Il centro di salute mentale nel sistema psichiatrico sperimentare un progetto multidisciplinare

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Politecnico di Torino - D.A.D. Dipartimento di Architettura e Design a.a. 2016-2017

Corso di Laurea Magistrale in Architettura per il progetto sostenibile Tesi di Laurea

Il Centro di salute mentale nel sistema psichiatrico. Sperimentare un progetto multidisciplinare

Relatore:

Prof. P.h.D Arch. Anna Marotta

Correlatore: Correlatrice:

Arch. Gaetano De Simone Dott. Elena Varini

Consulente:

Prof. Dott. Peppe Dell’Acqua

Candidate:

DesirĂŠe Grisoni Silvia Meterc



[‌] nella mia posizione di architetto si affaccia ovviamente il problema angoscioso di dover tradurre in termini di spazio architettonico una linea di principio che pure approvo: che non esista cioè una separazione netta tra ragione e follia. G. Michelucci



SOMMARIO 13

Introduzione

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Parte 1 Racconto intorno alla follia

23 25 26 29

42 45 47 47 47 50 55 55 55 56 56 57 57

1 Una storia di luoghi e istituzioni 1.1 Nasce la psichiatria, si progetti il manicomio! La nascita della disciplina psichiatrica Ridisegnare la follia secondo la “logica della forza” La cura Gerarchie e tattiche nel manicomio Approfondimento. E la stampa non sta a guardare: l’appendice psichiatrica Il Grande internamento Il XX secolo tra disattenzioni e modesti cambiamenti 1.2 Le ragioni del cambiamento. Luoghi, tempi e avvenimenti Gorizia: la base del cambiamento Il punto di vista sul malato Uno spiraglio di cambiamento Dopo Gorizia Trieste: la dimostrazione che cambiare si può Approfondimento. Trieste prima del 1971 L’inizio della rivoluzione basagliana Prevenzione, cura e postcura Trasformare, ristrutturare Le porte sono aperte! Sull’individualità nella società Territorializzare La Legge n. 180

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Fonti

67 69

2 Quadro cronologico legislativo 2.1 La seconda metà del XIX secolo, una storia di tentativi Le prime leggi in tema di psichiatria nell’Europa del XIX

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69


82 83 83 84 85 87 87

secolo Il primo tentativo,1849 2.2 Prima metà del XX secolo. L’affermazione ufficiale dell’istituzione La Legge n.36, 1904 (Legge Giolitti) Critica alla Legge Giolitti e proposta di riforma I diritti dell’individuo nella Costituzione italiana Legge stralcio n.431, 1968 (Legge Mariotti) 2.3 La rivoluzione Basaglia, la legge n.833 e gli ultimi anni del XX secolo Situazione storica L’esperienza diretta alla base della 180 e la perdita del concetto di pericolosità Cambio del punto di vista e TSO Legge n.833, 1978 La territorializzazione Primo Progetto Obiettivo Salute Mentale Secondo Progetto Obiettivo Salute Mentale 2.4 30 Maggio 2017. Disegno di legge Dai Progetti Obiettivo Salute Mentale ad oggi

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Apparato: estratti dalle normative

70 74 74 77 77 78 80 81 81

119

Fonti

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3 Verso la salute mentale 3.1 Lo stato della “Salute mentale” in Europa oggi Cos’è la Salute mentale Determinanti sociali della Salute mentale Il fattore culturale nella salute mentale e i diritti del malato La salute mentale è un affare di tutti 3.2 Il Piano d’Azione Europeo e le statistiche della regione Il Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale 2013-2020 Approfondimento. Contenuto del Piano. I Numeri

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137 137 138 138 138 140 140 140 140 141 141 141

Dimissioni e durata del ricovero I posti letto Consulti Cronicità Le statistiche in Italia 3.3 Lo stato della “Salute mentale” in Italia oggi Dipartimento di salute mentale Centro di salute mentale Centro diurno Strutture residenziali Servizio psichiatrico di diagnosi e cura Day Hospital psichiatrico

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Fonti

147 151 153 154 154 156

Parte 2 Verso un approccio polisensoriale

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1 Benessere polisensoriale e psicologia ambientale 1.1 Psicologia ambientale Lewin e il rapporto uomo-ambiente La nascita della psicologia ambientale Il ruolo della psicologia ambientale nello spazio architettonico 1.2 Psicologia umanistica La nascita della psicologia umanistica La Teoria dei bisogni di Maslow 1.3 Psicologia della percezione: la Gestalt La totalità nella Psicologia della Gestalt Le Leggi di unificazione figurale 1.4 La polisensorialità: un’esperienza intrecciata Lo stimolo visivo Lo stimolo uditivo Lo stimolo olfattivo Lo stimolo tattile Fenomeni sinestetici in relazione al colore

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Fonti


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2 Benessere nei luoghi di cura 2.1 Sostenibilita’ Appuntamenti internazionali sulla sostenibilità Sostenibilità ambientale Sostenibilità economica Sostenibilità sociale Sostenibilità istituzionale Sostenibilità della visione Flessibilità Sostenibilità nei luoghi della salute 2.2 Umanizzazione Panoramica sugli aspetti dell’umanizzazione I rapporti interpersonali Il rapporto ambiente-individuo Quattro aspetti essenziali: riconoscibilità, comunicazione, interazione, fruibilità e sensorialità

201

Fonti

209 211 212 214 216 216 216 217 221 222

3 Elementi architettonici per umanizzare 3.1 L’uso del colore nello spazio interno Proprietà del colore Percezione del colore Colori saturi e insaturi Colori caldi e freddi Rapporto tra i colori I contrasti cromatici di Johannes Itten Armonie e contrasti Relazione tra colore, luce e materiale: gli studi di Jorrit Tornquist Forma e colore nel processo di percezione Il significato dei colori Gli studi di Frank Mahnke sul colore negli spazi interni Casi studio sul colore 3.2 Luce Proprietà della luce La luce naturale

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La luce artificiale Casi studio sulla luce 3.3 Orientamento Segnaletica Percorsi Casi studio sull’orientamento 3.4 Arredi Comfort Casi studio arredo 3.5 Verde Approfondimento. Healing garden Benefici degli orti terapeutici Casi studio sul verde 3.6 Tecnologie L’importanza dell’immagine I mezzi tecnici Approfondimento. Snoezelen room Casi studio sulle tecnologie 3.7 Arte Il coinvolgimento dei pazienti Casi studio sull’arte

295 307

Apparato: il significato dei colori Apparato: i teorici del colore

323

Fonti

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Parte 3 Sperimentare un progetto multidisciplinare

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1 Considerazioni progettuali sui luoghi della Salute mentale 1.1 Dal territorio al centro di salute mentale Il sistema territoriale Il Centro di salute mentale secondo la normativa nazionale 1.2 Considerazioni critiche sugli elementi architettonici negli spazi della Salute mentale Aperture

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Illuminazione Finiture Componenti di arredo Percorsi Esterni 1.3 Universal design I principi dell’Universal design Universal design nei luoghi della Salute mentale 1.4 Considerazioni critiche sulle caratteristiche spaziali e funzionali del centro di salute mentale Atrio Sala comune Sala da pranzo Cucina Sala colloqui Bagni Camera Farmacia Sala riunioni Spogliatoio 1.5 Le norme tecniche di riferimento Quadro normativo generale Fattore medio di luce diurna Illuminazione artificiale Inquinamento acustico Arredo Finiture Prevenzione incendi

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Fonti

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2 Il progetto del Centro psicosociale di Lecco 2.1 Prendersi cura Da Trieste a Lecco Un confronto fra regioni Friuli Venezia Giulia e Lombardia Prendersi cura. Il sistema territoriale Un confronto tra la rete dei servizi

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di Trieste e di Lecco Il sistema territoriale di Trieste Il sistema territoriale di Lecco Alcune considerazioni sulla differenza del sistema territoriale di Trieste e di Lecco 2.2 Il centro nel territorio, focus progettuale Organizzazione del modello triestino Verso l’umanizzazione. L’approccio polisensoriale 2.3 Il progetto del nuovo CPS di Lecco La scelta del luogo Le necessità dei medici Fase I_L’attuale quadro esigenziale Fase II_Una proposta per futuro Progettare nel dettaglio_Lo spazio dell’accoglienza Progettare nel dettaglio_La camera da letto

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Fonti

417

Fonti

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Conclusioni

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Ringraziamenti



INTRODUZIONE Questo lavoro parla di luoghi e di istituzioni, di ambienti e persone legate dalla psichiatria, di muri che vennero abbattuti e degli spazi che la salute mentale sta conquistando nel territorio. Parla di una storia che non si è mai conclusa e che aspetta ancora di essere scritta. Il nostro lavoro parte dalla nascita della psichiatria e arriva alla sua deistituzionalizzazione ed è ispirato alle riflessioni di Giovanni Michelucci davanti al manicomio oramai chiuso: [...] nella mia posizione di architetto si affaccia ovviamente il problema angoscioso di dover tradurre in termini di spazio architettonico una linea di principio che pure approvo: che non esista cioè una separazione netta tra ragione e follia.1 La psichiatria si è servita dell’architettura per concretizzare un’istituzione delirante e sempre chiusa. Dall’altra sponda l’architettura ha approfittato della delega per costruire manicomi, e parti intere di città, in maniera così scrupolosa da definirne i minimi dettagli e imporne l’uso stabilito. Luoghi di sperimentazione sia architettonica che psichiatrica con l’obiettivo ultimo di assicurare ai normali una città senza pazzi. Oggi progettare negando la “separazione netta” tra follia e normalità è possibile con un’azione congiunta che coinvolge tutte le discipline ed esperienze. Si può fare pensando ai malati come soggetti nella società e ai loro bisogni come diritti. Si fa a partire dagli anni ‘70 quando i manicomi sono stati chiusi e il territorio, con i suoi abitanti, cominciò ad “abituarsi” ai matti. La presenza del malato nel tessuto sociale è possibile grazie alla rete di servizi sul territorio che sono stati pensati a partire dalla chiusura dei manicomi. Il percorso che dalla psichiatria porta alla salute mentale è in continuo avanzamento grazie alla costante tenacia di chi porta avanti la logica basagliana.

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Giovanni MICHELUCCI, La Nuova Città, IV serie, n°3, 1984. 13


Il contesto territoriale è l’unico terreno d’azione concreto e positivo su cui agire per avanzare nel percorso verso la definizione della salute mentale. Nella maggior parte delle città italiane la presenza di presidi per la salute mentale nel tessuto urbano non è ancora consolidata e ha ancora profumo di provocazione e di una diversità difficile da accettare.2 Il Centro di salute mentale incarna la possibilità concreta di stabilire una rete di assistenza continua sul territorio per “sostenere e accompagnare i cittadini nel loro rapporto con la malattia, la cura, la possibilità di vivere nel proprio ambiente”3. Nel contesto attuale, e pensando costantemente al futuro, ci poniamo come obiettivo principale la progettazione di un’architettura che aiuti a disegnare la soglia. Vogliamo progettare un Centro di salute mentale che sottenda quello spazio tra se e le strade del quartiere. Questo luogo-non luogo deve necessariamente essere abbastanza grande per contenere passioni e malesseri, incontri e scontri, deve prevedere la possibilità di essere sempre ascoltati e anche quella di poter ascoltare. Deve essere un’opportunità di scambio continuo tra le persone. Vogliamo proporre la nostra idea di Centro di salute mentale che guarda al fuori e riesce a formare il dentro abbattendo il limite e contemporaneamente disegnando le basi della soglia. Il lavoro si struttura in tre parti: Nella prima parte, Racconto intorno alla follia, riportiamo gli eventi che hanno caratterizzato la storia della disciplina psichiatrica, dalla sua formazione ad oggi, per costruire la base di conoscenze fondamentali da intrecciare con gli studi che abbiamo presentato nella seconda parte. Verso un approccio polisensoriale è il titolo che riassume le

2 Peppe DELL’ACQUA, Silvia D’AUTILIA, Un’architettura per liberare la follia. San Giovanni non è memoria monumentale, in FAMagazine lugliosettembre 2017, p.42. 3 14

ivi, p.38.


teorie e gli approcci metodologici utilizzabili nel processo di umanizzazione dei luoghi della salute. L’analisi critica dei dati selezionati nelle prime due parti del lavoro ci ha permesso di pensare, nella terza parte della tesi, Sperimentare un progetto multidisciplinare, al progetto per un Centro di salute mentale. La ristretta lista di studi sulla progettazione di un Centro non ci permette da sola di elaborare soluzioni progettuali: L’apporto di psicologi, psichiatri e operatori sanitari è stato, quindi, fondamentale nella stesura di questo lavoro. Le figure interpellate appartengono principalmente a tre realtà italiane: Torino, Trieste e Lecco. Nel capoluogo piemontese abbiamo osservato, con l’aiuto e l’accompagnamento costante della dottoressa psicologa Elena Varini, l’operato della Società Blu Acqua4 e le attività di MinD Mad in Design5. Grazie a questa esperienza abbiamo conosciuto i presidi psichiatrici sul territorio e ci siamo confrontate direttamente con le esigenze degli utenti e degli operatori. Abbiamo potuto lavorare assieme ad alcuni utenti alla progettazione di elementi di arredo destinati agli alloggi della Società. La realtà triestina e tutta la storia della rivoluzione basagliana ci è stata spiegata da uno dei suoi protagonisti, Peppe Dell’Acqua6 che ha risposto ad ogni nostro dubbio e ci ha accompagnate

4 La Società Blu Acqua è composta da un’équipe multiprofessionale di psicologi, psicoterapeuti, medici, educatori, designer, arte terapeuti e artigiani che si occupa di progetti riabilitativo-ricreativi in 4 Gruppi appartamento nell’Area metropolitana di Torino, 2 strutture per disabilità psicofisica ed una Comunità Alloggio per pazienti in carico alla Salute Mentale. http://www.bluacqua.net/home. Consultato il 23/09/2017. 5 MinD Mad in Design è un progetto nato dalla collaborazione multidisciplinare tra designer e medici per creare un approccio inclusivo tra design e scienze mediche in rapporto alla mente umana con l’obiettivo di far diventare lo spazio una cura. https://www.madindesign.com/. Consultato il 23/09/2017. 6 Peppe Dell’Acqua è uno psichiatra che iniziò a lavorare a Trieste con Franco Basaglia nel 1971. Direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste 15


alla scoperta di un sistema, un metodo e un’idea rivoluzionaria che si sta ancora evolvendo. Le visite di tutti i presidi sul territorio di Trieste ci hanno mostrato una realtà all’avanguardia e in continuo fermento. Durante gli incontri nei Centri di salute mentale o al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura abbiamo avuto modo di parlare con i direttori dei presidi, gli infermieri, gli operatori e con gli utenti. A Lecco abbiamo incontrato il Forum di salute mentale7 che ci ha accompagnate alla scoperta di un sistema che si sta impegnando per raggiungere gli obiettivi di Trieste. Renderci conto della situazione lecchese ci ha fatto capire come possa essere arduo lavorare in questo campo e quanti ostacoli si presentano nel percorso di cambiamento. L’incessante impegno del Forum di Lecco per migliorare la situazione sul territorio ci ha messo di fronte alle difficoltà ma ci ha presentato un’altra forma di consapevolezza e tenacità. Il perseguimento dell’obiettivo di cambiamento richiederà ancora molto tempo ma le cose si stanno muovendo. Per Lecco questo è un momento di particolare fervore nell’ambito della salute mentale: da un lato la cittadinanza chiede a gran voce nuove soluzioni e dall’altro le strutture preposte stanno affrontando i nodi con particolare impegno, in un continuo dialogo che suggerisce coma la situazione locale stia radicalmente evolvendosi nella direzione giusta. L’istituzione ospedaliera risponde alla richiesta con la proposta di spostare l’attuale Centro psicosociale in un edificio esistente di sua proprietà, con l’obiettivo di perseguire le buone pratiche

per 17 anni fino al 2012. Fondatore e costante animatore del Forum di salute mentale, direttore della collana “180 archivio critico della salute mentale” da sempre contribuisce al progresso verso la salute mentale. 7 Il Forum per la salute mentale di Lecco è un coordinamento aperto all’adesione di Associazioni di utenti e familiari, Associazioni culturali, Cooperative, Enti, Sindacati, operatori, cittadini sensibili al tema della salute mentale. http://www.fsmlecco.it/cms/. Consultato il 23/09/2017. 16


consolidate nel resto del paese. L’Azienda sanitaria di Lecco, con la direttrice sanitaria Flavia Pirola, il direttore sociosanitario Enrico Frisone e tutti coloro che sono coinvolti nell’organizzazione della salute mentale sul territorio ci ha permesso di studiare, con tutti i mezzi a disposizione, una soluzione progettuale alternativa che si confronti con le normative attuali e che immagini il Centro del futuro. In questo contesto si inserisce il progetto per il nuovo Centro psicosociale della città di Lecco.

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PARTE 1 RACCONTO INTORNO ALLA FOLLIA



1



UNA STORIA DI LUOGHI E ISTITUZIONI Negli anni a cavallo della rivoluzione manicomiale il malato di mente appariva distrutto, annullato e inesistente. Avvicinandosi a questa realtà, senza pregiudizi, qualcuno pensò che queste figure non fossero il risultato di una malattia distruttrice ma il prodotto di istituti psichiatrici che, nati per curare il malato, avevano avuto l’unica funzione di proteggere il “normale” dagli eccessi e dalla pericolosità del folle. La storia della follia che ci prestiamo a raccontare è una storia di luoghi. Ancor prima della nascita della psichiatria gli uomini “sani“ cominciarono a pensare a ricoveri per i loro fratelli meno fortunati, per i folli, i poveri o i criminali. Il bisogno di controllo avevano spinto medici visionari a pensare ai manicomi. La nuova scienza, la psichiatria, accumulava sempre più potere e autonomia con il passare degli anni, ad accompagnarla c’erano le visioni utopiche di nuovi e diversi

luoghi della cura. I manicomi rispondevano a precise caratteristiche organizzative e la loro stessa ubicazione era studiata nel tessuto territoriale. La tipologia costruttiva e la partizione interna riflettevano le teorie dell’epoca sulla cura e la custodia degli alienati e ad ogni sviluppo della scienza, vennero pensati nuovi e diversi muri. Pensiamo che la storia della psichiatria sia legata all’architettura, che la scienza si sia servita della disciplina costruttiva per mettere in pratica le sue visioni e che se oggi si parla di salute mentale e non più di malattia mentale ci sia bisogno di ripensare ai luoghi. Nella terza parte di questa tesi ne parleremo più approfonditamente ma le basi le troviamo già nella storia che stiamo per raccontare. Oltre ai luoghi, sono importanti le questioni, i perché. Per quale motivo è successo questo o quest’altro fatto; come mai in quel luogo; perché in quel tempo...

Immagine di inizio capitolo Carla CERATI, Ospedale psichiatrico, Gorizia 1968 in: www. deistituzionalizzare-trieste.it/archivioFoto 23



1.1

NASCE LA PSICHIATRIA, SI PROGETTI IL MANICOMIO! La psichiatria ha una storia anomala rispetto alle altre discipline mediche. Si forma in anni più recenti, specializzandosi con grande autonomia fino ad arrivare alla negazione, nel secolo scorso, dei principi su cui era nata e si era sviluppata. Nei paesi europei, con la nascita degli Stati moderni, si palesa una serie di problemi sanitari e sociali che fino a quel momento non erano stati rilevati, almeno ufficialmente. La risposta all’indefinito gruppo di malati che viene determinato tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo è affidata ad una nuova attività specialistica. La psichiatria si trova ad affrontare tutte quelle situazioni che prima erano state delegate talvolta a medici, negli episodi legati alla sfera fisica, altre a risoluzioni filosofiche e religiose.1 La follia rappresentava tutti quei soggetti di disturbo, gli elementi anomali nella società, mendicanti, invalidi, prostitute o affamati che potevano sperare solo nell’aiuto delle opere di carità e nella beneficenza. Con l’organizzazione sempre più complessa che in quel periodo i nuovi Stati moderni stavano definendo si fa avanti prepotente la necessità, spinta dalle autorità governative, di controllare quelle situazioni e quelle persone che minavano la sicurezza della collettività.2 Questa prima fase, incerta per molti aspetti, vede un cambiamento negli ultimi anni del ‘700 dovuto a modificazioni importanti che possiamo riassumere con l’aiuto di Ferruccio Giacanelli3. Le città cominciano a popolarsi celermente sulla spinta della nascente economia industriale che porta grandi masse di

1 Ferruccio GIACANELLI, Elena GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria, Zanichelli, Bologna 1982, p.1. 2

Ivi, p.3.

3 Ferruccio GIACANELLI (n.p. - Bologna, 12 ottobre 2012) è stato un intellettuale e psichiatra italiano. Convinto sostenitore della chiusura dei manicomi diresse, dal 1972 al 1978, l’ospedale psichiatrico di Colorno e poi quello di Bologna. 25


persone a spostarsi dalla campagna verso i centri cittadini. Conseguenza di ciò è l’inasprimento delle condizioni sociali che guida alla formulazione di un’organizzazione statale sempre più complessa e articolata per affrontare i nuovi problemi e mantenere il potere acquisito. La borghesia, la nuova classe dirigente nata dalla rivoluzione industriale, ha bisogno di grandi masse di lavoratori, poveri, tranquilli e sani ed è forse qui che la follia comincia a costituire un problema nella società. L’elemento folle sovverte le regole, crea scompiglio nella tranquillità sociale dove esso stesso non sa trovare il suo posto e perciò è necessario mettere a punto un sistema per risolvere questo problema. Quale soluzione migliore se non quella di allontanare i folli? Qui comincia la storia della psichiatria, qui quando si comincia a parlare di luoghi chiusi e di alienisti, di ragione e sragione. La nascita della disciplina psichiatrica “Qui follia e non follia, ragione e non ragione sono confusamente implicate: sono inseparabili perché non esistono ancora, ed esistono l’una per l’altra, l’una in rapporto all’altra, nello scambio che le separa.”4 Il medico viene delegato dall’uomo di ragione a trattare la follia mentre l’uomo folle non comunica col primo. Non c’è linguaggio comune, non c’è possibilità di dialogo ed è proprio la definizione della malattia mentale, espansasi dalla fine del XVIII secolo, a condannare quel dialogo al silenzio per quasi due secoli. “Il linguaggio della psichiatria, che è monologo della ragione sopra la follia, non ha potuto stabilirsi se non sopra tale silenzio.”5 Stiamo qui accennando agli inizi della storia della psichiatria, una storia di follia, non di scienza o conoscenza ma di un’esperienza portata avanti da coloro che imprigionarono la vitalità della follia.6

4 Michel FOUCAULT, Storia della follia nell’età classica, Bur, Milano 2011, p.42. 5

Ibidem, p.42.

6

M. FOUCAULT, Storia della follia [...] cit., p.47.

26


Non ci si deve stupire dell’estrema importanza che io attribuisco al mantenimento della quiete e dell’ordine in un ospedale per alienati, e dell’attenzione che riservo alle qualità fisiche e morali che una simile sorveglianza richiede, poiché proprio in questo risiede uno dei fondamenti del trattamento della mania. Senza tutto ciò, infatti, non è possibile ottenere né osservazioni esatte né una guarigione permanente, quale che sia, per altri versi, il ricorso ai medicamenti più noti e diffusi.7 L’evento al quale generalmente si ascrive la nascita della psichiatria accade nel 1793 in Francia. Il protagonista è Philippe Pinel8 che a Bicêtre9 liberò i pazzi dalle catene. Tra l’incredulità di tutti i presenti Pinel si assume la responsabilità di curare i pazzi che con quel gesto iniziano il loro percorso verso la guarigione. Questa grande scena fondatrice, questo gesto così plateale, dà inizio alla psichiatria e se questo scioglimento sia stato veramente liberatorio o se li abbia accompagnati verso una nuova forma di segregazione e controllo lo scopriremo continuando la nostra indagine.10

7 Philippe Pinel, La mania. Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale, Marsilio, Venezia 1987 p. 57. 8 Philippe Pinel (Saint-Paul 1745 - Parigi 1826) fu medico e fra i primi psichiatri. Protagonista dei cambiamenti in ambito manicomiale tra XVIII e XIX secolo. Della sua opera più nota si scrive: “non ce n’è nessuna [opera fra tutte] che abbia avuto un successo più completo e meglio meritato del trattato sull’alienazione mentale del professor Pinel. [...] Dopo la sua pubblicazione, che farà epoca nei fasti della medicina e della filosofia moderna, la sorte degli alienati si è infinitamente migliorata” Jean-Étienne Dominique ESQUIROL, Delle passioni, Marsilio, Venezia 1982, p.56. 9 L’ospedale di Bicêtre è stato costruito a metà del XVII secolo come presidio militare. La zona che lo circonda è una delle più densamente popolate ai confini meridionali di Parigi. Col tempo l’ospedale assume il ruolo di internao per i malati mentali. 10 Michel Foucault fa riferimento anche ad un secondo atto di egual importanza, svoltosi in Inghilterra e diretto da Tuke. Per approfondire rimandiamo il lettore ai primi paragrafi della Lezione del 14 novembre 1973 al Collège de France contenuta in Michel FOUCAULT, Il potere psichiatrico, Feltrinelli, Milano 2004, pp.29-30. 27


Fig. 1

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.55.

“Mai vi fu rivoluzione più immediata, né più completa, in una mente umana...Appena liberato, eccolo premuroso, attento [...] fa udire agli alienati parole di ragione e di bontà, proprio lui che un minuto prima era ancora al loro livello, ma che dinanzi a loro si sente ora ingrandito dalla propria libertà.”11 Nell’atto di spezzare le catene Pinel da inizio ad un meccanismo che si concretizza, come spiega Foucault, in un rapporto basato sul “debito di riconoscenza”. Questo si origina tra i liberati ed il liberatore dando vita ad un comportamento dedito all’obbedienza che l’alienato senza più costrizione sente di dover tenere per ringraziare il suo affrancatore. Volontariamente il malato cambierà il suo modo di agire, abbandonando la violenza legata ai ceppi e stravolgendo il suo comportamento nella direzione opposta. “Togliere le catene significa assicurare, per la via traversa di un’obbedienza riconoscente, qualcosa che si configura come un assoggettamento.”12 Il debito che l’alienato sente di avere verrà diminuito anche grazie ad un altro fatto, questa volta involontario e tipico della malattia più che dell’ammalato. Una volta stazionario nella sua obbedienza e assoggettato alle pratiche e usanze della psichiatria, l’alienato risulterà guarito e la medicina potrà affermare la sua realizzazione essendo così ripagata finalmente di quel debito da cui partì tutto il meccanismo di controllo e di fittizia guarigione.13 Questa esperienza fotografa l‘idea di alienazione e della sua soppressione che Pinel riassume in quattro punti: 1. Nel rapporto inumano e animale imposto dall’internamento classico la follia non enunciava la propria verità morale. 2.Questa verità, appena lasciata libera di apparire, si rivela come un rapporto umano in tutta la sua idealità virtuosa: eroismo, fedeltà, sacrificio.

11 P. Pinel, La mania. Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale, Marsilio, Venezia 1987, p.56. 12

M. FOUCAULT, Il potere psichiatrico [...], cit., p.39.

13

Ivi, pp.38-39.

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3.Ora, la follia è vizio, violenza, cattiveria, com’è provato, anche troppo bene, dalla rabbia dei rivoluzionari. 4.La liberazione nell’internamento, quando è riedificazione di una società sul tema della conformità ai tipi, non può mancare di guarire.14 Il metodo classico di internamento aveva definito un’alienazione che solo i medici percepivano in quelle persone senza identità che sottoponevano ai loro trattamenti. Ridisegnare la follia secondo la “logica della forza” Il folle, fino alla fine del XVIII secolo, era colui il quale si ingannava. Una dichiarazione che possiamo verificare nei rapporti di polizia che accompagnavano gli alienati all’internamento in luoghi come Bicêtre. I verbali contenevano sempre indicazioni precise e imprescindibili sulle condizioni di follia del malato, indicavano il livello di alienazione e come questo si esternava. Le 4 forme di forza C’era un assoluto bisogno di secondo Foucault: caratterizzazione esplicita della Il furioso è colui che malattia. esprime la forza pura Con l’inizio del XIX secolo, del soggetto che si si assiste ad un repentino differenzia dalla forza mutamento di questa logica. legata alle passioni e Emerge un nuovo metodo di agli istinti e che viene caratterizzazione della follia indicata come mania legato alla forza. Parliamo della senza delirio. La mania è forza, spesso ingovernabile, quella follia che riguarda che era espressione di follia le idee, la confusione degli alienati. Individuandone le delle stesse e che caratteristiche gli alienisti hanno differisce dalla forza cominciato a raggruppare i definita malinconia che malati a seconda dell’intensità concerne una sola idea, della forza e delle modalità con ricorrente e ostinata. cui essa si mostrava.

14

M. FOUCAULT, Storia della follia [...] cit., p.667-668. 29


Sono quattro le forme base di forza definite a seconda dell’ambito di espressione e dei loro effetti. 15 Così come cambia la concezione e lo studio del malato muta contemporaneamente l’organizzazione del luogo di internamento. L’obiettivo è quello di individuare il momento esatto, e da cosa nasce, in cui si genera la forza della follia dell’alienato e allora “in cosa potrà mai consistere la guarigione, se non nell’assoggettamento di tale forza?”16. La cura Per mettere in pratica le teorie della psichiatria c’è bisogno di un luogo appositamente organizzato: le case dove i folli venivano “accolti” diventarono così i manicomi. La questione della cura nell’ambito manicomiale degli inizi è un elemento interessante che ha probabilmente un parallelismo con il mito di Pinel e col processo di guarigione che descriveva nel suo trattato. Nelle prime istituzioni non si registra alcun tentativo alla cura. Questa veniva, piuttosto, giudicata risultato automatico. I malati internati, sottoposti ad un regime definito potevano liberarsi dalla follia percorrendo un cammino i cui elementi fondamentali erano: l’isolamento, i medicamenti applicati a livello fisico e fisiologico, una organizzazione costrittiva della vita nell’istituzione ed infine gli interventi punitivi e terapeutici. Ecco così la ricetta della cura: mescolare e ordinare questi elementi dava automaticamente il risultato.17 Abbiamo descritto un metodo molto lontano dalla pratica medica volta alla comprensione e alla cura di una malattia, ma nonostante ciò i primi decenni del XIX secolo vedono l’affermarsi sempre più deciso della psichiatria come disciplina sanitaria autonoma ed è proprio in questo periodo che si data comunemente la sua vera e propria nascita. Su quali basi tutto ciò possa essere avvenuto lo suggerisce Foucault. L’istituzionalizzazione di questa disciplina è stata

15

M. FOUCAULT, Il potere psichiatrico [...], cit., pp. 19-20.

16

Ivi, p.20.

17

Ivi, pp.136-137.

30


possibile perché in quel momento gli asili ricevevano uno “statuto medico” sotto la guida di individui con la “qualifica di medico”.18 L’obiettivo dell’istituzione psichiatrica in quel periodo era la creazione di bisogni nel malato. La stessa pratica dell’isolamento, che fino a poco tempo prima era utilizzata con lo scopo di creare una forte scissione tra l’alienato e la famiglia dove si credeva essersi sviluppata la sua malattia, ora si arricchiva di una nuova idea. L’isolamento creava nel malato un bisogno, quello di libertà ed è su questo che si costruiva la base della cura.19 Il manicomio era un luogo isolato ai margini della città o distante da essa perché la vita dei cittadini “sani” non si incontrasse con la follia ed era garanzia di tranquillità e sicurezza per la società. I contatti tra il dentro ed il fuori erano ridotti fino quasi all’annullamento, nessuna infiltrazione o scambio avveniva fra le due realtà. Il manicomio si evolve in contemporanea con la disciplina psichiatrica. Mentre la nuova scienza diventa sempre più autonoma e riconosciuta anche questi luoghi della malattia mentale mutano, divenendo sempre più autosufficienti. Il loro aspetto somiglia a quello di una piccola città che dentro le mura ospita tutti i servizi necessari per non fare affidamento sull’esterno. “I malati devono essere convinti che i capi hanno a loro disposizione i mezzi per impedire il male. La popolazione di un istituto per alienati forma una società dalla quale bisogna bandire lo spirito insurrezionale.”20 Il pazzo veniva portato in questi luoghi con la forza e dentro il recinto vedeva persi i suoi diritti, la sua libertà e individualità. Nessun oggetto personale lo avrebbe più caratterizzato

18

Ivi, p.24.

19

Ivi, p.149.

20 p.53.

J. GUISLAIN, Leçon orales sur la phrénopathie, Gand 1852 op. cit., 31


all’interno della struttura, nessun diritto permesso di prendere decisioni. Tutto era controllato e deciso dal direttore per ottenere dominazione sull’alienato e realizzare il processo di normalizzazione. Gerarchie e tattiche nel manicomio Il personale dei manicomi era il motore dell’istituzione, direttore, sorveglianti e inservienti lavoravano seguendo gerarchie e tattiche codificate. Il direttore non era l’unico riferimento del potere, nel manicomio si era instaurata una rete di forze oppressive che dovevano possedere alcune specifiche caratteristiche fisiche per essere abili nel loro lavoro. Troviamo esplicativo fare cenno ad alcune descrizioni della figura del direttore, dei sorveglianti e degli inservienti poiché non bastava conservare una retta morale verso il comune obiettivo per lavorare nei manicomi. Fodere, Pinel, Esquirol21 descrivono la figura del direttore come un uomo virile con fisico nobile, caratteristica fondamentale nell’approccio con l’alienato per avere la meglio ed imporsi sullo stesso. “Capelli bruni o incanutiti dagli anni, occhi vivaci, contegno fiero, membra e torace che comunichino forza e salute, lineamenti marcati, voce forte ed espressiva: sono questi i tratti che esercitano di solito una grande impressione su coloro che si credono al di sopra di tutti gli altri”22. Nel suo primo approccio psichiatrico con il malato il medico è solo un corpo. Perché il potere funzioni c’è bisogno di una rete di relazioni e gruppi organizzati dove l’uno può essere d’aiuto all’altro o dove l’uno è più influente dell’altro, così in un “sistema di differenze” può adattarsi il potere. Se il medico psichiatra appena descritto è al centro di questo sistema, intorno alla sua figura sono sorveglianti e inservienti gli elementi più vicini. I primi sono gli occhi dello specialista e senza

21 Fodere, Pinel ed Esquirol furono tre medici psichiatri francesi che operarono tra il XVIII ed il XIX secolo. 22 32

F.E. FODÉRÉ, trattato sul delirio, op. cit., p.88.


alcuna conoscenza specifica hanno il compito di registrare e riportare le condizioni dei malati. Sono il filtro imparziale tra la malattia ed il medico. Statura proporzionata, muscoli tonici e vigorosi, fermezza nel tono e nei modi sono alcune delle caratteristiche che deve avere un buon sorvegliante. Alla base di questo sistema di poteri troviamo una figura dallo strano compito: l’inserviente. Egli deve osservare i malati da un altro punto di vista, deve sembrare compiacente ai loro bisogni e alle loro richieste in modo da poter osservare da vicino il comportamento dell’alienato e poterlo comunicare ai sorveglianti: Sarà bene che quasi sempre gli inservienti appaiano ai loro occhi - degli alienati - come domestici, anziché come guardiani [...] tuttavia, poiché essi non devono obbedire ai folli e sono spesso anzi costretti a reprimerli, per conciliare l’idea del servizio con il rifiuto dell’obbedienza, e per eliminare ogni equivoco, sarà compito del sorvegliante suggerire abilmente ai malati che chi li serve ha ricevuto determinate istruzioni e ordini dal medico, a cui essi non possono venire meno senza averne ottenuta direttamente l’autorizzazione.23 Queste tre figure determinano l’organizzazione gerarchica all’interno del manicomio. Foucault immagina la rete come una “disposizione tattica” dove ognuno ha un ruolo e insieme agli altri permette l’esercizio incontrastato del potere psichiatrico.24 Ripensando a quanto appena descritto vediamo come il medico specialista sia fortemente legato alla rete degli altri operatori e persino al luogo fisico della psichiatria. Facendo riferimento anche alla composizione stessa della struttura, tutti hanno ruoli ben definiti allo scopo di far sembrare tutta la macchina un insieme coordinato e unico. Il manicomio è il luogo dove la malattia deve essere curata e lo fa

23

Ivi, p.18.

24

M. FOUCAULT, Il potere psichiatrico [...], cit., p.16. 33


aggiungendo qualcosa alla realtà esterna. È lo stesso manicomio che presenta un surplus di realtà e fa da sfondo al potere semplicemente riproponendo la realtà. In questo luogo i medici hanno potuto sostenere l’inevitabile necessità dell’isolamento del manicomio dall’esterno e il potere decisionale assoluto sugli avvenimenti interni in nome della nascente psichiatria. Contemporaneamente, sempre facendo riferimento alla realtà dentro le reti, i medici disponevano che i manicomi dovessero avere l’aspetto di villaggi, di luoghi della quotidianità simili a fabbriche o colonie dove apparentemente la linea tra dentro e fuori era quasi invisibile.25 Il potere psichiatrico prima di essere un intervento terapeutico, consiste in un certo modo di amministrare e di gestire: è un regime”.

Fig. 2

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.55.

25

Ivi, p.161.

34


Approfondimento E la stampa non sta a guardare: l’appendice psichiatrica A metà del XIX secolo l’autonomia della scienza psichiatrica era ormai affermata e in alcuni Atenei si prevedevano già dei corsi specialistici mentre i maggiori esponenti della crescente comunità degli alienisti tenevano lezioni pubbliche sempre più affollate. La penisola era però caratterizzata da modus operandi differenti di territorio in territorio e l’obiettivo era quello di unificarli. I tentativi in questo senso furono molti anche dal punto di vista legislativo che tratteremo con la dovuta attenzione nel capitolo seguente. Per raggiungere lo scopo e normalizzare finalmente le pratiche psichiatriche diffondendone le peculiarità e gli avanzamenti, lo psichiatra Biagio Gioacchino Miraglia26 fondò nel 1843 il primo periodico sulla psichiatria italiana: il Giornale medico-storicostatistico del Reale morotrofio del Regno delle due Sicilie per la parte citeriore al Faro.27 Non ebbe grande fortuna e circolò solo per un breve periodo ma fu la prova sulla quale perfezionare una seconda pubblicazione ben più organizzata e curata. Nel 1852 viene pubblicata la prima Appendice psichiatrica alla Gazzetta medica italiana-Lombardia sotto la direzione di Bartolomeo Panizza28 e la redazione di Andrea Verga29. Questo lavoro esercitò una concreta influenza nel senso di unificazione nazionale della disciplina. Il Verga la presentò come un’ opera priva di scritti polemici e ricca di osservazioni cliniche e articoli dei più svariati e innovativi temi sulla malattia mentale.

26 Biagio Gioacchino Miraglia, (Cosenza, 21 agosto 1814 – Napoli, 14 marzo 1885), è stato uno psichiatra, poeta e patriota italiano, che operò in qualità di medico all’Ospedale Psichiatrico di Aversa, tenne il primo corso in tema di malattia mentale all’Università di Napoli. 27 Angelo MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, Dedalo, Bari 1988, p.1181. 28 Bartolomeo Panizza, (Vicenza, 15 agosto 1785 – Pavia, 17 aprile 1867), fu medico e docente universitario. 29 Andrea Verga, (Treviglio (Bergamo), 30 Maggio 1811 – Milano, 21 Novembre 1895), formatosi alla scuola di Bartolomeo Panizza viene considerato uno dei fondatori della psichiatria italiana. 35


Oltre all’unificazione della disciplina Verga, Panizza e gli altri miravano alla costruzione di un’associazione di medici alienisti italiani, sottosezione della disciplina medica generica, per poter essere ammessa ai congressi scientifici. Quest’idea pone basi solide per la futura organizzazione della Società freniatrica30. Ottenuto il riconoscimento definitivo nell’ambiente sanitario, la psichiatria si allea alle autorità di governo ricevendo da queste la piena delega al trattamento delle questioni sociali di ordine pubblico. La società sana poteva farsi totalmente da parte o al più osservare compassionevolmente da lontano i fatti manicomiali.

Fig. 3 Appendice psichiatrica in Gazzetta medita italiana, 1852. In: http://userscontent2.emaze.com/images/92727e09-62bb-47ca-9d3bab6c4fdfe14d/635353490444871729_fs11.jpg. Consultato il 17/07/2017.

30 La Società freniatrica fu fondata nel 1873 da Andrea Verga per riunire la comunità psichiatrica. Nel 1932 assunse il nome di Società Italiana di Psichiatria. 36


Il Grande internamento Il XIX secolo visse nei suoi ultimi decenni un aumento esponenziale dei ricoverati in manicomio. Questo imponente internamento psichiatrico aveva diverse cause: la situazione economica italiana vacillava tra periodi caratterizzati da buona produzione agricola e altri in cui la disponibilità alimentare subiva crolli vertiginosi. Deve perciò esserci stato un nesso tra l’aumento di ricoveri e la povertà registrata, un collegamento confermato anche dai documenti che indicavano un gran numero di internati causato dalla pellagra31.

Fig. 4

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.124.

31 La Pellagra è una malattia legata alla malnutrizione e causata dalla mancata o dalla scarsa assunzione di vitamine del gruppo B. 37


Nonostante questi motivi, le ragioni del grande internamento sono da ricercarsi, in egual misura, anche nell’influenza sulle questioni di ordine pubblico assunta dalla psichiatria. Essa offriva una nuova soluzione ai problemi sociali proponendo la reclusione come risposta a certi tipi di devianza. Questa offerta è un’alternativa all’internamento indifferenziato nelle carceri e perciò più avanzata e socialmente accettabile. Il manicomio era quel luogo che consentiva contemporaneamente di controllare e di sperimentare. Aumentando i numeri di ricoveri, cresceva la richiesta di ampliare i manicomi o di costruirne di nuovi, più grandi e capienti per far fronte alla pazzia in crescita. Non siamo in grado di quantificare il potere psichiatrico ma possiamo immaginare responsabilmente che dove più grande era la presenza dell’istituzione più grande era l’entusiasmo e l’impegno della corporazione degli alienisti.32 Le cause del grande internamento si possono ricondurre alle condizioni di cambiamento e instabilità che caratterizzavano la situazione dell’epoca e alla corporazione degli alienisti. Senza gli accadimenti che avevano portato alla soluzione dell’internamento tutto questo si sarebbe dilatato in tempi probabilmente ben più lunghi. Pensiamo quindi che non sia di secondaria importanza il ruolo della società in queste dinamiche che da essa prendono avvio. “Gli psichiatri sono gli strumenti di questa risposta, e gli arbitri pressoché assoluti dell’entità della stessa”33. Il XX secolo tra disattenzioni e modesti cambiamenti La grande velocità di crescita del numero di internati è probabilmente paragonabile solo all’aumento del potere della comunità degli alienisti. Questi, dopo numerosi tentativi, vedono finalmente nel 1904 l’emanazione di una Legge che dava loro, anche dal punto di vista normativo e a livello nazionale, pieno controllo sulla follia.

32 Romano CANOSA, Storia del manicomio in Italia dall’unita a oggi, Feltrinelli, Milano 1979, pp.87-99. 33 38

Ivi, p.99.


Nelle attuali condizioni il nostro manicomio ben può meritare la definizione che gli fu data dagli stessi sanitari che vi sono preposti, di non essere altro che una baraonda ed una fabbrica di cronici dove i malati, per mancanza di aria, di ambiente adatto, di sorveglianza, di assistenza razionale, anziché migliorare, peggiorano34 I primi decenni del secolo scorso, dopo il traguardo raggiunto con la Legge del 1904, non registrarono lo stesso fervore che fino a pochi anni prima aveva caratterizzato il mondo della psichiatria. Era periodo di calma involontaria, probabilmente dettato dal ritardo imposto dalla situazione delle tecnologie, non ancora pronte per consentire alla psichiatria di fare passi avanti. Non essendo capace di progredire oltre le scoperte fatte fino a quel momento, il mondo degli psichiatri si ripiegò su se stesso. Ogni nuovo studioso di spicco dichiarava le sue pratiche rivoluzionarie decretando l’inumanità delle precedenti e così uno dopo l’altro, dentro lo stesso recinto, proclamavano come verità assoluta, l’uno che l’altro si ingannava.35 Nella prima metà del XX secolo si sperimentarono nuovi metodi di cura delle malattie mentali attraverso terapie molto dissimili da quelle in uso fino a quel momento. Si sostituirono alle prescrizioni dietetiche e di erbe calmanti i metodi di shock. Si espansero rapidamente l’insulinoterapia, lo choc convulsivante tramite iniezioni di cardiazol e l’elettrochoc che Ugo Cerletti propose a Roma nel 1939, null’altro che la sostituzione del cardiazol con la corrente elettrica. Questi metodi ebbero una così rapida espansione che presto vennero applicati in tutta Europa. In particolare l’ultimo fu quello più diffuso, visto che era facile da somministrare ed è plausibile pensare che non vi siano scappati molti alienati in quegli anni. Nella seconda decade del secolo apparve la psicoanalisi che dopo le prime opinioni contrastanti riuscì a diffondersi occupando

34 Enormità rilevate dall’inchiesta nel manicomio di Como, Corriere della Sera, 3 marzo 1906, p.4 in R. CANOSA, Storia del manicomio [...] cit., p.123. 35

R. CANOSA, Storia del [...] cit., p.151. 39


comunque un posto marginale rispetto al filone classico della psichiatria che lavorava in maniera conservativa. Le nuove tecniche non diminuirono gli internamenti, essi continuarono invece ad aumentare nel periodo fra le due guerre mondiali, calarono invece in corrispondenza del secondo conflitto mondiale.

40


1.2

LE RAGIONI DEL CAMBIAMENTO. LUOGHI, TEMPI E AVVENIMENTI Il luogo della malattia mentale è un ricovero di problemi sociali, un posto sollevato dalla sua primaria intenzione di cura e ghetto di una sezione particolarmente debole della popolazione. L’istituzione psichiatrica, con il passare del tempo e in accordo con l’andamento delle altre istituzioni del paese, si diramò, dividendosi in una serie di istituti con caratteristiche ogni volta differenti e sempre mantenendo le sue recinzioni.1 Gli ospedali psichiatrici assorbivano il male della società presentandosi come luoghi paterni e di contenimento di tutto ciò che costituiva la conflittualità sociale,2 diventando luoghi per escludere dall’organizzazione sociale le persone che manifestavano comportamenti pericolosi, improduttivi, imprevedibili o semplicemente povere e sole. La struttura psichiatrica era il risultato del fallimento della medicina, del carcere, della scuola, delle politiche sociali: si era ripiegata su se stessa e, nella convinzione di crescere e ammodernarsi, era regredita alla situazione dalla quale si era generata. La sua descrizione assomiglia a quella degli asili che Pinel, Esquirol e i loro contemporanei descrivevano due secoli prima. Queste erano le condizioni del manicomio alla vigilia del cambiamento. Su queste basi era chiaro che una rivoluzione del manicomio e il tentativo di un suo miglioramento, non sarebbero stati che altri passi inutili. Autoritarismo e forza segnavano la vita dei ricoverati, palesando come il manicomio fosse diventato luogo da cui il malato doveva essere salvato. Per rompere tutto questo bisognava ribaltare completamente le ragioni per cui era nato. Sorgeva per contenere la follia e controllare il corpo e a partire da questo malsano concetto doveva e poteva essere distrutto.

1 In questo modo vogliamo accennare alla proliferazione sul suolo nazionale delle cliniche psichiatriche universitarie, delle cliniche private e dei manicomi giudiziari che da soli meriterebbero un approfondimento. 2 F. GIACANELLI, E. GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria [...] cit., p.3. 41


Ci sono alcune semplici fondamentali domande per comprendere la storia e le motivazioni della rivoluzione basagliana. Il 13 maggio 1978 il Parlamento Italiano emana la Legge n.180. Quel giorno ha impresso una svolta radicale nell’organizzazione della psichiatria. Chi ha permesso che questo accadesse, in quali condizioni e in quale contesto storico lo scopriremo nelle prossime righe. Gorizia: la base del cambiamento La situazione dell’istituzione psichiatrica nella seconda metà del XX secolo versava in una forte stagnazione, senza prospettive. Questa condizione offriva in partenza un terreno fertile per ribaltare le cose. Dei destini degli internati se ne occupò Franco Basaglia e li cambiò. Io sono entrato nell’Università tre volte e per tre volte sono stato cacciato. La prima volta, dopo tredici anni come assistente universitario, quando ero come si dice “alla vigilia della cattedra”, il professore mi disse “ascolti, Basaglia, penso che sia meglio che lei vada a lavorare in manicomio”. E così diventai direttore del manicomio di Gorizia. La seconda volta, sull’onda della ribellione del Sessantotto, fui incaricato dell’insegnamento di Igiene mentale all’Università di Parma, incarico che ho esercitato per otto anni, durante i quali sono stato isolato come un appestato. Fortunatamente avevo molti allievi che frequentavano le mie lezioni e così spero di aver “corrotto” un bel po’ di gente. La terza volta ho vinto il concorso nazionale per ordinario e mi hanno proposto la cattedra di neuropsichiatria geriatrica, con l’evidente volontà di emarginarmi. Ho preferito rifiutare e tornare in manicomio.3 Ecco spiegato l’approdo di Basaglia a Gorizia, città divisa a metà dal confine con la Jugoslavia, un luogo marginale.

3 Franco BASAGLIA, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, pp.155-156. 42


Più al limite rispetto a questo posto c’era probabilmente solo Trieste. Era il 1961 quando partecipò e vinse il concorso per la direzione dell’ospedale psichiatrico di Gorizia dove entrò in contatto diretto con quella realtà che distrusse con tutte le sue energie. Davanti a lui la situazione era disastrosa e questo orrore lo spinse a reagire. Basaglia si circondò di giovani medici, con meno esperienza possibile nella pratica psichiatrica, per iniziare la sua lotta.4 Prima di arrivare a Gorizia aveva già avuto un contatto diretto con l’istituzione chiusa. Da studente di medicina dell’Università di Padova, Basaglia era entrato in carcere dove vi rimase per sei mesi e sperimentò il ruolo del carcerato, nella gerarchia dell’istituzione che vede carcerato e carceriere contrapporsi, entrambi privi di una qualsiasi qualifica umana. Anni dopo, quando entrò da direttore in un’altra istituzione chiusa, il manicomio, Basaglia ritrovò le stesse dinamiche. Questa volta però prendeva il posto del carceriere. Il confronto tra questi due luoghi malati torna spesso nei suoi scritti e in quelli di colleghi e studiosi che hanno dedicato nei decenni successivi saggi sull’argomento. Il Basaglia che arriva a Gorizia era uno psichiatra “filosofo” con lo scopo di riedificare la psichiatria su basi fenomenologiche5. In una conversazione avuta nell’inverno del 1972 con Sartre, egli spiegava: Si tratta della costruzione di un’alternativa pratica che non risponda più ai bisogni di chi la crea, ma a quelli per cui sarebbe formalmente creata. Occorre agire direttamente nella situazione, per arrivare a comprendere quali siano i bisogni cui si dovrebbe rispondere. Bisogna cioè costruire

4 Mario COLUCCI, Pierangelo DI VITTORIO, Franco Basaglia, Mondadori, Milano 2001, p.2. 5 Per approfondire il tema si consiglia la lettura di Mario COLUCCI, Pierangelo DI VITTORIO, op.cit., pp.75-81. e anche del passaggio dedicato allo stesso tema in Davide LASAGNO, Oltre l’istituzione. Crisi e riforma dell’assistenza psichiatrica a Torino e in Italia, Ledizioni, Milano 2012, p.65. 43


assieme agli altri, al malato, al carcerato, a chi abitualmente è oggetto di oppressione e di manipolazione da parte di una classe, anche attraverso la scienza e la tecnica, uno strumento capace di rispondere praticamente ai bisogni, opponendosi alla strumentalizzazione che traduce la scienza in uno dei mezzi di oppressione di classe.6 Basaglia scelse di iniziare l’esperienza goriziana guardando al mondo anglosassone che aveva sviluppato il concetto di comunità terapeutica. Il tentativo non era quello di emulare una situazione già codificata altrove ma di trovare un punto di partenza condivisibile dal quale iniziare il processo di umanizzazione dell’istituzione. Una vera comunità terapeutica maschile fu organizzata in quegli anni a Gorizia, insieme alla quasi totale apertura dell’ospedale e ad altri risultati importanti come ad esempio: la cessazione delle contenzioni fisiche, l’organizzazione di gruppi di lavoro e i risultati del processo di sensibilizzazione della cittadinanza che era stato avviato.7 L’esperienza goriziana assume immediato rilievo a livello nazionale con la pubblicazione de L’istituzione negata8, con cui Basaglia denuncia la situazione dell’ospedale psichiatrico, annunciando il rovesciamento dell’istituzione e quindi di tutto l’insieme di ideologie e valori che avevano permesso la proliferazione e la tutela del manicomio. Il libro, pubblicato nel 1968 da Einaudi, dichiarava anche la presa di coscienza inequivocabile che il manicomio era l’inutile espressione fisica di un’ideologia oramai votata soltanto al controllo. Si svelano così le implicazioni politiche che al posto delle finalità curative muovevano le sorti degli internati che allora erano perlopiù poveri o improduttivi. Da qui la convinzione che la comunità terapeutica, che come

6 Franco BASAGLIA, Franca ONGARO BASAGLIA (a cura di), Crimini di pace, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2009, p.47. 7 Davide LASAGNO, Oltre l’istituzione. Crisi e riforma dell’assistenza psichiatrica a Torino e in Italia, Ledizioni, Milano 2012, p.67. 8 Franco BASAGLIA (a cura di), L’istituzione negata, Baldini Castoldi, Milano 2014. 44


indirizzo era stata utile sia nella costruzione di un rapporto umano tra medico e paziente sia nell’apertura all’espressione libera e personale dei malati nelle assemblee, non era adattabile allo scopo prefissato. Rischiava di tramutarsi in un’altra soluzione tecnica e sterile alle implicazioni sociali. Continuando su questa strada, dice Basaglia, “avremmo chiuso nella nuova ideologia comunitaria - anche noi come gli inglesi - un’istituzione che invece doveva essere ancora aperta”9. La chiusura dell’esperienza, vissuta per undici anni nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, può forse rappresentare un tentativo, da parte del tecnico, di portare fino in fondo il suo rifiuto a essere complice della copertura di un’emarginazione di classe che la scienza legittima attraverso l’alibi del controllo della devianza psichica. Le dichiarazioni allora rilasciate dal gruppo curante sembrano chiarire, più di qualunque commento, il significato di quell’azione. La posizione assunta dai tecnici denunciava una problematica che non trovava modo né possibilità di evolversi, se non riproponendo la logica manicomiale, precedentemente distrutta, che si sarebbe ricostruita nell’isolamento e nell’impossibilità di proporre a un livello diverso la problematica.10 Il punto di vista sul malato La condizione degli internati negli ospedali psichiatrici nei primi anni ‘60 viene fotografata da Basaglia in questo modo: Analizzando la situazione dell’internato in un ospedale psichiatrico [...] potremmo incominciare a dire che egli appare, prima di tutto, come un uomo senza diritti, soggetto al potere dell’istituto, quindi alla mercé dei delegati (i medici) della società, che lo ha allontanato ed escluso. Si è già visto che la sua esclusione o espulsione dalla società

9 Franco BASAGLIA, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, p. 112. 10 Franco BASAGLIA, Franca ONGARO BASAGLIA (a cura di), Crimini di pace, op.cit., p.32. 45


è però più strettamente legata al suo mancato potere contrattuale (alla sua condizione sociale ed economica) che non alla malattia in sé.11 La maggior parte degli internati di cui si parla sono persone rinchiuse da anni, anche da decenni, sotto ordini di internamento tutti uguali e senza motivazioni. Il lavoro che medici e operatori hanno compiuto con i ricoverati fu quello di scoprire, in un meccanismo a ritroso, che cosa restava della malattia e che cosa era il malato prima di essere condannato tale. Il valore più importante che possiamo immaginare, la libertà, era stato tolto al malato e da questa privazione era necessario ripartire perché attraverso la libertà, sperimentandola, ognuno potesse riconoscersi nella sua individualità nel rispetto delle proprie scelte, con la possibilità di esprimersi in una società garante dello sviluppo naturale di tutte le persone che ne fanno parte.

Fig. 1

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.16.

11

F. BASAGLIA (a cura di), L’istituzione negata[...] cit., pp.122-123.

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Uno spiraglio di cambiamento Nel 1968 viene emanata la Legge n. 431, di cui parleremo più approfonditamente nel capitolo dedicato alla legislazione psichiatrica, che si propose come un timido passo avanti o almeno come un tentativo di cambiamento nella questione psichiatrica. Questa Legge veniva redatta nei suoi 12 articoli dopo dieci anni di discussioni e scontri interni. Era una sintesi delle questioni emerse che metteva d’accordo, con tutte le sue lacune, la maggior parte degli specialisti. In realtà la Legge n.431 non condannava la norma del 1904 né la abrogava, si limitava all’introduzione di alcune migliorie che nell’ottica introdotta da Basaglia erano insufficienti. Dopo Gorizia L’esperienza di Gorizia è fallita nel suo intento a causa delle opposizioni dell’amministrazione locale per la creazione di un sistema territoriale di assistenza psichiatrica. Capiamo così come fosse imprescindibile l’organizzazione di una rete di supporti territoriale alle azioni per la salute mentale. Dal primo esperimento si manifesta questa occorrenza che rimane fino ad oggi un aspetto fondamentale e un rivelatore del progresso di ogni situazione. Allontanatosi da Gorizia, Basaglia viene chiamato dall’allora assessore alla sanità della Provincia di Parma alla direzione del manicomio di Colorno. Anche in questa esperienza l’elemento che poi ne determinò l’insuccesso fu l’ostacolo rappresentato dall’amministrazione. Trieste: la dimostrazione che cambiare si può Nel 1971 Basaglia vince il concorso per la direzione dell’ospedale psichiatrico di Trieste e spinto dalla promessa dell’allora presidente provinciale Michele Zanetti, si trasferisce nel capoluogo giuliano12. Il giovane politico garantiva massima libertà su qualsiasi scelta.

12 Basaglia continua per un breve periodo a dirigere l’ospedale psichiatrico di Colorno prima di impegnarsi ufficialmente a Trieste. 47


Da qui in avanti la storia della psichiatria italiana coincide con gli avvenimenti di Trieste per questo motivo proponiamo di fermarci per qualche pagina, con il racconto cronologicamente ordinato, per fare spazio ad un approfondimento sugli avvenimenti specifici che caratterizzarono Trieste prima dell’arrivo di Basaglia. Reputiamo importante rivelare qui anche queste informazioni perché ci aiutano a rispondere ad alcune domande fondamentali: perché l’esperienza di Gorizia fallì; cosa mancava; perché Trieste; quali sono i capisaldi sui quali si sviluppa la situazione attuale.

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TRIESTE PRIMA DEL 1971

A Trieste fino alla metà del XVIII secolo i folli erano ospitati in diversi presidi, perlopiù ospedalieri in giro per la città. Nel 1764 i ricoverati psichiatrici sparsi a Trieste furono riuniti al Conservatorio generale dei poveri costruito per volontà dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa13 mentre, nel 1831, i malati ex carcerati venivano alloggiati in una struttura sul colle di San Giusto sulla scorta dell’indirizzo consigliato da Pinel che in quel periodo stava diffondendosi in Europa. Nel 1884, nell’ospedale maggiore della città, viene aperto un reparto per “ebeti o fatui”, il direttore era Luigi Canestrini che introdusse alcune piccole migliorie nell’usuale trattamento dei malati non distaccandosi però dalle diffuse pratiche di segregazione e terapia. Nello stesso periodo l’osservazione della città mostrava una crescita demografica costante che evidenziava l’urgenza di costruire un nuovo manicomio. A tal scopo la commissione di esperti delegata della sua progettazione analizzò i manicomi esistenti in Austria, in Italia e nel resto dell’Europa riconoscendo maggioritaria la diffusione di strutture a blocco unico. La stessa delegazione optò per l’edificazione di più padiglioni, distribuiti entro un unico recinto, le porte interne aperte e i grandi spazi esterni ne caratterizzavano la struttura che venne inaugurata sul colle di San Giusto il 4 novembre del 1908.14 Ogni padiglione dava

13

Trieste era porto franco dell’Impero asburgico.

14 Peppe DELL’ACQUA, Fuori come va? Famiglie e persone con schizofrenia. Manuale per un uso ottimistico delle cure e dei servizi, Feltrinelli, Milano 2010, pp. 281-282. 50

Fig. 2

Strobl, Tr


rieste, Il frenocomio di Trieste appena aperto - San Giovanni - i padiglioni, 1910. In: http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it. Consultato il 17/07/2017.

ricovero a una categoria di malati che erano stati raggruppati a seconda delle loro reazioni e dei loro comportamenti. Questa organizzazione andava contro i dettami dello statuto del manicomio stesso che mostravano apertura verso un trattamento più umano del malato. I buoni propositi rimasero sulla carta mentre le pratiche di contenzione, seppur gradualmente in diminuzione nel corso degli anni, persistettero fino agli anni ‘70. In queste righe abbiamo riassunto brevemente gli avvenimenti susseguitisi nella città di Trieste introducendo così alcuni luoghi, elementi e atmosfere che la caratterizzano. Manca da evidenziare il fatto che la città fino al trattato di Rapallo del 1920 era austriaca. Per i nostri studi questo elemento è importante. La dominazione austroungarica trasformò la città facendola diventare un polo strategico dell’Impero. Il suo porto era tra i più importanti e attivi a livello mondiale e questo permise a Trieste di conoscere culture differenti e trarne beneficio. Trieste era lo sbocco al mare più importante per Vienna e quindi il collegamento privilegiato con il resto del mondo. La città riceveva l’influsso costante della Mitteleuropa e con esso captava le idee che vi circolavano. Di certo, ad esempio, questa situazione permise alla psicoanalisi freudiana di essere discussa in quella zona.

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MANICOMIO TRIESTE

Fig. 3 Pianta del Manicomio di Trieste. In: http://opp. dicar.units.it/mappa.php . Consultato il 17/07/2017. 52

1. Microscopia e necroscopia 2. Padiglione malattie contagiose 3. Padiglione malattie contagiose 4. Casa dominicale 5. Edificio per l’autorimessa 6. Residenza H Dipartimento di salute mentale 7. Villaggio del lavoro 8. Chiesa del Buon Pastore 9. Lavanderia nuova 10. Villaggio del lavoro 11. Villaggio del lavoro 12. Villaggio del lavoro 13. Villaggio del lavoro 14. Padiglione per malati TBC 15. Padiglione tranquilli uomini 16. Padiglione tranquilli donne 17. Centrale riscaldamento 18. Lavanderia 19. Cucina 20. Teatrino 21. Padiglione suicidi e paralitici uomini 22. Padiglione suicidi e paralitici donne 23. Padiglione agitate donne 24. Padiglione agitati uomini 25. Padiglione semiagitati uomini 26. Padiglione semiagitati donne 27. Padiglione TBC donne 28. Padiglione osservazione e cura donne 29. Padiglione osservazione e cura uomini 30. Villa paganti di prima classe 31. Padiglione di Amministrazione e Direzione 32. Nuovo padiglione osservazione e cura donne 33. Ospedale dei cronici 34. Ospedale dei cronici 35. Padiglione Ralli 36. Padiglione Sai 37. Villa paganti di seconda classe 38. Portineria 39. Villa Renner de Oesterreicher 40. ex Legatoria


5

4

PRIMA

6 7

Fig. 4 Strobl, Trieste 1910, Il frenocomio di Trieste appena aperto - San Giovanni - il teatro. In: http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it/archivioFoto/index. php?nRec=1344&nPrimoElemVisibileMenu=59&nMovimento=2&nRicerca=0&sValoreRicerca=&limitazione_ anni=&limitazione_isAColori=. Consultato il 17/07/2017. Fig. 5 Strobl, Trieste 1910, Il frenocomio di Trieste appena aperto - San Giovanni - la chiesa. In: http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it/archivioFoto/index. php?nRec=1345&nPrimoElemVisibileMenu=59&nMovimento=2&nRicerca=0&sValoreRicerca=&limitazione_ anni=&limitazione_isAColori=. Consultato il 17/07/2017. Fig. 6 Strobl, Trieste 1910, Il frenocomio di Trieste appena aperto - San Giovanni - la scalinata monumentale. In: http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it/archivioFoto/index. php?nRec=1346&nPrimoElemVisibileMenu=59&nMovimento=2&nRicerca=0&sValoreRicerca=&limitazione_ anni=&limitazione_isAColori=. Consultato il 17/07/2017. Fig. 7 Strobl, Trieste 1910, Il frenocomio di Trieste appena aperto - San Giovanni - veduta della parte alta e dell’acquedotto cittadino. In: http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it/archivioFoto/index. php?nRec=1333&nPrimoElemVisibileMenu=59&nMovimento=2&nRicerca=0&sValoreRicerca=&limitazione_ anni=&limitazione_isAColori=. Consultato il 17/07/2017. 53


Fig.8

54

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.142.


L’inizio della rivoluzione Basagliana Il manicomio di Trieste nel 1971 conta 1182 persone ricoverate di cui 840 in regime coatto15, era una struttura architettonicamente degradata e la vita che si consumava tra i padiglioni era infame. Giunto a Trieste, Basaglia riunisce un gruppo di giovani psichiatri, psicologi e studenti con l’obiettivo non di riformare il manicomio ma finalmente di superarlo. Le condizioni di partenza c’erano e le esperienze di Gorizia e di Parma avevano presentato tanti intoppi che Basaglia ora conosceva e poteva meglio aggirare. La serie di importanti avvenimenti che si susseguirono in quegli anni è così ricca che per raccontarla con chiarezza abbiamo deciso di scandirla in brevi paragrafi. Prevenzione, cura e postcura Il primo punto nel programma della nuova equipe riguardava l’uso della Legge n.431 del 1968. Con questa era possibile considerare l’assunzione di un gran numero di ausiliari di assistenza16 e garantire la giusta proporzione tra specialisti e degenti. Anche la possibilità che offriva la legge di trasformare il ricovero coatto in volontario viene colta da molti internati con l’aiuto della nuova équipe. Così facendo i malati cominciarono a vedersi restituire i propri diritti. Trasformare, ristrutturare L’azione veniva accompagnata dalla necessaria trasformazione fisica del manicomio e la metà dei padiglioni dell’ospedale, giudicata impraticabile, e quindi da ristrutturare. L’organizzazione stessa della vita a San Giovanni dettava altre e nuove esigenze per soddisfare le quali si pensò alla progettazione di un unico grande self-service e una nuova lavanderia. I servizi dovevano operare in un contesto ripensato secondo le caratteristiche di una “comunità aperta”. L’ospedale viene ordinato in cinque zone, ognuna con la sua équipe, che davano alloggio ai malati non

15

M. COLUCCI, P. DI VITTORIO, op.cit., p.4.

16 Assunti come tali, dopo aver conseguito un patentino, venivano considerati infermieri psichiatrici. 55


più suddivisi a seconda dei loro comportamenti ma raggruppati per provenienza. Ogni zona faceva capo ad un’area cittadina e provinciale. Le porte sono aperte! Per cambiare c’è bisogno di buone idee e menti giovani e il manicomio di Trieste ne attirò molte. L’amministrazione provinciale concesse numerose borse di studio a professionisti appena usciti dalle università italiane ed europee mentre i loro futuri colleghi, ancora studenti, potevano essere ospitati in alcuni reparti liberati. Le assemblee diventarono momenti irrinunciabili di confronto e discussione. Due al giorno per il personale e periodicamente con i pazienti. Il 1972 è un anno pieno di avvenimenti17 e di eventi. Al manicomio di San Giovanni si sostituiscono i sistemi di contenzione e le terapie di shock con feste e iniziative per restituire la città ai matti e i matti alla città. I collettivi d’arte e gli eventi musicali richiamano i triestini dentro al recinto dell’ospedale e permettono loro di conoscere l’esperienza in opera. Sull’individualità nella società Sul colle di San Giovanni c’era tanta gente senza individualità. Il lavoro della squadra basagliana si concentrò molto sul recupero dell’originalità di ognuno e sul loro reinserimento nel tessuto sociale. Venne definita la figura dell’”ospite”, vennero organizzate numerosissime attività nella città e a San Giovanni. Nel 1972 nasce la Cooperativa lavoratori uniti che farà da apripista e sprone per la costituzione di sempre più numerose e ben organizzate cooperative sociali. Il diritto al lavoro restituì dignità a tanti e la possibilità di vivere in comunità di convivenza sempre più piccole e autonome ristabilì la “normalità”.

17 Vale la pena approfondire il racconto di questo anno così ricco. Per farlo: Peppe DELL’ACQUA, Non ho l’arma che uccide il leone, Stampa alternativa, Catania 2007, pp.130-146. 56


Territorializzare Le operazioni di apertura in atto spostarono il centro della questione sul territorio. La definizione delle cinque zone nell’ospedale era la premessa al collegamento con l’esterno. Le zone davano modo di costituire un filo diretto tra ospedale e città e in quest’ultima di costruire una rete di servizi sempre più forte per raggiungere l’obiettivo di offrire un’assistenza domiciliare. Per rinvigorire questa idea si moltiplicarono i gruppi appartamento e le abitazioni autonome in affitto dall’Istituto Autonomo Case Popolari. In queste abitazioni trovano dimora le molte persone dimesse dall’ospedale che non potevano o volevano tornare nel contesto familiare. Queste case e i primi Centri di salute mentale provocarono la drastica diminuzione dei ricoveri e dei tempi di ricovero in ospedale. Trieste assiste all’organizzazione dei Centri di Salute Mentale ancora prima della legge n.180. Agli inizi del 1977 i ricoverati scendono a 132, di cui 51 coatti e 81 volontari; gli ospiti sono 433. Nel febbraio dello stesso anno viene istituito un servizio di guardia psichiatrica con reperibilità ventiquattr’ore su ventiquattro presso il pronto soccorso dell’Ospedale maggiore, con l’obiettivo di filtrare la domanda psichiatrica, trovare soluzioni più adeguate alla crisi, contrastare il ricorso automatico e routinario al ricovero coatto. Il servizio resterà in funzione fino al 1980, allorché - dopo l’emanazione della legge 180 - sarà trasformato in Servizio psichiatrico di diagnosi e cura con funzioni di pronto soccorso psichiatrico, consulenza presso i reparti ospedalieri e smistamento della domanda nei Centri di salute mentale competenti sul territorio.18 La Legge n. 180 Quando il 13 maggio del 1978 venne promulgata la Legge n.180 l’Ospedale di San Giovanni era del tutto rivoluzionato. Non c’era quasi più traccia dell’Istituzione che lo aveva fondato e con la partenza di Basaglia per Roma, nel 1979, il nuovo direttore, Franco Rotelli ha l’incarico di rafforzare il sistema territoriale.

18

P. DELL’ACQUA, Fuori come va? [...] cit., pp. 287-288. 57


Nel 1980, il 21 aprile, l’ospedale psichiatrico viene ufficialmente chiuso. Questa non è la storia di tutta Italia. Trieste è l’espressione di una magica combinazione di eventi repentini e abitudini stratificate che hanno permesso di sconvolgere l’istituzione e superarla. Nel resto d’Italia in alcuni casi ci sono voluti decenni per chiudere definitivamente i manicomi. La distanza di idee, la lontananza fisica e le basi differenti hanno rallentato il naturale processo di avanzamento ma se in quella città è successo e sta succedendo ancora vuol dire che è possibile andare oltre.

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FONTI Bibliografia Giuliano SCABIA (a cura di), Marco Cavallo - un’esperienza di animazione in un ospedale psichiatrico, Einaudi, Torino 1976. Romano CANOSA, Storia del manicomio in Italia dall’unita a oggi, Feltrinelli, Milano 1979. Franco BASAGLIA, Scritti II 1968-1980, Einaudi, Torino 1982. ESQUIROL, Delle passioni. considerate come cause, sintomi e mezzi curativi dell’alienazione mentale, Marsiglio, Venezia 1982. Ferruccio GIACANELLI, Elena GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria, Zanichelli, Bologna 1982. Alberto GASTON, Genealogia dell’alienazione, Feltrinelli, Milano 1987. Philippe PINEL, La mania. Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale, Marsilio, Venezia 1987. Angelo MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, Dedalo, Bari 1988. Ota de LEONARDIS, Diana MAURI, Franco ROTELLI, L’impresa sociale, Anabasi, MIlano 1994. Renato PICCIONE, Manuale di psichiatria, Bulzoni, Roma 1995. Franco ROTELLI, Per la normalità, Taccuino di uno psichiatra negli anni della grande riforma, Asterios, Trieste 1999. Franco BASAGLIA, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000. Marguerite SECHEHAYE, Diario di una schizofrenica, Giunti, Firenze 2000. 61


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2



QUADRO CRONOLOGICO LEGISLATIVO Per molti secoli la salute mentale fu considerata marginale nei confronti delle questioni sulla salute globale, dal suo sviluppo, quale parte autonoma e singolare di un tutto, ad oggi sono piÚ i decenni trascorsi nell’oblio di legislazioni non rispettate e norme mai applicate che quelli riconoscibili per innovazioni e attenzione al tema. A testimoniare il primo lungo periodo di scarso interesse per la salute mentale troviamo i tentativo di legiferare che animano gli avvenimenti tra il XVIII e il XIX. Ne seguirono una serie di decreti, norme, progetti di legge, alcuni applicati e molti altri rimasti sulla carta, che portarono al sentito bisogno odierno di unificazione e concreta definizione del trattamento psichiatrico. In questo capitolo indagheremo sinteticamente le caratteristiche proprie di ogni passaggio legislativo, da un punto di vista piÚ tecnico, per completare ed

Immagine di inizio capitolo del 1990.

approfondire gli avvenimenti storici trattati in questo testo. Ci poniamo inoltre come obiettivo la chiarificazione dei passaggi chiave, degli arresti e degli avanzamenti delle norme di questo complesso tema.

Immagine pubblicata in www.sospiche.it tratta da un dossier de La Repubblica



2.1

LA SECONDA METÀ DEL XIX SECOLO, UNA STORIA DI TENTATIVI In Italia il trattamento della follia fino all’unità mutava da regione a regione, ogni realtà agiva secondo le sue norme e le sue abitualità. A metà del secolo i tempi erano maturi per la costituzione di una legislazione manicomiale, anche in Italia infatti si palesava sempre più forte la necessità di unificare la disciplina ma una vera legge in questo senso si può datare soltanto all’inizio del XX secolo. Le prime leggi in tema di psichiatria nell’Europa del XIX secolo Ogni legge nacque in seguito ad un periodo caratterizzato dalla responsabilizzazione sui temi manicomiali, costellato di progetti e regolamenti che hanno poi fatto da base, da prova, per le leggi promulgate. L’Inghilterra fu la prima, nel 1774, a considerare il tema, seguita dalla Francia con il titolo XI della legge del 16 agosto del 1790, rivista in seguito nel 1838, a seguire la Germania, nei primi anni del XIX secolo e nel 1850 il Belgio.1 Le prime leggi si videro a partire dal 1838 in Inghilterra e Francia, nello stesso periodo in Italia si cominciava, invece, ad avvicinarsi al tema e quando anche nella nostra penisola si sentì forte il bisogno di una legge al pari di quelle oltreconfine, la figura del medico psichiatra si era già arrogata “l’esclusiva” sulla follia. Stando così la situazione mancava la contrapposizione tra medici e politici che aveva animato i moti in Francia dove si discuteva intorno a considerazioni come quella di Portalis: “noi non facciamo una legge per la guarigione delle persone minacciate o colpite da alienazione mentale; noi facciamo una legge di amministrazione, di polizia, di sicurezza”2. Da qui l’importanza della sicurezza, elemento fondamentale anche

1 Luigi ALFOSSO, La legislazione italiana sui manicomi e sugli alienati, Unione tipografico-editrice torinese, Torino 1907, p.4. 2 Romano CANOSA, Storia del manicomio in Italia dall’unita a oggi, Feltrinelli, Milano 1979, p.48. 69


in Italia ma sempre celato da un’apparente attenzione verso il malato e i suoi interessi, che si dimostrò rimanere del tutto una dichiarazione teorica. Questa era la giustificazione alla procedura, diffusa e condivisa da tutti i paesi, dell’internamento. Il primo tentativo,1849 Notevolmente in ritardo rispetto alla maggior parte degli stati in Europa, il quadro storico della legislazione psichiatrica in Italia comincia a scriversi con il tentativo, portato avanti da Stefano Benansea nel 1849, di regolamentare il ricovero degli alienati per garantire la libertà individuale evitando internamenti non appropriati. Nello stesso anno, sull’onda del forte sentimento di libertà che caratterizzava quel periodo storico della nostra penisola, venne presentato un progetto di legge recante il nome di Bernardino Bertini, che si caratterizza per porre particolare attenzione a temi che negli anni successivi passarono in secondo piano o addirittura non vennero più menzionati. Il Bertini propone nel primo articolo del suo progetto la collocazione obbligatoria dei “mentecatti” che minano la sicurezza e l’ordine pubblico oltre che la sicurezza della famiglia in appositi stabilimenti destinati in senso esclusivo a loro aggiungendo poi nell’Art. 6 che “nessun mentecatto potrà essere ritenuto, nemmeno provvisoriamente, in alcuna prigione”3. Il progetto del Bertini è stato commentato e registrato da G.S. Bonacossa che promosse egli stesso nei medesimi anni una petizione al parlamento subalpino per spingere verso una legge manicomiale nel più breve tempo. Nel documento si ripresentava il problema del rapporto di consegne tra medici e giudici, il Bonacossa indicava la necessaria soppressione dell’Art. 100 del codice penale che prevedeva determinate conseguenze giuridiche in confronto a specifici gradi di follia

3 G.S. BONACOSSA, Osservazioni sulla proposizione di legge del medico collegiato Bernardino Bertini membro della Camera de’ Deputati riguardante la custodia e la cura dei mentecatti e considerazioni sullo stato attuale de’ pazzi in Piemonte, Stamperia Favale e C., Torino 1849, p. 9. 70


Fig. 1

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.82.

per sottrarre il potere decisionale di diagnosi della follia ai giudici e concederlo ad esclusivo parere dei medici. Bonacossa sosteneva anche la necessità della segregazione, diversa dalla pratica carceraria, nelle strutture psichiatriche.4 I progetti non arrivarono mai all’approvazione del Senato e da quel momento in poi, con poco di fatto, si dovranno aspettare quasi 30 anni e l’avvento della Sinistra al potere per registrare altri moti di interesse verso la salute mentale. Nel 1877 il Ministro Nicotera presentò un progetto di legge definito che mostrava diversi punti in comune con la legge francese. Il progetto partiva dall’affermazione della divisione tra istituti manicomiali pubblici e privati, con sezioni separate per i ricoverati pericolosi, dove i mentecatti ospitati dovevano essere mantenuti dalle Province. I folli potevano essere internati nei manicomi tramite decreto del tribunale sotto indicazione del procuratore del Re e con l’opinione di esperti e testimoni. Così il ricovero era previsto in via obbligatoria in quei casi caratterizzati dal manifestarsi di pericolo per sé o per gli altri e anche per chi veniva dichiarato come sanabile, sempre prevedendo le spese del loro mantenimento a carico delle Province a differenza dei cronici e degli alienati innocui di cui si dovevano occupare i Comuni. Il progetto del Ministro Nicotera non fu approvato e nel 1881 ne venne proposto un altro, molto simile, che subì la stessa sorte.

4

Ivi p.13. 71


Fig. 2

Ugo GUARINO, Zitti e buoni, Feltrinelli, Milano 1979, p.83.

Nel 1890 il Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno Crispi presentò un progetto di legge sui manicomi, nelle sue tre diverse forme: privati, pubblici e giudiziari. Questo riprendeva molti punti del progetto di Depetris calcando l’attenzione sulle procedure di internamento obbligatorio mentre alleggeriva le procedure di dimissione, sempre facendo riferimento alla sicurezza pubblica da garantire. Così facendo la medicina era ancora incaricata di un ruolo di controllo sulla sicurezza pubblica, era lo strumento a tal fine. Caduto nel dimenticatoio anche questo tentativo, nel 1891 si rifà avanti Nicotera con un’altra proposta che si concentra l’attenzione sulla figura del Direttore del manicomio sulla scia delle prepotenti richieste dei medici. Un altro punto fondamentale riguardava i beni del malato e la loro tutela. Essa doveva avvenire sotto responsabilità delle autorità a favore del ricoverato che se avesse trovato i suoi beni in disfacimento, nel caso di dimissione dall’istituto, avrebbe potuto subire una ricaduta. Il progetto riportava anche una norma sull’ingresso volontario in manicomio formando dei reparti speciali per l’osservazione all’interno delle strutture manicomiali, ospedali e carceri con l’obbligo di breve permanenza in tali ambienti. Il progetto venne discusso al Senato nel 1892 provocando pareri contrastanti, in quella sede approvato dal Senato viene poi bloccato alla Camera. Ne seguì, nel 1893, il disegno di legge del Presidente del Consiglio Giolitti che integrava i precedenti affermando come il procedimento di cura fosse subordinato alla custodia e 72


soprattutto istituiva definitivamente i manicomi giudiziari. Anche questo progetto non diventò mai legge. Un nuovo tentativo fu fatto nel 1897, anche questo fallimentare, fu seguito da una riproposizione da parte del Ministro Rudinì nel 1898 ottenendo risultato simile come pure il progetto Pelloux del 1899, il più completo fra i documenti fino ad ora citati, che subirà però arresto come i precedenti.

73


2.2

PRIMA METÀ DEL XX SECOLO. L’AFFERMAZIONE UFFICIALE DELL’ISTITUZIONE Il XX secolo si apre con entusiasmo, gli psichiatri guardano al passato soddisfatti e al futuro con determinazione. Il manicomio ha raggiunto un organizzazione perfetta, tutto si articola con ordine e i malati, oggetti, vengono raggruppati con criteri basati sulle esigenze di custodia facilitando così il compito degli operatori. Non sono, infatti, i bisogni e le caratteristiche della cura a comandare il loro collocamento ma il tipo di comportamento che hanno. Agitati, tranquilli, pericolosi, sudici, lavoratori...1 “Nella rete delle istituzioni sociali del giovane stato unitario”, dice Ferruccio Giacanelli2, “la psichiatria italiana che si affaccia sul secolo XX è ormai una entità irrobustita e ben riconoscibile”3 seppure si stia parlando di una nuova specialità medica ancora lontana dalle basi che può vantare la medicina generale a quel tempo, la psichiatria dialoga al pari con “l’altra medicina” e con le istituzioni politiche. Ma per ufficializzare a pieno questa disciplina mancava ancora una legge.4 La Legge n.36, 1904 (Legge Giolitti) “Io non leggerò che qualcuno di questi metodi, perchè sono diversi da provincia a provincia” Sono le parole dell’Onorevole Giolitti al Senato, nel 1903, per denunciare la situazione italiana dell’epoca.5 La mancanza di una legge a livello nazionale dava, infatti, luogo ad una situazione complicata che inevitabilmente aveva portato all’affermazione di metodologie, trattamenti e

1 Ferruccio GIACANELLI, Elena GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria, Zanichelli, Bologna 1982, p.9. 2 Ferruccio Giacanelli (n.p. - Bologna 2012)è stato uno psichiatra italiano, grande sostenitore della chiusura dei manicomi che ha operato principalmente a Bologna, oltre che per la sua attività di medico si ricorda anche per il suo prezioso lavoro di documentazione storica delle vicende della psichiatria in Italia. 3 Ferruccio GIACANELLI, La psichiatria italiana e il suo assetto istituzionale: una lunga metamorfosi in http://www.museodellamente.it/allegati/ La_psichiatria_italiana.pdf. Consultato il 18.08.2017 4

Ibidem.

5

L. ALFOSSO, op. cit., p.11.

74


un’organizzazione molto differenti sul territorio italiano. A dare compimento alla richiesta di unificazione della dottrina fu la Legge n.36 emanata in data 14 febbraio 1904 che porta il nome del Ministro Giolitti. Con le sue dichiarazioni la Disposizione sui manicomi e sugli alienati6 mirava al mantenimento dell’ordine pubblico, che rischiava di essere turbato dai malati mentali, attraverso la custodia di questi ultimi e sotto l’utopia della cura. Uno dei punti fondamentali di questa legge era sicuramente rappresentato dalla perdita dei diritti civili di una persona in seguito al suo ricovero definitivo. Dopo tale dichiarazione, che poteva essere emessa entro 30 giorno dalla data del ricovero per ordinanza del questore e con la certificazione di un medico, l’internato perdeva i suoi diritti e veniva nominato un tutore. Da quel momento era quasi impossibile uscire dal manicomio. L’Art. 1 iniziava così: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a se’ o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché’ nei manicomi”7. Si rende chiaro fin da subito come il paziente passi in secondo piano lasciando in testa l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico basata sulla custodia e giustificata dalla pericolosità e dalla scandalosità dell’alienato.8 Dal testo si capisce inoltre come la Legge Giolitti disponesse: -che il ricovero potesse essere richiesto da parte della famiglia, dal tutore o da chiunque rappresenti in qualche modo l’interesse dell’alienato o della società. -che il ricovero possa essere stabilito dal tribunale su richiesta del

6 Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904. 7 Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904. 8 F. GIACANELLI, E. GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria cit., p.12. 75


Pubblico Ministero e con l’opinione del Direttore dell’Ospedale Psichiatrico. Il tutto dopo un periodo di osservazione che può durare fino ad un massimo di 30 giorni. -che l’Autorità Locale di Pubblica Sicurezza possa ordinare il ricovero provvisorio nell’Ospedale Psichiatrico con certificazione medica9 Quest’ultima disposizione diverrà chiaramente la prassi per molti casi trattandosi spesso di ricoveri con caratteristiche di urgenza. L’argomento delle dimissioni era regolato, in particolare, dall’Art. 3 secondo il quale queste potevano essere concesse con decreto del tribunale, sia su parere del direttore del manicomio sia su richiesta dei parenti o del tutore, concessa eventualmente in questo caso con il parere del medico. È importante notare come questo provvedimento mirasse ad alleggerire le responsabilità dei medici in tema di dimissione e come le Province spingessero talvolta per una politica mirata alla dimissione, questo non per fini ideologici ma per l’apporto positivo al bilancio che offriva.10 Inoltre con il disegno si accentuava il ruolo del direttore che acquisiva “piena autorità’ sul servizio interno sanitario e l’alta sorveglianza su quello economico per tutto ciò che concerne il trattamento dei malati”11. Il disegno subì un iter pieno di critiche e pochi consensi che portò comunque alla sua approvazione grazie anche all’inflessibilità di Giolitti che si rifiutò di apporre modifiche sostanziali al testo o di richiedere nuove proposte.

9 Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904. 10 Si veda a tal proposito l’Art. 6 della Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904 che obbligava le province a provvedere al mantenimento nei manicomi degli alienati poveri. 11 Art. 4 della Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904. 76


Critica alla Legge Giolitti e proposta di riforma Anche negli anni successivi continuarono le critiche e la spinta per riformare la Legge, si discuteva ad esempio sulla mancata istituzione di una precisa gerarchia in quelli che da manicomi si erano trasformati in ospedali psichiatrici.12 Le richieste continuano periodicamente ad affiorare nei sempre più frequenti incontri di specialisti e nelle discussioni delle associazioni di medici psichiatrici che si erano create numerose. Nonostante tutto, dopo la Legge n.36 la storia legislativa psichiatrica in Italia si stabilizza e le prescrizioni date rimangono inalterate fino alla nuova Legge di Riforma del 1968. L’organizzazione degli ospedali psichiatrici era in linea con i dettami del regime fascista che operò per lungo tempo sulla penisola non offrendo così abbastanza margine per modificare questo sistema. I diritti dell’individuo nella Costituzione italiana Con la liberazione nazionale nasce la Costituzione della Repubblica che entra in vigore il 1 gennaio del 1948 dando vita ad un ordinamento democratico che stabilisce una nuova importanza per il tema della salute in generale.13 La nostra Costituzione all’Art.3 prescrive che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” e soprattutto l’Art. 32 recita La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato

12 “Così questa legge va riformata; non fosse che per dare nei Manicomi giusto assetto alla gerarchia del personale, per stabilire le attribuzioni e le retribuzioni dei Medici [...], per togliere i nostri istituti all’ingerenza incompetente e inconcludente delle cliniche psichiatriche” Parole di Raffaele Brugia citate in Ferruccio GIACANELLI, La psichiatria italiana e il suo assetto istituzionale: una lunga metamorfosi in http://www.museodellamente.it/allegati/La_psichiatria_ italiana.pdf. Consultato il 20.08.2017 13 F. GIACANELLI, E. GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria cit., p.16. 77


trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”14 È quindi chiara l’inadeguatezza, di fronte alla Costituzione, del sistema psichiatrico italiano che continuerà con le sue pratiche ancora per decenni prima di allinearsi ai principi del 1948. Dobbiamo aspettare infatti gli anni ‘50 e soprattutto la decade successiva per assistere all’incremento del processo di trasformazione: si diffondono nuove idee ed approcci, circolano i pensieri sulla psicoanalisi e gli studi sociologici. Si introduce anche l’uso degli psicofarmaci, processo immediatamente successivo alla loro scoperta e messa a punto che aiuterà notevolmente medici e infermieri, aprendo spiragli sempre più interessanti verso un trattamento e non una repressione della malattia. La psichiatria comincia a perdere compattezza e anche dal punto di vista legislativo finalmente si ottengono alcuni risultati. La cura del malato comincia ad essere considerata centrale e sostituisce le pratiche di custodia e le esigenze di protezione dei normali dagli alienati. Legge stralcio n.431, 1968 (Legge Mariotti) Nel 1968, il discorso sulla salute mentale trova nuovo spazio nell’opinione pubblica fino ad arrivare alla promulgazione della Legge stralcio Mariotti n. 431.15 Questa non si può considerare completa ma di certo introdusse elementi importanti di riforma come la facoltà di poter richiedere, da parte del cittadino, il ricovero volontario e di poter mutare quello coatto in volontario. Si assiste anche alla cessazione dell’iscrizione obbligatoria nel casellario giudiziale che avveniva ad ogni accoglienza nell’OPP e si comincia a parlare del ruolo del territorio nella psichiatria con l’organizzazione dei Centri di Igiene Mentale, i CIM.

14 Costituzione della Repubblica Italiana in https://www.senato.it/ documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf. 15 F. GIACANELLI, E. GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria op. cit., p.17. 78


Questa legge propone anche la trasformazione dell’ospedale psichiatrico limitando a 600 il numero di degenti con non piÚ di 125 letti a divisione, avvicinandolo cosÏ alle caratteristiche dell’ ospedale generale e determinando inoltre il numero di operatori impiegati in una struttura, con un rapporto mai inferiore a 1 operatore ogni 4 ricoverati16.

16 Angelo FIORITTI, Leggi e salute mentale, panorama europeo delle legislazioni di interesse psichiatrico, Centro Scientifico Editore, Torino 2002. 79


2.3

LA RIVOLUZIONE BASAGLIA, LA LEGGE N.833 E GLI ULTIMI ANNI DEL XX SECOLO “Parliamo adesso della legge sulla psichiatria, che pure è una legge molto difficile da applicare, innanzitutto perché il pregiudizio contro il malato di mente è secolare e non può essere eliminato con una legge, né con una legge sarà eliminato il problema della follia. I principi di questa legge, come ho già detto, hanno origine da una pratica reale. Il lavoro di quindici anni ha dimostrato che si può vivere senza manicomio, ed è a partire da esperienze pratiche che hanno elaborato la legge.”1 Ci siamo! Dove? Davanti alla rivoluzione. Le leggi fino ad ora scritte stanno per subire uno stravolgimento e l’Italia, seguita dal resto del mondo, assiste ad una delle più importanti rivoluzioni del secolo scorso. La Legge n.180 segna un progresso civile tra i più significativi, la mente che con forza lo sostiene è quella di Franco Basaglia: “ciò che deve mutare è il rapporto tra cittadino e società, nel quale si inserisce il rapporto fra salute e malattia. Cioè riconoscere come primo atto che la strategia, la finalità prima di ogni azione è l’uomo, i suoi bisogni, all’interno di una collettività che si trasforma per raggiungere la soddisfazione di questi bisogni e la realizzazione di questa vita per tutti. Ciò significa capire che il valore dell’uomo, sano o malato, va oltre il valore della salute e della malattia...”2 Il 13 maggio 1978 l’emanazione della Legge n.180 ha chiuso un capitolo della psichiatria eliminando di fatto la Legge del 1904 e le normative in tema di malattia mentale presenti fino a quella data nel codice penale e civile. La 180 era una Legge Quadro che anticipava di alcuni mesi parte della Riforma sanitaria generale che recepirà poi con la Legge n.833 tutte le disposizioni della Legge Basaglia.3

1 Franco BASAGLIA, Conferenze brasiliane, R. Cortina, Milano 2000, p.60. 2 Franco BASAGLIA, Franca BASAGLIA ONGARO (a cura di), Crimini di pace, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2009, p.208. 3 80

Ferruccio GIACANELLI, Elena GIACANELLI BORISI, Le parole della


Situazione storica La 180 si inserisce in un periodo storico che vale la pena di accennare. Nello stesso anno, o meglio negli stessi giorni, si approvò la legge sull’aborto volontario mentre il 9 maggio, solo 4 giorni prima della sua approvazione, l’Italia veniva colpita dalla morte di Aldo Moro. Tale avvenimento mise inevitabilmente in secondo piano il dibattito sulla salute mentale. Ricordiamo inoltre che il Governo Andreotti, già evidentemente scosso, si trova a doversi confrontare anche con le richieste del Partito Radicale che minaccia un referendum popolare per l’abrogazione della Legge del 1904. Queste pressioni daranno quindi una spinta all’approvazione della Legge Basaglia. L’esperienza diretta alla base della 180 e la perdita del concetto di pericolosità Uno degli elementi fondamentali di quest’ultima è che mette le radici nell’esperienza sul campo, nelle lotte e conquiste faticosamente ottenute negli anni e nella dimostrazione pratica che la dismissione dei manicomi a favore di una rete di assistenza sul territorio è possibile. Non si tratta di astrazione o utopia ma di prove concrete, di osservazione della realtà, “una realtà che imprigiona la follia in una questione di ordine pubblico”4. Anche questo concetto viene smontato, i problemi di ordine pubblico vengono sottratti definitivamente alla psichiatria5 e cade il concetto giuridico di pericolosità. Il malato, assolto da tale accusa, viene contemporaneamente liberato dalla necessità della sua custodia e il manicomio si sgretola. L’istituzione non ha più ragione di esistere e viene vietata per legge la costruzione di nuovi manicomi mentre gli Ospedali psichiatrici perdono le loro funzioni con l’obiettivo di essere superati, un processo di cambiamento della cura contemporaneo a quello dei suoi luoghi.

psichiatria, Zanichelli, Bologna 1982. p.30. 4 Oreste PIVETTA, Franco Basaglia, il dottore dei matti, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2014, p. 290. 5

Ivi, p. 291. 81


“La denominazione stessa della legge (accertamenti e trattamenti sanitari volontari ed obbligatori) indica un mutamento del punto di vista. L’oggetto non è più, come nelle vecchie normative, la determinazione dei confini della malattia e l’identificazione delle sue categorie, ma è il trattamento della malattia, ed è sulle forme e le ragioni di questo trattamento che interviene la legge. Il trattamento è sanitario, ovvero riguardante tutte le forme di malattia che necessitino eventualmente di un trattamento obbligatorio.”6 Cambio del punto di vista e TSO Un altro punto fondamentale della Legge è la definizione del trattamento sanitario obbligatorio, TSO, e di come questo debba essere realizzato esclusivamente nei casi di assoluta necessità e soprattutto nel pieno rispetto dell’individuo. Si ricorre al TSO in quei casi in cui la situazione psichica di una persona risulta in tale stato di alterazione da non potersi avvalere dell’aiuto sul territorio e richiede un urgente intervento terapeutico che potrà essere attivato a domicilio o nei Centri di salute mentale. Nei casi più gravi la legge organizza la possibilità del trattamento all’interno dell’ospedale generale nel reparto di Servizio psichiatrico di diagnosi e cura ispirandosi così a criteri generali e validi per tutto l’ambito della sanità. Il TSO deve essere proposto da un medico e convalidato da un altro, appartenente al servizio pubblico, prima di essere inviato quale proposta al sindaco che dovrà emettere ordinanza e soprattutto curarsi di avvisare il giudice tutelare al fine di garantire i diritti del paziente. Il medico dovrà motivare il trattamento dopo una settimana se lo ritiene ancora necessario nonostante l’impegno alla cura e l’obiettivo della dimissione. La persona sottoposta al trattamento mantiene i suoi diritti e viene accompagnata costantemente “da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”7.

6 Franco BASAGLIA, Scritti II 1968-1980 dall’apertura del manicomio alla nuova legge sull’assistenza psichiatrica, Einaudi, Torino 1982, P.461. 7 82

Art. 1 della Legge 13 maggio 1978, n.180, Accertamenti e trattamenti


Legge n.833, 1978 Questi concetti verranno, come detto, ripresi dalla Legge n. 833, in particolare ci sembra esplicativo riportare parte del testo dell’Art.2 che definisce gli obiettivi del Sistema Sanitario Nazionale dichiarando di perseguire “la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione, pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici”8 Con queste leggi si tiene finalmente in considerazione l’Art.32 della Costituzione di cui si accennava sopra.9 La territorializzazione C’è un elemento fondamentale della Legge Basaglia che non abbiamo finora palesato ma che ricorre in ogni citazione e influenza ogni aspetto della stessa: la territorializzazione. Il valore rivoluzionario della 180 sta anche in questo concetto e quindi nel processo di dislocazione della psichiatria10. Decentralizzare significa permettere di far fronte alla sofferenza di natura psichiatrica nei luoghi dove il paziente coltiva le sue abitudini, nel territorio. La rilevanza di questa affermazione si ripercuote nella necessaria organizzazione di un’ampia rete di servizi sul territorio che avremo modo di studiare separatamente con la dovuta attenzione.

sanitari volontari ed obbligatori. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.113 del 16 maggio 1978. 8 Art. 2 della Legge 23 dicembre 1978, n.833, Istituzione del servizio sanitario nazionale. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.360 del 28 dicembre 1978. 9 Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamen- tale diritto dell’individuo e interesse della collettivita`, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno puo` essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non puo` in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. 10 Ferruccio GIACANELLI, La psichiatria italiana e il suo assetto istituzionale, op.cit.. Consultato il 18.08.2017. 83


Senza la presunzione di completezza ma sicure di aver nominato i concetti fondamentali della Legge Basaglia rimandiamo il lettore, volenteroso di approfondimento, al testo completo della Legge n.180 presente in Appendice11. La legge n.180 tardò spesso nell’essere recepita, la lontananza, anche fisica, da dove tutto è cominciato fa registrare ancora oggi differenze sostanziali nella sua applicazione. Si registrano comunque dei casi di particolare interesse positivo come quello della regione Friuli Venezia Giulia che recepì da subito tutti gli ordinamenti della 180 con la Legge regionale n. 72/23 promulgata nel dicembre del 1980 che trasformò il Friuli Venezia Giulia in un modello di buone pratiche riguardo all’attuazione della Legge Basaglia. Primo Progetto Obiettivo Salute Mentale Tutti i ritardi, gli ostacoli e i pochi finanziamenti destinati all’espansione di questa Legge portarono nel 1994 al primo Progetto Obiettivo Salute Mentale che definiva gli strumenti da mettere in pratica per attuare la 180 a livello nazionale. Nonostante il ritardo, il Progetto Obiettivo Salute Mentale segna un momento importante dell’evoluzione della sanità psichiatrica seguito poi nello stesso anno dalla Legge n.724 del 23 dicembre che normava il progetto confermando quanto descritto dalla 180 e definendo nel dettaglio standard e tipologie dei servizi sul territorio, favorendo la qualità e la quantità dell’assistenza per diversi motivi: - sancisce il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici; - individua, quale modello organizzativo più idoneo a garantire la continuità terapeutica e l’unitarietà degli interventi, il Dipartimento di Salute Mentale inteso come un insieme integrato di strutture e di servizi, a direzione e coordinamento unica; - precisa che il Servizio di Diagnosi e Cura è parte integrante del Dipartimento di Salute Mentale, anche se collocato in ospedale e/o in un’azienda sanitaria diversa da quella dei servizi territoriali; - sottolinea la necessità di valutare gli esiti degli interventi e la

11 84

Appendice a pagina 91.


qualità dei servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale, dotati di autonomia finanziaria al fine di valutarne l’efficienza; - promuove una nuova fase caratterizzata dalla valutazione delle molte – spesso contrastanti tipologie di servizi e metodologie d’intervento.12 Nel 1996 comparve la Legge n. 662 che sancisce nel 31 gennaio 1997 la data ultima entro la quale le Regioni dovevano adottare programmi per la salute mentale per l’applicazione del Progetto Obiettivo Salute Mentale. Le regioni che non rispetteranno questo limite saranno sottoposte ad una riduzione dei fondi per la sanità nello stesso anno e crescente in percentuale negli anni successivi. In favore dello stesso progetto si decreta che tutti gli averi degli ex ospedali psichiatrici, se non riutilizzati a scopo medico, siano venduti per raccogliere fondi da destinare alla propagazione della legge del ‘94. Il 1997 vede la Legge n.449 che definisce una nuova scadenza, per l’anno successivo, entro la quale applicare gli strumenti dichiarati nella Legge n.662 del 1996 per non incorrere in sanzioni dando così una spinta al cambiamento. Sono anni, quindi, in cui oltre a sancire la chiusura degli Ospedali Psichiatrici, formulando contemporaneamente i criteri di controllo per il monitoraggio del processo di chiusura13, si lavora per individuare luoghi e servizi sul territorio. Assistiamo a numerose iniziative e passi avanti, anche se a volte timidi, segnano questi anni in una scansione rapida del tempo. Secondo Progetto Obiettivo Salute Mentale Il secondo Progetto Obiettivo Salute Mentale del 1998-2000 diventa “adempimento prioritario” nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 che ingloba la salute mentale in quella cerchia di tematiche complesse per le quali stabilisce la creazione di indirizzi ad hoc.14 Nello specifico il Progetto Obiettivo Salute Mentale 1998-2000 definisce gli interventi di prevenzione e

12 http://www.triestesalutementale.it/premesse/leggi.htm. Consultato il 25.07.2017 13

A. FIORITTI, op. cit., p.150.

14

Ivi, p.152. 85


riabilitazione, oltre che cura, di quei disturbi mentali gravi che possono portare all’invaliditĂ anche fisica di una persona incorrendo poi spesso nella cronicizzazione e nell’emarginazione sociale. Il tutto in un contesto progettato per contrastare la diffusione dei disturbi psichici secondo le indicazioni, concordi al Piano Sanitario Nazionale, degli obiettivi primari per la salute che devono specificatamente essere perseguiti a tutti i livelli e quindi da tutti i soggetti pubblici che ne sono responsabili. La 180 non è stata concepita per rimanere immobile ad essere osservata ma per guardare essa stessa i problemi di chi soffre e cambiare quando necessario con impegno e costante attenzione.

86


2.4

30 MAGGIO 2017. DISEGNO DI LEGGE Il Disegno di legge, Disposizioni in materia di tutela della salute mentale volte all’attuazione e allo sviluppo dei principi di cui alla legge 13 maggio 1978, n.1801, presentato il 30 maggio 2017 ci offre l’occasione di chiarire la situazione legislativa italiana. Dai Progetti Obiettivo Salute Mentale ad oggi La Legge n.180 aveva spostato il centro dell’organizzazione psichiatrica sul territorio fondando i dipartimenti di salute mentale. Con egual importanza dobbiamo ascrivere alla legge Basaglia l’abolizione del collegamento tra malattia mentale e pericolosità. Questo enorme passo in avanti porta alla “riscoperta” dei diritti sociali del malato mentale e quindi del diritto alla salute mentale. Eppure un’opera tanto valida, uno dei capitoli della nostra migliore progettazione legislativa ha visto un’applicazione sofferta, lungo l’articolato snodarsi di quasi quaranta anni di storia. Ardui ostacoli e talune incognite interpretative - queste ultime, non di rado, pretestuose - ne hanno incrinato l’effettività e rallentato l’attuazione, almeno fino alla definitiva attuazione dei progetti obiettivo per la salute mentale della seconda metà degli anni novanta, cui si deve il totale completamento delle dimissioni degli ospedali psichiatrici e una maggiore attenzione agli istituti previsti dalla riforma del 1978 con le indicazioni del secondo progetto obiettivo “Tutela salute mentale (1998-2000)”2 Da allora si fanno sempre più frequenti le perplessità sul servizio, le associazioni di famigliari e cittadini vicini al tema denunciano la situazione disomogenea e spesso mal organizzata. Le pratiche descritte dalla legge Basaglia ed i buoni esempi,

1 Il Disegno di legge è stato proposto su iniziativa dei senatori Dirindin, Manconi, Guerra, Zavoli, Granaiola, Amati, Angioni, Battista, Bignami, Campanella, Capacchione, Casson, Corsini, D’Dadda, Fornaro, Gatti, Gotor, Lai, Lo Giudice, Lo Moro, Mastrangeli, Migliavacca, Palermo, Pegorer, Petraglia, Pezzopane, Puppato, Ricchiuti e Maurizio Romani. 2

Ivi, p. 2. 87


oramai consueti in alcune realtà, possono certamente essere applicati ovunque ma in concreto i tempi e le modalità di attuazione sono notevolmente differenti. Direttamente da questa necessità nasce la proposta di legge. La proposta di legge si inserisce in una situazione costruita in 50 anni di amministrazione nazionale e regionale che hanno portato ovunque all’evoluzione del concetto di salute mentale e hanno smosso la situazione. Certo è, però, che le varie amministrazioni locali non sono state sempre in grado di recepire le normative nazionali con la dovuta cura. In questo modo, negli anni, sono state perse numerose occasioni di avanzamento, organizzazione e possibilità per la salute mentale e quindi per i cittadini. Dove la legge n.180 è stata applicata in modo parziale, senza continuità di attenzione e senza il dovuto impegno positivo ed amministrativo ha prodotto situazioni superate caratterizzate da immobilità e carenze. Dall’altro lato le regioni che si sono da subito prodigate per la buona ricezione della Legge dimostrano come sia possibile operare per tutti in un regime di buona efficienza e costante miglioramento. Anche la questione del Trattamento sanitario obbligatorio viene ripresa dal disegno di legge che cita a proposito come: Il ricorso frequente e reiterato al Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) è sintomo di carenza di offerta e di incapacità di intercettare il disagio mentale sul nascere, di assenza di azioni di tipo preventivo dell’acuzie. A riguardo può essere particolarmente significativo il fatto che l’unico servizio per la salute mentale disponibile sulle 24h è il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Questo, 8 volte su 103, è un servizio chiuso e “in ragione del pregiudizio della pericolosità, spesso le porte sono blindate, appaiono i videocitofoni,

3 88

Ivi, p. 6.


le telecamere chiamate a proteggere una preoccupante inaccessibilità e a produrre un forte impatto stigmatizzante”4 Il Capo II della proposta, Articolazione dei servizi su base dipartimentale, parla di questo definendo la gerarchia dei presidi sul territorio e le loro caratteristiche. Gli articoli 5, 6 e 7 parlano rispettivamente del dipartimento di salute mentale, delle forme di partecipazione, del centro di salute mentale e del servizio psichiatrico di diagnosi e cura. L’articolo seguente, il numero 8, specifica invece le peculiarità del centro diurno, delle strutture residenziali e dei percorsi di residenzialità. Questo si rende necessario a causa dell’attuale situazione che evidenzia una disastrosa organizzazione nella maggior parte della penisola italiana. Il disegno di legge del 30 maggio 2017 propone come suo obbiettivo quello di: Rilanciare l’applicazione della legge n.180 del 1978, rafforzarne i contenuti di assistenza effettiva e universale sul territorio nazionale, confermale la portata di definizioni e principi che non meritano di mutare ma, al contrario, di essere sviluppati ed estesi.5

4

Ibidem.

5

Ivi, p. 8. 89



APPARATI legge 14 febbraio 1904, n. 36. disposizioni sui manicomi e sugli alienati. custodia e cura degli alienati. (pubblicata nella gazzetta ufficiale n. 43 del 22 febbraio 1904) g.u. 22.02.1904 n. 043 testo formato da complessivi articoli: 0011 (mancanti 07-11)

art. 1. debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a se’ o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorche’ nei manicomi. sono compresi sottoquesta denominazione, agli effetti della presente legge, tutti quegli istituti, comunque denominati, nei quali vengono ricoverati alienati di qualunque genere. puo’ essere consentita dal tribunale, sulla richiesta del procuratore delre, la cura in una casa privata, e in tal caso la persona che le riceve e il medico che le cure assumono tutti gli obblighi imposti dal regolamento. il direttore di un manicomio puo’ sotto la sua responsabilita’ autorizzare la cura di un alienato in una casa privata, ma deve darne immediatamente notizia al procuratore del re e all’autorita’ di pubblica sicurezza. art. 2. l’ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti,tutori o protutori, e puo’ esserlo da chiunque altro nell’interesse degli infermi e della societa’. essa e’ autorizzata, in via provvisoria, dal pretore sulla presentazione di un certificato medico e di un atto di notorieta’, redatti in conformita’ delle norme stabilite dal regolamento, ed in via definitiva dal tribunale in camera di consiglio sull’istanza del pubblico ministero in base alla relazione del direttore del manicomio e dopo un periodo di osservazione che non potra’ eccedere in complesso un mese. ogni manicomio dovra’ avere un locale distinto e separato per accogliere i ricoverati in via provvisoria. l’autorita’ locale di pubblica sicurezza puo’, in caso di urgenza, 91


ordinare il ricovero, in via provvisoria, in base a certificato medico, ma e’ obbligata a riferirne entro tre giorni al procuratore del re, trasmettendogli il cennato documento. tanto il pretore quanto l’autorita’ locale di pubblica sicurezza, nei casi suindicati, debbono provvedere alla custodia provvisoria dei beni dell’alienato. con la stessa deliberazione dell’ammissione definitiva il tribunale, ove ne sia il caso, nomina un amministratore provvisorio che abbia la rappresentanza legale degli alienati, secondo le norme dell’art. 330 del codice civile, sino a che l’autorita’ giudiziaria abbia pronunziato sull’interdizione. e’ loro applicabile l’art. 2120 del codice civile. il procuratore del re deve proporre al tribunale, per ciascun alienato, di cui sia autorizzata l’ammissione in un manicomio o la cura in una casa privata, i provvedimenti che convenisse adottare in conformita’ delle disposizioni contenute nel titolo x, libro i, del codice civile. art. 3. il licenziamento dal manicomio degli alienati guariti, e’ autorizzato condecreto del presidente del tribunale sulla richiesta o del direttore del manicomio, o delle persone menzionate nel primo comma dell’articolo precedenteo della deputazione provinciale. negli ultimi due casi dovra’ essere sentito il direttore. sul reclamo degli interessati il presidente potra’ ordinare una perizia. in ogni caso contro il decreto del presidente e’ ammesso il reclamo al tribunale. il direttore del manicomio puo’ ordinare il licenziamento, in via di prova, dell’alienato che abbia raggiunto un notevole grado di miglioramento e ne dara’ immediatamente comunicazione al procuratore del re e all’autorita’ di pubblica sicurezza. art. 4. il direttore ha piena autorita’ sul servizio interno sanitario e l’alta sorveglianza su quello economico per tutto cio’ che concerne il trattamento dei malati, ed e’ responsabile dell’andamento del manicomio e della esecuzione della presente legge nei limiti delle sue attribuzioni. esercita pure il potere disciplinare nei limiti del seguente articolo. alle sedute della deputazione provinciale o delle commissioni e consigli amministrativi, nelle quali debbansi trattare materie 92


tecnico-sanitarie, il direttore del manicomio interverra’ con voto consultivo. art. 5. i regolamenti speciali di ciascun manicomio dovranno contenere le disposizioni di indole mista sanitaria ed amministrativa, come quelle relative alle nomine del personale tecnico-sanitario, al numero degli infermieri in proporzione degli infermi, agli orari di servizio e di liberta’, ai provvedimenti disciplinari da attribuirsi secondo i casi, alla competenza dell’amministrazione o del direttore, e ad altri provvedimenti dell’indole suindicata. detti regolamenti dovranno essere deliberati, sentito il direttore del manicomio, dell’amministrazione provinciale dalla commissione amministrativa,se trattisi di opera pia, e saranno approvati dal consiglio superiore di sanita’ con le forme e modi stabiliti dall’art. 198 della legge comunale e provinciale. art. 6. nulla e’ innovato alle disposizioni vigenti circa l’obbligo delle provincie di provvedere alle spese pel mantenimento degli alienati poveri. la spesa pel trasporto di questi al manicomio e’ a carico dei comuni nei quali essi si trovano nel momento in cui l’alienazione mentale viene constatata; quella per ricondurli in famiglia e’ a carico della provincia a cui incombeva l’obbligo del mantenimento; quella pel trasferimento da un manicomio all’altro a carico della provincia che l’ha ordinato. le spese di qualunque genere per gli alienati esteri sono a carico dello stato, salvo gli effetti delle relative convenzioni internazionali. le spese per gli alienati condannati o giudicabili, ricoverati sia in manicomi giudiziari, sia in sezioni speciali di quelli comuni, sono a carico dello stato pei condannati fino al termine di espiazione della pena e pei giudicabili fino al giorno in cui l’autorita’ giudiziaria dichiari non farsi luogo a procedimento a carico di essi. negli altri casi, compreso quello contemplato dall’art. 46 del codice penale, la competenza della spesa e’ regolata dalle norme comuni.

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art. 8. la vigilanza sui manicomi pubblici e privati e sugli alienati curati in casa privata e’ affidata al ministro dell’interno ed ai prefetti. essa e’ esercitata in ogni provincia da una commissione composta dal prefetto, che la presiede, del medico provinciale e di un medico alienista nominato dal ministro dell’interno. il ministro deve disporre ispezioni periodiche. e’ applicabile ai manicomi pubblici e privati la disposizione dell’art. 35 della legge 22 dicembre 1888 sulla tutela dell’igiene e della sanita’ pubblica. le spese per le ispezioni ordinarie e straordinarie sono impostate nel bilancio del ministero dell’interno, salvo rimborso dalle amministrazioni interessate, secondo le norme fissate dal regolamento, nel caso che siano constatate trasgressioni delle disposizioni contenute nella presente legge e nel regolamento. alle dette amministrazioni e’ fatto salvo il regresso contro gli amministratori e gli impiegati responsabili delle trasgressioni. le controversie relative alla competenza di tali spese, sono decise, anche nel merito, dalla iv sezione del consiglio di stato, in camera di consiglio. art. 9. nel caso di gravi trasgressioni della presente legge e del relativo regolamento il prefetto, senza pregiudizio delle sanzioni penali che fossero applicabili, puo’ sentito il consiglio provinciale di sanita’, al quale e’ per l’oggetto aggregato il medico alienista, di cui all’articolo precedente, sospendere o revocare l’autorizzazione di apertura e di esercizio pei manicomi privati. contro tale provvedimento e’ ammesso il ricorso al ministro dell’interno,il quale provvede, sentito il consiglio di stato o il consiglio superiore di sanita’, a seconda dell’indole della controversia. pei manicomi pubblici si provvede in conformita’ della legge che regola l’ente, al quale appartengono. art. 10. le disposizioni degli articoli 98 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e 124 del regolamento amministrativo 5 febbraio 1891, n. 99, sono applicabili a tutti i manicomi pubblici e privati. 94


legge 18 marzo 1968, n. 431 (gu n. 101 del 20/04/1968) provvidenze per l’assistenza psichiatrica. (pubblicata nella gazzetta ufficiale n.101 del 20 aprile 1968) preambolo la camera dei deputati ed il senato della repubblica hanno approvato; il presidente della repubblica promulga la seguente legge: Art. 1. Struttura interna dell’ospedale psichiatrico Gli ospedali psichiatrici dipendenti dalla provincia e da altri enti pubblici devono essere costituiti da due a cinque divisioni, ciascuna delle quali con non piu’ di 125 posti-letto. Art. 2. Personale dell’ospedale Ogni ospedale psichiatrico deve avere un direttore psichiatra, un medico igienista, uno psicologo e per ogni divisione un primario, un aiuto ed almeno un assistente. L’ospedale deve inoltre avere il personale idoneo per una assistenza sanitaria, specializzata e sociale. Tale personale e’ assunto per pubblico concorso. Dovra’ essere in ogni caso assicurato il rapporto di un infermiere per ogni tre posti-letto e di una assistente sanitaria o sociale per ogni cento posti letto. Fino a quando non verra’ diversamente disposto continueranno ad avere vigore le norme che disciplinano lo stato giuridico, il trattamento economico, di previdenza, assistenza e quiescenza del personale dipendente dagli ospedali psichiatrici delle province e degli altri enti pubblici. I regolamenti speciali per ciascun ospedale psichiatrico dovrannocontenere le disposizioni di indole mista sanitaria ed amministrativa relative alle nomine del personale, salvo che sia diversamente stabilito da vigenti norme, agli orari di servizio, alle sanzioni disciplinari e ad altri provvedimenti dell’indole suindicata. Art. 3. Personale dei centri di igiene mentale I centri o servizi di igiene mentale istituiti dalle province, ove non dipendano dal d rettore dell’ospedale psichiatrico, devono essere diretti da un direttore psichiatra. Al centro ed ai servizi da esso dipendenti sono assegnati, di regola, almeno un pedopsichiatra ed un psicologo, medici psichiatri, assistenti sociali, assistenti sanitarie, personale infermieristico ed ausiliario. 95


Art. 4. Ammissione volontaria e dimissioni L’ammissione in ospedale psichiatrico puo’ avvenire volontariamente, su richiesta del malato, per accertamentodiagnostico e cura, su autorizzazione del medico di guardia. In tali casi non si applicano le norme vigenti per le ammissioni, la degenza e le dimissioni dei ricoverati di autorita’. La dimissione di persone affette da disturbi psichici ricoverate di autorita’, ai sensi delle vigenti disposizioni, negli ospedali psichiatrici e’ comunicata all’autorita’ di pubblica sicurezza, ad eccezione dei casi nei quali il ricovero di autorita’ sia stato trasformato in volontario. Tale comunicazione ha carattere assolutamente riservato e non puo’ formare oggetto di notizia, salva la facolta’ di darne informazioni, in via egualmente riservata, ad altre autorita’ dello Stato che ne facciano richiesta esclusivamente a fini di istituto. Art. 5. Concorso dello Stato nelle spese degli enti pubblici per l’assistenza psichiatrica e delle province Lo Stato concorre ai maggiori oneri derivanti alle province e agli enti da cui dipendano ospedali psichiatrici, per l’assunzione delle nuove unita’ di medici, psicologi, infermieri, assistenti sanitarie visitatrici ed assistenti sociali ai sensi del precedente articolo 2 e per l’assunzione di personale indicato nell’articolo 3 nonche’ per i miglioramenti economici ai medici attualmente in servizio nei limiti dei seguenti stanziamenti da iscriversi nello stato di previsione del Ministero della sanita’: lire 8.000 milioni per l’anno 1968; lire 12.000 milioni per l’anno 1969; lire 16.000 milioni per l’anno 1970; lire 23.394 milioni per l’anno 1971 e successivi. L’assunzione del personale occorrente per raggiungere i minimi richiesti dall’articolo 2 e per soddisfare altre esigenze di personale di cui all’articolo 3 nei limiti ritenuti necessari, dovra’ avvenire gradualmente in relazione alle somme stanziate nello stato di previsione della spesa del Ministero della sanita’. Il Ministro per la sanita’, con propri decreti, di concerto con il Ministro per l’interno limitatamente ai centri o servizi di igiene mentale e agli ospedali psichiatrici dipendenti dalle province, autorizzera’ annualmente per ciascuna provincia o altro ente pubblico da cui dipendano ospedali psichiatrici il numero delle nuove unita’ di personale da assumere e le relative spese. 96


Ai fini del concorso dello Stato previsto dal presente articolo, si tiene conto: a) per il personale di nuova assunzione, degli stipendi e delle altre indennita’ a carattere continuativo comunemente corrisposte, nelle misure stabilite dal comma seguente escluse le indennita’ per lavoro straordinario; b) per il personale medico in servizio alla data dell’entrata in vigore della presente legge, della differenza fra gli stipendi tipo e le indennita’ stabilite a norma del comma seguente ed il trattamento economico in godimento alla stessa data. Con decreto del Ministro per la sanita’, di concerto con i Ministri per l’interno e per il tesoro, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, saranno stabiliti, sentite le organizzazioni sindacali di categoria per i miglioramenti dei medici, gli stipendi tipo per ciascuna categoria di personale e le voci e le misure delle indennita’ di cui alla lettera a) del precedente comma. L’erogazione dei fondi e’ condizionata alla prova dell’effettiva assunzione del personale e alla corresponsione dei miglioramenti economici ai medici. All’onere derivante dall’applicazione del primo comma del presente articolo per l’anno finanziario 1968 si fa fronte mediante riduzione del fondo iscritto nella parte corrente dello stato di previsione del Ministero del tesoro destinato al finanziamento dei provvedimenti legislativi in corso per l’esercizio medesimo. Il Ministro per il tesoro e’ autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio. Art. 6. Contributi a province Il Ministro per la sanita’ e’ autorizzato a concedere, sui fondi stanziati con il precedente articolo 5, contributi a quelle province che, non disponendo di ospedale psichiatrico proprio ed avvalendosi, in base a regolari convenzioni, di istituti ospedalieri eretti in ente morale e non aventi finalita’ di lucro, provvedano a migliorare l’assistenza ai malati di mente secondo i criteri della presente legge.

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Art. 7. Rimborsi I medici provinciali sono autorizzati a corrispondere le somme dovute alle amministrazioni provinciali per gli ospedali da esse gestiti e agli enti pubblici da cui dipendano ospedali psichiatrici ai sensi del precedente articolo con ordinativi tratti su aperture di credito che il Ministero della sanita’ potra’ emettere entro il limite che non superi l’importo di lire 300 milioni per ciascuna apertura di credito, in deroga al disposto di cui all’articolo 56 del regio decreto 18 novembre 1923, numero 2440, modificato dalla legge 2 marzo 1963, n. 386. Le amministrazioni degli enti indicati nel precedente comma devono allegare all’istanza di rimborso i seguenti atti: a) provvedimento del Ministero della sanita’ con il quale sono stati determinati il numero del personale da assumere e l’ammontare delle spese gravanti sul bilancio dello Stato; b) provvedimenti da cui risultino l’effettiva assunzione del personale e la corresponsione degli stipendi e delle indennita’ ammesse al rimborso. Art. 8. Contributi per le attrezzature tecnico-sanitarie A valere sulle disponibilita’ del fondo nazionale ospedaliero di cui all’articolo 33 della legge sugli enti ospedalieri e sulla assistenza ospedaliera, il Ministero della sanita’ puo’ concedere contributi e sussidi agli ospedali psichiatrici dipendenti dalle province e da altri enti pubblici, per il rinnovo delle attrezzature tecnico-sanitarie degli ospedali e dei servizi di igiene mentale, per il miglioramento e adeguamento di esse nei casi in cui la quota della retta di degenza stabilita ai sensi delle vigenti disposizioni non riesca a coprire le spese occorrenti, osservando le norme dell’articolo 5 della legge 26 giugno 1965, n. 717. Art. 9. Garanzia per l’assunzione dei mutui La Cassa depositi e prestiti e gli enti ed istituti pubblici autorizzati a concedere mutui garantiti da delegazioni ai comuni e alle province possono concedere mutui anche agli enti pubblici da cui dipendano ospedali psichiatrici per la costruzione di nuovi ospedali, l’ampliamento, la trasformazione e l’ammodernamento degli ospedali esistenti, nonche’ per l’acquisto delle relative attrezzature di primo impianto. 98


Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il tesoro, saranno definite le modalita’ relative al conferimento delle delegazioni. Gli enti di previdenza sono autorizzati, nei limiti del 10 per cento delle disponibilita’ investibili in beni patrimoniali, a concedere mutui agli enti da cui dipendano ospedali psichiatrici. Art. 10. Finanziamento per le costruzioni ed attrezzature ospedaliere psichiatriche Fino a quando non saranno istituite le Regioni a statuto ordinario, il Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per la sanita’, concede alle province e agli enti da cui dipendano ospedali psichiatrici i contributi previsti dalla legge 3 agosto 1949, n. 589, dalla legge 30 maggio 1965, n. 574 e dalla vigente legge sui contributi per le costruzioni ospedaliere e per l’estensione della legge 30 maggio 1965, n. 574, alle cliniche universitarie, nei limiti da queste stabiliti. Art. 11. Abrogazione E’ abrogato l’articolo 604, n. 2, del codice di procedura penale per quanto attiene all’obbligo dell’annotazione dei provvedimenti di ricovero degli infermi di malattie mentali e della revoca di essi nel casellario giudiziario. Art. 12. Le amministrazioni pubbliche da cui dipendono attualmente ospedali psichiatrici, per quanto concerne il numero delle divisioni, provvederanno ad adeguarsi ai limiti fissati dall’articolo 1 entro il termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. data a roma, addi’ 18 marzo 1968 saragat moro - mariotti - taviani- colombo - pieraccini - reale - boscogui visto, il guardasigilli: reale 99


Legge 13 maggio 1978, n. 180 “ Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori “ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1978, n. 133. Art. 1 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato e di enti o istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico. Art. 2 Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale. Le misure di cui al secondo comma del precedente articolo possono essere disposte nei confronti delle persone affette da malattie mentali. Nei casi di cui al precedente comma la proposta di trattamento sanitario obbligatorio può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui all’ultimo comma dell’articolo 100


1 da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel precedente comma. Art. 3 Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale. Il provvedimento di cui all’articolo 2 con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 e dalla convalida di cui all’ultimo comma dell’articolo 2, deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune. Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno e al consolato competente, tramite il prefetto. Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico di cui all’articolo 6 è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso. Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del 101


sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare. Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo. La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio. Art. 4 Revoca e modifica del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio. Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio. Sulla richiesta di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato. Art. 5 Tutela giurisdizionale. Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare. Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma dell’articolo 3, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio. Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico ministero. Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione. 102


Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo aver assunto informazioni e raccolte le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti. I ricorsi ed i successivi procedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non è soggetta a registrazione. Art. 6 Modalità relative agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale. Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presìdi psichiatrici extra ospedalieri. A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge i trattamenti sanitari per malattie mentali che comportino la necessità di degenza ospedaliera e che siano a carico dello Stato o di enti e istituzioni pubbliche sono effettuati, salvo quanto disposto dal successivo articolo 8, nei servizi psichiatrici di cui ai successivi commi. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con riferimento agli ambiti territoriali previsti dal secondo e terzo comma dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, individuano gli ospedali generali nei quali, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, devono essere istituiti specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura. I servizi di cui al secondo e terzo comma del presente articolo - che sono ordinati secondo quanto è previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, per i servizi speciali obbligatori negli ospedali generali e che non devono essere dotati di un numero di posti letto superiore a 15 - al fine di garantire la continuità dell’intervento sanitario a tutela della salute mentale sono organicamente e funzionalmente collegati, in forma dipartimentale con gli altri servizi e presìdi psichiatrici esistenti nel territorio. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano le istituzioni private di ricovero e cura, in possesso dei requisiti prescritti, nelle quali possono essere attuati trattamenti sanitari obbligatori e volontari in regime di ricovero. In relazione alle esigenze assistenziali, le province possono stipulare con le istituzioni di cui al precedente comma convenzioni ai sensi del successivo articolo 7. 103


Art. 7 Trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica. A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge le funzioni amministrative concernenti la assistenza psichiatrica in condizioni di degenza ospedaliera, già esercitate dalle province, sono trasferite, per i territori di loro competenza, alle regioni ordinarie e a statuto speciale. Resta ferma l’attuale competenza delle province autonome di Trento e di Bolzano. L’assistenza ospedaliera disciplinata dagli articoli 12 e 13 del decreto-legge 8 luglio 1974, numero 264, convertito con modificazioni nella legge 17 agosto 1974, n. 386, comprende i ricoveri ospedalieri per alterazioni psichiche. Restano ferme fino al 31 dicembre 1978 le disposizioni vigenti in ordine alla competenza della spesa. A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge le regioni esercitano anche nei confronti degli ospedali psichiatrici le funzioni che svolgono nei confronti degli altri ospedali. Sino alla data di entrata in vigore della riforma sanitaria, e comunque non oltre il 1° gennaio 1979, le province continuano ad esercitare le funzioni amministrative relative alla gestione degli ospedali psichiatrici e ogni altra funzione riguardante i servizi psichiatrici e di igiene mentale. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano programmano e coordinano l’organizzazione dei presìdi e dei servizi psichiatrici e di igiene mentale con le altre strutture sanitarie operanti nel territorio e attuano il graduale superamento degli ospedali psichiatrici e la diversa utilizzazione delle strutture esistenti e di quelle in via di completamento. Tali iniziative non possono comportare maggiori oneri per i bilanci delle amministrazioni provinciali. E’ in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni neurologiche o neuropsichiatriche. Agli ospedali psichiatrici dipendenti dalle amministrazioni provinciali o da altri enti pubblici o dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza si applicano i divieti di cui all’articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 1978,n. 43. Ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura degli ospedali generali, di cui all’articolo 6, è addetto personale degli ospedali psichiatrici 104


e dei servizi e presidi psichiatrici pubblici extra ospedalieri. I rapporti tra le province, gli enti ospedalieri e le altre strutture di ricovero e cura sono regolati da apposite convenzioni, conformi ad uno schema tipo, da approvare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della sanità di intesa con le regioni e l’Unione delle province di Italia e sentite, per quanto riguarda i problemi del personale, le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative. Lo schema tipo di convenzione dovrà disciplinare tra l’altro il collegamento organico e funzionale di cui al quarto comma dell’articolo 6, i rapporti finanziari tra le province e gli istituti di ricovero e l’impiego, anche mediante comando, del personale di cui all’ottavo comma, del presente articolo. Con decorrenza dal 1° gennaio 1979 in sede di rinnovo contrattuale saranno stabilite norme per la graduale omogeneizzazione tra il trattamento economico e gli istituti normativi di carattere economico del personale degli ospedali psichiatrici pubblici e dei presidi e servizi psichiatrici e di igiene mentale pubblici e il trattamento economico e gli istituti normativi di carattere economico delle corrispondenti categorie del personale degli enti ospedalieri. Art. 8 Infermi già ricoverati negli ospedali psichiatrici. Le norme di cui alla presente legge si applicano anche agli infermi ricoverati negli ospedali psichiatrici al momento dell’entrata in vigore della legge stessa. Il primario responsabile della divisione, entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, con singole relazioni motivate, comunica al sindaco dei rispettivi comuni di residenza, i nominativi dei degenti per i quali ritiene necessario il proseguimento del trattamento sanitario obbligatorio presso la stessa struttura di ricovero, indicando la durata presumibile del trattamento stesso. Il primario responsabile della divisione è altresì tenuto agli adempimenti di cui al quinto comma dell’articolo 3. Il sindaco dispone il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera secondo le norme di cui all’ultimo comma dell’articolo 2 e ne dà comunicazione al giudice tutelare con le modalità e per gli adempimenti di cui all’articolo 3. L’omissione delle comunicazioni di cui ai commi precedenti 105


determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio. Tenuto conto di quanto previsto al quinto comma dell’articolo 7 e in temporanea deroga a quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6, negli attuali ospedali psichiatrici possono essere ricoverati, sempre che ne facciano richiesta, esclusivamente coloro che vi sono stati ricoverati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e che necessitano di trattamento psichiatrico in condizioni di degenza ospedaliera. Art. 9 Attribuzioni del personale medico degli ospedali psichiatrici. Le attribuzioni in materia sanitaria del direttore, dei primari, degli aiuti e degli assistenti degli ospedali psichiatrici sono quelle stabilite, rispettivamente, dagli articoli 4 e 5 e dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128. Art. 10 Modifiche al codice penale. Nella rubrica del libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 6 del codice penale sono soppresse le parole: “di alienati di mente”. Nella rubrica dell’articolo 716 del codice penale sono soppresse le parole: “di infermi di mente o”. Nello stesso articolo sono soppresse le parole: “a uno stabilimento di cura o”. Art. 11 Norme finali. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3 e 3-bis della legge 14 febbraio 1904, n. 36, concernente “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati” e successive modificazioni, l’articolo 420 del codice civile, gli articoli 714, 715 e 717 del codice penale, il n. 1 dell’articolo 2 e l’articolo 3 del testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, nonché ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge. Le disposizioni contenute negli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della presente legge restano in vigore fino alla data di entrata in vigore della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale. 106


Fino a quando non si provvederà a modificare, coordinare e riunire in un testo unico le disposizioni vigenti in materia di profilassi internazionale e di malattie infettive e diffusive, ivi comprese le vaccinazioni obbligatorie, sono fatte salve in materia di trattamenti sanitari obbligatori le competenze delle autorità militari, dei medici di porto, di aeroporto e di frontiera e dei comandanti di navi o di aeromobili. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Data a Roma, addì 13 maggio 1978 Leone - Andreotti - Bonifacio - Anselmi Visto, il Guardasigilli: Bonifacio La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Art. 1. (I principi) La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita’ mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignita’ e della liberta’ della persona umana. Il servizio sanitario nazionale e’ costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attivita’ destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalita’ che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Nel servizio sanitario nazionale e’ assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attivita’ e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore 107


sociale attivita’ comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettivita’. Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge. Art. 2. (Gli obiettivi) Il conseguimento delle finalita’ di cui al precedente articolo e’ assicurato mediante: 1) la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un’adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunita’; 2) la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro; 3) la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata; 4) la riabilitazione degli stati di invalidita’ e di inabilita’ somatica e psichica; 5) la promozione e la salvaguardia della salubrita’ e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro; 6) l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo, nonche’ la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali ed il controllo della loro alimentazione integrata e medicata; 7) una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell’informazione scientifica sugli stessi diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocivita’ e la economicita’ del prodotto; 8) la formazione professionale e permanente nonche’ l’aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale. Il servizio sanitario nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue: a) il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese; b) la sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari; c) le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternita’ e dell’infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, 108


le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalita’ perinatale ed infantile; d) la promozione della salute nell’eta’ evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l’integrazione dei soggetti handicappati; e) la tutela sanitaria delle attivita’ sportive; f) la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione; g) la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione, pur nella specificita’ delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici; h) la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo. Art. 3. (Programmazione di obiettivi e di prestazioni sanitarie) Lo Stato, nell’ambito della programmazione economica nazionale, determina, con il concorso delle regioni, gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale. La legge dello Stato, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale di cui all’articolo 53, fissa i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini. Art. 4. (Uniformita’ delle condizioni di salute sul territorio nazionale) Con legge dello Stato sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale e stabilite le relative sanzioni penali, particolarmente in materia di: 1) inquinamento dell’atmosfera, delle acque e del suolo; 2) igiene e sicurezza in ambienti di vita e di lavoro; 3) omologazione, per fini prevenzionali, di macchine, di impianti, di attrezzature e di mezzi personali di protezione; 4) tutela igienica degli alimenti e delle bevande; 109


5) ricerca e sperimentazione clinica e sperimentazione sugli animali; 6) raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanita’, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono fissati e periodicamente sottoposti a revisione i limiti massimi di accettabilita’ delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti di natura chimica, fisica e biologica e delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno. Art. 5. (Indirizzo e coordinamento delle attivita’ amministrative regionali) La funzione di indirizzo e coordinamento delle attivita’ amministrative delle regioni in materia sanitaria, attinente ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione economica nazionale, ad esigenze di rigore e di efficacia della spesa sanitaria nonche’ agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari, spetta allo Stato e viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro della sanita’, sentito il Consiglio sanitario nazionale. Fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, l’esercizio della funzione di cui al precedente comma puo’ essere delegato di volta in volta dal Consiglio dei ministri al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), per la determinazione dei criteri operativi nelle materie di sua competenza, oppure al Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il Ministro della sanita’ quando si tratti di affari particolari. Il Ministro della sanita’ esercita le competenze attribuitegli dalla presente legge ed emana le direttive concernenti le attivita’ delegate alle regioni. In caso di persistente inattivita’ degli organi regionali nell’esercizio delle funzioni delegate, qualora l’inattivita’ relativa alle materie delegate riguardi adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi, il Consiglio dei ministri, su proposta 110


del Ministro della sanita’, dispone il compimento degli atti relativi in sostituzione dell’amministrazione regionale. Il Ministro della sanita’ e le amministrazioni regionali sono tenuti a fornirsi reciprocamente ed a richiesta ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni. Art. 6. (Competenze dello Stato) Sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti: a) i rapporti internazionali e la profilassi internazionale, marittima, aerea e di frontiera, anche in materia veterinaria; l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani all’estero e l’assistenza in Italia agli stranieri ed agli apolidi, nei limiti ed alle condizioni previste da impegni internazionali, avvalendosi deipresidi sanitari esistenti; b) la profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano imposte la vaccinazione obbligatoria o misure quarantenarie, nonche’ gli interventi contro le epidemie e le epizoozie; c) la produzione, la registrazione, la ricerca, la sperimentazione, il commercio e l’informazione concernenti i prodotti chimici usati in medicina, i preparati farmaceutici, i preparati galenici, le specialita’ medicinali, i vaccini, gli immunomodulatori cellulari e virali, i sieri, le anatossine e i prodotti assimilati, gli emoderivati, i presidi sanitari e medico chirurgici ed i prodotti assimilati anche per uso veterinario; d) la coltivazione, la produzione, la fabbricazione, l’impiego, il commercio all’ingrosso, l’esportazione, l’importazione, il transito, l’acquisto, la vendita e la detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, salvo che per le attribuzioni gia’ conferite alle regioni dalla legge 22 dicembre 1975, n. 685; e) la produzione, la registrazione e il commercio dei prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi; f) l’elencazione e la determinazione delle modalita’ di impiego degli additivi e dei coloranti permessi nella lavorazione degli alimenti e delle bevande e nella produzione degli oggetti d’uso personale e domestico; la determinazione delle caratteristiche igienico-sanitarie dei materiali e dei recipienti destinati a contenere e conservare sostanze alimentari e bevande, nonche’ degli oggetti destinati comunque a venire a contatto con sostanze alimentari; g) gli standards dei prodotti industriali; 111


h) la determinazione di indici di qualita’ e di salubrita’ degli alimenti e delle bevande alimentari; i) la produzione, la registrazione, il commercio e l’impiego delle sostanze chimiche e delle forme di energia capaci di alterare l’equilibrio biologico ed ecologico; k) i controlli sanitari sulla produzione dell’energia termoelettrica e nucleare e sulla produzione, il commercio e l’impiego delle sostanze radioattive; l) il prelievo di parti di cadavere, la loro utilizzazione e il trapianto di organi limitatamente alle funzioni di cui alla legge 2 dicembre 1975, n. 644; m) la disciplina generale del lavoro e della produzione ai fini della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali; n) l’omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione; o) l’istituto superiore di sanita’, secondo le norme di cui alla legge 7 agosto 1973, n. 519, ed alla presente legge; p) l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro secondo le norme previste dalla presente legge; q) la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari; le disposizioni generali per la durata e la conclusione dei corsi; la determinazione dei requisiti necessari per la ammissione alle scuole, nonche’ dei requisiti per l’esercizio delle professioni mediche e sanitarie ausiliarie; r) il riconoscimento e la equiparazione dei servizi sanitari prestati in Italia e all’estero dagli operatori sanitari ai fini dell’ammissione ai concorsi e come titolo nei concorsi stessi; s) gli ordini e i collegi professionali; t) il riconoscimento delle proprieta’ terapeutiche delle acque minerali e termali e la pubblicita’ relativa alla loro utilizzazione a scopo sanitario; u) la individuazione delle malattie infettive e diffusive del bestiame per le quali, in tutto il territorio nazionale, sono disposti l’obbligo di abbattimento e, se del caso, la distruzione degli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione; la determinazione degli interventi obbligatori in materia di zooprofilassi; le prescrizioni inerenti all’impiego dei principi attivi, degli additivi e delle sostanze minerali e chimico-industriali nei prodotti destinati all’alimentazione zootecnica, nonche’ quelle relative alla produzione e alla commercializzazione di questi ultimi prodotti; 112


v) l’organizzazione sanitaria militare; z) i servizi sanitari istituiti per le Forze armate ed i Corpi di polizia, per il Corpo degli agenti di custodia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche’ i servizi dell’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato relativi all’accertamento tecnico-sanitario delle condizioni del personale dipendente. Art. 7. (Funzioni delegate alle regioni) E’ delegato alle regioni l’esercizio delle funzioni amministrative concernenti: a) la profilassi delle malattie infettive e diffusive, di cui al precedente articolo 6, lettera b); b) l’attuazione degli adempimenti disposti dall’autorita’ sanitaria statale ai sensi della lettera u) del precedente articolo 6; c) i controlli sulla produzione, detenzione, commercio e impiego dei gas tossici e delle altre sostanze pericolose; d) il controllo dell’idoneita’ dei locali ed attrezzature per il commercio e il deposito delle sostanze radioattive naturali ed artificiali e di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti; il controllo sulla radioattivita’ ambientale; e) i controlli sulla produzione e sul commercio dei prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi. Le regioni provvedono all’approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie in base ad un programma concordato con il Ministero della sanita’. Il Ministero della sanita’ provvede, se necessario, alla costituzione ed alla conservazione di scorte di sieri, di vaccini, di presidi profilattici e di medicinali di uso non ricorrente, da destinare alle regioni per esigenze particolari di profilassi e cura delle malattie infettive, diffusive e parassitarie. Le regioni esercitano le funzioni delegate di cui al presente articolo mediante subdelega ai comuni. In relazione alle funzioni esercitate dagli uffici di sanita’ marittima, aerea e di frontiera e dagli uffici veterinari di confine, di porto e di aeroporto, il Governo e’ delegato ad emanare, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti per ristrutturare e potenziare i relativi uffici nel rispetto dei seguenti criteri: a) si procedera’ ad una nuova distribuzione degli uffici nel territorio, anche attraverso la costituzione di nuovi uffici, in modo da attuare il piu’ efficiente ed ampio decentramento delle 113


funzioni; b) in conseguenza, saranno rideterminate le dotazioni organiche dei posti previsti dalla Tabella XIX, quadri B, C e D, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, nonche’ le dotazioni organiche dei ruoli delle carriere direttive, di concetto, esecutive, ausiliarie e degli operatori, prevedendo, per la copertura dei posti vacanti, concorsi a base regionale. L’esercizio della delega alle regioni, per le funzioni indicate nel quarto comma, in deroga all’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, si attua a partire dal 1 gennaio 1981. Art. 8. (Consiglio sanitario nazionale) E’ istituito il Consiglio sanitario nazionale con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria nazionale e per l’elaborazione e la attuazione del piano sanitario nazionale. Il Consiglio e’ sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla determinazione dei livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le modalita’ di cui al secondo comma dell’articolo 3 e alla ripartizione degli stanziamenti di cui all’articolo 51, nonche’ alle fasi di attuazione del servizio sanitario nazionale e alla programmazione del fabbisogno di personale sanitario necessario alle esigenze del servizio sanitario nazionale. Esso predispone una relazione annuale sullo stato sanitario del paese, sulla quale il Ministro della sanita’ riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno. Il Consiglio sanitario nazionale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della sanita’, per la durata di un quinquennio, e’ presieduto dal Ministro della sanita’ ed e’ composto: a) da un rappresentante per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da un rappresentante della provincia di Trento e da un rappresentante della provincia di Bolzano; b) da tre rappresentanti del Ministero della sanita’ e da un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; difesa; tesoro; bilancio e programmazione economica; agricoltura e foreste; 114


industria, commercio e artigianato; marina mercantile; da un rappresentante designato dal Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica; c) dal direttore dell’Istituto superiore di sanita’, dal direttore dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche e da dieci esperti in materia sanitaria designati dal CNEL, tenendo presenti i criteri di rappresentativita’ e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale. Per ogni membro effettivo deve essere nominato, con le stesse modalita’ sopra previste, un membro supplente che subentra in caso di assenza o impedimento del titolare. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un vicepresidente. L’articolazione in sezioni, le modalita’ di funzionamento e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della sanita’, sentito il Consiglio stesso. Art. 9. (istituto superiore di sanita’) L’Istituto superiore di sanita’ e’ organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale dotato di strutture e ordinamenti particolari e di autonomia scientifica. Esso dipende dal Ministro della sanita’ e collabora con le unita’ sanitarie locali, tramite le regioni, e con le regioni stesse, su richiesta di queste ultime, fornendo nell’ambito dei propri compiti istituzionali le informazioni e le consulenze eventualmente necessarie. Esso esplica attivita’ di consulenza nelle materie di competenza dello Stato, di cui al precedente articolo 6 della presente legge, ad eccezione di quelle previste dalle lettere g), k), m) e n). Le modalita’ della collaborazione delle regioni con l’Istituto superiore di sanita’ sono disciplinate nell’ambito dell’attivita’ governativa di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 5. L’Istituto per l’assolvimento dei propri compiti istituzionali, ha facolta’ di accedere agli impianti produttivi nonche’ ai presidi e servizi sanitari per compiervi gli accertamenti e i controlli previsti dall’articolo 1 della legge 7 agosto 1973, n. 419. Tale facolta’ e’ inoltre consentita all’Istituto su richiesta delle regioni. L’Istituto, in attuazione di un programma predisposto dal Ministro della sanita’, organizza, in collaborazione con le regioni, le universita’ e le altre istituzioni pubbliche a carattere scientifico, corsi di specializzazione ed aggiornamento in materia di 115


sanita’ pubblica per gli operatori sanitari con esclusione del personale tecnico-infermieristico; esso inoltre appronta ed aggiorna periodicamente l’Inventario nazionale delle sostanze chimiche corredato dalle caratteristiche chimicofisiche e tossicologiche necessarie per la valutazione del rischio sanitario connesso alla loro presenza nell’ambiente; predispone i propri programmi di ricerca tenendo conto degli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e delle proposte avanzate dalle regioni. Tali programmi sono approvati dal Ministro della sanita’, sentito il Consiglio sanitario nazionale. L’Istituto svolge l’attivita’ di ricerca avvalendosi degli istituti pubblici a carattere scientifico e delle altre istituzioni pubbliche operanti nel settore; possono inoltre esser chiamati a collaborare istituti privati di riconosciuto valore scientifico. Con decreto del Ministro della sanita’, di concerto con il Ministro del tesoro, verranno determinati gli organici e i contingenti dell’Istituto superiore di sanita’. Il secondo comma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 1973, n. 519, e’ sostituito dal seguente: “La suddivisione dell’Istituto in laboratori, il loro numero e le loro competenze sono stabilite con decreto del Ministro della sanita’, su proposta del Comitato scientifico e del Comitato amministrativo secondo le modalita’ previste dall’articolo 62 della legge 7 agosto 1973, n. 519 La lettera b), primo comma, dell’articolo 13 della legge 7 agosto 1973, n. 519, e’ sostituita dalla seguente: “b) da dieci esperti nominati per tre anni con decreto del Ministro della sanita’ tra personalita’ operanti nell’ambito di universita’ e istituti a carattere scientifico, italiani ed eventualmente stranieri, o nell’ambito del Consiglio nazionale delle ricerche, e da dieci esperti di nazionalita’ italiana nominati per tre anni, con decreto del Ministro della sanita’, tra personalita’ operanti nell’ambito delle universita’ e dei presidi igienico-sanitari regionali. Tali esperti sono nominati su proposta del Consiglio sanitario nazionale”.

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FONTI Bibliografia G.S. BONACOSSA, Petizione al Parlamento del Regno dell’Alta Italia per la modificazione di alcune disposizioni del codice civile, per la soppressione dell’articolo centesimo del codice penale e per la creazione di una speciale legge in riguardo ai mentecatti, Stamperia Favale e C., Torino 1849. Luigi ALFOSSO, La legislazione italiana sui manicomi e sugli alienati, Unione tipografico-editrice torinese, Torino 1907. Franco BASAGLIA, L’istituzione negata, Enaudi, Torino 1968. Laura FORTI (a cura di), L’altra pazzia, mappa antologica della psichiatria alternativa, Feltrinelli, Milano 1975. Carl G. JUNG, Il problema della malattia mentale, Boringhieri, Torino 1975. Franco BASAGLIA, La maggioranza deviante, Einaudi, Torino 1978. Romano CANOSA, Storia del manicomio in Italia dall’unita a oggi, Feltrinelli, Milano 1979. Franco BASAGLIA, Scritti II 1968-1980 dall’apertura del manicomio alla nuova legge sull’assistenza psichiatrica, Einaudi, Torino 1982. Ferruccio GIACANELLI, Elena GIACANELLI BORISI, Le parole della psichiatria, Zanichelli, Bologna 1982. Franca ONGARO BASAGLIA, Salute/malattia : le parole della medicina, Einaudi, Torino 1982. Carlo DOSSI, I mattoidi, Libri Scheiwiller, Milano 1985.

119


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Apparato legislativo Legge 14 febbraio 1904, n.36, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904. Costituzione della Repubblica Italiana. Legge 13 maggio 1978, n.180, Accetamenti e trattamenti sanitari volontari ed obbligatori. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.113 del 16 maggio 1978. Legge 23 dicembre 1978, n.833, Istituzione del servizio sanitario nazionale. Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.360 del 28 dicembre 1978.

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3



VERSO LA SALUTE MENTALE Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i disturbi mentali nella Regione Europea colpiscono annualmente più di un terzo della popolazione. Il carico dato è importante in termini di grandezza e conseguenze sulla persona e colpisce maggiormente le persone più svantaggiate. L’OMS ha confermato nel 2010 come Centro collaboratore il Dipartimento di salute mentale dell’ASS n.1 di Trieste1. Dalla rivoluzione basagliana ad oggi il caso triestino è stato preso ad esempio dall’Organizzazione ed è uno dei rari casi al mondo ad aver ricevuto una nomina specifica al fine di aiutare lo sviluppo dei servizi a sostegno della salute mentale e dell’innovazione. Nello specifico il Dipartimento di Salute Mentale si impegna nello sviluppo di percorsi

di de-istituzionalizzazione e nell’ampliamento dei servizi sul territorio; nella progettazione di politiche dal locale al nazionale; nella preparazione del personale; nella diffusione di pratiche innovative e di reti internazionali. Tutto ciò ci permette di collegare l’esperienza triestina al contesto più ampio della Regione Europea, in particolare al Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale con i suoi sette obiettivi e proposte.

1 Ad oggi il referente coordinatore del centro triestino è Roberto Mezzina psichiatra, direttore del Centro di salute mentale di Barcola e vicepresidente della rete internazionale di buone pratiche IMHCN. Immagine di inizio capitolo Immagine pubblicata in www.brindisireport.it



3.1

LO STATO DELLA “SALUTE MENTALE” IN EUROPA OGGI Nel 1973 Trieste viene nominata “zona pilota” per l’Italia nella ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui servizi di salute mentale a livello europeo. Da quel momento collabora con l’Organizzazione ideando e partecipando a progetti di cooperazione internazionale nel settore della salute mentale. L’OMS ha costantemente monitorato i progressi degli avvenimenti triestini e indica l’atto di chiusura degli ospedali psichiatrici come una tra le rare innovazioni nel campo della psichiatria a livello mondiale1. Cos’è la Salute mentale Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non è solamente l’assenza di malattia o infermità. “Mental health is a state of well-being in which the individual realizes his or her own abilities, can cope with the normal stresses of life, can work productively and fruitfully, and is able to make a contribution to his or her community.”2 L’OMS si impegna da decenni per la promozione della salute mentale in modo che questa riceva un’attenzione paragonabile a quella riservata alla salute fisica. Determinanti sociali della Salute mentale La salute in generale ed in particolare quella mentale viene influenzata da differenti fattori socio-economici che il sistema sanitario deve considerare per proporre strategie di prevenzione, cura e postcura. Contemporaneamente ai progressi nell’apprendimento delle scienze cerebrali e della neuroscienza, nel XX secolo è stato osservato uno sviluppo delle idee sulle cause sociali della salute

1

http://www.triestesalutementale.it. Consultato il 17/07/2017.

2 World Health Organization, Promoting mental health: concepts, emerging evidence, practice (Summary Report), World Health Organization, Geneva 2004, p.59. 129


Level 1: Individuals (e.g. school children and workers)

Level 2: Groups (e.g. households and communities)

Level 3: Population (e.g. regions and countries)

Resource inputs

Health-seeking time Health and social care Lifestyle changes (e.g. exercise)

Programme implementation Household support

Policy development and implementation

Indicatori processo

Change in attitudes or behaviour

Change in attitudes or behaviour

Change in attitudes or behaviour

Health outcomes

Functioning and quality of life Mortality (e.g. suicide)

Family burden Violence

Summary measures (e.g. DALYs)

Social capital / cohesion Reduced unemployment

Social inclusion Productivity gains Reduced health care costs

Economic and social benefits e dei

Self-esteem Workforce participation disturbi mentali.

I fattori di rischio per i disturbi mentali: Includono non solo attributi individuali quali la capacità di gestire i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri Cost-outcome domains for the economic analysis of mental health promotion comportamenti e le relazioni con gli altri, ma anche fattori http://www.who.int/mental_health/evidence/en/promoting_mhh.pdf sociali, culturali, economici, politici ed ambientali, tra cui le World Health Organization, Promoting mental health: concepts, emerging evidence, politiche adottate a livello nazionale, la protezione sociale, practice (Summary Report), World Health Organization, Geneva 2004, p.48. lo standard di vita, le condizioni lavorative ed il supporto sociale offerto dalla comunità.3 Il fattore culturale nella salute mentale e i diritti del malato

Fattori di predisposizione - Fattori genetici - Fattori collegati alla gravidanza e alla nascita - Esperienze della prima infanzia - Ambiente familiare - Circostanze sociali - Ambiente fisico - Educazione - Occupazione - Condizioni di lavoro - Abitazione

Fattori di partecipazione ad.es. eventi della vita Salute mentale risorse individuali Contesto sociale attuale ad.es. sostegno sociale

Conseguenze

- Livello di benessere - Salute fisica - Sintomi - Conoscenza e abilità - Qualità delle relazioni - Soddisfazione sessuale - Uso dei servizi - Produttività - Sicurezza pubblica

Società e cultura Fig. 1 Rielaborazione di C.HOSMAN, Modello funzionale. Originale in: http://www.istat.it/it/files/2015/10/Salute-mentale_Giorgio-Alleva_2017.pdf. Consultato il 17/07/2017.

http://www.istat.it/it/files/2015/10/Salute-mentale_Giorgio-Alleva_2017.pdf IL MODELLO FUNZIONALE (C. HOSMAN)

EUROPEAN COMMISSION, The State of Mental Health in the European Union, European Commission, 2004, p.9. 3 http://www.salute.gov.it. Consultato il 17/07/2017. 130


“Il modo in cui la società, la cultura e la scienza considerano i malati di mente è uno degli indicatori più forti delle caratteristiche morali di un paese o di un’epoca, nel bene e nel male: riguarda quindi non solo i malati e i loro congiunti, ma tutta la società”.4 L’ambiente, fisico e sociale, influenza le persone in molti modi, ne determina spesso l’azione e il pensiero. La cultura è uno dei molti nodi da considerare per la comprensione della salute mentale e per migliorarla all’interno del contesto sociale. Per questo, ogni azione deve essere guidata valutando l’eterogeneità dei luoghi e le differenze individuali. La percezione di benessere è determinata anche dal rispetto dei diritti sociali, economici, politici e culturali. L’assenza di queste tutele rende difficile il mantenimento di un buon livello di salute mentale. L’Organizzazione delle Nazioni Unite predispone una serie di principi fondamentali della persona che sono accettati universalmente e che possono guidare gli stati nella progettazione, nell’attuazione e nella verifica delle nuove politiche in tema di salute mentale. I principi fondamentali di uguaglianza e di libertà vanno applicati specialmente nei casi di persone in difficoltà e, quando normati dagli stati, possono offrire un utile sistema per garantire equità nell’esercizio del potere nella società, riducendo l’impotenza dei più deboli nelle questioni comuni.5 La salute mentale è un affare di tutti I disturbi collegabili alla sfera mentale toccano, come vedremo in seguito, una parte rilevante della popolazione europea. Una buona politica in questo senso può dare benefici al vivere comune e all’individuo nella società. A tal fine, la World Health Organization stimola azioni per la promozione e la diffusione

4 Carmine MUNIZZA (a cura di), Salute mentale e diritti, problemi e percorsi di tutela, Edizioni Centro Studi e Ricerche in Psichiatria, Cuneo, 2003, p.8. 5

World Health Organization, Promoting mental health [...] cit., p.23. 131


della salute mentale insistendo sul fatto che queste pratiche influiscono positivamente sulla prevenzione dei disturbi, sul benessere fisico della persona e sulla sua capacità di relazione. A livello più ampio alcune pratiche possono contribuire all’accettazione sociale della persona in difficoltà e del disturbo che la affligge, rendendo l’ambiente comune più sano e sicuro e riducendo al minimo conflitti e violenze.

Level 1: Individuals (e.g. school children and workers)

Level 2: Groups (e.g. households and communities)

Level 3: Population (e.g. regions and countries)

Resource inputs

Health-seeking time Health and social care Lifestyle changes (e.g. exercise)

Programme implementation Household support

Policy development and implementation

Indicatori processo

Change in attitudes or behaviour

Change in attitudes or behaviour

Change in attitudes or behaviour

Health outcomes

Functioning and quality of life Mortality (e.g. suicide)

Family burden Violence

Summary measures (e.g. DALYs)

Economic and social benefits

Self-esteem Workforce participation

Social capital / cohesion Reduced unemployment

Social inclusion Productivity gains Reduced health care costs

Fig. 2 Rielaborazione di WHO, Cost-outcome domains for the economic analysis of mental health promotion. Originale in: World Health Organization, Promoting mental health [...] cit., p.48. Cost-outcome domains for the economic analysis of mental health promotion http://www.who.int/mental_health/evidence/en/promoting_mhh.pdf World Health Organization, Promoting mental health: concepts, emerging evidence, practice (Summary Report), World Health Organization, Geneva 2004, p.48.

Fattori di predisposizione

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- Fattori genetici - Fattori collegati alla gravidanza e alla nascita - Esperienze della prima infanzia - Ambiente familiare - Circostanze sociali

Fattori di partecipazione ad.es. eventi della vita Salute mentale risorse individuali

Conseguenze

- Livello di benessere - Salute fisica - Sintomi - Conoscenza e abilità - Qualità delle relazioni - Soddisfazione


3.2

IL PIANO D’AZIONE EUROPEO E LE STATISTICHE DELLA REGIONE I disturbi mentali sono una delle maggiori problematiche per la sanità pubblica europea in termini di rilevanza, carico della malattia e disabilità. I problemi di salute mentale – tra cui depressione, ansia e schizofrenia – sono le principali cause di invalidità e pensionamento anticipato in diversi paesi: rappresentano un peso grave anche per l’economia e richiedono un intervento a livello politico. L’Europa si sta muovendo con diversi progetti per aiutare la diffusione della salute mentale negli stati membri. Un esempio di questo impegno è il Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale 2013-2020. Strumenti utili per capire la situazione europea in tema di salute mentale sono invece le statistiche sulla sanità. Il Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale 2013-2020 Il Piano d’Azione è conforme ai valori stabiliti da Salute 2020, la nuova politica di riferimento europea per la salute e il benessere, ed è nato per concretizzarne gli obbiettivi. E’ inoltre in sintonia con il programma del Piano d’Azione Globale dell’OMS per la Salute Mentale, percependo i dettami della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2008) e considerando le conclusioni del Patto europeo per la salute e il benessere mentale (2008). Il Piano d’Azione è legato agli altri programmi dell’OMS, compresi quelli relativi all’uguaglianza di genere, ai fattori di rischio, alla salute di infanzia e adolescenza, all’invecchiamento in salute, alle malattie non trasmissibili e ai sistemi sanitari: ognuno di questi programmi scandisce piani e misure nati da un lavoro comune per realizzare le potenzialità per il benessere. Considerate nel loro insieme, le diverse convenzioni, dichiarazioni, strategie e progetti formano la base di riferimento per il Piano d’Azione, chiamato a risolvere le problematiche attuali. La Regione Europea dell’OMS affronta diverse criticità che riguardano sia il benessere mentale della popolazione, sia l’erogazione dell’assistenza sanitaria ai soggetti con problemi 133


di salute mentale. Gli Stati Membri affrontano situazioni comuni: garantire il benessere della popolazione in una fase di mutamento economico, impegnarsi a tutelare i diritti e a rafforzare l’autoconsapevolezza degli utenti dei servizi e delle loro famiglie, proponendo cure di qualità e realizzando al tempo stesso le riforme necessarie nel settore pubblico. L’aspettativa di vita delle persone con disabilità mentali, graduata in base all’età e al sesso, è di svariati anni inferiore a quella della popolazione generale a causa delle interazioni tra stato di salute mentale e fisico che spesso vengono ignorate. Un’informazione inadeguata e la stigmatizzazione della malattia a livello sociale costituiscono un altro fattore importante di sofferenza per il soggetto. Il Comitato Permanente del Comitato Regionale OMS per l’Europa ha monitorato i lavori per la redazione del Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale che è nato dalla collaborazione degli Stati Membri. Alcuni passi del Piano sono particolarmente esplicativi delle intenzioni e degli obiettivi e per questo abbiamo deciso di riportarli di seguito.1

1 World Health Organizatio, The European Mental Health Action Plan 2013-2020, WHO Regional Office for Europe, Copenhagen 2013, pp.2-3. Nella traduzione italiana a cura del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. 134


CONTENUTO DEL PIANO Il Piano si ispira a tre valori: Equità: tutti devono avere la possibilità di raggiungere il massimo livello possibile di benessere mentale e di ricevere un’assistenza commisurata alle loro esigenze. Occorre contrastare qualsiasi forma di discriminazione, pregiudizio o negligenza che impedisce alle persone con problemi di salute mentale di godere appieno dei loro diritti e di accedere equamente alle cure. Empowerment: tutte le persone affette da problemi di salute mentale hanno il diritto, in qualsiasi fase della loro vita, di essere autonomi, di assumersi responsabilità e intervenire nelle decisioni che influiscono sulla loro vita, salute mentale e benessere. Sicurezza ed efficacia: le persone possono avere fiducia nella sicurezza e nell’efficacia di tutte le azioni e gli interventi mirati alla salute mentale della popolazione o al benessere delle persone affette da problemi di salute mentale. Il Piano ha un ambito d’applicazione basato su tre finalità: 1_Migliorare il benessere mentale delle popolazioni e ridurre il carico delle malattie mentali, concentrandosi in particolare sui gruppi vulnerabili, sull’esposizione ai fattori determinanti e sui comportamenti a rischio. 2_Rispettare i diritti delle persone con problemi di salute mentale e offrire loro opportunità eque per il conseguimento della massima qualità della vita, contrastando lo stigma e la discriminazione. 3_Istituire servizi accessibili, sicuri ed efficaci, in grado di rispondere alle aspettative e ai bisogni mentali, fisici e sociali delle persone con problemi di salute mentale e delle loro famiglie. 135


Gli obiettivi del Piano sono 7, di cui i primi 4 definiti “centrali” ed i seguenti 3 “trasversali”: 1_Tutti hanno le medesime opportunità di ottenere il benessere mentale a qualsiasi età e ciò vale in particolare per i soggetti più vulnerabili o a rischio. 2_Le persone con problemi di salute mentale sono cittadini che vedono perfettamente riconosciuti, protetti e promossi i loro diritti umani. 3_I servizi di salute mentale sono accessibili anche dal punto di vista finanziario, competenti e a disposizione della collettività in base al bisogno. 4_ Le persone hanno diritto a una terapia rispettosa, sicura ed efficace. 5_I sistemi sanitari forniscono valide cure per la salute fisica e mentale di tutti. 6_I sistemi per la salute mentale collaborano e si coordinano con altri settori. 7_La governance per la salute mentale e l’erogazione dei servizi sono basati su informazioni e conoscenze attendibili.

136


I Numeri Le statistiche Eurostat sul benessere mentale forniscono alcune importanti indicazioni sullo stato odierno in Europa. Attualmente la maggior parte dei paesi della Regione Europea possiede una regolamentazione in tema di salute mentale e quelli più impegnati stanno mettendo in pratica la realizzazione di reti territoriali di servizi a supporto delle persone con disturbi mentali. La salute mentale è oggi un tema che viene discusso in ogni paese ma le differenze tra di essi sono ampie. Alcuni dati, come la durata dei ricoveri o il numero dei posti letto, possono aiutarci nel definire e localizzare queste divergenze. Dimissioni e durata del ricovero Nel 2014 si contavano 3,5 milioni di dimissioni di pazienti con disturbi mentali e comportamentali dagli ospedali. Essi rappresentavano il 7,4% sul totale in Svezia, il 7,5 in Lussemburgo e solo l’1% nei Paesi Basi con un tasso ancora inferiore in Irlanda. Relativamente alla popolazione, Germania, Austria, Romania e Finlandia sono i paesi con il maggior numero di dimissioni ogni 100.000 abitanti mentre all’altro capo, con rapporti più bassi fino a 10 volte, ci sono l’Irlanda e i Paesi Bassi Sommando i giorni passati in ospedale, in tutta Europa, di pazienti con disturbi mentali si arriva alla cifra di 82 milioni con notevoli differenze nella permanenza media da regione a regione. Nella maggior parte dei paesi europei la lunghezza dei ricoveri è generalmente diminuita tra il 2009 ed il 2014.2 I posti letto Nel 2014 si contavano 370 mila posti letto dedicati alla cura psichiatrica nei paesi dell’Unione europea, costituendo così il 14% del totale. Come vediamo dalla rielaborazione grafica (Fig.2), negli ultimi anni il numero è sceso in quasi tutti gli stati membri con le significative eccezioni rappresentate da:

2

Dati Eurostat in: http://ec.europa.eu. Consultato il 17/07/2017. 137


Germania, Lituania, Romania e Croazia dove i posti letto sono aumentati di più di 4 unità per 100 000 abitanti. Possiamo confrontare la situazione in maniera visiva su dati del 2016 con la mappa riportata.3 Consulti Secondo un’indagine condotta tra il 2006 ed il 2010 su persone dai 15 anni in su la percentuale di individui che hanno consultato uno psicologo varia tra l’1,9% e il 2,7%. Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE partecipanti la percentuale di persone che avevano consultato uno psicologo nei 12 mesi precedenti era più elevata per le donne che per gli uomini: in Bulgaria e Romania le proporzioni erano uguali. La più grande differenza di genere è stata registrata in Repubblica Ceca, dove la quota di donne che avevano consultato uno psicologo era più alta del doppio della quota per gli uomini. Cronicità Un aspetto che vale la pena accennare è l’elevato tasso di cronicità delle malattie mentali. I disturbi mentali nella regione europea colpiscono quasi il 40% del totale delle persone con patologie croniche. Nell’elenco di queste ultime troviamo al primo posto la depressione che, con il 17.7%, rappresenta la malattia cronica più diffusa in Europa. Le statistiche in Italia Come in altri paesi Europei, anche in Italia, l’andamento del benessere psichico è variato a seguito della crisi economica del 2007 tutt’ora in corso. Tra il 2005 e il 2013 si è registrato un aumento del 24% dei disturbi psichici principalmente nella popolazione maschile giovane-adulta. L’incertezza lavorativa e l’insoddisfazione economica hanno contribuito a peggiorare lo stato di salute mentale nella popolazione lavorativamente attiva. Il limite di questa tesi sta

3 138

Dati Eurostat in:http://ec.europa.eu. Consultato il 17.07.1017.


nel fatto che i primi dati statistici sulla salute mentale sono stati registrati dall’anno 2000 e non sono stati considerati periodi precedenti. Per i primi 5 anni non ci sono state grandi variazioni, mentre tra il 2005 e il 2013 si è registrato un incremento riconducibile presumibilmente alla crisi. Ogni regione ha condotto particolari ricerche. Ad esempio l’Emilia Romagna ha riscontrato un aumento dell’utilizzo dei servizi di salute mentale. Il Piemonte ha rilavato un incremento nell’assunzione di antidepressivi.14

14 G. Costa, R. Crialesi, A. Migliardi, L. Gargiulo, G.Sebastiani, P. Sebastiani, P. Ruggeri, F. Menniti Ippolito (a cura di), Salute in Italia e livelli di tutela: approfondimenti dalle indagini ISTAT sulla salute, Rapporti ISTISAN, Roma 2016 139


3.3

LO STATO DELLA “SALUTE MENTALE” IN ITALIA OGGI Il sistema italiano inerente ai servizi territoriali dedicati alla salute mentale viene preso come modello da perseguire a livello internazionale. La rete di assistenza ai malati psichiatrici è costituita da: Dipartimento di salute mentale (Dsm), Centro di salute mentale (Csm), Centro diurno (Cd), Strutture residenziali (Sr), Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (Spdc), Day hospital psichiatrico (Dh). Dipartimento di salute mentale Il Dipartimento di salute mentale (Dsm) ha il compito di coordinare le strutture e i servizi destinati alla cura e all’assistenza dei malati psichiatrici. Centro di salute mentale Il Centro di salute mentale (Csm) è il punto di primo riferimento e si dedica all’assistenza diurna dei cittadini con disturbi psichici. Il Decreto Ministeriale del 24 maggio 1995 lo definisce una “struttura sanitaria che svolge attività’ di assistenza in regime ambulatoriale e domiciliare”, deve essere attivo almeno per 12 ore al giorno 6 giorni la settimana. Ha il compito di seguire nell’ambito territoriale di interesse tutti gli interventi destinati all’assistenza e alla cura dei malati. In questa sede si svolgono: attività diagnostiche, trattamenti psichiatrici, attività di consulenza, vengono studiati piani riabilitativi e di inserimento sociali. Centro diurno Il (Cd) è descritto dal Decreto ministeriale del 24 maggio 1995 come una “struttura semi-residenziale con funzioni terapeuticoriabititative (compreso l’intervento farmacologico) tese a prevenire e contenere il ricovero”. Deve assicurare assistenza almeno per 6 giorni a settimana 8 ore al giorno. I Centri diurni possono essere gestiti da il Dsm ma anche da il privato e i rapporti con queste due figure sono regolati da 140


apposite convenzioni. In questi luoghi si svolgono attività di assistenza ai cittadini affetti da patologie psichiatriche e percorsi riabilitativi volti alla cura di se e all’inserimento sociale e lavorativo. Strutture residenziali Il Decreto Ministeriale del 24 maggio 1995 definisce le Strutture residenziali (Sr) come “strutture che ospitano pazienti con patologia mentale che necessitano di interventi terapeutici e/o riabilitativi a medio e lungo termine in regime di residenzialità’ protetta”. Le Strutture residenziali non possono avere più di 20 posti letto e devono essere collocate in zone urbanizzate per favorire lo scambio sociale. Possono essere gestiti da il Dsm ma anche da il privato e i rapporti con queste due figure sono regolati da apposite convenzioni. Nelle strutture residenziali si svolgono parte delle attività terapeutiche fornite dal Csm atte a favorire l’emancipazione dei degenti. Servizio psichiatrico di diagnosi e cura Il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) è collocato all’interno di strutture ospedaliere (Aziende ospedaliere, Presidi ospedalieri di Aziende sanitarie, Policlinici universitari). Svolge attività di ricovero nei momenti di crisi acuta, attraverso trattamento psichiatrico volontario e obbligatorio. Deve essere garantito un posto letto ogni 10.000 abitanti per un massimo di 16 posti letto in ciascun Spdc. Day Hospital psichiatrico Il Day hospital psichiatrico (Dh) svolge attività di assistenza in regime semiresidenziale. Deve essere aperto almeno 8 ore al giorno per 6 giorni a settimana. Può essere collocato sia all’interno di strutture ospedaliere, con collegamento al Spdc, sia all’esterno con collegamento al Csm. L’accesso viene coordinato dal Dsm per eseguire attività diagnostiche e trattamenti farmacologici.

141



FONTI Bibliografia Kayla F.BERNHEIM, Anthony LEHMAN, Come aiutare la famiglia del malato di mente, Astrolabio, Roma 1987. Peppe DELL’ACQUA, Daniela VIDONI, Elio CAMPIUTTI, Schizofrenia. Informazioni per le famiglie, Biblioteca dell’immagine, Pordenone 1996. Renato PICCIONE, Alessandro GRISPINI (a cura di), Prevenzione e salute mentale, Carocci, Roma 1998. Pier Luigi SCAPICCHIO, Marco TRABUCCHI (a cura di), I servizi psichiatrici nella Sanità riformata, il Mulino, Bologna 1999. Ian R.H. FALLOON, Trattamento integrato per la salute mentale. Guida pratica per operatori e utenti, Ecomind Publications, Salerno 2000. Roberto RUANI (a cura di), Utenti, famiglia e servizi. Risposte integrate al disturbo schizofrenico, FrancoAngeli, Milano 2001. Carmine MUNIZZA (a cura di), Salute mentale e diritti, problemi e percorsi di tutela, Edizioni Centro Studi e Ricerche in Psichiatria, Cuneo, 2003. European Commission, The State of Mental Health in the European Union, European Commission, 2004. World Health Organization, Promoting mental health: concepts, emerging evidence, practice (Summary Report), World Health Organization, Geneva 2004. AA.VV., Crisi psichiatrica e sistemi sanitari, Asterios, Trieste 2005. World Health Organizatio, The European Mental Health Action Plan 2013-2020, WHO Regional Office for Europe, Copenhagen 2013. 143


World Health Organization, Mental Health Action Plan 20132020, World Health Organization, Copenhagen 2013. Sitografia http://www.triestesalutementale.it http://www.salute.gov.it http://ec.europa.eu http://www.televideo.rai.it http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it https://sites.google.com http://www.euro.who.int http://dati.istat.it http://www.who.int Atti e convegni WHO European Ministerial Conference on Mental Health “Facing the Challenges, Building Solutions� Helsinki, Scandic Marina Congress Centre, 12 January 2005.

144




PARTE 2 VERSO UN APPROCCIO POLISENSORIALE



1



BENESSERE POLISENSORIALE E PSICOLOGIA AMBIENTALE Il benessere polisensoriale è un fenomeno complesso che coinvolge tutte le componenti dell’uomo che si trovano ad interagire con un ambiente. Le emozioni provate dall’uomo possono distinguersi in quattro categorie: affettive, cognitive, fisiologiche e comportamentali. Queste sono in qualche modo collegate all’ambiente in base alle caratteristiche personali, alle esperienze passate, allo stato fisico e psicologico attuale e possono influenzare il meccanismo di percezione. 1 Progettare la percezione significa mettere in relazione l’ambiente e l’uomo a seconda delle esigenze di quest’ultimo, dando origine ad una sintonia capace di far comunicare l’organismo con gli oggetti fisici. Costruire un

ambiente, significa quindi creare sensazioni, rievocare ricordi e memorie passate attivando dei meccanismi sinestetici.2 I meccanismi di percezione costituiscono un percorso che dagli organi di senso giunge fino al cervello, permettendo di costruire una realtà attraverso i sistemi percettivi. Tali processi suscitano nell’individuo cambiamenti sul piano fisico-psicologico. Un ambiente, per essere reso gradevole, deve tenere sotto controllo stimoli di tipo visivo, acustico, tattile e olfattivo in modo che questi non diventino elemento di noia nel processo dell’abitare.3

1

Maria Rosa BARONI, Psicologia Ambientale, Il Mulino, Bologna 1998, pp. 83-86.

2

www.coloreesanita.it. Consultato il 26/06/2017.

3

Maria Rosa BARONI, op. cit., pp. 32-33.

Immagine di inizio capitolo

Desirée GRISONI, elaborato grafico concettuale.



1.1

PSICOLOGIA AMBIENTALE La psicologia ambientale è quella scienza che si occupa di come l’ambiente influenza il nostro comportamento e la nostra mente e di come viceversa l’uomo, con la sua mente e il suo comportamento, tende a modificare l’ambiente. Il nostro comportamento e il nostro modo di pensare dipendono strettamente dal dove siamo oltre che dal chi siamo.1 Con il termine ambiente non si considera esclusivamente quello fisico, naturale o costruito, ma anche l’ambiente sociale, che è inevitabilmente collegato agli altri.2 Lo spazio sanitario ha un ruolo fondamentale durante il periodo di ricovero e di cura che ha come protagonista il paziente. La psicologia ambientale fa parte della cosiddetta “EvidenceBased Practice” (EBP)3. Il suo fondatore, il medico David Sackett, afferma che: Le decisioni cliniche, nell’assistenza al singolo paziente, devono risultare dall’integrazione tra l’esperienza del medico e l’utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, moderate dalle preferenze del paziente, lo stato clinico e le circostanze del paziente prendono il posto dell’esperienza clinica come uno degli elementi chiave nelle decisioni cliniche.4

1 Marco COSTA, Psicologia ambientale e architettonica: come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento, Angeli, Milano 2013, p.11. 2

Maria Rosa BARONI, op. cit., p. 10.

3 EBP è un movimento, originario negli anni ’70, che raggruppa in un unico insieme tutte le diverse professioni e discipline che operano sinergicamente per la cura e l’assistenza del singolo paziente. Ha avuto origine nell’ambito della medicina e si è esteso in seguito alle attività sanitarie limitrofe e ad altri settori professionali, come l’architettura. 4 Luisa SAIANI, Anna BRUGNOLLI, Luisa CAVADA, Elisa AMBROSI (a cura di), Evidence Based Practice, Università degli Studi di Verona 2011, p. 6. 153


La psicologia ambientale ha l’obiettivo di comprendere l’uomo come individuo e come parte della società, tenendo in considerazione che la sua capacità di selezionare ed elaborare gli stimoli provenienti dallo spazio provoca emozioni che caratterizzano l’individuo. Lewin e il rapporto uomo-ambiente L’importanza dell’individuo nella progettazione era emersa nel 1936 in una formula matematica enunciata da Kurt Lewin5, il quale introdusse una variabile denominata “fattore umano”. Il rapporto soggetto-ambiente rappresenta il punto di forza del pensiero Lewiniano. Egli afferma, nella teoria denominata “teoria del campo”, che il comportamento è la risultante tra il fattore ambiente e il fattore persona: B(Behavior)=f (E(Environment), P(Person)).6 L’impatto che il costruito può avere sulla vita e sui meccanismi socio-psicologici dell’uomo è portato così all’attenzione. La nascita della psicologia ambientale Negli anni ’50 del XX secolo, al termine della Seconda Guerra Mondiale, inizia a crescere una certa insoddisfazione nei confronti dell’architettura moderna che vedeva come protagonista la maestosità degli edifici e metteva in secondo piano l’utente finale e le sue necessità. I pensieri di numerosi psicologi, urbanisti e architetti, motivati da questo malcontento, si unirono per stabilire quale fosse la reale funzione della progettazione e come essa potesse svilupparsi in funzione dei fruitori ai quali era destinata. Analizzarono inoltre l’impatto che il costruito può avere sulle

5 Psicologo tedesco (1890-1947), pioniere della psicologia sociale e tra i sostenitori della psicologia della Gestalt. Prima di discutere la tesi di Laurea Lewin fu chiamato al fronte, condividendo il destino di molti ebrei tedeschi, chiamati a combattere per la Patria tedesca, e poi da questa sacrificati. Durante questo periodo il giovane Kurt Lewin produsse un breve saggio in cui, anticipando il concetto di “campo”, che sarà poi cardine della sua psicologia, descrisse come la percezione dei luoghi e dei paesaggi cambi, nella mente dei soldati, a seconda della vicinanza o della distanza dal fronte. 6 Kurt LEWIN, A dynamic theory of personality, Mc Grow Hill Book Company, New York 1935, p. 241. 154


attività quotidiane e sui concetti di spazio personale, territorialità e privacy.7 Qualche anno più tardi, nel 1961, si ufficializza questo pensiero con il nome di “psicologia ambientale”. Lo psicologo William Ittelson8, suo fondatore, la definisce come “il tentativo di stabilire una relazione empirica e teorica tra comportamento ed esperienza dell’individuo e il suo ambiente costruito”. Ittelson, insieme allo psicologo americano Harold Proshansky9, propone uno studio relativo all’interazione tra spazio e uomo in un ospedale psichiatrico. L’indagine tratta la possibile correlazione tra l’assetto spaziale/architettonico dell’ospedale psichiatrico e il comportamento dei pazienti, ne deriva la certezza che concentrandosi sulle relazioni tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, analizzando le percezioni, gli atteggiamenti e il coinvolgimento personale si possa favorire il benessere dell’individuo.10 Prima di all’ora la relazione uomo-ambiente era stata già oggetto di una molteplicità di discipline: la filosofia in primo luogo ma anche l’antropologia, la sociologia, la geografia e ancora la biologia; come in queste materie anche nella Psicologia Ambientale l’equilibrio dell’uomo è il principale obiettivo.11 Nel 1968 negli USA nasce un’associazione che si interessa del tema in modo approfondito: l’Environmental Design Research Association (EDRA). La psicologia ambientale entra così di buon diritto nel contesto scientifico internazionale come campo di studio specifico all’interno della generica psicologia. Dopo circa un decennio, nel 1981, anche in Europa viene costituito

7 Marino BONAIUTO, Elena BILOTTA, Ferdinando FORNARA, Che cos’è la psicologia architettonica, Carocci Editore, Roma 2004, pp. 9-10. 8 William Ittelson fu uno psicologolo, tra i maggiori studiosi della psicologia ambientale. 9 Harold Proshansky su uno psicologo ambientale, presidente del centro universitrio di New York. 10 Ferdinando FORNARA, Marino BONAIUTO, Mirilia BONNES, Indicatori di qualità urbana residenziale percepita (IQURO), Manuale d’uso di scale psicometriche per scopi di ricerca e applicative, FrancoAngeli, Milano 2010, p.14. 11

Maria Rosa BARONI, op. cit., p. 10. 155


l’International Association for People-Environment Studies (IAPS) che tratta le stesse tematiche a livello comunitario.12 Il ruolo della psicologia ambientale nello spazio architettonico Nell’attuale psicologia ambientale possiamo individuare due aree di studio protagoniste: la prima controlla la definizione della dimensione spaziale dell’ambiente, ovvero le distanze, le forme, le dimensioni; la seconda può essere associata a proprietà fisiche o particolari stimoli dello spazio stesso come rumore, luminosità e temperatura. Questo tema, soprattutto in ambito sanitario, è oggi molto attuale in quando l’uomo deve avere sotto controllo ciò che lo circonda per sentirsi a proprio agio. La progettazione si deve quindi concentrare sulle emozioni che lo spazio genera, tenendo in considerazione che nel processo di percezione e conoscenza dell’ambiente l’interazione tra il soggetto e l’ambiente stesso ha un peso primario, dagli aspetti fisici più immediati a quelli sociali e affettivi. In questo senso è doveroso citare due ricerche: -l’indagine dello psichiatra inglese Humphry Osmond13, che dopo un‘ attenta analisi e osservazione del rapporto tra gli individui e gli spazi, li divise in due categorie, quella dei “sociofughi” volti a scoraggiare l’interazione umana e quella dei “sociopeti” tesi a favorire gli scambi sociali;14 -lo studio sulla prossemica di Edward Hall15 che individua quattro tipi principali di distanza fra le persone: distanza intima, personale, sociale e pubblica. La suddivisione appena citata,

12 Daniele SIMONETTI, Psicologia Ambientale, in: L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments, Accademia Italiana di Scienze Forestali, 2012, p.102. 13 Humphry Osmond (1 July 1917- 6 February 2004) è uno psichiatra statunitense. Ha approfondito i temi relative alla psicologia, l’ambiente e la società. 14

Daniele SIMONETTI, op. cit., pp. 101,102.

15 Edward Twitchell Hall (Webster Groves, 16 maggio 1914 – Santa Fe, 20 luglio 2009) è stato un antropologo statunitense che si è occupato prevalentemente di prossemica. 156


come scrive la psicologa Maria Rosa Badoni16, raccomanda una progettazione impostata sull’attenta definizione e interazione tra spazio pubblico e spazio privato e sulle possibili azioni che il fruitore vi potrà svolgere.17 Tale principio è direttamente applicabile ai luoghi di cura, dove i pazienti devono accettare e sentirsi a proprio agio negli spazi offerti dalla sanità, in modo da concentrarsi positivamente sul processo di guarigione. L’organizzazione dello spazio deve, quindi, essere suddivisa secondo una logica precisa e l’architettura è lo strumento che favorisce lo sviluppo di ambienti adatti. La psicologia ambientale ha messo in sintonia il pensiero mentale con lo spazio architettonico, psicologia e architettura collaborano l’una con l’altra per favorire la creazione di ambienti che da una parte siano funzionali e dall’altra rispettino i sentimenti delle persone, attente ai processi di percezione dello spazio introducendo anche in materie più tecniche il concetto di benessere dell’individuo.18 I principi della psicologia ambientale acquistano un ruolo indispensabile nella realizzazione dei luoghi di cura, una progettazione consapevole può diventare un potente strumento per promuovere, migliorare e collaborare con la salute.

16 Maria Rosa Baroni, ha insegnato Psicologia Generale e Psicologia Ambientale nella Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova. 17

Maria Rosa BARONI, op.cit., pp. 118-119.

18 Romano DEL NORD (a cura di), Lo stress ambientale nel progetto dell’ospedale pediatrico, Motta architettura, Milano 2006, p. 48. 157


1.2

PSICOLOGIA UMANISTICA La psicologia ambientale si è affiancata alla psicologia umanistica che come afferma Maslow1 consiste nel: Studiare le dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di un’esistenza umana piena e vitale.2 Questa scienza dunque, a differenza della psicologia ambientale tratta unicamente i sentimenti dell’uomo rivendicando una maggiore attenzione verso l’individuo, su ciò che sente e prova nelle esperienze quotidiane. La nascita della psicologia umanistica Uno dei principali esponenti di questa disciplina è lo psicologo statunitense Abram Maslow, che negli anni ‘50 del XX secolo, con il collega Carl Rogers3 si dedica a studiare le emozioni di un’esistenza umana piena e vitale. Maslow concentra e dedica i suoi studi all’umanizzazione della psicologia offrendo alle persone la possibilità di scoprire il senso della vita favorendo così la loro autorealizzazione. 4 L’idea alla base della sua teoria consiste nel vedere l’uomo come un soggetto con un preciso compito: individuare e sviluppare le potenzialità che sono già presenti in se stesso fin dalla nascita e dare senso alla propria vita attraverso l’espressione di sé.5

1 Abraham Harold Maslow (Brooklyn, 1º aprile 1908 – Menlo Park, 8 giugno 1970) è stato uno psicologo statunitense. È noto per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddetta piramide di Maslow. Nel 1954 pubblicò “Motivazione e personalità”, dove espose la teoria di una gerarchia di motivazioni che muove dalle più basse (originate da bisogni primari fisiologici) a quelle più alte (volte alla piena realizzazione del proprio potenziale umano - autorealizzazione). 2

http://www.psicolinea.it. Consultato il 07/06/2017.

3 Carl Rogers (Oak Park, 8 gennaio 1902 – La Jolla, 4 febbraio 1987) è stato uno psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto per i suoi studi di psicoterapia all’interno della corrente umanistica della psicologia. 4

https://www.humanistic-psyc.it. Consultato il 07/06/2017.

5

http://www.nopsych.it. Consultato il 07/06/2017.

158


L’individuo deve trovare senso e motivazione per potersi realizzare, ricercando identità, autonomia, desiderio di eccellere. Lo studioso sostiene inoltre che queste sono attitudini innate ed universali e ogni uomo deve essere incoraggiato a diventare ciò che potenzialmente è.6 La Teoria dei bisogni di Maslow Maslow, nel 1954, ha elaborato la più nota teoria, denominata “Piramide dei bisogni”, sui bisogni dell’individuo suddividendo le principali esigenze umane e ponendole all’interno di un ordine gerarchico, dai bisogni più acerbi e primitivi a quelli più maturi e caratteristici delle civiltà evolute. Fa una distinzione tra i bisogni puramente fisici, posti alla base della piramide, e quelli spirituali collocati nei livelli più alti: i primi sono quelli dominanti, necessari alla sopravvivenza che seguono le richieste dell’organismo, i secondi spingono l’individuo verso la crescita e l’evoluzione personale. Maslow sostiene che l’uomo soddisfa le sue necessità in senso ascendente, ovvero che per esaudire i bisogni dei livelli superiori, è necessario aver soddisfatto almeno parzialmente quelli basilari. I bisogni primari, se soddisfatti con costanza, tendono a ripresentarsi molto lentamente. I bisogni più elevati sono destinati a cambiare nel tempo a seconda degli stimoli che l’uomo riceve. I processi di maturazione possono portare delle modifiche agli obiettivi prefissati; gli intenti della giovane età possono essere sostituiti con traguardi più importanti ad ambiziosi.7

6

https://www.humanistic-psyc.it. Consultato il 07/06/2017.

7

http://www.nopsych.it. Consultato il 07/06/2017. 159


autorealizzazione stima appartenenza sicurezza fisiologia Fig. 1 Rielaborazione della Piramide dei bisogni di Maslow. 1954. Originale in www.lostudiodellopsicologo.it

Di seguito descriveremo brevemente le categorie di bisogni contenuti nella piramide.8 1. Bisogni fisiologici In questa categoria sono contenuti i bisogni primari, quelli necessari alla sopravvivenza: mangiare, bere, riprodursi e tutti quelli fondamentali al mantenimento fisico dell’uomo. L’istinto di sopravvivenza porta le persone a soddisfarli per primi. Per passare al secondo gradino della piramide questi devono essere appagati con regolarità e costanza. 2. Bisogno di sicurezza Nel secondo gradone troviamo: stabilità, protezione, sostegno. Questi sono fondamentali durante il periodo dell’evoluzione, se non vengono soddisfatti, domineranno anche l’intera vita adulta. L’organizzazione sociale della comunità collabora al compimento dell’obiettivo. 3. Bisogno di affetto I bisogni di affetto ed appartenenza sono collocati al terzo gradino. L’uomo è un animale sociale e lo stare insieme ad altre

8 E. NEGRI, Motivarsi & motivare, in: www.psicopedagogie.it. Consultato il 05/06/2017. 160


persone è fondamentale. Il bisogno di affetto, di sostengo e di appartenenza è basilare per gli esseri umani perché consente di sentirsi parte di un gruppo e di poter confidare su di esso. 4. Bisogno di autostima Al quarto posto troviamo il bisogno di stima e di autostima. Possiamo inserire in questa categoria anche la fiducia, il rispetto, e tutto ciò che ha a che fare con l’opinione delle persone vicine; proprio per questo rientrano nella categoria dei bisogni sociali. Gli individui vogliono oltre che sentirsi parte della società anche essere utili ad essa. 5. Bisogno di autorealizzazione L’ultimo livello della piramide include il bisogno di autorealizzazione: con questo Maslow denota l’affermazione personale e il desiderio di autocompiacimento. L’autore sostiene che in questo ultimo gradino vi sia sostanzialmente il bisogno di divenire ciò che si è. L’autorealizzazione richiede caratteristiche di personalità, oltre che competenze sociali e capacità tecniche. Secondo Maslow le caratteristiche di personalità che deve avere una persona per raggiungere questo importante obiettivo sono: Realismo, accettazione di sé, spontaneità, inclinazione a concentrarsi sui problemi piuttosto che su di sé, autonomia e indipendenza, capacità di intimità, apprezzamento delle cose e delle persone, capacità di avere esperienze profonde, capacità di avere rapporti umani positivi, democrazia, identificazione con l’essere umano come totalità, capacità di tenere distinti i mezzi dagli scopi, senso dell’ironia, creatività, originalità. 9 Questi cinque gradini della piramide possono essere calati nella realtà sanitaria per capire quali sono le reali necessità dei pazienti e per poter progettare un’architettura collaborante con la crescita della persona. Ogni individuo è unico e irripetibile ma secondo Maslow i bisogni sono uguali per tutti. Dopo aver appagato i bisogni fisiologici,

9

Ibidem. 161


è necessario plasmare un ambiente confortevole e stimolante per scalare la piramide. Per fare ciò è indispensabile tenere in considerazione le impressioni positive che lo spazio può donare al paziente che lo abita.

162


1.3

PSICOLOGIA DELLA PERCEZIONE: LA GESTALT Fino alla metà del XI secolo l’unico studio che si avvicinava al tema della fisiologia della percezione era quello di Michel Eugène Chevraul1. Nel suo libro sulle suddivisioni parallele del colore egli si dedicò al processo di mescolanza dei colori iniziando a ragionale su come il colore potesse essere percepito. Nel 1892, lo scienziato Max Wertheimer2 si interessò alla percezione e alla psicologia, insieme a lui Kurt Koffka e Wolfgang Kolere rivolsero le loro osservazioni a fenomeni percettivi concependo una nuova disciplina: la Gestaltpsychologie. La Gestalt ha trattato diverse tematiche basandosi sul tema della percezione, considerata come un processo attivo di risposta a degli stimoli. Il fenomeno della percezione non può essere inteso solo come un processo ottico, ma anche come un fenomeno più complesso riguardante l’intero sistema nervoso. La totalità nella Psicologia della Gestalt La Gestalt designa, come elemento basilare delle sue teorie, il concetto di totalità: “nel campo della percezione visiva non è la somma degli stimoli che produce l’immagine, ma la totalità dei processi componenti; la percezione risulta dall’organizzazione delle sensazioni più che dalla loro associazione”3. Ogni zona del campo visivo viene rilevata in relazione alle altre, creando unità complesse che non possono essere disgiunte dal contesto. Parlando di campo visivo è necessario fare riferimento alle condizioni caratterizzanti di ogni zona: figura e sfondo sono gli elementi che rappresentano la struttura minima della percezione

1 Michel Eugène Chevreul (1786 - 1889) è stato un chimico francese che ha condotto studi sui colori e sulle loro applicazioni nell’arte e nella scienza. 2 Max Wertheimer (1880 - 1943) fu uno dei maggiori esponenti della psicologia gestaltistica. Dal 1910 al 1914 lavorò presso l’istituto psicologico dell’Università di Francoforte dove iniziò ad interessarsi alla percezione. Studiò l’effetto di immagini in movimento generate da uno stroboscopio insieme a Kurt Koffka e Wolfgang Kolere. Questi studi formarono le basi iniziali per lo sviluppo della psicologia gestaltistica. 3 Massimo HACHEN, Scienza della visione, spazio e gestalt, design, comunicazione, Apogeo, Milano 2007, p.27. 163


visiva e questi fattori devono essere studiati come un’unica entità. Una corretta progettazione deve quindi tenere conto di questo principio e valutare tutte le componenti, considerando gli effetti e le percezioni che possono avere sull’individuo. Le Leggi di unificazione figurale Basandosi sul principio della totalità i teorici della Gestalt hanno formulato sette leggi da considerare sempre valide in ambito percettivo, definendo le modalità di raggruppamento degli oggetti presenti nel campo visivo; sono state denominate “Leggi di unificazione figurale”, infatti ogni individuo le osserva e rielabora nello stesso identico modo. Esse sono: la legge della vicinanza, dell’uguaglianza, della forma chiusa, della curva buona, del movimento comune, dell’esperienza e della pregnanza.4 Massimo Hachen5, nel libro “Scienza della visione, spazio e gestalt, design, comunicazione” ne offre una panoramica interessante. Le prime cinque trattano il tema della percezione esclusivamente come fenomeno ottico; Le ultime due, quelle dell’esperienza e della pregnanza, trattano il tema in senso puramente percettivo e per questo le trattiamo in modo più approfondito. La legge dell’esperienza dimostra la tendenza di associare elementi che, per la nostra esperienza passata, sono abitualmente aderenti tra di loro e tendono così ad essere uniti in forme. È determinante nell’esperienza percettiva in quanto sollecita l’immaginazione di parti mancanti e facilita il

4

M. HACHEN, op.cit., pp. 26-28.

5 Nasce a Milano nel 1952 da famiglia italo-svizzera. A metà degli anni ’70, parallelamente alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano dove si laurea nel 1977, frequenta la Scuola Politecnica di Design dove, tra gli altri, ha come maestri Nino Di Salvatore e Bruno Munari che gli trasmettono quei valori di semplicità e di rigore geometrico che lo guideranno sempre nella sua attività professionale ed artistica. Nel 1992 Di Salvatore lo vuole nella sua scuola per affiancarlo nell’insegnamento di “Scienza della Visione” una materia di sperimentazione creativa sulla percezione visiva. Dal 1998 Massimo Hachen ha preso la cattedra presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. 164


riconoscimento di determinati elementi. La legge della pregnanza, come quella precedente, riguarda l’organizzazione psicologica di ciò che percepiamo. Come dice lo psicologo gestaltico Kurt Koffka “l’organizzazione psicologica è sempre tanto “buona” quanto lo permettono le condizioni dominanti”6. Il termine “buona” lo possiamo interpretare quale sinonimo di regolare, simmetrico, omogeneo, semplice e conciso. Da ciò desumiamo che la legge della pregnanza attesta la tendenza a semplificare quello che vediamo in forme pure e comunemente riconosciute. Queste tendenze, a completare e interpretare le immagini, possono portare però a degli errori ed è per questo che bisogna tenerne conto in fase di progettazione. La mente, nell’esplicare la sua azione di controllo, agisce sugli impulsi, applica principi, coordina le varie esperienze e decide in merito all’azione da intraprendere. Le considerazioni introdotte dalla Gestalt possono essere alla base della progettazione dello spazio, specie quello sanitario, in cui la visione di insieme deve suggerire sensazioni di benessere. Lo studio delle singole componenti che costituiscono un ambiente è sì importante, ma poco efficacie se queste non sono in relazione tra di loro.

6

M. HACHEN, op.cit,, p.36. 165


1.4

LA POLISENSORIALITA’: UN’ESPERIENZA INTRECCIATA I 5 sensi ci permettono di percepire e raccogliere gli stimoli provenienti dall’ambiente che ci circonda. Un luogo che suscita sensazioni differenti e coinvolge quindi più sensi può essere definito polisensoriale. I sensi di cui disponiamo ci permettono di cogliere gli input esterni e produrre di conseguenza differenti sensazioni psichiche. Parliamo quindi di una dimensione immateriale che va oltre il coinvolgimento esclusivamente fisico ma che con esso si completa. Ogni giorno facciamo esperienze sensoriali differenti dettate da condizioni nuove o conosciute. Di seguito vaglieremo i 4 sensi che possono essere “progettati” e che danno luogo allo stimolo visivo, uditivo, olfattivo e tattile. Lo stimolo visivo L’organismo capta informazioni attraverso i cinque sensi. Lo stimolo visivo, sicuramente è quello maggiormente coinvolto nei processi di percezione di un ambiente, circa l’80% delle indicazioni recepite dal nostro corpo provengono dalla vista1 e per questo, tra tutti, sarà quello trattato con maggior scrupolo e attenzione. Se teniamo aperti gli L’apparato visivo dell’essere umano è occhi all’interno di una essenzialmente suddiviso in due parti, la prima stanza completamente è costituita dal vero e proprio sistema ottico e la buia, avvertiamo un seconda è parte del sistema nervoso centrale senso di privazione. e ha il compito di interpretare le informazioni L’occhio è abbandonato ricevute; l’interazione di queste due parti genera a sé stesso, si ritira in sé informazioni che vengono portate al cervello. stesso, gli manca quel Durante il processo visivo alcune particolarità contatto stimolante e vengono colte più di altre: determinate appagante che l’unisce caratteristiche sono più evidenti e vengono al mondo esterno e lo rielaborare dal cervello in modo più approfondito trasforma in un interno. rispetto ad altre.2 Johann Wolfgang Goethe 1

Massimo HACHEN, op.cit,, p. 12.

2

Rudolf ARNHEIM, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1984,

166


Il filosofo Arthur Granit3, nel 1979 afferma:” L’occhio è il nostro organo di senso principale, crea il mondo in cui viviamo”4. Il meccanismo di osservazione permette al nostro cervello di cogliere dei dati, alcuni dei quali rimangono impressi nella mente creando delle tracce mnemoniche dette engrammi. Questi ricordi, uniti ad altri già presenti nella memoria costituiscono la nostra personalità e le percezioni che entrano nel corpo sono influenzate da essi. Il patrimonio mnemonico è l’elemento caratterizzante di ogni individuo che, oltre a possedere personali memorie, è accomunato da altri fattori a tutti gli altri uomini, infatti per osservare attiviamo gli stessi processi mentali innati nell’organismo umano. Il significato della visione dunque ha carattere ben diverso da quello della percezione: se la visione è un processo fisico nel quale radiazioni elettromagnetiche con determinate lunghezze d’onda giungono alla retina, la percezione riguarda la sfera sentimentale che influenza psicologicamente l’essere umano. Il “vedere” quindi è un complesso processo che comprende oltre all’atto della visione anche un’elaborazione mentale di tutte le informazioni ricevute. Si tratta di un processo psico-percettivo che possiamo chiamare percezione visiva. Sono moltissimi i fattori che percepiamo e memorizziamo: forma, colore, spazio e la scienza della visione ha l’obbiettivo di identificare le emozioni che questi elementi suscitano sull’uomo per favorirne una progettazione ottimale.5 Lo stimolo uditivo Lo stimolo uditivo, anche se copriamo le orecchie, viene in qualche modo sempre coinvolto: forti suoni fanno vibrare alcuni

pp. 56, 60. 3 Ragnar Arthur Granit (Riihimäki, 30 ottobre 1900 – Stoccolma, 12 novembre 1991) è stato un neurofisiologo finlandese. Proprio per gli studi sulla psicofisica del sistema visivo gli venne assegnato il Premio Nobel per la medicina nel 1967. 4

M. HACHEN, op.cit,, p. 12.

5

Ivi, pp. 12-14. 167


organi del nostro corpo, ad esempio polmoni, stomaco ecc. Lo stimolo uditivo può essere risvegliato da due tipologie di impulsi: il suono e il rumore. A livello fisico il primo è costituito da un moto armonico, percepito come piacevole e rasserenante. Il rumore è costituito dall’insieme casuale di più onde sonore e genera fastidio e tensione. Le fonti sonore più pericolose sono quelle persistenti, anche se di bassa intensità, e possono generare problemi come ipertensione arteriosa, disturbi psichici, nervosismo, stanchezza mancanza di concentrazione e danni al sistema articolare. Proprio per questi motivi la progettazione dei luoghi di cura deve rispettare determinate regole per ridurre al minimo questi fenomeni.6 Un rumore può essere percepito più fastidioso se è generato da fattori esterni incontrollabili, nel caso in cui siamo noi a produrlo questo sarà più accettabile. Nello stesso modo suoni improvvisi e inaspettati infondono forti stimoli.7 Il rumore può inoltre modificare la percezione della bellezza e se i rumori sono molto intensi anche i rapporti sociali rischiano di essere compromessi incentivando comportamenti aggressivi.8 Lo stimolo olfattivo Gli odori arrivano al nostro sistema nervoso per via fisica: l’organo di senso interessato, in questo caso la narice, percepisce lo stimolo e trasmette impulsi al cervello, che a sua volta genera reazioni chimiche sull’organismo provocando cambiamenti nel corpo e nell’umore. Gli odori sono le uniche sensazioni ad arrivare direttamente al cervello dell’uomo, senza passare prima dal talamo, il centro recettore di tutti gli altri stimoli. Questo processo spiega perché un aroma possa evocare subito emozioni e ricordi lontani. L’olfatto è il senso di cui abbiamo maggiore memoria, quando sentiamo un odore lo associamo subito a luoghi o azioni passate,

6 Gianluca POZZI, I sensi della casa, prospettive per abitare il benessere, Il saggiatore, Milano 1998, p. 81. 7

M. COSTA, op.cit. p. 236.

8

Ivi, p. 247.

168


l’antropologo Gianni De Martini9 li definisce “messaggeri invisibili della memoria”. 10 Il valore cognitivo di questo stimolo è molto influente sul nostro pensiero, gli odori percepiti sono capaci di attrarci o respingerci in uno spazio e nelle relazioni interpersonali.11 Lo stimolo tattile È impossibile vivere uno spazio senza poterlo toccare. Ogni ambiente è ricco di superfici: morbide, ruvide, pungenti, calde, fredde e ogni volta che le sfioriamo con la pelle percepiamo sensazioni particolari mentre conosciamo la materia tramite il contatto. Il tatto fa parte della sensibilità somatica generale insieme alla sensibilità termica, o termocezione, alla sensibilità dolorifica, o nocicezione, e alla sensibilità relativa alla posizione, all’orientamento e ai movimenti del corpo e delle sue parti, o propriocezione. Il tatto può essere definito come il complesso di sensazioni causate da un contatto diretto fra la superficie del corpo e oggetti esterni, oppure fra due o più parti del corpo stesso.12 La conoscenza di un oggetto sconosciuto viene ordinariamente sviluppata mediante la vista. Ma per definirne le vere proprietà è spesso necessario il contatto diretto con la pelle. Fenomeni sinestetici in relazione al colore Il termine sinestesia descrive un processo percettivo che coinvolge più organi di senso che se stimolati possono generare

9 Gianni De Martino, antropologo milanese, autore del libro Odori pubblicato da Apogeo-Urra. 10

Gianluca POZZI, op.cit., p. 65.

11

Ivi, pp.72-75.

12

http://www.treccani.it. Consultato il 24/07/2017. 169


sensazioni anche sugli altri, con minore o stessa entità.13 Se la stimolazione di un unico senso può generare una simultaneità di emozioni, la sollecitazione plurima può provocare sensazioni ancora più intense. Come il colore, che con le sue caratteristiche modifica l’umore degli individui, anche il suono genera particolari sensazioni. L’olfatto produce emozioni per la durata della sollecitazione, il tatto registra le sensazioni attraverso l’epidermide, infine il gusto è influenzato da tutti gli altri sensi.14 Da sempre il colore rappresenta un fenomeno sinestetico di grande rilievo e diversi studi hanno dimostrato come possa generare degli effetti sui ritmi respiratori e cardiaci, condizionando così tutte le sfere sensoriali. Di seguito analizziamo le associazioni legate ai principali colori, consci che queste possono essere svariate e che sta al progettista individuare quelle più corrette per i relativi scopi. 15 Il colore non origina soltanto stati d’animo ma influenza anche la nostra idea di volume, peso, temperatura, tempo e rumore. Oltre alla vista può coinvolgere anche altri sensi come il gusto, l’olfatto e l’udito. 16 In merito a questo tema ci sono diversi studi ma i risultati attenuti documentano pareri contrastanti. La studiosa Linda Clark17 ha dimostrato che i colori caldi causano la dilatazione del tempo, al contrario colori freddi lo accorciano. La stessa teoria è stata confermata da Golstein che osservò come i soggetti esposti alla luce rossa avvertano il tempo dilatato. I colori scuri e caldi vengono intesi come pesanti, i colori chiari e freddi come

13 Anna MAROTTA, Policroma: dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999, p. 25. 14 Lia LUZZATO, Renata POMPAS, Il colore persuasivo, Il castello, Milano 2011, p. 83. 15 Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, Utet libreria SRL, Torino 1996. p. 74. 16

Ibidem.

17 Canadese, studiosa ed esperta di psicoterapia. Ha scritto diversi libri sulle terapie naturali frutto di un interesse e di ricerche che si sono protratti dagli anni ‘90 ad oggi. 170


leggeri. Risulta complesso definire in che modo il colore possa modificare le sensazioni temporali ma sicuramente suscita particolari influenze.18 Anche le dimensioni degli oggetti possono essere percepite in modo diverso da quello che sono realmente. Oggetti con colori scuri e caldi appaiono più grandi rispetto a quelli caratterizzati da colori chiari e freddi. Nello stesso modo un oggetto può sembrare più pesante se di colore scuro e caldo, viceversa, se caratterizzato da colori chiari e freddi. Johannes Itten e Linda Clark hanno sperimentato la relaizone tra temperatura percepita e colore che proprio per le sensazioni che provoca viene nominato “caldo” o “freddo”. Alla luce di queste considerazione si può affermare che i colori aiutano nella progettazione di un ambiente. Ad esempio, locali piccoli o con soffitti bassi possono essere percepiti più ampi se caratterizzati da colori chiari, luoghi qualificati da basse temperature possono essere resi più confortevoli con l’utilizzo di tinte calde.19 Nel libro Il colore nella progettazione20 di Frank Mahnke vengono descritte alcune relazioni che il colore crea con i diversi organi di senso citando alcuni studi effettuati da importanti teorici. Lo psicologo Heinz Werner21, esperto di percezione, ha passato molti anni analizzando l’influenza dei suoni sulla vista e ha notato come il colore influenzi la percezione del suono. Di conseguenza un rumore è percepito più forte in un ambiente dove i colori predominanti tendono verso i toni del rosso. Suoni forti invece possono essere attenuati da colori verdi e scuri. Queste deduzioni possono avere una certa importanza in ambienti soggetti ad inquinamento acustico. Un altro personaggio fondamentale per la comprensione degli effetti che il colore provoca sull’organo uditivo è Heinrich

18

F. MAHNKE, op.cit., p. 74.

19

Ibidem.

20

Ivi, pp. 77-78.

21 Heinz Werner (1890-1964)è stato uno psicologo ambientale, interessato alla percezione e al linguaggio. 171


Frieling22. Egli ha effettuato una schedatura delle relazioni acustiche dei colori: -rumore forte: rosso, arancione, giallo-oro, giallo; -rumore attutito: rosa, verde-giallo, violetto chiaro, azzurro oltremare; -rumore debole: marrone, verde, blu. Gli stimoli che l’uomo avverte spesso hanno carattere associativo. Anche per quanto riguarda la percezione olfattiva gli individui associano ai colori alcune sensazioni. Generalmente le tinte pastello vengono abbinate a sensazioni piacevoli, mentre l’olfatto è positivamente stimolato dal rosa lavanda, dal giallo e dal verde pallido. Anche a proposito di questa associazione abbiamo i risultati di Heinrich Frieling. La schedatura sintetica rileva: -odori forti: rosso, rosa; -odore penetrante: giallo e verde; -odore dolce: marrone. Ogni colore, come per il gusto, l’olfatto e l’udito, può influenzare anche il tatto. -solidità e resistenza: rosso, rosa; -secchezza: arancione, marrone; -friabilità: giallo, ocra; -levigato: giallo, verde, blu; -vellutato: azzurro, viola. Se guardiamo l’organismo nella sua totalità, come ci suggerisce la psicologia della Gestalt, è naturale pensare che tutti e cinque i sensi agiscono in modo simultaneo ed è per questo motivo che le precedenti considerazioni, relative ai fenomeni che la visione del colore può suscitare, devono essere tenute in considerazione nel progetto di uno spazio interno.

22 172

Heinrich Frieling è stato direttore dell’Istituto di psicologia del colore.




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179



2



BENESSERE NEI LUOGHI DI CURA Il progresso scientifico ha portato ad un allungamento della vita media che deve però essere accompagnato dal proporzionale innalzamento della qualità di vita. Si intende più dello “stare bene” a livello fisico e si considerano il livello emotovo e quello spicologico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella dichiarazione di Alma Ata del 1978, afferma che la salute è: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia e infermità”. Nel Glossario O.M.S1 troviamo descritti gli ambienti salutari. Sono luoghi che: “Offrono agli individui una protezione dalle minacce

e li rendono in grado di migliorare le proprie capacità e di accrescere la fiducia in sé stessi rispetto al tema della salute. Questi ambienti comprendono il luogo in cui gli individui vivono, lavorano e trascorrono il tempo libero, la loro comunità locale, la loro casa, l’accesso alle risorse sanitarie e le opportunità di empowerment.”2 La stretta relazione tra lo stato di salute psico-fisica e luogo3 rende necessari elevati standard ambientali per aiutare i degenti durante il percorso di cura.

1 Elena BARBERA, Claudio TORTONE (a cura di), Glossario O.M.S. della Promozione della Salute – Centro Regionele di Documentazione per la Promozione della Salute, 2012 in: http://www.dors.it. 2 Con il termine empowerment si vuole indicare un processo di crescita, sia dell’individuo sia del gruppo, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale. 3 Il rapporto citato è stato studiato da Idà Farè, giornalista, scrittrice e insegnante alla Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. Immagine di inizio capitolo Alexander CALDER, Steel Fish, 1934



2.1

SOSTENIBILITA’ Durante il corso della sua esistenza l’uomo passa gran parte del tempo in ambienti confinati, questi luoghi contribuiscono pesantemente al consumo di risorse energetiche e incrementano i livelli di inquinamento ambientale. L’impatto antropico sta diventando sempre più forte compromettendo il delicato rapporto tra uomo e natura con dirette conseguenze sullo stato di salute dell’essere umano. Le criticità derivate dalla relazione tra natura e costruito conducono alla ricerca e alla nuova definizione di aspetti architettonico-gestionali, ne consegue l’esigenza di realizzare un’architettura capace di dialogare con l’ambiente circostante perseguendo il benessere naturale e umano. Grazie a una continua e mirata ricerca scientifica e tecnologica. Già dai primi anni ’70 la crisi petrolifera e le attività del movimento ambientalista portarono i paesi sviluppati a interrogarsi sulle problematiche relative allo sfruttamento delle risorse e alla salvaguardia del pianeta. Appuntamenti internazionali sulla sostenibilità Questo tema è stato affrontato in numerosi appuntamenti internazionali nei quali si stabilirono agende e programmi da seguire per la tutela delle risorse. In particolare ricordiamo il Rapporto Bruntland nel 1987 definisce il concetto di sviluppo sostenibile come: “sviluppo che fa fronte alle necessità del presente senza compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie”1 . Il concetto di sviluppo sostenibile si basa sul principio di equità. L’immagine di sostenibilità è stata quindi trasposta nel tempo, sviluppando il principio dell’uguale diritto fra soggetti di una stessa epoca e fra diverse generazioni, proponendo quindi un’equità di tipo infragenerazionale e intergenerazionale, all’accesso ad una certa risorsa (sia essa ambientale o meno) in un determinato spazio ambientale. Questa sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente ha portato

1 Rapporto del World Commission on Environement and Development del 1987 meglio conosciuto come Rapporto Bruntland. 185


all’organizzazione di una serie di eventi successivi al 1987 nei quali il dibattito si è intensificato. Nel 1992 si tenne la Conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo a Rio de Janeiro nella quale venne stilata l’Agenda 212. Questa definì le necessità di carattere ambientale, sociale, economico ed istituzionale, senza tralasciare il concetto di equità sull’utilizzo delle risorse ambientali e garantendo diritti umanitari a tutti gli individui.3 Nel 1997 venne pubblicato il Protocollo di Kyoto, in seguito ad un accordo tra diversi paesi per la riduzione del gas serra. Sullo stesso tema si tenne, nel 2002, a Johannesburg il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile nel quale furono redatti due documenti di rilevante importanza: il Piano di Azione e la Dichiarazione Politica sullo Sviluppo Sostenibile.4 Dalle indicazioni recepite nasce l’esigenza di ridurre il consumo di risorse non rinnovabili in funzione della capacità di carico dell’ambiente e di favorire l’utilizzo di quelle rinnovabili per limitare le emissioni di gas nocivi. L’approccio da seguire per ottenere questi risultati deve integrare soluzioni tecnologiche, aspetti gestionali e una modifica delle abitudini nel comportamento di tutti i giorni. La progettazione degli ambienti antropici dovrebbe quindi prestare particolare attenzione alla collaborazione per uno sviluppo sostenibile, cercando di portare armonia tra uomo e natura, salvaguardando l’ambiente e offrendo maggiori garanzie alle future generazioni.

2 Programma di sviluppo sostenibile che dovrà essere rispettato nel corso del ventunesimo secolo. Tale documento individua le linee strategiche delle politiche per l’ambiente e auspica un nuovo protagonismo delle comunità locali, che devono farsi promotrici di piani d’azione specifici orientati a obiettivi di sostenibilità. 3 Maria BERRINI, Gli indicatori per lo sviluppo sostenibile, p.1, in: http://www.agenda21-provgo.it. Consultato il 26/05/2017. 4 S. CAPOLONGO, Edilizia ospedaliera, approcci metodologici e progettuali, Hoepli, Milano 2006, p. 156. 186


Come ci suggerisce l’architetto Maria Berrini5 la sostenibilità è un concetto molto ampio che comprende aspetti di sviluppo ambientale, economico, sociale e istituzionale. Di seguito proponiamo la definizione di sostenibilità in tutte le sue declinazioni, prima in generale e poi calata all’interno dei luoghi di cura. Sostenibilità ambientale “Per sostenibilità ambientale intendiamo la capacità di mantenere nel tempo qualità e riproducibilità delle risorse naturali, di preservare diversità biologica e garantire l’integrità degli ecosistemi”6. L’uomo, fin dalla sua origine, tende a trasformare l’ambiente che lo circonda, con lo scopo di soddisfare le proprie esigenze e le necessità primarie, provocando spesso forti tensioni tra ambiente naturale e ambiente costruito. Il bene ambiente dovrebbe esser considerato da tutti gli individui quale un bene collettivo, fondamentale per la vita del pianeta, il benessere dell’umanità e per lo sviluppo futuro. A sostegno di quanto affermato il Settimo Programma di Azione Ambientale7 identifica tre aree prioritarie in cui è necessario agire con più decisione per proteggere la natura e rafforzare la resilienza ecologica promuovere una crescita a basse emissioni di carbonio ed efficiente nell’impiego

5 Maria BERRINI si laurea nel 1981 in Architettura al Politecnico di Milano. Nel 1995 fonda con altri esperti Ambiente Italia. Ambiente Italia propone soluzioni per la sostenibilità a livello nazionale ed europeo. La missione consiste nella realizzazione di studi e progetti in grado di definire gli standard e i termini di riferimento per le principali politiche ambientali. 6

M BERRINI, op. cit., p.1. Consultato il 26/05/2017.

7 Il 20 novembre 2013 il Parlamento Europeo ha emanato il Settimo Programma di Azione Ambientale. Tramite questo Programma di Azione in materia di Ambiente (PAA), l’UE si è prefissata di intensificare i propri sforzi tesi a proteggere il nostro capitale naturale stimolando la crescita e l’innovazione a basse emissioni per salvaguardare la salute e il benessere della popolazione nel rispetto dei limiti naturali della Terra. Si tratta di una strategia comune volta a guidare le azioni future delle istituzioni dell’UE e degli stati membri che si assumono congiuntamente la responsabilità della sua realizzazione e del conseguimento dei suoi obiettivi prioritari. 187


delle risorse e ridurre le minacce per la salute e il benessere dei cittadini causate dall’inquinamento, alle sostanze chimiche e agli effetti dei cambiamenti climatici. Nel caso specifico dell’edilizia sanitaria la possibilità di applicare tecnologie e accorgimenti legati alla sostenibilità ambientale è finalizzata a diminuire l’impatto sull’ambiente e a ottimizzare l’uso delle risorse, in particolare quelle energetiche come la preferenza di sistemi solari passivi che favoriscono un contributo quantitativo e qualitativo dovuto all’apporto terapeutico della luce naturale.8 Questa pratica prevede un dialogo con l’ambiente attraverso l’utilizzo di tecnologie architettoniche avanzate in grado di rispondere alle esigenze senza provocare inquinamento, degrado e stati di malessere per l’uomo. Nei luoghi di cura sarebbe quindi ideale impiegare tecnologie pulite utilizzando fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti. Sostenibilità economica “La sostenibilità economica esprime la capacità di generare in modo duraturo reddito e lavoro e di raggiungere un’ecoefficienza intesa come uso razionale delle risorse disponibili e come riduzione dello sfruttamento delle risorse non rinnovabili”9. Come ci suggeriscono gli esperti economisti Denita Cepiku, Gloria Fiorani e Marco Meneguzzo10 nel contesto sanitario la sostenibilità economica può essere suddivisa in tre livelli di gestione: -istituzionale-amministrativo: coinvolge le capacità e le responsabilità delle Regioni nella governance e nei poteri

8

S. CAPOLONGO, op. cit., p. 164.

9 Denita CEPIKU, Gloria FIORANI, Marco MENEGUZZO, Sostenibilità organizzativa ed economica finanziaria dei servizi sanitari regionali tra valutazione delle performance e crisi economica, p.1, in: http://www.astridonline.it. Consultato il 26/05/2017. 10 Denita CEPIKU, Gloria FIORANI, Marco MENEGUZZO sono tre economisti che hanno dedicato i propri studi ai processi relativi ai cambiamenti istituzionali e di modernizzazione amministrativa e gestionale che interessano la Pubblica Amministrazione italiana e dei paesi sviluppati. 188


istituzionali e di governo; -economico-finanziario: valuta i costi e i servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale; -organizzativo-gestionale: confronta i risultati economici dei Servizi Sanitari Regionali. I costi definiti della programmazione del Servizio Sanitario Nazionale hanno indotto le strutture sanitarie a ricorrere a finanziamenti sia pubblici che privati, il piano economico finanziario diventa quindi fondamentale per avere un’analisi approfondita e attenta alla pianificazione, gestione e progettazione delle strutture. In queste, per mantenere standard qualitativi elevati, è necessario ricorrere ad una riorganizzazione strategica e gestionale capace di sostenere i costi odierni e quelli futuri.11 Sostenibilità sociale Un altro aspetto sostanziale è la sostenibilità sociale ovvero: “la capacità di garantire l’accesso a beni considerati fondamentali (sicurezza, salute, istruzione) e a condizioni di benessere (divertimento, serenità, socialità), in modo equo all’interno delle comunità odierne e anche tra la generazione attuale e quelle future”12. Il processo di costruzione di uno sviluppo sostenibile passa attraverso le relazioni di scambio e connessione tra tutti i soggetti coinvolti, nel caso dell’ospedale oltre ai pazienti è necessario considerare un quadro ampio di utenze che comprende personale e visitatori. I luoghi di cura si sono sviluppati di pari passo con le tecnologie, nella storia, gli ospedali erano conformi alle società nei quali erano costruiti. Si dedicavano unicamente alla cura e al recupero della salute dei malati, oggi questa attività è affiancata

11 D. CEPIKU, G. FIORANI, M. MENEGUZZO, op. cit., p.4. Consultato il 26/05/2017. 12

M. BERRINI, op. cit., p.1. Consultato il 26/05/2017. 189


dalla ricerca e dalla formazione.13 L’ambiente costruito gioca un ruolo fondamentale, ma anche i servizi offerti concorrono a offrire trattamenti adeguati. I luoghi della salute devono garantire standard qualitativi elevati e renderli accessibili a tutta la popolazione. Il servizio sanitario deve quindi essere presente su tutto il territorio e per ogni singolo individuo. Sostenibilità istituzionale Altrettanto importante per l’equilibrio di uno sviluppo sostenibile è l’aspetto istituzionale: “la capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione, informazione, formazione e giustizia”14. Il decentramento del potere ha affidato la gestione delle strutture sanitarie alle Regioni sotto la supervisione dello Stato, il quale deve garantire elevati livelli di assistenza su tutto il territorio nazionale.15 Un’ulteriore responsabilizzazione da parte delle Regioni potrebbe portare ad una competizione interregionale con il conseguente innalzamento dei livelli di standard qualitativi.16 Lo sviluppo istituzionale prevede una dislocazione sia a livello macro, ovvero regionale, che micro attraverso le Aziende Sanitarie Locali presenti su tutto il territorio. La centralità dell’ospedale viene quindi affiancata da attività collaborative e di supporto. Questi luoghi della salute devono coprire tutto il territorio ed essere accessibili a tutti gli individui. Sostenibilità della visione Dalle letture relative al tema della sostenibilità in campo sanitario abbiamo riscontrato come il concetto di sostenibilità della visione e di flessibilità possano concorrere a costruire un ambiente sostenibile.

13

S. CAPOLONGO, op. cit., p. 19.

14

M. BERRINI, op. cit., p.1. Consultato il 26/05/2017.

15 Franco BASSANINI, Le politiche sanitarie in Italia: una ricerca di Astrid1, p. 2 in: http://www.bassanini.it. Consultato il 26/05/2017. 16 190

Regione Piemonte, Piano Socio-Sanitario regionale, Allegato A, p. 4.


La professoressa Anna Marotta nel suo intervento “Sustainable vision in the conservation of cultural heritage project”17 afferma come sia fondamentale tenere in considerazione gli aspetti cognitivi e percettivi di un ambiente. Il miglioramento delle prestazioni di un ambiente è influenzato dalla scelta di alcuni fattori come i materiali, la colorazione delle superfici, i sistemi tecnici e l’esposizione. È perciò fondamentale, prima di progettare uno spazio architettonico, analizzare le funzioni che esso ospiterà e capire quali sensazioni dovrà suscitare. Le combinazioni di suoni, odori e colori possono migliorare ulteriormente la qualità della degenza ospedaliera in modo intrinseco, affiancandosi al percorso di cura. Flessibilità Oggi le strutture sanitarie devono adattarsi e ampliarsi a seconda delle esigenze a cui l’organizzazione sanitaria deve rispondere. La rapida evoluzione della conoscenza medica e scientifica fa sì che gli ospedali risultino essere già obsoleti qualche anno dopo la loro costruzione. Soluzioni tecnologiche e costruttive innovative sono necessarie per garantire futuri cambiamenti con impatti minimi sull’edificio e sull’utenza. La flessibilità dovrà essere sostenuta a diversi livelli e a differenti scale. Le strutture dovranno essere progettate con spazi liberi e zone polivalenti per assicurare la possibilità di trasformare la struttura e la funzione dell’edificio. Pertanto, la flessibilità è diventata un tema essenziale che tutti gli ospedali esistenti e futuri devono perseguire; negli ultimi anni la ricerca nel settore della progettazione ospedaliera si è concentrata su sistemi altamente adattabili dalla scala tecnologica a quella strutturale, dagli impianti al livello funzionale.18

17 Anna MAROTTA Visione sostenibile (Sustainable Vision in the Conservation of Cultural Heritage Project). In: Heritage Architecture Landesign Focus On Conservation Regeneration Innovation. Le vie dei Mercanti - XI Forum Internazionale di Studi, Aversa/Capri, 13-15 giugno 2013. pp. 12101219. 18

S. CAPOLONGO, op. cit., p. 89. 191


Realizzare un edificio flessibile permette quindi di assicurare un’adeguata fruibilità dell’organismo edilizio dilatata nel tempo e nello spazio. Una struttura sanitaria sostenibile sotto tutti i punti di vista deve garantire il mantenimento del benessere, usare in modo equilibrato e cosciente le risorse ed utilizzare tecnologie intelligenti. La progettazione per un ospedale sostenibile deve essere incentrata sulle figure che lo frequentano, siano esse malati, operatori o semplici cittadini, affiancando alle prioritarie attività terapeutiche e assistenziali quelle di qualità ambientale e sociale, nella consapevolezza che questi centri oltre a rappresentare il luogo di cura delle malattie simboleggiano anche spazi di benessere psico-fisico e sociale. Come dice l’architetto Stefano Capolongo: Un ospedale che da una parte provveda al benessere dell’uomo e dall’altra instauri un rapporto di sfruttamento e di devastazione dell’ambiente sarebbe paradossale; si innescherebbe infatti un processo attraverso il quale da un lato l’ospedale cura l’uomo mentre dall’altro lo danneggia.19 L’ospedale odierno deve quindi essere in grado di offrire benessere a 360 gradi, garantendo una positiva interazione fra ambiente naturale e ambiente antropico. Sostenibilità nei luoghi della salute Sulla base di quanto scritto, risultano di particolare interesse le possibili applicazioni dei criteri della sostenibilità nelle strutture ospedaliere. L’obiettivo primario dei luoghi di cura è il raggiungimento del benessere psichico e fisico dell’uomo come singolo individuo e come elemento della comunità. Garantire Ia sostenibilità di tali strutture è un’esigenza inderogabile e un’opportunità.

19 192

Ivi, p. 158.


Il compito dell’architetto in ambito sanitario è proprio quello di unire tutti gli aspetti della sostenibilità per la realizzazione di un ambiente salubre sotto tutti i punti di vista. Lo sviluppo ospedaliero dovrebbe quindi riguardare due aspetti fondamentali che provvedono al benessere del paziente: quello scientifico dedicato a cure efficaci ed efficienti che si concentra sulla salute del paziente e quello edilizio che aiuta a migliorare aspetti pratici e psicologici ponendo l’uomo al centro di ogni questione.

visione sostenibile

flessibilità

sosteniblità ambientale sviluppo sosteniblie

sosteniblità economica

sosteniblità istituzionale sosteniblità sociale

Fig. 1 Elaborazione schematica delle variabili dello sviluppo sostenibile.

193


2.2

UMANIZZAZIONE Per umanizzazione s’intende quel processo in cui il malato è considerato persona nella sua totalità, con i suoi sentimenti, le sue paure e i suoi dubbi. Non ci si concentra più solo sul “curare” ma anche sul “prendersi cura.” Il primo atto tiene conto del malato come un oggetto affetto da patologie che minaccia la sua salute fisica mentre il “prendersi cura” considera l’uomo come una persona costituita anche da componenti psichiche.1 Panoramica sugli aspetti dell’umanizzazione Dal ricovero alla dimissione l’umanizzazione deve essere protagonista in tutte le fasi della cura mantenendo la realtà ospedaliera rispettosa e degna dell’essere umano. Il comportamento delle persone è influenzato sia dalle relazioni interpersonali sia dall’ambiente. Il corpo architettonico concorre al benessere dell’individuo e può favorire la guarigione dei pazienti.2 D’altro canto il rapido sviluppo delle tecnologie, che ci permette di ampliare il riscontro tecnico su malattie e cure, rischia in alcuni casi, di trascurare i rapporti umani e la vulnerabilità dell’individuo viene ulteriormente accentuata a causa del senso di estraneità che impedisce al malato di concentrarsi sulla cura di sé stesso. Per assistere ad una totale umanizzazione delle strutture sanitarie è quindi necessario integrare aspetti tecnici, emotivi e ambientali. I rapporti interpersonali Nella nostra società si è evidenziato un graduale ma progressivo coinvolgimento del soggetto all’interno del processo curativo. 3 L’individuo deve essere posto al centro dell’attenzione, non solo

1 Olmo TARANTINO, Qualità e umanizzazione: un binomio inscindibile per la cura, 2009, in http://www.pastoralesalutevenezia.it. Consultato il 26/05/2017. 2 Fiorella SPINELLI, Eva BELLINI, Paola BOCCI, Raffaella FOSSATI, Lo spazio terapeutico, Alinea editrice, Firenze 1994, p. 9. 3 Marzia MORENA, La progettazione delle strutture di lungodegenza, Il Sole 24 ore, Milano 2006, p.153. 194


dal punto di vista terapeutico ma anche, come accennano nel precedente paragrafo, a livello di rapporti umani. L’esperienza del ricovero in ospedale è generalmente descritta come un evento psicologicamente traumatizzante, caratterizzato da una serie di disagi fisici e psichici che si aggiungono alla sofferenza derivante dallo specifico stato morboso che ha motivato il ricovero4. Il distacco con il mondo esterno e l’allontanamento dalle abitudini quotidiane sono difficili da sostenere.5 Inoltre la scansione delle giornate del paziente nella struttura sanitaria spesso è determinata dalla cura e gli spazi sono organizzati soprattutto in funzione delle attività terapeutiche. Agli operatori sanitari si richiede un supplemento di sensibilità e di attenzione nei confronti delle persone, l’incremento delle relazioni sociali tra personale e ospiti migliora il periodo di degenza e concorre al raggiungimento dell’efficienza in campo sanitario. Paziente, medico e cura sono i protagonisti del processo di guarigione: la cura è essenziale per il paziente, e il paziente necessita della cura e dello specialista.6 Al momento della dimissione dal luogo di cura è fondamentale mantenere i rapporti con medici e operatori, che devono essere presenti su tutto il territorio. È necessario creare una “rete per l’umanizzazione” che si estenda in ambito di quartiere e che coinvolga medici e operatori e permetta al malato di proseguire le cure in un ambiente ancora più familiare, quello domestico.7 I rapporti interpersonali devono procedere parallelamente con la

4 Giuseppe SANTORO, Adriana MINIELLO, Riccardo GUGLIELMI, Come evitare che la permanenza in ospedale venga avvertita come un evento psicologicamente traumatizzante, p.1, in: http://www.tuttosanita.it/ ArchivioDocumenti/Interventi/UMANIZZAZIONE%20DELLE%20CURE.pdf. Consultato il 03/06/2017. 5 Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, Utet libreria SRL, Torino 1996, p. 151. 6 Sergio MARISCIANO, Riflessioni psicologiche sull’architettura delle istituzioni, in: Sergio MARISCIANO (a cura di), Abitare la cura, FrancoAngeli, Milano 2002, p.80. 7

O. TARANTINO, op. cit., p.14. Consultato il 26/05/2017. 195


qualità del servizio specialistico. Attualmente la società richiede una sempre maggiore qualità dei servizi sanitari, alla base della quale spicca un’intensa richiesta di umanizzazione. Nella quotidianità il termine qualità è molto diffuso: qualità della vita, del lavoro, del prodotto. Ad esempio in ambito produttivo la qualità rappresenta la capacità di un prodotto di rispondere agli scopi per i quali è stato progettato e realizzato a costi contenuti mentre nel caso della sanità può essere identificata nel fornire servizi e prestazioni che interagiscono con gli aspetti emozionali e psicologici del degente. Il rapporto ambiente-individuo Dal punto di vista del comfort abitativo risulta difficile stabilire quanto l’ambiente fisico possa contribuire alla creazione di un’atmosfera più umana ma sono diversi gli studi che dimostrano che lo stato di salute e l’ambiente circostante sono direttamente collegati. Lo spazio ha la capacità di generare sensazioni piacevoli o di disagio, stimolanti o deprimenti e favorire o meno i rapporti umani; assume quindi un ruolo fondamentale nel corso della vita.8 L’aspetto psicologico ha acquisito un’importanza crescente nella progettazione degli spazi sanitari facendo maturare la necessità di concepire aree e arredi rispondenti ai bisogni dell’utente. L’uomo malato, cioè debole nel corpo e nello spirito, è colto spesso da sconforto. Se a questa condizione sommiamo una generale freddezza del servizio e una spersonalizzazione degli spazi il quadro emotivo potrebbe risultare ancora più delicato. La struttura dovrebbe aiutare il malato a non percepire la cura come un’imposizione e a relazionarsi con gli altri degenti, il personale e i visitatori, è essenziale quindi curare le caratteristiche ambientali che influenzano i fattori emotivi e psicologici.9

8 Ida FARE’, Il sistema della cura, in: Sergio MARISCIANO (a cura di), Abitare la cura, FrancoAngeli, Milano 2002, p.19. 9 196

S. CAPOLONGO, op. cit., p. 124.


Le attività svolte e le emozioni provate in un determinato ambiente sono imprescindibilmente collegate con esso, nel lavoro di progettazione è quindi necessario approfondire il rapporto tra spazi, persone e attività, guardando questi elementi come un unico sistema.10 La definizione dello spazio non deve quindi limitarsi a considerare dimensioni e funzionalità. È importante che la distribuzione planimetrica e che tutti i possibili elementi caratterizzanti facilitino una completa fruibilità degli spazi, ma è altrettanto fondamentale che lo spazio generi un atmosfera equilibrante attraverso la presenza di fattori sensoriali come oggetti, odori e suoni che possano fondare uno stato di benessere. 11 Allo stesso modo garantire una continuità tra la vita esterna e quella all’interno delle strutture è un elemento necessario per il benessere psicologico.12 È proprio per questi motivi che il progetto architettonico del luogo della salute deve coinvolgere tutte le scale: dalla definizione degli spazi alle componenti interne. Le componenti architettoniche che influenzano questo processo sono: colore, luce, segnaletica, arredo, vegetazione, tecnologie e opere artistiche. Nel capito successivo li descriveremo in modo più approfondito Quattro aspetti essenziali: riconoscibilità, comunicazione, interazione, fruibilità e sensorialità Lo spazio terapeutico13, sintetizza quanto detto fino ad ora attraverso quattro aspetti essenziali per un luogo di cura umanizzato. Tali caratteri sono: riconoscibilità, comunicabilità, integrazione, fruibilità e sensorialità.

10

F. SPINELLI, E. BELLINI, P. BOCCI, R. FOSSATI, op. cit., p. 15.

11

I. FARE’, op. cit. p.19.

12

F. SPINELLI, E. BELLINI, P. BOCCI, R. FOSSATI, op.cit., p. 12.

13

Ivi, pp. 31-35. 197


supporto ai processi sociali

supporto ai processi affettivi

supporto all’operatività del personale centro sanitario umanizzato

supporto al controllo del dolore

supporto ai processi cognitivi

Fig. 1 Elaborazione schematica delle caratteristiche che un luogo della cura deve garantire.

Il requisito della riconoscibilità all’interno delle strutture sanitarie fa riferimento alla possibilità da parte dell’utente di stabilire una relazione immediata con l’ambiente, favorendo la creazione di un sistema di riferimenti spaziali: punti di focalizzazione, forme particolari, colori e materiali differenti costituiscono elementi di caratterizzazione che facilitano il riconoscimento immediato dello spazio. Il carattere della comunicazione può essere inteso sotto due aspetti diversi: comunicazione come socializzazione attraverso gli spazi con il ruolo di istituire relazioni sociali significative e comunicazione tra gli spazi come rapporto di continuità visiva e fisica tra diverse aree funzionali. Il concetto di integrazione nel progetto di umanizzazione trova anch’esso duplice valenza: su piccola scala viene intesa come integrazione all’interno del luogo di cura, su grande scala richiedendo alla struttura di essere integrata con l’ambiente 198


cittadino circostante. Il processo di umanizzazione deve infine avere carattere di fruibilità e sensorialità, lo spazio progettato deve possedere ricchezza di forme, materiali e un uso articolato del colore, favorendo una sensazione di benessere generato dalla visione d’insieme. Le percezioni derivate da questi aspetti devono coadiuvare il percorso affrontato. Il programma di umanizzazione deve dare una risposta adeguata alle esigenze sopra riportate, consapevole della complessità dei fenomeni connessi alla terapia ed alla guarigione. Il processo di umanizzazione vede la collaborazione della medicina specialistica e tradizionale con la medicina antropologica che si interessa all’uomo in tutte le sue componenti.14 Proprio l’individuo deve essere al centro di questo processo: tutti gli elementi che compongono lo spazio devono essere pensati per garantire un equilibrio sensoriale e lo sviluppo della persona.15 Si può concludere affermando che il concetto di benessere all’interno dei luoghi di cura è costituito dal riconoscimento della dignità della persona umana, nel paziente, nel medico, nell’infermiere, che devono collaborare in una struttura accogliente e funzionale.

14

S. MARISCIANO, op.cit., p.93.

15 D. DE BIASE, G. BATTISTINI, T. IACOBACCI, Il Progetto del Colore Funzionale: studiare, scegliere, applicare il colore per umanizzare gli ambienti sanitari. In: http://www.coloreesanita.it. Consultato il 25.06.2017. 199



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approcci

strutture

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ELEMENTI ARCHITETTONICI PER UMANIZZARE Un ambiente influenza la percezione dello spazio condizionando i sentimenti della persona e l’architettura ha l’importante compito di immaginare luoghi che soddisfino le esigenze del singolo e della collettività, accompagnando l’individuo al raggiungimento del benessere. La progettazione deve tenere in considerazione tutti i fattori che concorrono alla concretizzazione di questo obiettivo. Le nuove tecnologie e i moderni sistemi costruttivi aiutano la creazione di luoghi sicuri e confortevoli che offrono benessere a livello fisico. È fondamentale considerare anche aspetti legati al benessere psicologico. In ambito sanitario queste considerazioni sono

ancor più rilevanti. Il professore Rossano Albatici1 afferma che nei decenni scorsi l’attenzione è stata indirizzata principalmente verso gli aspetti funzionali, energetici ed economici tralasciando i “costi secondari” relativi a “tempi dilazionati di cura, malessere cronico, disaffezione al lavoro routinario degli operatori, ecc.” Oggi i luoghi della salute non curano unicamente lo stato fisico ma anche quello emozionale. La tendenza europea nella progettazione è quella di inserire elementi come opere d’arte, piante, cromatismi, arredi con forme particolari e nuove tecnologie.2 Nel capitolo analizzeremo gli aspetti che concorrono al processo di umanizzazione dei luoghi della salute.

1 Professore di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica all’Università degli Studi di Trento. Si è dedicato a ricerche nel campo dell’edilizia sostenibile, nell’ambito del comfort nello spazio indoor e ricerche sulle potenzialità della domotica nella regolazione delle fonti luminose. 2 https://www.ufficiostampa.provincia.tn.it/Comunicati/Architettura-per-la-salute-da-luogo-di-cura-a-luogoche-cura. Consultato il 14/07/2017. Immagine di inizio capitolo

Silvia METERC, elaborazione grafica.



3.1

L’USO DEL COLORE NELLO SPAZIO INTERNO Le caratteristiche che compongono uno spazio sono molteplici: forma, dimensioni, illuminazione e tutte sono direttamente collegate al colore.1 Quest’ultimo ha un’importanza rilevante A ogni spazio in quanto ha la capacità di architettonico non coinvolgere tutti i cinque sensi in un colore, ma il suo un unico processo percettivo e di colore; ogni ambiente influenzare in modo determinante non dovrebbe la lettura dell’ambiente. semplicemente avere I colori fanno parte della nostra un colore ma piuttosto eredità biologica e risulta molto il colore più adatto ad difficile capire perché la vista armonizzarsi alla propria del colore possa suscitare funzione. in noi emozioni ma gli studi Lo spazio terapeutico, che descriviamo di seguito Spinelli, Bellini, Bocci, dimostrano che ogni colore dona Fossati, p.240 particolari sensazioni psico-fisiche. Le proprietà del colore risultano essere molto coinvolgenti innanzi tutto per l’effetto ottico che portano con sé, in secondo luogo per il significato che esso esprime e che coinvolge la sfera emotiva psicologica.2 Diversi studi hanno dimostrato come il colore sia influente durante la terapia e nel periodo di degenza, agendo sull’umore del paziente. Il colore possiede la capacità di attenuare quel senso di ostilità e di anonimato che l’impatto con lo spazio di cura potrebbe suggerire. Il colore condiziona le sensazioni dell’uomo modificando la percezione dello spazio alterandone la profondità, il calore e le proporzioni. La professoressa Anna Marotta nel suo contributo “Architettura terapeutica”: colore, decorazione, movimento nell’umanizzazione degli ospedali indica il colore come un elemento essenziale nello spazio architettonico. Un progetto

1 Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, Utet libreria SRL, Torino 1996, p. 135. 2

Ivi, p. 22, 24. 211


dinamico del colore può attenuare quel senso di monotonia e staticità che spesso provoca stati di ansia, noia e depressione.3 Come ci illustra l’architetto Ferdinando Terranova i parametri che bisogna considerare per sviluppare un buon progetto del colore sono: l’incidenza della luce, gli effetti della texture e dei materiali, la valutazione delle dimensioni, la valenza segnaletica, le esigenze dei fruitori.4 Il compito del progettista è usare il colore per sviluppare un messaggio comprensibile da tutti.5 Proprietà del colore Il sistema visivo definisce il colore in base a determinate caratteristiche che colpiscono l’occhio. L’identificazione dei colori avviene attraverso specifici requisiti che descriviamo brevemente per avere un quadro generale sulle proprietà del colore. Il tono (o tinta) indica la lunghezza d’onda che interagisce con l’occhio e definisce il colore denotando il livello di saturazione. È la qualità per cui un colore si distingue da un altro. La gamma è l’insieme dei toni di colore puro quando viene modificato con l’aggiunta di bianco o di nero; la nuance indica una variazione del colore verso un altro. La saturazione precisa il grado di purezza di un dato colore, due colori possono avere la stessa tinta ma apparire più forti o più deboli. Il colore, in tutte le sue forme e in tutti i suoi significati è stato studiato in un lungo percorso che ha portato diversi maestri a confrontarsi. Prima di tutto è doveroso citare Newton che

3 Anna MAROTTA, “Architettura terapeutica”: colore, decorazione, movimento nell’umanizzazione degli ospedali. luglio 2014 In:: http:// telemeditalia.it 4 Ferdinando TERRANOVA (a cura di), Edilizia per la sanità. Ospedali, presidi medici e ambulatori, strutture per il regime residenziale, Utet, Milano 2005, p. 247. 5 Anna MAROTTA, Un linuaggio trasversale: il segno come traccia grafica, Cordoba Facultad de Arquitectura Urbanismo y Diseno de la Universidad Nacional de Cordoba 2012. 212


fu il primo a dare una spiegazione scientifica al processo di visione del colore. Egli dimostrò che la scomposizione della luce in onde con frequenze diverse genera una distinzione cromatica. Successivamente Goethe6 si dedicò a uno studio, diverso dal precedente, tralasciando la natura fisica del colore ma approfondendo quella percettivo-psicologica. Da queste attività pionieristiche ritroviamo il concetto di interazione tra colore e uomo che si palesa sotto forma di aspetti psichici, fisici, scientifici, e simbolici.7 Nel corso dei secoli sono stati numerosi gli scienziati che si sono applicati nello studio del colore e nella creazione di modelli cromatici differenti: si pensi ad esempio al Cerchio cromatico di Goethe, alla Sfera dei colori di Runge, al Modello colori di Chevreul. In questo scritto non ci soffermeremo sulla descrizione e lo studio di tutti i modelli, basti sapere che da un primo interesse di carattere fisico-matematico sulla distinzione dei colori, nel corso del ‘900 l’attenzione si è spostata verso la percezione e il significato che i colori sviluppano nell’uomo. Gli studiosi si sono dedicati allo studio del colore in diverse forme e con svariati approcci, spesso con punti di vista differenti ma complementari l’uno all’altro, alcuni con un’impronta fisico-matematico altri con carattere psicologico-percettivo. Questa multidisciplinarità offre molteplici possibilità nello studio del colore. La ricerca proposta in questa tesi non si soffermerà sull’analisi di tutte le teorie esistenti in merito al colore ma riguarderà esclusivamente quelle relative al fenomeno della percezione, aiuto concreto nel processo di progettazione. Per avere un quadro completo su queste teorie rimandiamo all’analisi mirata svolta dalla professoressa Anna Marotta e riportata nel libro Policroma8. L’autrice mette a confronto, attraverso una ricerca scientifica, le diverse teorie e applicazioni

6 Per maggiori informazioni sulla biografia di Goethe rimandiamo al consulto della scheda di approfondimento a fine capitolo. 7 Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999, p. 13. 8 Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999. 213


cromatiche. Afferma che per poter utilizzare correttamente le teorie del colore occorre compararle sistematicamente e criticamente per poi decidere se adottarle o meno. Ogni teoria non deve essere assunta con valore assoluto ma deve essere analizzata in modo critico e le scelte progettuali devono sfociare da considerazioni riguardanti più teorie comparate.9 Percezione del colore La stretta relazione tra colore e sentimento è intuizione antica, possiamo citare a tal proposito gli studi condotti da Birren10 risalenti al 1963 o quelli di Lüscher11 cronologicamente meno lontani.12 Ogni colore è in grado di influenzare l’organismo ed esistono reazioni fondamentali al colore che sono comuni alla maggior parte delle persone. Queste sono tendenzialmente innate, anche se eccezionalmente possiamo trovarci di fronte a reazioni acquisite. Max Lüscher, che spesso parla del colore come di un elemento con significato oggettivo e universale, nel 1995 evidenzia come l’atteggiamento personale nei riguardi del colore possa variare. Egli afferma che il significato intrinseco del colore non cambia ma il comportamento nei confronti di questo è soggetto a opinioni personali.13 La lettura dei colori può avere quindi valore sia oggettivo che soggettivo: la visione del colore, trattandosi di un processo fisico definito da determinate lunghezze d’onda, avviene in modo univoco per tutti gli individui assecondando un processo fisico inevitabile, il colore viene poi elaborato

9 Anna MAROTTA, Colore come male culturale. Incongruenze cromatiche tra architettura e struttura visiva della città, Maggioli editore 2012. 10 Faber Birren (1900-1988), teorico del colore americano. Per maggiori informazioni rimandiamo alla scheda di approfondimento a fine capitolo. 11 Max Luscher, (1923-2017), psicoterapeuta e sociologo svizzero. Il suo test sui colori è uno strumento diagnostico capace di misurare in modo oggettivo lo stato psico-fisiologico dei pazienti. I colori presenti nel test sono il risultato di un’attenta ricerca derivante dalla psicologia autoregolativa di Luscher. Per maggiori informazioni rimandiamo alla scheda di approfondimento a fine capitolo. 12

Claudio WIDMANN, op. cit., p. 17.

13

Ivi, p. 37.

214


secondo un’interpretazione soggettiva diversa in ogni persona in relazione all’umore, alle esperienze, ecc.14 Ciascuno ha un proprio percorso e un proprio vissuto: esperienze passate, ricordi, suggestioni influenzano e guidano la nostra percezione del colore, provocando effetti più o meno forti sull’individuo. Le mode, le tradizioni, la famiglia possono condizionare le nostre scelte cromatiche.15 Come afferma anche Albers la visione di un colore può evocare differenti stati percettivi.16 Possiamo inoltre distinguere due tipi di associazioni: diretta ed indiretta. Christian Itten definisce associazione diretta il riconoscimento dipendente dalla somiglianza iconica. L’associazione indiretta è invece legata a concezioni culturali e esperienze di vita. Gli effetti del colore, in ambito architettonico, vengono valutati per produrre un beneficio sulla salute psicologica dell’utente per ottenere un ambiente visivo confortevole. Scelte consapevoli e uso mirato del colore danno il loro contributo al miglioramento degli spazi fisici e di conseguenza influiscono sulle reazioni fisiologiche e psicologiche nell’individuo. È proprio per questo che nella progettazione, soprattutto degli spazi di cura, va prestata particolare attenzione ai cromatismi utilizzati. In ambito sanitario, il colore, oltre a sviluppare stati d’animo positivi deve anche comunicare un alto livello di tecnologia e professionalità da parte degli operatori.17 Un uso corretto del colore, accompagnato da elevati standard di qualità ambientale, può costituire un aiuto terapeutico efficace, intervenendo su fattori biologici, fisici, e psicologici.

14 Christian ITTEN, Colore, comunicazione, Ikon editrice, Milano 2004, p. 23. 15 Gianluca POZZI, I sensi della casa, prospettive per abitare il benessere, Il saggiatore, Milano 1998, p. 40. 16 Josef ALBERS, Interazione del colore, Pratiche editrice, Londra 1971, p.13. 17 Daniela DE BIASE, Colore funzionale: il benessere psico-fisico negli ambienti sanitari, p.68, in: Patrizia COLLETTA, Daniela DE BIASE, Colore, Architettura e Città, Prospettive, Roma 2013. 215


Colori saturi e insaturi La saturazione di un colore (o grado di purezza) corrisponde all’intensità di una specifica tonalità. Una tinta molto satura ha un colore forte e squillante; al diminuire della saturazione il colore diventa più debole, pallido e tende al grigio. Quando si vuole catturare l’attenzione o esprimere allegria e dinamismo si possono applicare colori saturi, da utilizzare però con molta attenzione per non invadere l’ambiente. Colori desaturati sono fondamentali invece per ricreare ambienti piacevoli e tranquilli: luminosi vengono percepiti come amichevoli e calorosi; poco luminosi, sono avvertiti come seri, professionali e freddi.18 Colori caldi e freddi I colori vengono classificati in colori caldi e freddi. Sono definiti così proprio per la sensazione che trasmettono. I colori caldi sono rosso, arancione e giallo e le loro variazioni. I colori freddi comprendono verde, blu, viola e i tono intermedi fra questi. I colori caldi e brillanti portano l’attenzione verso lo spazio circostante generando buon umore e attivismo; al contrario colori freddi e delicati favoriscono “un orientamento verso il mondo interiore” e contribuiscono ad aumentare i livelli di concentrazione. Indipendentemente dalla tinta, colori forti hanno un impatto eccitante mentre colori spenti hanno potere tranquillizzante.19 Rapporto tra i colori L’ambiente architettonico deve generare benessere negli individui e la scelta del colore per gli spazi abitativi, pubblici, lavorativi, sanitari deve scaturire dallo studio degli stimoli cromatici.

18 Marco COSTA, Psicologia ambientale e architettonica: come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento, Angeli, Milano 2013. pp. 141-142. 19 216

Frank MAHNKE, op.cit., p. 74.


E’ indispensabile studiare e considerare dapprima il teatro del colore, e cioè l’azione e la relazione tra i colori, riflettendo sui processi che ne determinano le scelte, poiché i complessi fenomeni, le ambiguità e gli inganni cromatici sono tali per cui nessun colore appare come sembra nella realtà fisica, ma è modificato da contrasti, rapporti quantitativi e di vicinanza con le altre tinte.20 I contrasti cromatici di Johannes Itten Uno degli elementi fondamentali nel progetto cromatico è il contrasto. Un quadro completo sul contrasto dei colori è statostudiato da Johannes Itten. Per spiegare in modo più appropriato le combinazioni armoniche è fondamentale introdurre il Cerchio dei colori (Fig.1) e la Sfera dei colori (Fig.2) entrambe elaborate nel 1961 da Johannes Itten.

Fig. 1 1961.

J. Itten, Cerchio dei colori,

Fig. 2 1961.

J. Itten, Sfera dei colori,

Il Cerchio dei colori si basa sulla formazione di un triangolo equilatero contenente i tre colori primari: giallo in alto, rosso in basso a destra e blu in basso a sinistra. Nel cerchio in cui è iscritto il triangolo si sviluppa un esagono, ottenendo altri tre triangoli in

20

D. DE BIASE, op.cit., pp.70-71. 217


Fig. 3

Contrasro di colori puri

Fig. 4

Contrasto di chiaro e scuro

Fig. 5

cui sono collocati i colori secondari, formati dall’unione di due primari. Il cerchio nel quale è iscritto l’esagono viene diviso in dodici settori, nel quali sono presenti i colori primari, i secondari e in mezzo tra i due i colori terziari. Nel cerchio esterno i colori si susseguono nell’ordine dello spettro, sono equidistanti tra loro e gli opposti sono complementari. La sfera dei colori è discendente da quella di Runge. La sfera è una forma simmetrica e permette un’ottima individuazione delle molteplici peculiarità dei colori. Consente di chiarire la legge dei complementari, che spiegheremo di seguito, e di mettere in evidenza i principali rapporti dei colori fra di loro, con il bianco e con il nero. Ogni punto è facilmente determinabile mediante l’uso di meridiani e paralleli, ai poli sono collocati il bianco e il nero e nella zona equatoriale sono distribuiti i colori puri. E’ qui che i colori raggiungono la massima purezza, mentre andando verso il polo bianco la tinta si schiarisce in toni più luminosi e verso il polo nero in toni più ombrosi. Al centro della sfera è presente il grigio medio.21 Dopo questa breve parentesi sui modelli cromatici di Itten iniziamo a parlare delle armonie dei colori. La parola armonia indica equilibrio. Questo stato è suscitato nell’uomo dal grigio neutro che si ottiene attraverso l’accoppiamento del bianco e il nero o di due colori complementari. Di conseguenza a questa relazione possiamo dire che tutte le coppie di colori complementari sono armoniche. In merito all’accostamento di più colori Johannes Itten compie uno studio approfondito in cui descrive sette diversi tipi di contrasto: tra colori puri, tra chiaro e scuro, tra freddo e caldo, tra colori complementari, di simultaneità, di qualità e di quantità.22

21

Anna MAROTTA, Policroma, [...]cit, p.47.

22 Per avere un quadro approfondito in merito rimandiamo alla consultazione di Johannes ITTEN, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano 2002 pp. 34-59. 218

Contrasto tra caldi e freddi

Fig. 6

Contrasto


o tra complementari

Fig. 7

Contrasto di simultaneità

Fig. 8

Contrasto di qualità

Fig. 9

Contrasto di quantità

Il contrasto di colori puri (Fig. 3) si basa sull’accostamento di colori al più alto livello di saturazione e scaturisce energia nell’organismo. Per creare questo tipo di contrasto sono necessari almeno tre colori nettamente distinti. L’effetto dell’accostamento dei tre colori primari è il più intenso, esso si paca con i colori secondari e ancor più con quelli terziari. Il contrasto di chiaro e scuro (Fig. 4) è rappresentato dall’accostamento di colori tendenti al bianco e al nero. I diversi livelli di luminosità vanno studiati con attenzione cercando di evitare problemi chiaroscurali. Il contrasto tra colori caldi e freddi (Fig. 5) è generato dall’abbinamento di colori caldi (gialli, rossi, arancioni) con colori freddi (blu, verde, viola). È molto forte ed espressivo, ideale negli elementi pittorici per ricreare atmosfere irreali e ricche di musicalità. Il contrasto tra complementari (Fig. 6), accennato in relazione ai fenomeni armonici tra colori, se usato in modo consapevole offre la possibilità di creare ambienti caratterizzati da una solida staticità e l’osservazione di questi offre un perfetto equilibrio visivo. È costituito dal contatto di due colori complementari, che come detto in precedenza generano armonia ed equilibrio. Il contrasto di simultaneità (Fig. 7) offre la dimostrazione per capire come l’occhio dell’uomo venga appagato dalla legge dei complementari. L’occhio stimolato da un determinato colore ne cerca subito il complementare. L’accostamento di due colori non perfettamente complementari provocherà l’effetto di simultaneità, ovvero una distorsione del colore sul piano oggettivo, che li porterà ad avvicinarsi verso i loro complementari. Il contrasto di qualità (Fig. 8) vede l’accostamento di colori con diverso grado di saturazione. La stessa tinta infatti può avere elevata intensità e richiamare l’attenzione o può essere schiarita o scurita perdere così la sua centralità. Il contrasto di quantità (Fig. 9) vede l’accoppiamento di due 219


colori in diversa quantità in modo tale che non nessuna prevalga su quella del colore vicino. In questo caso ci si può avvalere degli studi di Goethe che ha stabilito per ogni colore un valore reciproco di luminosità. A seguito di queste nozioni relative ai contrasti, Itten suggerisce come i colori possano modificare lo spazio. Innanzitutto è indispensabile fare una distinzione tra lo sfondo e gli elementi presenti nell’ambiente. Dagli esperimenti di Itten si evince che il colore di sfondo può modificare la profondità degli elementi. Prendendo in riferimento i tre colori primari, su sfondo nero il giallo sarà quello in maggior rilievo, il blu quello più lontano e il rosso occuperà posizione intermedia; sostituendo il colore di sfondo con il bianco l’effetto sarà opposto. I colori chiari e caldi emergono su sfondi scuri e viceversa, colori scuri e freddi emergono su sfondo chiaro.23

Anche Marco Costa avvalora gli studi di Itten in relazione al contrasto affermando che l’abbinamento tra due o più colori deve essere studiato con determinati criteri: è bene accostare colori vicini nella ruota dei colori (ad esempio un azzurro con un blu), o colori che si trovano opposti nella ruota (colori complementari), che evidenziano i contrasti come blu-giallo o rosso-verde.

23 220

Johannes ITTEN, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano 2002 p.77.


Armonie e contrasti Negli ambienti costruiti spesso l’individuo si trova di fronte alla presenza di più colori adiacenti. Nell’avvicinamento dei colori è fondamentale considerare il gioco armonico tra di essi che contribuisce a modificare il nostro stato psico-fisico. A questo scopo i colori devono essere accostati rispettando determinate regole. Goethe afferma che, unendo i colori del Cerchio cromatico con i vertici di un triangolo equilatero o isoscele, un quadrato o un rettangolo possiamo avere combinazioni armoniche. Equilibrio e armonia sono sensazioni suscitate anche attraverso l’accostamento di colori adiacenti nello spettro cromatico.24 Si percepisce armonia quando i singoli elementi di un insieme sono in rapporto tra di loro e rispondono ad un principio comune. Il principio comune permette di mettere in relazione i singoli elementi: la semplice percezione di questi rapporti ci procura piacere. Armonia e interazione sia del simile che del contrario, è un completarsi, un accrescere un annullarsi.25 Elemento essenziale nella fase di progettazione è il bilanciamento degli elementi cromatici. La percezione dell’individuo è spesso derivata dal confronto: i colori sono influenzati dal contesto. Come Itten insegna ogni colore modifica l’altro nel suo complementare. Tornquist afferma infatti che “L’occhio tenta di riequilibrare gli stimoli, ciò che noi vediamo, quindi, è il filtro correttivo”. Come Itten, anche Tornquist si basa sulla sfera cromatica per analizzare gli accordi tra colori che vengono definiti mediante delle figure geometriche all’interno del cerchio. Le armonie cromatiche vengono suddivise in due categorie: di relazione e di contrasto. Fanno parte del primo caso gli accostamenti di colori della stessa tinta ma con gradi di saturazioni differenti, oppure di

24

Ivi, pp.20-21.

25

Jorrit TORNQUIST, Colore luce, Hoepli, Milano 1983 p.110. 221


colori vicini sulla ruota dei colori26. Il secondo caso comprende accostamenti di colori complementari. Il colore può essere utilizzato sia per evidenziare determinati elementi attraverso contrasti decisi, sia per mitigarli usando tonalità simili. Frank Mahnke fornisce alcune regole per un corretto utilizzo dei contrasti: - tinte simili per grado di saturazione e valore possono unificare l’ambiente di una stanza e fare si che lo spazio sembri più grande. Occorre però evitare la monotonia; -il contrasto tra le pareti e l’arredamento farà risaltare quest’ultimo; -i contrasti di tinta, saturazione e valore enfatizzano i contorni; -l’effetto visivo di spaziosità aumenta quando colori simili passano da una stanza all’altra. Costa aggiunge che la presenza di più colori in un unico ambiente suscita spesso forti emozioni generando fenomeni di iperstimolazione, da limitare dunque solo in ambienti di passaggio, viceversa ambienti monocromatici risultano ipostimolanti. Jorrit Tornquist27 osserva i comportamenti in relazione al colore in ambienti interni deducendo che la permanenza in una stanza monocroma porta la persona ad adattarsi e che se il contrasto cromatico tra due stanze è troppo intenso può causare sensazioni di malessere.28 Relazione tra colore, luce e materiale: gli studi di Jorrit Tornquist Ciò che il nostro occhio percepisce in prima istanza non è il colore, bensì l’illuminazione grazie alla quale definiamo poi il

26 Modello cromatico in cui i colori sono accostanti secondo lo spettro cromatico. Si veda ad esempio il Cerchio dei Colori di Itten nella pagina successiva. 27 Jorrit TORNQUIST è un importante teorico del colore. Per ulteriori informazioni rimandiamo alla scheda di approfondimento nel capito 1. 28 222

Jorrit TORNQUIST, op.cit., p. 145.


colore. La luce infatti, influenza sia il colore degli oggetti intorno ad essa che le loro ombre. Se le figure sono maggiormente illuminati rispetto al campo visivo si genereranno fenomeni di iridescenza, brillanza o splendore.29 La superficie dei materiali è un ulteriore elemento che non va sottovalutato nel processo di definizione dei colori. Le superfici lucide hanno la capacità di riflettere la luce rendendo il colore più brillante, al contrario superfici porose assorbono il colore realizzando così un effetto opaco. Le superfici opache assorbono e riflettono differenti percentuali di radiazioni luminose e a seconda dei raggi luminosi che vengono assorbiti l’occhio percepisce un diverso colore. 30 I pigmenti del colore possono alterare le sensazioni prodotte dalla natura del materiale modificandone la superficie. Colore e materiale compiono reciprocamente una trasformazione l’uno sull’altro attraverso lo scambio tra vista e tatto. 31 Forma e colore nel processo di percezione In ambito progettuale, i fattori di maggior rilievo nel campo visivo sono certamente la forma e il colore. La Gestalt, secondo il principio di totalità, ci insegna come questi elementi siano imprescindibili l’uno dall’altro. Anche quello che potrebbe sembrare il semplice processo visivo di percepire delle forme o di valutare un colore è in effetti un’articolata elaborazione risultante da un processo che può dare luogo a diverse soluzioni. L’associazione forma-colore è probabilmente la più complessa da valutare, ma sono molti i fisici, i filosofi e gli psicologi che si sono dedicati a questo tema. La forma fisica di un elemento è delimitata da contorni ben precisi spesso simboleggiati da linee nette; la forma percettiva, invece, varia in base all’influenza dello spazio, delle dimensioni e dell’orientamento.32

29

Ivi, p. 48.

30

Ivi, p. 71.

31 Pia LUZZATO, Renata POMPAS, Il colore persuasivo, Il castello, Milano 2011, p. 48. 32

Rudolf ARNHEIM, op. cit., p. 59. 223


Forma e colore sono elementi distinti e ben riconoscibili, ma messi in relazione nei processi percettivi hanno la capacità di esaltarsi o regredirsi vicendevolmente modificando il loro aspetto. Se lo stesso colore viene applicato su elementi con forme differenti verrà percepito diverso, analogamente se a oggetti identici vengono applicati colori differenti, anche gli oggetti sembreranno assumere forme dissimili. La visione d’insieme, che deve essere armonica e offrire sensazioni piacevoli, genera un significato particolare, il progettista ha il compito di studiare la comunicazione tra i vari elementi, sia nei confronti della forma che del colore. Gli studi di Johannes Itten33 ci descrivono in modo approfondito come forme e colori possano, a livello emotivo, accentuarsi e avere significati propri. Anche le forme possono avere determinati significati. Ad esempio il triangolo giallo simboleggia la razionalità e il pensiero, i suoi angoli sono carichi di energie. Nell’identificazione di un oggetto la forma è uno strumento più efficace rispetto al colore, sia perché offre una varietà quantitativa maggiore, sia perché non subisce variazioni in seguito a mutamenti ambientali e i cambiamenti di prospettiva non incidono sulla riconoscibilità della forma.34 Nella percezione del colore si ha un atteggiamento passivo, gli impulsi vengono trasmessi dall’oggetto alla persona, nel caso della forma è l’uomo che si attiva per riconoscerla. Rudolf Arnheim35 a proposito dichiara che: “il colore determina un’esperienza di tipo emozionale, mentre la forma ha come suo corrispondente il controllo intellettuale”36.

33 Per avere un quadro completo sugli studi di Itten rimandiamo al suo libro: Johannes ITTEN, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano 2002 34

Rudolf ARNHEIM, op.cit., pp. 270-271.

35 Rudolf Arnheim (1904 - 2007) è stato uno scrittore, storico dell’arte e psicologo tedesco. Formatosi alla scuola della Psicologia della Gestalt fondata da Max Wertheimer. Diventò professore di psicologia dell’arte in università prestigiose come la Columbia e la Harvard University. 36 224

Rudolf ARNHEIM, op.cit., p. 273.


Il significato dei colori In seguito alle considerazioni riportate deduciamo come la scelta del colore dominante, ossia quello che definisce una certa atmosfera, è determinata dalla destinazione d’uso dell’ambiente, dal tipo di utenza e dagli effetti psicologici e fisiologici desiderati da quest’ultima.37 Goethe, Kandinsky, Lüscher, Mhanke, Tornquist, Frieling Birren, J. Itten, Brescia, De Biasi sono i teorici che hanno affiancato ai principali colori, specifici significati.38 Queste teorie sono frutto di sperimentazioni empiriche e non sono scientificamente provate ma offrono un primo oggetto di confronto che potrà essere sicuramente ampliato e approfondito da studi futuri. A volte con opinioni simili, altre con pensieri differenti, collaborano tutti a fornire un quadro generale sulle percezioni generate dalla visione del colore. Di seguito vengono riassunti i dati emersi dagli studi compiuti dai teorici elencati, per munirci di un quadro generale sul significato e sulle emozioni che ogni colore può generare. Al termine del capito, in Appendice, è disponibile un quadro dettagliato sugli studi effettuati da ogni singolo teorico. Il bianco è colore della luce, della quiete e del silenzio. Ha carattere spirituale di elevazione e di separazione. È un colore fecondo e vitale, si infrange nella nostra mente come un silenzio assoluto, fino a diventare sterile. Rappresenta l’assenza di sentimenti e di coinvolgimento personale. È il colore della libertà ma anche della solitudine e del vuoto, genera infatti sentimenti di confusione. Rappresenta la luce, il celestiale, lo spirituale, la speranza, la santità e l’innocenza. È associato alla pulizia, alla pace, alla neve e alla chiarezza.

37

Frank MAHNKE, op.cit., p. 140.

38 A fine capito sono presenti delle schede bibliografiche approfondite su ogni teorico. 225


Il nero, associato all’assenza di luce, rappresenta la negatività. È immagine di caos, assenza e presenza ambigua di ogni cosa. Suggerisce sensazioni di solidità e massa. Se da una parte si presenta umile, semplice, ricco di possibili sviluppi, dall’altra indica la distruzione, la regressione, la violenza e la morte. È associato all’immagine delle tenebre, all’impurità e al peccato. Rappresenta la mancanza di gioia, la rinuncia, l’abbandono e la protesta, esprime l’idea del nulla e corrisponde alla più assoluta negazione provocando effetto di chiusura, smorzamento, negazione. Il grigio è immagine statica dell’ombra, dell’inattività, della neutralità e della paralisi. È il colore dell’indifferenza, mitiga gli stimoli, richiama la confusione e la monotonia. Offre sensazioni di quiete e di riparo, è calmo e silenzioso ma anche lugubre, tedioso, passivo e senza vita. Suscita sentimenti di prudenza e estraneazione dalla realtà. Nei toni più chiari è attribuito a significati di leggerezza, di apertura agli stimoli, alle influenze, alle sollecitazioni e ai contatti. Il giallo rappresenta la luce del sole e dell’oro, diventa così simbolo di eternità, saggezza, potere e ricchezza. Ha effetto liberatorio, alleggerente, stimolante. Rappresenta la felicità, la gioia di vivere, l’ottimismo, la giovinezza, la spensieratezza. Suggerisce l’idea di attività e buon umore. Al giallo appartiene il carattere psichico di apertura, espansione e fuga. Ha valore comunicativo e spinge verso idee innovative, viene associato all’intelligenza aumentando le capacità di concentrazione. Offuscato suscita idea di invidia, tradimento, falsità, dubbio, demenza. Il rosso agisce interiormente come un colore assai vivo, acceso, inquieto; è stimolante ed eccitante. Significa forza, energia e sensualità. È associato al fuoco, alla calura, 226


al sangue e all’amore. Come simbolo del sangue e degli stimoli ad esso associati rappresenta la vita e l’attività sessuale che dal sangue trae forza; per opposizione raffigura la violenza, l’aggressività, la rabbia, la ferocia e la morte che nel sangue si compie. Espressione di entusiasmo, vitalità, gioia, dinamismo, erotismo, energia, esuberanza. In senso negativo diventa simbolo di eccitazione, egoismo, lotta e brutalità. Il verde associato all’ambiente naturale esprime la crescita, il rigoglio, la prosperità, la costanza e la giovinezza. È simbolo di vitalità e libertà. Emotivamente rappresenta l’autoaffermazione, la volontà, l’ambizione e la determinazione nella riuscita personale, la perseveranza e l’impegno. È simbolo di orgoglio e ostinazione. È il colore più tranquillo che ci sia e rappresenta la quiete, donando all’organismo sensazioni di equilibrio, sicurezza, stabilità e solidità. Favorisce il riposo. Ha effetti di riservatezza, rilassamento, rinvigorimento. Il verde puro è calmante, tendente al giallo diventa stimolante, verso il blu delicato e in grandi quantità risulta essere fastidioso. Offuscato dal grigio acquista carattere di pigrizia e inerzia. Il blu è il più sereno dei colori: fresco, tranquillo, ordinato. I significati negativi sono limitati alla tristezza e alla depressione. Al blu dell’ambiente si attribuisce un effetto calmante ma in grandi quantità è freddo e lugubre. Il blu è immagine del cielo e dell’acqua, simboleggia la spiritualità e l’eternità ad essi collegati. Invita alla meditazione, è calmo e affidabile. È l’immagine dell’amicizia, della fedeltà, della fiducia, della comprensione, dei sentimenti profondi. Nelle gradazioni più chiare ha un effetto rilassante e le tonalità azzurre paiono indurre alla riservatezza. Nelle gradazioni più scure è severo e solitario.

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Il viola è un colore ambiguo, concilia i significati opposti del blu e del rosso in un’unità ricca di tensione. Da una parte ha carattere attivo e impulsivo, dall’altra riflessivo e passivo. Ha significato positivo di dignità ed eleganza, negativo di solitudine, lutto, freddezza. Rappresenta i mondi della magia, dell’esotismo, del fantastico. Ha significato mistico e religioso. Simbolizza inoltre l’interiorizzazione, la profondità dell’emozione, la dignità, la ricchezza. Crea sensazioni di malinconia, agitazione interiore senza vivacità, rinuncia, smorzamento degli stimoli. È il colore del piacere estetico e della seduzione. Nelle tonalità più scure indica inquietudine, turbamento e oppressione. Il marrone è il colore femminile e materno della terra, esprime solidità, tenacia, pazienza, stabilità e sicurezza. Evoca passività, accoglienza e rigenerazione. Nelle tonalità più calde tendenti al rosso offre un’immagine rassicurante e confortevole, tendente al giallo è espressione di propensione alla cura e al benessere del corpo. Viceversa nelle tonalità più fredde diventa severo e appare tetro, lugubre e sporco. Il colore legno può avere effetti piacevoli sull’organismo se associato al materiale naturale. Gli studi di Frank Mahnke39 sul colore negli spazi interni Nel precedente capitolo abbiamo studiato che l’osservazione di un determinato colore può modificare lo stato d’animo e le sensazioni di un individuo. Frank Mahnke ne Il colore nella progettazione40 schematizza gli effetti che i principali colori generano all’interno di un ambiente chiuso in base alla superficie coinvolta: soffitto, pavimento o pareti. Anche in questo caso non

39 Per maggiori informazioni biografiche rimandiamo alla scheda di approfondimento presente nel capitolo 1. 40 228

Frank MAHNKE, op.cit., pp. 71-73.


possiamo trattare questi dati come informazioni scientificamente comprovate ma offrono uno strumento per un primo approccio progettuale. Come scritto nei precedenti paragrafi ogni persona ha una visione del colore del tutto soggettiva influenzata dal contesto, dallo stato d’animo e da una serie di fattori esterni per i quali le considerazioni di Manhke vanno utilizzate con criterio. Di seguito una rielaborazione.

sterilità

inibizione

sterilità

ombrosità

neutralità

neutralità

intrusione pesantezza

consapevolezza attenzione

aggressività incombenza

229


230

delizatezza comodità

delicatezza

aggressività intimità sdolcinatezza

stimolazione meditazione

stimolazione

calorosità accoglienza

oppressione pesantezza

fermezza equilibrio

sicurezza rassicurazione

oppressione

bizzarria

inquietudine

stimolazione lucentezza

elevazione distrazione

calorosità eccitazione


protezione

delicatezza rilassatezza freddezza

sicurezza calma affidabilitĂ

freschezza

stimolazione

freschezza

oppressione

resistenza

profonditĂ

sconcerto sottomissione

sconcerto sottomissione

sconcerto sottomissione

Dagli schemi sopra riportati osserviamo che il colore influenza notevolmente le percezioni dell’individuo che si trova in ambienti interni. La progettazione del colore deve quindi essere precisa e mirata a seconda delle sensazioni che si vogliono ricreare.

231


10

Il colore provoca una vibrazione psichica. Il colore cela un potere ancora sconosciuto ma reale, che agisce su ogni parte del corpo umano. Vassilij Kandinskij

Fig.10 Christian Childrens Hospital, Osnabrück, Germania, spazio di distribuzione, 2006. In: http://www. worldarchitecturenews.com. Consultato il 14/08/2017. Fig.11 Children’s Healthcare, Atlanta, Georgia, USA, 2006, ingresso al reparto. In: http://stanleybeamansears. com/project/childrens-healthcare-of-atlanta-egleston-campus/. Consultato il 14/08/2017. Fig.12 Children’s Healthcare, Atlanta, Georgia, USA, 2006, spazio di distribuzione. In: http://stanleybeamansears. com/project/childrens-healthcare-of-atlanta-egleston-campus/. Consultato il 14/08/2017. Fig.13 Pronto soccorso, Alba Bra, Pantoni e fantasie utilizzate per la parete, 2012. In: http://www.progetticolore. com/it/ambienti-progetti-studio-colore/ambiti-di-intervento?-ida=1. Consultato il 14/08/2017. Fig.14 Child and Adolescent Inpatient Unit, Newcastle, UK, spazio di distribuzione, 2011. In: http://www. medicalarchitecture.com/projects/ferndene/. Consultato il 14/08/2017. 232


L’Isola di Margherita.

Fig.15 Ospedale Regina Margherita, Torino, Italia. In: http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Interventi-Principali/ Torino/L-isola-di-Margherita. Consultato il 25.07.2017. Fig.16 Ospedale Regina Margherita, Torino, Italia. In: http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Interventi-Principali/ Torino/L-isola-di-Margherita. Consultato il 25.07.2017. Fig.17 Ospedale Regina Margherita, Torino, Italia. In: http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Interventi-Principali/ Torino/L-isola-di-Margherita. Consultato il 25.07.2017. 233


Gli studi passati ci permettono di utilizzare il colore in modo coscienzioso per la creazione di ambienti destinati al benessere e tutte queste considerazioni sono alla base di una buona progettazione cromatica. Come protagonista del fenomeno della visione, il colore deve assumere sempre maggiore importanza nei progetti dei luoghi di cura. La professoressa Anna Marotta nel suo contributo “Il progetto del colore, multifunzionalità e multisensorialità per l’ospedale pediatroco”41 scrive come il colore sia una caratteristica percettiva di primaria importanza in quanto può influire positivamente nel processo di guarigione. Di seguito una rassegna di casi studio inerenti al tema.

41 Anna MAROTTA, Chiara CANNAVICCI, Il progetto del colore: multifunzionalità e multisensorialità per l’ospedale pediatrico, pp. 147-157 In: XVII Convegno Internazionale Interdisciplinare “Utopie e distopie nel mosaico paesistico-culturale. Visioni Valori Vulnerabilità”, Udine 27-28 giugno 2013. 234



COLORE

Psychiatric Hospital Helsingor IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Ospedale psichiatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Località Helsingør, Denmark Posizione/relazione rispetto al contesto Avvolta in un paesaggio naturale di boschi e laghi Dimensione 6.000 m² Committente Frederiksborg County, Helsingør Hospital, Moe & Brødsgaard Progettista PLOT = BIG + JDS Anno di realizzazione 2006 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

Il Centro Clinico Psichiatrico Ellsinore si sviluppa su due diversi livelli facendo spiccare l’edificio nel paesaggio verde e collinare. Offre ai suoi utenti una moltitudine di esperienze, del lago e dei boschi, chiave del travestimento contestuale della clinica. Nei luoghi in cui l'edificio è a metà sottoterra, il prato verde sale sul tetto, rendendo così la clinica un ambiente naturale per la cura della malattia mentale. Utilizzando una struttura a trifoglio nell'organizzazione del programma residenziale si garantisce ad ogni stanza l’affaccio sul lago o sulle colline. Nella progettazione della clinica sono stati evitati tutti gli stereotipi clinici come il corridoio ospedaliero tradizionale senza finestre e camere da entrambe le parti. Sono stati usati materiali artificiali facili da pulire come verniciatura in plastica, pavimenti in linoleum e soffitti in gesso. Si è deciso di minimizzare efficacemente e razionalmente la distanza a piedi, fornendo allo stesso tempo singole sezioni con la massima autonomia e spazi intimi dove gli utenti possono sentirsi quasi a casa. Le sezioni residenziali sono aperte spazialmente, offrendo una visione complessiva al personale attento a non far sentire i pazienti osservati. L'ospedale psichiatrico offre camere per socializzare, per incontri spontanei tra le persone ma anche per occasioni per la solitudine e per la contemplazione. Il programma di trattamento pubblico, invece, è organizzato con 5 singoli padiglioni, riuniti in una struttura a fiocco di neve. Tutte le parti dell'edificio sono fuse in un unico punto, proprio al di sopra del centro della struttura del trifoglio.

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è caratterizzata da un fulcro centrale che collega i diversi apparati. E’ costituita da più braccia che accolgono svariate attività e garantiscono luce naturale e contatto con l’esterno. Aspetti caratterizzanti Sono stati evitati i classici corridoi ospedaliero senza finestre e con le camere da entrambe le parti, favorendo l’ingresso di luce naturale e l’affaccio sul parco. 1

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COLORE

Psychiatric Hospital Helsingor IL COLORE Spazi di distribuzione Gli spazi di distribuzione sono ben evidenziati con colori come giallo e verde, nel primo caso che vivacizzano l’ambiente e nel secondo che lo rendono più tranquillo e rilassante. Alcune pareti sono state lasciate in calcestruzzo senza finitura. Le pavimentazioni sono in resina colorata: facile da pulire, antisdruciolevole e anti abrasione. I corridoi sono scanditi da elementi come arredi e aperture verso l’esterno per facilitare l’orientamento.

2

Luoghi di aggregazione I luoghi di aggregazione sono caratterizzati da componenti con colori caldi come l’arancione. I colori caldi rendono in questo modo l’ambiente casalingo e la forte saturazione di alcune conponenti vivacizza l’atmosfera. Ogni spazio è aperto sull’esterno per permettere un contatto con la natura del luogo. Stanze Ogni sala è resa riconoscibile dal colore delle pareti. Le sale dedicate alle attività hanno colori vivaci e saturi per stimolare il fisico e la mente. Le camere da letto sono di colori freddi e desaturati per favorire il riposo. Ogni camera ha ampie vetrare in modo da far entrare luce naturale favorendo un’ottima resa cromatica.

3

4 DIDASCALIE

FONTI

Fig. 1 Psychiatric Hospital Helsingor, Danimarca, pianta, 2006. In : http://www.detail-online.com/inspiration/psychiatric-clinic-in-elsinore-103249.html, Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Psychiatric Hospital Helsingor, Danimarca, distribuzione interna, 2006. In: http://jdsa.eu/psy/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Psychiatric Hospital Helsingor, Danimarca, distribuzione verticale interna, 2006. In: http://jdsa.eu/psy/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Psychiatric Hospital Helsingor, Danimarca, sala fitness, 2006. In: http://jdsa.eu/psy/. Consultato il 15.06.2017.

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-https://architizer.com/projects/psychiatric-hospital-helsingor/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.detail-online.com/inspiration/psychiatric-clinic-in-elsinore-103249.html. Consultato il 15.06.2017. -http://jdsa.eu/psy/. Consultato il 15.06.2017.


COLORE

University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Adiacente all’ospedale universitario Località Minneapolis, Minnesota Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato all’interno della città, caratterizzato da un parco antistante Dimensione 90.000 m² Committente Progettista TK&A Architects and HGA Engineers Anno di realizzazione 2011 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -cura -ricerca

L'Università del Minnesota Amplatz Children's Hospital ha l’obiettivo di creare un ambiente ideale per fornire assistenza sanitaria ai bambini. Oggi l'ospedale sta fissando nuovi standard per la sicurezza, il comfort e l'efficacia clinica. L'edificio a sei piani, comprende 96 stanze da letto, una unità di sedazione/osservazione, un'unità di dialisi, un dipartimento di emergenza pediatrico, un'espansione del dipartimento di imaging esistente, una sala operatoria, un centro di risorse familiari, un negozio di articoli da regalo e un parcheggio sotterraneo. L'edificio crea un'identità distintiva per l'ospedale, coinvolgendo i visitatori con la sua luminosa e giocosa facciata. All’interno il tema "Passport to Discovery" vivacizza e aiuta nell’orientamento. La morfologia della struttura aiuta ad accorciare le disanze che il personale deve percorrere. La distribuzione spaziale di ogni piano porta gli infermieri a sostare nelle vicinanze delle stanza da letto creando inoltre un contatto visivo diretto dal corridoio alla stanza. Le camere ospedaliere, le sale esami e gli spazi di procedura sono progettati per ospitare e incoraggiare la partecipazione della famiglia al processo di guarigione del bambino. Il padiglione d'ingresso situato in un parco favorisce il processo di ricovero.

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è costituita da più livelli. L’ingresso è favorito da un ambio atrio che indirizza verso i vari piani dell’edificio.

Aspetti caratterizzanti Ogni camera è affacciata sull’esterno e ogni piano è evidenziato da un simbolo creativo. 1

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COLORE

University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital IL COLORE Esterno L’edificio è caratterizzato da colori vivaci per distrarre i pazienti dal processo di ricovero. Il degente viene accompagnato all’interno da un percorso verde emerso in un parco. Atrio L’ingresso è ampio e luminoso. E’ ricco di colori e componenti d’arredo. Una zona è caratterizzata da colori tenui dai toni caldi per rendere più accogliente e sereno il momento d’ingresso. Altre zone della piastra d’ingresso sono invece caratterizzate da colori vivaci e oggetti particolari per vivacizzare l’ambiente e distrarre il paziente.

2

Distribuzione I corridoi sono ampi e caratterizzati da pareti e pavimeti colorati. Ogn piano ha un colore predominante per rendere riconoscibile i diversi reparti. Camere Le camere hanno colori tenui per favorire il rilassamento e il riposo degli ospiti.

3

4 DIDASCALIE

FONTI

Fig. 1 University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital, USA, esploso, 2011. In : http://www.architectmagazine.com/project-galler y/university-of-minnesota-amplatz-childrens-hospital. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital,USA, atrio. In : http://www.architectmagazine.com/project-galler y/university-of-minnesota-amplatz-childrens-hospital. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital, USA, atrio, In : http://www.tka-architects.com/hc_uminn_amplatz.html. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 University of Minnesota Amplatz Children’s Hospital, USA, parete, 2011. In : http://www.tka-architects.com/hc_uminn_amplatz.html. Consultato il 15.06.2017.

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-http://www.tka-architects.com/hc_uminn_amplatz.html. Consultato il 15.06.2017. -http://www.architectmagazine.com/project-gallery/university-of-minnesota-amplatz-childrens-hospital consultato il 15.06.2017. -http://hga.com/work/university-minnesota-masonic-child r e n s h o spital#/university-minnesota-amplatz-childrens-hospital-interi or-7. Consultato il 15.06.2017. -https://architizer.com/projects/university-of-minnesota-amplatz-childrens-hospital-new-inpatient-tower/media/353383/. Consultato il 15.06.2017. -https://www.krausanderson.com/wp-content/uploads/2015/08/KAQ_fall20112.pdf. Consultato il 15.06.2017.


COLORE

Joe DiMaggio Children’s Hospital IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE Il nuovo ospedale per bambini a quattro piani, situato a Hollywood, Florida, presenta un tema complessivo di "Power of Play" e ogni piano presenta temi di sport, arti, giochi e sogni. L'edificio contiene un centro ambulatoriale e di laboratorio pediatrico, centri di risorse familiari, servizi chirurgici, un'unità ospedaliera a 24 letti, servizi di imaging pediatrico, un centro ematologico/oncologico. L’edificio è collegato a una centrale, che fornirà energia elettrica per sette giorni in caso di disastro naturale. La struttura è completamente anti uragano ed è protetta con finestre e pareti di impatto. È stato progettato per includere caratteristiche ecologiche che migliorino le prestazioni e l'efficienza nell'uso di acqua, energia e altre risorse.

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Adiacente all’esistente ospedale Località Hollywood, Florida Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato all’interno della città Dimensione Committente Progettista EYP | Stanley Beaman & Sears Anno di realizzazione 2011 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è costituita da 4 livelli. L’ingresso è favorito da un ampio atrio che indirizza verso i vari livelli dell’edificio.

Aspetti caratterizzanti Ogni camera è affacciata sull’esterno e ogni piano è evidenziato da un colore e da un tema. 1

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COLORE

Joe DiMaggio Children’s Hospital IL COLORE Esterno All’esterno ogni piano è riconoscibile da un colore evidenziato sulla facciata. Interno Ogni piano è caratterizzato da un colore. All’arrivo sul piano di destinazione i pazienti verranno accolti in un atrio colorato e ricco di forme.

2

Pavimentazione Le pavimentazioni sono anch’esse colorate da nuance di colori armonici che creano percorsi a terra. Pareti Le pareti sono contraddistinte da immagini colorati in contrasto con il colore delle pareti del piano. Arredi

3

Anche gli arredi hanno un impatto armonico con i colori presenti nell’edificio.

4 DIDASCALIE Fig. 1 Joe DiMaggio Children’s Hospital, Hollywood, Florida, facciata, 2011. In http://stanleybeamansears.com/project/joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Joe DiMaggio Children’s Hospital, Hollywood, Florida, atrio, 2011. In http://stanleybeamansears.com/project/joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Joe DiMaggio Children’s Hospital, atrio, Hollywood, Florida, 2011. In http://stanleybeamansears.com/project/joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Joe DiMaggio Children’s Hospital, Hollywood, Florida sala relax, 2011. In : http://stanleybeamanse241

ars.com/project/joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017.

FONTI -http://stanleybeamansears.com/project/joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. -https://www.jdch.com/. Consultato il 15.06.2017. - h t t p : / / w w w. a n f g r o u p . c o m / a n f - g r o u p - i n c - a b o u t - t o - c o m p l e te-the-new-joe-dimaggio-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017.



3.2 LUCE

La corretta conoscenza dell’ambiente avviene tramite il processo di percezione visiva che deve garantire la visione degli spazi per quello che sono realmente. L’illuminazione deve assicurare una visione rapida e gradevole senza affaticare l’occhio assicurando un alto livello di comfort visivo. È necessario controllare la distribuzione delle luminanze, la resa del contrasto, il controllo dell’abbagliamento e la resa dei colori.1 Le esigenze illuminotecniche all’interno degli spazi della salute devono garantire condizioni adeguate per tutti: medici e infermieri che hanno bisogno di particolare illuminazione per lavorare e pazienti che devono vivere in un’atmosfera gradevole. La luce, una luce a sufficienza e una luce di qualità, aiuta a trasmettere a queste persone sicurezza e tranquillità. Una luce circadiana aiuta a trovare un buon ritmo sonno/veglia mettendo in evidenza l’alternarsi di giorno e notte. La qualità del sonno migliora esattamente come migliora l’essere svegli di giorno. Cure e assistenza diventano più facili da gestire e più positive da vivere, sia per il personale che per i pazienti.2 Una buona illuminazione non può essere progettata senza considerare le particolarità di un ambiente poiché la luce interagisce con forme, materiali e colori. Proprietà della luce La luce viene definita da taluni parametri e alcune grandezze: -flusso luminoso: è la quantità di energia luminosa emessa da una sorgente. -efficienza luminosa: permette di valutare l’efficienza delle fonti tramite il rapporto tra flusso emesso e la potenza impiegata.

1 Barbara DEL CORNO, Alessandra PENNISI, La casa salubre, Maggior editori, Santarcangelo di Romagna (RN) 2014, p. 60. 2 Michael Schmieder, Direttore casa di riposo Sonnweid, Wetzikon | CH, in: https://www.zumtobel.com/PDB/teaser/it/AWB_Health_Care.pdf. Consultato il 14/07/2017. 243


-intensità luminosa: è una parte del flusso luminoso emesso da una data sorgente in una determinata direzione. -illuminamento: è la quantità di luce emessa da una certa sorgente luminosa su una superficie. -fattore di rendimento: è il rapporto tra il flusso luminoso emesso dall’apparecchio e quello della lampada utilizzata. -luminanza: determina la sensazione di illuminazione percepita. -temperatura di colore: è l’aspetto cromatico di un fascio luminoso. -tonalità: è il parametro inversamente proporzionale a quello di temperatura di colore, più bassa è la temperatura di una lampada più calda sarà la tonalità. -rosa cromatica: rappresenta l’aspetto cromatico di un oggetto sotto il fascio di luce di una data sorgente.3 La luce naturale L’uso consapevole della luce naturale è importantissimo nella progettazione sia perché favorisce una riduzione dei consumi di energia, sia per i benefici che ha sull’essere umano. L’importanza della luce del sole non è certo materia recente. Tutte le antiche popolazione, dall’Asia all’America, passando per Europa e Africa, si sono accorte del valore di questo elemento. Il sole è essenziale per ogni uomo ma si devono rispettare delle regole per una corretta esposizione. Gianluca Pozzi4, nel suo libro I sensi della casa5 suggerisce come sarebbe buona norma ricercare il sole nell’arco di tutto l’anno e non solo nella stagione estiva, nel caso di una forzata chiusura in ambienti interni si dovrebbero adottare sistemi luminosi che riproducano una luce simile a quella naturale. Ogni secondo enormi quantità di onde raggiungono la terra: solo una parte di esse sono visibili ma tutte contribuiscono alla

3

Barbara DEL CORNO, Alessandra PENNISI, op.cit., p.65.

4 Gianluca Pozzi è un architetto. Svolge attività di ricerca e di insegnamento preso il Politecnico di Milano. Tiene corsi di Medicina dell’Abitare e seminari su architettura bio-eco-logica e salute. 5 Gianluca POZZI, I sensi della casa, prospettive per abitare il benessere, Il saggiatore, Milano 1998. 244


presenta della vita sul pianeta. Lo spettro visibile, con lunghezza d’onda compresa tra i 380 nm dell’estremità rossa e i 760 nm dell’estremità viola, condiziona l’organismo attraverso processi sia fisici che mentali. Alcuni di questi segnali interferiscono con l’ipotalamo che interviene sull’ipofisi e sull’epifisi, due ghiandole del cervello che operano su diverse zone dell’organismo influenzando le funzioni metaboliche, del sonno, dell’alimentazione, della temperatura corporea, ecc.6 Oltre alla luce visibile, anche i raggi ultravioletti (con lunghezza d’onda compresa tra i 300 ed i 380nm) e quelli infrarossi ( con lunghezza d’onda compresa tra i 790 ed i 3’000 nm) condizionano il benessere fisico dell’uomo.

Fig. 1 Rielaborazione della spettro della luce visibile. Originale in http:// codicicolori.com/colori-della-luce

La luce oltre ad essere un fattore vitale per l’uomo ne regola anche l’andamento psico-fisico. La giusta esposizione ai raggi solari giova all’organismo: “regola positivamente i livelli ormonali e del colesterolo, migliora le difese immunitarie, riduce lo stress, aiuta a dormire meglio e accelera i processi metabolici”.7 I ritmi biologici dell’uomo sono influenzati dall’alternarsi del giorno e della notte, della luce e del buio, e questi cambiamenti incidono sulla valvola pineale che attraverso la produzione di melatonina regola il ciclo sonno-veglia.8 I raggi ultravioletti, spesso associati a fattori negativi hanno anche proprietà benefiche: regolano i valori di colesterolo e di

6

Daniela RIBOLDI, Claudio VIACAVA, op.cit., p.147.

7

Gianluca POZZI, op.cit., p.30.

8

Barbara DEL CORNO, Alessandra PENNISI, op.cit., p. 64. 245


elettroliti nel sangue, aiutano il cuore e la pressione sanguigna, migliorano il sistema ormonale, curano molte malattie della pelle e dei polmoni, attivano le difese immunitarie.9 Il colore è osservato nel modo migliore alla luce del sole e la progettazione cromatica degli ambienti deve tenere in considerazione che la luce naturale è variabile, nelle diverse ore del giorno e nei diversi giorni dell’anno, basti pensare alla differenza dell’incidenza di luce tra giornate estive e invernali. La luce artificiale L’illuminazione artificiale è altrettanto importante nel caso in cui quella naturale sia scarsa o addirittura assente e più la luce artificiale si discosta da quella naturale, più crea effetti che possono risultare negativi come l’affaticamento della vista. È sostanziale riprodurre con la luce artificiale un ciclo simile a quello del sole per non alterare i bioritmi dell’organismo. La luce può essere regolata ed emettere toni caldi o freddi modificando così la percezione dei colori. La luce artificiale può essere prodotta da diverse sorgenti che descriveremo brevemente di seguito secondo quanto riportato dall’Agenzia Nazionale per l’Efficienza Energetica.10 -Lampade alogene: la corrente percorre un filamento che le riscalda, produco così una piccola quantità di calore. Possono essere molto piccole quindi ideali per un direzionamento preciso. Hanno una luce brillante ed un eccellente resa cromatica. Le normative europee hanno messo al bando diverse lampade di questa tipologia: oggi è consentito solo l’utilizzo delle più efficienti in termini energetici. -Lampade fluorescenti: nelle due estremità del tubo è presente un elettrodo. Il passaggio della corrente sollecita i gas a

9

Gianluca POZZI, op.cit., p.34.

10

http://www.efficienzaenergetica.enea.it. Consultato il 14/07/2017.

246


23

L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce. Le Corbusier

4 5 Fig. 2_Massachusetts General Hospital’s Lunder Building, Londra, Gran Bretagna, camera di degenza, 2011. In: http://www.nbbj.com/work/massachusetts-general-hospital-lunder-building/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 3_Massachusetts General Hospital’s Lunder Building, Londra, Gran Bretagna, atri, 2011. In: http://www.nbbj. com/work/massachusetts-general-hospital-lunder-building/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 4_Massachusetts General Hospital’s Lunder Building, Londra, Gran Bretagna, sala di attesa, 2011. In: http:// www.nbbj.com/work/massachusetts-general-hospital-lunder-building/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 5_Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze, Italia, ludoteca, 1999. In: http://aeiprogetti.net/progetti/sanita/nuovasede-del-polo-pediatrico-meyer-firenze. Consultato il 14/08/2017. 247


emettere radiazione nell’ultravioletto che investendo il materiale fluorescente, emette una radiazione visibile. Sono molto efficienti e hanno un’ottima resa cromatica. Emettono bassissimi livelli di raggi infrarossi e ultravioletti, molto dannosi per la pelle e gli occhi, tuttavia perdono intensità luminosa a basse temperature. Questa illuminazione proietta poche ombre, da luce uniforme ed è economica. L’ 80% dell’energia coinvolta è spesa per produrre luce, pertanto è una buona scelta a livello energetico. -LED: diodi luminosi sono dispositivi per l’emissione di luce progettati per trarre vantaggio dalle proprietà di alcuni materiali semiconduttori. La luce che fuoriesce è sempre colorata e varia in funzione del materiale. I LED sono le lampade più efficienti in assoluto, hanno un’ottima resa cromatica e non emettono radiazioni infrarosse o ultraviolette, dannose per la pelle. A livello economico sono le più sostenibili. L’uso dei LED dovrebbe però essere limitato in quanto è stato dimostrato dal l’International Dark-Sky Association (IDA), nel report “Visibility, Environmental, and Astronomical Issues Associated with Blue-Rich White Outdoor Lighting”, ha riportato i risultati di una ricerca secondo la quale l’esposizione alla luce blu dei LED prima di andare a letto possa aumentare il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e obesità dovuto ai disturbi del sonno.11 Di seguito una rassegna di casi studio relativi al tema.

11 248

http://www.media.inaf.it. Consultato il 22.07.2017.



LUCE

Ospedale Pediatrico Meyer IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Polo pediatrico Località Firenze, Italia Posizione/relazione rispetto al contesto Situato nell’antica villa di Ognissanti in un parco con particolare rilevanza paesaggistica Dimensione 33.694 m² Committente Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer Progettista CSPE, Tsoi Kobus and Associates Anno di realizzazione 1999 ATTIVITÀ PREVALENTI

I sistemi tecnologici utilizzati per la costruzione dell’Ospedale Meyer permettono la creazione di un equilibrio tra ambiente edificato e ambiente naturale. Il nuovo polo fiorentino si mimetizza nell’ambiente per non appesantire la struttura agli occhi del paziente nel momento di ingresso all’ospedale. Nonostante le sue imponenti dimensioni il conflitto tra costruito e natura è ridotto al minimo. I primi due piani dell’opera sono parzialmente interrati e solo il terzo è completamente fuori terra; i tre piani risultano inoltre sfalzati tra loro in modo da creare aggetti con ampie terrazze sistemate a verde e coronate dal tetto giardino della copertura. Il tema delle tecnologie leggere è ripreso in copertura con la struttura vetrata della ludoteca che caratterizza l’imponente tetto giardino. L’ingresso della luce è favorito dalle nuove tecnologie che permettono la realizzazione di ampie vetrate apribili sul parco. Gli elementi interni quali materiali, colori e arredi concorrono alla creazione di uno spazio fisico e psichico che re-inventa l’idea di ospedale con un occhio di riguardo alla situazione psicologica dei piccoli ospiti.

Attività previste -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura Struttura è costituita da tre piani sfalzati e parzialmente nascosti nella vegetazione.

Aspetti caratterizzanti Particolari tecnologie costruttive permettono un facile contatto con il paesaggio esterno.

250

1


LUCE

Ospedale Pediatrico Meyer LA LUCE Le tecnologie utilizzate per la realizzazione di questo edificio consentono l’inserimento di ampie superficie vetrate. La forma architettonica di tre piani sfalzati permette che ognuno di essi possa godere di luce naturale in grande quantità. Ogni piano oltre che dalle finestre sulle pareti è arricchito con dei lucernari sulla copertura. L’atrio dell’edificio e le zone di distribzione sono caratterizzati da una copertura completamente vetrata che porta luce a tutti i piani. In questo modo il contatto con il mondo esterno è molto forte: la visione del cielo consente oltre che di capire le condizioni metereologiche anche di prendere coscienza sul trascorrere del tempo. Una nota particolare è da porre sulla ludoteca. Questo spazio è completamente vetrato e si affaccia sul parco. La struttura con archi acuti e pilastri consente la piena apertura dell’ambiente verso lo spazio circostante. Sono stati utilizzati vetri particolari in modo da annullare i fenomeni di abbagliamento e surriscaldamento nelle giornate soleggiate.

2

3

4 DIDASCALIE

FONTI

Fig. 1 Ospedale Pediatrico Meyer, Italia, sezione, 1999. In :http://aeiprogetti.net/progetti/sanita/nuova-sede-del-polo-pediatrico-meyer-firenze. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Ospedale Pediatrico Meyer, Italia, interno, 1999. In :http://aeiprogetti.net/progetti/sanita/nuova-sede-del-polo-pediatrico-meyer-firenze. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Ospedale Pediatrico Meyer, Italia, esterno, 1999. In :http://www.cspe.net/web/progetti_scheda.php?valo=i_34_21#. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Ospedale Pediatrico Meyer, Italia, interno, 1999. In :http://www.cspe.net/web/progetti_scheda.php?valo=i_34_21#. Consultato il 15.06.2017.

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-https://divisare.com/projects/5682-cspe-ospedale-pediatrico-meyer-firenze. Consultato il 15.06.2017. -http://aeiprogetti.net/progetti/sanita/nuova-sede-del-polo-pediatrico-meyer-firenze. Consultato il 15.06.2017. -http://www.cspe.net/web/progetti_scheda.php?valo=i_34_21#. Consultato il 15.06.2017.


LUCE

Children's Hospital of Richmond IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Situato presso la Virginia Commonwealth University Località Richmond, Virginia Posizione/relazione rispetto al contesto La clinica è adiacente alle più importanti strutture civiche e storiche di Richmond Dimensione 180.000 m² Committente VCU Health System Progettista HKS Anno di realizzazione 2010 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -cura -ricerca

Il padiglione ambulatoriale di 15 piani riunisce le cliniche pediatriche esistenti in un padiglione urbano verticale e comprende: un livello di chirurgia; tre livelli di cliniche pediatriche; un piano dedicato a uffici di facoltà e laboratori di ricerca. L'attenzione è rivolta al paziente e alla sua famiglia e all'eliminazione di stress associati alle strutture mediche in un ambiente urbano intenso. Con la sua terrazza panoramica e temi del cielo, dell'acqua e della foresta, il design porta la natura al cuore di questo campus urbano. E’ stato progettato incorporando una gamma di elementi di design di supporto al paziente, al personale e al visitatore, che promuovono una maggiore assistenza clinica in un ambiente emozionante. I suoi tre livelli di servizi clinici pediatrici comprendono sette moduli clinici specializzati. Il nucleo centrale del lavoro incoraggia l'interazione tra infermieri e medici, portando ad un approccio coordinato di caregiver. Con l'accento sulle connessioni fisiche, visive e astratte alla natura, la struttura ha un effetto calmante e tonificante su tutti coloro che sperimentano l'edificio, riducendo l'ansia e lo stress e, a sua volta, promuovendo la salute e la guarigione.

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura si sviluppa su 15 piani privilegiando il rapporto con l’esterno.

Aspetti caratterizzanti Particolare cura agli spazi, sia per il paziente che per il visitatore. 1

252


LUCE

Children's Hospital of Richmond LA LUCE Il contesto urbano ha portato alla realizzazione di una struttura con sviluppo verticale su 15 piani. L’utilizzo di materiali e tecnologie innovative consente la creazione di ampie aperture. Tutto l’edificio infatti è caratterizzato da pareti vetrate che permettono l’ingresso di luce naturale in tutti gli ambienti. Gli atri, gli spazi di attesa, quelli ricreativi e tutte le camere di degenza sono illuminate da luce naturale. Viste le ampie superfici vetrate sono stati utilizzati vetri selettivi che permettono il controllo della radiazione entrante. In alcuni piani dell’edificio sono state previste delle terrazze e delle logge verdi. Queste oltre a permettere al paziente un contatto con l’esterno e con la natura permettono l’apertura di lucernari per un’illuminazione naturale dall’alto anche negli spazi più interni dell’edificio.

2

3

4 DIDASCALIE Fig 1 Children's Hospital of Richmond, Virginia, esterno, 2010. In : http://www.hksinc.com/places/childrens-hospital-of-richmond-pavilion-2/. Consultato il 15.06.2017. Fig 2 Children's Hospital of Richmond, Virginia, dsitribuzione, 2010. In : http://www.hksinc.com/places/childrens-hospital-of-richmond-pavilion-2/. Consultato il 15.06.2017. Fig 3 Children's Hospital of Richmond, Virginia, attesa, 2010. In : http://www.hksinc.com/places/childrens-hospital-of-richmond-pavilion-2/. Consultato il 15.06.2017. Fig 4 Children's Hospital of Richmond, Virginia, terrazza, 2010. In : http://www.hksinc.com/pla-

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ces/childrens-hospital-of-richmond-pavilion-2/. Consultato il 15.06.2017.

FONTI -http://www.hksinc.com/places/childrens-hospital-of-richmond-pavilion-2/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.healthcaredesignmagazine.com/trends/creating-positive-first-impression-lobbies/#slide-. Consultato il 15.06.2017.


LUCE

Dandenong Hospital Mental Health DESCRIZIONE GENERALE

IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO Funzione Ospedale psiachiatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Adiacente al nuovo Emergency Department Località Dandenong, Australia Posizione/relazione rispetto al contesto La clinica è collocata in un contesto naturale e poco edificato Dimensione 7.000 m

L’edificio è stato realizzato in due fasi per non interrompere il processo di cura già in atto. Sono stati evidenziali particolari accorgimenti architettonici: -materiali che forniscono esperienze visive e tattili per i pazienti con un'enfasi sul calore e sulla natura -un rivestimento di legno di Blackbutt che è altamente resistente, di facile manutenzione e ha un basso consumo energetico -attenzione sull'efficienza energetica. Il progetto è il primo di questo tipo in Australia per quanto riguarda il nuovo modello di cura che include camere singole, aree all'aperto e attività per incoraggiare l'interazione sociale.

Committente Southern Health Progettista Batessmart Anno di realizzazione 2011 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura si sviluppa su due piani. Sono presenti ampi spazi. Il rapporto con l’esterno è l’elemento caratterizzante.

Aspetti caratterizzanti Sono presenti ampie vetrate e patii. 1

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LUCE

Dandenong Hospital Mental Health, Australia LA LUCE Tutto l’edificio è illuminato con luce naturale. Le vetrate sono costituite da vetri selettivi che oltre a controllare fenomeni di abbaglaimento, regolano la radiazione entrante in modo da evitare il surriscaldamento degli ambienti. I corridoi si affacciano su patii interni ricchi di verde. Lungo le pareti vetrati sono presenti delle sedute per facilitare il contatto con la radiazione solare. Ogni sala è caratterizzata da pareti vetrate che permettono la creazione di ombre che movimentano lo spazio.

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4 DIDASCALIE Fig. 1 Dandenong Hospital Mental Health, Dandenong, Australia, esterno, 2011. In : https://www.batessmart.com/bates-smart/projects/s ectors/health/dandenong-hospital-stage-3-redevelo pment-mental-health-facilities-part-1/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Dandenong Hospital Mental Health, Dandenong, Australia, patio, 2011. In :https://www.batessmart.com/bates-smart/projects/s ectors/health/dandenong-hospital-stage-3-redevelo pment-mental-health-facilities-part-1/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Dandenong Hospital Mental Health, Dandenong, Australia, sala, 2011. In

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:http://www.kane.com.au/project/dandenong-hospita l-mental-health. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Dandenong Hospital Mental Health, Dandenong, Australia corridoio, 2011. In :http://www.kane.com.au/project/dandenong-hospita l-mental-health. Consultato il 15.06.2017.

FONTI -https://www.batessmart.com/bates-smart/projects/s e c t o r s / h e a l th/dandenong-hospital-stage-3-redevelopment-mental -health-facilities-part-1/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.kane.com.au/project/dandenong-hospital-mental-health. Consultato il 15.06.2017.



3.3

ORIENTAMENTO Ogni individuo elabora una serie di processi percettivi, cognitivi e affettivi attraverso i quali vive l’ambiente e raccoglie le informazioni necessarie allo sviluppo di mappe cognitive che gli permettono di fare un ambiente proprio.1 Con il termine mappa cognitiva si intende infatti “la rappresentazione in memoria delle informazioni spaziali.”2 In ambito sanitario il facile e immediato riconoscimento dello spazio è fondamentale per accogliere il malato in un ambiente familiare. Ciò è essenziale in situazioni di fragilità psicologica come quella dei pazienti affetti da disturbi cognitivi, la progettazione architettonica deve quindi favorire questo processo. Negli ambienti sanitari possiamo raggruppare la segnaletica in: segnaletica per orientare, per informare, di sicurezza. La prima deve facilitare l’orientamento all’interno degli ambienti che spesso vengono vissuti per periodi brevi. La seconda serve per identificare le funzioni presenti all’interno degli ambienti sanitari mentre la segnaletica di sicurezza, secondo quanto descritto del Decreto Legislativo n.493 del 19963, deve facilitare la salvaguardia dell’uomo in caso di pericolo.4 Segnaletica Con il termine segnaletica si intendono tutti quegli stimoli visivi, sonori e tattili atti a favorire il processo di riconoscimento di uno spazio. La segnaletica oltre ad avere il compito di facilitare l’orientamento svolge anche funzioni pratiche di supporto al personale. La chiarezza degli elementi che costituiscono il sistema della segnaletica è indispensabile per avvantaggiare lo spostamento

1 Maria Rosa BARONI, Psicologia Ambientale, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 31. 2

Ivi, p. 47.

3 “Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro”. 4

Ferdinando TERRANOVA. op.cit., p. 227. 257


all’interno delle strutture e tutte le sue componenti devono perciò essere coordinate per creare un funzionale effetto d’insieme.5 Spazi anonimi e poco caratterizzanti sono alla base di un processo di disorientamento e confusione, accentuato dalla mancanza di punti di riferimento. “Il disorientamento genera, oltre alla perdita di tempo dei fruitori e del personale, reazioni d’ansia, stress e irritazione”.6 Ha inoltre il compito di favorire l’accessibilità e la comunicazione del luogo della salute con l’utente. Gli elementi che facilitano l’orientamento sono le finiture di pavimenti, pareti, porte, illuminazione, elementi grafici e cartelli segnaletici. Questi simboli devono dare origine ad un effetto d’insieme e possono assumere un forte valore segnaletico se progettate in modo consapevole. Viceversa l’utilizzo spropositato di segnali e informazioni può causare senso di confusione e rendere il messaggio incomprensibile.7 Gli elementi che costituiscono la segnaletica si distinguono in orizzontali, che comprendono tutte le indicazioni e i segni posti sui muri e sul pavimento, e in verticali, che coinvolgono tutti quelli collocati su appositi supporti.

5

F. TERRANOVA, op.cit., p. 223.

6 Fiorella SPINELLI, Eva BELLINI, Paola BOCCI, Raffaella FOSSATI, Lo spazio terapeutico, Alinea editrice, Firenze 1994, p. 99. 7 Marzia MORENA, La progettazione delle strutture di lungodegenza, Il Sole 24 ore, Milano 2006, pp.156-157. 258


12

34

Fig. 1 Dementia Care Unit, Sunderland, UK, corridoio camere 2013. In: http://www.medicalarchitecture.com/ projects/roker-and-mowbray/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 2 Evelina Children Hospital, London, UK, segnaletica, 2005. In: http://www.evelinalondon.nhs.uk/Home.aspx Fig. 3 Randall Children’s Hospital, Portland, OR, USA, spazio di distribuzione, 2004. In: http://www.hoffmancorp. com/project-details/randall-childrens-hospital/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 4 Cilento Children’s Hospital, Queensland, USA, segnaletica reparto, 2007 In: https://www.childrens.health. qld.gov.au/lcch/. Consultato il 14/08/2017. Fig. 5 Child and Adolescent Inpatient Unit, Newcastle, UK, segnaletica spazio di distribuzione, 2001 In: http:// www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/. Consultato il 14/08/2017. 259


Percorsi Analizzando una struttura a grande scala, la morfologia e la distribuzione spaziale dell’edificio sono fattori che aiutano a leggere con semplicità lo spazio. La volumetria e l’organizzazione distributiva delle funzioni devono essere studiate per facilitare l’accesso e per garantire una sorta di orientamento spontaneo. Le rappresentazioni planimetriche generali, che raffigurano l’intera struttura sono le più efficaci per avere un primo quadro generale.8 Nel processo di orientamento i percorsi hanno un ruolo primario. Connessioni fluide e chiare possono migliorare la qualità di vita all’interno dei luoghi di cura in quanto la facilità di movimento all’interno degli ambienti favorisce la degenza. Il corridoio e la scala sono sempre stati progettati come spazi di supporto, aventi come unica funzione il collegamento, privilegiandone l’aspetto funzionale rispetto a quello qualitativo. La realtà dimostra però che sono ben più di semplici spazi di collegamento, sono luoghi di relazione e comunicazione e devono rispondere a queste “nuove” esigenze. Di seguito un esempio di un progetto studiato dal punto di vista dell’orientamento.

8 Fiorella SPINELLI, Eva BELLINI, Paola BOCCI, Raffaella FOSSATI, op.cit., pp. 99-101. 260



ORIENTAMENTO

Dementia Care Unit – Roker and Mowbray IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Unità di cura psichiatrica Posizione rispetto al complesso di pertinenza Casa per malati psichiatrici Località Sunderland, UK Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato in un contesto cittadino di piccole dimensioni Dimensione Committente Northumberland, Tyne and Wear NHS Foundation Trust Progettista Medical architecture Anno di realizzazione 2013 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

L'unità di cura della demenza di Roker e di Mowbray fornisce due reparti di valutazione e trattamento del singolo sesso. Ogni reparto contiene 10 camer e altre 4 camere sono state collocate centralmente tra questi reparti. Queste quattro camere da letto possono essere utilizzate da entrambi i reparti e offrono flessibilità tra i gruppi di pazienti consentendo l’ammissione a un reparto. Medical Architecture sono stati incaricati di progettare il nuovo edificio, seduto accanto agli ospedali esistenti, sostituendo degli alloggi ormai obsoleti che limitano la mobilità dei pazienti e la privacy. La progettazione è stata intrapresa con il Centro di Sviluppo dei Servizi di Dementia (DSDC) presso l'Università di Stirling. L'importanza fondamentale del layout interno è stata affrontata attraverso il processo di progettazione, dove i piani di reparto sono stati mantenuti ampi e spaziosi. Ciò consente al personale di osservare e coinvolgere efficaciemente i pazienti durante la notte e la giornata, oltre a massimizzare lo spazio per il gruppo paziente. Il design offre spazi abitativi adattabili e open-plan collegati ad aree intime e accoglienti per attività o privacy. Ogni reparto sorge intorno ad un cortile che dà ai pazienti un accesso diretto e libero a giardini.

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura si sviluppa su di un unico livello completamente accessibile.

Aspetti caratterizzanti Le ridotte dimensioni domestico e accogliente.

rendono

l’edificio 1

262


ORIENTAMENTO

Dementia Care Unit – Roker and Mowbray L’ORIENTAMENTO Il sistema segnaletico di quasta residenza è molto evidente ma poco invasivo. I colori servono per identificare determinate aree e funzioni. Ad esempio la reception è contraddistinta dal colore giallo. Nello stesso modo le porte colorate aiutano a riconoscere le stanze nell’edificio. Un sistema di cartelli e scritte aiutano il paziente ad orientarsi in quegli spazi di passaggio dove più scelte di percorso possono confondere l’ospite. I sistemi distributivi sono inoltre caratterizzati dalla presenza di un’immagine sulle pareti che fortifica la continuità del passaggio accompagnando il degente nel suo cammino. Arredi particolari e dai colori sgargianti diventano veri e propri punti di riferimento. La presenza di verde e aperture rende i corridoi zone oltre che di transito anche di socializzazione.

2

3

4

DIDASCALIE Fig. 1 Dementia Care Unit, Sunderland, UK, facciata, 2013. In: http://www.medicalarchitecture.com/projects/roker-and-mowbray/l. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Dementia Care Unit, Sunderland, UK, segnaletica atrio, 2013. In: http://www.tektura.com/blog/projects/roker-mowbray-dementia-care-centre. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Dementia Care Unit, Sunderland, UK, segnaletica distribuzione, 2013. In: http://www.tektura.com/blog/projects/roker-mowbray-dementia-care-centre. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Dementia Care Unit, Sunderland, UK, corridoio, 2013. In: http://www.tektura.com/blog/project-

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s/roker-mowbray-dementia-care-centre. Consultato il 15.06.2017.

FONTI - h t t p : / / w w w. m e d i c a l a rc h i t e c t u re . c o m / p ro j e c t s/roker-and-mowbray/l. Consultato il 15.06.2017. -http://dementia.stir.ac.uk/design/audit-and-accreditat i o n / m o w bray-and-roker-dementia-care-unit-monkwearmouth-h ospital. Consultato il 15.06.2017. -http://www.tektura.com/blog/projects/roker-mowbray-dementia-care-centre. Consultato il 15.06.2017.



3.4 ARREDI

Gli arredi all’interno di un ambiente sono uno degli elementi che condizionano di più la percezione del luogo. In una struttura sanitaria sono fondamentali per rendere meno fredda l’esperienza, trasformando i luoghi della cura in spazi accoglienti e domestici. L’arredo è una componente rilevante nella valutazione del livello di comfort ambientale.1 All’interno dei luoghi di cura sono coinvolte diverse categorie di utenti, ciascuna con particolari esigenze e se studiati e scelti con attenzione, gli arredi possono dare sensazioni di benessere facilitando lo svolgimento delle attività, ma possono diventare anche un vero e proprio ostacolo sia fisico che psicologico. Gli elementi di arredo partecipano alla definizione degli spazi: possono modificare le dimensioni di una stanza o variarne la destinazione d’uso. Un ambiente adeguatamente dotato rende più agevole e funzionale l’intervento educativo e riabilitativo, favorendo il degente nelle dinamiche quotidiane di comunicazione, associazione, autonomia e orientamento. Comfort Tutti gli arredi devono garantire un buon livello di comfort, affidabilità, durevolezza e facilità di manutenzione, ma devono anche comunicare agli ospiti sensazioni precise.2 Ogni area delle strutture sanitaria avrà infatti degli arredi differenziati in base alle attività praticate, alle esigenze di ospiti, visitatori e personale. A seconda della loro forma, del colore e della disposizione possono creare situazioni di benessere, favorire il processo di cura, l’autonomia del soggetto e l’inserimento sociale. Nel processo di scelta dell’arredo intervengono caratteri essenziali come il materiale con cui sono realizzati, i colori e la luce. L’arredo viene percepito sia attraverso stimoli visivi che tattili,

1

M. MORENA, op. cit., p.154.

2

Ibidem. 265


1

23 Fig. 1 Child and Adolescent Inpatient Unit – Ferndene, Newcastle, UK, arredo verso l’esterno, 2011. In: http:// www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/. Consultato il 17/08/2017 Fig. 2 Dementia Care Unit – Roker and Mowbray, Sunderland, UK, salottino, 2013. In: http://www. medicalarchitecture.com/projects/roker-and-mowbray/. Consultato il 17/08/2017 Fig. 3 Psychiatric Hospital – Clock View, Liverpool, UK, ingresso alle camere, 2015 in: http://www. medicalarchitecture.com/projects/clock-view/. Consultato il 17/08/2017

creando una connessione tra uomo e ambiente. Ogni materiale stimola sensazioni proprie: il metallo per esempio è freddo, molto riflettente e se abbinato a forme rigorose trasmette un messaggio di ordine e pulizia, con un richiamo verso aspetti tecnologici. Al contrario, il legno insieme a tutti i materiali naturali, dona sensazioni di calore e accoglienza. Di seguito un caso studio di particolare interesse dal punto di vista dell’arredo. 266



ARREDO

Child and Adolescent Inpatient Unit – Ferndene IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Unità di cura psichiatrica infantile Posizione rispetto al complesso di pertinenza Casa per malati psichiatrici Località Prudhoe, Newcastle-upon-Tyne, UK Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato in un contesto cittadino di piccole dimensioni Dimensione -

Ferndene è stato il primo edificio specializzato che ha riunito per la prima volta i servizi di disabilità per la salute mentale e l'apprendimento dei bambini e dei giovani nel Regno Unito. Si tratta di un centro residenziale di 40 camere da letto per ragazzi da 4 a 18 anni. Il progetto si sviluppa con una zona centrale dalla quale si distribuiscono le camere. Ogni corridoio offre la vista e la luce naturale dei giardini del cortile. La disposizione dello spazio offre viste attraverso l'intero edificio rendendo luminoso ed emozionante l’ingresso. Attraverso l'arte, la poesia, il colore si cerca di di formare un racconto di grande dimensioni che arriva nello spazio pubblico creando un ambiente vivace. L’edificio evita abilmente le caratteristiche di un edificio tradizionale di salute mentale, pur fornendo un ambiente sicuro, terapeutico e riabilitativo.

Committente Northumberland, Tyne and Wear NHS Foundation Trust Progettista Medical architecture Anno di realizzazione 2011 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è costituita da più ambienti separati ma collegati che costituiscono un unica struttura.

Aspetti caratterizzanti Ogni camera è affacciata sull’esterno e l’effetto di insiente è molto accogliente. 1

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ARREDO

Child and Adolescent Inpatient Unit – Ferndene ARREDO Trattandosi di un ambiente giovane i progettisti hanno cercato di sviluppare un progetto di arredo con elementi colorati e dinamici. Le sale comuni sono caratterizzate da pareti colorate e moderne, cercano di imitare lo stile di luoghi pubblici dedicati allo svago in modo da ricreare sensazioni che distraggano gli ospiti dallo stato di malessere da cui sono colpiti. Le camere sono colorate e forniscono quell’ambiente domestico delle case. Ogni camera è caratterizzata da arredi colorari, tendenziamente ognuna ha due colori prevalenti. Gli arredi presenti nell’intera struttura vogliono limitare il carattere istituzionale che questo tipo di sistemazione generalmente offre.

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DIDASCALIE

FONTI

Fig. 1 Dementia Care Unit, Newcastle, UK, facciata, 2013. In : http://www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/l. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Dementia Care Unit, Newcastle, UK, camera da letto, 2013 In : http://www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/l. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Dementia Care Unit, Newcastle, UK, sala comune, 2013. In : http://www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/l. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Dementia Care Unit, Newcastle, UK, sala comune, 2013. In : http://www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/l. Consultato il 15.06.2017.

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-http://www.medicalarchitecture.com/projects/ferndene/l. Consultato il 15.06.2017.



3.5 VERDE

È ormai risaputo come le piante siano benefiche per le persone grazie al contributo che offrono a livello ambientale, regolando la qualità dell’aria e il micro clima. Oltre a ciò la natura ha la capacità di portare equilibrio nel corpo e nella mente. La dottoressa Cristina Borghi1 afferma che: “il verde può essere considerato uno di quei fattori inspiegabili in grado di avere effetti terapeutici: pur non essendo un farmaco nel senso medico-scientifico, dà sollievo e rappresenta un indispensabile complemento alle cure”. Il gesto banale di guardare la natura, i suoi colori, ascoltarne i suoni, odorarne i profumi stimola piacevolmente i sensi. Entrare in contatto con essa, provoca cambiamenti fisiologici e psicologici velocizzando i tempi di recupero. La componente vegetale può essere inserita sia all’interno delle mura che nell’immediato esterno. Nel primo caso, l’utilizzo sarà più limitato e controllato, spesso diventando un punto di riferimento nel sistema dell’orientamento. Sistemi di verde o semplici piante possono diventare veri e propri elementi di caratterizzazione di uno spazio. Nel caso dell’utilizzo di verde all’esterno il discorso è più vasto. La presenza di verde in un presidio sanitario favorisce l’ospite nel mantenere una relazione con l’ambiente esterno e costituisce una fonte di distrazione per il degente. Lo spazio esterno, se progettato con attenzione può coadiuvare il percorso di cura del paziente. Dopo l’approfondimento due casi studio sull’utilizzo del verde.

1 Cristina Borghi è laureata in Medicina e Chirurgia, in Farmacia e specializzata in Farmacologia Sperimentale. Dopo circa trent’anni di studi, di attività professionale e didattica nell’ambito dello sviluppo clinico dei farmaci, è approdata nel mondo dei giardini nei luoghi di cura. Ha svolto e svolge tuttora attività didattica e di consulenza per i corsi di perfezionamento in Healing Gardens – Progettazione del verde nelle Strutture di Cura della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano e svolge attività didattica presso la Scuola Agraria del Parco di Monza. 271



HEALING GARDEN La progettazione di un healing garden come supporto alla cura medica è da qualche anno fonte di grande interesse: sono spazi in cui la presenza di piante, fiori, acqua è dominante. Deve essere accessibile a tutti e progettato per avere effetti benefici sulla maggior parte degli utenti. L’obiettivo principale degli healing garden non è quello di curare il paziente, bensì di migliorare la qualità della sua vita. L’esperienza di architetti, agronomi, paesaggisti, medici, personale sanitario, terapisti si deve combinare per creare un giardino su misura per i fruitori e per ogni fase della malattia. Un healing garden può essere ulteriormente suddiviso in giardini terapeutici, giardini ristorativi o di meditazione, di riabilitazione e spazi per l’orticoltura. L’American Horticultural Therapy Association (ATHA), ne fornisce una breve descrizione. Il giardino terapeutico è concepito per essere utilizzato come componente di un programma di terapia di una persona o dell’intera collettività. Il giardino ristorativo o di meditazione sfrutta il valore rigenerante della natura per creare un ambiente favorevole al riposo mentale, alla riduzione dello stress, al recupero emozionale e al potenziamento di energia mentale e fisica. La progettazione di un giardino ristorativo si concentra sui bisogni psicologici, fisici e sociali degli utenti. Il giardino multi-uso, o giardino di riabilitazione, è adatto per persone che presentano disabilità fisiche e cognitive. Le proprietà fondamentali sono l’accessibilità, la presenza di stimoli sensoriali, la comunicazione tra le diverse zone e una programmazione di attività, così che l’esperienza di giardinaggio possa essere fruibile da tutti gli utenti. Il giardino per la terapia orticolturale è una tipologia di giardino terapeutico, organizzato per assistere il malato durante il percorso curativo e progettato per favorirne la cura della vegetazione da parte dei fruitori. Nel caso di malati psichiatrici gli orti terapeutici intervengono sul paziente aumentandone l’autostima, sono infatti caratterizzati da impegno sia cognitivo che manuale.

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Benefici degli orti terapeutici Secondo quanto scritto nell’articolo “Verde terapeutico, quei progetti mirati che aiutano a guarire”2, si possono trarre numerosi benefici dagli orti terapeutici: - sollecitazioni sensoriali: l’ambiente naturale è di per sé un contenitore di stimoli continui che riguardano vista, olfatto, gusto e tatto e vengono maggiormente attivati con il contatto diretto con la terra; - sviluppo del senso di utilità sociale e di autostima: rendersi utile per la società cercando di ottenere qualcosa con il proprio lavoro favorendo lo sviluppo del senso di responsabilità sociale e rafforzando la stima in sé stessi; - attivazione di capacità affettive: che si sviluppano prendendosi cura della pianta, nel vederla fiorire e dare frutti; - educazione al saper attendere: l’attesa della crescita del verde e dell’acquisizione dei fiori e dei frutti concorre a rendere il degente parte di un processo nel quale si impara a rispettarne tempi secondo i ritmi della natura; - processi decisionali: le attività orticolturali creano occasioni in cui il degente può prendere una serie di decisioni che ne aumentano le responsabilità; - interazione sociale: le attività orticolturali presuppongono la partecipazione di più individui con obiettivi comuni, nelle quali il paziente deve relazionarsi; - recupero di aspetti remunerativi: la raccolta dei prodotti frutto del lavoro soddisfa l’individuo che crede nelle sue capacità; - possibilità di inserimenti lavorativi: le competenze sviluppate legate alla produttività possono favorire una maggior integrazione della persona nella comunità consentendo un possibile inserimento professionale.

2 Roberto Benotti, Cristina Borghi, Monica Botta, Alessandro Castellani, Roberta Ottolini, Caterina Viganò, Caterina Vetrò, (a cura di) Verde terapeutico, quei progetti mirati che “aiutano a guarire” in: http://docplayer.it/15556093Verde-terapeutico-quei-progetti-mirati-che-aiutano-a-guarire.html consultato il 30/07/2017 274


3 4

Nature is another name for health Henry David Thoreau

5

Fig. 1 Healing Garden, Novara, progetto di Monica Botta per l’Orto dei semplici, 2009. In: http://www.edilportale. com/monica-botta/. Consultato il 16/07/2017. Fig. 2 The Hugh Falls Healing Garden, Forest Hospital, US, progetto di Deidre Toner, 2004. In: http://www.dtlandscapedesign.com/en/dtdesign_12.html. Consultato il 16/07/2017. Fig. 3 Presidio ospedaliero San Carlo Borromeo, Milano, Italia, giardino terapeutico, 2006. In: http://www. tecnicaospedaliera.it/healing-garden-allao-san-carlo-borromeo-di-milano/. Consultato il 16/07/2017. Fig. 4 Presidio ospedaliero San Carlo Borromeo, Milano, Italia, giardino terapeutico, 2006. In: http://www. tecnicaospedaliera.it/healing-garden-allao-san-carlo-borromeo-di-milano/. Consultato il 16/07/2017. Fig. 5 Randall Children’s Hospital at Legacy Emanuel, Portland OR, USA, Healing Garden, 2004. In: commonhealth. legacy.wbur.org. Consultato il 16/07/2017. 275


VERDE

Kronstad Psychiatric Hospital DESCRIZIONE GENERALE

IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

Kronstad Center è un ospedale psichiatrico locale che comprende ambulatori e reparti di letto. Il progetto mira a fornire qualità positive in una situazione urbana impegnativa, fornendo ai pazienti la necessaria protezione. L'edificio a sette piani si affaccia su una piazza aperta, che si estende dalla fermata del tram locale. Al piano terra del centro si trova una caffetteria e un negozio. La facciata bianca sopra è più chiusa e custodisce le parti protettive dell'edificio, organizzate intorno a tre grandi atri. Le aree più sensibili del centro si trovano in cima con i loro giardini sul tetto e gli spazi esterni. Sul tetto sono presenti 9 giardini, situati su diversi piani, per fornire sollievo nel contesto urbano denso e lontani dal traffico pesante. Una delle prime pareti verticali verdi è stata costruita dall'ingresso principale, una sfida in un clima freddo. La piazza di fronte all'edificio ha un design semplice con ghiaia gialla e pavimentazione in cemento, uno schermo d'acqua accanto al traffico e due file di alberi di magnolia lungo la strada opposta.

Funzione Ospedale psichiatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Polo psichiatrico Località Bergen, Norvegia Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato all’interno della città in una zona densamente costruita Dimensione 12.500 m² Committente Progettista Origo Arkitektgruppe Anno di realizzazione 2013 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è costituita da 7 livelli con terrazze verdi.

Aspetti caratterizzanti Sono presenti numerose terrazze che permettono l’affaccio verso il mondo esterno. 1

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VERDE

Kronstad Psychiatric Hospital IL VERDE La morfologia architettonica dell’edificio consente di avere numero spazi esterni protetti. Ogni spazio è arricchito con arbusti e piccoli alberi. L’ingresso nella struttura avviene tramite un giardino curato con dei percorsi ghiaiosi ben visibili. Nella struttura sono presenti dei patii con particolari essnze arboree per stimolare il paziente. Ognuno di questi è arredato peree permettere la sosta ai pazienti. La copertura è costituita da un tetto piano calpestabile. E’ stato allestito un vero e proprio giradino con percorsi sensoriali, arredi dedicati al relax individuale e alla socializzazione. I percorsi sono resi ben evidenti dal cambio di pavimentazione per non confondere l’ospite.

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4 DIDASCALIE Fig. 1 Kronstad Psychiatric Hospital, Bergen, Norvegia, sezione, 2013. In : http://www.archdaily.com/451158/kronstad-origo-arki tektgrpe/528ebf2ee8e44ece580001dc-kronstad-orig o-arkitektgruppe-situation. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Kronstad Psychiatric Hospital, Bergen, Norvegia, corridoio, 2013. In : http://www.archdaily.com/451158/kronstad-origo-arki tektgrpe/528ebf2ee8e44ece580001dc-kronstad-orig o-arkitektgruppe-situation. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Kronstad Psychiatric Hospital, Bergen, Norvegia, sala da pranzo, 2013. In : http://www.archdaily.com/451158/kronstad-origo-arki tektgrpe/528ebf2ee8e44ece580001dc-kronstad-orig

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o-arkitektgruppe-situation. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Kronstad Psychiatric Hospital, Bergen, Norvegia, esterno, 2013. In : http://www.archdaily.com/451158/kronstad-origo-ark pe/528ebf2e8e44ece580001dc-kronstad-origo-arkit ektgruppe-situation. Consultato il 15.06.2017..

FONTI -http://www.archdaily.com/451158/kronstad-origo-arkit ektgruppe/528ebe32e8e44ece580001d9-kronstad-ori go-arkitektgruppe-photo. Consultato il 15.06.2017. -http://architecturenorway.no/projects/working/kronsta d-2013/. Consultato il 15.06.2017.


VERDE

Healing Garden, Novara DESCRIZIONE GENERALE

IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO Funzione Centro per bambini, anziani e disabili Posizione rispetto al complesso di pertinenza Casa protetta Località Bellinzago Novarese, Novara, Italia Posizione/relazione rispetto al contesto Spazio verde di pertinenza della struttura Dimensione 7.000 m² Committente -

Il giardino sorge nel parco della casa protetta di Bellinzago Novarese. La struttura ospita una quarantina di anziani con patologie medio gravi con un residuo grado di autosufficienza. Il parco, a disposizione degli ospiti, è anche frequentato da persone esterne. L’area esterna è costituita da ambienti differenti, che permettono al fruitore di poter essere sicuro nel movimento, stimolato mediante percezioni visive, olfattive, tattili e inoltre di poter trarre giovamento da alcune attività all’aria aperta. L’healing garden è composto da un percorso storico-sensoriale, una terrazza verde, un percorso di fisioterapia e da l’Orto dei Semplici.

Progettista Monica Botta Anno di realizzazione 2008-2010 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -residenziale -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetti caratterizzanti Il giardino si sviluppa attraverso la presenza di settori distinti, ognuno dei quali con una funzione specifica.

1

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VERDE

Healing Garden, Novara IL VERDE La Terrazza Verde è stata sistemata per permettere agli ospiti di poter passeggiare su di un prato all’ombra di alberature esistenti. E’ stata data la possibilità di gestire questa terrazza verde in massima libertà da parte del personale della struttura, dotandola di panchine e tavoli, spazi aggregativi di libera impostazione e non rigidamente imposti. Il Percorso Storico-Sensoriale è un percorso pavimentato che si snoda tra aiuole colorate e profumate. Permette di passeggiare, sostare all’ombra di un gazebo, ammirare fiori e piante. Il percorso è nato con l’intento di creare stimoli sensoriali. Da qui la scelta di specie arboree ed arbustive colorate e profumate durante tutto l’arco dell’anno. L’Orto dei Semplici è il progetto di Ortoterapia nato con l’intento di organizzare programmi terapeutico riabilitativi mirati e specifici. Un programma che coinvolge non solo gli ospiti della struttura sanitaria ma anche associazioni, istituti scolastici, enti, ecc. Nell’area sono stati dislocati numerosi spazi di sosta con panchine e tavoli, un gazebo che permettono di lavorare tranquillamente anche da una postazione comoda. Il Percorso Fisioterapeutico prevede l’utilizzo di attrezzature poste all’aperto, in un percorso agibile anche per utenti in carrozzina, con aree di sosta e di esercizio, ombreggiate da una pineta. Gli stimoli percepiti sono non solo fisici ma anche psichici.

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3

4 DIDASCALIE Fig. 1 Healing garden, Bellinzago novarese, planimetria, 2010 In: http://www.monicabotta.com/portfolio-view/healing-g arden/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 2 Healing garden, Bellinzago novarese, percorso fisioterapico, 2010 In: http://www.monicabotta.com/portfolio-view/healing-g arden/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 3 Healing garden, Bellinzago novarese, orto, 2010 In: http://www.monicabotta.com/portfolio-view/healing-g arden/. Consultato il 15.06.2017. Fig. 4 Healing garden, Bellinzago novarese, arredo esterno, 2010 In:

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http://www.monicabotta.com/portfolio-view/healing-g arden/. Consultato il 15.06.2017.

FONTI -http://www.archilovers.com/projects/18775/orto-dei-se mplici-healing-garden.html. Consultato il 15.06.2017. -http://www.monicabotta.com/portfolio-view/healing-ga rden/. Consultato il 15.06.2017.



3.6

TECNOLOGIE Dagli anni ’90 ad oggi, le tecnologie sono state protagoniste di un rapido progresso comportando un drastico cambiamento nelle abitudini quotidiane degli individui. Le nuove tecnologie non sono antagoniste della natura: creano invece un nuovo tipo di natura. Se la natura, così come la conosciamo, deve essere considerata reale, allora questa natura artificiale dovrebbe essere chiamata virtuale. Noi contemporanei disponiamo di due tipi di corpo che corrispondono a questi due tipi di natura. Il corpo reale che è connesso al mondo reale attraverso i fluidi che lo percorrono e il corpo virtuale connesso al mondo dal flusso di elettroni.1 La presenza di nuove tecnologie nei presidi sanitari può favorire il benessere del paziente facendolo evadere dalla realtà a favore di un mondo virtuale che lo esoneri per qualche secondo dal pensiero della malattia. Si può per esempio pensare all’istallazione di pareti animate o interattive che permettano al malato di distrarsi dalle sofferenze. L’importanza dell’immagine L’uso dinamico di colori, icone e decorazioni, collegato all’utilizzo di tecnologie digitali innovative, può contribuire alla creazione di ambienti vitali. Uno dei sistemi più innovativi in questo senso è quello dell’animazione che mira a creare emozioni e sensazioni. Questo nuovo linguaggio può essere pensato con diverse interazioni e con differenti soggetti, per trasmettere messaggi sempre nuovi.2 L’animazione può generare nell’osservatore emozioni attraverso innumerevoli stratagemmi comunicativi e artistici che

1 Toyo ITO, Image of architecture in electronic age, Sakamura-Suzuki, Tokyo 1997, p. 38. 2 Anna MAROTTA, “Architettura terapeutica”: colore, decorazione, movimento nell’umanizzazione degli ospedali. luglio 2014 In:: http:// telemeditalia.it 281


coinvolgono l’apparato visivo, quello uditivo e tutti gli altri sensi. La dottoressa Maria Giovanna Zocco3 asserisce che “l’uso delle immagini mentali oltre ad essere uno strumento di indagine dell’inconscio per molti autori è diventato anche un vero e proprio strumento terapeutico per il trattamento di disturbi psicologici”4. La visualizzazione creativa può essere utile per ottenere diversi scopi. Diversi studi recenti suggeriscono che l’immaginazione può rilassare e favorire processi di guarigione. Con un linguaggio animato è inoltre possibile soddisfare la soggettività del fruitore che ha esigenze spesso diverse.5

12

Fig. 1 Children’s Healthcare, Atlanta, Georgia, USA, Interactive wall, 2008. In: http://stanleybeamansears.com/ project/childrens-healthcare-of-atlanta-egleston-campus/. Consultato il 12/08/2017. Fig. 2 Cabrini Medical Centreshttp, Melbourn, Australia, Interactive wall, 2015. In: //eness.com/#/cabrini/. Consultato il 12/08/2017. Fig. 3 Dell Childrens Hospital, Austin, Tesax, USA, Interactive wall, 2007. In: http://www.coroflot.com/lonchair/dellchildrens-hospital?specialty=11&. Consultato il 12/08/2017.

3 Maria Giovanna Zocco è laureata in Psicologia Clinica con specializzazione in Tecniche autogene e terapie brevi. 4

http://www.medicitalia.it. Consultato il 10.08.2017.

5

A. MAROTTA, Architettura terapeutica [...] cit. p. 4.

282


Alcune fantasie guidate sono in grado di influenzare il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la respirazione, il consumo di ossigeno, l’eliminazione di biossido di carbonio, i ritmi e le forme delle onde cerebrali, la motilità e le secrezioni gastriche, l’eccitazione sessuale, i livelli di vari ormoni e neuro-trasmettitori nel sangue, la funzionalità del sistema immunitario.6 I mezzi tecnici Ogni individuo ha delle esigenze proprie legate al suo trascorso e al suo stato, per questo ogni immagine deve essere personalizzata e non deve richiamare a fenomeni negativi. Le tecnologie interattive sono un valido mezzo per portare delle immagini all’interno di luoghi della salute proprio perché possono essere adattabili e personalizzabili a seconda delle esigenze degli ospiti. Queste possono interagire con vari ambiti sensoriali di tipo visivo, udivo, olfattivo e tattile. Diverse sono le case produttrici che stanno sperimentando questi nuovi sistemi. Possiamo citare le pareti interattive del Cabrini Hospital in Australia (figura X), che al passaggio delle persone mostrano paesaggi e figure in movimento, trasmettendo serenità e tranquillità ai pazienti.7 Anche la Hyundai Visual Hall ha sviluppato delle pareti che trasmettono video per attivare l’immaginazione umana e l’ingegnosità. Negli ospedali pediatrici queste tecnologie sono ormai diffuse e il prossimo passo sarà quello di creare immagini ideali anche per i luoghi di cura della salute mentale. Un mezzo economico ma pur sempre efficacie per stimolare gli organi dei degenti è l’utilizzo di vernici conduttive che generano suoni, odori e cambiano colore con il contatto umano. Dopo l’approfondimento un caso studio di particolare rilevanza.

6

http://www.mentecorpomalattia.it. Consultato il 25.07.2017.

7

http://www.architectureanddesign.com.. Consultato il 14.06.2017. 283


SNOEZELEN ROOM Le Snoezelen Room sono stanze controllate in cui avviene una stimolazione visiva, uditiva, tattile e olfattiva usando diversi tipi di luci, musiche stimolanti, aromi e oggetti tattili. Queste camere riassumono le più avanzate tecnologie per proporre una terapia alternativa. Ogni stimolo e oggetto all’interno della stanza può essere personalizzato a seconda delle necessità del paziente. Sono state inseriti in diversi contesti e i risultati sui pazienti affetti da disturbi psichiatrici sono stati eccellenti. I pazienti possono ricreare il loro ambiente ideale all’interno di una stanza, e tra gli effetti positivi troviamo un aumento delle capacità comunicative, incremento della consapevolezza dell’ambiente circostante, miglioramento dell’umore e innalzamento del livello di autostima.8

Le immagini riportate rappresentano delle Snoezelen Room. In: http://www.snoezelen.info consultato il 14.06.2017 8 284

http://www.snoezelen.info. Consultato il 14.06.2017.



TECNOLOGIE

Cabrini Medical Centres IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Polo pediatrico Località Malvern, Australia Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato in prossimità dell’ospedale esistente Dimensione Committente Progettista BATESSMART Anno di realizzazione 2015 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura si sviluppa su più livelli ed è costituita da più padiglioni

1

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L’ospedale Cabrini ha posto l’attenzione al rapporto che intercorre tra il degente e la struttura. L’interno di una struttura, trattandosi di uno spazio molto grande può essere percepito in modo negativo da parte di un bambino. Trattandosi di una struttura già esistente con spazi ben definiti si è dovuto procede in altro modo per redigere un progetto positivo per lo stato psicologico dei piccoli degenti. Il progetto si è concentrato sull’utilizzo di tecnologie interattive per far evadere i bambini dai pensieri relativi la malattia.


TECNOLOGIE

Cabrini Medical Centres LE TECNOLOGIE Lo studio di nuovi media ENESS mira a cambiare l’esperienza del ricovaro con la loro installazione. LUMES è stato progettato per coinvolgere i pazienti in un ambiente positivo e calmante. Il materiale interattivo interagisce con i mondi dell'arte e della tecnologia animandosi mentre passano le persone. Gli animali fanno uscire le loro teste dall’erba, gocce di pioggia animate cadono su passanti, lanci di razzi e corridori animati seguono i movimenti umani, tutti in colori vivaci visualizzati sui materiali naturali. "Il nostro obiettivo era quello di massimizzare lo spazio con esperienze interattive che i bambini potevano usare in modo intuitivo", ha dichiarato Andrea Rindt, direttore dell'infanzia per le donne e i bambini dell'ospedale Cabrini.

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DIDASCALIE

FONTI

Fig 1 Cabrini Medical Centres, Malvern, Australia, facciata, 2015. In : https://www.batessmart.com/bates-smart/projects/sectors/health/cabrini-medical-centre-1/. Consultato il 15.06.2017. Fig 2 Cabrini Medical Centres, Malvern, Australia, interactive wall, 2015. In : http://eness.com/#/cabrini/. Consultato il 15.06.2017. Fig 3 Cabrini Medical Centres, Malvern, Australia, interactive wall, 2015. In : http://eness.com/#/cabrini/. Consultato il 15.06.2017. Fig 4 Cabrini Medical Centres, Malvern, Australia, interactive wall, 2015. In : http://eness.com/#/cabrini/. Consultato il 15.06.2017.

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E-https://www.batessmart.com/bates-smart/projects/sectors/health/cabrini-medical-centre-1/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.pta.com.au/portfolio/project/cabrini-children-hospital. Consultato il 15.06.2017. -http://eness.com/#/cabrini/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.archdaily.com/802196/translucent-woo d a n d l i ght-installation-brightens-childrens-hospital-in-australi a. Consultato il 15.06.2017.



3.7 ARTE

Già nel tardo Medioevo si pensava che l’arte potesse lenire il corpo dalle sofferenze attraverso un forte impatto emotivo di statue, quadri ecc. Anche nel Rinascimento gli ospedali erano caratterizzati da affreschi sui soffitti come quello ancora presente di Santa Maria della Scala a Siena.1 Successivamente l’importanza del progresso scientifico ha sopraffatto questa pratica, fino ai giorni nostri. Ad oggi sono comunque diversi gli esempi di strutture sanitarie che hanno introdotto l’arte nei loro ambienti. Il coinvolgimento dei pazienti Le forme d’arte sono un possibile ulteriore strumento di umanizzazione. È infatti innegabile come elementi artistici possano suscitare particolari sensazioni configurandosi spesso come elemento di rottura di uno spazio e quindi anche di riconoscimento. Visitatori e pazienti trascorrono gran parte del loro tempo nelle aree comuni. Opere d’arte e oggetti particolati possono suscitare distrazione dalla situazione precaria dei malati e essere un elemento di svago.2 Il coinvolgimento degli ospiti nella realizzazione delle opere offre la possibilità a questi di partecipare attivamente nella definizione dei luoghi dove passano molto tempo. Inoltre, la presenza di opere può facilitare l’orientamento e il riconoscimento dei luoghi. Il ruolo dell’arte all’interno dei luoghi di cura non è una novità.

1 http://www.benessere.com/blog/allegria_e_benessere/443_l_arte_in_ ospedale_fa_allegria.htm consultato il 10.08.2017. 2

Ferdinando TERRANOVA, op. cit., p.190. 289


1

Quadri, interventi di grafica su porte e pareti, sculture sono anch’essi elementi ambientali qualificanti, con valore di fulcro intorno al quale si organizza l’ambiente stesso. Marzia Morena

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34 Fig. 1 _Johns Hopkins Hospital’s Sheikh Zayed Tower, opere d’arte, 2015. In: http://www.hopkinsmedicine.org/ heart_vascular_institute/about_us/locations/zayed_tower/index.html. Consultato il 10.08.2017 . Fig. 2 _Royal Children’s Hospital, Melbourn, Australia, elemento artistico, 2011. In: http://www.cundall.com/ Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx. Consultato il 10.08.2017. Fig. 3 _Royal Children’s Hospital, Melbourn, Australia, elemento artistico, 2011. In: http://www.cundall.com/ Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx. Consultato il 10.08.2017. Fig. 4 _Reparto di oncologia dell’Ospedale di Lanciano, Italia, opera artistica prodotta dagli alunni del Liceo Artistico di Lanciano, 2013. In: http://www.info.asl2abruzzo.it/.a/6a00d83475e79053ef01a3fd1bfe9d970b-popup. Consultato il 10.08.2017. 290



ARTE

Royal Children's Hospital IDENTIFICAZIONE DEL CONTESTO

DESCRIZIONE GENERALE L'ospedale si sviluppa intorno ad un modello di cura familiare che mette i bambini e i loro genitori al centro dell'impianto. La progettazione si basa sul rispetto dell’ambiente evidenziando il concetto di sostenibilità. Il disegno valorizza la presenza di verde come elemento coadiuvante al processo di guarigione. La struttura è molto permeabile tra ambiente interno ed esterno. Due terrazze sul tetto sono accessibili al personale e ai pazienti diurni. Ogni parte dell’edificio possiede un contatto visivo con il parco adiacente. Oltre all’utilizzo di tecnologie avanzate per la struttura, ci si è concentrati sulla realizazione di una qualità ambientale elevata. I reparti sono caratterizzati da aspetti tematici differenti e da elementi di design architettonico. Il rivestimento in cemento esterno dell'ospedale suggerisce i colori e le texture della corteccia di eucalipto, mentre la facciata occidentale sembra rivestita da dei petali.

Funzione Ospedale pediatrico Posizione rispetto al complesso di pertinenza Polo ospedaliero Località Melbourne, Australia Posizione/relazione rispetto al contesto Collocato nel centro città nelle adiacenze dell’ospedale esistente Dimensione Committente Progettista Billard Leece/BATESSMART/UKS Anno di realizzazione 2011 ATTIVITÀ PREVALENTI Attività previste -cura

CONSIDERAZIONI ARCHITETTONICHE Aspetto tipologico della struttura La struttura è costituita da un edificio sviluppato su più piani.

Aspetti caratterizzanti Ogni affaccio della struttura regala viste sul parco, sulle colline e sulla baia. 1

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ARTE

Royal Children's Hospital ARTE L’atrio e i collegamenti dell’ospedale sono caratterizzati dalla presenta di oggetti artistici che prevalgono nella visione d’insieme. L’ingresso nell’edificio viene reso meno traumatico dalla presenta di queste opere che colpiscono l’ospite nel momento di arrivo. Alcune pareti possono essere colorate dai bambini stessi che in questo modo vedono la struttura come un oggetto di svago. Anche le sale di attesa presentano elementi artistici con tematiche differenti e in questo modo distraggono in paziente dallo stato in cui si trovano. Le camere da letto sono definite da un colore prevalente e gli arredi si contraddistinguona per le immagini applicate ad essi.

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3

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DIDASCALIE Fig 1 Royal Children's Hospital, Melbourne, Australia, pianta, 2011. In : http://www.medicalarchitecture.com/projects/roker-and-mowbray/l https://architectureau.com/articles/new-royal-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. Fig 2 Royal Children's Hospital, Melbourne, Australia, ingresso, 2011. In : http://www.cundall.com/Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx#. Consultato il 15.06.2017. Fig 3 Royal Children's Hospital, Melbourne, Australia, ingresso, 2011. In : http://www.cundall.com/Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx#. Consultato il 15.06.2017. Fig 4 Royal Children's Hospital, Melbourne, Australia,

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ingresso, 2011. In : http://www.cundall.com/Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx#. Consultato il 15.06.2017.

FONTI -https://architectureau.com/articles/new-royal-childrens-hospital/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.rch.org.au/home/. Consultato il 15.06.2017. -http://www.cundall.com/Projects/Royal-Childrens-Hospital.aspx#. Consultato il 15.06.2017.



APPARATO: IL SIGNIFICATO DEI COLORI


JOHANN WOLFGANG GOETHE

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

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Nero

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Grigio

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Giallo

E’ un colore stimolante e riscaldante, inoltre dona leggerezza e serenità. Tendente al rosso diventa energizzante.

Rosso

E’ il colore della forza, del calore e del movimento. E‘ stimolante, vivacizzante e attivante.

Verde

E’ il colore della fermezza, favorisce il riposo.

Blu

E’ il colore del movimento. E‘ associato all’ombra, all’oscurità, alla debolezza. Possiede significati contraddittori di eccitazione e di pace.

Viola

E’ il colore del misticismo.

Marrone

-

Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999, pp. 91, 118, 151, 192, 226 Renato TRONCON,(a cura di), La teoria dei colori, Johann Wolfgang Goethe , Il saggiatore, Milano1999.


VASSILIJ KANDINSKIJ

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

A’ un colore fecondo e vitale. Corrisponde ad un silenzio assoluto, ricco di possibilità.

Nero

E’ il colore più spento.

Grigio

E’ il colore dell‘“immobilità desolata”.

Giallo

E’ il colore della forza che si sprigiona nell‘intorno.

Rosso

E’ un colore vivo, acceso, inquieto. “Suscita una sensazione di forza, energia, tensione, decisione, gioia, trionfo eccetera. In campo musicale ricorda il suono delle farfare”.

Verde

E’ il colore più tranquillo che ci sia. Non si muove in nessuna direzione e non possiede alcuna nota di gioia, tristezza, passione, non desidera nulla, non aspira a nulla. “Il blu, possedendo un moto diametralmente opposto, frena il giallo e i due movimenti opposti si annientano reciprocamente e si ottiene una totale immobilità e quiete. Sorge così il verde.” E’ il colore dell‘instabilità, dell’irrequietezza. L’azzurro è l’elemento della quiete.

Blu

Viola

E’ il colore del sovranaturale. “Quanto più il blu è profondo, tanto più fortemente richiama l’uomo verso l’infinito, suscita in lui la nostalgia della purezza e, in ultima analisi, del sovrasensibile”.

Marrone

“Colore ottuso e poco incline al movimento”. Nel marrone il rosso suona come un borbottio appena percepibile.

Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999, pp. 55, 90, 147, 191, 223, 264, 281, 319. Wassily KANDINSKY, Lo spirituale dell’arte, De Donato, Milano1968, pp. 64-72.


JOHANNES ITTEN

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

-

Nero

-

Grigio

-

Giallo

E’ il colore dell’intelligenza e del sapere. Il giallo associato a colori scuri dona uno splendore rasserenante. Offuscato invece suscita idea di invidia, tradimento, falsità, dubbio, demenza.

Rosso

E’ il colore dell‘amore. Il rosso arancio eccita le funzioni organiche mentre il rosso puro simboleggia l’amore spirituale.

Verde

E’ il colore della fecondità, della soddisfazione, della calma e della speranza. Offuscato dal grigio acquista carattere di pigrizia e inerzia.

Blu

E’ il colore dell’attenzione e della concentrazione

Viola

E’ il colore della devozione irrazionale, dell’inconscio, del mistero; Tenebre, morte e sublimità sono richiamati dal viola scuro; solitudine e abbandono dal viola tendente al blu; amore celeste e forza spirituale nel viola tendente al rosso.

Marrone

-

Johannes ITTEN, Arte del colore, Il saggiatore, Milano 1982, pp. 83-90.


FABER BIRREN

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ il colore della freddezza.

Nero

E’ il colore della solidità.

Grigio

E’ il colore della decadenza, richiama la confusione e la monotonia.

Giallo

E’ il colore della felicità e della generosità. Stimola la ricettività, l’attenzione e la funzionalità nervosa. Focalizza su di sé l’attenzione dell’osservatore.

Rosso

E’ un colore autoritario e prevale sugli altri. E‘ il colore dell’amore e del coraggio da una parte, e della raggia e dell’odio dall’altra. A livello fisico accelera il battito cardiaco e genera adrenalina.

Verde

E’ il colore della vita, spesso collegato ad ambienti naturali. Genera sensazioni di sicurezza e stabilita. E’ associato all’idea di equilibrio e alla gelosia.

Blu

E’ il più sereno dei colori: fresco, tranquillo, ordinato. I significati negativi sono limitati alla tristezza e alla depressione. Al blu dell’ambiente si attribuisce un effetto calmante.

Viola

E’ simbolo di mistero e passione. Tendente al rosso è associato alla sensualità. E’ simbolo di mistero e passione. E’ indice di spiritualità se tendente al chiaro, di depressione verso i toni più scuri.

Marrone

-

Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, UTET, Milano 1996, pp. 168-170. Faber BIRRE, Colore, Idea libri, Milano 1982, pp. 178, 186, 200.


HENRICH FRIELING

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ un colore neutro, genera sentimenti di confusione. E’ simbolo di purezza.

Nero

E’ il colore nella negazione. Genera sensazioni di imposizione, costrizione.

Grigio

-

Giallo

E’ un colore stimolante. E terapeutico, vivacizzante e stimolante. Ha valore comunicativo e spinge verso idee innovative. Accresce la percezione di rumore forte. Accentua il gusto aspro e l’odore acre.

Rosso

E’ un colore dominante e sviluppa sentimenti di passione. Genera forza di volontà e vitalità. Accresce la percezione di rumori forti. Stimola la percezione di odori forti e gusti dolci.

Verde

E’ il colore della flessibilità, della vitalità e della libertà. Accresce la percezione di un rumore debole. Stimola la percezione di gusti aspri e odori acri. Genera sensazioni di umidità e protezione allo stesso tempo.

Blu

Il blu scuro è riflessivo, profondo, costruttivo. Il blu chiaro genera nostalgia, accoglienza, mistero e speranza. Tende a isolare. Accresce la percezione di un rumore debole. Considerato un colore inodore.

Viola

E’ un colore pesante e genera depressione. Tende a isolare. Accresce la percezione di un rumore debole. Effetto smorzante dei gusti e dell’odore intenso.

Marrone

E’ il colore dela stabilità. Controlla e regola gli stimoli interni.

Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, UTET, Milano 1996, pp. 76-77. Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999, pp. 119, 151. Henrich FRIELING, Farme im Raum, Callwey Verlag, München 1974, p.45. Henrich FRIELING, Mensch Farbe Raum, Callwey Verlag, München 1961, p.47.


MAX LÜSCHER

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ il colore della liberazione sul piano fisiologico e di libertà sul piano psichico.

Nero

E’ il colore della negazione. “Esprime l’idea del nulla”.

Grigio

Quando il grigio viene inteso nelle sue gradazioni più chiare è il colore della leggerezza, dell’ apertura agli stimoli, delle influenze, delle sollecitazioni, dei contatti.

Giallo

E’ il colore dell‘apertura, dell’espansione e della fuga.

Rosso

E’ il colore dello stimolo, dell‘eccitazione e dell’attivazione. Rappresenta una forte energia se considerato in campo sessuale e sportivo, dal lato spirituale rappresenta l’amore.

Verde

E’ il colore del sistema neurovegetativo, trasmette un senso di stabilità, solidità, perseveranza e costanza. Le diverse gradazioni testano le situazioni in cui l’organismo versa: attivazione viene espressa dal verde-blu, compressione dal verse puro, rilassamento dal verde-marrone e allentamento dal verde-giallo.

Blu

E’ il colore sella sensibilità d‘animo. Induce l’organismo ad essere riflessivo.

Viola

E’ il colore dell‘“identificazione sensibile”. Ha svariati significati, da quello erotico a quello del raccoglimento in se stessi, dal misticismo all’umiltà. t

Marrone

E’ il colore di una “tranquilla appartenenza”, della partecipazione all’intimità, del “radicamento in una partnership”: sentimentale o commerciale, affettiva o sociale. Evoca passività, accoglienza e rigenerazione.

Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999, pp. 45,103,107,128,148, 80, 182, 230, 272, 247, 252, 312.


JORRIT TORNQUIST

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ il colore della libertà e della schietezza. Rappresenta la la pulizia, la pace e la chiarezza. Ha effetto sovreccitante, passionale fino al vuoto effettivo, svincolante. Ha carattere di purezza.

Nero

E’ il colore della chiusura, della negazione. E’ associato alla morte, alla notte, al segreto e alla violenza. Appesantisce ed inibisce.

Grigio

E’ il colore dell’indifferenza. Mitiga gli stimola e ha carattere neutrale.

Giallo

E’ il colore della libertà. Ha effetto stimolante E’ un colore allegro, leggero, libero, solare. stimolante.

Rosso

E’ un colore eccitante e stimolante. E’ associato al fuoco, alla calura, al sangue e all’amore. Ha carattere sensuale, ardente, eccitante e pesante. Significa forza, energia e sensualità.

Verde

E il colore della sicurezza, della tranquillità e dellasperanza. E’ associato a freschezza, umidità e natura. Ha carattere calmo e sensibile.

Blu

E’ un colore stailizzante, riflessivo e riequilibrante. E’ associato all’acqua, al cielo, alla limpidezza, alla notte.

Viola

E’ il colore della malinconia, dell‘agitazione interiore e della rinuncia.E’ associato alle tenebre, all’ombra, alla freddezza. Crea sensazioni di malinconia, agitazione interiore senza vivacità, rinuncia, smorzamento degli stimoli.

Marrone

-

Jorrit TORNQUIST, Colore-luce, Hoepli, Milano 1983, pp. 162-163.


FRANK MAHNKE

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ il colore della luce, del celestiale, dello spirituale, della speranza, della santità e dell’innocenza. Nella religione cristiana e per gli ebrei significa purezza, castità e gioia. Da un punto di vista psicologico finisce per essere sterile.

Nero

E’ infido, è la paura dell’ignoto, è l’oscurità della notte. Identifica la forza. L’associazione di rosso e nero è la massima espressione di odio.

Grigio

E’ puro e conservatore, quiete e calmo, ma anche lugubre, tedioso, passivo e senza vita. E’ a metà strada tra luce e oscurità. Manca di energia e non ha volontà propria.

Giallo

E’ un colore allegro. Evoca speranza, saggezza e fantasia. Suggerisce l’idea di attività e buon umore. Troppo intenso diventa egocentrico.

Rosso

E’ un colore stimolante, eccita con associazioni di idee positive legate a passione, forza, attività e calore. Gli effetti negativi sono aggressività, rabbia, ferocia e sangue. E’ il colore più dinamico in grado di catturare l’attenzione visiva.

Verde

E’ il colore della calma, si colloca tra i poli del giallo e del blu. Tendente verso il giallo diventa stimolante mentre verso il blu diventa delicato e più fastidioso. Ha effetti di riservatezza, rilassamento, rinvigorimento.

Blu

E’ il colore della calma, nelle tonalità azzurre della riservatezza. Le impressioni positive sono: calma, sicurezza, comodità, sobrietà, contemplazione. Gli aspetti negativi possono essere paurosi e deprimenti. Le associazioni evocate sono passività, quiete, pulizia, malinconia, tristezza.

Viola

E’ un colore bivalente. Può essere sinonimo di eleganza, ma anche di solitudine e di lutto. Simbolizza inoltre l’interiorizzazione, la profondità dell’emozione, la dignità, la ricchezza, il misticismo e la magia.

Marrone

E’ il colore della maternità e dell‘affidabilità. Genera associazioni di idee legate alla natura e al gusto. E’ legato all’idea di comodità e sicurezza. Certe tonalità possono apparire tetre, lugubri e sporche.

Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, UTET, Milano 1996, pp. 66-71.


PAOLO BRESCIA - CROMOAMBIENTE

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

E’ il colore della pulizia e dell’ ordine.

Nero

E’ la negazione del colore.

Grigio

E’ simbolo di monotonia

Giallo

E’ il colore dell’allegria. E’ brioso e stimolante.

Rosso

E’ un colore iperstimolante Nei toni del rosa è un colore pacifico e simbolo di positività.

Verde

E’ il colore della tranquillità. Riconduce al mondo della natura e ha effetto calmante sul sistema nervoso. E’ considerato riposante ma in grandi quantità viene considerato irritante.

Blu

E’ considerato febbricitante e in grandi quantità è lugubre. Nei toni dell’azzurro suggerisce calma e tranquillità.

Viola

-

Marrone

Se associato al materiale legno ha effetti positivi sull’organismo.

Frassa Federica, Esperienze di umanizzazione degli spazi ospedalieri attraverso il colore. Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura 2011-2012.


DANIELA DE BIASE-COLORE SANITA’

COLORE

SENSAZIONE

Bianco

-

Nero

-

Grigio

-

Giallo

E’ il colore che favorisce la concentrazione.

Rosso

E’ un colore stimolante. Aumenta il senso dell’appetito e la sensazione di caldo.

Verde

E’ un colore freddo e ne aumenta la sensazione. E’ un colore calmante e rilassante.

Blu

E’ un colore freddo e ne aumenta la sensazione. E’ un colore calmante e rilassante. Nei toni chiari favorisce la socializzazione.

Viola

E il colore dell’intimità.

Marrone

-

www.coloreesanita.it Daniela DE BIASE, Colore funzionale: il benessere psico-fisico negli ambienti sanitari, pp. 98-71 in: Patrizia COLLETTA, Daniela DE BIASE, Colore, Architettura e Città, Prospettive, Roma 2013.



APPARATO: I TEORICI DEL COLORE


JOHANN WOLFGANG VON GOETHE

Nome

Johann Wolfgang von Goethe

Dati anagrafici Francoforte sul Meno 1749 - Weimar 1832 Bibliografia

-Beitrage zur Optik, im Verlag des Industrie, Comptoirs, Weimar 1791. -Farbenlehre, Waimar 1808 (ed. it. Goethe. La teoria dei colori, a cura di R. TRONCON, Il Saggiatore, Milano, 1981). -Zur Farbenlehere. Materialen zur Geschichte del Farbenlehre, Berlin, 1810 (ed. it. Goethe. La storia dei colori, a cura di R. TRONCONI, Luni, Milano, 1997). -Theory of colours (Farbenlehre), traduzionea cura di C.Lock Eastelake, John Muraay, London, 1840. -Goethes samtliche Werke: Schriften zur Kunst, Gottasche Buschhandlung, Stuttgard-Berlin 1904.

Biografia essenziale

Nasce in una famiglia agiata e manifesta fin da subito uno spiccato senso artistico. Si laurea a Strasburgo in Giurisprudenza. Diventa amico di Johann Gottfried von Herder, scrittore e filosofo, con il quale inizia ad amare la natura e la poesia di Ossian e di Shakespear. Dopo la laurea fa ritorno a Francoforte e scrive il primo dramma Goetz von Berlichingen e la dua opera più importante, il Faust, ora noto come Urfaust. Nel 1774, dopo due episodi spiacevoli, scrive I dolori del giovane Werther. Nel 1775 viene mandato a Weimar dal granduca Carlo Augusto e diventa ministro. Nonostante i numerosi impegni trova il tempo di dedicarsi all’attività letteraria e scrive il Guglielmo Meister e Ifigenia in Tautide. Nel 1786 compie un viaggio in Italia dove riscopre il miti dell’antichità classica che gli sono di ispirazione per scrivere Elegie romane e Il viaggio in Italia. Tornato a Weimar scrive la Metamorfosi delle piante e la Metamorfosi degli animali. Dalle sue ricerche in campo ottico nasce la sua Teoria dei Colori.

Teorie

La sua teoria è basata sull’accostamento armonico dei colori complementari. In particolare il suo modello si sviluppa attorno al concetto di contrasto simultaneo. Goethe dà un grande contributo alla cultura del suo tempo, sia dal punto di vista letterario che da quello scientifico. Si avvicina sempre di più al mondo delle immagini e ai processi del colore. Nel 1810 crea la Farbenlehre, prendendo posizioni opposte rispetto a Newton. Egli mette al centro dello spazio l’uomo e la natura, sostiene che l’esperienza del colore è intrinseca all’esperienza umana essendo l’occhio lo strumento che coglie la luce e il colore. I contributi di Goethe sono frutto della sua sensibilità artistica. Afferma che solo tre colori raggiungono il massimo della saturazione: rosso, giallo e blu, tutti gli altri sono derivati dai primi tre. Nella Farbenlehre parla spesso di immagini consecutive. Lo stesso fenomeno è descritto anche dal collega O. N. Rood.

Modello

1790 Spettro a ruota libera

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999, pp. 101-102. -Enciclopedia Europea Garzanti, Garzanti, Milano 1976-84.


VASSILIJ KANDINSKIJ

Nome

Vasilij Kandinskij

Dati anagrafici Mosca 1866 - Neuilly sur Seine 1944 Bibliografia

-Stihi bez slov ( Poesie senza parole) Moskva 1904, opera grafica. -Xylographies, Paris 1909, opera grafica. -V. Kandinsky, F.Marc (a cura di), Der Blaue Reiter, Piper, Monaco 1912 (ed.it. Il cavaliere azzurro, Dedalo, Bari 1967) -Uber das Geistige inder Kunst, insbesondere in der Malerei, Piper, Monaco, 1912 (ed.it Lo spirituale nell’arte, Adelphi, Milano 1995, a cura di E. Pontiggia). -Punkt und Linie zur Flache. Beitrag zur analyse der malerischen elemente (coll. Bauhausbucher, n.9) A. Langer, Munchen 1926 (ed. it. Punto, linea, superficie. Contributo all’analisi degli elementi pittorici, Adelphi, Milano 1968).

Biografia essenziale

Di famiglia borghese, fin da bambino intraprende viaggi che caratterizzaranno tutta la sua vita. Nel 1892 si laurea in Legge all’Università di Mosca. Nel 1898 si reca a Monaco per dedicarsi alla pittura. Viene a contatto con il mondo contadino dal quale trarrà forte ispirazione. Altre importanti esperienze lo portano ad abbandonare il mondo scientifico per avvicinarsi all’arte. Resta profondamente colpito da una mostra di impressionisti francesi a Mosca e dalla rappresentazione di Lohengrin al teatro di Mosca, in particolare dagli strumenti, comparando allora i suoni ai colori. Questo lo avvicinerà alla pittura rendendolo uno degli artisti più influenti del suo tempo. E’ interessato anche alle scienze, in particolare la scoperta della radioattività del francese Bacquerel. Nel 1901 fonda a Monaco il gruppo Phalax ed entra a far parte di un gruppo culturale ricco e stimolante. E’ particolarmente interessato alle implicazioni metafisiche e simboliche delle forme espressive, l’utilizzo della pittura come mezzo per attingere ad altre forme d’arte come la letteratura e la musica. Si occupa di teosofia e antroposofia alla ricerca della propria essenza interiore e del significato delle cose. Inizia la sua carriera di pittore molto tardi e sembra non avere grandi abilità, ma le sue opere sono caratterizzate da uno stile frutto di una metodologia ben precisa. Dal 1904 al 1908 viaggia in Europa dove produce opere dal contenuto simbolico ma anche visioni di paesaggi che lo portano ad indagare sugli aspetti tecnici della pittura. In particolare sono protagonisti i paesaggi di Murnao, i quali sono rappresentati da una sintesi della violenza espressionistica dei tedeschi e delle teorie dei francesi circa la formalizzazione del linguaggio cromatico. Assume una posizione di primo piano tra i pittori dell’avanguardia. Tra il 1909 e il 1914 produce delle opere di sintesi delle sue teorie legate a preoccupazioni allegoriche che offrono gli elementi per una puntuale ricerca iconografica. Si pongono così le basi di tutta la produzione di Kandinskij che studia la pittura come linguaggio dotato di leggi proprie in rapporto con coscienza, pensiero e spirito. Molto importanti sono le influenze degli artisti russi contemporanei le cui opere sono estremamente rigorose. Esse lo allontanano dagli astrattismi dei suoi primi quadri e lo invitano a ricercare leggi scientifiche che regolano la pittura. L’incontro con il Bauhaus nel 1922 è determinante e gli offre la possibilità di conciliare ricerca teorica e sperimentazione concreta. Durante il nazismo si rifugia a Parigi.


Teorie

Principio del dinamismo sul colore in relazione alla musica. Il colore può avere effetti psichici: effetti che agiscono sulla vista ma anche sugli altri sensi facendo emozionare l’anima. Nelle persone con spiccata sensibilità è l’anima la prima a percepire il colore e la sensazione viene spinta verso tutti i sensi suscitando corrispondenti associazioni. La cromoterapia dimostra che la luce colorata influisce sull’organismo. Soltanto la forma ha una sua autonomia, funge da involucro oggettivo del colore che invece ha una sua spiritualità in base alla gradazione scelta. Certi colori risultano potenziati da certe forme e indeboliti da altre: i colori squillanti sono rafforzati da forme acute mentre i colori che emanano tranquillità sono accentuati da forme tonde. Il numero delle forme e dei colori è infinito, come infinite sono le loro combinazioni. Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro, troviamo così quattro combinazioni, caldo-chiaro, caldo-scuro, freddo-chiaro e freddo-scuro. Il colore caldo si muove verso lo spettatore mentre il freddo tende ad allontanasi, nasce così il primo contrasto. Il secondo importante contrasto è quello che nasce tra bianco e nero (chiaro e scuro). Queste teorie vengono chiarite con il modello cromatico di Kandinsij.

Modello

1912 Elabora un modello dal quale si possono trarre più considerazioni. Fonda il principio del dinamismo del colore in relazione all’armonia musicale, organizzando il modello in base alla polarità del caldo e del freddo, termini opposti che si presentano in rapporto dinamico con il grado di chiarezza e di scurità. I contrasti di colori, caldo-fresso, chiaro-scuro e di complementari danno luogo a effetti dinamici.

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999, pp.127-129. -Ave APPIANO, Manuale di immagine, intelligenza percettiva, creatività, progetto, Meltemi, Roma 2002. -Vasilij KANDINSKIJ, Lo spirituale dell’arte, Monaco 1913. -Enciclopedia Europea Garzanti, Garzanti, Milano 1976-84. -Enciclopedia italiana Treccani di scienze, lettere, arti, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1949-52.


JOHANNES ITTEN

Nome

Johannes Itten

Dati anagrafici Sudern-Linden 1888 - Zurigo 1967 Bibliografia

-Kunst der Farbe, Otto Maier Verlag, Ravensburg,1961 (ed. it. Arte del colore, esperienza soggettiva e conoscenza soggettva come per l’arte, Il saggiatore, Milano, 1961 a cura di A. Monferini, M.Bignami. -Mein Vorkurs am Bauhaus, Gestaltungs- und Formenlehre, Otto Maier Verlag, Ravensburg, 1963. -Design and form, the basic course at the Bauhaus, Reinhold, New York, 1964 -The foundation course at the Bauhaus, in G. Kepes (a cura di), Education of vision, New York, 1965 -Dia Kahreszeiten, Kunsthalle Nurberg, Nurberg 1972

Biografia essenziale

Nasce a Südernlinden in Svizzera nel 1888. Influenzato dalle opere dei cubisti e del Blaue Reiter, si iscrive all’Ecole des Beaux Arts di Ginevra. Nel 1913 è a Stoccarda allievo di Adolf Holzen. Nel 1916 tiene la sua prima mostra a Berlino. Si trasferisce a Vienna e frequenta i circoli vicini a Gropius che nel 1919 lo invita ad insegnare al Bauhaus. L'obiettivo del corso è di fornire agli studenti le basi tecniche e il pieno controllo delle caratteristiche dei materiali e dei colori. Nel 1926 fonda a Berlino una propria scuola e nel 1932 è nominato direttore della scuola tessile Krefeld. Nel 1934 i nazisti chiudono la scuola, si trasferisce prima in Olanda e poi a Zurigo dove, fino al 1953, dirige la scuola e il museo di arti applicate. Nel 1964 il Kunsthaus organizza la prima mostra con le sue opere nelle quali Itten riserva particolare attenzione al problema del colore.

Teorie

Riprende teorie di autori precedenti per elaborare sue. Analizza gli effetti dei colori non dal punto di vista della loro composizione chimica, ma in base alloro aspetto estetico-comunicativo. “[...]L’occhio dell’uomo trova armonia solo se si rispetta la legge dei complementari. [...]I processi che avvengono nel sistema visivo producono corrispondenti sensazioni psicologiche. [...]In pittura non è necessario che tutti i colori siano in armonia. [...]Fondamentale e decisiva importanza ha il disco cromatico. [...]Si può dire che le armonie di colore derivano dall’associazione di colori complementari. Giallo, rosso e blu rappresentano un accordo armonico a tre. La potenza del colore è portata al massimo della sua espressione”.

Modello

1921 Stella dei colori 1961 Sfera dei colori 1961 Il cerchio dei colori

Fonti

-Johannes ITTEN, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano 2002. -Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999, pp. 134-135.


FABER BIRREN

Nome

Faber Birren

Dati anagrafici Chicago 1900 - New York 1988 Bibliografia

-Color in vision, Ritter, Chicago 1928 -Functional color, Crimson Press, New York, 1937 -Monument to Color, McFarlane, Warde, New York, 1938. -The story of color, Crimson Press, New York, 1941 -New Horizons in Color, Reinhold Publishing Corporation, New York, 1958. -Color, Form and Space, Reinhold Publishing Corporation, New York, 1961. -Color psychology and Color therapy, University Books, New Hyde Park, New York, 1961. -Creative Color, Reinhold Publishing Corporation, New York, 1961. -Color for Interiors. Historical and modern, Whitney Library of Design, New York, 1963 -Color. A Survey in Words and Pictures, University Books, New Hyde Park, New York, 1963. -History of Color in Painting: with news principles of color expressions, Van Nostrand Reinhold, New York, 1969. -Light, Color and Environment, Van Nostrand Reinhold, New York, 1969 -Principles of color: a review of past traditions and modern theories of color Harmony, Van Nostrand Reinhold, New York, 1969. -Color perception in Art, Van Nostrand Reinhold, New York, 1963 -Color and human response, Van Nostrand Reinhold, New York, 1978

Biografia essenziale

Nasce e studia a Chicago. Suo padre è il fondatore dell’Istituto d’Arte di Chicago. Studia all’Università di Chicago e qui si interessa al colore. Si trasferisce a New York dove diventa il massimo esperto di colore del nostro secolo. Scrive molte pubblicazione e realizza lavori importanti per vari Dipartimenti del Governo americano. Studia l’uso funzionale del colore e gli effetti percettivi che ha sull’uomo. Nel 1934 fonda una compagnia di consulenza sul colore per le industrie. E’ l‘inventore delle pagine gialle per ravvivare il lavoro degli operatori telefonici. Nel 1971 regala all’Università di Yale la sua collezione di libri, che riflette la visione multidisciplinare di Birren. La maggior parte dei testi è relativa alle teorie del colore ma non solo. Costituisce ad oggi la collezione esistente di maggiore rilevanza sul tema.

Teorie

Studia il colore, in particolare nelle applicazioni pittoriche. Attraverso il suo modello di colore crea una distinzione tra colori caldi e freddi. I colori caldi iniziano con i rossi per arrivare fino ai gialli e offrono maggiore dinamicità rispetto a quelli freddi, che vanno dai blu ai verdi. Il suo modello è costituito da 13 colori che si sviluppano intorno al grigio, collocato centralmente. Evidenzia i colori primari di Hering ed individua i secondari e quelli intermedi.

Modello

1934-1938 Rational Color Circle

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999, p.138. -Enciclopedia Europea Garzanti, Garzanti, Milano 1976-84. -Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo


HEINRICH FRIELING

Nome

Heinrich Frieling

Dati anagrafici

Chemnitz 1910 - 1996

Bibliografia

-Lebenskreise, umwelt und Innenwelt der Tiere und des Menschen, 1938 -Großstadtvögel - Krieg, Mensch, Natur, 1942 -Liebes - und Brutlebe der Vögel, 1940 -Tiere als Baumeister, 1951 -Farbe hilft verkaufen, Ferbanlehre und Farbenpsychologie für Handel und Werbung, Muster-schmidt, Göttingen, 1957 -Heinrich Frieling, Xaver Auer, Il colore, l’uomo, l’ambiente: la psicologia del colore e le sue applicazioni, Edizioni del Castello, Cornaredo (MI) 1962 -Der Farbenspiegel: Ein Schnelltest für Statistik und Charakterskizze mit den Faber des Frieling-Tests, 1995 -Das Gesetz der Farbe, Muster-schmidt, Göttingen, 2001 -Farbe hilft verkaufen, Muster-schmidt, Göttingen, 2001 -Mensch und Farbe: Wesen und Wirkung von Farben in allen menschlichen und zwischenmenschlichen Bereiche. Mit Frbtest zur eigenen Personlichkeitsbestimmung, Muster-schmidt, Göttingen, 2001

Biografia essenziale

Heinrich Frieling è il fondatore dell’Institute of Color Psychology in Germania, fu psicologo, biologo, filosofo ed esperto di colore. Nel 1957, insieme ad architetti e designer, stilò il programma dell’IACC, con lo scopo non solo di dare le basi per un uso consapevole del colore ma anche di creare una figura esperta capace di progettare ambienti funzionali ed equilibrati, ponendo particolare attenzione alla relazione tra colore e percezione sensoriale.

Teorie

Afferma che la visione del colore non è solo un atto fisico ma contribuisce a generare emozioni. Inoltre studia l’interazione dei colori tra di loro e come questi accostamenti appaiono agli occhi dell’uomo. Cerca di capire la personalità dell’individuo e il suo profilo psicologico attraverso l’uso del colore, rendendolo uno strumento di diagnosi. Traduce ogni colore con un significato simbolico, legato a tradizioni, fattori culturali e religiosi.

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino, 1999. -Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, Utet, Torino, 1998 -Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo -Frassa Federica, Esperienze di umanizzazione degli spazi ospedalieri attraverso il colore. Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2011-2012


MAX LÜSCHER

Nome

Max Lüscher

Dati anagrafici Basilea 1923 - Lucerna 2017 Bibliografia

-Il test dei colori, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1976 -Colore e forma nell’indagine psicologica, Piovan Edizioni, Abano Terme, 1983 -Tavole d’interpretazione, Piovan Edizioni. Abano Terme, 1983 -La persona a quattro colori, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1993 -Il Test clinico di Lüscher, Piovan Edizioni, Abano Terme, 1993 -I colori di Lüscher, RED, Como, 1993 -Il test rapido dei colori di Lüscher, RED, Como, 1993 -La legge dell’armonia in noi, Edizioni Armando, Roma, 1994 -Non devo però..., Edizioni Armando, Roma, 1996 -La diagnostica Lüscher. I colori della nostra personalità, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1995 -La diagnostica - colore dell’emozionalità, della disposizione spicosomatica, e della simbologia di sogni e immagini. In M. di Rienzo, C. Widmann, La spicologia del colore, Ed. Magi, Roma 2001, pp. 17-24 -diversi articoli nella rivista “Psyche Nuova”

Biografia essenziale

Nasce nel 1923 a Basilea, dove a 16 anni inizia a dedicarsi agli studi di psicologia dai quali avranno origine i primi concetti della Psicologia Regolativa. Proprio a 16 anni inizia a frequentare corsi di psicologia all’Università di Basilea. Durante i 5 anni universitari sviluppa il suo Test dei colori per individuare precise tonalità di colori e le rispettive reazioni psico-fisiologiche. All’età di ventitre anni è chiamato a spiegare il suo Test al Congresso mondiale di Psicologia tenutosi a Losanna, dove ottieni riconoscimenti a livello mondiale. Si laurea nel 1949 con una tesi sul colore come strumento diagnostico e la stessa commissione afferma che la teoria di Lüscher sarebbe entrata nella storia della Psicologia. Insegna all’Università di Basilea e alla Sorbona, negli anni successivi tiene lezioni in numerose università da Mosca a Melbourne, in Italia a Cagliari e a Roma.

Teorie

Il Test dei colori di Lüscher rappresenta lo strumento più efficace per misurare lo stato psico-fisico delle persone in relazione al colore. Definisce la reazione al colore come un metodo oggettivo per valutare l’individuo, la sua capacità di comunicazione, di realizzazione, il suo stato psico-corporeo. Afferma che la percezione del colore sia un fenomeno oggettivo e universale, mentre la sua valutazione è di carattere soggettivo dipendente dallo stato d’animo dell’individuo. Distingue il simbolo associativo, relativo all’esperienza del soggetto, e il simbolo emotivo che fa riferimento alla natura psico-fisiologica dell’individuo.

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino, 1999. -Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo -Frassa Federica, Esperienze di umanizzazione degli spazi ospedalieri attraverso il colore. Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2011-2012


JORRIT TORNQUIST

Nome

Jorrit Tornquist

Dati anagrafici Graz (Austria), 1938 Bibliografia

-Luce e colore, Istituto del colore, Milano, 2001

Biografia essenziale

Nasce nel 1938 a Graz, dove compie i suoi studi in biologia e architettura avvicinandosi al mondo artistico. Fin dal 1959 la sua ricerca si dirige verso lo studio del colore, in rapporto con la luce e con l’ambiente. Come designer progetta l’aspetto cromatico di numerosi edifici integrandoli nel contest. Dal 1964 vive in Italia. Dal 1980 insegna all’Istituto Europeo di Design di Milano, all’Università di Graz, all’Accademia di Belle Arti di Bergamo e al Politecnico di Milano. Nel 1986 è invitato alla Biennale Internazionale di Venezia dedicata al tema di “Arte, Scienza e Colore”. Ad oggi vanta oltre 50 progetti cromatici tra cui: la colorazione del Termoutilizzatore ASM e della centrale termoelettrica ASM a Brescia e il piano regolatore sul colore di Torino.

Teorie

Si avvicina alla pittura e la analizza con criterio scientifico. Si dedica all’analisi della luce e del colore, e delle reazioni che suscitano sull’uomo. Tornquist è uno «scienziato della pittura», un teorico della percezione estetica.

Fonti

-Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo -Bidese Paolo, L’uso funzionale del colore negli ambienti sanitari, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2007-2008 -http://www.tornquist.it consultato il 01/07/2017 -http://www.studiof22.it/jorrit_tornquist.html consultato il 01/07/2017


FRANK MAHNKE

Nome

Frank Mahnke

Dati anagrafici Sioux City (Iowa) 1904 - Lusk (Irlanda) 1984 Bibliografia

-Color and Light in Man-Made Environmets, Van Nostrand Reinhold. New York, 1987 -Color Environment & Human Response, Van Nostrand Reinhold, New York, 1996 -Mensch, Farbe, Raum (Human, Color, Space). Scritto con Verlagsanstalt Alezander Koch, Germany, 1998 -Il colore nella progettazione (Color in Planning), UTET Torino, 1998 -Color: Communication in Architectural Space. Scritto con Birkhauser Publisher Basel, Boston, Berlin, 2007

Biografia essenziale

Mahnke è presidente dell’Associazione Internazionale dei Progettisti del Colore, dal 1988 direttore dell’IACC. Ha dedicato i suoi studi agli effetti psico-fisiologici del colore e della luce sugli esseri umani all’interno dell’ambiente costruito Dal 1977 è stato professore di color design e consulente del colore in progetti pubblici e privati. Si focalizza sugli ambienti di lavoro, di istruzione e di cura. Oltre al tema del colore in relazione allo spazio architettonico si dedica allo studio del colore come strumento di diagnosi per la cura psico-fisiologica dell’uomo.

Teorie

Il colore appartiene intimamente all’uomo, diventando parte integrante della vita e del comportamento umano e partecipando all’esperienza conscia, subconscia e inconscia. Gli stimoli cromatici, presenti nelle opere d'arte, in architettura e in tutto lo spazio circostante sollecitano sensazioni di carattere psico-fisiologico nell’individuo. Gli stimoli del mondo esterno sono collegati al nostro mondo interno attraverso la psiche. Il processo cognitivo non è influenzato solo dall’ambiente ma anche dall’uomo. Le percezioni sono influenzate da eredità biologica e dal processo evolutivo e di conseguenza alcune reazioni sono incontrollabili.

Fonti

-Anna MAROTTA, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999. -Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo -Frank MAHNKE, Il colore nella progettazione, Utet libreria SRL, Torino 1996. -www.niobraracountrylibrary.org


PAOLO BRESCIA

Nome

Paolo Brescia

Dati anagrafici n.r. Bibliografia

-Stefano Parancola, L'armonia del Colore in Architettura, Editoriale Delfino, 2010

Biografia essenziale

Paolo Brescia nel 1968 inizia l’attività di Interior Designer e fonda Cromostudio Associati a Milano. Si è sempre dimostrato fortemente interessato al tema del colore e ne studia l’uso e le tecniche di applicazioni in diversi settori: religione, architettura, fisiologia, fisica, antropologia e in terapia. La sua ricerca CROMOAMBIENTE trova applicazioni in diversi campi, dall'industria alla sanità. Ha curato la ristrutturazione di diversi reparti ospedalieri con un occhio di riguardo il tema dell’umanizzazione. Ha curato la progettazione di alcune comunità di tossico-dipendenza, il padiglione di Diabetologia Geriatrica INRCA all’ospedale di Ancona e il policlinico di Rovereto. Ha eseguito l'intervento di umanizzazione nel Policlinico di San Donato e del Centro riabilitativo Villa San Luigi di Firenze.

Teorie

Nell’esperienza di Cromoambiente, in particolare nel settore di Cromosanità, riconosce come l’impatto cromatico sia fondamentale nei reparti di pediatria, ostetricia, geriatria, reparti per alcolisti, tossicodipendenti e malati psichiatrici. Alcuni colori e certi materiali possono migliorare o peggiorare le condizione dei pazienti. Afferma che i soffitti delle camere di degenza sono le pareti dei pazienti. Ogni colore deve essere utilizzato con criterio in base alla funzione che ha.

Fonti

-Bidese Paolo, L’uso funzionale del colore negli ambienti sanitari, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2007-2008 -Frassa Federica, Esperienze di umanizzazione degli spazi ospedalieri attraverso il colore. Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2011-2012 -http://www.cromoambiente.it/


DANIELA DE BIASE

Nome

Daniela de Biase

Dati anagrafici n.r. Bibliografia

-Patrizia Colletta, Colore architettura e città, La cultura del progetto sostenibile, Prospettive edizioni, 2013 -Progettare per la sanità, in Progettare per la sanità, n.133, Maggio 2009 -Il colore nel futuro e nelle vita della città. Colore funzionale: il benessere psicofisico negli ambienti sanitari, in: Articolo sul Convegno Internazionale ” Colore Architettura e città” promosso dall’Ordine degli Architetti di Roma, Gennaio 2014 -Colore funzionale: il benessere psico-fisico negli ambienti sanitari, in: Atti del Convegno Colore Architettura Città: la cultura del progetto sostenibile, Luglio 2013

Biografia essenziale

Di origine calabrese, vive e lavora a Roma. Daniela De Biase dal 1980 svolge l’attività di architetto. Si interessa con attenzione al comfort ambientale e all’umanizzazione dell’ambiente ospedaliero. Dedica i suoi studi al colore e se ne occupa insieme ad un team di esperti. Ha realizzato diversi progetti cromatici. E’ fondatrice di Cromoambiente Italia e di Colore e Sanità. Realizza progetti cromatici attraverso la conoscenza degli stimoli e degli effetti del colore in funzione all’uso di spazi collettivi e residenziali, per il benessere dell'individuo. Nei suoi progetti ha ampliato il concetto di umanizzazione dedicandosi anche alla sfera sensoriale. Tiene numerose lezioni relative al tema in corsi universitari e workshop.

Teorie

Considera il processo di umanizzazione dell'ambiente sanitario in modo ampio, non solo inerente alla struttura architettonica ma anche dal punto di vista della percezione. Gli strumenti per intervenire in questo senso sono luce e colore, che determinano particolari sensazioni. Il colore è un valido elemento per migliorare gli spazi e deve essere studiato con criterio in base a tonalità, saturazione e luminosità. Ogni colore ha una propria funzione specifica. L’umanizzazione deve comprendere elementi come arredi, finiture, materiale, suoni, odori e tutti quelli che interferiscono con la salute dell’uomo. Un ambiente gradevole e più confortevole per i pazienti ha un potere terapeutico aggiuntivo e può ridurre il periodo di degenza, favorendo ed accelerando la guarigione.

Fonti

-Bidese Paolo, L’uso funzionale del colore negli ambienti sanitari, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2007-2008 -Frassa Federica, Esperienze di umanizzazione degli spazi ospedalieri attraverso il colore. Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, Politecnico di Torino Facoltà di Architettura, 2011-2012 -http://www.coloreesanita.it consultato il 01/07/2017


ANNA MAROTTA

Nome

Anna Marotta

Dati anagrafici Termoli (Campobasso), 1948 Bibliografia

-Policroma. Dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999 -La stanza degli specchi: il contributo dell'area della rappresentazione per l'architettura di interni, In: Valeria Minucciani, Marco Vaudetto (a cura di) Temi e strategie di ricerca nell'Architettura degli interni, Hapax, Torino 12007, pp. 63-68 -Qualita' dell'architettura qualita' della vita, Celid, Torino 2008, pp. 1-305 -Qualita' dell'immagine, qualita' dell'architettura, in: Qualita' dell'architettura qualita' della vita, Celid, Torino 2008, vol 1, pp. 41-51 -Marotta A., Cannavicci C. Colore esaltato, colore negato a Torino. Esempi positivi nell'architettura liberty, esempi negativi nell'architettura ospedaliera, In: Il colore nel costruito storico. Innovazione, sperimentazione, applicazione, Aracne Editrice, Roma 2011 -Teoria e prassi del colore tra Europa e America Latina, In: Agostino Bossi (a cura di), La casa fuori casa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2011, pp. 116-125 -Anna Marotta, Alessandra Sighinolfi, Kukicolor: kucine kolorate?, In: PAINT, Akzo Nobel Coatings S.p.A, Decorative Paints Italia, 2012, pp. 14-15 -Teorie comparate del colore nella cultura della visione / Comparative colour theories in the culture of vision, In: Elogio della teoria: identità delle discipline della Rappresentazione e del Rilievo, Gangemi Editore XXXIV, Roma 2012, pp. 433-441 -Colore come "male culturale". Incongruenze cromatiche fra architettura e struttura visiva della città, In: Colore e Colorimetria - Contributi multidisciplinari Maggioli Editore, VIII Conferenza del Colore Bologna 2012, pp. 681-688 -Imagination applied to European norms in \"humanized\" hospitals. More research, less cost. In: Less More Architecture Design Landscape Le vie dei Mercanti _ X Forum Internazionale di Studi La Scuola di Pitagora, Napoli 2012, pp. 906-914. In: Less More Architecture Design Landscape. Le vie dei Mercanti. X Forum Internazionale di Studi, Aversa - Capri 31 maggio / 1-2 giugno 2012 -Teorie comparate del colore nella cultura della visione / Comparative colour theories in the culture of vision, Gangemi Editore, Roma 2012, pp. 433-441. In: Elogio della teoria: identità delle discipline della Rappresentazione e del Rilievo, XXIV Convegno dei Docenti della Rappresentazione, Roma 13-15 dicembre 2012 -Un linguaggio trasversale: il segno come traccia grafica, Cordoba Facultad de Arquitectura, Urbanismo y Diseno de la Universidad Nacional de Cordoba, Cordoba 2012, pp. 454-460, In: V Congreso Internacional de Expresion Grafica en Ingenieria, Arquitectura y Carreras afines y IX Congreso Nacional de Profesores de Expresion Grafica en Ingeniera, Arquitectura y Carreras afines grafica del diseno. Argentina 17-19 ottobre 2012, Universidad Nacional de La Plata, Argentina -Visione sostenibile (Sustainable Vision in the Conservation of Cultural Heritage Project), La Scuola di Pitagora Editore, Napoli 2013, pp. 1210-1219 In: Heritage architecture landesign focus on conservation regeneration innovation. Le vie dei Mercanti - XI Forum Internazionale di Studi Aversa/Capri 13-15 giugno 2013 -Architettura terapeutica: colore, decorazione, movimento nell'umanizzazione negli ospedali, 2013. In: TELEMEDITALIA n. IX, p. 4 -Anna Marotta, Mario Lombardo, Anima valens in corpore aegro: “Luoghi dello Spirito” nella “Città della Salute”. Percorsi di cura dello spirito. Sale del silenzio,


sale multiculto, chiese. Ananke editore, Roma 2013, pp. 1-94 -Anna Marotta, Chiara Cannavicci, Il progetto del colore: multifunzionalità e multisensorialità per l'ospedale pediatrico, pp. 147-157 In: XVII Convegno Internazionale Interdisciplinare "Utopie e distopie nel mosaico paesistico-culturale. Visioni Valori Vulnerabilità", Udine 27-28 giugno 2013 -Anna Marotta, Marco Vitali, Cultura e visione cromatica nel digitale, pp. 535-546 In: Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari Vol. XI, Milano 10-11 settembre 2015 -Anna Marotta, Marco Vitali, La modellazione tridimensionale come espansione concettuale dei modelli del colore, pp 12, In: Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari Gruppo del Colore - Associazione Italiana Colore XIII Conferenza del Colore, Napoli 4-5 settembre 2017

Biografia essenziale

Architetto e docente universitario, ha vissuto e si è laureata in Architettura a Napoli, con specializzazione in Restauro dei Monumenti, successivamente ha conseguito il dottorato di ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici al Politecnico di Milano. Attualmente è Professore ordinario al Politecnico di Torino nel Dipartimento di Architettura e Design, è membro effettivo del collegio di Architettura e vice preside per l’Orientamento agli studi. Dedica i suoi interessi al rilievo e alla comunicazione visiva, con particolare interesse nel campo del colore affrontato secondo la metodologia delle “teorie comparate”. Vanta numerose pubblicazioni molte delle quali riconosciute in progetti di ricerca di interesse internazionale. Autore del libro Policroma: dalle teorie comparate al progetto del colore (1999). Tra i maggiori interessi si delinea la ricerca per il benessere della qualità della vita negli ambienti ospedalieri, con particolare riferimento all’uso del colore. Si ricorda il successo ottenuto con il lavoro “Rifiorisce la vita” realizzato in un progetto di volontariato presso il reparto di Oncologia nell’Ospedale delle Molinette di Torino. Inerente al tema di evidenzia il lavoro “Anima valens in corpore aegro. Luoghi dello Spirito nella Città della Salute. Percorsi di cura dello spirito. Sale del silenzio, sale multiculto, chiese” incentrato sui luoghi dello spirito nella Città della Salute e dela Scienza di Torino.

Fonti

-Cannavicci Chiara, Il colore come Bene Culturale nell’Architettura. Cromie per il benessere nell’ospedale umanizzato, Politecnico di Torino Dipartimento di Ricerca in Beni Culturali, XXVI ciclo -Abello Serena, Colore e percezione visiva nel progetto di umanizzazione dei luoghi di cura tra teoria e prassi. In: Atti dell’VIII Conferenza del Colore, Maggioli, Milano 2012.




FONTI Bibliografia Henrich FRIELING, Mensch Farbe Raum, Callwey Verlag, München 1961. Giuseppe Antonio PUGNO, Colore funzionale ed architettura, Edizioni quaderni di studio, Torino 1967. M.D. VERNON, La psicologia della percezione, Astrolabio, Roma 1968. Wassily KANDINSKY, Lo spirituale dell’arte, De Donato, Milano1968. Heinrich FRIELING, Farbe im Raum. Farbenpsychologie, Callwey, München 1974.

Angewandte

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La

casa

Jorrit TORNQUIST, Colore e luce.Teoria e pratica, Istituto del colore, Milano 1999. Renato TRONCON,(a cura di), La teoria dei colori, Johann Wolfgang Goethe , Il saggiatore, Milano1999 Claudio WIDMANN, Il simbolismo dei colori, Edizioni scientifiche Magi, Roma 1999. Johannes ITTEN, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano 2002. Marcella MORLACCHI, Colore e architettura: il linguaggio del colore nel linguaggio architettonico, Gangemi, 2003.

Patrizia CECCARANI, Spazi incontro alla disabilitĂ . Progettare gli ambienti di vita nelle pluriminorazioni sensoriali, Erickson, Trento 2004. Christian ITTEN, Colore, comunicazione, Ikon editrice, Milano 2004.

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approcci

strutture

di

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Anna MAROTTA, Chiara CANNAVICCI, Colore esaltato, colore negato a Torino. Esempi positivi nell’architettura liberty, esempi negativi nell’architettura ospedaliera, In: Il colore nel costruito storico. Innovazione, sperimentazione, applicazione, Aracne Editrice, Roma 2011. Stefano CAPOLONGO, Il ruolo degli healing gardens, Tecnica ospedaliera, 2012. In: https://areaterza.wordpress. com/2012/02/02/tecnica-ospedaliera-il-ruolo-degli-healinggardens/. Fabio MARCHESI, La luce che cura, Tecniche Nuove, Milano 2012. Anna MAROTTA, Teorie comparate del colore nella cultura della visione / Comparative colour theories in the culture of vision, Gangemi Editore, Roma 2012, pp. 433-441. In: Elogio della teoria: identità delle discipline della Rappresentazione e del Rilievo, XXIV Convegno dei Docenti della Rappresentazione, Roma 13-15 dicembre 2012. Anna MAROTTA, Colore come “male culturale”. Incongruenze cromatiche fra architettura e struttura visiva della città, In: Colore e Colorimetria - Contributi multidisciplinari Maggioli Editore, VIII Conferenza del Colore Bologna 2012, pp. 681-688. Josef ALBERS, Interazione del colore. Esercizi per imparare a vedere, Il Saggiatore, Milano 2013. Marco COSTA, Psicologia ambientale e architettonica: come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento, Angeli, Milano 2013. Daniela DE BIASE, Colore funzionale: il benessere psico-fisico negli ambienti sanitari, in: Patrizia COLLETTA, Daniela DE BIASE, Colore, Architettura e Città, Prospettive, Roma 2013.

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Daniela MOSSO, Il colore come proposta di metodo coadiuvante nella terapia. Il caso dei reparti oncologici , Politecnico di Torino, FacoltĂ di Architettura, rel. Prof.Marotta Anna, a.a. 2013-2014. Alessandra BROSIO, Ruolo del colore e delle afferenze multisensoriali nei criteri per la progettazione e la riqualificazione delle strutture sanitarie. Il punto di vista degli esperti e degli utenti. Politecnico di Torino. FacoltĂ di Architettura, Rel. Prof. Marotta Anna, Corr. Marchis Elena, a.a.2015-2016. Sitografia https://www.ufficiostampa.provincia.tn.it https://www.zumtobel.com http://www.efficienzaenergetica.enea.it http://www.media.inaf.it http://www.ledpiu.com https://areaterza.wordpress.com http://www.benessere.com https://areaterza.wordpress.com http://www.medicitalia.it http://www.mentecorpomalattia.it http://www.architectureanddesign.com http://www.snoezelen.info http://www.worldarchitecturenews.com http://www.medicalarchitecture.com

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http://docplayer.it http://www.edilportale.com http://www.dt-landscapedesign.com http://www.benessere.com

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PARTE 3 SPERIMENTARE UN PROGETTO MULTIDISCIPLINARE



L’importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile può diventare possibile. Dieci, quindici, venti anni addietro era impensabile che il manicomio potesse essere distrutto. D’altronde, potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera, e questa testimonianza è fondamentale. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva. L’importante è un’altra cosa, è sapere ciò che si può fare. E’ quello che ho già detto mille volte: noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere. E’ il potere che vince sempre; noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare. F. Basaglia



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CONSIDERAZIONI PROGETTUALI SUI LUOGHI DELLA SALUTE MENTALE Il sistema della salute mentale oggi si basa su un’organizzazione fortemente legata al territorio. Gli studi e le esperienze maturati negli ultimi 50 anni hanno portato alla definizione di una rete di assistenza che si ramifica sul territorio per coprire ogni richiesta di aiuto. Il perno dell’intero sistema è sicuramente il Centro di salute mentale. Le caratteristiche compositive, funzionali e distributive di un Centro sono ancora terreno incolto per la disciplina architettonica e in questo lavoro cerchiamo di mettere le basi per iniziare un percorso alla scoperta di un’architettura terapeutica. Come ogni presidio sanitario anche il Centro di salute mentale è sottoposto a normativa nazionale che però si limita ad indicare quali funzioni debbano costituirlo. Con la volontà di andare oltre alla sola burocrazia, in questo capitolo proviamo a Immagine di inizio capitolo l’Ospedale S. Giovanni,1985.

palesare alcune idee sulla composizione di un CSM nel futuro. Per questo motivo abbiamo raccolto criticamente gli input che gli esempi positivi ci hanno suggerito.

Giovanni MICHELUCCI, Ipotesi di un nuovo spazio tra via A.Valerio e



1.1

DAL TERRITORIO AL CENTRO DI SALUTE MENTALE Il sistema territoriale Il sistema territoriale che partì dalla realtà triestina, negli anni ‘70 dello scorso secolo, oggi è diffuso su tutto il territorio nazionale. Come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, la condizione dei servizi della salute mentale cambia profondamente tra zone differenti nella stessa nazione. Anche nel caso dei servizi territoriali possiamo riscontrare notevoli differenze ma l’obiettivo, dettato dalle indicazioni legislative nazionali, è comune. La territorializzazione dei servizi psichiatrici ha permesso agli internati degli ex Ospedali psichiatrici di riappropriarsi del loro territorio con un percorso riabilitativo individuale. La possibilità di ricevere assistenza sul territorio, vicino al proprio ambiente domestico e nel contesto conosciuto, aiuta oggi molte persone. Quanto più i servizi sono presenti sul territorio tanto più questa azione benefica può aiutare concretamente la comunità. La capillarità della presenza psichiatrica sul territorio comprende fa si che i Centri di salute mentale svolgano la funzione di organo l’organo a cui rivolgersi per accedere a tutti i servizi della salute mentale, organizzati in modo da coprire tutto il territorio: non solo all’interno dei Centri ma anche nelle abitazioni, negli ospedali, nei pensionati ecc. Le emergenze psichiatriche vengono gestite dal Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, che svolge funzione di pronto soccorso e di orientamento ai servizi territoriali. L’assistenza a lungo termine viene garantita in appartamenti gestiti da il Servizio Abilitazione e Residenza che assiste i malati nelle attività quotidiane e di integrazione sociale, anche attraverso delle opportunità lavorative. A supporto di questo servizio sono presenti delle cooperative sociali che offrono borse lavoro. I servizi sul territorio dedicati alla salute mentale oltre ai Centri consistono in diverse azioni di assistenza: -opere di abilitazione con il sostegno di cooperative per la realizzazione di laboratori, attività sportive e di aggregazione; -appoggio di tipo economico per le persone più svantaggiate 341


mediante assegni o sostegno in attività lavorative; -sostegni riabilitativi e domicilio adeguati al livello di disabilità; -attività di consulenza presso i servizi sanitari e a domicilio; -supporto telefonico per l’assistenza delle persone con disturbi mentali. Il Centro di salute mentale secondo la normativa nazionale I Centri di salute mentale vengono descritti secondo normativa nazionale come un luogo dedicato all’assistenza diurna ambulatoriale e domiciliare. Il Decreto Ministeriale del 24 maggio 1995 ne definisce i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi. Gli ambienti che devono essere presenti all’interno di un Centro di salute mentale dovrebbero essere: - spazio attesa; - servizi igienici personale; - servizi igienici pubblico; - spazio registrazione/segreteria; - spazio archivio; - un locale per attività’ diagnostiche terapeutiche assistenziali individuali, per ogni 20.000 abitanti; - un locale per attività’ terapeutiche collettive; - una sala riunioni; - locale medicheria. Ambienti integrativi (ambienti consigliati in relazione alla disponibilità’ di spazi) - deposito pulito; - deposito sporco; - deposito attrezzature e farmaci; - locale per il responsabile.

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1.2

CONSIDERAZIONI CRITICHE SUGLI ELEMENTI ARCHITETTONICI NEGLI SPAZI DELLA SALUTE MENTALE Gli ambienti sanitari devono essere progettati focalizzando l’attenzione verso il degente, i medici e gli operatori. E’ opportuno che gli spazi siano flessibili e adattabili alle esigenze del momento. Un centro di salute mentale deve essere accogliente, favorire la socializzazione ma al contempo tutelare la privacy e la tranquillità perciò è necessario trovare un equilibrio tra gli spazi comuni e quelli riservati. Deve cercare di assomigliare ad una casa, rinnegando l’aspetto istituzionale tipico degli ambiente ospedalieri e garantendo tutte le misure di sicurezza necessarie. I pazienti ricoverati nei presidi psichiatrici soffrono spesso di allucinazioni. Luoghi monotoni e privi di stimolazioni possono portare il paziente alla ricerca di immagini interne, allo stesso modo anche ambienti iperstimolanti possono generare allucinazioni. L’ambiente dovrebbe creare situazioni di equilibrio emotivo. Il centro di salute mentale deve essere un luogo piacevole ma l’ospite deve essere invogliato a uscire, per questa ragione è necessario che gli spazi siano familiari e non personalizzati. Di seguito tutte le indicazioni di carattere generale per la progettazione delle aperture, delle finiture, dell’illuminazione e degli arredi. Aperture Porta d’ingresso Se il Centro si configura come un edificio a sé stante, la porta in questione è l’elemento di collegamento tra lo spazio esterno e quello interno. La porta dovrà essere in materiale resistente a sollecitazioni e agli agenti atmosferici, con finitura adatta alla sua collocazione e luce ampia quanto necessario per permettere il transito di più persone contemporaneamente. Deve essere facile da aprire, si consiglia l’utilizzo di porte in 343


alluminio, e può essere progettata per confondersi con lo stile architettonico della zona oppure in contrasto. La maniglia è in materiale isolato per evitare sensazioni spiacevoli al contatto. E’ bene che parte della superficie sia trasparente in modo da favorire la comunicazione tra interno ed esterno. Se il Centro è collocato in un presidio con altre funzioni la porta di accesso mette in collegamento ambienti interni e dovrà caratterizzarsi per le stesse peculiarità della porta appena descritta a differenza del trattamento di finitura. In ogni caso deve ricordare l’aspetto delle porte domestiche e non di un presidio sanitario. Porta interno-interno Devono essere resistenti, leggere, con gli spigoli smussati e preferibilmente opache. Bene evitare materiali traslucidi. La finitura delle porta dovrebbe far emergere la funzione a cui è dedicato il locale. Devono essere coordinate ma riconoscibili singolarmente. Devono ricordare le porte di una casa e non di un presidio sanitario. Tra gli ambiente comuni devono avere ampie dimensione, preferibilmente scorrevoli per non interferire nello spazio. Gli ambiente destinati ai singoli degenti o ad attività ambulatoriali devono garantire la privacy, si prescrive l’utilizzo di un sistema di chiusura a chiave apribile dall’esterno in caso di emergenza. I locali ad uso esclusivo del personale devono essere dotati di porte con sistema di chiusura a chiave progettata a filo muro esterno in modo da risultare il meno visibile possibile perché non accessibile. Deve essere caratterizzata dalla stessa finitura delle pareti che la circondano. Finestre il “fattore medio di luce diurna”, che definisce la qualità dell’illuminazione naturale di un ambiente, ha l’obbligo di essere maggiore del 3%. Questo fattore è direttamente dipendente dalla superficie della stanza da illuminare, dalla grandezza dell’apertura, dal colore e dalla brillantezza dei materiali, da eventuali ostacoli esterni ed interni. 344


La progettazione delle aperture deve tenere conto dell’orientamento e della conformazione dell’edificio per evitare un eccessivo o uno scarso apporto di luce naturale. La qualità della luce entrante dipende dal tipo di vetro utilizzato. Le aperture favoriscono l’ingresso di importanti fattori bioenergetici. Dal punto di vista biologico è opportuno utilizzare vetri che permettono l’immissione della più ampia gamma di radiazioni. Al giorno d’oggi è necessario prestare attenzione anche agli aspetti bioclimatici. Si consiglia perciò l’utilizzo di vetri selettivi, che permettono il passaggio del 40-70% del calore generalmente trasmesso dai vetri isolanti garantendo però un’ottima trasmissione di luce visibile, o ancor meglio vetri attivati elettricamente capaci di rispondere in modo dinamico agli stimoli esterni cambiando le caratteristiche di trasparenza, lucentezza, colorazione e grado di schermatura della radiazione solare garantendo un elevato comfort all’interno dei locali. Le finestre devono garantire la sicurezza senza danneggiare il rapporto interno-esterno. Nel caso di finestre ai piani superiori al piano terra bisogna adottare sistemi anticaduta, come finestre con raggio di apertura limitato o con apertura a sporgere parallela. Se le aperture sono di ridotte dimensioni possono essere utilizzate ante a bilico orizzontale o verticale. Le porte finestre devono essere ampie e avere la porzione inferiore del telaio a filo pavimento per non generare ostacolo. Nei locali che non presentano affacci laterali è consigliabile progettare sistemi con aperture in copertura che permettano alla luce naturale di essere utilizzata in modo funzionale per illuminare gli ambienti. I mezzi operare in questa direzioni sono: componenti di conduzione, lucernari, vernici ad alta riflessione, sistemi di controllo ottico, riflettori ecc. Per ottenere la massima resa durante tutta la giornata si consiglia di prendere in considerazione l’installazione di lightshevels e di applicare ai davanzali superfici riflettenti.

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Fig. 1

Esempi di daylighting

Illuminazione Il sistema di illuminazione combina fonti luminose controllate in modo tale da evitare la formazione di ombre sugli oggetti e rendere così lo spazio circostante più ampio e accogliente, consentendo di avere una visione d’insieme più armonica. Tutte le superfici devono avere livelli di lucentezza simili e l’illuminazione generale è consigliato non generare forti contrasti per evitare problemi di adattamento. Uno degli elementi basilari per una buona visione è l’equilibrio delle luminanze tra figura e sfondo. Nel caso in cui si voglia portare l’attenzione su dettagli specifici si può ricorrere all’utilizzo di luce mirata, che attraverso fasci luminosi compatti fa risaltare specifici elementi. L’utilizzo della luce mirata collocata in determinati punti può generare il fenomeno dell’abbagliamento, è perciò consigliato in questo caso l’utilizzo di sorgenti a bassa luminanza. In base all’atmosfera che si vuole ricreare nel locale si dovrà scegliere il tipo di illuminazione: -l’illuminazione diretta comporta che l’emissione del flusso luminoso sia per il 90-100% al di sotto dell’altezza degli occhi. I sistemi ad illuminazione diretta indirizzano la luce dove serve ma se non attentamente installati possono generare affaticamento e abbagliamento; -l’illuminazione diffusa ha un’efficienza minore rispetto a quella diretta è può essere utilizzata in ambienti con alti livelli di riflessione delle superfici creando un effetto uniforme; -l’illuminazione indiretta ha un flusso luminoso al di sopra della linea dello sguardo. I sistemi a luce indiretta mandano luce al soffitto, che la distribuisce a sua volta, attraverso riflessione. 346


Inoltre evita fenomeni di abbagliamento ma rende difficile la percezione della profondità dell’ambiente. La sensibilità dell’occhio umano ricade entro un cono ottico di circa 30° dalla posizione dell’osservatore, per questo è buona norma collocare le fonti di luce ad altezza elevata o in posizioni defilate.1 Per esigenze visive medie è buona norma garantire dai 100 ai 300 lux. Nei luoghi dove si svolgono lavori di precisione si può arrivare fino a 2000 lux. In ambiente in cui si vuole favorire il senso di familiarità e accoglienza si consiglia l’utilizzo di lampade fluorescenti con temperatura di colore dai 3000 ai 4000 K che generano una luce più calda. Negli ambienti in cui la resa cromatica deve essere neutra si prescrive l’uso di lampade LED con temperatura di colore maggiore di 4000 K. Finiture E’ opportuno che gli ambienti posseggano un corretto equilibrio tra le varie componenti che li costituiscono. Stanze anonime e fredde inducono l’individuo a chiudersi in se stesso mentre stanze iperstimolanti possono causare variazioni dei ritmi vitali. Sono da preferire superfici opache che ricordano l’ambiente domestico e per lo stesso motivo è bene evitare l’utilizzo di tinte che ricordano l’ambiente ospedaliero. Il colore dominante di ogni stanza deve richiamare sensazioni appropriate al contesto. Colori caldi generano buon umore e attivismo, colori freddi concentrazione e tranquillità. Le tinte gialle e arancioni sono stimolanti e accoglienti. Il rosso come colore dominante va evitato e usato in piccole quantità. Il verde è da preferire per generare tranquillità e sicurezza. Il viola e il nero sono sconsigliati. Il bianco e il grigio sono colori neutri che andrebbero usati con cautela. Colori saturi danno allegria e dinamismo mentre quelli desaturati

1 Barbara DEL CORNO, Alessandra PENNISI, La casa salubre, Maggior editori, Santarcangelo di Romagna (RN) 2014, p. 74. 347


se luminosi sono amichevoli e calorosi, se spenti sono seri e professionali. Le tinte pastello generano spensieratezza e attraverso fenomeni sinestetici, aiutano il processo olfattivo nella percezione di odori gradevoli. Sempre per mezzo di questo meccanismo tinte come il giallo, il verde e l’azzurro trasmettono sensazioni di morbidezza. Rumori forti possono essere attenuati mediate l’utilizzo del giallo, del verde e l’azzurro, odore sgradevoli possono essere ridotti tramite l’azzurro e l’arancione. E’ preferibile utilizzare più tonalità dello stesso colore dominante per creare movimento. Inoltre per vivacizzare l’ambiente è consigliabile avere nelle finiture piccole quantità di colori in contrasto a quelli dominanti. In questo senso si consiglia l’utilizzo di complementari che generano armonia ad equilibrio. Sta al progettista creare un ambiente armonioso utilizzando più tonalità di colori e facendo in modo che non risulti uno spazio monotono e pesante, ma neanche iperstimolante. Le pareti devono essere rifinite con materiali lavabili per garantire alti livelli igienici. Per favorire sensazioni gradevoli al tatto si prescrive l’utilizzo di pitture murali vellutate e traspiranti. E’ bene evitare contrasti troppo forti tra una parete e l’altra ma utilizzare toni vicini nello spettro cromatico che aiutano ad ingrandire le dimensioni della stanza. Il pavimento deve essere di un materiale facilmente lavabile e per la stessa ragione è buona pratica ridurre o annullare lo spessore delle fughe. E’ opportuno che sia resistenze alle bruciature e all’usura. Bisogna fare attenzione anche alle sensazioni create dal contatto fisico con il materiale, vanno evitati materiali freddi. Deve inoltre attenuare eventuali cadute. E’ preferibile utilizzare il legno che dà sensazioni di fermezza, equilibrio e grazie a fenomeni sinestetici attenua sensazioni di rumori forti, o le resine che permettono la realizzazione di un pavimento colorato. La zoccolatura dovrà richiamare la pavimentazione. 348


Si prescrive l’utilizzo di materiali di origine naturali che rilasciano odori gradevoli in modo da garantire piacevoli sensazioni olfattive. I soffitti devono avere tinte chiare per restituire più luminosità alle stanze. Si consiglia l’utilizzo di toni chiari delle tinte usate per le pareti al fine di creare ambienti armoniosi e per rendere lo spazio più ampio. Componenti di arredo Gli arredi devono essere sobri ma di qualità e se ne dovrebbe evitare l’utilizzo seriale e ripetitivo. I requisiti del sistema di arredo in un luogo della salute sono: -sicurezza: bisogna eliminare tutti gli elementi pericolosi come spigoli e sporgenze; -solidità: devono essere costruiti con materiali robusti e di difficile rottura; -comodità: devono essere pratici e piacevoli da usare; -riconoscibilità: non devono trarre in inganno e devono essere riconoscibili tramite gli organi di senso; -funzionalità: devono assolvere alle funzioni per cui sono destinati; -ergonomicità: devono essere adeguati alla funzione che ospitano senza affaticare l’individuo; -armoniosità cromatica: devono avere colori e contrasti armoniosi.2 Oltre a caratteristiche di tipo percettivo è necessario che gli rispettino anche dei requisiti funzionali. I requisiti tecnici di grande importanza sono: l’antibattericità e la resistenza alle abrasioni, agli urti e agli incendi. Nei luoghi della salute mentale è fondamentale che l’ambiente

2 Patrizia CECCARANI, Spazi incontro alla disabilità. Progettare gli ambienti di vita nelle pluriminorazioni sensoriali, Erickson, Trento 2004, pp. 1-16. 349


sia uno spazio sicuro poiché spesso i deficit cognitivi rendono meno evidenti le fonti di pericolo: sono da evitare mobili con spigoli soprattutto se di metallo o vetro mentre una colorazione dei bordi potrebbe facilitarne il riconoscimento. Tavole, sedie e sgabelli devono essere pesanti in modo da evitarne il ribaltamento. Percorsi I collegamenti devono essere spaziosi e luminosi. Si ritiene opportuno integrare i percorsi nel processo di progettazione degli spazi in modo da garantire tragitti lineari e chiari e da non sembrare spazi di risulta. I dettagli architettonici che compongono i percorsi devono avere un linguaggio unitario per facilitare l’orientamento, un’eccessiva monotonia deve essere attenuata con elementi di “disturbo” che spezzano l’andamento e stimolano l’attenzione. Per lo stesso motivo si prescrive la presenza di elementi di riferimento come opere d’arte, viste sull’esterno e aree di sosta. E’ consigliato evidenziare accessi importanti o punti particolari. I collegamenti orizzontali, soprattutto se lunghi e stretti, devono essere attenuati e questo può dipendere dalla saturazione e dalle variazioni di colore. I percorsi e le zone di transito, spesso utilizzati come luoghi di incontro e di scambio, è buona norma che siano accoglienti e fruibili attraverso l’utilizzo di arredi adeguati. Le combinazioni cromatiche degli arredi e dei materiali devono essere armoniose creando una maggior interazione tra aree funzionali. E’ necessario lasciare sgombri gli spazi di passaggio collocando i mobili lungo le pareti per non ostacolare i movimenti. Nei corridoi, elementi verticali e arredi dovrebbero indicare la funzione della zona in cui ci si trova per facilitarne l’identificazione. I collegamenti verticali devono essere di ampiezza sufficiente per favorire il passaggio di più persone contemporaneamente. E’ necessario mettere in sicurezza i punti critici attraverso elementi di protezione integrati nell’ambienti rendendoli impercepibili come tali. 350


L’orientamento, oltre che dall’immediata riconoscibilità dei percorsi è favorito anche dal sistema segnaletico. Il sistema di segnaletica deve essere intuitivo, facilmente comprensibile, semplice e chiaro. Oltre ad avere funzione di orientamento, la segnaletica ha il compito di trasmettere un messaggio di accoglienza per rassicurare l’utente e metterlo a suo agio. Forme, dimensioni, e materiali dei pannelli segnaletici vengono scelti tenendo conto dell’ambiente in cui vengono collocati e delle indicazioni che devono fornire. I colori e la loro combinazione diventano un mezzo fondamentale per rendere visibili e riconoscibili gli elementi. Il rosso fa sembrare più vicini gli oggetti e deve essere usato per segnali di pericolo; il giallo è caratterizzato per la sua brillantezza ed è idoneo a qualsiasi tipo di segnaletica; l’arancione deve essere utilizzato per attirare l’attenzione. I segnali devono essere facilmente percepibili, il contrasto con gli altri elementi presenti nell’ambiente o nella segnaletica stessa deve favorirne l’evidenza. Immagini appariscenti non è detto però che corrispondano a segnali chiari: quanto più semplice e iconica è un’immagine tanto più sarà facile memorizzarla. Esterni Nel caso il cui il Centro di salute mentale disponga di uno spazio esterno è bene progettarlo secondo alcuni criteri. Gli esterni possono essere costruiti sulla base di differenti approcci: -aree verdi ispirate da esempi passati come labirinti, giardini zen, chiostri monastici ecc; -parchi artistici, che trasmettono messaggi o lasciano un’impronta sul territorio; -aree ecologico-botaniche, basate sulla creazione di ecosistemi autonomi che mitigano l’impatto delle strutture architettoniche utilizzando specie autoctone. E’ preferibile prevedere percorsi semplici e lineari, con superfici compatte, prive di ostacoli e larghezze sufficienti a permettere 351


il passaggio di più persone contemporaneamente. Gli incroci costituiscono un punto di scambio e di incontro diventando vere e proprie aree di attrazione, enfatizzati ad esempio da spazi più grandi. Il materiale usato per realizzare le pavimentazioni può essere di vario genere ad esempio: calcestre, con masselli in calcestruzzo, legno o gomma. Gli spazi esterni devono prevedere la presenza di punti di riferimento che permettono ai degenti di orientarsi con facilità. Le aree di sosta vanno progettate per favorire la meditazione, l’osservazione della natura ma anche la socializzazione, predisponendo zone sia di piccole che di grandi dimensioni con più posti a sedere. Per migliorare la sosta è consigliabile studiare il movimento del sole e se necessario prevedere elementi di ombreggiamento. Si prescrive di arredare lo spazio esterno in parte con elementi fissi: panche, gazebi e muretti. Bisogna prevedere anche la presenza di mobili come sedute e tavoli leggeri in modo che ognuno possa spostarli per organizzare il suo luogo ideale. La componente naturale deve essere costituita da alberi ad alto fusto per permettere una visuale aperta, e da arbusti e cespugli per offrire contatti con i colori, gli odori ecc. Si consiglia di disporre le piante secondo la tecnica dello zoning che accentua gli effetti di colore, di profumo e di tutti i sensi. 3

3 Stefano CAPOLONGO, Il ruolo degli healing gardens, Tecnica ospedaliera in: https://areaterza.wordpress.com. Consultato il 31/07/2017. 352


1.3

UNIVERSAL DESIGN Il tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche è stato ormai superato per lasciare spazio all’Universal Design e alla progettazione multisensoriale. La normativa italiana in questo senso fa riferimento ancora al Dpr n. 503 del 1996 “Regolamento recante per l’eliminazione delle barriere architettoniche, negli edifici, spazi e servizi pubblici”. Quando si parla di barriere architettoniche si pensa in prima battuta a disabilità fisiche, ma bisognerebbe considerare anche disabilità sensoriali, di orientamento e mentali. Non esiste una normativa che preveda regole per una progettazione multisensoriale, sta alla sensibilità del progettista fare un passo in avanti rispetto. I principi dell’universal design I principi guida elaborati in ambito statunitense per l’universal design sono: -equità nell’uso: per consentire a tutte le persone il completo utilizzo; -flessibilità d’uso: ogni progetto deve essere adatto a soddisfare più esigenze; -uso semplice ed intuitivo: l’utilizzo degli oggetti deve essere indipendente dall’esperienza, dalla conoscenza o dall’abilità di un individuo; -informazioni comprensibili: ogni oggetto deve offrire informazioni semplici e di facile intuizione; -tolleranza per l’errore: il progetto deve minimizzare il rischio di incidenti; -minimizzazione dello sforzo fisico: il dispendio di energie per l’utilizzo di un oggetto deve essere limitato; -spazi e dimensioni per tutti: indipendentemente dalle capacità motorie e cognitive ne devono poter usufruire tutti.4

4 Fabrizio ASTRUA, Mariabeatrice PICCO, Michele RELLA (a cura di), Universal Design, un’esperienza di didattica e di ricerca, Politecnico di Torino 2005, p. 8. 353


Universal design nei luoghi della Salute mentale La difficoltà nella progettazione dei luoghi per la salute mentale sta nel fatto che i fruitori di questi spazi non soffrono generalmente di patologie evidenti ma sono colpiti da sintomi spesso diversi, momentanei e poco leggibili. I punti di maggior rilievo nella normativa relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche (Legge n. 13 del 1989) evidenziano come principali questioni: il raggiungimento dei piani superiori attraverso i collegamenti verticali; il superamento di dislivelli lungo i percorsi orizzontali; le dimensioni di serramenti interni ed esterni; la presenza di un bagno per disabili ad ogni piano. I punti elencati, calati nelle realtà psichiatriche possono portare ad ulteriori disagi psicologici. Spesso queste persone sono fisicamente abili e l’utilizzo di attrezzature per disabili può aggravare una già complessa situazione di disagio con un ulteriore stato di frustrazione. Il progettista non deve concentrarsi solo su dati oggettivi relativi al contesto fisico e nemmeno sui soli dati antropometrici, dovrebbe svolgere un’analisi sociopsicologica per far comunicare in un unico progetto tutti questi aspetti.5 L’architetto Gianfranco Arione nel libro Universal Design, un’esperienza di didattica e di ricerca 6, ci suggerisce di progettare una buona ma non invasiva sicurezza passiva del presidio attraverso barriere non solo fisiche ma anche con elementi grafici, gromatici e illuminotecnici.

5 Giulio BERTAGNA, Aldo BOTTOLI, Il progetto “colore” per lo spazio della cura e dell’assistenza, p.21 in: Fabrizio ASTRUA, Mariabeatrice PICCO, Michele RELLA (a cura di), Universal Design, un’esperienza di didattica e di ricerca, Politecnico di Torino 2005. 6 Gainfranco Arione è un architetto progettista specializzato nella progettazione di Presidi Sanitari e Comunitari per la cura e l’ospitalità’ della persona, accessibilità urbana e residenziale, “design for all” e universal design. 354


1.4

CONSIDERAZIONI CRITICHE SULLE CARATTERISTICHE SPAZIALI E FUNZIONALI DEL CENTRO DI SALUTE MENTALE Ogni Centro di salute mentale si compone, da normativa, di alcune stanze con determinate funzioni. Di seguito proponiamo un “percorso” ideale tra questi ambienti che ci permette di illustrare le specifiche che ogni stanza dovrebbe rispettare per soddisfare le caratteristiche di una buona progettazione per la salute mentale. Atrio Varcata la porta principale di ingresso al Centro di salute mentale lo spazio di accoglienza e registrazione è il primo luogo che l’utente sperimenta. E’ una zona di filtro e deve mantenere un rapporto con lo spazio esterno e circostante. Nel Centro è circondata da altri ambienti, di cui i più appropriati sono la sala comune e la farmacia. L’atrio deve essere armonico rispetto al contesto e deve trasmettere sensazioni di calore, tranquillità e ospitalità. Questo spazio deve avere un doppio carattere. Da una parte la zona di accoglienza con la possibilità di stazionarvi, di aspettare qualcuno o incontrarlo casualmente, dall’altra il punto di registrazione e informazione al quale si deve garantire non più dello spazio minimo necessario che serve ad un operatore per la sua mansione. Al primo sguardo l’utente deve essere indirizzato al banco accoglienza, parte integrata nello spazio. E’ buona norma non differenziare rigorosamente gli spazi di segreteria con quelli destinati ai degenti. È bene collocare la scrivania di accoglienza lontano dai maggiori flussi di passaggio e posizionare le dotazioni tecnico-elettroniche in modo da essere nascoste alla vista dei fruitori per evitare la sensazione di trovarsi in un ufficio.

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Sala comune La sala comune è il fulcro della “casa”, ampia, flessibile e sempre accessibile. Questo spazio deve favorire le relazioni sociali tra gli ospiti ed è il luogo dove si svolgono le attività collettive. Da collocare preferibilmente in adiacenza all’accoglienza, deve dare accesso diretto ad un bagno comune e, nel caso in cui nel Centro non sia prevista una stanza dedicata al consumo dei pasti, essa deve sopperire anche a questa funzione. In questo caso è’ preferibile collocarla vicino alla cucina. La Sala deve essere pensata tenendo in considerazione gli ambienti circostanti e deve trasmettere sensazioni di calore e vivacità. Deve essere progettata come un grande spazio aperto e flessibile in modo da poter essere trasformata in base alle esigenze del momento. Bisogna prevedere anche delle zone più intime per l’aggregazione di piccoli gruppi. Sala da pranzo Il pasto è uno di quei momenti che fa sentire a casa e la cura dello spazio in cui viene organizzato è fondamentale. La sala da pranzo deve sempre essere collocata accanto alla cucina o, se i pasti arrivano dall’esterno, il più vicino possibile al luogo di scarico degli alimenti. Deve essere accogliente, domestica e favorire le relazioni sociali. La sua ampiezza dipende dal numero di utenti da soddisfare. Tavoli e sedie hanno caratteristiche domestiche e sono facilmente spostabili per la pulizia della stanza.

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Cucina La presenza di una cucina nel Centro può offrire importanti occasioni di socializzazione in un ambiente prettamente domestico. Può essere utilizzata per preparare i pasti, il caffè durante la giornata o per organizzarvi dei corsi e attività. La sensazione di domesticità deve essere particolarmente accentuata. La cucina deve avere dimensioni tali da garantire l’accessibilità a tutti gli ospiti. Sala colloqui Le sale colloqui vengono utilizzate per gli incontri tra medico e paziente. Devono garantire buone condizioni di privacy, perciò vanno collocate in una zona silenziosa del Centro, lontana dalle aree dedicate alle attività potenzialmente più rumorose. La Sala colloqui deve essere pensata per far sentire a proprio agio gli utenti. Devono essere almeno due per assicurarne sempre la disponibilità. E’ buona norma prevederne almeno una piccola, per colloqui tra operatore e ospite, e una più grande per incontri di gruppo. Lo spazio deve essere raccolto e informale. Deve essere flessibile per consentire a ospiti ed operatori di gestirlo in completa libertà. Deve essere un ambiente libero da ostacoli e il più neutro possibile nella caratterizzazione degli elementi che vi si trovano all’interno. Gli spazi non devono far emergere distinzioni di ruolo tra medico e paziente. Bagni Nel Centro di salute mentale si prevede la presenza di bagni sia comuni che interni alle camere. Il bagno deve sempre essere mantenuto pulito e ordinato per trasmettere sensazioni di igiene e ordine. 357


Ci deve sempre essere un locale bagno ad uso collettivo, posto in posizione strategica e facilmente raggiungibile da tutte le aree del Centro, a norma con la regolamentazione sull’accessibilità. Con eguali caratteristiche si prevede la dotazione di un’altra unità in una delle camere doppie del centro. Con particolare riferimento alla zona notte si predispone la dotazione di un bagno per camera o in ogni caso di minimo un bagno ogni due utenti ricoverati. Ogni utente deve avere accesso diretto al locale dalla stanza da letto. Bisogna fare attenzione al senso di apertura della porta e al raggio che essa copre in modo tale che non incontri le dotazioni sanitarie e che il movimento possa sempre essere agevole. Camera La stanza da letto è il luogo del riposo. Il ricovero in un CSM deve essere il più breve possibile, nell’ordine di alcuni giorni. L’atmosfera della stanza da letto deve essere riconosciuta dall’utente come domestica ma non personale. Le stanze devono ospitare al massimo due utenti. Si consiglia la predisporre l’80% di stanze singole e il 20% di stanze doppie. Il normale rispetto reciproco tra operatori e utenti permette di evitare la chiusura a chiave delle stanze. Le dimensioni di una stanza singola devono essere sufficienti per permettere all’utente di riconoscervi una dimensione domestica. Deve avere dimensioni minime di 12 m2. Le dimensioni di una camera di degenza doppia devono garantire le giuste condizioni di privacy. Deve contare un minimo di 18 m2.. I letti devono essere posizionati in maniera da evitare il contatto visivo obbligato e diretto fra i degenti. In particolare, nella disposizione dello spazio, i complementi d’arredo non dovranno costituire intralcio al movimento e/o ostruire le aperture.

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Farmacia La farmacia è un ambiente che deve essere mantenuto chiuso. Contiene i farmaci e in caso di necessità può essere utilizzato come ambulatorio. Il locale deve essere progettato per poter contenere un armadio dei farmaci, uno degli strumenti di primo soccorso ed una sedia multifunzione. Sala riunioni Questo spazio, oltre ad ospitare le riunioni del personale deve contenere l’archivio ed essere adattabile per accogliere anche altre attività come quelle burocratiche di ufficio. La stanza delle riunioni e di archivio deve essere di ampiezza tale che un’attività non condizioni l’altra. Spogliatoio Lo spogliatoio è uno dei pochi ambienti riservati esclusivamente al personale e per questo dotato di chiusura con chiave. Deve essere funzionale alle esigenze di medici e operatori. Deve essere di piccole dimensioni per disincentivare il personale a passarci più del tempo necessario.

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1.5

LE NORME TECNICHE DI RIFERIMENTO Ad oggi, una normativa tecnica per la progettazione dei Centri di salute mentale è assente. E’ dunque necessario fare riferimento a più leggi, ognuna delle quali tratta una determinata tematica. Bisogna utilizzare come riferimento le norme inerenti alle residenze per lungo degenze. Quadro normativo generale In prima istanza si dovrebbe osservare l’ormai obsoleto: -Testo unico delle leggi sanitarie n. 1265 del 27 luglio 1934. Più recenti sono invece: -Circolare n. 13011 del 22 novembre 1974 (requisiti fisicotecnici per le costruzioni edilizie ospedaliere: proprietà termiche, igrometriche, di ventilazione e di illuminazione). -Decreto Legge n. 396 del 2 ottobre 1994 (disposizioni in materia di edilizia sanitaria). -Decreto del Presidente della Repubblica n. 42 del 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private) -Deliberazione n. VI/38133 del 6 agosto 1998 (Attuazione dell’articolo 12, comma 3 e 4, della l.r. 11.7.1997 n.31. Definizione di requisiti e indicatori per l’accreditamento delle strutture sanitarie. -D.P.R. n.380 del 2001 (Testo unico delle disposizione legislative e regolamentari in materia di edilizia) -D.LGS. 81/08 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) -L.R. n.33 del 30 dicembre 2009 (Testo unico delle Leggi Regionali in materia di sanità) In generale è fondamentale garantire l’abbattimento delle barriere architettoniche tenendo in considerazione le seguenti leggi: 360


-Legge n. 13 del 9 gennaio 1989 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati); -Decreto Ministeriale n° 236 del 14 giugno 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche); -Decreto Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 (Regolamento recante per l’eliminazione delle barriere architettoniche, negli edifici, spazi e servizi pubblici). Fattore Medio di Luce Diurna Normativa relativa al requisito del fattore di luce diurna medio per l’edilizia residenziale, scolastica e ospedaliera: -Circolare Ministero Lavori Pubblici n° 13011 del 22 novembre 1974 (requisiti fisico tecnici per le costruzioni edilizie ospedaliere: proprietà termiche, igrometriche, di ventilazione e di illuminazione); -Decreto ministeriale 5 luglio 1975 (requisiti igienico sanitari principali dei locali di abitazione). Illuminazione artificiale -EN 12464 - 1: 2011 (tratta l’illuminazione nei luoghi di lavoro); -EN 60598 - 1:2015 (definisce le prescrizioni per gli apparecchi di illuminazioni impiegati in locali ad uso sanitario). Inquinamento acustico -Legge n.447 del 26 ottobre 1995 (legge quadro sull’inquinamento acustico). -D.P.C.M. del 5 dicembre 1997 (Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici) Arredo -Decreto Legislativo n° 46 del 1997 (attuazione della direttiva 93/42 CEE, concernente i dispositivi medici); -Decreto del Presidente della Repubblica n° 37 del 1997 (tratta i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private); 361


-UNI 6141 (definisce le caratteristiche di letti per ospedali e comunità). Finiture -Decreto Ministeriale n° 236 del 14 giugno 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche); -UNI CEI EN ISO 13943 del 2004 (comportamento di un materiale che contribuisce con la propria decomposizione al fuoco a cui è sottoposto in condizioni determinate); -DIN 51130 (normativa che esprime la scivolosità delle pavimentazioni); -DIN 53 436 (normativa che definisce il livello di tossicità in caso di combustione); -EN 13300 (normativa sulle tinteggiature lavabili). Prevenzione incendi -Decreto Ministeriale del 18 settembre 2002 (approvazione di regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle strutture sanitarie). -Decreto Legge n°158 del 2012 (disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute nel quali sono elencati degli accorgimenti relative alle misure anti incendio). -D.M. 3 agosto 2015 (Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.139.

362




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367



2



IL PROGETTO DEL CENTRO PSICOSOCIALE DI LECCO Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il Centro di salute mentale è il tassello più significativo dell’intero sistema della salute mentale sul territorio. Per questo motivo abbiamo deciso di lavorare sulla progettazione di un nuovo Centro, quello di Lecco. La scelta è ricaduta su questo caso particolare perché la città sta vivendo un particolare momento di fermento sul tema. Il Forum di salute mentale di Lecco sta, infatti, collaborando con l’Azienda sanitaria lecchese per la progettazione del nuovo Centro psicosociale della città. In questo contesto ci inseriamo pensando ad una proposta basata su quanto appreso dalle nostre esperienze maturate nell’ultimo anno di ricerche.

posizionato nel tessuto urbano consolidato della città. L’azienda sanitaria di Lecco ha deciso di riprogettare i primi due piani dell’edificio per potervi stanziare un Centro psicosociale e un Centro diurno. Nella nostra proposta procediamo in due fasi progettuali. Nella prima abbiamo riassunto tutte le richieste dell’Azienda con uno sguardo alle modifiche future mentre nella seconda fase palesiamo l’obiettivo finale: il CPS nel futuro. Il nostro lavoro si arricchisce poi di due zoom progettuali riguardanti due nodi fondamentali: la zona di accoglienza e la camera.

Il luogo scelto per impiantare il Centro è Villa Gazzaniga, un edificio di inizio ‘900 Immagine di inizio capitolo Gazzaniga.

Silvia METERC, rappresentazione grafica della facciata principale di Villa



2.1

PRENDERSI CURA Il momento esatto in cui lo spazio della ragione e quello della follia si definirono nella divisione che li ha caratterizzati per secoli non è né certo né collocabile con precisione. L’umana necessità di attribuire l’inizio di una condizione ad un evento decisivo ci spinge a pensare a Pinel. Il suo famoso atto di liberazione dei matti dalle catene dell’Hospital Bicêtre di Parigi ci permette di segnare un punto sulla linea del tempo. Da quel segno in avanti si apre una storia di molti muri e pochi dialoghi. L’incessante susseguirsi di strutture chiuse nei secoli che seguirono quell’incipit sovvertitore delinea la storia della follia. L’istituzione ed il potere della psichiatria hanno sempre cercato compimento anche nello spazio progettato. Per questa ragione gli spazi della psichiatria con le loro differenze e le loro mutazioni ricalcano con grande precisione la storia dell’istituzione.

“La strategia degli spazi è strategia dei poteri” Michel Foucault L’inizio della lotta al manicomio e la sua conseguente negazione è il punto di partenza che possiamo segnare sulla nostra linea del tempo, dal quale gli spazi della psichiatria cominciano a diventare luoghi di relazione, scambio e identità. I muri come espressione di malattia e contenitori di corpi vennero abbattuti, spesso fisicamente, per fare posto agli individui: “una riabilitazione è possibile soltanto partendo da questo fatto reale: il malato è un uomo senza diritti e discutiamo con lui il suo essere senza diritti”1. Da questo pensare e agire per spostare l’attenzione dall’istituzione al malato prende avvio un nuovo tipo di organizzazione.

1 Franca ONGARO BASAGLIA, introduzione in: Franco BASAGLIA (a cura di), L’istituzione negata, Baldini Castoldi, Milano 2014. 373


“Lo spazio sconfinato, quello cioè che sconfina, che attraversa ogni confine e che si dichiara contro i confini in quanto tali, uno spazio scorniciato, che fuoriesce dalle cornici e si discolloca disordinatamente lungo ogni lato delle pareti. O fuori di esse. Contro le ristrettezze mediche, le patologie architettoniche, le fobie antropologiche...” Luigi Attenasio Dalla Legge n.180 ad oggi sono passati quasi quaranta anni durante i quali tutte le regioni italiane hanno avuto esperienza nella salute mentale. Grazie alla diffusione di normative nazionali e regionali e dei progetti obiettivo salute mentale la situazione dei pazienti psichiatrici è mutata in tutta Italia. Naturalmente, il processo di avanzamento è avvenuto con tempi e modalità differenti da regione a regione portando oggi ad una situazione squilibrata. Gli strumenti normativi a disposizione dei governi locali avrebbero potuto determinare una risposta più ampia e soddisfacente in direzione di soluzioni socialmente integranti. La situazione attuale ci presenta enormi differenze da colmare per permettere alle molte situazioni stantie di avanzare raggiungendo i livelli degli esempi migliori e, contemporaneamente, consentire a questi ultimi di continuare ad avanzare. Siamo ancora in una fase di passaggio, che prosegue da troppo tempo, in cui persistono delle procedure tipiche del pensiero psichiatrico classico che si riflettono oltre che sui malati soprattutto sull’organizzazione dei luoghi. Queste abitudini vanno scardinate, spostando l’attenzione sulle necessità del paziente. L’apparato teorico che abbiamo raccolto nei capitoli precedenti ci spinge verso un progetto capace di trasformare le necessità della salute mentale in soluzioni progettuali. 374


Da Trieste a Lecco L’Organizzazione mondiale della sanità riconosce l’esperienza triestina come un esempio da perseguire: il Dipartimento di salute mentale di Trieste è stato dichiarato e continua ad essere confermato Centro collaboratore dell’OMS. A livello nazionale Trieste è il punto di riferimento più significativo ed avanzato nel settore. Per questo motivo lo studio delle dinamiche triestine viene preso come riferimento e metro di paragone nel confronto fra la realtà del capoluogo giuliano e l’organizzazione della salute mentale a Lecco. Per Lecco questo è un momento di particolare fervore nell’ambito della salute mentale: da un lato la cittadinanza chiede a gran voce nuove soluzioni e dall’altro gli ordini preposti stanno rispondendo con particolare impegno, in un continuo dialogo che fa concretamente pensare che la situazione locale stia radicalmente cambiando nella direzione giusta. La popolazione, nella sua richiesta di miglioramento dei servizi, viene rappresentata dal Forum di salute mentale di Lecco. Il collettivo ha due obiettivi principali: costruire un luogo di confronto, di relazioni, di azioni, con lo scopo di contribuire alla crescita di una cultura di sensibilità e attenzione del territorio sui diversi aspetti sociali, culturali, sanitari e relazionali e promuovere, in collaborazione con gli operatori, un miglioramento della risposta complessiva del territorio alla domanda di salute mentale. L’istituzione ospedaliera risponde alla richiesta con la proposta di spostare l’attuale Centro psicosociale in un edificio esistente di sua proprietà, con l’obiettivo di perseguire le buone pratiche consolidate nel resto del paese. L’Azienda sanitaria di Lecco, nella persona della direttrice sanitaria Flavia Pirola, del direttore sociosanitario Enrico Frisone e di tutti coloro che sono coinvolti nell’organizzazione della salute mentale sul territorio ci ha permesso di studiare, con tutti i mezzi a disposizione, una soluzione progettuale alternativa che si confronti con le 375


normative attuali e che immagini il centro del futuro. In questo contesto in fermento si inserisce il progetto per il nuovo Centro psicosociale della città di Lecco. Un confronto fra regioni Friuli Venezia Giulia e Lombardia Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche Come abbiamo scritto,posti la normativa e private e relativi letto relativa al tema della salute mentale è stata in gran ordinaria. parte delegata Posti letto di degenza pl alle regioni. Riteniamo importante fare cenno ad alcuni dati, a livello regionale, 38 pl particolarmente significativi prima di scendere di scala. 796 pl Di seguito analizziamo la situazione con l’aiuto della Prestazioni erogate territoriali rielaborazione di alcuni in datistrutture significativi, pubblicati dal Ministero 2 psichiatriche della Salute :

Prestazioni per utente. pu

Friuli Venezia Giulia Lombardia 13,33 pu

39,03 pu

Costo pro-capite (territoriale ed ospedaliera) per assistenza psichiatrica 73 € e relativi Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche e private Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche 84,5 € posti letto. e relativi posti letto e private Posti letto di degenza ordinaria. pl Posti letto di degenza ordinaria. pl sesso Durata media del trattamento per e per fasce 38 d’età pl Totale giorni. g

796 pl 114,28 gg

Prestazioni erogate territoriali La prima differenza train le strutture due regioni si palesa nel confronto 422,35 gg psichiatriche dei posti letto disponibili nelle due aree. Il Friuli Venezia Giulia Prestazioni utente. pudei trattamenti Distribuzione regionale sanitari dispone di 38per posti di degenza ordinaria mentre la Lombardia obbligatori (TSO) pu di 796. Questo è un dato da proporzionare al numero di39,03 abitanti Dati 2015 13,33 pu delle due regioni. Nella prima regione citata c’è bisogno di un 45 TSO numero posti letto molto minore perché il territorio, con i suoi Costo di pro-capite (territoriale ed ospedaliera) 797 TSO centri, riesce a limitare la necessità di ricoveri. per assistenza psichiatrica Prestazioni erogate in strutture territoriali psichiatriche.

Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) – tassi 73 € per 10.000 abitanti 84,5 € 0,43 TSO Durata media del trattamento per sesso e per 0,96 TSO 2 fasceMinistero d’età della salute, Rapporto salute mentale anno 2015, scaricabile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it.. Consultato il: 13/11/2017. Totale giorni. gregionale delle dimissioni e delle Distribuzione 376 riammissioni non114,28 programmate per disturbi gg mentali nei reparti di psichiatria delle strutture 422,35 gg ospedaliere pubbliche Distribuzione dei trattamenti sanitari % riammissioniregionale entro 30 giorni


Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche e private eospedaliere relativi posti letto Strutture psichiatriche pubbliche Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche Posti lettoedirelativi degenza ordinaria. e private posti letto pl e private e relativi posti letto Posti letto di degenza ordinaria. pl 38letto pl di Posti degenza ordinaria. pl 796 pl 38 pl 38 pl 796 pl 796 pl Prestazioni erogate in strutture territoriali psichiatriche Prestazioni erogate in strutture territoriali Prestazioni erogate in strutture territoriali Prestazioni per utente. pu psichiatriche psichiatriche Prestazioni per utente. pu Prestazioni per utente. 39,03 pu Prestazioni per utente. pu pu 13,33 pu Strutture ospedaliere psichiatriche pubbliche 39,03 pu 39,03 pu 13,33letto pu e private e relativi posti 13,33 pu Costo pro-capite (territoriale ed ospedaliera) Posti letto di degenza ordinaria. pl per assistenza psichiatrica Costo pro-capite (territoriale ed ospedaliera) Costo pro-capite(territoriale (territoriale ospedaliera) Costo pro-capite eded ospedaliera) per assistenza 38 pl per assistenza psichiatrica 73 € per assistenza psichiatrica psichiatrica. € 796 pl 73 € 84,5 € 73 € 84,5 € Prestazioni erogate in strutture territoriali 84,5 € Durata media del trattamento per sesso e per psichiatriche fasce d’età Durata media trattamento per sesso e per Prestazioni perdel utente. pu media del trattamento per sessocome e pera fronte di un IlDurata secondo ed il terzo diagramma chiariscono Totale d’età giorni. g fasce fasce d’età pu offerta voltegsuperiore in Friuli Venezia Giulia rispetto39,03 a quella Totale tre giorni. gg Totale giorni. g 114,28 13,33 pu disponibile in Lombardia i costi sono maggiori nella regione che 422,35 gg 114,28 gg 114,28 gg ed offre meno assistenza. Questa considerazione pensaregg Costo pro-capite (territoriale ospedaliera)ci fa 422,35 422,35 Distribuzione regionale dei sanitari che le risorse economiche nontrattamenti risentano negativamente delgg per assistenza psichiatrica obbligatori (TSO) Distribuzione regionale dei sanitari maggior impegno territoriale matrattamenti anzi ne traggano Distribuzione regionale dei trattamenti sanitari 73beneficio. € Dati 2015 (TSO) obbligatori obbligatori (TSO) 84,5 € Dati45 2015 TSO Dati 2015 45 TSO Durata media del trattamento per sesso e per 797 TSO 45 TSO fasce d’età 797 TSO Durata media del trattamento per sesso e per età. 797 TSO Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) – tassi Totale giorni. g Totaleabitanti giorni. gg per 10.000 Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) – tassi Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) – tassi 114,28 gg per 10.000 abitanti 0,43 TSO per 10.000 abitanti 422,35 gg 0,96 TSO 0,43 TSO 0,43 TSO Distribuzione regionale dei trattamenti sanitari 0,96 TSO Distribuzione regionale delle dimissioni e delle 0,96 TSO obbligatori (TSO) Distribuzione regionale delle dimissioni delleeriammissioni non riammissioni non programmate pere disturbi Distribuzione regionale delle dimissioni delle Dati 2015 Distribuzione regionale delle dimissioni e delle programmate per disturbi mentali neiper reparti di psichiatria delle mentali nei reparti di psichiatria delle strutture riammissioni non programmate disturbi riammissioni non programmate per disturbi 45 TSO ospedaliere pubbliche mentali nei reparti di psichiatria delle strutture strutture ospedaliere pubbliche. mentali nei reparti di psichiatria delle strutture 797 TSO % riammissioni entro 30 giorni entro 30 giorni ospedaliere pubbliche Percentuale riammissioni ospedaliere pubbliche % riammissioni entro 30 giorni Trattamenti sanitari (TSO) – tassi 8,6 % % riammissioni entro obbligatori 30 giorni per 10.000 abitanti 8,6 % 21,0 % 8,6 % 21,0 % 0,43 TSO 21,0 % 0,96 TSO I dati sulla durata media del trattamento ci mettono di fronte ad Distribuzione regionale e delle un sistema sanitario che, indelle Friuli dimissioni Venezia Giulia, tende a curare riammissioni non programmate per disturbi i pazienti sul territorio in maniera meno invasiva possibile contro mentali nei reparti di psichiatria delle strutture un atteggiamento lombardo più ospedalizzato. ospedaliere pubbliche Questo trend, insieme alle percentuali sulle riammissioni non % riammissioni entro 30 giorni programmate, ci fa pensare che il controllo più serrato sul malato

8,6 %

21,0 % 377


che può essere fatto in un ospedale non è sufficientemente efficiente da garantire nel periodo di post trattamento un benessere prolungato per il paziente.

Distribuzione regionale dei Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) Dati 2015 Dati 2015

45 TSO

797 TSO

Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) Tassi per 10.000 abitanti

0,43 TSO

0,96 TSO

La questione sempre dibattuta del Trattamento sanitario obbligatorio si presenta nella sua attuale situazione in questi dati. I numeri del 2015 sulla distribuzione regionale dei TSO mostrano un approccio allo strumento molto differente. Ancora più eloquenti sono i dati in percentuale che chiariscono come in Lombardia si ricorra al TSO più del doppio delle volte in cui viene ritenuto necessario in Friuli Venezia Giulia. Anche questa situazione è certamente ricollegabile all’organizzazione sanitaria della salute mentale sul territorio. In Friuli Venezia Giulia ad esempio è possibile stabilire la sede di un TSO nei Centri di salute mentale e anche a domicilio, quindi sul territorio, evitando l’ospedalizzazione obbligatoria della Lombardia.

378


Marco Cavallo, il cavallo blu di cartapesta che abbatte muri e viaggia sempre! Marco, da 50 anni, porta in giro il concetto di Salute mentale

Fig.1

Illustrazione di Marco Cavallo 379


Prendersi cura. Il sistema territoriale Un confronto tra la rete dei servizi di Trieste e di Lecco. Il “prendersi cura” di oggi si differenzia molto dal vecchio concetto che considerava le categorie prima degli individui. La dimensione del prendersi cura odierno deve essere vista in senso territoriale. Ci si preoccupa del benessere dei malati nei luoghi di appartenenza. Per questo motivo quanto più si riesce ad amalgamare i servizi nel territorio tanto più avranno un effetto positivo sulle persone. Il processo di territorializzazione deve essere costante e sempre attento alle modificazioni che inevitabilmente intervengono sul territorio stesso. I fattori che possono mutare le condizioni di un territorio sono molteplici ma devono necessariamente essere monitorati per permettere l’evoluzione continua del servizio in base alle necessità della società. Ogni persona è differente, ha un’identità propria ed è sempre meno etichettatile. Per questo motivo bisogna pensare a progetti curativi individuali, per la persona e non per il gruppo con il quale presenta delle somiglianze. Ogni individuo in cerca di aiuto si presenta con il suo disturbo declinato nella sua persona, nelle sue abitudini e nel suo carattere. Da vicino è più facile e spontaneo ed essere vicino significa stare sul territorio. Il sistema dei presidi e dei servizi sanitari sul territorio lecchese si differenzia dall’organizzazione triestina nonostante siano regolati da normative nazionali prima che regionali. Queste difformità ci danno l’occasione per estrapolare un percorso migliorativo del trattamento delle persone con disturbi psichiatrici. Il sistema territoriale di Trieste Il Dipartimento di salute mentale di Trieste copre un bacino di utenza di circa 240.000 persone ed è rappresentato da 4 Centri di salute mentale, uno per ogni Distretto sanitario, che forniscono assistenza sanitaria e sociale 7 giorni su 7, 24 ore su 24, secondo quanto descritto nel Regolamento del Dipartimento di salute Fig.2 380

Roberto SAMBONET, Ritratto, Manicomio di Juqueri, 1951-1952.


mentale approvato con provvedimento n. 2885 il 28.12.1995. I Centri sono l’organo a cui rivolgersi per accedere a tutti i servizi della salute mentale e sono organizzati in modo da coprire tutto il territorio: non solo all’interno dei Csm ma anche nelle abitazioni, negli ospedali, nei pensionati ecc. Le emergenze psichiatriche vengono gestite dal Servizio psichiatrico di diagnosi e cura che svolge funzione di pronto soccorso e di orientamento ai servizi territoriali. L’assistenza a lungo termine viene garantita in appartamenti gestiti dal Servizio Abilitazione e Residenza che assiste i malati nelle attività quotidiane e di integrazione sociale, anche attraverso l’offerta di opportunità lavorative. A supporto di questo servizio sono presenti alcune cooperative sociali che offrono borse lavoro. Questo tipo di assistenza consente una riduzione sulla spesa. Se nel 1971 la gestione dell’Ospedale psichiatrico è costata 55 milioni di euro, nel 2010 il bilancio relativo alla gestione dei servizi era di circa 18 milioni. In questo lasso di tempo il personale è stato dimezzato e i posti letto sono diminuiti da 1.182 a 140. I servizi di salute mentale si sviluppano sul territorio triestino con oltre 40 progetti di assistenza e cura in centri dedicati e anche a domicilio. I Centri di assistenza alle persone con problemi psichiatrici distribuiti su tutto il territorio triestino sono: -Centro di salute mentale di Barcola; -Centro di salute mentale della Maddalena; -Centro di salute mentale di Domio; -Centro di salute mentale di Via Gambini; -Clinica psichiatrica universitaria; -Servizio psichiatrico di diagnosi e cura - Spdc; -Padiglione M: Politecnico - Centro diurno; -Centro diurno di Aurisina. I luoghi di cura collaborano con: -Servizio abilitazione e residenze - Sar; -Strutture residenziali (ufficio di coordinamento) e Gruppi appartamento; -Coordinamento risorse Informali; -Ufficio formazione e inserimento lavorativo. 381


382


Queste servizi vengono affiancati dalle attività delle cooperative che si distinguono in tipo A dedicate all’assistenza sociosanitaria e di tipo B per l’inserimento lavorativo. Oltre ai Centri i servizi sul territorio dedicati alla salute mentale consistono in diverse azioni di assistenza: -opere di abilitazione con il sostegno di cooperative per la realizzazione di laboratori, attività sportive e di aggregazione; -appoggio di tipo economico per le persone più svantaggiate mediante assegni o sostegno in attività lavorative; -sostegni riabilitativi e domicilio adeguati al livello di disabilità; -attività di consulenza presso i servizi sanitari e a domicilio; -supporto telefonico per l’assistenza delle persone con disturbi mentali. Fig.3

Illustrazione del sistema territoriale di Trieste. 383


Il sistema territoriale di Lecco Seppur guidata dalla medesima normativa nazionale, a causa dei diversi regolamenti regionali, la realtà di Lecco è differente da quella fin’ora descritta. Il Servizio di Lecco copre un bacino di utenza di circa 340.000 persone che fanno capo a 3 soli Centri di riferimento. Il Piano socio-sanitario regionale lombardo 2002-2004 consente a ogni centro di coprire un bacino di più di 100.000 abitanti. Il Dipartimento di Salute mentale di Lecco è costituito da Centri psicosociali, Centri diurni, Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, e Strutture residenziali. I centri psicosociali sono le strutture territoriali dove si svolgono le attività ambulatoriali di carattere psichiatrico e dove vengono formulati i programmi terapeutici del singolo paziente e sono aperti otto ore al giorno per sei giorni 384


alla settimana. Nei Centri diurni si attuano, per almeno otto ore al giorno e cinque giorni alla settimana, programmi terapeuticoriabilitativi ed attività di risocializzazione. Il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura è il luogo dove vengono gestite le emergenze psichiatriche. Il territorio di Lecco è dunque coperto da: -Centro psicosociale di Lecco; -Centro psicosociale di Merate; -Centro psicosociale di Bellano; -Servizio di diagnosi e cura di Lecco. Questi servizi sono assistiti da 13 Strutture residenziali dislocate sul territorio. Fig. 4

Illustrazione del sistema territoriale di Lecco. 385


Alcune considerazioni sulla differenza del sistema territoriale di Trieste e di Lecco E’ evidente come il servizio lecchese sia meno presente rispetto a quello triestino. È necessario alzare il livello di assistenza sia in termini di ore che in termini di qualità del servizio. L’assistenza non dovrebbe guardare all’individuo come singolo ma come componente della società, comprendendo anche il suo contesto di riferimento. La rete di servizi territoriali deve sostituirsi alle funzioni di cura e di assistenza degli ospedali psichiatrici. Per ogni persona dovrebbe essere studiato un progetto di assistenza che permetta al paziente di mantenere uno stile di vita dignitoso, potenziando la rete dei rapporti sociali e valorizzando le abilità delle persone. Un ulteriore problema che potrebbe essere risolto attraverso un ampliamento della rete e dell’assistenza è l’umanizzazione del trattamento della crisi, riducendo il numero dei ricoveri e circoscrivendo le crisi in casi isolati. Uno degli obbiettivi futuri è quello di favorire la dimissione dai centri di cura aumentando il sostegno a domicilio e favorendo l’emancipazione delle persone con disagi psichici.

386


Fig.5 Mappa concettuale del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste Originale. 387


2.2

IL CENTRO NEL TERRITORIO, FOCUS PROGETTUALE All’interno del sistema territoriale e quindi anche del Dipartimento di salute mentale, il Centro di salute mentale dovrebbe sempre rappresentare il perno dell’intero sistema. Il Centro è il luogo di contatto sul territorio tra domanda e risposta psichiatrica e perciò è l’elemento fondamentale da curare perché esso stesso sia terapeutico per i suoi utenti. Per questi motivi abbiamo deciso di concentrare il nostro lavoro sul Centro. A Lecco il Centro psicosociale dovrebbe assumere le stesse funzioni del Centro di salute mentale come è inteso a Trieste. Organizzazione del modello triestino I Centri di salute mentale presenti sul territorio triestino offrono ospitalità sia diurna che notturna, 7 giorni su 7, ciascuno dotato di 6/8 posti letto. In questi spazi le persone con disturbi mentali trovano assistenza sia a livello sanitario che sociale. Sono un luogo d’incontro e di scambio sia per i pazienti che per i familiari. L’ospitalità diurna offre sostegno nei momenti di crisi, assistenza nel caso di terapie farmacologiche e appoggio psicoterapeutico. In questo caso viene proposto un lavoro terapeutico sia individuale che con la partecipazione della famiglia. Nei Centri di salute mentale possono accedervi tutti, anche coloro che si trovano ad affrontare stati di angoscia, tristezza o paura. Di importanza rilevante sono le attività di gruppo che stimolano il paziente al reinserimento sociale. Nei Centri di salute mentale vengono eseguite visite ambulatoriali di verifica delle condizioni del paziente, e vengono programmate le visite a domicilio per osservare le condizioni di vita dei malati. I posti letto dei Centri di salute mentale sono utilizzati come uno degli strumenti di risposta alla crisi, per periodi brevi in cui vi è maggiore necessità di protezione da particolari rischi, o per offrire possibilità di distanziamento sia al paziente che alla sua famiglia. I Centri di salute mentale di Trieste ospitano anche i Trattamenti sanitari obbligatori.

388


Trieste

Fig.6

Illustrazione del Centro di Salute Mentale di Barcola a Trieste. 389


Lecco

Fig.7 390

Illustrazione del Centro Psicosoaicale di Lecco.


Verso l’umanizzazione. L’approccio polisensoriale “Umanizzare” significa rendere un ambiente più umano, nel caso dei luoghi della salute, sia dal punto di vista dei rapporti con le persone che dei rapporti con lo spazio circostante. Questo tema, soprattutto in ambito sanitario, è oggi molto attuale. La progettazione si deve concentrare sulle emozioni che lo spazio genera, tenendo in considerazione che nel processo di percezione e conoscenza dell’ambiente l’interazione tra il soggetto e l’ambiente stesso ha un peso primario, come ci insegna Maslow dagli aspetti fisici più immediati a quelli sociali e affettivi. I 5 sensi ci permettono di percepire e raccogliere gli stimoli provenienti dall’ambiente che ci circonda. Un luogo che suscita sensazioni differenti e coinvolge quindi più sensi può essere definito polisensoriale. I sensi di cui disponiamo ci permettono di cogliere gli input esterni e produrre di conseguenza differenti sensazioni psichiche. Parliamo quindi di una dimensione immateriale che va oltre il coinvolgimento esclusivamente fisico ma che con esso si completa. Gli elementi architettonici che favoriscono il processo di umanizzazione sono i colori, gli arredi, la luce, l’orientamento, l’arte e la tecnologia. Ognuno di essi coinvolge particolari stimoli nel processo polisensoriale. La corretta progettazione di questi dettagli favorisce il benessere delle persone che li vivono. Il colore, riesce a suscitare emozioni coinvolgendo tutti i sensi. Gli arredi, come il colore, contribuiscono a rendere un ambiente piacevole e con carattere domestico svolgendo un ruolo da protagonisti nella valutazione del livello di comfort. Ogni area delle strutture sanitaria ha arredi differenziati in base alle attività praticate, alle esigenze di ospiti, visitatori e personale. A seconda della loro forma, del colore e della disposizione possono creare situazioni di benessere, favorire il processo di cura, l’autonomia del soggetto e l’inserimento sociale. La luce svolge un ruolo importantissimo: oltre ad essere fondamentale per la conoscenza visiva degli spazi offre 391


beneficio a livello fisico. Essa deve favorire una visione rapida e gradevole senza affaticare l’occhio, assicurando un alto livello di comfort visivo. L’uso corretto della segnaletica facilita l’orientamento all’interno del Centro. Molti pazienti vi si recano per visite brevi e il riconoscimento dei locali deve essere immediato. La volumetria e l’organizzazione distributiva delle funzioni devono essere studiate per facilitare l’accesso e per garantire una sorta di orientamento spontaneo. Inoltre il corridoio e la scala sono ben più di semplici spazi di collegamento, sono luoghi di relazione e comunicazione e devono rispondere a queste “nuove” esigenze. Anche l’arte e le tecnologie svolgono un ruolo rilevante: sono di supporto alla cura e protagoniste di attimi di svago per il degente.

392


2.3

IL PROGETTO DEL NUOVO CPS DI LECCO La scelta del luogo L’attuale sede del Centro psicosociale di Lecco, in Via Antonio Ghislanzoni 28, è di proprietà del Politecnico di Milano. L’azienda sanitaria di Lecco ha deciso nell’ultimo anno di spostarsi da tale struttura, restituendola all’affittuario, verso il presidio sanitario di Via Tubi 43.

Attualmente, Villa Gazzaniga in Via Tubi 43, ospita varie funzioni sanitarie sul territorio che verranno ricollocate con l’arrivo dei servizi psichiatrici. L’edificio è stato progettato da Giulio Amigoni nel 1926 con il nome di “Istituto Vittorio Emanuele III” per la cura e la vigilanza della Tubercolosi. L’attuale Villa Gazzaniga ha una superficie complessiva di circa 3000 metri quadrati suddivisi in piano seminterrato, piano primo, piano secondo e sottotetto parzialmente abitabile. Si trova immersa in un ampio parco verde vicino al centro storico della città ed è parte di un tessuto urbano consolidato. Fig. 8 Dall’alto: illustrazione della sede dell’attuale CPS di Lecco; illustrazione della sede del futuro CPS di Lecco. 393


Fig.9 Illustrazione del rilievo delle attuali funzioni presenti nel presidio di Via Tubi. 394


Le necessità dei medici L’azienda sanitaria di Lecco ha pensato di destinare parte dell’edificio ai servizi per la salute mentale e parte ad altre attività. Nello specifico: Ufficio

Consultorio

Centro psicosociale

Centro diurno

I medici e gli operatori hanno manifestato la necessità di disporre di determinati spazi, con un elevato numero di uffici e stanze chiuse. E’ un’esigenza che si scontra parzialmente con l’idea di un Centro psicosociale del futuro, più simile alle caratteristiche dei Centri di salute mentale di Trieste. Ci proponiamo quindi di procedere per fasi.

Fig.10

Illustrazione della nuova suddivisione funzionale di Villa Gazzaniga. 395


Fig.11

396

Fase I. Dall’alto: pianta piano terra, pianta piano primo.


Fase I_L’attuale quadro esigenziale Nella prima fase gli spazi vengono distribuiti tenendo conto delle richieste dei medici in modo tale però che possano essere facilmente trasformati. Una parte degli uffici viene già progettata per ospitare in futuro le camere da letto e per questo motivo è caratterizzata da un adeguato numero di servizi igenici. Anche i materiali, come ad esempio le pavimentazioni, sono stati studiati affinché nel passaggio tra la prima e la seconda fase non sia necessario modificarli. Per rispettare le richieste della committenza, in questa prima fase il piano terra sarà destinato al Centro Diurno, mentre il piano primo diverrà la sede del Centro Psicosociale. Al piano terra l’ingresso principale è collocato nella parte centrale con affaccio sul parco. Da qui si accede direttamente alla zona pranzo che incarna il ruolo di fulcro della “casa”. Molte persone si recano nei Centri solo per condividere i momenti dei pasti e per tale motivo una posizione immediatamente accessibile è ideale. Inoltre nella prima fase la zona pranzo sarà tenuta aperta esclusivamente dalle associazioni anche nei giorni festivi e per questo un accesso diretto è necessario. Adiacente ad essa è presente una cucina di ampie dimensioni che permette lo svolgimento di attività di laboratorio.

Fig. 12 Illustrazione cucina.

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In questo blocco è collocata una sala riunioni adattabile alle diverse esigenze: per grandi gruppi sarà sufficiente unire i tavoli modulari appositamente ideati, mentre nel caso di colloqui con poche persone potrà essere suddivisa utilizzando tendoni. E’ da rilevare, in questa zona del Centro, la collocazione della Snoezelen room: una sala che attraverso l’utilizzo di avanzate tecnologie, interagisce con i pazienti attivando determinati stimoli e portando loro benefici.

Fig. 13

Illustrazione Snoezelen Room.

Nell’ala destra è stata progettata una zona comune destinata ai momenti di relax e di aggregazione con un’uscita diretta verso il parco antistante. E’ caratterizzata da un angolo bar/ tisaneria al quale gli ospiti possono accedere liberamente.

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Fig.14

Illustrazione sala relax.

E’ prevista anche una smoking room: i degenti, spesso fumatori, hanno bisogno di un luogo caldo e riparato destinato a tale scopo in modo da disincentivarli a fumare nei luoghi di condivisione o nelle camere.

Fig.15

Illustrazione zona fumatori.

399


Nell’ala opposta sono stati ideati due spazi principali: un’area dedicata ad attività fisiche e una per laboratori. La prima è caratterizzata da una parete mobile che all’esigenza può trasformarsi in un vero è proprio “muro” oppure in uno spazio permeabile: nel caso in cui non siano praticate attività può essere lasciata aperta in modo da evitare la formazione di un corridoio lungo e stretto.

Fig. 16 Illustrazione area per attività corporee.

Nell’ampia area dedicata ad attività di laboratorio sono state progettate delle tende che all’occorrenza possono suddividere lo spazio.

Fig. 17 Illustrazione area per attività laboratoriali. 400


Il piano superiore avrĂ funzione di Centro psicosociale. La zona centrale è destinata all’accoglienza dei pazienti in una area di relax e svago. Divani, poltrone e una parete interattiva caratterizzano la zona. In questo perno centrale trovano spazio le sale destinate al trattamento delle urgenze: una sala visite, una zona triage e la farmacia. Nelle due aree del piano sono collocati gli uffici e le sale colloquio, che in questa prima fase occupano una metratura notevole.

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Fig. 18

402

Fase II. Dall’alto: pianta piano terra, pianta piano primo.


Fase II_Una proposta per il futuro La seconda fase palesa un progetto di un Centro psicosociale proiettato nel futuro, aperto 24 ore su 24, 7 giorni a settimana, dove al posto degli uffici ci sono le camere di degenza per affrontare la crisi e un grande spazio comune di condivisione. Date le grandi dimensioni della struttura a nostra disposizione pensiamo che parte del piano terra, in questa seconda fase, possa essere riconvertita per diventare un luogo totalmente aperto alla comunità dove lo scambio e l’interazione sociale siano le caratteristiche principali. A differenza della prima fase i due piani dell’edificio saranno complementari l’uno all’altro. Al piano terra la zona centrale rimarrà immutata. L’ala destra non subirà variazioni nello spazio ma nel contenuto. Gli ambienti ospiteranno le medesime funzioni ma le attività organizzate saranno accessibili da tutta la popolazione del territorio in modo da portare all’interno del Centro uno spicchio di città.

Fig. 19 Illustrazione sala colloqui.

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Fig.20

Illustrazione zona comune

Con lo stesso scopo anche l’ala sinistra diventerà uno spazio di scambio. Un luogo che possa aiutare la “salute mentale” a interagire con la cittadinanza. Uno spazio dove organizzare eventi o attività di condivisione e che possa stimolare i degenti ad acquisire maggiore sicurezza in sé stessi. Ipoteticamente potrebbe trasformarsi in un luogo di lavoro per i pazienti come un ristorante o un negozio, oppure semplicemente in un’area di incontro come una sala studio o una biblioteca Il piano superiore subirà diverse variazioni ad esclusione del blocco di accoglienza e servizi. Nell’ala sinistra gli uffici verranno sostituiti da una sala comune e relax attraverso l’abbattimento di alcuni tramezzi. Nell’ala destra saranno convertiti in camere da letto senza alcun tipo di intervento murario: sostituendo gli arredi e ridipingendo le pareti, gli studi medici diventeranno delle camere accoglienti e funzionali.

404


Progettare nel dettaglio_Lo spazio dell’accoglienza Per mettere in pratica gli studi affrontati nei precedenti capitoli abbiamo deciso di analizzare nel dettaglio due spazi del Centro: l’accoglienza e la camera da letto. In quanto luogo di impatto immediato con la realtà del presidio, l’accoglienza è uno spazio di passaggio tra interno ed esterno, connotato da dettagli di carattere domestico ma anche da elementi tecnologici. Varcata la porta principale di ingresso al Centro di salute mentale lo spazio di accoglienza e registrazione è il primo luogo che l’utente sperimenta. E’ una zona di filtro e deve mantenere un rapporto con lo spazio esterno e circostante. L’atrio deve essere armonico rispetto al contesto e deve trasmettere sensazioni di calore, tranquillità e ospitalità. Questo spazio deve, inoltre, avere un doppio carattere: da una parte la zona di accoglienza con la possibilità di stazionarvi, di aspettare qualcuno o incontrarlo casualmente, dall’altra il punto di registrazione e informazione al quale si deve garantire non più dello spazio minimo necessario che serve ad un operatore per la sua mansione. Al primo sguardo l’utente deve essere indirizzato al banco accoglienza, parte integrata nello spazio. E’ buona norma non differenziare rigorosamente gli spazi di segreteria con quelli destinati ai degenti ed è bene collocare la scrivania di accoglienza lontano dai maggiori flussi di passaggio. Il sistema distributivo della struttura viene palesato con discrezione, nella colonna informativa nel mezzo della stanza. La progettazione del sistema di wayfinding deve tenere in considerazione che è un elemento estraneo alla situazione domestica che si vuole ricreare ma necessario per il buon funzionamento del Centro. Per questo motivo deve essere intuitivo e discreto. Sulla sala di accoglienza non ci sono porte per accedere agli 405


spazi confinanti ma passaggi sempre aperti. L’unica porta è quella di ingresso che manteniamo tale all’originale. La scala di accesso viene mascherata attraverso una serie di pilastri in legno che richiamano il passaggio tra interno ed esterno. Per la stessa ragione nei pressi dell’ingresso sono state progettate delle vasche per contenere piante e fiore e portare la natura all’interno della stanza. Le finestre devono garantire la sicurezza senza danneggiare il rapporto interno-esterno. Trovandoci al piano primo bisogna adottare sistemi anticaduta, come finestre antisfondamento con raggio di apertura limitato o con apertura a sporgere parallela. Non si prevede l’installazione di tende a favore di un rapporto esterno-interno più stimolante. L’illuminazione è garantita da tre tipologie di apparecchi. Essi caratterizzano le varie zone a seconda della loro forma, dimensione e posizione. E’ opportuno che gli ambienti posseggano un corretto equilibrio tra le varie componenti che li costituiscono. Le superfici devono essere opache per evitare fenomeni di riflessione che potrebbero essere spiacevoli per l’ospite. I colori dominanti sono il giallo e l’arancione, entrambi riscaldano l’ambiente e lo rendono familiare, che messi in contrasto con i toni dell’azzurro creano un’atmosfera stimolante. Il marrone che caratterizza il prospetto rappresentato nella sezione A-A’ è stato scelto perché secondo alcuni studi crea sensazioni di fermezza e domesticità. Il forte contrasto con il blu utilizzato sulla parete di ingresso definisce la funzione di passaggio interno-esterno. La zona di reception è pensata per essere monocromatica. Questa scelta permette di progettare uno spazio visibile ma non impattante. I pavimenti sono in legno trattato nelle zone dello stare. La scelta 406


permette di definire un ambiente domestico e caldo. Nelle aree di passaggio il pavimento è pensato in resina. Questo permette una grande facilità di pulizia e la possibilità di un’ampia scelta cromatica. In questo caso il pavimento è chiaro perché la luce naturale possa essere accentuata. Le pareti sono pensate in smalto lavabile. L’arredo è stato pensato per dare spazio alle molte persone di passaggio. L’area caratterizzata dalla pavimentazione di legno è: Nella zona più ampia simile a un salotto dove prevalgono poltrone e divani. In questa zona le due sedute sopraelevate costituiscono un elemento di rottura e un simbolo. Nella zona più piccola si prevedono solo pouf per dare occasione ai fruitori della parete interattiva di sedersi. La zona reception è minimale e caratterizzata dalla presenza di un parete attrezzata per ospitare elementi verdi a favore del contatto interno-esterno. Il prospetto rappresentato nella sezione B-B’ è caratterizzato dalla presenza di uno schermo interattivo. Il valore terapeutico dell’utilizzo di tale tecnologia è stato dimostrato dalle installazioni in numerosi ospedali all’avanguardia. La parete multimediale può avere funzione statica o dinamica adattandosi così al fruitore. Quando è spenta passa inosservata mascherandosi nella parete.

407


Fig.21-22 408

Illustrazione zona accoglienza.


Progettare nel dettaglio_La camera da letto L’ambiente deve creare situazioni di equilibrio emotivo. Il ricovero in un CSM deve essere il più breve possibile. L’atmosfera della stanza da letto deve essere riconosciuta dall’utente come domestica ma non personale. Le stanze devono ospitare al massimo due utenti. Il normale rispetto reciproco tra operatori e utenti permette di evitare la chiusura a chiave delle stanze. Le porte devono essere resistenti, leggere, con gli spigoli smussati e preferibilmente opache. Bene evitare materiali traslucidi. Sistema di chiusura a chiave apribile dall’esterno in caso di emergenza. Le finestre devono garantire la sicurezza senza danneggiare il rapporto interno-esterno. Trovandoci al piano primo bisogna adottare sistemi anticaduta, come finestre antisfondamento con raggio di apertura limitato o con apertura a sporgere parallela. In corrispondenza delle finestre si prevede l’installazione di tende oscuranti e di tende semitrasparenti in modo da garantire sempre il giusto apporto di luce naturale. L’illuminazione indiretta ha un flusso luminoso al di sopra della linea dello sguardo. I sistemi a luce indiretta mandano luce al soffitto, che la distribuisce a sua volta, attraverso riflessione. E’ opportuno che gli ambienti posseggano un corretto equilibrio tra le varie componenti che li costituiscono. Le superfici devono essere opache per evitare fenomeni di riflessione che potrebbero essere spiacevoli per l’ospite. Il colore dominante delle camere da letto è l’azzurro o il verde tenue. Questi colori trasmettono tranquillità al paziente. Le tonalità scelte si scostano da quelle tipiche ospedaliere che è bene sempre evitare nella progettazione di questi spazi. 409


Sono state utilizzate più tonalità dello stesso colore dominante per creare movimento. Per vivacizzare l’ambiente sono state inserite nelle finiture piccole quantità di colori in contrasto a quelli dominanti. Le pareti delle camere sono ravvivate dal disegno geometrico studiato per le pareti. Gli elementi sono coordinati così ogni paziente può facilmente riconoscere gli elementi a lui dedicati anche nella camera doppia. Le pareti sono pensate rifinite in smalto lavabile in modo tale da assicurare un ambiente facilmente pulibile. I pavimenti sono in legno trattato. La scelta permette di definire un ambiente domestico e caldo. L’arredo della stanza da letto è minimale ma domestico. La disposizione dei vari elementi è studiata per non costituire mai intralcio al movimento e/o ostruire le aperture. Ogni elemento è studiato perché faccia parte di una progettazione di sicurezza passiva. In particolare, i complementi sono tutti ancorati a elementi resistenti della struttura. I letti sono di tipo domestico ed affiancati alle pareti. Sono dotati di ruote interne e autobloccanti per permettere agli operatori di svolgere le loro attività in sicurezza. Sono cavi per permettere una facile pulizia della camera e hanno uno spazio per riporre gli effetti personali del paziente integrato dietro la testata. Nelle stanze doppie i letti devono essere posizionati in maniera da evitare il contatto visivo obbligato e diretto fra i degenti.

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Fig.23

Illustrazione camera da letto.

411


Fig.24

412

Illustrazione camera da letto.




FONTI Bibliografia Franca ONGARO BASAGLIA, introduzione in: Franco BASAGLIA (a cura di), L’istituzione negata, Baldini Castoldi, Milano 2014. Sitografia http://www.salute.gov.it. http://www.triestesalutementale.it http://www.deistituzionalizzazione-trieste.it

415



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CONCLUSIONI Mancano cinquemila rose perché altrettante ne abbiamo messe ma altrettante ne avevamo, in più, promesse. F. Rotelli Abbiamo deciso di chiudere il nostro lavoro con questa citazione di Franco Rotelli perché ben rappresenta la lunga strada che c’è ancora da percorrere per raggiungere l’obiettivo. Il nostro lavoro si inserisce in quest’ottica, dallo studio delle “cinquemila rose” piantate verso tutte le altre che devono ancora fiorire. L’intento è stato quello di indicare un itinerario possibile, un approccio più vicino alle parole dell’architettura e dei termini comuni della disciplina nella consapevolezza che la ricerca deve continuare sempre. L’istituzione psichiatrica nei luoghi che la rappresentavano era un tentativo di convogliare le diverse problematiche sociali dentro la stesso contenitore e di trattarle nello stesso modo secondo le logiche del potere che Michel Foucault ha evidenziato nelle sue opere. L’esperienza che abbiamo vissuto andando personalmente a studiare le condizioni di molteplici realtà sul territorio nazionale ci dimostra che esistono ancora oggi pratiche di esclusione e di contenimento, di violenza e di negazione della persona. Allo stesso modo esistono realtà all’avanguardia che si impegnano costantemente per disegnare un futuro possibile della salute mentale in Italia e nel mondo. L’intera storia triestina, che abbiamo raccontato nella prima parte di questo lavoro, deve essere il punto di riferimento per tutte quelle realtà statiche e ancora incerte verso una soluzione differente. Cambiare si può ed è già stato dimostrato concretamente. Studiando l’attuale sistema, abbiamo individuato nel Centro di salute mentale il presidio fondamentale dell’intera rete di assistenza. Il perno imprescindibile al quale dobbiamo pensare, in quanto architetti, per individuare nuove soluzioni, lontane dalle classiche proposte ospedaliere. Il Centro è un luogo ibrido ed indefinito. Le sue funzioni sono tanto importanti e date per 439


scontate in una società che si impegna per sviluppare il suo carattere di inclusività. Una progettazione ragionata tiene conto delle necessità delle persone che vivono il Centro e può portare ad una risposta sempre più sostenibile sotto ogni aspetto. Un approccio polisensoriale mira all’umanizzazione di qualsiasi luogo, non soltanto di quelli di cura, e può portare addirittura al superamento del concetto stesso di umanizzazione. Crediamo che ciò possa succedere: ne avremo conferma quando concepiremo i luoghi della salute mentale come quei luoghi speciali che all’interno di una città amiamo e supportiamo perché ci fanno stare meglio o perché hanno fatto stare meglio altre persone. Il Centro deve essere immaginato a partire dal contesto in cui agisce. Ogni CSM sarà diverso dall’altro e avrà l’obiettivo condiviso di formare una rete di assistenza integrata nel tessuto cittadino e sociale. In questo modo la città stessa, il quartiere, le sue strade insieme agli abitanti che la animano, può diventare una città che cura. Grazie alla contaminazione di una disciplina con l’altra, la fusione di idee produce un lavoro di connessione delle varie risorse del territorio e mette in evidenza l’importanza dell’architetto in questo processo di cambiamento. [...] Un’architettura che riuscisse a dare un senso liberatorio alla follia porterebbe di fatto un contributo indispensabile ai problemi della città, nel suo insieme, e soprattutto, una garanzia alle famiglie di non essere più chiusi nel loro dramma; l’assistenza, in questo caso, significherebbe la rottura delle pareti domestiche: un evento forse più ricco di ipotesi progettuali di ciò che ha rappresentato la graduale chiusura dei manicomi.1

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Giovanni MICHELUCCI, in La nuova città, IV serie, n.3, 1984.




RINGRAZIAMENTI Desideriamo ringraziare la professoressa Anna Marotta per averci accompagnato in questo lavoro e l’architetto Gaetano De Simone per averci aiutato nella fase progettuale mettendoci a disposizione la sua esperienza. Un sentito grazie va all’associazione MinD, mad in design, per averci permesso di vivere il loro metodo ed in particolare alla psicologa Elena Varini che ci ha dimostrato tutta la sua passione spiegandoci, in maniera schietta e sincera, la situazione piemontese. Ci teniamo a ringraziare anche l’architetto Gianfranco Arione, esperto della progettazione dei luoghi della Salute mentale in Piemonte, che ci ha messo di fronte alle questioni pratiche della progettazione. Ringraziamo lo psichiatra Peppe Dell’Acqua per l’incalcolabile motivazione e l’incredibile fiducia che ci ha regalato. I discorsi fatti al Posto delle Fragole sono stati fondamentali per la stesura di questo lavoro e resteranno una guida nel nostro futuro. Peppe ci ha accompagnate nei Centri di salute mentale di Trieste e così abbiamo conosciuto molte persone che lavorano nel Dipartimento. Un grazie anche a loro che portano avanti un grande esempio da seguire. In particolare vogliamo ringraziare la psichiatra Stana Stanič per essere stata disponibile ad aiutarci, sempre con la sua inconfondibile vivacità. Ringraziamo il Forum di salute mentale di Lecco perché ci ha fatto conoscere la realtà lecchese e ci ha accolte nel loro progetto. Una realtà che con convinzione e tenacia porta avanti i suoi obiettivi. In particolare ringraziamo Maria Andreotti per il suo sincero interesse nel nostro lavoro. Ringraziamo la direttrice sanitaria dell’Azienda sanitaria di Lecco Flavia Pirola e il direttore sociosanitario Enrico Frisone per la loro disponibilità e serietà. Ringraziamo anche l’ingegnere Antonino Mario Franco e l’architetto Fert Alvino per la loro professionalità.

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