abbandonata quasi a se stessa, senza considerare che invece è vero e proprio nutrimento per lo spirito. Tuttavia sì, ho dei progetti: in Albania riproporrò un format che avevo già fatto anni fa, mentre a Roma lavorerò con i figli degli immigrati albanesi: voglio dare loro la possibilità di farsi valere. In generale mi sento assolutamente realizzato: ogni giorno è più bello del precedente. Quali sono le differenze tra la tv albanese e quella italiana? Fino a una trentina di anni fa, la differenza era abissale perché in Albania c’era un solo canale
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statale, che trasmetteva per quattro-cinque ore al giorno ed era funzionale alla propaganda social-comunista. Oggi i canali sono molti di più, le reti investono e producono con più decisione, e i format sono per certi versi molto simili a quelli in onda in Italia e su scala internazionale. Prendi ad esempio il Big Brother Vip: si tratta di un format internazionale che ha dato lavoro a circa 200 maestranze. La finale è stata ripresa con cinque regìe diverse ed ha raggiunto il 75% di share. Il Big Brother Vip è diventato così il programma più visto della tv albanese, e gli sponsor hanno fatto a gara per prendervi parte. Io sono felice di aver partecipato e di aver vinto; la vittoria la dedico ai miei genitori, a mia moglie Emanuela e mia figlia Emily che per tutta la durata del programma sono state le mie muse. • RS
INTERVISTA
Amadeus Quartet,
un cocktail "elettrizzante"
IL QUARTETTO D'ARCHI RUMENO È APPREZZATO NEL MONDO PER IL LORO CROSSOVER TRA CLASSICA ED ELETTRONICA
A
madeus Electric Quartet è uno dei quartetti elettrici interamente femminili più apprezzati in tutto il mondo. La loro costante e ingegnosa combinazione di elementi classici e moderni ha certificato questo gruppo come uno degli artisti più popolari nel regno della musica classica crossover. La loro missione è sempre stata quella di avvicinare i giovani
alla musica classica, ispirandoli a iniziare a imparare a suonare uno strumento. Amadeus è orgoglioso di essere un artista Yamaha Europe. Nel 2000, insieme al Bond Quartet,
BIANCA
sono state le prime al mondo a utilizzare una formazione di strumenti completamente elettrici per ottenere una perfetta fusione tra classico e moderno, creando così un nuovo stile mus i cale. Hann o guada-
LAURA
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di Daniele Colzani
gnato popolarità prima in Romania e molto presto sono diventati internazionali. Fino al 2010, hanno pubblicato cinque album con una grande etichetta e si sono esibite in tutto il mondo. Da allora, sono indipendenti. I dieci anni successivi sono stati pieni di tour internazionali e molti video musicali di successo. Questi erano per lo più in-
terpretazioni di canzoni famose. Nel 2020 hanno pubblicato un album di anniversario con musica originale, Joy. Joy è un progetto indipendente al 100%, che ha preso il suo tributo di sacrifici, ma ha anche portato molta fe-
A ANDREE BIANCA 99
licità. Questo significa che ogni canzone contiene parti importanti dell'anima di Amadeus, impaziente di toccare quelle dei fan di tutto il mondo. L'album include le interazioni di Amadeus con migliaia di palchi in centinaia di città di tutto il mondo. Concerti in cui i musicisti hanno sentito che la loro musica è la vibrazione unificante nelle anime di centinaia di migliaia di persone di diversi colori, religioni e background etnici. L'album Joy è uno specchio musicale di ognuno dei quattro membri degli Amadeus. Joy' ha 14 canzoni e appartiene al genere musicale new age, con influenze che sono state presenti per anni nella musica di Amadeus - gospel, new classical e la mu-
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito di Amadeus Electric Quartet America o in Asia, dove sono stati ripetutamente invitati ad esibirsi con grande successo di pubblico. I social media di Amadeus hanno forti fanbase in Europa, Stati Uniti e Sud America. Tra i suoi seguaci, il gruppo ha molti strumentisti di tutto il mondo. I quattro membri di Amadeus condividono costantemente idee con loro, diventando così lanciatori di tendenze nel loro stile musicale. La loro piattaforma di social media più dina-
mica è il loro canale YouTube, che raccoglie oltre 150 M di visualizzazioni e 540K abbonati. LA NOSTRA INTERVISTA Quattro donne, quattro personalità molto forti e diverse tra loro. Qual è il segreto del vostro successo? In realtà, il nostro segreto è solo questo: siamo diverse ed è così che ci completiamo a vicenda. Siamo fortunate: possiamo contare su una solida amicizia, gli stessi valori, ci divertiamo un sacco insieme. Siamo davvero grate per l’armonia e la gioia nel nostro gruppo. Le nostre canzoni rispecchiano le nostre personalità e i nostri ruoli nella band. Se ascolti il nostro ultimo album, Joy, noterai che le canzoni sono molto diverse. Ognuna di noi esprime la propria personalità come solista ed è sostenuta dalle altre tre. A chi è venuta l'idea di fondare l'Amadeus Electric Quartet? L’idea di fondare questo gruppo è venuta ad un noto chitarrista
© Alex Galmeanu
sica tradizionale di varie culture. Per questo album hanno lavorato con Xenti Runceanu, che è il compositore e produttore del gruppo. L'album contiene due brani con Faizan, un percussionista maldiviano. Tutte e quattro le artiste Andreea Runceanu (violino), Bianca Gavrilescu (violino), Patricia Cimpoiasu (violoncello) e Laura Lazarescu (piano) - sono musiciste professioniste, strumentiste e anche cantanti. Sono laureate all'Università Nazionale di Musica di Bucarest, Romania, con grandi successi nell'esecuzione della musica classica. Amadeus si esibisce sul palco, come gruppo, da 20 anni. In tutti questi anni, Amadeus non ha mai smesso di avvicinare persone di ogni provenienza alle gioie e alle meraviglie della musica classica. Amadeus ha suonato finora in quattro continenti. La loro musica è molto apprezzata sia in Europa, dove Francia, Spagna, Italia e Regno Unito sono tappe abituali del gruppo, sia in Sud
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rock e compositore in Romania, Adrian Ordean. Ha studiato violino classico e il suo sogno era quello di creare un gruppo che combinasse la musica classica con la musica elettronica. Dopo dieci anni di collaborazione e cinque bellissimi album, dal 2010, abbiamo terminato il contratto con lui e abbiamo preso il nostro futuro nelle nostre mani. Da allora ci siamo occupate del management, della strategia e delle partnership della band, abbiamo investito in costumi, video e nuove canzoni, e abbiamo iniziato a collaborare con il compositore Xenti Runceanu. Non è stato facile, ma questa nuova esperienza ci ha aiu-
tato a conoscere tutti gli aspetti della carriera di un artista. Ora abbiamo un grande team di gestione in Romania e una solida partnership con Yamaha Music Europe e, naturalmente, è tutto più facile. Vi siete ispirate a qualche formazione già esistente? Vanessa Mae era l’unica fonte di ispirazione per noi. Era anche l’unica artista che conoscevamo all’epoca che portava la musica classica in un genere completamente diverso. Abbiamo ammirato molto il suo coraggio di inventare qualcosa di nuovo, la sua passione per la musica e il suo virtuosismo. Partendo dall’idea di com-
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binare la musica classica con un suono elettronico, abbiamo scelto una direzione vicina ma diversa: invece di interpretazioni di musica classica, abbiamo registrato musica originale composta in stile classico. È stato difficile, ma anche bello, creare un nuovo progetto senza avere una band simile come ispirazione. Avevamo buona musica ma volevamo condividere con il pubblico qualcosa di più: un’esperienza completa. Ci siamo sedute in sala prove notte dopo notte per cercare di trovare lo spettacolo migliore per la nostra musica. Il vostro genere musicale è un crossover tra elettronica e classica: è stato difficile farvi accettare dalla critica? Nel 2000, il mondo della musica classica era molto conservatore, quindi non esistevamo per loro, anche se eravamo cresciuti in quel settore. Prima di fondare la band ed essere solo studentesse di musica, vivevamo nella stessa boccia di vetro e non accettavamo alcuna influenza esterna. Poiché eravamo musiciste classiche, ci sentivamo parte di un’élite e guardavamo con condiscenden-
za uno strumentista di musica classica che cercava di suonare altri generi musicali. Siamo state le nostre prime critiche. Abbiamo trasalito quando ci è stata presentata l’idea del gruppo, giudicando il progetto come qualcosa di superficiale, impossibile da inquadrare come un sottogenere della musica classica. Ma appena abbiamo iniziato ad esibirci insieme, il pubblico ci ha dato una lezione che ha segnato le nostre vite. La musica appartiene a tutta l’umanità, indipendentemente dall’educazione, dalla cultura, dalla civiltà. Nessuno ha il diritto di confiscare la musica e l’arte in generale, metterla in alcuni canoni ed esporla solo a certe persone scelte. Finché un artista dà sinceramente e generosamente emozioni al pubblico, la missione è compiuta. Quale è stata la location che vi ha emozionato di più e perché? È difficile scegliere un posto. Ci siamo esibite in molti luoghi
del mondo, diverse culture e tipi di luoghi. Ma ci sono alcuni concerti che hanno avuto un grande impatto su di noi, per varie ragioni. Uno potrebbe essere il nostro concerto al Festival Internazionale di Musica Sinfonica a El Jem, Tunisia, nell’antico anfiteatro romano all’aperto. L’idea di esibirsi in un luogo pieno di storia e la chimica che avevamo con il pubblico hanno creato un concerto magico che non dimenticheremo mai. Cosa direbbero di voi Johann Sebastian Bach e Wolfgang Amadeus Mozart? Chi tra i due apprezzerebbe il vostro stile e chi storcerebbe il naso per le contaminazioni elettroniche sul classico? Un giornalista rumeno ha giocato con questa idea in un articolo e ha scritto che dei due grandi compositori, Bach avrebbe rifiutato quello che stavamo eseguendo e Mozart lo avrebbe apprezzato. Dal nostro punto di vista, Mozart è la più grande rock star di tutti i tempi. Adoriamo il suo la-
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voro e il suo spirito giocoso. Il suo stile brillava, la sua creatività non conosceva limiti e la sua musica era scritta per trasformare l’anima delle persone. Come tributo a colui che abbiamo nominato, abbiamo fatto un’interpretazione di Rock Me Amadeus di Falco, in cui abbiamo suonato molti temi dei suoi capolavori. Allo stesso tempo, Bach e Mozart erano entrambi visionari e probabilmente, se fossero stati nostri contemporanei, avrebbero usato tutti i mezzi di espressione musicale per portare la loro creazione al massimo livello. Che consiglio vi sentite di dare ai giovani musicisti? Il nostro consiglio è di dire sì alle sfide, osare sperimentare per esibirsi in quante più formule diverse possibili, e provare quanti più generi musicali e stili di interpretazione possibile. Siate curiosi. Questo bel percorso vi condurrà al vostro autentico sé musicale. Se sei autentico come artista, puoi darti interamente al pubblico e compiere la tua missione. • RS
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RITRATTI
A tu per tu con Karima, senza nessun filtro
IL RITORNO CON UN ALBUM DI COVER INTERPRETATE CON GRANDE CLASSE
Q
uello che ti colpisce di Karima, a parte la voce (e che voce...) è la sua umanità. Come si dice... "una bella persona", in un settore dove spesso capita di relazionarsi con personaggi sopra le righe e ripiegati costantemente su loro stessi. Karima possiede un sorriso contagioso, con il quale sembra riuscire a contagiare anche la sua espressione vocale: sentirla cantare mette di buon umore. Cosa non da poco. Che parole useresti per raccontare il tuo ultimo album No Filter? Direi che si tratta di un album di rinascita, per ricordare a tutti di accettarsi e mostrarsi come siamo, visto che per qualunque cosa, in questa vita, utilizziamo spessissimo dei "filtri". Si tratta di un disco del quale vado molto fiera. È vero che è stato realizzato in soli due giorni? Con quale stato d'animo si af-
IL SOCIAL
Inquadra il QRcode per il profilo Instagram di Karima
fronta un lavoro con questi presupposti da "buona la prima"? Un progetto di questo tipo si realizza con una grande preparazione alle spalle e tanta pre-produzione. Ogni musicista studia molto la propria parte e poi si assembla il tutto in studio Non nego che ci deve essere una notevola empatia tra le parti. Coi miei musicisti funziona tutto subito... o quasi. L'idea è stata proprio quella di ottenere questo effetto per mantenere la verità e l'originalità del live, preservando la medesima emozione. Con quale criterio hai selezionato le canzoni che interpreti? Essendo brani di artisti molti distanti fra loro, hai privilegiato la tua passione da ascoltatrice o l'amore per quelle specifiche canzoni? E ancora... c'è qualche altro brano che avresti inserito se il disco fosse stato... doppio?!? Ah ah ah!!! L'idea di fare un cd doppio c'era davvero, perchè i brani rimasti fuori sono davvero tanti. Vorrà dire che faremo un No Filter 2! La scelta è stata diversa per ogni brano, ho privilegiato brani che amo profondamente e che canto da anni. Ho scelto canzoni in cui mi sentivo di mettermi in gioco e che considero
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di Luca Varani
estremamente difficili, che mai avrei pensato di incidere in vita mia. Perchè le sfide mi piacciono troppo e credo che un artista, per conoscersi a fondo, debba necessariamente uscire dalla propria comfort zone e - come si dice - "metterci la faccia", anche in brani nei quali non si sente "a casa". Dal tuo background, anche ai tempi dei tuoi esordi, è sempre risultata evidente la tua predisposizione naturale (direi... interiore) e il tuo amore per il soul e il jazz. Che cosa rappresentano per te, sia dal punto di vista professionale che da ascoltatrice? La musica black è quella con cui sono nata e cresciuta. A volte mi sembra quasi di essere nata in America da quanto me la sento addosso... e da come il mio naturale approccio anche ai brani italiani appartenga a quella medesima matrice. Che cosa ha significato lavorare con un “monumento” della canzone pop come Burt Bacharach? Ha significato tantissimo nella mia carriera, diciamo che ne è stata la colonna portante. Per me si tratta del compositore, insieme al Maestro Ennio Morricone, piu' forte di tutti i tempi! Tuo marito, oltre ad essere un ingegnere aerospaziale, da 30 anni insegna Yoga e Tai Chi. Quanto conta, per un artista, il controllo della propria mente? Di contro, nella storia della musica di successo, esistono alcuni talenti totalmente distanti da questi concetti... Devo dire che avere un uomo accanto come lui rappresenta la mia salvezza. Come tutti gli artisti io sono un po “pazzerella” e lui mi aiuta a respirare quando serve e a fermarmi quando il mio corpo e
la mia mente lo necessitano. Che esperienze ti piacerebbe poter inserire nel tuo cv che non hai realizzato? Un bel duetto con Stevie Wonder! A tanti anni di distanza, come riassumeresti l’esperienza di Amici? Cosa rispondi a chi, parlando di talent, li definisce un elemento deleterio per la musica giovanile, in gradi solo di creare miti temporanei destinati all'oblio? La mia esperienza ad Amici... la rifarei! Nonostante le varie difficoltà incontrate e la tensione vissuta per paura di uscire dalla trasmissione ogni santa settimana.. Ma assolutamente positiva! Mi ha fortificata, è stata molto importante p e r u n a
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ragazza di allora 20 anni. Per quanto riguarda invece la questione dei “miti temporanei”... io mi reputo della vecchia scuola. E sono una grande sognatrice, credo ancora nella favola del produttore che camminando per strada incontra il talento che suona la chitarra e canta sulla spiaggia, pensa un po' come sono messa... Hai seguito l’ultima edizione di Sanremo? Qual è il tuo parere? Che differenze trovi dalla tua edizione del 2009? Beh.. non perchè è stata la mia edizione ma ai tempi ci furono momenti magici con Luttazzi, Bacharach, Paoli, Pino Daniele: momenti di musica vera! Ho comunque seguito le ultime edizione ed Amadeus, lui è davvero bravissimo e molto simpatico. Dopo l’esperienza nel musical The Bodyguard, ti piacerebbe riapprocciare quel genere di spettacolo? Un'esperienza splendida, che ripeterei. Anche se ho capito, una volta di più, che la mia vocazione è principalmente un'altra, nonostante The Bodyguard sia stato un successo. Perchè nelle cose mi ci butto sempre con tutta me stessa... senza filtri! • RS
ECCELLENZE
L 'Orchestra
Mozart nel
segno di Claudio Abbado
© Marco Caselli Nirmal
IL DIRETTORE D'ORCHESTRA MILANESE NE HA COSTRUITO L'IDENTITÀ MIXANDO GRANDI SOLISTI E GIOVANI TALENTI
L
Mozart nasce a 'Orchestra Bologna nel 2004, come
progetto speciale dell’Accademia Filarmonica, da un’idea di Carlo Maria Badini e Fabio Roversi Monaco, e da allora mantiene invariate le sue radici bolognesi. È una realtà d’eccellenza internazionale ed unica nel panorama italiano: Claudio Abbado, suo direttore artistico per dieci anni, ne ha costruito l’identità, affiancando grandi solisti e prime parti di prestigiose orchestre a giovani talenti provenienti da ogni parte del mondo, promuovendo occasioni di incontro e passaggio di esperienza e conoscenza tra artisti di generazioni diverse Lato importante dell’identità dell’orchestra è quella di combinare lo spirito sinfonico con l’animo cameristico così caro
ad Abbado, ovvero quell’arte di esercitare l’ascolto e la condivisione tipici della musica da camera. Per questo, in parallelo al grande repertorio sinfonico, l’Orchestra Mozart ha da sempre coltivato quello cameristico,
IL SITO
Inquadra il QRcode per il il sito ufficiale dell'Orchestra Mozart 106
attraverso la proposta di concerti per organici variabili, dal trio all’ottetto, a piccoli ensemble, a cui hanno partecipato di volta in volta, come Solisti dell’Orchestra Mozart, prime parti e musicisti dell’orchestra. L’Orchestra Mozart ha suonato nelle più importanti sale da concerto d’Italia e d’Europa e ha collaborato con grandi istituzioni come il Teatro alla Scala di Milano, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, il Teatro San Carlo di Napoli, la Fenice di Venezia, il Carlo Felice di Genova, il Massimo di Palermo, il Ravenna Festival, il Ravello Festival; e poi ancora con il Musikverein di Vienna, LuganoMusica, il Lucerne Festival, il Concertgebouw di Amsterdam, il Salzburg Festival, la Salle Pleyel di Parigi, la Royal Festi-
di Daniele Colzani
demia Filarmonica ha deciso di far rinascere l’orchestra, anche grazie alla preziosa collaborazione dei musicisti; da allora l’Orchestra Il M° Claudio Mozart è attiva sotto Abbado l’egida dell’istituzione bolognese. Dal 2017, ha avuto inizio la collaborazione con la prestigiosa manifestazione LuganoMusica al LAC di Lugano, della quale l’Orchestra Mozart è stata ospite in residenza anche a Pasqua 2018 e 2019. I concerti di questo triennio, a Lugano e a Bologna, sono stati diretti dal Maestro Bernard Haitink. Nel maggio 2019, l’orchestra nuto il concerto inaugurale delle ha individuato una nuova guida celebrazioni per il bicentenario Filarmonica nella persona del Maestro Da- dell’Accademia niele Gatti, in seguito nominato Romana. Nel 2022, l’Orchestra MoDirettore musicale. A settembre 2020, è stata ospite della 68a edi- zart è stata nuovamente ospite zione del Ravello Festival. in residenza a Lugano, dove ha Nel 2021, è stata impegnata tenuto il concerto di Pasqua, rein una tournée nel mese di set- plicato, poi, il giorno successivo tembre che l’ha vista suonare al Teatro Auditorium Manzoni sui palcoscenici del Maggio di Bologna. Tra la fine del mese Musicale Fiorentino, del Teatro di settembre e l’inizio di ottobre Auditorium Manzoni di Bolo- sarà, inoltre, impegnata in una gna e del LAC di Lugano. Nel tournée nelle città di Ferrara, dicembre dello stesso anno al Salerno, Verona, Bologna e MiTeatro Olimpico di Roma ha te- lano. • RS
© Marco Caselli Nirmal
val Hall di Londra, il Palais de Beaux Arts di Bruxelles, l’Alte Oper di Francoforte, l’Auditorio Nacional di Madrid e la National Concert Hall di Budapest. Con Deutsche Grammophon ha inciso numerosi album, che hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti. Le produzioni dell’Orchestra Mozart hanno visto la partecipazione di solisti di fama internazionale come Martha Argerich, Alfred Brendel, Mario Brunello, Giuliano Carmignola, Enrico Dindo, Isabelle Faust, Hélène Grimaud, Natalia Gutman, Rachel Harnisch, Jonas Kaufmann, Anna Netrebko, Julia Kleiter, Alexander Lonquich, Radu Lupu, Sara Mingardo, René Pape, Maria João Pires, Maurizio Pollini, Vadim Repin, Yuja Wang. I Solisti dell’Orchestra Mozart, protagonisti dei concerti di musica da camera, hanno negli anni collaborato con importanti artisti come Guy Braunstein, Bruno Canino, Giuliano Carmignola, Till Fellner, Ingrid Fliter e Alexander Lonquich. Nel 2014, in seguito alla scomparsa del Maestro Abbado, l’orchestra ha interrotto le sue attività. Nel 2016 l’Acca-
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MANIFESTAZIONI
Tutto pronto per
Piano City
Milano
© Marco Pieri
NUMEROSE LE NOVITÀ DI QUEST’ANNO PER IL FESTIVAL DI PIANOFORTE PIÙ ATTESO DELL’ANNO
L
a manifestazione torna a raccontare e valorizzare la città di Milano invitando il grande pubblico a scoprire contesti unici, nuovi quartieri, luoghi rappresentativi della città e altri in corso di riqualificazione, spazi che si aprono eccezionalmente alla città per l’occasione e che nei prossimi mesi diventeranno nuovi punti di riferimento di una Milano attiva e vibrante. I concerti di iano City Milano sono pensati appositamente per ognuno dei luoghi, spaziando tra i generi musicali, dalla classica al pop, dal jazz all’elettronica, presentando la città in musica di anno in anno secondo nuove prospettive. Tra i nuovi spazi della città
quest’anno vi saranno il parco del Campus Bocconi, il nuovo ADI Design Museum, la Passeggiata Boris Pasternak alla Fondazione Feltrinelli, il giardino di via Ludovico di Breme sotto al nuovo grande murales di SMOE in omaggio alle professioni protagoniste della pandemia, e tra le grandi novità per il festival il Ridotto dei Palchi Arturo Toscanini del Teatro alla Scala e la Sala Verdi del Conservatorio di Milano. Un’attenzione particolare è rivolta alle periferie, con concerti nei cortili in collaborazione con MM, altri a Corvetto-Chiaravalle all’Agroforesta Vaiano Valle e al quartiere Adriano con Magnete, altri ancora in cascine che diventano
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centri culturali come Cascina Merlata e un concerto a Casa dell’accoglienza Enzo Jannacci, la struttura pubblica d’accoglienza più grande d’Europa. E ancora i parchi di Villa Finzi, di Chiesa Rossa, il Parco delle Cave e il Parco Lambro. Si confermano anche quest’anno immancabili storiche location come i giardini della Galleria D’Arte Moderna, Volvo Studio Milano, il Museo Teatrale alla Scala, la Rotonda della Besana, Triennale Milano Teatro, Ippodromo Snai San Siro, il Belvedere al 39° piano di Palazzo Lombardia, per ammirare dall’alto la città con una vista spettacolare, Apple Piazza Liberty, BASE Milano, Eataly Milano Smeraldo, RED Bistrot
di Daniele Colzani
IL FESTIVAL Piano City Milano è una manifestazione unica nel suo genere che si è contraddistinta nel tempo per il forte impegno in ambito culturale e sociale. Un festival che, coinvolgendo istituzioni, associazioni, partner e cittadini investe per una città sempre più attiva, grazie alla musica e ad un programma diffuso sul territorio in maniera capillare. Un progetto di Associazione Piano City Milano con il Comune di Milano, a cura di Ponderosa Music&Art e Accapiù, che vanta la direzione artistica di Ricciarda Belgiojoso e Titti Santini. Nasce nel 2011 come primo festival diffuso della città e
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Piano City Milano 2022 contribuisce all'onda di vitalità e alle sperimentazioni urbane e culturali che portano Milano a diventare la vibrante metropoli europea che è oggi. Fondatori del festival e dell’Associazione Daniela Cattaneo Diaz e Titti Santini, che hanno sempre creduto nel progetto e costruito una rete di partner sostenitori che negli anni hanno investito in Piano City Milano – nell’immaginare una diversa visione di Milano. LE COLLABORAZIONI Piano City Milano torna grazie a un’intensa collaborazione fra istituzioni pubbliche e imprese private che permette al festival di essere accessibile
gratuitamente e presente in ogni zona della città. Un esempio di sinergia straordinaria che per la prossima edizione coinvolge il Comune di Milano – Assessorato alla Cultura e come main partner Intesa Sanpaolo e Corriere della Sera; partner Volvo; Hermès per i talenti; partner istituzionali Regione Lombardia e Fondazione Cariplo; charging partner Be Charge, società di Plenitude (Eni); supporter l’Ippodromo Snai San Siro, l’Università Bocconi e Conad; partner tecnici AIARP, Steinway & Sons, Fazioli, Griffa & Figli, Passadori Pianoforti, Tarantino Pianoforti, Tagliabue, Schimmel Pianos, Shigeru Kawai, Scorticati Pianoforti, Fabbrini, Barletta Pianoforti. Media partner dell’evento Radio Monte Carlo, ViviMilano, Classica HD Sky, Wired, Zero, Lampoon, Pianosolo, Club Milano e Mi-Tomorrow. Con la collaborazione di YES MILANO. A questi si aggiungono le collaborazioni con prestigiose istituzioni musicali come il Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi di Milano, la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, Conservatorio Gaetano Donizetti di Bergamo, il Premio Venezia e la Ricordi Music School. • RS
© Federica Cicuttini
Libreria in Piazza Gae Aulenti, la Vigna di Leonardo / Casa degli Atellani. I pianoforti di Piano City Milano troveranno ospitalità anche ai Marriott Hotel (The Westin Palace, Sheraton Milan San Siro, Sheraton Diana Majestic), al Senato Hotel Milano e all’Hilton Milan. Non mancheranno progetti nelle scuole, con speciali appuntamenti dedicati ai più piccoli, e in particolare in tre scuole dell’infanzia in collaborazione con l’Associazione Diamo il La.
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EVENTI
Il Summer Jamboree "sbarca" in Svizzera
© Giovanni Cocco
IL NUOVO FORMAT È DESTINATO A DIVENTARE PUNTO DI RIFERIMENTO EUROPEO PER LA MUSICA E LA CULTURA DELL’AMERICA ANNI ’40 E ’50
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energia contagiosa del Summer Jamboree, il Festival Internazionale della cultura dell’America anni ’40 e ’50 più grande d’Europa, conquista la Svizzera con un nuovo format di eventi a tutta musica e ballo: nasce il Summer Jamboree on the Lake, in programma per la sua prima edizione dal 9 al 12 giugno 2022 che animerà le piazze principali del centro di Lugano - con due palchi allestiti in Piazza della Riforma e nel Boschetto Ciani (Parco Ciani), e il lungolago, trasformandoli nel meraviglioso sogno anni Cinquanta attraverso un’ondata travolgente di musica, balli e tanto divertimento. Quattro giorni di straordinari concerti all’insegna della musica Rock'n'Roll, la più bella di sempre, con una line up di artisti
internazionali senza precedenti. A ricreare l’atmosfera dei leggendari Forties and Fifties, poi, Record Hop, Burlesque Show, Vintage Market e tanto altro ancora, con sorprese che stupiranno tutti gli appassionati di balli
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale della manifestazione 110
vintage, tra cui il Summer Jamboree on the Lake Dance Camp. Il cuore del Ticino risuonerà della musica degli artisti internazionali che stanno scrivendo la storia del Rock'n'Roll, raccontata in tutte le sue declinazioni musicali: R'n'R, Swing, Country, Rockabilly, Rhythm'n'Blues, Hillbilly, Doo-wop, Western swing, per una line up da urlo. Una musica che rappresenta le radici del Rock, una cultura musicale a cui tanti grandi artisti contemporanei attingono ancora a piene mani e che a tutt'oggi si presenta con enorme potenza comunicativa, dimostrando autentica longevità. Una musica che negli anni è divenuta un culto, che si tramanda di generazione in generazione, sempre attuale e in grado di fare breccia tra la popolazione di tutte le età.
© Daniele Ferretti
di Daniele Colzani
cuni tra i migliori ballerini della scena Swing e Rock’n’Roll internazionale che insegneranno i seguenti stili di ballo: Boogie Woogie, Lindy Hop, Balboa, Collegiate Shag, Solo Jazz. A fare gli onori di casa al Summer Jamboree on the Lake sarà Nina Havel, conduttrice televisiva che ha iniziato la sua carriera all'età di 16 anni con il programma giovanile Schlips, e che oggi presenta, tra gli altri, i programmi Musicstar su SRF, Ninja Warrior Switzerland su TV24 e, da gennaio 2022, Top News su Tele Top. GLI EVENTI SPECIALI A suggellare l’evento, in programma dal 2 al 19 giugno 2022 la mostra che raccoglie gli scatti
© Guido Calamosca
Accanto ai concerti live ci saranno Record hop in vari angoli della città con i migliori DJs da tutto il mondo. Si aggiunge poi il Burlesque Show and Cabaret, in programma per venerdì 10 giugno, dove si esibiranno le magnifiche Eve La Plume (ITA) e Giuditta Sin (ITA). Tra Piazza Manzoni e Riva Albertolli prenderà poi forma il Vintage Market con modernariato e memorabilia da collezione, abbigliamento, scarpe, accessori, oggettistica vintage e riproduzioni, aree street food & beverage. Sempre sulla Riva Albertolli, sarà allestito un Oldtimers Park di auto americane pre 1969 e un Barber Shop. Si aggiungono, infine, tanti spazi dedicati al ballo: lezioni gratuite per imparare a muovere i primi passi e immergersi nelle danze Swing e Rock’n’Roll, e due dopo Festival, caratteristici della produzione artistica della Hottest Rockin' Holiday on Earth, in un’inedita location - il Centro Esposizioni - per continuare a ballare tutta la notte. Ma soprattutto, novità assoluta sarà il Summer Jamboree on the Lake Dance Camp: le grandi sale del Centro Esposizioni di Lugano saranno set di una full immersion dedicata all'apprendimento dei balli Swing e Rock'n'Roll. Come maestri, al-
più memorabili, i momenti di felicità e gioia pura vissute durante i primi venti anni di Summer Jamboree: Rock’n’Roll is a State of the Soul, allestita presso le sale di Villa Ciani a Lugano. Oggetto dell’omonimo documentario co-prodotto dal Summer Jamboree insieme a Senigallia Città della Fotografia e andato in onda nel programma Art Night su Rai 5 lo scorso Natale, l’esposizione celebra il ventennale di quello che è diventato nel tempo il più grande Festival del genere al mondo, raccontato da grandi fotografi che ne hanno saputo catturare lo spirito più autentico. Foto d’autore, foto di costume e retro streetstyle, foto di Burlesque, Backstage, Rock’n’Roll ICONS, grandi ritratti, manifesti pubblicitari, video proiezioni, immersive room: oltre 300 scatti che esprimono il vero mood dell’“Hottest rockin’ holiday on earth” attraverso il suo vissuto di questi anni. Le immagini ne colgono l’essenza, catturando quello che attraverso lo sguardo del Summer Jamboree è stato ed è il Rock’n’Roll: uno stato dell’anima, uno stato di coscienza di condivisione e amore. La mostra Rock’n’Roll is a State of the Soul racconta tutto questo, in un'esperienza altamente immersiva e coinvolgente. • RS
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MUSICA
di Daniele Colzani
Daniela
Poggi vola
"sulle ali di un angelo"
UNA DOLCE DEDICA “D’AMORE, DI SPERANZA E DI LUCE” PER TUTTI COLORO CHE HANNO PERSO LA PERSONA AMATA
L
a canzone è tratta dal mio libro Ricordami! (Ed. La Vita Felice, scritto dalla Poggi stessa). Non avere più accanto la persona che ami lascia un vuoto nell’anima e ti senti perso. Ma alla fine nulla finisce, solo si trasforma. Una canzone d’amore, di speranza, di luce”. L’attrice definisce così il singolo Sulle ali di un angelo, brano scrtttto insieme a Mario Lavezzi e Lorenzo Vizzini con gli arrangiamenti e la produzione di Adriano Pennino, disponibile su tutte le piattaforme musicali.. ‘Lo so che ovunque andrai, per sempre tu sarai sulle ali di un angelo’ canta Daniela ripercorrendo, in qualche modo, anche la morte della madre dovuta all’Alzheimer. “Ma non è un testo pensato solo ed esclusivamente alla mia mamma spiega - ma è dedicato a tu1e quelle persone che non hanno più accanto la persona amata e quindi si sentono perse, con un vuoto nell’anima. Ma è proprio da lì che giunge una nuova luce.
IL SITO
Quell’amore può continuare a vivere in ogni incontro, in ogni altro volto, perché nulla finisce, solo si trasforma. E in quel ricordo noi continuiamo ad esistere. Mi piace pensare a una frase di Leonard Cohen: C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”. Tra gli autori del pezzo, Mario Lavezzi: “Daniela, amica di lunga data, tempo fa mi ha inviato un testo dal titolo ‘Sulle ali di un angelo’ chiedendomi cosa ne pensassi e, nel caso mi fosse pia-
ciuto il contenuto, se mi andava di musicarlo. Nella mia carriera di compositore solo due volte ho composto musica su un testo già scritto. Come si dice ‘non c’è il due senza il tre’. In questo caso il tema trattato nel testo di Daniela mi ha coinvolto al punto che di getto le ho composto la musica. Solo successivamente ho chiamato Lorenzo Vizzini, giovane e talentuoso autore, per sistemare il testo in alcuni passaggi metrici che andavano precisati sulla musica”. • RS
DANIELA POGGI E LA MUSICA
Inquadra il QRcode per il il video di Sulle ali do un angelo
• Attrice teatrale, televisiva e cinematografica, Daniela Poggi non è nuova ad avventure musicali: nel 1985 pubblicò il singolo Cielo, utilizzato come sigla per il programma televisivo ‘Shaker’ e che arrivò nei posti alti delle hit parade (a tutt'oggi il 45 giri è diventato un vero cimelio di culto). Nel 1988 pubblicò invece l’album Donna speciale.
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RADIORAMA
La tragedia del Titanic
diventa un radio podcast
ARRIVA IN PODCAST AUDIO LA RIEVOCAZIONE DELLA TRAGEDIA DEL TITANIC, 8 PUNTATE SUL FILO DEL RICORDO
U
na novità in ambito podcast firmata da Rai. Si tratta di un prodotto esclusivo fruilbile sull’app RaiPlay Sound, ribattezzato Radio Titanic, scritto e realizzato da Stefano Fozzi. Le prime due puntate sono già disponibili, a 110 anni esatti dall’inabissamento del transatlantico britannico nella notte del suo viaggio inaugurale, conclusosi in maniera tragica il 15 aprile 1912. Le successive puntate verranno pubblicate singolarmente a cadenza settimanale, ogni venerdì, per un totale di 8 puntate. Una storia, quella del Titanic nota a tutti, complice la vasta letteratura sull'argomento ed anche grazie ad alcune pellicole cinematografiche. Prima fra tutte quella diretta nel 1997 da James Cameron, con gli allora giovanissimi Leonardo DiCaprio e Kate Winslet tra i protagonisti principali. Il 14 aprile 1912 la nave inaugura il suo primo (e ultimo...) viaggio, partendo dalle coste britanniche, a Southampton, in direzione New York. Dopo poco meno di 3 ore, a causa di una collisione con un iceberg, il possente transatlantico - considerato come "inaf-
fondabile" da tutti - affonda con circa 1500 passeggeri bloccati a bordo. Il suggestivo esperimento di Radio Titanic vuole dare voce q tutte quelle vittime, attraverso un personaggio immaginario, tale Reginald Tucker, un radiotelegrafista che ricostruisce le varie vicende. Durante gli episodi del
INDIE LIFE RADIO, INDIPENDENTE PER STILE • Diretta con competenza ed intraprendenza da un radiofonico esperto come Cesare Intravaia, Indie Life Radio è un bell'esempio di web radio. Propone un palinsesto molto ricco, condotto con passione e competenza dalle varie voci che si alternano ai suoi microfoni. Ascoltabile al link https://indieliferadio.weebly. com/ o scaricando l'applicazione dedicata, sia per iOS che per Android. In mezzo a tante emittenti una uguale all'altra, questa si distingue brillantemente!
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podcast si potranno ascoltare le ricostruzioni delle vite di persone che sono realmente esistite e che hanno affrontato quella tragedia. Il tutto caratterizzato da un sound design estremamente realistico: attraverso i suoni e i rumori ma anche la musica che faceva parte del repertorio della leggendaria orchestra di bordso... l'illusione di essere a bordo della nave vi emozionerà. RaiPlay Sound è una piattaforma multimediale dell'offerta radiofonica di casa Rai Rai, lanciata nel dicembre 2017. Nella homepage sono presenti i 12 canali radio, le info sui contenuti dei programmi. L'app è gratuita, scaricabile sia per Android che per iOS. Il podcast sul Titanic lo trovate nella sezione Original RaiPlay Sound. • RS
di Luca Varani
HEAVY ROTATION Non passerà
Giancarlo
Bigazzi
eterna rapsodia
IN UNA SERIE DI EVENTI VERRÀ CELEBRATA LA SUA CARRIERA STELLARE
• Manuel Aspidi è un cantante livornese, che in molti spettatori tv si ricordano sia in Amici 2006 (la sua "oli a metà"fu allora un hit) e anche in un altro talent come The Voice of Italy, dieci anni più tardi. • Con tante altre esperienze nel frattempo, Aspidi è tornato alla discografia lo scorso gennaio con il singolo Non passerà", un inedito mai pubblicato firmato dall'indimenticabile Alex Baroni, autore del testo insieme a Piero e Massimo Calabrese e Marco Rinalduzzi. • Il brano lascia senza parole i fan di Manuel e il fan club di Baroni. Noi non possiamo che unirci all'applauso!
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utto ha avuto inizio lo scorso gennaio con un annuncio al Principino Eventi di Viareggio. Una vita, quella di Giancarlo Bigazzi, in totale simbiosi con la musica, 50 anni di storia della canzone italiana riassumibili in una serie di successi immortali. Lasciandoci dieci anni fa, l'autore e produttore toscano ha tramandato un patrimonio prezioso fatto di emozioni vere e ricco di capolavori di pop culture. Alla presenza della compagna di vita Gianna, il figlio Giovanni, il Trust ‘Maestro Giancarlo Bigazzi’ e la Armando Fusco Productions, sono state annunciate una serie di iniziative musicali che vedranno il coinvolgimento sia di alcuni giovani talenti - come Valentina Galasso e Cecilia Sordoni - ed anche di alcu-
ni nomi tutelari della canzone italiana che, nel corso della loro carriera, hanno reso famose le creazioni firmate da Bigazzi. Fra questi Andrea Bocelli, Massimo Ranieri, Renato Zero, la coppia Aleandro Baldi e Francesca Alotta (vincitrice di Sanremo 1999 con il brano Non amarmi, firma-
to da Bigazzi, Marco Falagiani e lo stesso Baldi) più alcune, ulteriori presenze di fama in via di conferma. Noi di Riflettori su... saremo fra i media partner degli eventi che celebrano il genio di un nome stellare della musica italiana, dal respiro assolutamente internazionale • RS
LA LEGGENDA DEL CHITARRISTA DIMENTICATO • Gábor Szabó è stato un chitarrista ungherese di grandissimo talento, apprezzato soprattutto per la sua capacità di fondere svariati stili musicali quali il jazz, il pop-rock e la musica tradizionale del suo paese. Scomparso all'età di soli 46 anni, il giornalista e scrittore Stefano Orlando Puracchio è l'autore della prima biografia che lo riguarda. Il lascito artistico di Szabó è straordinario. Non a caso nel libro sono presenti contributi da parte di un virtuoso della chitarra come Lee Riteneur ma anche di Lino Patruno, Toni Fidanza, Donato Zoppo e molti altri.
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SONAR
di Luca Varani
SURFANDO NEL MARE MAGNUM DELLA MUSICA ALLA RICERCA DELL'ONDA PERFETTA Enter Hitti VIA LATTEA
Spiritraiser CIKLOS
Un lavoro di grandissima qualità e fascino, da una delle formazioni più ardite della musica italiana di ricerca. Un viaggio sonoro di memorie, sogni e visioni. 12 brani realizzati con alcuni grandi ospiti come l'arpsta Vincenzo Zitello, Jenny Sorrenti, Alio Die e Juri Camisasca. (ADN)
Secondo albun della muscolare band finlandese, con richiami ai Dream Theater e al grunge di qualità. Alcuni tocchi di elettronica e qualche buona melodia (Quipue Stream su tutte) lo rendono un disco molto piacevole. La traccia conclusiva Mountain suona insospettabilmente post-rock. (Luminol)
Electric Sheep Collective NOPE HOPE Disco coraggioso da parte di un collettico guidato dal trombettista Angelo Olivieri. Un mix radicale che unisce il groove del funk e dell'hiphop con suggestioni di matrice jazz. Unico nel suo genere, l'ensemble italiano ha tutte le carte in regola per l'estero. (Time Is The Enemy)
Forse non lo sai che,,,
QUISQUILIE SEMISERIE E PINZILLACCHERE ROCK
A
ddio a Taylor Hawkins, uno dei punti di riferimento nel suono, nell'attitudine e nell'energia dei Foo Fighters. Pochi sanno perà che, prima di entrare a far parte della band di Dave Grohl nel 1997, il batterista suonava con un’altra grande artista, la cantante canadese Alanis Morissette. Ricordo di aver personalmente assistito nel 1995 allo showcase milanese di presentazione dell'album Jagged Little Pill della Morisette, con Hawkins seduto ai tamburi. Ci ha lasciati lo scorso 25
marzo, ritrovato senza vita nella sua stanza all'hotel Casa Medina di Bogotà dove si trovava insieme ai Foo Fighters in vista di un'esibizione live. • Duncan Jones, figlio di David Bowie, custode dell’eredità artistica e del messaggio umano del padre, è intervenuto contro l’agenzia di stampa russa Russian National Media. In un articolo sul futuro della cooperazione tra Stati Uniti e Russia nel programma spaziale, l'agen-
zia russa ha utilizzato una strofa del testo di Space Oddity, il primo successo di David Bowie risalente al 1969. Una forte metafora in musica sulla libertà, aspetto che deve aver spinto Duncan Jones es a prendere posizione contro Russian National Media. “Canzone sbagliata” ha scritto Duncan Jones in un tweet, con due cuori che abbracciano la bandiera ucraina. Chiaro il messaggio? • RS
HTTP://SONAR-MUSIC.BLOGSPOT.COM 116
GIORNATA OCCHI FELICI
SIGHT AND SOUND VIBE Vista, suono ed emozione connessi nella vibrazione. Una giornata aperta a tutti per migliorare la vista. Gli esercizi di training visivo neuropsicologico verranno proposti con inedite tavole a colori e strumenti musicali, per sperimentare gli effetti delle vibrazioni sonore e cromatiche sugli occhi.
SABATO 14 MAGGIO 2022 AREA PEGA Foro Buonaparte 57 20121 MILANO
SABATO 28 MAGGIO 2022 STUDIO ZANDONELLA Piazza Umberto Merlin 18 45100 ROVIGO Conducono il corso: Maria Cristina Zandonella Necca - neuropsicologa e psicoterapeuta psicotraumatologa Francesca Bascialli - pianista, musicista e ricercatrice sul suono
Posti limitati: massimo 20 persone
Prenotazioni a: info@rieducazionevisiva.it 117
www.rieducazionevisiva.it
CONTEST
“Cover
di Daniele Colzani
Me”: il contest
dedicato a Springsteen
“NOI & SPRINGSTEEN” CHIAMA A RACCOLTA I MUSICISTI CHE VOGLIONO SPERIMENTARSI CON LE CANZONI DI "THE BOSS"
F
ino al 31 maggio artisti, band e cantanti avranno tempo per inviare la loro reinterpretazione di uno dei brani del cantautore americano del New Jersey. Dopo il successo delle passate edizioni che hanno visto la partecipazione di più di 150 musicisti, torna il contest “Cover me”. Per partecipare, è richiesta una reinterpretazione di uno dei brani di The Boss, senza però snaturarne l’essenza o la melodia. Le candidature saranno poste al vaglio di una giuria di qualità, composta da esperti e critici musicali, presieduta da Claudio Trotta, fondatore della booking agency Barley Arts. I 20 brani selezionati saranno caricati sul sito www. noiespringsteen.com entro il 15 giugno. Dal 30 giugno al 4 settembre sarà infatti il grande pubblico a giudicare le interpretazioni, facendo accedere alla finale i 10 artisti più
IL SITO
Inquadra il QRcode per il il sito ufficiale del contest Cover Me
votati. Attesissima la finale che, novità di questa edizione, si terrà al Druso, locale di Ranica (Bg) tra i migliori club di musica dal vivo italiani. Tutti in sala quindi per la serata finale sabato 24 settembre con presente anche la Giuria di Qualità per decretare il vincitore del Contest COVER ME 2022. “L’edizione di quest’anno prevede un’agenda ricca di appuntamenti, per proseguire con quella che è ormai diventata una tradizione del campo artistico-musicale: il successo ha raggiunto anche lo stesso Bruce che, lo scorso anno, ha apprezzato la cover dei vincitori del premio della critica 2021, The Householder Reloaded - spiega Alberto Lanfranchi, fondatore del gruppo “NOI & Springsteen” - ma ciò che fa di questo contest un’iniziativa unica è il fatto che sia rivolta al grande pubblico, non soltanto ai fan di Springsteen: l’evento è diventato un
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punto d’incontro tra i diversi generi musicali, coinvolgendo, tramite il filo rosso della passione per la musica, artisti straordinari.” Oltre al premio principale ricordiamo il Premio della Critica che verrà assegnato da una giuria di altissimo livello presieduta da Gino Castaldo, critico musicale tra i più noti in Italia e che da oltre 40 anni narra, con immagini e parole, la storia dei grandi nomi della musica italiana e internazionale. • RS
LE GIURIE Per l’edizione 2022 il verdetto sarà a cura di due giurie: la Guiria di Qualità e la Giuria Premio della Critica. • GIURIA DI QUALITÀ: Claudio Trotta (Presidente), Marco Biondi, Alberto Cantù, Ugo Bacci e David Drusin. • GIURIA PREMIO DELLA CRITICA: Gino Castaldo (Presidente), Patrizia De Rossi, Mauro Vaerini, Giorgio Berta e Gianni Poglio.
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