Nautilu Viaggio al Centro della Salute
S p e c i a l e S I A PAV 2 0 0 7 TRIMESTRALE SCIENTIFICO Anno I - Supplemento del N. 2, 2007
Editore SINERGIE S.r.l. Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 Milano Sede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel./Fax 02 58118054 E-mail: sinergie.milano@virgilio.it Direttore responsabile Mauro Rissa
Università di Bologna
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Chirurgien vasculaire, Chassieu, France
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SOMMARIO EDITORIALE Ipertensione venosa, rischio trombotico, flogosi. Nuove prospettive Giovanni B. Agus
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Clinical governance del paziente flebopatico cronico: nuove prospettive Giovanni B. Agus
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Flogosi e trombosi: nuovi target eparinici Chiara Cerletti, Norma Maugeri, Giovanni de Gaetano
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Profilassi secondaria con eparine: un alternativa alla terapia anticoagulante? Analisi farmacoeconomica D. Joaquìn Lasierra Cirujeda
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Eparine ed Eparinoidi. In memoria di un pioniere della ricerca biomedica industriale: Pietro Bianchini Sergio Coccheri
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Lavori premiati al XXIX Congresso Nazionale SIAPAV. Palermo 14-17 Novembre 2007
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Nautilu
Ipertensione venosa, rischio trombotico, flogosi. Nuove prospettive La Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare, SIAPAV in sigla ben nota da molti anni, rappresenta nel panorama scientifico e societario medico italiano solido punto di riferimento per i cultori della patologia vascolare, meglio indicabile fin dal 1945-1951 in Angiologia, da parte dei padri della moderna branca quali Ratschow, Leriche, Holman, Ochsner, De Bakey, Malan, soprattutto Martorell («I feel for this young specialty named Angiology whose best representative will be the International Society that bears its name…»). Da vice-presidente della SIAPAV, mi è subito parso interessante dedicare il n. 2 di questa nuova rivista, come numero Speciale dedicato ad alcuni aspetti emersi dal Congresso Nazionale della Società, ottimamente esitato quest’anno sotto la presidenza locale del Prof. Salvatore Novo, nella città di Palermo. L’omaggio a Palermo ci permette inoltre di esprimersi con due rappresentazioni dall’arte antica a quella contemporanea, attraverso il vaso - centro della farmacoterapia - e un uomo moderno, potremmo dire “vascolare”, simbolo delle difficoltà dell’oggi. La ricchezza dei temi non permetteva una troppo ampia scelta, pena ripetere un fascicolo di Atti. Ho fatto pertanto una scelta, di certo interessata, riguardo un Simposio centrale al Congresso che ha voluto portare all'attenzione dell’Angiologia, ma anche a tutti gli attori della moderna Governance della Sanità, una prospettiva di gestione di una patologia di larga diffusione e di fatto trasversale a più settori medici, le correlazioni tra ipertensione venosa cronica, rischio trombotico, flogosi. A questa, strettamente si lega il ricordo estemporaneo fatto direttamente in Aula congressuale da Sergio Coccheri, e qui riportato in maniera più
Editoriale
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articolata, su un pioniere italiano nel progresso della lotta alla trombosi di recente scomparso, P. Bianchini. E’ degli stessi giorni di novembre 2007 il Disegno di Legge su “Interventi sulla qualità e la sicurezza del SSN” voluto dal Ministro della Salute Livia Turco, intervento sul governo clinico della sanità a 360 gradi in oltre 20 articoli e varato dal Consiglio dei Ministri. Il DdL collegato alla Finanziaria 2008 ha l’obiettivo di “ammodernare” la sanità italiana, “rafforzando i principi della legge che ha istituito il nostro Servizio Sanitario Nazionale”; e di fatto mi sono “sobbarcato” la sintesi che apriva il Simposio in un prosieguo di lavoro che si è sviluppato negli ultimi due anni. Le relazioni vengono riportate in essenziali ma si spera chiari e utili short report. Scelta infine anch’essa personale, esempio di molteplicità dei contributi emersi, quella di ricordare qui alcune delle migliori comunicazioni presentate e che hanno ottenuto il premio SIAPAV 2007.
Giovanni B. Agus
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Clinical governance del paziente flebopatico cronico: nuove prospettive Tra esigenze di governance dell’innovazione terapeutica e nuovi modelli di correlazione dei Disturbi Venosi Cronici (DVC) e flogosi-rischio trombotico Giovanni B. Agus Ordinario di Chirurgia Vascolare - Università di Milano
Fin dal 1992 si ebbe l’occasione di presentare a Palermo in corso di Congresso nazionale un’esperienza personale con uso di GAGs (sulodexide) nel trattamento delle ulcere flebostatiche (1). Nello stesso anno era stato pubblicato in Italia un importante testo sull’argomento, ove, con stile tipicamente britannico, nel capitolo sui “Farmaci attivi sul sistema venoso” si diceva “tenete d’occhio questo spazio” (2) nel senso di una pronta disponibilità a provare nuovi farmaci in un campo sempre difficile come quello delle ulcere venose, quanto con un costo esorbitante sui Sistemi sanitari europei, già foriero di necessità di un impegno decisivo di governance sul problema (l’Ue stanzia circa il 2% dell’intero budget sanitario annuale per la cura delle ulcere venose a cui bisogna
Mapping pre-operatorio di varici parzialmente correlabili al reflusso safenico indirizzato a rete extra-safenica
aggiungere tutti i costi indiretti di difficile valutazione; ore lavorative perse, inabilità temporanea o definitiva, precoce pensionamento, costi e tempi di trasferimento ai luoghi di cura, ecc). La clinical governance nell’uso di farmaci innovativi ha già, in campo arterioso, un modello emblematico della necessità di “governare” l’innovazione nei Sistemi sanitari moderni attraverso il caso dell’uso dei dispositivi a rilascio di farmaco o DES (3). Questo è infatti il più tipico di uno dei problemi che i Sistemi sanitari si trovano a dover affrontare, perché sostenuto da entusiasmi provenienti dalla ricerca clinica e da un uso dapprima limitato ad ambiti sperimentali, ma pronto all’impiego routinario della pratica clinica. E dunque si pone la necessità di valutarne il costo-
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Glicocalice fisiologico
(a)
Glicocalice Endotelio Spazio sub-centrale endoteliale
Funzione endoteliale
Permeabilità
Coagulazione
Infiammazione
Sintesi NO indotta dallo shear stress
Barriera selettiva
Inibizione dell’adesività piastrinica, fattori che regolano la coagulazione
Prevenzione dell’adesione leucocitaria
(a) Ruolo del glicocalice fisiologico. Il glicocalice endoteliale regola la sintesi dell’ossido nitrico, contiene la superossido-dismutasi, serve come barriera fisica per le macromolecole, contiene plasma-proteine e lipoproteine. Inoltre il glicocalice riduce l’adesività piastrinica e leucocitaria. Legenda: AT, antitrombina; EC-SOD, superossido-dismutasi extracellulare; ICAM, molecula di adesione intercellulare; NO, ossido nitrico; TFPI, inibitore del fattore tissutale; VCAM, molecola di adesione vascolare; vWF, fattore di von Willebrand.
Figura 1a - Rappresentazione schematica del glicocalice
beneficio e i futuri risparmi nel momento in cui appare richiedere un surplus di risorse ed importanti modifiche negli assetti organizzativi dei servizi. Modelli di verifica come quelli della Regione EmiliaRomagna appaiono interessanti nell’apertura a nuove possibilità di efficacia sanitaria, seppur con le dovute cautele (4). Per quanto riguarda l’insufficienza venosa cronica (IVC) punto d’arrivo di molti disturbi cronici venosi (DVC) (5) epidemiologicamente importanti sia sulla qualità della vita dei pazienti sia sulle possibili complicanze, tra le quali la trombosi e l’ulcerazione sono frequenti, tuttavia la gover-
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nance sui trattamenti farmacologici attraversa in questi tempi fasi per molti versi assai confuse. Da un lato si è messo in discussione l’uso dei farmaci bioflavonoidi, peraltro validati da numerosa letteratura evidence-based , magari poi “sostituiti” da sostanze similari, ma non-farmaci come gli integratori alimentari e prodotti erboristici a funzione unicamente co-adiuvante fisiologica; dall’altro, perfino la chirurgia delle varici appare come talvolta inappropriata e comunque da sottoporre all’osservazione critica nei LEA, quei livelli essenziali di assistenza un po’ cardine del SSN da quando introdotti già con la Legge 502
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(b)
Glicocalice patologico
Glicocalice alterato Endotelio Spazio sub-endoteliale
Ridotta disponibilità NO, Permeabilità Stress ossidativo di macromolecole
Adesività piastrinica, produzione di trombina
Adesione leucocitaria, e diapedesi
(b) Conseguenze di un glicocalice alterato. L’alterazione del glicocalice determina uno strato pro-aterogenico caratterizzato da disfunzione endoteliale, aumentata permeabilità vascolare così come da attivazione della coagulazione insieme a adesione/migrazione cellulare. Legenda: AT, antitrombina; EC-SOD, superossido-dismutasi extracellulare; ICAM, molecula di adesione intercellulare; NO, ossido nitrico; TFPI, inibitore del fattore tissutale; VCAM, molecola di adesione vascolare; vWF, fattore di von Willebrand.
Figura 1b - Rappresentazione schematica del glicocalice
del 1992 e operativi dal 2002. Se i medici sostanzialmente hanno da tempo accettato tali criteri economicistici del loro agire, probabilmente non si è valutato appieno il dissenso da parte dei pazienti e dei cittadini nei confronti dell’esclusione di molte prestazioni che dall’esempio dell’UK potrebbero giungere anche in Italia colpendo non solo la spesa farmaceutica, ma anche quella chirurgica (6). La ricerca viceversa incalza con cospicui contributi sia sull’importanza nella società occidentale attuale delle malattie venose croniche e acute (tromboembolismo venoso o TEV, nelle sue varie manifestazioni), sia con nuovi modelli di interpretazione dei fenomeni patogenetici divisi tra danno emodi-
namico e danno di parete vasale; i primi maggiormente correggibili dalla chirurgia e, in parte, dalla scleroterapia; i secondi da nuove possibilità farmacologiche associate o meno alla tradizionale compressione elastica. Tre recenti messe a punto ci possono aiutare a sintetizzare le ricadute traslazionali pratiche della ricerca (7, 8, 9); rimandando tuttavia anche agli approfondimenti dei lavori originali sul ruolo del glicocalice danneggiato da adesione leucociti-endotelio e shear-stress (10, 11). L’IVC è infatti oggi da considerarsi patologia complessa e multifattoriale; e parlare solo di varici risulta estremamente limitativo. Esse, insieme ad altri “disturbi” venosi (DVC), sono epifenomeno di una
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malattia dominata da una alterata distensibilità della parete vascolare che sembra essere correlata con fattori genetici, come la nota frequenza familiare conferma. Vi sono poi una serie di fattori patogenetici acquisiti che possono iniziare il processo come altri che ne sviluppano le conseguenze o complicanze, quali le varici stesse e le alterazioni trofiche cutanee secondarie. Un carico ormonale e un carico idrostatico prolungato, in particolare quando il controllo del sistema nervoso simpatico è ridotto da aumenti della temperatura locale, rappresentano il primo tipo di fattori. L’incontinenza delle valvole, oggi considerata secondaria alla dilatazione delle vene, è all’origine del reflusso del sangue verso il basso e verso la cute e combinandosi all’ipertensione venosa, portano entrambe alla stasi venosa fonte di teleangectasie, varici ed edema. L’ipossia tissutale e l’edema locale favoriscono infiammazione e microtrombosi che, sinteticamente, sono causa di ulcere attraverso l’attivazione endoteliale, iniziando una cascata di insulti infiammatori locali e danni della muscolatura liscia. Condizioni di infiltrazione leucocitaria ed iperviscosità costituiscono il passaggio di mezzo a questi eventi per i vortici che si creano nei seni dei in piccoli vasi abitualmente vuoti. La ricerca di base sta producendo numerosi studi che esaminano il ruolo di differenti recettori incrementanti la produzione di endoteline, potenti vasocostrittori e mitogeni per le cellule della muscolatura liscia vascolare; così come viene invocato anche un ruolo della microcircolazione arteriosa e linfatica, ribadendo la visione di malattia circolatoria globale. Non sono irrilevanti infine i danni esterni ai vasi come i fenomeni di “cuffia fibrinica” pericapillare e si è studiato il ruolo dell'emosiderina, fenomeni che in clinica vengono letti attraverso le classiche iperpigmentazioni color ocra, lipodermatosclerosi ecc. Per tali condizioni di IVC più avanzata sono stati pubblicati risultati ottimali con sulodexide nel coadiuvare ed accelerare la guarigione delle ulcere(12), oltre ad agire sul versante coagulativo come oggettiva prevenzione del TEV (13).
8
Bibliografia 1. Agus GB, De Angelis R, Mondani P, Marrocu R. I GAGs nel trattamento delle ulcere flebostatiche. Acta Cardiol Mediter 1992; 10: 211-5 2. Negus D. Le ulcere delle gambe. Edi-Ermes, Milano 1992. 3. Autori vari. Introduzione di una nuova tecnologia in sanità: il primo stent a rilascio di sirolimus. Il Sole 24 Ore Sanità 2007; Suppl. giugno. 4. Grilli R. L’esperienza della Regione Emilia Romagna. In Stent medicati: passato, presente e futuro. iDES 2007: 19-23. 5. Bo Eklöf, MD,a Robert B. Rutherford, MD,b John J. Bergan, MD,c Patrick H. Carpentier, MD,d Peter Gloviczki, MD,e Robert L. Kistner, MD,f Mark H. Meissner, MD,g Gregory L. Moneta, MD,h Kenneth Myers, MD,i Frank T. Padberg, MD,j Michel Perrin, MD,k C. Vaughan Ruckley, MD,l Philip Coleridge Smith, MD,m and Thomas W. Wakefield, MD,n for the American Venous Forum International Ad Hoc Committee for Revision of the CEAP Classification. Revision of the CEAP classification for chronic venous disorders: Consensus statement. J Vasc Surg.;40(6):1248-52. 2004. 6. Harris MR, Davies RJ, Brown S et Al. Surgical treatment of varicose veins: effect of rationing. Ann R Coll Surg Engl 2006; 88: 37-9. 7. Eberhardt RT, Raffetto JD. Chronic venous insufficiency. Circulation 2005; 111: 2398-409. 8. Bergan JJ, Schmid-Schönbein GW, Coleridge Smith PD, Nicolaides AN, Boisseau MR, Eklof B. Chronic venous disease. N Engl J Med 2006; 355: 488-98. 9. Bergan JJ, Schmid-Schönbein GW, Coleridge Smith PD, Nicolaides AN, Boisseau MR, Eklof B. Patologia venosa cronica. Min Cardioangiol 2007; 55: 459-76. 10. Mulivor AW, Lipowsky HH. Role of the glycocalyx in leukocyte-endothelial cell adhesion. Am J Physiol Hearth Circ Physiol 2002; 283: H82-91. 11. Gouverneur M, Van der Berg B, Nieuwdorp M et Al. Vasculoprotective properties of the endothelial glycocalyx: effects of fluid shear stress. J Inter Med; 259: 393-400. 12. Ulcere venose In Clinical Evidence 2005, 3° Ed., Ministero della Salute. 13. Errichi BM, Cesarone MR, Belcaro G et Al. Prevention of Recurrent Deep Venous Thrombosis with Sulodexide: The SanVal Registry. Angiology 2004; 55: 243-9.
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Flogosi e trombosi: nuovi target eparinici L’infiammazione gioca un ruolo importante nel rischio trombotico Chiara Cerletti, Norma Maugeri*, Giovanni de Gaetano Laboratori di Ricerca, Centro di Ricerche e Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche “Giovanni Paolo II”, Università Cattolica, Campobasso * NM, Centro di Ricerca di Biologia Clinica Cardiovascolare, Dipartimento Cardio-Toracico e Vascolare, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
lio. Questa via di segnale coinvolge una cascata di A livello degli arti inferiori si ha accumulo di leucomeccanismi, inclusi la fosforilazione di tirosin chinasi citi in condizione di ipertensione: queste cellule adee l’interazione tramite l’actina con il citoscheletro riscono e migrano attraverso l’endotelio dei piccoli (Figura 1). vasi (venule post-capillari), tramite attivazione celluNella patologia venosa cronica, oltre a fattori locali lare e espressione di molecole adesive. I leucociti come il flusso, si ha un’attivazione sistemica dei circolanti e le cellule vascolari endoteliali esprimono diversi tipi di molecole adesive di membrana: la P-selettina, che viene Meccanismi piastrinici coinvolti nell’adesione espressa sulla superficie dell'endopiastrine-leucociti polimorfonucleati telio infiammato (o attivato) o delle piastrine attivate, che possono sostituire l’endotelio rimosso dal Leucocita PMN vaso come un monostrato, e stabiliPiastrina attivata re un legame transitorio con il contro-recettore della P-selectina, il P-selectina PSGL-1 Danno vascolare PSGL-1 (“P-Selectin Glycoprotein Catepsina G Trombina Ligand-1”), costitutivamente espresattivazione so sui leucociti. Questa interazione molecolare induce un segnale intraLigando cellulare che porta all’attivazione CD11b/CD18 Mac-1 dei leucociti e in particolare della integrina leucocitaria CD11b/CD18 (o Mac-1) che interagisce in modo stabile con le altre cellule vascolari (piastrine, leucociti stessi, endoteModificata da: Cerletti et al., Thromb Haemost 1999 lio), per poi portare alla trasmigraFigura 1 zione dei leucociti nel sottoendote-
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processi di adesione leucocitaria. Ne Sequenza delle interazioni adesive consegue che un trattamento farmadi piastrine con cellule endoteliali e leucociti cologico volto a limitare le reazioni infiammatorie può avere come “tarAvvio Adesione get” le molecole adesive che regoladell’aggregazione In circolo Rolling e reclutamento sulla superficie no l’interazione tra piastrine, leucocidi leucociti cellulare ti e cellule endoteliali (Figura 2). Tale trattamento potrebbe contribuire a Piastrine attivate Monociti Neutrofili ridurre le complicanze correlate alla malattia venosa cronica. In questo contesto, si è sviluppato recentemente un notevole interesse attorno alla possibilità che le sostanCellule endoteliali Piastrine attivate Cellule endoteliali ze eparino-simili interferiscano con i meccanismi di adesione cellulare, e Adesione Danno delle piastrine in modo particolare con le selectine, Reclutamento Occlusione vascolare sulla parete Infiammazione di leucociti trombotica (placca ed inibiscano tali interazioni. vascolare aterosclerotica) danneggiata In particolare, l’interesse del nostro Da: de Gaetano et al, TIPS 2003 gruppo si è rivolto allo studio dell’attivazione dei leucociti polimorfonuFigura 2 cleati (PMN) e della loro interazione con le piastrine, indotta da meccanismi dipendenti dalla P-selectina, e alla modulazione di questi fenoleukocyte interactions: new clues to the antithrombomeni da parte di alcune eparine. tic properties of parnaparin, a low molecular weight In conclusione, l’effetto anti-infiammatorio eserciheparin. Haematologica 2005;90:833-9. tato da alcune eparine sull’attivazione dei leucoci- Maugeri N, Di Fabio G, Barbanti M, de Gaetano G, ti e sulla loro interazione con le piastrine, può Donati M B, Cerletti C. Parnaparin, a low molecular contribuire in modo significativo al loro effetto weight heparin, prevents P-selectin-dependent forantitrombotico generale. mation of platelet-leukocyte aggregates in human whole blood. Thromb Haemost 2007; 97: 965-73. Bibliografia - Rajtar G, Marchi E, de Gaetano G, Cerletti C. Effects of glycosamminglycans on platelet and leukocyte function: role of N-sulfation. Biochem Pharmacol, N. 1; 46(5): 958-60. 1993. - Cerletti C, Evangelista V, de Gaetano G. P-selectinβ2 integrin cross-talk: a molecular mechanism for polymorphonuclear leukocyte recruitment at the site of vascular damage. Thromb Haemost 1999; 82: 787-93. - de Gaetano G, Donati MB, Cerletti C. Prevention of thrombosis and vascular inflammation: benefits and limitations of selective or combined COX-1, COX-2 and 5-LOX inhibitors. Trends Pharmacol Sci 2003; 24:245-52. - Maugeri N, de Gaetano G, Barbanti M, Donati MB, Cerletti C. Prevention of platelet-polymorphonuclear
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Profilassi secondaria con eparine: un’alternativa alla terapia anticoagulante? Analisi farmacoeconomica Nuove evidenze sul rischio di Re-Trombosi a lungo termine spingono alla ricerca di soluzioni alternative Prof. D. Joaquìn Lasierra Cirujeda - Direttore del Dipartimento di Ematologia, Complesso Ospedaliero ˇ (La Rioja), Madrid (Spagna) San Millan, San Pedro Logrono
come un fattore di rischio cronico e progressivo per il paziente che cresce negli anni, sia in casi di eventi idiopatici che secondari (Fig. 1). Questi ultimi dati che
Progressiva incidenza delle ricorrenze di tromboembelismo in pazienti idiopatici e secondari 60 Recidiva progressiva % di TEV
Nella clinica il trattamento della fase acuta viene gestito principalmente con eparine a basso peso molecolare (EBPM) seguite dall’embricamento della terapia anticoagulante orale (TAO) con cumarinici per 3-6 mesi con aggiustamenti del dosaggio periodici. Nonostante la terapia anticoagulante iniziale e la profilassi secondaria, l’evoluzione clinica dei processi trombotici venosi è ricca di complicazioni a lungo termine. Queste sono dovute alle reazioni avverse alla terapia anticoagulante orale, come ad esempio le emorragie, ed alle complicanze causate dalle sequele della patologia trombotica, come la sindrome post-trombotica, le re-trombosi e l’embolia polmonare. La Sindrome Post-Trombotica rappresenta la principale causa di sviluppo delle ulcere venose, ed è caratterizzata da una condizione severa di Ipertensione Venosa Cronica che dai vasi incontinenti ricanalizzati, sede dell’evento trombotico, si porta fino al microcircolo superficiale dove determina disfunzione endoteliale diffusa, caratterizzata da processi infiammatori e ipossia tissutale che accelerano l’evoluzione clinica1,2 In particolare le Re-trombosi appaiono sempre di più
TEV idiopatico secondario
50 40 30 20 10 0 0
20
40
60
80
100
120
Mesi
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Figura 1
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rilevano il rischio a dieci anni portano a riflettere sulla esigenza di prolungare i tempi della profilassi ben oltre il periodo considerato dalle Linee Guida Internazionali sul tromboembolismo venoso (Seventh ACCP - Chest 2004) con strumenti terapeutici che garantiscano sicurezza d’impiego, compliance per il paziente e costi compatibili con la farmacoeconomia, elementi sempre più importanti nella gestione della sanità3,4. La profilassi è lo strumento più efficace contro il tromboembolismo venoso. Negli ultimi 15 anni la profilassi ha avuto un notevole sviluppo derivante dal prolungamento di aspettativa di vita, dalla possibilità di avere un migliore follow-up dei pazienti e dagli anticoagulanti orali. Comunque nella pratica clinica ed in ragione del notevole incremento di popolazione trattata con anticoagulanti orali, riferibile soprattutto ai pazienti della Cardiologia e della Neurologia che sono il 92% dei pazienti in trattamento, è riscontrabile un’alta incidenza di eventi avversi ricondu-
Caratteristiche dei pazienti Sulodexide
TAO
Pazienti, maschi/femmine
45/30
47/28
Età media
67.7
66.1
Arti inferiori - n. casi Destro/ Sinistro
39/36
Sulodexide (n = 68)
Acenocumarolo (n = 67)
Evoluzione clinica % Gonfiore Dolore Ipertermia
20% 0% 0%
22% 0% 0%
Eco-Doppler (6 mesi) Ricanalizzazione % Totale Partiale Nulla
45% 35% 20%
47.5% 20.5% 22%
Casi Re-TVP Embolismo polmonare
2 1
3 1
Emorragia, complicazione Maggiori Minori
0 0
1 9
Reazioni avverse Allergie
1
3
Mortalità Cancro
4
3
Casi di ritiro Volontario
2
2
Figura 3 90%
85%
Popliteale
10%
15%
Sulodexide vs Acenocumarolo TVP (0-10gg.) 11-90gg. EBPM f.le Sulodexide cps
180gg. Eco-Color-Doppler
GRUPPO TVP (0-10gg.) 11-90gg. 180gg. ACENOCUMAROLO EBPM f.le Acenocumarolo cpr Eco-Color-Doppler (67 pazienti) Ctrl Laboratorio
Figura 2
12
Clinica a 6 mesi
40/35
Sezione venosa Femorale + Popliteale
GRUPPO VESSEL (68 pazienti)
Sulodexide vs Acenocumarolo
cibili alle emorragie. Questo porta a riflettere sulla esigenza di cercare alternative con la stessa efficacia e minori rischi emorragici. L’arsenale farmacologico disponibile per la profilassi orale come alternativa ai cumarinici è molto scarso; si riduce infatti all’impiego di eparinoidi orali (es. Sulodexide) come indicato da alcuni lavori clinici e trial condotti sulla molecola nella prevenzione della Re-trombosi dopo profilassi anticoagulante (3-6 mesi) fino a due anni dal primo evento, con una riduzione del 40-60% fra eventi superficiali e profondi rispetto al gruppo di con-
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Analisi farmaco-economica Fonti Farmaco
Sulodexide AcenocumaroIo IC Sulodexide Costi, Euro Costi, Euro vs. Acenocumarolo, 109.98
5.04
104.94
Ematologia
0
310.35
-310.35
Chirurgia vascolare
0
254.70
-254.70
Tempo di pro-trombina
0
23.70
-23.70
109.98
593.79
-438.81
100
540
Monitoraggio
Totale % rispetto a sulodexide
Figura 4
con eparinoidi garantisce una profilassi compatibile con il rischio del paziente, salvaguardando la compliance della somministrazione orale e addirittura con un risparmio in termini economici (Fig. 4, 5). Bibliografia 1.Bergan JJ et al. Chronic Venous Disease. NEJM, 355:488-98. 2006. 2. Meissner MH. Secondary chronic venous disorders. J Vasc Surg; Vol 46, 6, Suppl 1, S68-S83. 2007. 3. Prandoni P. et al. The clinical course of deep-vein thrombosis. Prospective long-term follow-up of 528 symptomatic patients. Haematologica; 82:423428. 1997. 4. Prandoni P. et al. The risk of recurrent venous thromboembolism after discontinuing anticoagulation in patients with acute proximal deep vein thrombosis or pulmonary embolism. A prospective cohort study in 1,626 patients. Haematologica; 92:199-205. 2007. 5. Errichi B.M. Prevention of Recurrent Deep Venous Thombosis with Sulodexide. The SanVal Registry. Angiology 55: 243-249. 2004. 6. Lasierra Cirujeda J. A Study on the Safety, Efficacy, and Efficiency of Sulodexide Compared with Acenocoumarol in Secondary Prophylaxis in Patients with Deep Venous Thrombosis. Lasierra Cirujeda J et al. Angiology; 57:53-64. 2006.
trollo che aveva seguito solo la profilassi anticoagulante5. La nostra esperienza, pubblicata nel 2006, ha evidenziato come il Sulodexide, in un protocollo PostEparina Vs acenocumarolo condotto a 6 mesi, mostri efficacia (Fig. 2, 3), sicurezza d’impiego ed un vantaggio in termini di analisi farmacoeconomica, in pazienti con eventi tromSULODEXIDE VS TAO botici acuti, sfumando il rischio emorragiCOSTI E BENEFICI co, eliminadno il monitoraggio periodico del paziente ed infine la dipendenza del Sulodexide paziente a frequentare l’ambiente ospedaliero. SI PROFILASSI In particolare riguardo all’impatto econoSI EFFICACIA mico, i costi del trattamento con sulodexide sono risultati di molto inferiori ai trattaSI SEMPLICITA’ DI GESTIONE menti tradizionali con i cumarinici come NO CONTROINDICAZIONI confermato dall’analisi farmacoeconomica 6 realizzata . NO MONITORAGGIO Dalla nostra indagine si può concludere che i migliori candidati per un impiego del 1.4% EFFETTI SECONDARI (reazioni allergiche) Sulodexide alternativo ai cumarinici possa109,98 € COSTO (caso tipo) no essere i pazienti over-70 con fattori di rischio gravi quali complicanze emorragiche o nefropatia, per i quali la profilassi
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TAO SI SI NO SI SI 4.5% 593,79 €
Figura 5
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Eparine ed Eparinoidi. In memoria di un pioniere della ricerca biomedica industriale: Pietro Bianchini Sergio Coccheri Professore Ordinario di Malattie Cardiovascolari Università di Bologna
Negli ultimi 20 anni le poche grandi Industrie Farmaceutiche italiane sono passate sotto controllo internazionale, e spesso hanno cessato di fare ricerca nel nostro Paese. Tuttavia, e per fortuna, alcune piccole e medie imprese hanno mostrato capacità di innovazione, e di conseguenza hanno migliorato le loro posizioni di eccellenza, specialmente nell’ambito di particolari nicchie scientifiche e di mercato. Si tratta spesso di realtà industriali che non hanno grande visibilità perché non dispongono di una rete per il grande pubblico, e in realtà non ne hanno bisogno in quanto producono soltanto o prevalentemente materie prime per l’Industria del Farmaco. Per esempio, non molti sanno che buona parte dell’eparina non frazionata o a basso peso molecolare, distribuita nel mondo dalle grandi multinazionali, nasce come materia prima a Corlo di Formigine. In questo luogo della campagna modenese ha sede la Opocrin, uno stabilimento che rifornisce di eparine alcuni giganti farmaceutici. Questa Azienda produce anche polisaccaridi, come dermatansolfato, eparan-solfato, con-
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droitinsolfato, ma anche glucosamina, ferro medicinale, fattore surfattante polmonare, collagene, catalasi, e altri prodotti biologici che sono componenti essenziali di medicinali utili in varie forme morbose. All’origine di una realtà di questo tipo di solito c’è un uomo ricco di idee e di capacità tecniche. Nel caso della Opocrin quest’uomo è stato Pietro Bianchini. Di origini mantovane, Bianchini si laureò a Modena nel 1951 e iniziò ben presto ad alternare periodi di studio e ricerca di base come assistente di Microbiologia e di Farmacologia, a periodi dedicati allo sviluppo della ricerca applicata come responsabile dei Laboratori di varie industrie farmaceutiche italiane, quale la Crinos, la Guidotti, la Farmigea, e soprattutto l’Alfa Farmaceutici, ora AlfaWassermann. In questa azienda Bianchini lasciò una profonda impronta, ponendo la ricerca farmaceutica alla base delle attività industriali e commerciali e contribuendo grandemente alla nascita di farmaci innovativi in particolare nel campo delle eparine e dei polisaccaridi solforati. Ma la sua vera casa, fino dal 1964, era la
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Figura 1 - Strutture 3D epariniche
Opocrin, ove poteva sviluppare le sue concezioni, spesso originali e controcorrente, in piena libertà scientifica e lontano dai condizionamenti diretti del mercato. Non è frequente che un ricercatore dell’Industria sia stato così profondamente stimato come Bianchini, sia in Italia che all’estero, e sia nel mondo della ricerca universitaria che in quello degli organismi di salute pubblica, come dimostrato dalla nomina a componente dell’Istituto Superiore di Sanità per l’anno 1966 e del coinvolgimento nella Commissione Europea della Farmacopea per i prodotti biologici (1990). Pietro Bianchini è mancato il 24 ottobre 2007. Nonostante i suoi 85 anni, aveva conservato una straordinaria lucidità mentale e una incredibile capacità di pensare e proporre nuove idee. Ho intervistato il suo importante collaboratore Umberto Mascellani che fu suo allievo in Alfa Farmaceutici, portò poi la cultura dei polisaccaridi in un’altra Azienda italiana emergente, la Mediolanum, per approdare infine alla Opocrin nel 1984. Mascellani lo ricorda così: “Sempre ho
potuto constatare la sua consolidata notorietà fra gli scienziati e la sua indiscussa credibilità scientifica. Tutti lo ascoltavano con rispetto, attenzione ed interesse, anche quando diceva cose scomode per qualcuno, come per esempio quando trattava lo spinoso argomento dei generici dell’eparina a basso peso molecolare. Quando eravamo fuori Italia, nelle serate in cui non avevamo impegni ufficiali, mi intratteneva in conversazioni dotte e piacevoli su molti argomenti. Parlava con competenza di astronomia, cosmologia, preistoria, filosofia e religioni oltre che del suo specifico campo di interesse. La sua lungimiranza come imprenditore e come scienziato gli ha permesso di proporre e portare a termine programmi apprezzati dagli USA al Giappone, e di produrre numerose e importanti osservazioni scientifiche con alcuni decenni di anticipo rispetto alle scoperte e alle pubblicazioni ufficiali di scienziati famosi ed appartenenti ad Istituzioni ben più rinomate di Opocrin”. Dal canto mio, sono certo che chiunque abbia conosciuto Pietro Bianchini condividerà i sentimenti del suo collaboratore diretto.
Figura 2 - Scheletro dell’eparina
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Lavori premiati al XXIX Congresso Nazionale SIAPAV Palermo 14-17 Novembre 2007 Bibliografia e Tabelle in Atti Min Cardioangiol 2007; 55: Suppl. 1 al n. 6 SIGNIFICATO CLINICO E PROGNOSTICO DELL’ATEROSCLEROSI CAROTIDEA NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE GLOBALE S. Novo, I. Muratori, R. Tantillo, G. Novo, G. Coppola, G. Amoroso, F. Bonura, M.C. Mulè, V. Pitruzzella, F. Sutera, E. Corrado U.O.C. di Cardiologia, Dipartimento di Medicina Interna, Malattie Cardiovascolari e Nefro-Urologiche, Università degli Studi di Palermo diabete, e il fumo di sigaretta. Nello studio GESCO-MURST-CIFTI-4 sono INTRODUZIONE. L’aterosclerosi è una patologia sistemica e diffusa stati esaminati 755 pazienti, con età compresa tra i 18 e gli 85 anni, osserdell’apparato cardiovascolare; sino ad oggi il cardiologo ha rivolto la vando un significativa maggiore incidenza dell’IMT carotideo (32.5% vs sua attenzione principalmente all’aterosclerosi coronarica e alle sue 14,7%), di placca carotidea asintomatica (10.75% vs 5,37%), e di entramcomplicanze (infarto del miocardio, angina), anche se la localizzazione be le lesioni carotidee considerate insieme (47.2% vs 16,2%) rispettivaperiferica della malattia, carotidea e agli arti inferiori, si associa ad mente nei soggetti con uno o più fattori di rischio tradizionali in confronto un’elevata morbilità e mortalità. ai soggetti senza fattori di rischio. Negli ultimi anni numerosi studi hanno documentato l’utilità dello In un altro recente studio abbiamo dimostrato come la presenza di aterospessore medio-intimale (IMT) carotideo per l’individuazione e il sclerosi carotidea risultasse associata ai fattori di rischio tradizionali quali monitoraggio della malattia aterosclerotica della parete arteriosa. l’ipertensione arteriosa e l’età ed alcuni fattori di rischio emergenti quali, il La misurazione ultrasonografia dell’IMT è stata dapprima studiata in fibrinogeno, la PCR e la sieropositività pregressa a diverse infezioni - total modelli animali e successivamente nell’uomo. Uno dei più importanti burden of infection. Un aumento dell’IMT carotideo si è dimostrato correstudi di validazione è stato realizzato dal gruppo italiano Pignolilato anche alla presenza di lesioni aterosclerotiche in altri distretti vascolaPaoletti, i quali dimostrarono come la distanza tra le due linee ecogene ri, in particolare a lesioni coronariche come recentemente dimostrato con rilevate nell’immagine ultrasonografia correlasse con la somma delle la tecnica dell’IVUS coronarico e con la corotuniche intima e media misurate con tecninarografia dal gruppo di ricerca dell’Istituto che anatomo-patologiche in arterie con e Monzino di Milano. Tale correlazione ha porsenza aterosclerosi. Dopo questo studio tato a considerare l’IMT carotideo come iniziale, misurazioni dell’IMT carotideo indicatore di aterosclerosi generalizzata. sono state realizzate in diversi studi perNumerosi studi prospettici hanno inoltre mettendo di raccogliere numerose infordimostrato come i soggetti con valori elevamazioni concernenti l’associazione tra IMT ti di IMT carotideo abbiano una maggiore e fattori di rischio cardiovascolare. probabilità di incorrere nel tempo in un Numerosi studi, tra cui l’ARIC evento cardio o cerebrovascolare. La pre(Atherosclerosis Risk in Communities senza di ispessimento medio intimale carotiStudy), realizzato in soggetti adulti di età > deo incrementa il rischio cardiovascolare nei 45 anni, hanno evidenziato come la presenpazienti con rischio intermedio calcolato za di fattori di rischio cardiovascolare “trasecondo l’algoritmo di Framingham score dizionali” e “non tradizionali” si associ ad più marcatamente rispetto ai soggetti con un aumento dell’IMT carotideo, indice di …e gli dei, invidiosi, guardano reperto ecografico normale. aterosclerosi subclinica. e ridono. Girolamo Balistreri. I dati di questi studi epidemiologici e cliTra i fattori di rischio accertati per lo sviluppo Esposizione temporanea 2007, nici hanno condotto l’American Heart dell’aterosclerosi carotidea oltre l’ipertensioPalazzo Abatellis, Palermo Association ad affermare che “nella valune arteriosa correlano l’ipercolesterolemia, il
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tazione del rischio cardiovascolare in soggetti asintomatici > 45 anni, la misurazione dell’IMT può fornire informazioni aggiuntive rispetto ai fattori di rischio tradizionali”. Una metanalisi recentemente pubblicata che riassume 8 studi di popolazione (il Kuopio Ischemic Heart Disease Risk Factor Study, l'Atherosclerosis Risk in Communities Study, il Rotterdam Study, il Cardiovascular Health Study, il Malmo Diet and Cancer Study, il Longitudinal Investigation for the Longevity and Ageing in Hokkaido Country, il Carotid Atherosclerosis Progression Study e lo studio prospettico di Kitamura-2004, senza acronimo) ha analizzato l'associazione tra IMT carotideo ed eventi cardio e cerebrovascolari, riferiti ad un totale di 37197 soggetti studiati per 5,5 anni. Questo lavoro ha dimostrato che una differenza di 0.1 mm di IMT si associa all'incremento del rischio di infarto del 10-15%, e del 13-18% di ictus dimostrando che l'esistenza di alterazioni parietali, anche precoci, costituisce un marker indipendente di eventi cerebro o cardiovascolari. Scopo dello studio: valutare se la presenza di aterosclerosi carotidea nei pazienti con rischio cardiovascolare < 20%, valutato utilizzando le carte del “Progetto Cuore”, possa fornire informazioni aggiuntive per una più corretta determinazione del rischio cardiovascolare globale. METODI. Abbiamo valutato la probabilità di un primo evento cardiovascolare nei 5 anni successivi utilizzando le carte del “Progetto Cuore” con un’analisi retrospettiva condotta su 454 soggetti asintomatici (215 M e 239 F, età media 57± 10 anni) per malattie cardiovascolari venuti alla nostra osservazione per una valutazione clinico diagnostica. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un accurata anamnesi ed un attento esame obiettivo per la valutazione dei fattori di rischio cardiovascolari più comuni ed ad un prelievo venoso per la valutazione dell’assetto lipidico e della glicemia a digiuno nonché ad esame ultrasonografico delle arterie carotidi per la valutazione dello spessore medio intimale. Analisi Statistica: l’analisi statistica è stata effettuata usando il programma Statview Program (Abacus Concepts Inc.). Sono state calcolate la media e la deviazione standard per le variabili numeriche e le differenze tra i gruppi sono state ottenute con il test t di Student. Sono state calcolate le prevalenze di alcune variabili cliniche e di laboratorio e le differenze tra i gruppi sono state ottenute utilizzando il test statistico chi-quadro. Per valutare le variabili indipendentemente associate agli eventi clinici durante il follow-up è stato costruito un modello di regressione logistica. RISULTATI. Il rischio medio della popolazione da noi studiata era del 9,8±7,7%; 422 pazienti (93%) presentavano un Rischio Cardiovascolare Globale (RCVG), calcolato secondo le carte del progetto CUORE < 20%; 32 pazienti (7%) presentavano un RCVG ≥ 20%. Nei soggetti con RCVG < 20% rispetto ai soggetti con RCVG > 20% la prevalenza di reperto eco-
grafico normale era del 39% (n=166) vs 31% (n=10) p < .0007, quella di IMT del 25% (n=104) vs 28% (n=9) p < .0015 e infine di placca aterosclerotica carotidea asintomatica (PCA) del 36% (n=152) vs 41% (n=13) p < .0001. L’incidenza di eventi totali, fatali e non, nella nostra popolazione è stata del 14% (37% nei soggetti con RCVG > 20% e 12% nei soggetti con RCV < 20%, p < .0001). Abbiamo quindi valutato nel sottogruppo di pazienti con RCV < 20% l’incidenza di eventi cardio o cerebrovascolari fatali in relazione alla presenza o assenza di IMT e/o PCA. Nei pazienti con reperto ecografico normale l’incidenza di eventi totali (cardio o cerebro vascolari) è stata dell’8% (n=13), nei pazienti con IMT del 13% (n=14), nei pazienti con PCA del 15% (n=23) (p < .012). Rapportando tali dati a 10 anni di osservazioni tali percentuali si incrementano rispettivamente al 16%, 26% e 30%. Nessun evento fatale si è verificato nei soggetti con reperto ecografico normale, mentre sono stati registrati 2 decessi per cause cerebro o cardiovascolari nei soggetti con IMT e 2 nei soggetti con PCA. Abbiamo quindi effettuato un’analisi di regressione logistica per valutare quale tra i fattori di rischio CV considerati nella carta del “Progetto Cuore” fosse predittivo di eventi nel follow-up inserendo nell’analisi anche la presenza all’esame ultrasonografico di aterosclerosi carotidea. La presenza di un RCVG calcolato secondo le carte del “Progetto Cuore” > del 20% era significativamente associato all’incidenza di eventi durante il follow-up (OR 4.4, 95% IC 2.09.6, p < .0002). Tuttavia, un dato molto interessante emerso dalla nostra analisi è stato il riscontro di una forte associazione tra presenza di aterosclerosi carotidea (IMT o PCA) e incidenza di eventi durante il follow-up (OR 2.7, 95% IC 1.4-5.1, p< .0024) nei soggetti con RCVG basale > 20%. CONCLUSIONI. Alla luce dei risultati emersi dal nostro studio la presenza di aterosclerosi carotidea dovrebbe essere considerata un fattore di rischio aggiuntivo per una valutazione più corretta del rischio cardiovascolare; infatti, abbiamo dimostrato nei pazienti con IMT e/o PCA un rischio di eventi cardiovascolari a dieci anni del 26% e del 30% rispettivamente, evidenziando come attualmente una percentuale di pazienti considerati a rischio intermedio di eventi in realtà presenti un rischio cardiovascolare più elevato. Tali pazienti, pertanto, necessitano di raggiungere un target di LDL-C di 100 mg% e nella maggior parte dei casi per raggiungere tale target non basta la sola dieta ma è necessaria la somministrazione di una statina che, tuttavia, non rientra ancora fra le modalità di prescrizione a carico del SSN prevista dalla nota 13. In conclusione l’inserimento nelle attuali carte del “Progetto Cuore” della valutazione dello spessore medio-intimale carotideo potrebbe fornire informazioni aggiuntive per una più corretta determinazione del rischio cardiovascolare e per una prevenzione farmacologica più aggressiva in grado di ridurre gli eventi cerebro- e cardiovascolari.
ARTERIOPATIA OSTRUTTIVA PERIFERICA E STENOSI CAROTIDEA NEI PAZIENTI EMODIALIZZATI. STUDIO CASO - CONTROLLO S. Bilancini 1, M. Lucchi 1, R.A. Mangiafico 2, A. Medolla 1, F. Ferazzoli 3, C. Bianchi 1, E. Salvatori 1, Gabriella Lucchi 1 1 Centro studi malattie vascolari “J.F.Merlen” - Frosinone 2 Clinica medica “L. Condorelli” - Università di Catania 3 Reparto di nefrologia e dialisi Ospedale “Umberto I” - Frosinone INTRODUZIONE. Le malattie cardiovascolari sono una frequente causa di mortalità e morbilità nei pazienti con insufficienza renale cronica terminale (End Stage Renal Disease (E.S.R.D.). Si ritiene che la mortalità per cause cardiovascolari nei pazienti sottoposti a dialisi sia da 10 a 20 volte maggiore che nella popolazione generale.
Il rimodellamento arterioso, caratteristico dei pazienti con E.S.R.D. presenta caratteristiche diverse dalla classica placca ateromatosa e ciò rende particolarmente difficile il trattamento, specie chirurgico, di tali lesioni. Esse infatti si presentano più estese e più soggette a calcificazioni che nella popolazione generale e ciò può essere legato ad una serie di fattori di rischio aggiuntivi, carat-
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teristici del paziente con E.S.R.D., quali le alterazioni del bilancio calcio-fosfato, la malnutrizione e l’attivazione delle citochine. Lo scopo di questo studio è verificare la prevalenza di Arteriopatia Ostruttiva Periferica (P.O.A.D.) e Stenosi Carotidea (C.S.) in un campione di pazienti con E.S.R.D. paragonato con un gruppo di controllo costituito da soggetti con normale funzionalità renale. MATERIALI E METODI. Abbiamo reclutato 40 pazienti sottoposti ad emodialisi con una età media di 58,8 anni, 46,6% uomini, in emodialisi mediamente da 6 anni e lo abbiamo confrontato con un gruppo di 58 soggetti con normale funzionalità renale paragonati per sesso, età, pressione arteriosa, presenza di diabete e fumo di sigarette. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esame Eco-Color-Doppler dei tronchi sopra aortici e degli arti inferiori ed a misurazione. dell’Indice Pressorio caviglia-braccio (A.B.I.). Come apparecchio Eco-Color-Doppler è stato utilizzato un apparecchio EUB-500 per la misurazione dell’A.B.I. un apparecchio Doppler C.W. di tipo tascabile. E’ stato valutato anche l'aspetto morfologico ecografico delle lesioni arteriose riscontrate. Sono state considerate le stenosi carotidee solo dal 50% del lume vasale in poi. I dati ottenuti nei due gruppi sono stati sottoposti ad analisi statistica con i seguenti metodi: ANOVA, Chi quadro, Test esatto di Fisher, regressione logistica. RISULTATI. Stenosi carotidea. La prevalenza di stenosi carotidea è stata del 20% nel gruppo dei pazienti con E.S.R.D. e del 12% nel gruppo di controllo. Il rischio relativo (odds ratio: O.R.) corretto per età e sesso è 5,5 per i pazienti sottoposti a dialisi, l’O.R. apprezzato anche per l'ipertensione è 7,9% (C.I. 95%, 1,3-47,7). L’età non sembra essere un fattore di rischio per i pazienti dializzati in quanto l’età media è la stessa tra malati e non malati (66 anni), nel gruppo di controllo, invece, i malati hanno un'età media significativamente più elevata rispetto ai sani (P = 0,005). Considerando il sottogruppo dei diabetici il rischio relativo di stenosi carotidea studiato con regressione logistica è di 6,3 (C.I. 95%, 1,2-32,6) per i pazienti diabetici sottoposti a dialisi. Dal punto di vista morfologico all’Eco-Color-Doppler le placche carotidee apparivano molto più ricche di calcificazioni nei pazienti sottoposti a dialisi. Arteriopatia Ostruttiva Periferica. La prevalenza di P.O.A.D. nei pazienti sottoposti a dialisi è del 20% contro il 9% nel gruppo di controllo. Il rischio relativo, corretto per età, sesso e presenza di diabete, è di 6,3 (C.I. 95%, 1,2-32,6) per i pazienti sottoposti a dialisi. Nel sottogruppo degli ipertesi l’O.R. è 5,2 (C.I. 95%, 1,0-27,0). Considerando il sottogruppo dei diabetici il rischio relativo sale a 7,9 (C.I. 95%, 1,3-47,7) nei diabetici sottoposti a dialisi. Dal punto di vista morfologico la stenosi e le occlusioni arteriose appaiono localizzate nelle arterie di gamba nel 90% dei pazienti arteriopatici con E.S.R.D. e nel 33% del gruppo di controllo e la compromissione iliaca o femorale era presente nel 50% dei pazienti arteriopatici sottoposti a dialisi e nel 50% dei pazienti arteriopatici del gruppo di controllo. L’aspetto delle lesioni era caratteristico, con ampie calcificazioni che nelle arterie sottopoplitee interessavano l’intera estensione dei vasi con aspetto “a corona di rosario” nel gruppo degli arteriopatici sottoposti a dialisi; tale aspetto era assente nel gruppo degli arteriopatici di controllo. Durata della dialisi. La durata media della dialisi nei pazienti esaminati era di 6 ± 3,9 anni (1-20). Considerando i pazienti con Stenosi Carotidea e quelli con P.O.A.D. si osserva che entrambi i gruppi hanno un tempo di dialisi leggermente superiore rispetto ai non malati (C.S. 6,1 vs 5; P.O.A.D. 6,2 vs 5,4); questa differenza non si mostra significativa in base alla analisi di varianza. CONCLUSIONI. Le malattie cardiovascolari costituiscono una importante causa di mortalità e morbilità nei pazienti con E.S.R.D.. La mortalità per malattie cardiovascolari è da 10 a 20 volte più alta che nella popolazione generale.
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Gli studi effettuati sugli assi carotidei (carotide comune in particolare) hanno rivelato una prevalenza di placche carotidee nel 50 - 60% dei pazienti di 50 anni con E.S.R.D. contro il 12 - 20% nella popolazione di controllo. Un recente studio ha mostrato una prevalenza di stenosi carotidea da moderata a severa nel 41% dei pazienti sottoposti a dialisi studiati. E’ noto che i pazienti con E.S.R.D. presentano un aumentato rischio di amputazione non traumatica che raggiunge 10 volte quello della popolazione generale e la P.O.A.D. è la più comune causa di amputazione, con una mortalità a due anni che raggiunge i due terzi dei soggetti nei diabetici. La prevalenza della P.O.A.D. nei pazienti con E.S.R.D. varia, a seconda delle casistiche, dal 5,5 al 23%, se diagnosticata con mezzi non invasivi. Lo studio H.E.M.O. ha mostrato una prevalenza di P.O.A.D. del 23% nei pazienti sottoposti ad emodialisi e lo studio di Webb e coll. ha mostrato una prevalenza di Claudicatio Intermittens del 19% in 325 P. con E.S.R.D.. Nella nostra casistica la prevalenza di C.S. è stata del 20% nei pazienti sottoposti a dialisi, con un rischio relativo molto elevato (R.R. 5,5), che diventa ancora più elevato nei diabetici (R.R. 6,3) confermando che il diabete accentua il rischio vascolare nei pazienti con E.S.R.D., l’età invece non ha influenzato il rischio. Per quanto riguarda la P.O.A.D. la prevalenza è del 20% nei nostri pazienti; tale valore corrisponde alle stime della letteratura, con un rischio relativo anche qui molto elevato (R.R. 6,3) che aumenta ulteriormente nei diabetici (R.R. 7,9), anche questo dato è conforme alla letteratura. L’ipertensione arteriosa, pur essendo un fattore di rischio maggiore, si è comportata nello stesso modo sia nei pazienti dializzati che nei soggetti di controllo. Interessanti ci sembrano i dati morfologici: sono costanti infatti le calcificazioni parietali che, nelle arterie sottopoplitee, interessano l’intera estensione dei vasi. Tali calcificazioni sono presenti a tutti i livelli e rappresentano una nota costante delle lesioni arteriose sia carotidee che negli arti inferiori. La caratteristica estensione “a corona di rosario” nelle arterie di gamba rende queste ultime difficilmente compressibili e quindi rende poco attendibile la misura dell’A.B.I. che, nei nostri pazienti arteriopatici sottoposti a dialisi, si è dimostrato non adatto a discriminare il malato dal sano nel 47% dei casi. Tale aspetto, del tutto caratteristico e peculiare, è diverso da quello che, nella nostra esperienza, abbiamo riscontrato nei diabetici non dializzati, nei quali le calcificazioni sono più omogenee e non “a corona di rosario”. La calcificazione è legata, nei pazienti dializzati, all’iperparatiroidismo che condiziona la deposizione di calcio nei tessuti che giunge fino al grave quadro della calcifilassi ove il calcio si deposita nella cute con ulcere talora devastanti. La patogenesi dell’arteriopatia dell'E.S.R.D. è più complessa di quella dell'arteriosclerosi, in quanto, oltre ai classici fattori di rischio quali età, sesso, familiarità, fumo, ipertensione, iperlipemia, entrano in gioco fattori diversi quali l’iperomocistenemia, l’aumento dell’aplipoproteina (a) a basso peso molecolare, alterazioni del bilancio calcio-fosforo, malnutrizione, alterazione delle citochine, proteina C reattiva, danno endoteliale. Tali fattori rendono più frequente la patologia arteriosa nei pazienti con E.S.R.D. rispetto alla popolazione generale. La maggior parte dei nostri pazienti con P.O.A.D. era asintomatica (95%) e nessun paziente presentava ischemia critica; questo dato ci porta a pensare che la ricerca di claudicardio intermittens nei pazienti con E.S.R.D. sia un dato che sottostima la reale prevalenza di P.O.A.D. in questi pazienti, soprattutto in relazione al fatto che le condizioni cliniche generali e il tipo di vita di questi pazienti tendono a farli camminare poco, rendendo difficile il manifestarsi della claudicatio. Anche le stenosi carotidee sono risultate, nel 50% dei casi, asintomatiche. In conclusione la nostra ricerca dimostra una alta prevalenza di C.S. e di P.O.A.D. nei pazienti sottoposti a dialisi, con un rischio relativo molto elevato rispetto alla popolazione di controllo. La casistica, pur non del tutto esigua, ha, però, determinato degli intervalli di confidenza molto ampi, per cui sono auspicabili studi su scala più vasta. La nostra casistica prevedeva una diagnosi basata su metodi oggettivi (Eco Color Doppler), ciò è importante
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perché nel nostro studio né la sintomatologia clinica né l’A.B.I. sono stati affidabili per valutare la prevalenza di P.O.A.D. nei pazienti dializzati. Il diabete si è rivelato capace di aumentare significativamente il rischio di C.S. e di P.O.A.D. e di ciò va tenuto conto nella gestione clinica dei pazienti con E.S.R.D..
Dai dati del nostro studio e da quelli della letteratura sembra consigliabile sottoporre i pazienti con E.S.R.D., specie se sottoposti a dialisi, a regolari controlli Eco Color Doppler dei tronchi sopra aortici e degli arti inferiori onde diagnosticare e trattare prontamente le patologie arteriose ostruttive, ancora di più se si tratta di soggetti diabetici.
PROTEASI E ULCERE CRONICHE DEGLI ARTI INFERIORI G. Failla, L. Denaro Salvatrice, S. Campo, G. Ardita, P. Finocchiaro, F. Mugno, L. Attanasio, M. Di Salvo U.O.C. Angiologia - Dipartimento per la cura delle malattie Mediche e Chirurgiche del cuore e dei vasi Azienda Ospedaliera - Universitaria V. Emanuele, Ferrarotto, S. Bambino - Catania INTRODUZIONE. La matrice extracellulare ha una struttura prevalentemente proteica e carboidratica complessa che, assicura il sistema di supporto per l’ancoraggio intercellulare attraverso proteine d’adesione e costituisce un sistema di “dialogo metabolico“ per la trasmissione di diversi segnali modulatori (differenziazione cellulare, apoptosi, migrazione cellulare, angiogenesi, ecc.). Il suo turn-over è affidato alla proteolisi extracellulare attuata attraverso due sistemi che lavorano in parallelo: 1- Sistema fibrinolitico (plasmina e suoi attivatori) 2- Sistema delle metalloproteasi (MMPs). Il sistema fibrinolitico e quello delle metalloproteasi interagiscono nel favorire la rimozione della fibrina e della matrice cellulare danneggiata, in particolare nella fase di rimodellamento della riparazione tissutale allo scopo di rendere disponibili le macromolecole imbrigliate in questa rete, quali i fattori di crescita e favorendo la migrazione cellulare in senso centripeto. L’azione delle metalloproteasi in generale, solo raramente è specifica: solo alcune come la MMP2 e la MMP9 hanno azione più specifica in quanto denaturano il collagene di tipo 4. L’attività di queste proteasi è regolata dalla presenza di alcuni inibitori (TIMPs). Oltre che dalla specificità parziale delle MMPs, la bilancia proteasica - antiproteasica, è regolata da una sorta di organizzazione biologica del controllo spaziale che i tessuti esercitano e in modo da creare una muraglia di inibitori intorno alla zona ove le MMPs sono iperattivate. L’azione delle proteasi, alla lunga, finisce per ostacolare il processo di guarigione; infatti, alcuni autori l’hanno correlata ad un prolungamento della fase infiammatoria, ad un danneggiamento della matrice extracellulare e ad un ritardo della guarigione. Il danno tissutale è provocato dalla prolungata attivazione dei polimorfonucleati che determina un aumento di radicali liberi nella lesione e dunque stress ossidativo. Per contro altri autori hanno dimostrato che bassi livelli di proteasi sono correlati invece alla guarigione delle lesioni e che, nelle lesioni croniche, questa è favorita dalla riduzione dell’attività proteasica dipendente dalla presenza di inibitori specifici, dalla temperatura, da alcuni cofattori, dal pH. L’attività enzimatica è strettamente correlata ai valori di pH, ciascun enzima agendo entro uno stretto range. Ad un pH specifico gli enzimi mostrano un’elevata rapidità d’azione. E’ stato dimostrato, che diversamente dalle ulcere acute, il pH delle ulcere croniche si mantiene costantemente intorno a valori che oscillano tra 7 e 8 e che l’uso di sostanze che tendono ad acidificare il letto della ferita è correlabile ad una più rapida velocità di guarigione delle ulcere venose. Anche l’eparina a basso peso molecolare può essere in grado di influenzare la funzione e la struttura della matrice extracellulare attraverso l’attivazione del sistema plasminico e favorendo la degradazione della fibrina depositata nella matrice cellulare alterata del letto dell’ulcera, che intrappola i fattori di crescita prodotti dalle cellule e li rende inattivi. Si può ipotizzare un meccanismo di questo tipo per razionalizzarne l’uso nel trattamento delle ulcere vascolari.
MATERIALI E METODI. Sono state esaminate le lesioni croniche di due gruppi di 10 pazienti ciascuno. Il primo gruppo di pazienti con ulcere di varia etiologia vascolare è stato sottoposto a trattamento locale con cadexomero unguento alla posologia di un’applicazione ogni tre giorni. La medicazione secondaria è stata effettuata con schiuma di poliuretano Cadexomero unguento rilasciando ioni H+, abbassa il pH nell’essudato delle lesioni croniche da un valore (neutro/basico) di massima attività proteasica, ad un valore (acido) di minima attività proteasica. La patologia vascolare dei pazienti era trattata secondo i protocolli vigenti nella nostra Unità Operativa, con terapia farmacologica, elastocompressione in caso di presenza di edema, e, in due casi, con precedente rivascolarizzazione. Il secondo gruppo di pazienti, affetti da ulcera venosa, è stato trattato secondo la “buona pratica clinica” seguendo i protocolli della nostra U.O.C., con elastocompressione e medicazioni avanzate, prevalentemente idrofibra e schiuma di poliuretano arricchite con argento. La somma dell’area totale delle ulcere dei due gruppi in osservazione era praticamente sovrapponibile con una differenza inferiore al cm2. È stato osservato un periodo di trattamento di 4 settimane eseguendo una rilevazione fotografica digitale dell’ulcera e una misurazione con il software dedicato “Mimix” al giorno 0 e al giorno 28. RISULTATI. In tabella viene mostrata la regressione in cm2 per settimana del gruppo dei pazienti trattati con l’unguento modulatore delle proteasi: La somma di regressione dell’area totale per il gruppo trattato con unguento modulatore delle proteasi è stata di 9,67 cm2 /settimana con una media di 0,97 cm2 /settimana per paziente. La somma di regressione dell’area totale per il gruppo non trattato con unguento modulatore delle proteasi è stata di 6,11 cm2 /settimana con una media di 0,61 cm2 /settimana/ paziente. Nel gruppo trattato con unguento modulatore delle proteasi si è passati da un totale di 89,23 cm2 al Tempo 0 ad un totale di 52,65 cm2 al Tempo 28 per una regressione assoluta di 38,68 cm2 e percentuale del 43,49% dell’area delle lesioni, mentre nel gruppo non trattato da 88,93 cm2 si è passati ad un’area totale di 63,69 cm2 con una riduzione assoluta di 25,24 cm2 e percentuale del 28,38%. L’indice di riduzione percentuale a settimana è stato di 10,87% nel primo gruppo contro 7,09% del secondo gruppo. Il vantaggio totale per il primo gruppo in termini di contrazione è stato pari al 15,11% totale e 3,75% settimanale. CONCLUSIONI. Questa esperienza, numericamente limitata, mostra come il cadexomero unguento, attraverso l’intervento sulla modulazione della matrice extracellulare, sembra essere in grado di accelerare i tempi di guarigione delle lesioni trattate. Naturalmente il buon risultato dipende soprattutto, dall’applicazione dei principi della “Wound Bed preparation” e dalla tempistica degli interventi scandita dal T.I.M.E. andando dalla semplice applicazione della medica-
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zione all’intervento di rivascolarizzazione fino al trattamento intensivo farmacologico di salvataggio d’arto. Un’altra cosa di cui si deve tener conto è che alcuni dei pazienti trattati con cadexomero unguento erano anche trattati, contrariamente all’altro gruppo, con eparina a basso peso molecolare, la quale, da alcuni dati in nostro possesso, sembra determinare riduzione dei tempi di guarigione
delle ulcere venose. Questo può avere influenzato in senso positivo la velocità di guarigione nel primo gruppo. Riteniamo, comunque, interessanti le potenzialità del cadexomero unguento come coadiuvante nell’accelerare i tempi di guarigione delle lesioni croniche degli arti inferiori e la casistica merita un ampliamento per ottenere dei dati validi sul piano statistico.
DISCORDANZA TRA VELOCITA’ DI PICCO SISTOLICO ED IMMAGING ECOGRAFICO NELLA VALUTAZIONE DELLA STENOSI ATEROMASICA DELL’ARTERIA CAROTIDE INTERNA A. Cavallini, G. Lipari, G. Armatura, L. Boninsegna, P. Regi, E. Baggio Chirurgia Generale e Vascolare B - Università di Verona INTRODUZIONE. Durante un esame eco-color-Doppler TSA (DTSA) è possibile che i parametri universalmente più utilizzati nella quantificazione di una stenosi ateromasica dell’arteria carotide interna (ICA), la velocità di picco sistolico (VPS) e l’immaging ecografico (IE), siano discordanti; in particolare è possibile riscontrare una VPS normale (≤ 120 cm/sec) a fronte di una stenosi valutata all’IE ≥ 70% o viceversa una VPS superiore a 120 cm/sec con una stenosi che all’IE risulta inferiore al 50%. Lo scopo dello studio è valutare quale delle due variabili (VPS ed IE) sia più sensibile e maggiormente predittiva della reale entità della stenosi qualora tra esse vi sia discrepanza. MATERIALI E METODI. Tutti i Pazienti sono stati esaminati con ecografo ATL 5000 ECD Philips System; la valutazione della placca all’IE è stato effettuato mediante la scala dei grigi, il color-Doppler ed il power-Doppler nelle scansioni sagittale e trasversale; si è quindi proceduti alla valutazione della stenosi dal punto di vista emodinamico mediante la misurazione della VPS. Da Gennaio 2005 a Luglio 2006 sono stati sottoposti a DTSA 1397 Pazienti, per un totale di 2794 ICA. Tra queste 402 presentavano una stenosi valutata all’IE ≤ 65% (14%) e 127 ≥ 65% (4.5%). Ogni esame è stato sottoposto a validazione da più di un operatore e tutti gli esami sono stati condotti dalla stessa equipe. I Pazienti con stenosi all’IE ≥ 70% sono stati quindi sottoposti ad angiografia digitale TSA. RISULTATI. Delle 402 ICA con stenosi ≤ 65%, 7 (1.7%) hanno mostrato una stenosi all’IE inferiore o uguale al 50% con una VPS alterata; nessuno di questi Pazienti presentava arterie con anomalie di decorso. Tra i 127 Pazienti con stenosi valutata all’IE ≥ 65%, nella maggioranza dei casi (102)
si è riscontrata una consensuale alterazione della VPS; in 25 casi (10.7%) però la VPS risultava inferiore a 120 cm/sec. Di questi 25 Pazienti, 13 (tutti quelli con stenosi ≥ 70%) sono stati quindi sottoposti ad angiografia digitale TSA, che ha confermato una stenosi ≥ 70% solo in 4 casi; in 9 casi invece è stata confermata la presenza di una placca, ma la percentuale di stenosi era inferiore al 70%. Nessun Paziente con stenosi all’IE ≤ al 50% con una VPS alterata è stato sottoposto ad angiografia. CONCLUSIONI. Riscontrare una discrepanza tra i due parametri, VPS e IE, nella valutazione di una stenosi carotidea è un evenienza rara ma che deve essere tenuta presente dal medico che esegue la diagnostica non invasiva, in particolare se la percentuale della stenosi è tale da porre indicazione ad un trattamento attivo. In questi casi è utile un approfondimento diagnostico mediante angiografia TSA o angioTC; il nostro studio dimostra che la VPS è un dato più affidabile nella valutazione della stenosi rispetto all’IE; su 13 Pazienti con stenosi dell’ICA valutata all’IE ≥ 70% ma con VPS nella norma al controllo Doppler PW, l’angiografia ha confermato una stenosi ≥ 70% soltanto in 4 Pazienti (30%); in 9 Pazienti (69%) invece la stenosi è risultata inferiore al 70%. La discrepanza tra i due criteri valutativi può derivare da condizioni cliniche del Paziente (ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco), dalla presenza di lesioni ateromasiche “tandem”, lesioni a carico della carotide controlaterale o dell’arco aortico. In questi casi può essere utile prendere in considerazione altri parametri emodinamici (quali ICA/CCA PSV ratio, l’ICA EDV, il test di Maroon) per ridurre ulteriormente i falsi positivi.
STUDIO CLINICO-SPERIMENTALE SUGLI EFFETTI DELL’IDROMASSAGGIO CON ACQUA SALSOBROMOIODICA NEL TRATTAMENTO DELLA MALATTIA VARICOSA E. Ippolito 1, S. De Luca 2, S. Sommaruga 1, G. Nappi 2 1 Istituto di Chirurgia Vascolare e Angiologia (Direttore: Prof. G.B. Agus) 2 Cattedra e Centro Studi e Ricerche di Medicina Termale (Direttore: Prof. G. Nappi) INTRODUZIONE. Nel campo dell’insufficienza venosa cronica la sindrome varicosa occupa un posto di primo piano in relazione alla sua alta frequenza che arriva sino al 20% della popolazione Europea se consideriamo non solo le varici tronculari ma anche i collaterali safenici, le varici da incontinenza multipla o isolata di vene perforanti, quelle reticolari o le teleangectasie.
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Conseguenza delle varici essenziali primitive è lo stabilirsi di una ipertensione venosa a livello della gamba con stasi localizzata o diffusa e, nei casi più gravi, alla comparsa di alterazioni del trofismo cutaneo localizzate più frequentemente a livello perimalleolare. La variabilità della patologia varicosa, che la letteratura scientifica internazionale ha cercato di inquadrare in nella classificazione denominata con
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l’acronimo CEAP rende possibile diferenti azioni terapeutiche di tipo riabilitativo. Tra queste il ricorso a metodiche termali, quali l’idromassaggio eseguito con l’utilizzo di acque termali come le salsobromoiodiche, si rileva di grande utilità. Si realizza infatti in questo caso un meccanismo sinergico tra l’azione meccanica di stimolo e attivazione del circolo venoso di ritorno effettuata dal massaggio e le azioni specifiche antiedemigene, antisettiche e antiinfiammatorie delle acque termali. MATERIALI E METODI. Ai fini dello studio sono stati selezionati due campioni di pazienti: gruppo caso: che comprendeva 34 pazienti tra i quali 5 maschi (14,7%) e 29 femmine (85,3%), con età media di 54,6 ± 9,5 anni; gruppo controllo: composto da 10 pazienti, tra i quali 1 maschio (10%) e 9 femmine (90%) con età media di 50,1 ± 11,3 anni. Tutti i pazienti arruolati erano affetti da varici agli arti inferiori appartenenti alla classe 2-3-4 della classificazione clinica CEAP. Nell’ambito dell’anamnesi specialistica eseguita in tutti i casi sono stati considerati i seguenti indicatori sintomatologici: dolore agli arti, pesantezza, parestesie, crampi notturni, ”sindrome delle gambe senza riposo“ e prurito; per tutti questi sintomi è stata indagata sia l’intensità che la frequenza. I protocolli di trattamento applicati ai due campioni sono stati i seguenti: - Il gruppo caso è stato sottoposto, a cadenza giornaliera, per 12 giorni consecutivi, ad un trattamento termale che comprendeva idromassaggio in vasca singola con acqua salsobromoiodica alla temperatura di 33 gradi per 20 minuti. - Il gruppo di controllo ha indossato per lo stesso periodo, durante tutta la giornata, una calza elastica graduata con compressione di 12 mm Hg. Ai partecipanti allo studio, nel periodo di tempo nel quale è stata condotta la sperimentazione, è stato richiesto di non modificare le abitudini di vita e l’alimentazione, nonché di non assumere nessun farmaco. Qualsiasi effetto collaterale, l’assunzione di farmaci o l’insorgenza di complicanze o di patologie concomitanti ha comportato l’esclusione dei pazienti. Le scale di misura impiegate sono state le seguenti: INTENSITA’: da 0 (assenza della sintomatologia) a 4 (massima sintomatologia). I punteggi attribuiti ad ogni sintomo venivano quindi sommati e tale somma veniva considerata come punteggio relativo all’intensità della sintomatologia. PRESENZA NELLA GIORNATA: 0 = mai - 1 = qualche volta - 2 = frequentemente - 3= sempre Anche in questo caso i punteggi attribuiti ad ogni sintomo venivano sommati e tale somma veniva considerata come punteggio relativo alla frequenza della sintomatologia. Nell’ambito dell’esame obbiettivo come indicatori sono state considerate le misurazioni centimetiche dei diametri a livello sovra malleolare, del terzo medio del polpaccio ed a metà coscia. E’ stata inoltre valutata la presenza a livello malleolare di turbe trofiche di origine venosa quali ipodermiti, eczema e pigmentazione cutanea. L’esame clinico e l’esecuzione dell’esame ecocolorDoppler a livello del distretto venoso profondo e superficiale hanno permesso di identificare l’entità e la distribuzione dei segmenti venosi superficiali incontinenti confermando per altro in tutti i casi la pervietà e continenza dell’asse venoso femoro-popliteo-tibiale bilateralmente. In entrambi i gruppi è stata verificata l’efficacia del trattamento confrontando i dati pre-post cura elaborandoli con i seguenti test:: - INDICI SINTOMATOLOGICI (frequenza e intensità): test di Wilcoxon. - MISURAZIONI CENTIMETRICHE: test “t” di student. L’eventuale maggiore efficacia dell’acqua termale è stata ricercata confrontando i risultati ottenuti nel gruppo A con quelli ottenuti nel gruppo B. RISULTATI. INDICATORI CLINICI SINTOMATICI. Per quanto riguarda l’in-
tensità della sintomatologia si è avuto in entrambi i gruppi un risultato favorevole; nel gruppo caso si è passati da 9.5 a 1 (con P< 0.05) mentre nel gruppo controllo da 8.0 a 3.0 (con P< 0.05) : i valori si riferiscono alla mediana. Nei dati relativi alla frequenza dei disturbi il punteggio pre-cura dimostra una frequenza iniziale dei sintomi superiore nel gruppo caso rispetto a quello controllo con 9 vs 5,5 (con P<0,05); dopo il trattamento la differenza varia a tal punto da essere inferiore nel gruppo caso rispetto al gruppo controllo con 1 vs 2,5 (con P<0,05). INDICATORI OBBIETTIVI. Le misurazioni centimetriche medie nel gruppo caso hanno evidenziato - a livello sovramalleolare valori di 23,18 +- 2,7 pretrattamento e 22,12 +2,6 post. (P<0.05) - a livello del polpaccio valori di 36,29 +- 3 pretrattamento (P<0.05) e 35,19 +- 5,2 post (P<0.05) - a livello del terzo medio di coscia valori di 47,56 +- 5,2 pretrattamento (P<0.05) e 45,6 +- 5 post (P<0.05). Le misurazioni centimetriche medie nel gruppo controllo hanno evidenziato - a livello sovramalleolare valori di 23 +- 1,4 pretrattamento e 23 +- 1,4 post. (n.s) - a livello del polpaccio valori di 38,5 +- 1,5 pretrattamento e 38,5 +- 1,6 post (n.s) - a livello del terzo medio di coscia valori di 53,6 +- 4,2 pretrattamento a 53,63 +- 4,2. Osservando i dati in sintesi è evidente che, per tutti e tre i diametri presi in considerazione, nel gruppo sottoposto a idromassaggio con acqua termale c’è stata una riduzione statisticamente significativa, cosa che non si è verificata per nessun diametro nel gruppo di controllo. Per quanto riguarda le alterazioni trofiche riscontrate prima del relativo trattamento in 4 pazienti del gruppo caso (2 eczemi varicosi e 2 dermatiti) e in 2 casi del gruppo controllo (2 dermatiti) è stata osservata una totale remissione nei primi e solamente una parziale guarigione nei secondi. CONCLUSIONI. Lo studio caso-controllo, idromassaggio con acqua termale salsobromoiodica versus elastocompressione di 12 mmhg graduata, effettuato in pazienti con varici essenziali della classe 2-3-4 della classificazione clinica CEAP, ha evidenziato quanto segue: - i pazienti sottoposti ad idromassaggio hanno ottenuto una riduzione della sintomatologia, sia riguardo l’intensità che la frequenza, accompagnata da una significativa riduzione centimetrica dei diametri agli arti inferiori: - il confronto con il gruppo trattato con elastocompressione ha evidenziato un maggiore e significativo effetto terapeutico nel gruppo sottoposto a terapia termale sia per quanto riguarda la sintomatologia che i segni obbiettivi rappresentati dalle misurazioni centimetriche - solamente i pazienti sottoposti ad idromassaggio con acqua termale hanno beneficiato di una completa regressione delle turbe trofiche cutanee riscontrate al momento dell’arruolamento. I risultati dello studio mostrano pertanto come l’idromassaggio rappresenti un metodica termale di grande efficacia grazie all’azione della pressione idrostatica esercitata dall’acqua che induce un aumento della vis a tergo e favorisce un maggior deflusso venoso dagli arti. A ciò si aggiungono le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche delle acque salsobromoiodiche che per il loro elevato potere osmotico determinano una significativa azione antiedemigena. L’assorbimento cutaneo delle acque salsobromoiodiche favorisce inoltre, grazie all’azione antisettica ed antinfiammatoria delle acque salsobromoiodiche , la risoluzione delle turbe trofiche, (dermiti e ipodermiti) spesso presenti negli stadi avanzati di insufficienza venosa cronica da varici essenziali complicate (classe 4 della classificazione clinica CEAP).
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LA PERSISTENZA DI FATTORI DI RISCHIO NON CONTROLLATI, INFLUENZA I RISULTATI DEL TRAINING FISICO CONTROLLATO? A. Leone 1, R. Laudani 1, G. Definite 1, R. Martini 2 E G.M. Andreozzi 2 U.Riabil.Vascol. - Clinica di Riabilitazione “Casa di Cura Carmide” Catania 2 U.O.C. di Angiologia - Azienda Ospedaliera Università Padova
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INTRODUZIONE. La claudicazione inermittente (CI), sintoma principale dell’arteriopatia obliteante periferica (AOP), ha una prevalenza variabile del 3-10% nella popolazione generale che raggiunge il 20% nella popolazione sopra i settanta anni, limitando significativamete le attività quotidiane e la qualità della vita dei pazienti. I principali obiettivi del management della CI sono la prevenzione della progressione della malattia, la prevenzione degli eventi cardiovascolari fatali e non fatali ed il miglioramento della capacità di marcia. L’opzione terapeutica primaria è l’identificazione e la correzione dei fattori di rischio, senza la quale l’efficacia di tutti gli interventi farmacologici è fortemente ridotta o compromessa. Il fumo di sigaretta è il fattore di rischio più frequente nei pazienti con CI con un ruolo importante sia nella patogenesi sia nella progressione della malattia nell’etiopatogenesi e nella fisiopatologia della malattia e causa un peggioramento duraturo della perfusione e dell’ossigenazione dei muscolare degli arti inferiori. I pazienti che continuano a fumare hanno una maggiore riduzione della capacità di marcia rispetto ai pazienti che smettono di fumare. Smettere di fumare è la prima opzione terapeutica indicata al paziente claudicante. Anche il diabete è particolarmente frequente come causa di AOP, ne anticipa la comparsa di circa un decennio ed azzera il rapporto uomo/donna presente per l’AOP non diabetica. È dimostrato che in almeno l’8% dei diabetici l’AOP è già presente al momento della diagnosi di diabete. L’ipercolesterolemia, pur essendo indicata soprattutto come fattore patogenetico, è responsabile di una sindrome da iperviscosità secondaria che riduce la perfusione, soprattutto microcircolatoria. Un adeguato intervento sulla correzione dei fattori di rischio rappresenta quindi l’opzione terapeutica principale del management della CI. Per quanto attiene il miglioramento della capacità di marcia sono disponibili varie proposte farmacologiche in grado di aumentare l’intervallo di marcia assoluto e relativo, ottenendo altresì un miglioramento della qualità della vita, tuttavia il mezzo più efficace e più raccomandato da tutte le linee guida è il training fisico controllato, che migliora la distanza di claudicazione iniziale (ICD), la distanza di claudicazione assoluta (ACD), la qualità di vita. Poiché la correzione dei fattori di rischio è presupposto imprescindibile per garantire la massima efficacia e durata di risultato delle terapie delle AOP (farmaci, interventi di rivascolarizzazione) ci è sembrato interessante valutare se la presenza/assenza di alcuni fattori di rischio e la bontà della correzione di altri, condiziona la risposta del paziente con CI al training fisico controllato. MATERIALI E METODI. 74 pazienti con CI, 33 affetti da claudicazione moderata (età media 64,93 anni, ACD 149,36±37,23 m) e 41 da claudicazione severa (età media 67,83 anni, ACD 69,04±21,86) sono stati arruolati consecutivamente presso la nostra clinica per un ciclo di training fisico controllato. È stato adottato un protocollo short-term (18 giorni, sei settimane, tre giorni la settimana) di tipo aerobico, i cui dettagli sono descritti in precedenti lavori del nostro gruppo. Prima e dopo l’allenamento sono stati misurati la distanza di claudicazione iniziale (ICD) la distanza di claudicazione assoluta (ACD) ed il tempo di recupero (TR). Il database dei risultati è stato quindi suddiviso in sette gruppi corrispondenti ai fattori di rischio presi in considerazione: fumo (diviso a sua volta in tre sottogruppi: non fumatore, fumatore, ex fumatore), diabete (assente,
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compensato, scompensato, cut-off emoglobina glicata < 7 mg%), ipercolesterolemia (assente, compensata, non compensata, cut-off LDL-Col < 100 mg/dl), body mass index (normale, sopra peso, obesità lieve), ipertensione (presente, assente), pregresso infarto miocardico (si, no), pregresso stroke (si, no). Per ognuno dei sottogruppi sono stati calcolati la media e l’errore standard di ICD, ACD e TR prima e dopo l’allenamento, ed il delta aritmetico tra il valore finale e quello iniziale. Per ogni sottogruppo i risultati di ICD ACD e TR, prima e dopo training, sono stati confrontati mediante il test T di Student. Sui delta di ogni gruppo è stata eseguita l’analisi multivariata della varianza (ANOVA). RISULTATI. 18 pazienti non avevano mai fumato, 24 fumavano più di 10 sigarette al giorno, 32 erano ex fumatori. 41 pazienti erano diabetici, solo 20 avevano una emoglobina glicata < 7%. 36 pazienti erano ipercolesterolemici e 20 di essi presentavano un LDL-Col > 100 mg/dl. 43 pazienti erano in sopra peso e 7 presentavano un’obesità lieve. 15 pazienti avevano avuto un infarto miocardico e soltanto 6 uno stroke. ICD e ACD sono aumenti in tutti i sottogruppi considerata con differenze statisticamente molto significative, mentre il TR si è ridotto in tutti i sottogruppi in modo altrettanto significativo (Tabella 1). L’analisi multivariata della varianza ha dato valori molto al di sotto della significatività di p<0,05 in tutti i gruppi e sottogruppi considerati (Tabella 2). CONCLUSIONI. La prima opportuna considerazione che desideriamo sottolineare riguarda la rilevante prevalenza, vicina al 50%, osservata nella nostra casistica di pazienti con inadeguato controllo dei fattori di rischio. Questo dato non è occasionale, ed è stato già segnalato in un altro lavoro del nostro gruppo, e a parer nostro è da attribuire alla scarsa aderenza nella pratica clinica corrente alle raccomandazioni delle linee guida. Per quanto concerne l’obiettivo di questo studio confermiamo la significativa efficacia del training fisico controllato sulla capacità di marcia del paziente con claudicazione intermittente, e sottolineiamo che la persistenza di fattori di rischio non controllati è ininfluente sul risultato del training. Questo dato è un elemento in più a favore dell’impiego routinario del training fisico controllato nel management del paziente claudicante, purtroppo ancora poco frequentemente adottato.
Anno I - Supplemento del N. 2 - Speciale SIAPAV 2007
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA: Capsule molli: Sulodexide ULS 250 Fiale: Sulodexide ULS 600 Per gli eccipienti, vedere 6.1 3. FORMA FARMACEUTICA: Capsule molli. Soluzione iniettabile. 4. INFORMAZIONI CLINICHE: 4.1 Indicazioni terapeutiche: Ulcere venose croniche. 4.2 Posologia e modo di somministrazione: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: 1 capsula 2 volte al dì, lontano dai pasti. VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: 1 fiala al dì, per somministrazione intramuscolare o endovenosa. Orientativamente si consiglia di iniziare la terapia con le fiale e, dopo 15-20 giorni, proseguire con le capsule per 30-40 giorni. Il ciclo terapeutico completo va ripetuto almeno due volte l’anno. A giudizio del medico, la posologia può essere variata in quantità e frequenza. 4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, verso l’eparina e gli eparinoidi. Diatesi e malattie emorragiche. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: VESSEL, per le sue caratteristiche farmaco-tossicologiche, non presenta particolari precauzioni d’uso. Comunque, nei casi in cui sia anche in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile controllare periodicamente i parametri emocoagulativi. Tenere fuori dalla portata dei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione: Essendo Sulodexide una molecola eparino-simile può aumentare gli effetti anticoagulanti dell’eparina stessa e degli anticoagulanti orali se somministrato contemporaneamente. 4.6 Gravidanza e allattamento: Per motivi cautelativi, se ne sconsiglia l’uso in gravidanza, anche se gli studi di tossicità fetale non hanno messo in evidenza effetti embrio-feto-tossici. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari: VESSEL non influisce o influisce in modo trascurabile sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: Segnalati occasionalmente: Capsule molli: disturbi dell’apparato gastroenterico con nausea, vomito ed epigastralgie. Fiale: dolore, bruciore ed ematoma in sede di iniezione. Inoltre, in rari casi, si può avere sensibilizzazione con manifestazioni cutanee o in sedi diverse. 4.9 Sovradosaggio: L’incidente emorragico è l’unico effetto ottenibile da un sovradosaggio. In caso di emorragia occorre iniettare, come si usa nelle ‘emorragie epariniche’, solfato di Protamina all’1% (3 ml i.v. = 30 mg). 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE: L’attività del Sulodexide si esplica mediante una spiccata azione antitrombotica sia sul versante arterioso che venoso. 5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria farmacoterapeutica: Sulodexide è classificato tra i farmaci antitrombotici eparinici - Codice ATC: B01AB11. Meccanismo d’azione: Numerosi studi clinici condotti somministrando il prodotto per via parenterale ed orale, dimostrano che l’attività antitrombotica del Sulodexide è dovuta all’inibizione dose-dipendente di alcuni fattori coagulativi tra cui, in primo luogo, il fattore Xattivato, mentre l’interferenza con la trombina, restando a livelli poco significativi, evita in genere le conseguenze di una azione anticoagulante. L’azione antitrombotica è sostenuta anche dall’inibizione della adesività piastrinica e dall'attivazione del sistema fibrinolitico circolante e di parete. Il Sulodexide, inoltre, normalizza i parametri viscosimetrici che di solito si ritrovano alterati in pazienti con patologie vascolari a rischio trombotico: tale attività si esercita principalmente mediante la riduzione dei valori di fibrinogeno. Il profilo farmacologico sin qui descritto per Sulodexide, è completato dalla normalizzazione dei valori lipidici alterati, ottenuta mediante attivazione della lipoproteinlipasi. Effetti farmacodinamici: studi volti ad evidenziare eventuali altri effetti, oltre a quelli sopra descritti, che sono alla base dell’efficacia terapeutica, hanno permesso di confermare che la somministrazione di VESSEL non mostra effetti anticoagulanti. 5.2 Proprietà farmacocinetiche: a) caratteristiche generali del principio attivo Sulodexide presenta un assorbimento attraverso la barriera gastrointestinale dimostrabile in base agli effetti farmacodinamici dopo somministrazione per via orale, intraduodenale, intraileale e rettale nel ratto di Sulodexide marcato con fluoresceina. Sono state dimostrate le correlazioni dose-effetto e dosetempo nel ratto e nel coniglio previa somministrazione per le vie sopraelencate. La sostanza marcata si accumula inizialmente nelle cellule dell’intestino per poi essere liberata dal polo sierico nel circolo sistemico. La concentrazione della sostanza radioattiva aumenta nel tempo significativamente a livello di cervello, rene, cuore, fegato, polmone, testicolo, plasma.
Prove farmacologiche eseguite nell’uomo con somministrazioni i.m. e i.v. hanno dimostrato relazioni lineari dose-effetto. Il metabolismo è risultato principalmente epatico e l’escrezione principalmente urinaria. L’assorbimento dopo somministrazione orale nell’uomo, studiato con il prodotto marcato, ha evidenziato che un primo picco ematico si determina alle 2 ore ed un secondo picco tra la quarta e la sesta ora, dopo di che il farmaco non è più determinabile nel plasma e ricompare verso la dodicesima ora, rimanendo quindi costante fin verso la quarantottesima ora. Questo costante valore ematico riscontrato dopo la dodicesima ora è probabilmente dovuto al lento rilascio del farmaco da parte degli organi di captazione ed in particolare dell’endotelio dei vasi. Escrezione urinaria: utilizzando il prodotto marcato, si è registrata una escrezione urinaria media del 55,23% della radioattività somministrata, nell’arco delle prime 96 ore. Tale eliminazione mostra un picco attorno alle 12 ore, con un valore medio urinario, nell’intervallo 0-24 ore, del 17,6% della dose somministrata; un secondo picco attorno alla 36ma ora, con eliminazione urinaria tra le 24-48 ore del 22% della dose; un terzo picco attorno alla 78ma ora con un’eliminazione di circa il 14,9% nel periodo 48-96 ore. Dopo 96 ore non è più rilevabile la radioattività nei campioni raccolti. Escrezione fecale: la radioattività totale recuperata nelle feci è del 23% nelle prime 48 ore, dopo di che non è più rilevabile la sostanza marcata. b) caratteristiche di particolare interesse per il paziente L’attività terapeutica di VESSEL è stata sempre valutata in pazienti affetti da patologie vascolari con rischio trombotico, sia sul versante arterioso che venoso. Il farmaco ha dimostrato particolare efficacia in pazienti anziani ed in pazienti diabetici. 5.3 Dati preclinici di sicurezza: - Tossicità acuta: somministrato nel topo e nel ratto, non provoca alcuna sintomatologia tossica sino alle dosi di 240 mg/kg per os; la DL50 nel topo è di >9000 mg/kg/os e 1980 mg/kg/i.p.; nel ratto la DL50 è sempre >9000 mg/kg/os e 2385 mg/kg/i.p.. - Tossicità subacuta: somministrato per 21 giorni os alla dose di 10 mg/kg nel cane, non ha dato luogo a fenomeni di intolleranza, a variazioni dei parametri ematochimici ed a modificazioni anatomo-patologiche dei principali organi. - Tossicità cronica: somministrato per os per 180 giorni alla dose di 20 mg/kg nel ratto e nel cane, non ha presentato al termine del trattamento alcuna variazione di rilievo del quadro ematologico, dei parametri urinari e fecali e dei parametri istologici a carico dei principali organi. - Tossicità fetale: alle prove di tossicità fetale nel ratto e nel coniglio (25 mg/kg per os) è risultato privo di effetti embrio-feto-tossici. - Mutagenesi: risulta sprovvisto di attività mutagena nei seguenti tests: Ames; sintesi riparativa non programmata di DNA in linfociti umani (UDS); non disgiunzione in Aspergillus; crossing over in Aspergillus; soppressori di metionina in Aspergillus. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE: 6.1 Elenco degli eccipienti: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI Sodio laurilsarcosinato, silice precipitata, trigliceridi, gelatina, glicerolo, sodio p-ossibenzoato di etile, sodio p-ossibenzoato di propile, biossido di titanio E 171, ossido di ferro rosso E 172 VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE Sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili 6.2 Incompatibilità: Sulodexide, essendo un polisaccaride acido, se somministrato in associazioni estemporanee può reagire complessandosi con tutte le sostanze basiche. Le sostanze in uso comune incompatibili nelle associazioni estemporanee per fleboclisi, sono: vitamina K, vitamine del complesso B, idrocortisone, jaluronidasi, gluconato di calcio, sali di ammonio quaternario, cloramfenicolo, tetracicline, streptomicina. 6.3 Periodo di validità: 5 anni. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione: Conservare a temperatura non superiore a 30°C. 6.5 Natura e contenuto del contenitore: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: Astuccio di cartone contenente 2 blister da 25 capsule molli cadauno. VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: Astuccio di cartone contenente vaschetta di polistirolo da 10 fiale di soluzione iniettabile in vetro scuro. 6.6 Istruzioni per l’uso: Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: ALFA WASSERMANN S.p.A. Sede legale: Via E. Fermi, n.1 - ALANNO (PE) Sede amministrativa: Via Ragazzi del '99, n. 5 - BOLOGNA 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: 250 ULS 50 capsule molli: A.I.C. n° 022629113 600 ULS soluzione iniettabile 10 fiale: A.I.C. n° 022629101 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE: 24/02/1982 - 01/06/2005 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Settembre 2007 250 ULS Capsule molli, 50 capsule. Prezzo euro 30,55 600 ULS/2 ml Soluzione iniettabile, 10 fiale. Prezzo euro 22,75 Medicinale soggetto a prescrizione medica. Classe C
Scelta vascolare Depositato presso AIFA in data 06/02/2008
cod. 01819179