FC Strumenti ed Evidenze - n°3 Novembre 2007

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TRIMESTRALE SCIENTIFICO

Anno I - n. 3, Novembre 2007

Epidemiologia clinica delle infezioni da Pseudomonas aeruginosa Guest Editor Alessandra Bragonzi Ricercatrice - Istituto Europeo per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Istituto Scientifico San Raffaele, Milano IL PROBLEMA Le infezioni da Pseudomonas aeruginosa rappresentano una delle principali cause di progressione della malattia polmonare nella fibrosi cistica e vengono considerate la principale causa di mortalità. Secondo alcuni studi, i pazienti con infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa presentano un rischio di morte 2.6 volte più elevato rispetto a pazienti con fibrosi cistica non cronicamente colonizzati da questo germe (Emerson et al, 2002). L’infezione da P aeruginosa può essere acquisita più o meno presto nel decorso della malattia. Le prime infezioni possono essere eradicate poichè i germi sono generalmente sensibili ai trattamenti antibiotici, ma successivamente la colonizzazione tende a diventare cronica e i ceppi di P aeruginosa acquisiscono caratteristiche che li rendono resistenti sia agli antibiotici che ai meccanismi di difesa immunitaria dell’ospite. P aeruginosa è un patogeno opportunista presente nell’ambiente dove viene generalmente acquisito dai pazienti. Il muco presente nelle vie aeree di pazienti con fibrosi cistica predispone alla colonizzazione da P aeruginosa ed alla formazione di biofilm dove i germi iniziano a modificare le loro caratteristiche fenotipiche e genotipiche diventando resistenti ad antibiotici e acquisendo caratteristiche di trasmissibilità da paziente a paziente. È, quindi, importante conoscerne l’epidemiologia per individuare le vie di trasmissione, controllare le prime infezioni e cercare di evitare la colonizzazione cronica. I problemi aperti, oggi maggiormente trattati in letteratura, sono: • Esistono ceppi epidemici di P aeruginosa con caratteristiche specifiche che ne determinano la trasmissibilità? • Qual è il contributo della biologia molecolare alla conoscenza dell’epidemiologia clinica della P aeruginosa nella FC? • Quali sono i serbatoi ambientali, le principali vie di trasmissione fra pazienti e come possono essere controllate? • I ceppi epidemici sono più patogeni? • Si possono sviluppare metodi rapidi e utilizzabili clinicamente per identificare i ceppi epidemici? • Evitando, o ritardando, la colonizzazione da P aeruginosa si migliora la prognosi della malattia? • Quali sono le strategie di controllo ottimali?


Anno I, N. 3 - Novembre 2007 Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 341 del 28/05/2007

Guest Editor Alessandra Bragonzi Ricercatrice - Istituto Europeo per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Impaginazione Sinergie S.r.l.

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Direttore responsabile Mauro Rissa

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Redazione Sinergie S.r.l.

3 Età del primo contagio 6 Trasmissione e Genopatizzazione 9 Riconoscimento di ceppi problematici. Il ceppo Manchester 9 Fonti di infezioni crociate in centri FC 10 Sorveglianza e strategie di controllo. Il caso di Melbourne

Alessandra Bragonzi è ricercatrice dell’Istituto Europeo per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica presso l’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. Durante la sua carriera scientifica si è dedicata allo studio della patogenesi di infezioni polmonari causate da Pseudomonas aeruginosa, Burkholderia cepacia e Staphylococcus aureus in pazienti con fibrosi cistica, prima presso l’Università Eberhard Karls di Tuebingen (Germania) e poi a Milano. I suoi attuali campi di studio sono tutti attinenti all’infezione in fibrosi cistica e finalizzati alla caratterizzazione di cambiamenti fenotipici e genotipici durante l’adattamento di P. aeruginosa al polmone di pazienti con fibrosi cistica, meccanismi di resistenza agli antibiotici e all’immunità innata e sviluppo di modelli animali di infezione acuta e cronica da utilizzare come modelli pre-clinici.

Finito di stampare nel mese di Novembre 2007


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Età del primo contagio Non esistono modelli che descrivano le varie fasi di infezione/colonizzazione da P aeruginosa nella fibrosi cistica ma in base all’analisi della letteratura ed a esperienze consolidate possono essere riconosciute tre fasi. Nella maggioranza dei casi la prima infezione è inizialmente occasionale e può anche scomparire da se, essa è seguita da una infezione intermittente e solo in una percentuale limitata di casi la prima infezione corrisponde a colonizzazione cronica. La fase intermittente è più o meno prolungata, con periodi anche di diversi mesi negativi. Una percentuale di pazienti, infine, viene cronicamente colonizzata. In alcuni pazienti le fasi di intermittenza e colonizzazione cronica si distinguono, ma talora possono essere riconosciute fasi intermedie di colonizzazione probabile, anche se non del tutto accertata. In effetti, la definizione di cronicità richiederebbe, secondo la definizione più accettata, la dimostrata presenza nelle basse vie aeree di P aeruginosa in tre campioni consecutivi ottenuti nell’arco di sei mesi, ma nella pratica clinica vi sono situazioni chiaramente intermedie. Questa definizione soffre di alcuni limiti. Le tecniche di campionamento sono diverse e vanno dal tampone faringeo profondo, allo sputo indotto, al campionamento da lavaggio broncoalveolare e rilevano germi residenti in diversi distretti delle vie aeree. È quindi

70-80% 100

negative

1a positività

possibile che i ceppi di P aeruginosa che colonizzano le alte vie aeree non siano rappresentativi delle porzioni più distali del polmone e l’applicazione di diverse tecniche può dare esiti diversi. Altro limite risiede nella frequenza delle osservazioni, dato che non tutti i pazienti sono sottoposti a regolari controlli mensili. La Figura 1 presenta un tentativo di modellizzazione dell’infezione da P aeruginosa nella fibrosi cistica. Sono state descritte diverse casistiche e l’età della prima infezione è assai variabile, essendo legata a condizioni locali, alle pratiche di segregazione dei pazienti e all’aggressività di trattamento della prima infezione. Il dato epidemiologicamente più rilevante, perché ottenuto sulla più ampia casistica oggi disponibile, è quello del registro della Cystic Fibrosis Foundation e viene periodicamente aggiornato. La Figura 2 riguarda il dato pubblicato nel 2005 e riporta la prevalenza di infezione da diversi germi rilevanti per la fibrosi cistica nei pazienti recensiti dal registro CFF. Il 25-30% circa dei pazienti ha colture positive nel primo anno di vita. La forza di questo dato dipende dalla numerosità della casistica, il suo limite, però, è dovuto alla grande disomogeneità di procedure adottate dai diversi centri americani per definire l’infezione.

Positività intermittente

20%

25%

Colonizzazione 20%

10%

Probabile colonizzazione

25%

10%

Figura 1. Modello di fasi di infezioni da P aeruginosa nella fibrosi cistica. Fonte: (I dati numerici sono stati forniti da BM Assael, comunicazione personale, dati non pubblicati riguardanti la casistica del Centro FC di Verona)

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Respiratory Infections vs Age

100

P. aeruginosa

Percent of patients

80

Overall Percentage in 2005: P. aeruginosa 56.4%

60

S. aerus 51.8% S. aerus

H. influeza 17.0%

40 H. influeza

S. maltophilia 12.3% MRSA

20

B. cepacia complex 3.1%

S. maltophilia

0 0 to 1

MRSA 17.2%

B. cepacia

2 to 5

6 to 10

11 to 17

18 to 24

25 to 34

35 to 44

45+

Figura 2. Prevalenza delle infezioni da Pseudomonas aeruginosa e da altri germi riportata dal registro americano. Fonte: Cystic Fibrosis Foundation, Patient Registry 2005 Annual Report, Bethesda, Maryland. © 2006 Cystic Fibrosis Foundation. Disponibile sul sito www.cff.org

West et al nel 2002 hanno pubblicato uno studio la cui importanza sta nell’aver seguito una casistica molto omogenea, diagnostica per screening neonatale, in maniera longitudinale confrontando tre elementi: positività alla coltura orofaringea o dell’espettorato, ottenuta semestralmente, positività anticorpale nei confronti di vari antigeni di P aeruginosa, fra cui l’esotossina A e comparsa di sintomi. I pazienti erano tutti liberi da infezione all’inizio del periodo di osservazione e la positività immunitaria è stata considerata

Age-Specific Prevalence, %

No P aeruginosa 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

Age, Y No. 56 53 52 48 49 47 46 43 44 44 44 39 34 30 20 17 13

come indicativa di prima infezione. I segni clinici considerati sono stati radiologici, secondo un punteggio elaborato dagli autori (Wisconsin Cystic Fibrosis Radiograph-WCFR- Scoring System) o la comparsa di sintomi (tosse) rilevata dai genitori. I dati dimostrano che l’aumento del titolo anticorpale, come pure i segni e sintomi clinici sono rilevabili ben prima della positività della coltura microbiologica. I titoli anticorpali nei confronti dell’esotossina A erano significativamente elevati mediamente 5.6

Nonmucoid P aeruginosa 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Age, Y 56 53 52 48 49 47 46 43 44 44 44 39 34 30 20 17 13

Mucoid P aeruginosa 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Age, Y 56 53 52 48 49 47 46 43 44 44 44 39 34 30 20 17 13

Figura 3. Prevalenza dell’infezione da P aeruginosa a diverse età (Li et al, 2005) nella casistica del Wisconsin diagnosticata alla nascita e seguita longitudinalmente.

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A Timing of Nonmucoid P aeruginosa Infection

B Timing of Mucoid P aeruginosa Infection

C Transition Time From Nonmucoid to Mucoid P aeruginosa Infection

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Age, Y

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Age, Y

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Time, Y

No. at Risk 56 24 16 8 4 4 3 3 2 1 1 1 1 0 0 0 0

No. 56 55 50 48 46 43 40 37 36 32 26 18 14 13 7 2 1

No. 53 50 45 42 40 37 34 29 25 22 17 12 10 7 4 1 0

Proportion

1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0

Figura 4. Intervallo di tempo tral’infezione da P aeruginosa non mucoide e mucoide e durata del periodo di transizione nella casistica del Wisconsin con diagnosi per screening neonatale. I pazienti presentano una prima infezione da ceppo non mucoide a un’età mediana di 1-0 anni e un’infezione da ceppo mucoide a un’età mediana di 13 anni con una mediana di tempo di transizione di 10.9 anni. (da Li et al 2005)

mesi prima della positività delle colture. Inoltre, la probabilità di infezione era associata ad un più prolungato contatto con bambini, più grandi, con infezione cronica e a un più prolungato trattamento con antibiotici non efficaci contro P aeruginosa. Questo studio dimostra che l’infezione precede di vari mesi la positività della coltura orofaringea o dell’escreato e che i bambini con positività colturale per P aeruginosa sviluppano sintomi respiratori più precoci. Si può anche concludere che l’esposizione a bambini con infezione cronica è un fattore di rischio per contrarre una prima infezione. Di particolare interesse risulta essere il punteggio radiologico elevato secondo una scala di gravità elaborata dagli autori, associato alla presenza di P aeruginosa. La Figura 3 riporta un altro aspetto dell’epidemiologia delle infezioni da P aeruginosa, sempre ottenuto dai ricercatori del Wisconsin relativo al follow up longitudinale di pazienti con diagnosi da screening neonatale. In questo caso oltre all’età della prima infezione è stata valutata la prevalenza per età di ceppi mucoidi di P aeruginosa, in grado cioè di sintetizzare alginato, caratteristica ritenuta importante nel determinare la formazione di colonie resistenti all’eradicazione e al trattamento antibiotico. La Figura 4 riporta le curve di Kaplan-Meier per gli stessi eventi. La Figura 5 mostra il rapporto fra punteggio radiologico (punteggio più elevato = peggiore) e tipo di infe-

zione e sottolinea l’importanza epidemiologica e clinica dei ceppi mucoidi di P aeruginosa nel decorso della malattia respiratoria nella fibrosi cistica.

Wisconsin Chest Radiograph Score 35 30 25 20 15 10 5 0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Age, y 45 0 10 0 3 4 3 3 1 1 1 0 0 3 2 35 0 37 31 32 26 30 18 15 15 8 0 0 0 0 1 4 4 6 7 12 13 9 8

0 6 7

0 4 6

0 1 2

0 0 2

Figura 5. Andamento del punteggio radiologico in pazienti con infezione da ceppo mucoide di P. aeruginosa (linea continua spessa) con infezione da ceppo di P. aeruginosa non mucoide (linea continua sottile) e senza infezione da P. aeruginosa (linea tratteggiata) nel follow up dello studio del Wisconsin sullo screening neonatale. Un punteggio più elevato indica una radiologia peggiore.

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Trasmissione e Genotipizzazione La conoscenza del genoma di P aeruginosa permetterà di stabilire meglio aspetti patogenetici ed epidemiologici. Oggi sono disponibili tecniche di genotipizzazione che permettono di stabilire le vie di trasmissione dei germi e anche di individuare meglio i motivi di maggiore patogenicità apparentemente legata ad alcuni ceppi. Una ricerca condotta in Belgio ha particolare rilevanza da un punto di vista epidemiologico. (Van daele et al 2006) In Belgio sono 840 circa i pazienti inclusi nel registro nazionale. Sono stati raccolti campioni di escreato, o aspirato nasofaringeo o tampone faringeo, da 276 pazienti colonizzati da P aeruginosa e seguiti nei vari centri del paese. In tutti i centri, tranne uno, viene seguita una politica di segregazione dei pazienti colonizzati. La genotipizzazione veniva eseguita a partire da colonie cresciute su agar McConckey e fenotipicamente diverse ad occhio nudo. Una prima analisi è stata eseguita utilizzando il metodo Randomly amplification of polymorphic DNA (RAPD) ed una seconda analisi, su un numero più limitato di campioni, ha utilizzato la fAFLP (fluorescent amplified fragment length polymorphism). Su 213 ceppi di P aeruginosa isolati sono stati identificati 163 diversi genotipi. La maggioranza dei pazien-

ti era colonizzata da un singolo genotipo, 48 pazienti ne presentavano due e cinque pazienti ne presentavano tre. Sono stati identificati 13 “cluster” definiti come gruppi di pazienti con lo stesso genotipo. Escludendo i fratelli, 66 pazienti sono risultati colonizzati da genotipi condivisi da altri. Cinque pazienti presentavano due genotipi condivisi con altri. I “cluster” erano costituiti da un numero di pazienti variabile da due (sei diversi cluster) a 12 (un cluster). Alcuni cluster erano costituiti da pazienti appartenenti a diversi centri. In questi casi, si è accertata un’esposizione comune dei pazienti in luoghi di riabilitazione o di incontro. È stato elaborato un punteggio per valutare la frequenza di esposizione fra pazienti e, confrontando i pazienti colonizzati da ceppi condivisi con quelli che albergavano ceppi geneticamente unici e distinti, si è stabilita una differenza significativa. La condivisione di ceppi di P aeruginosa era, come ci si poteva aspettare, più elevata fra i fratelli. Nessuno dei ceppi isolati in Belgio era sovrapponibile a quelli epidemici individuati nel Regno Unito. Questo studio è il primo condotto a livello nazionale e dimostra la possibilità di trasmissione di germi fra pazienti anche non appartenenti agli stessi cen-

DIZIONARIO DI GENOTIPIZZAZIONE Pulsed field gel electrophoresis (PFGE): è una tecnica standard per la separazione di ampi frammenti di DNA attraverso elettroforesi in campo pulsato. Due ceppi si considerano correlati se differiscono per meno di 2-3 frammenti. Possono essere identificati grandi riarrangiamenti genomici ma la tecnica non identifica mutazioni su singoli geni. Randomly amplification of polymorphic DNA (RAPD): amplificazione casuale di frammenti di DNA genomico tramite PCR utilizzando primers con sequenza nucleotidica arbitraria. La presenza di mutazioni nel DNA previene il riconoscimento del primer e il risultato del RAPD diventa così di difficile interpretazione. Amplified fragment length polymorphism (AFLP): è un metodo molto sensibile per riconoscere simultaneamente polimorfismi in differenti regioni del DNA genomico. Il metodo è utilizzato per identificare variazioni genetiche in ceppi geneticamente correlati e appartenenti alla stessa specie.

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tri, quando vi sia stata una condivisione di esposizione. Tuttavia, bisogna riconoscere che i metodi di identificazione genotipica possono identificare con certezza ceppi diversi della stessa specie, ma non possono escludere differenze in ceppi clonali. Infatti, i vari metodi si basano su analisi di solo alcune parti di genoma e ad esempio non identificano mutazioni a livello di singoli geni. Alcuni autori hanno confrontato la concordanza di diversi metodi (RAPD, fALP, PFGE) arrivando a sostenere che i risultati sono sufficientemente paragonabili. Restano, tuttavia, reali rischi sia di sottostima che di sovrastima della trasmissibilità di ceppi di P aeruginosa, con importanti ricadute pratiche. Le più significative analisi di trasmissibilità dei ceppi all’interno di singoli centri sono state condotte in Australia, a Manchester e a Liverpool e hanno dimostrato che la percentuale di pazienti colonizzati da ceppi condivisi variava da 14 a 60% (Cheng et al, 1996; Jones e al 2001; Armstrong et al. 2002). Nuove tecniche di genotipizzazione prevedono l’utilizzo di kit diagnostici basati su DNA spottati. È stato recentemente sviluppato un kit che utilizza 77 specifici oligonucleotidi per P aeruginosa. Parte di questi oligonucleotidi sono stati disegnati per riconoscere singoli polimorfismi nucleotidici (SNPs) nelle regioni conservate del genoma del germe e discriminano diversi ceppi della stessa specie con una specificità del 99,7%. La restante porzione di oligonucleotidi riconosce invece geni accessori del genoma e presenti nelle isole di patogenicità. Il metodo è stato recentemente testato su 240 ceppi di P aeruginosa di diverse origini (ambientali, pazienti FC e pazienti non FC con infezione da P aeruginosa) e confrontato con il metodo classico di genotipizzazione tramite PFGE. Il confronto tra DNA spottato e PFGE ha dimostrato la sovrapposizione completa di risultato (Wiehlmann et al 2007). Rispetto ai metodi classici questo metodo ha la possibilità non solo di genoti-

pizzare i ceppi di P aeruginosa e definire quindi aspetti epidemiologici, ma anche di avere informazioni sulla presenza di geni correlati alla virulenza e quindi stabilire aspetti patogenetici.

CEPPI EPIDEMICI Il primo ceppo epidemico di P aeruginosa in pazienti con fibrosi cistica è stato identificato a Liverpool e fu quella segnalazione a indicare la possibilità di trasmissione di ceppi fra i pazienti e la necessità di strette regole di segregazione. Oggi questo ceppo è largamente diffuso in alcuni centri del Regno Unito. Una delle questioni dibattute in infettivologia è se i ceppi di patogeni con maggior tendenza alla trasmissione da uomo a uomo siano anche maggiormente patogeni. Trasmissibilità e patogenicità potrebbero essere biologicamente legate. Si potrebbe ipotizzare che un ceppo più patogeno abbia maggior facilità ad aderire alle cellule della mucosa bronchiale e a formare colonie permanenti (biofilm). Da questo punto di vista lo studio di Al-Aloul et al (2004) presenta una particolare importanza anche per le sue rilevanti conseguenze sul piano pratico delle politiche di segregazione attuate nei centri di riferimento. Questo studio si basa sull’analisi dell’andamento clinico di pazienti seguiti nel centro di Liverpool risultati positivi o meno per il ceppo epidemico LES (Liverpool Epidemic Strain) descritto per la prima volta nel 1996 (Cheng et al, 1996). I ceppi di P aeruginosa isolati nel centro sono stati genotipizzati e i pazienti sono stati suddivisi in base alla continua positività o meno per il ceppo LES nel periodo 1998-2002. Sono stati analizzati i dati clinici di 12 pazienti per gruppo simili per condizioni cliniche ed età all’inizio del periodo. Sono stati esclusi i pazienti positivi per B cepacia e sono stati valutati i parametri spirmetrici, nutrizionali e clinici dal 1998 al 2002. I dati dimostrano che i pazienti colonizzati da LES

Al-Aloul M, Crawley J, Winstanley C, Hart CA, Ledson, MJ, Walshaw MJ. Increased morbidity associated with chronic infection by an epidemic Pseudomonas aeruginosa strain in CF patients. Thorax 2004;59:334–336.

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25 24 23 22 21 20 19 18 17

FEV1 % predicted

BMI (kg/m2)

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1998

1999

Unique PA

2000

2001

2002

95 90 85 80 75 70 65 60 55 50

Epidemic PA

1998

1999

Unique PA

Figura 6. Valori medi di BMI in un gruppo di pazienti con infezione cronica da ceppo non epidemico di P aeruginosa (Unique Pa) e con infezione cronica da ceppo epidemico (Epidemic Pa) seguiti nel Centro FC di Liverpool. (Da Al-Aloul et al, 2004)

2000

2001

2002

Epidemic PA

Figura 7. Andamento della funzione respiratoria in un gruppo di pazienti con infezione cronica da ceppo non epidemico di P aeruginosa (Unique Pa) e con infezione cronica da ceppo epidemico (Epidemic Pa) seguiti nel Centro FC di Liverpool. (Da Al-Aloul et al, 2004)

hanno avuto un maggior declino di funzione polmonare nel periodo dello studio con una FEV1% finale significativamente diverse (media 65.0% v 82.6%, p,0.03). Anche lo stato nutrizionale è risultato peggiore (Differenza media di BMI 19.4 v 22.7, p,0.02). Questo studio dimostra, con dati clinici, che esiste un rapporto fra trasmissibilità e patogenicità, fatto precedentemente poco chiaro. Inoltre viene dimostrato in questo studio che i ceppi trasmissibili tendono anche ad avere una maggior resistenza agli antibiotici. Il ceppo LES può superinfettare anche pazienti già colonizzati da altri ceppi non trasmissibili e ciò pone problemi per l’attuazione di politiche di segregazione. Infatti, tali strategie tendono, al più, ma non in tutti i centri, a tenere separati i pazienti con infezione da P aeruginosa al fine di ridurre il rischio di contagio per pazienti non colonizzati. Questo studio

inglese dimostra anche che esistono ceppi trasmissibili e ceppi che non lo sono e sarebbero solo i primi a dover essere oggetto di una stretta politica di segregazione e che ogni paziente colonizzato da un ceppo epidemico deve essere isolato perché potrebbe provocare una superinfezione di pazienti già colonizzati da ceppi P aeruginosa non epidemici. Purtroppo, però solo la genotipizzazione permette di riconoscere i ceppi epidemici che non sono distinguibili né in base alle caratteristiche morfologiche né in base alla loro sensibilità agli antibiotici. La Fig. 6 riporta l’andamento del BMI dei pazienti infettati da ceppo LES e da ceppi non epidemici nel centro FC di Liverpool e la Fig. 7 l’andamento della funzione respiratoria. La Tabella 1 dimostra che a questo si associava una maggior necessità di trattamento per i pazienti infettati da ceppo epidemico.

Tabella 1. Necessità di trattamento di pazienti del Centro FC di Liverpool con infezione cronica da P aeruginosa da ceppo epidemico (ceppo LES) o non epidemico (da Al-Aloul et al, 2004). Media, DS e range

Ricoveri Visite ambulatoriali Esacerbazioni polmonari con trattamenti EV Giorni complessivi di terapia antibiotica

8

Ceppo epidemico n=12 1.6 (1.4; 0.2-4.4) 6.3 (1.3; 3.8-8.0) 4.1 (1.9; 1.8-7.8) 39.0 (26.5; 4.4-150.8)

Ceppo non epidemico n=12 0.7 (0.5; 0-1.6) 6.1 (1.4: 4.0-9.4) 3.1 (1.0; 1.4-4.6) 23.1 (13.2; 0.0-42.2)

Valore di p 0.07 0.51 0.24 0.09


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Riconoscimento di ceppi problematici. Il ceppo Manchester Mettendo insieme dati clinici, microbiologici e genetici è possibile ottenere importanti informazioni sull’epidemiologia della P aeruginosa e questo permette di identificare precisi meccanismi patogenetici. Come detto precedentemente il ceppo identificato per la prima volta a Liverpool nel 1996 ha particolari caratteristiche: si trasmette da un paziente all’altro, provoca superinfezione e può sostituire ceppi non epidemici in un paziente, può trasmettersi anche a familiari sani ed è più patogeno. Un altro ceppo critico è stato isolato poco più tardi a Manchester (il ceppo detto MA). Esso non è chiaramente associato a maggiore patogenicità ma i

pazienti da esso colonizzati richiedono un numero di trattamenti antibiotici superiori a quanto necessario per i pazienti colonizzati da ceppi unici e non condivisi. Il problema dei ceppi trasmissibili e della loro potenziale maggiore patogenicità rende necessaria la loro identificazione. Questo può solo avvenire usando metodi di tipizzazione genetica che non sono sufficientemente rapidi per un’applicazione di utilità clinica. Per questo si cerca di sviluppare dei metodi che permettano di riconoscere rapidamente markers di DNA come è stato fatto per il ceppo MA da Lewis et al (2005).

Fonti di infezioni crociate in centri FC La maggior parte dei pazienti contrae l’infezione da P aeruginosa prima dell’età adulta. In generale le coppie di fratelli sono colonizzati da ceppi uguali, mentre negli altri casi si tratta di ceppi diversi. Tuttavia, sono state descritti molti casi di infezioni crociate quando i pazienti hanno stretti contatti, in particolare quando si organizzavano campeggi per favorire l’incontro fra i pazienti., ma diffusioni di ceppi epidemici sono anche state descritte nell’ambito dei centri per la cura della fibrosi cistica. Nello studio di Jones et al. (2003) sono state ricercate le vie di diffusione di ceppi trasmessi fra pazienti eseguendo una serie di rilevazioni ambientali, compresi campionamenti di aria ambiente dalle stanze dei degenti. I singoli ceppi di P aeruginosa sono stati

idenificati con la tecnica del fingerprinting. Gli autori hanno individuato proprio nell’aria ambientale, prelevata dalle sedi in cui venivano eseguite le spirometri o le terapie nebulizzanti o esercizi di fisioterapia, la fonte di diffusione dei ceppi trasmessi fra pazienti, mentre non sono risultate contaminate le superfici di mobili o oggetti. Essi concludono che la diffusione aerosolica rappresenta la principale fonte di rischio per la trasmissione di ceppi di P aeruginosa all’interno di un centro fibrosi cistica. Gli autori raccomandano che i pazienti siano ricoverati in stanze singole per eseguire la spirometria, la fisioterapia respiratoria e le terapie nebulizzanti e di segregare per coorti i pazienti portatori di ceppi epidemici.

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Sorveglianza e strategie di controllo. Il caso di Melbourne Griffiths AL, Jamsen K, Carlin JB, et al. Effects of segregation on an epidemic Pseudomonas aeruginosa strain in a cystic fibrosis clinic. Am J Resp Crit Care Med 2005; 171: 1020–1025.

Armstrong DS, Nixon GM, Carzino R, Bigham A, Carlin JB, Robins-Browne RM, Grimwood K. Detection of a Widespread Clone of Pseudomonas aeruginosa in a Pediatric Cystic Fibrosis Clinic Am J Respir Crit Care Med 2002; 166:983–987.

L’effetto devastante di ceppi trasmissibili e le possibili misure di sorveglianza e controllo sono ben illustrati dal caso del Centro pediatrico di Melbourne. Dal 1991 al 1996, si sono verificati cinque decessi di bambini di meno di cinque anni. Essi erano colonizzati da ceppi di P aeruginosa mucoidi e multiresistenti che all’analisi con PFGE avevano un pattern di macrorestrizione non distinguibile, quindi si poteva trattare di un ceppo epidemico. Il sistema di sorveglianza iniziato nel 1999 ha messo in luce che il 55% dei pazienti con infezione cronica era colonizzato da ceppi identici o strettamente correlati con quelli identificati in questi cinque

bambini. Non sono state riconosciute fonti ambientali e si è supposto che si trattasse di una trasmissione da persona a persona. Era probabile che questi ceppi fossero fortemente patogeni dato che i pazienti da essi colonizzati necessitavano trattamenti antibiotici più aggressivi. A partire dal 2000, sono state prese misure di stretta sorveglianza, organizzati incontri con pazienti e operatori e si è ricorso a una stretta segregazione dei pazienti che prevedeva la suddivisione in colonizzati da ceppi epidemici, non epidemici e altri. Queste misure hanno portato a una significativa riduzione della prevalenza di ceppi epidemici. (Tabella 2).

Tabella 2. Prevalenza di P aeruginosa nel centro FC di Melbourne prima (1999) e dopo (2000) l’istituzione di strette misure di segregazione (Griffiths et al 2005) Ceppo epidemico Gruppo di età (anni)

Prevalenza nel 1999 (numerosità del gruppo)

Prevalenza nel 2002 (numerosità del gruppo)

Rischio relativo

IC 95%

P

<10

0.26 (39)

0.07 (41)

0.29

(0.08, 0.96)

0.03

10-12

0.47 /34)

0.18 (34)

0.38

(0.17, 0.84)

0.01

13-15

0.45 (42)

0.39 (36)

0.86

(0.51, 1.46)

0.57

≥ 16

0.58 (38)

0.45 (38)

0.77

(0.49,1.21)

0.25

10


Anno I - n. 3, 2007

Jones AM, Dodd ME, Govan JRW, Doherty CJ, Smith CM, Isalska BJ, Webb AK. Prospective Surveillance for Pseudomonas aeruginosa Cross-Infection at a Cystic Fibrosis Center. Am J Respir Crit Care Med Vol 171. pp 257–260, 2005. sole di prevenire la diffusione di ceppi, mentre si dimostrano efficaci regole di stretta segregazione. I dati significativi sono riportati nella Tabella 3.

Questo lavoro, basato su un’osservazione di 4 anni delle infezioni crociate da P aeruginosa in un singolo centro adulti mostra come misure semplici di seregazione non permettano da

Tabella 3. Incidenza e prevalenza di infezioni da ceppi di P aeruginosa trasmissibile nel Centro Adulti CF di Manchester in un periodo di 4 anni Anno

1999

2000

2001

2002

2003

N totale di pazienti

216

221

228

250

243

N dipazienti con infezione cronica da PA

156

164

184

186

176

28

31

35

40

45

Nuovi casi di superinfezione da ceppi trasmissibili

Non rilevato

6

5

7

8

Decessi di pazienti colonizzati da ceppi trasmissibili

Non rilevato

2

0

2

5

Pazienti colonizzati da ceppi trasmissibili

Conclusioni e prospettive di ricerca L’infezione cronica da P aeruginosa rappresenta un punto di svolta nella storia naturale della fibrosi cistica ed è legata a un peggioramento delle condizioni respiratorie, in ultima analisi con un maggior rischio di insufficienza respiratoria e di morte. Ogni sforzo deve essere quindi rivolto al controllo dell’infezione. La P aeruginosa è presente nell’ambiente e non sono ancora chiari i meccanismi attraverso cui un ceppo ambientale tenda a infettare l’uomo e a colonizzare cronicamente i pazienti con fibrosi cistica. Una risposta a questi quesiti verrà dall’epidemiologia molecolare di P aeruginosa ambientale, ospedaliere e colonizzanti i pazienti. Si potrà così forse identificare il fattore o la combinazione di fattori che porta alla colonizzazione e a una maggiore patogenicità di alcuni ceppi di P aeruginosa rispetto ad altri. Nel frattempo, l’epidemiologia molecolare permette di sviluppare strategie di controllo nell'ambito dei centri. Si possono riconoscere ceppi epidemici, valutare la trasmissione da un paziente all'altro e, quindi, l'efficacia delle misure di prevenzione. L’epidemiologia molecolare permetterà forse anche di capire se, nel corso della progressione della malattia, i ceppi colonizzanti di P aeruginosa acquisiscano caratteristiche diverse, per esempio quali siano i meccanismi di acquisizione di resistenza agli antibiotici e alle difese immunitarie dell'ospite, quali quelli che li rendono capaci di formare biofilm e se questi siano fra essi correlati. Si potranno poi caratterizzare fattori di virulenza non ancora noti, ma che possono essere fondamentali nel determinare la patogenicità del germe e utilizzarli come potenziali bersagli per lo sviluppo di nuove terapie antimicrobiche. Si aprono, così, importanti prospettive di ricerca che si dovranno basare sulla raccolta sistematica di ceppi da ambienti clinici e dai pazienti e sulla capacità di studiarli in stretto rapporto con le storie cliniche dei pazienti.

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Anno I - n. 3, 2007

Bibliografia • Al-Aloul M, Crawley J, Winstanley C, Hart CA, Ledson, MJ, Walshaw MJ. Increased morbidity associated with chronic infection by an epidemic Pseudomonas aeruginosa strain in CF patients. Thorax 2004;59:334-336. • Armstrong DS, Nixon GM, Carzino R, Bigham A, Carlin JB, Robins-Browne RM, Grimwood K. Detection of a Widespread Clone of Pseudomonas aeruginosa in a Pediatric Cystic Fibrosis Clinic Am J Respir Crit Care Med 2002; 166:983-987. • Cheng K, Smith R, Govan JRW, Doherty. Spread of beta-lactam resistant Pseudomonas aeruginosa in a cystic fibrosis clinic Lancet 1996;348:856. • Emerson J, Rosenfeld M, McNamara S, Ramsey B, Gibson RL. Pseudomonas aeruginosa and other predictors of mortality and morbidity in young children with cystic fibrosis. Pediatr Pulmonol 2002;34:91-100. • Griffiths AL, Jamsen K, Carlin JB, et al. Effects of segregation on an epidemic Pseudomonas aeruginosa strain in a cystic fibrosis clinic. Am J Resp Crit Care Med 2005; 171: 1020-1025. • Jones AM, Govan JRW, Doherty CJ, Dodd ME, Isalska • BJ, Stanbridge TN, Webb AK. Identification of airborne dissemination of epidemic multiresistant strains of Pseudomonas aeruginosa at a CF centre during a cross infection outbreak. Thorax 2003;58:525-527.

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FC Strumenti ed evidenze è una rivista monografica, trimestrale, dedicata al mondo della fibrosi cistica. Essa si prefigge di trattare argomenti solitamente “meno battuti” dal mondo medico e di offrire, quindi, un contributo originale a chi si occupa della cura dei pazienti o dell’organizzazione dell’assistenza. FC Strumenti ed evidenze si propone quindi come strumento per la ricerca clinica e per la valutazione dei sistemi assistenziali della fibrosi cistica. La rivista contiene articoli elaborati internamente dalla redazione con il contributo di esperti del settore, a livello nazionale ed internazionale. Ogni numero viene curato da un Guest editor che ne garantisce la validità scientifica e la completezza. L’editore sarà lieto di accogliere proposte ed eventuali contributi per la redazione di numeri monografici che verranno valutati dalla redazione. Sono anche accettati contributi di esperti che vogliano proporsi come Guest editor di una monografia. Le proposte possono essere inviate a sinergie.milano@virgilio.it

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE BRAMITOB 300 mg/4 ml soluzione da nebulizzare 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un contenitore monodose da 4 ml contiene Tobramicina 300 mg. Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione da nebulizzare. Soluzione limpida di colore da lievemente giallo a giallo. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia prolungata dell’infezione polmonare cronica da Pseudomonas aeruginosa in pazienti con fibrosi cistica, di età non inferiore ai 6 anni. 4.2 Posologia e modo di somministrazione BRAMITOB è solo per uso inalatorio e non va utilizzato per via parenterale. La dose consigliata per adulti e bambini è pari ad un contenitore monodose (300 mg) due volte al giorno (mattino e sera) per un periodo di 28 giorni. L’intervallo tra le due dosi deve essere il più vicino possibile alle 12 ore e comunque non inferiore alle 6 ore. Dopo 28 giorni di terapia i pazienti devono interrompere il trattamento con BRAMITOB per i 28 giorni successivi. Si deve rispettare il regime a cicli alterni (un ciclo di 28 giorni di terapia seguiti da 28 giorni di interruzione del trattamento). Il dosaggio non è stabilito in base al peso corporeo. È previsto che tutti i pazienti ricevano una fiala di BRAMITOB (300 mg di tobramicina) due volte al giorno. In studi clinici controllati, il trattamento con BRAMITOB a cicli alterni sopradescritto ha determinato miglioramento della funzionalità polmonare, con risultati che si mantengono al di sopra dei valori iniziali anche nel periodo di interruzione della terapia. Negli studi clinici con BRAMITOB non ci sono dati in pazienti di età inferiore ai 6 anni ed in pazienti infettati da colonie di B. cepacia. L’efficacia e la sicurezza di BRAMITOB non è stata studiata in pazienti con FEV1 <40% o >80% del previsto. La terapia deve essere iniziata da un medico con esperienza nel trattamento della fibrosi cistica. Il trattamento con BRAMITOB deve essere continuato su base ciclica fino a che il medico curante ritenga che il paziente tragga benefici dall’inclusione di BRAMITOB nel regime di trattamento. Nel caso in cui si presentasse un deterioramento clinico dello stato polmonare, si deve considerare l’opportunità di intervenire con una terapia antipseudomonale aggiuntiva. Studi clinici hanno dimostrato che risultati microbiologici indicanti resistenza al farmaco in vitro non precludono necessariamente un beneficio clinico per il paziente in termini di miglioramento della funzionalità polmonare.

Istruzioni per l’uso BRAMITOB è una soluzione acquosa sterile, priva di conservanti, non pirogena, contenente 75 mg/ml di tobramicina. Il contenitore monodose deve essere aper to immediatamente prima dell’uso; l’eventuale soluzione non utilizzata immediatamente non deve essere conservata per un riutilizzo, ma deve essere eliminata. La somministrazione di BRAMITOB va effettuata rispettando rigorosamente le norme igieniche generali. L’apparecchiatura usata deve essere pulita e funzionante; il nebulizzatore, di uso strettamente personale, va tenuto accuratamente pulito e deve essere regolarmente disinfettato. Istruzioni per l’apertura del contenitore: 1) Flettere il contenitore monodose nelle due direzioni 2) Staccare il contenitore monodose dalla striscia prima sopra e poi al centro 3) Aprire il contenitore monodose ruotando l'aletta nel senso indicato dalla freccia 4) Esercitando una moderata pressione sulle pareti del contenitore monodose far uscire il medicinale e versarlo nell’ampolla del nebulizzatore. L’intero contenuto del contenitore monodose (300 mg) versato nel nebulizzatore va somministrato tramite un’inalazione della durata di circa 10-15 minuti, utilizzando un nebulizzatore riutilizzabile PARI LC PLUS con un compressore adeguato. Si considerano adeguati i compressori che, una volta attaccati ad un nebulizzatore PARI LC PLUS, emettono un flusso di 4-6 l/min e/o una contropressione di 110-217 kPa. BRAMITOB viene inalato mentre il paziente è seduto o in piedi e respira normalmente attraverso il boccaglio del nebulizzatore. Una molletta per il naso può aiutare il paziente a respirare attraverso la bocca. Il paziente deve continuare il proprio regime standard di fisioterapia respiratoria. L’uso di

broncodilatatori appropriati va continuato a seconda della necessità clinica. Nel caso in cui i pazienti ricevano diverse terapie respiratorie, se ne raccomanda l’assunzione nel seguente ordine: broncodilatatore, fisioterapia respiratoria, altri farmaci per via inalatoria ed infine BRAMITOB. BRAMITOB non deve essere miscelato con altri medicinali per uso inalatorio.

Istruzioni per la pulizia e la disinfezione del nebulizzatore Terminata la nebulizzazione il nebulizzatore va smontato, i singoli pezzi (eccetto il tubo) vanno puliti accuratamente con acqua calda e detersivo liquido, risciacquati ed asciugati con un telo pulito, asciutto e privo di pelucchi. Per la disinfezione del nebulizzatore, da effettuarsi regolarmente, si consiglia di immergere le singole parti (eccetto il tubo), pulite come descritto sopra, in una soluzione di una parte di aceto e tre parti di acqua molto calda, per un’ora; poi risciacquare con acqua calda ed asciugare accuratamente con un telo pulito. Terminata la disinfezione, la soluzione di aceto va immediatamente eliminata. In alternativa la disinfezione può essere effettuata mediante bollitura in acqua per 10 minuti. 4.3 Controindicazioni La somministrazione di BRAMITOB è controindicata in tutti i pazienti con ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi aminoglicoside. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego

Avvertenze generali Per informazioni relative alla somministrazione nel corso della gravidanza e dell’allattamento vedi il paragrafo 4.6 “Gravidanza e allattamento”. BRAMITOB deve essere usato con cautela nei pazienti con disfunzione renale accertata o sospetta, uditiva, vestibolare o neuromuscolare o con emottisi grave in atto. Broncospasmo Il broncospasmo può insorgere in seguito a somministrazione di medicinali per via inalatoria ed è stato segnalato anche con tobramicina nebulizzata. La prima dose di BRAMITOB deve essere somministrata sotto controllo medico, usando un broncodilatatore pre-nebulizzazione, se questo fa già parte del trattamento in atto per il paziente. Il FEV1 (volume espiratorio forzato) deve essere misurato prima e dopo la nebulizzazione. Se vi è evidenza di broncospasmo indotto dalla terapia in un paziente che non riceve un broncodilatatore, il trattamento deve essere ripetuto in un’altra occasione usando un broncodilatatore. L’insorgenza di broncospasmo in presenza di una terapia con broncodilatatore può indicare una reazione allergica. Se si sospetta una reazione allergica BRAMITOB deve essere sospeso. Il broncospasmo va trattato nel modo clinicamente appropriato. Disturbi neuromuscolari BRAMITOB deve essere usato con grande cautela nei pazienti affetti da disturbi neuromuscolari quali Parkinsonismo o altre condizioni caratterizzate da miastenia, inclusa la miastenia grave, poichè gli aminoglicosidi possono aggravare la debolezza muscolare a causa di un potenziale effetto curarosimile sulla funzione neuromuscolare. Nefrotossicità Nonostante la nefrotossicità sia stata associata alla terapia con aminoglicosidi per via parenterale, non c’è stata evidenza di nefrotossicità negli studi clinici con BRAMITOB, considerata la ridotta esposizione sistemica. Il medicinale va comunque usato con cautela nei pazienti con accertata o sospetta disfunzione renale e devono essere controllate le concentrazioni sieriche di tobramicina. I pazienti con grave insufficienza renale non sono stati inclusi negli studi clinici. L’attuale prassi clinica prevede che sia valutata la funzionalità renale di base. La funzionalità renale deve inoltre essere rivalutata periodicamente controllando i livelli di urea e creatinina almeno ogni 6 cicli completi di terapia con BRAMITOB (180 giorni di trattamento con tobramicina per nebulizzazione). In caso di evidenza di nefrotossicità, la terapia con tobramicina deve essere interrotta fino a quando le concentrazioni sieriche minime di farmaco scendano al di sotto di 2 µg/ml. La terapia con BRAMITOB può essere poi ripresa a discrezione del medico. I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapia con un aminoglicoside per via parenterale devono essere tenuti sotto stretto controllo, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa. Ototossicità In seguito all’uso di aminoglicosidi per via parenterale è stata riportata ototossicità che si è manifestata sia come tossicità uditiva (ipoacusia) che come tossicità vestibolare (vertigini, atassia o capogiri). Nel corso della terapia con BRAMITOB, nell’ambito di studi clinici controllati, sono stati osservati ipoacusia (0,5% dei casi) e vertigini (0,5% dei casi), di entità modesta e reversibili. Il medico deve considerare la possibilità che gli aminoglicosidi causino tossicità


vestibolare e cocleare ed eseguire controlli appropriati della funzione uditiva nel corso della terapia con BRAMITOB. Nei pazienti con un rischio predisponente, dovuto ad una precedente terapia con aminoglicosidi per via sistemica prolungata, può essere necessario considerare l’opportunità di accertamenti audiologici prima dell’inizio della terapia con BRAMITOB. La comparsa di tinnito impone cautela, poichè si tratta di un sintomo di ototossicità. Se il paziente riferisce tinnito o perdita dell’udito nel corso della terapia con aminoglicosidi, il medico deve considerare l’opportunità di predisporre accertamenti audiologici. I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapia con aminoglicosidi per via parenterale devono essere sottoposti a controlli clinici, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa.

Emottisi L’inalazione di soluzioni nebulizzate può indurre il riflesso della tosse. L’uso di tobramicina inalatoria nei pazienti affetti da emottisi grave in atto è consentito solamente se i benefici connessi al trattamento sono considerati superiori ai rischi di indurre ulteriore emorragia. Resistenza microbica Negli studi clinici, in alcuni pazienti trattati per via inalatoria con BRAMITOB è stato osservato un aumento delle Concentrazioni Minime Inibitorie (MICs) di aminoglicosidi per isolati di P. aeruginosa testati. Esiste un rischio teorico che i pazienti in trattamento con tobramicina nebulizzata possano sviluppare isolati di P. aeruginosa resistenti alla tobramicina per via endovenosa. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre for me di interazione Nell’ambito degli studi clinici, i pazienti che hanno assunto tobramicina per via inalatoria contemporaneamente a mucolitici, β agonisti, corticosteroidi per via inalatoria ed altri antibiotici antipseudomonas orali o parenterali, hanno mostrato eventi avversi simili a quelli del gruppo di controllo non trattato con tobramicina. L’uso concomitante e/o sequenziale di tobramicina per via inalatoria con altri medicinali potenzialmente nefrotossici o ototossici deve essere evitato. Alcuni diuretici possono aumentare la tossicità degli aminoglicosidi alterando le concentrazioni dell’antibiotico nel siero e nei tessuti. Tobramicina per via inalatoria non deve essere somministrata contemporaneamente ad acido etacrinico, furosemide, urea o mannitolo. Altri medicinali che hanno dimostrato di aumentare la potenziale tossicità degli aminoglicosidi somministrati per via parenterale sono: amfotericina B, cefalotina, ciclosporina, tacrolimus, polimixina (rischio di aumentata nefrotossicità); composti del platino (rischio di aumentata nefrotossicità e ototossicità); anticolinesterasici, tossina botulinica (effetti neuromuscolari). 4.6 Gravidanza ed allattamento BRAMITOB non deve essere utilizzato in corso di gravidanza e allattamento, a meno che i benefici per la madre non siano superiori ai rischi per il feto o il neonato.

Gravidanza Non esistono adeguati dati sull’uso di tobramicina somministrata tramite inalazione a donne gravide. Studi su animali non indicano un effetto teratogeno della tobramicina (vedi paragrafo 5.3 “Dati preclinici di sicurezza”). Tuttavia gli aminoglicosidi possono causare danni al feto (per esempio sordità congenita) quando alte concentrazioni sistemiche vengono raggiunte in una donna gravida. Se BRAMITOB viene usato nel corso della gravidanza, o se la paziente rimane incinta nel corso della terapia con BRAMITOB, è necessario informarla del rischio potenziale per il feto. Allattamento La tobramicina somministrata per via sistemica viene escreta nel latte mater no. Non si è a conoscenza se la somministrazione di tobramicina per via inalatoria determini concentrazioni nel siero sufficientemente elevate da consentire la rilevazione della tobramicina nel latte materno. A causa del pericolo potenziale di ototossicità e nefrotossicità connesso all’assunzione della tobramicina da parte dei bambini, è necessario decidere se interrompere l’allattamento o la terapia con BRAMITOB. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari Sulla base delle reazioni avverse note, è da considerarsi improbabile la possibilità che BRAMITOB influenzi la capacità di guidare e usare macchine. Ciononostante, sia pure in casi molto rari, è possibile l’insorgenza di capogiri e/o vertigine. Di ciò dovrà tenere conto chi si accinge alla guida. 4.8 Effetti indesiderati Negli studi clinici controllati sono stati segnalati eventi avversi, non necessariamente correlati al trattamento, in una percentuale di casi trattati con BRAMITOB non superiore a quella osservata nei casi trattati con placebo. Gli eventi più frequenti sono stati quelli relativi al sistema respiratorio (tosse, rantoli, dispnea,

aumentata espettorazione, riduzione del FEV1). Sulla totalità degli eventi è stato dato un giudizio di correlazione positiva con il trattamento (reazioni avverse) nel 14,7% dei casi con BRAMITOB e nel 17,3% dei casi con placebo. Le reazioni avverse segnalate con BRAMITOB e con placebo nella sperimentazione clinica sono riportate di seguito. Le reazioni avverse sono classificate in: comuni (>1/100, <1/10); non comuni (>1/1.000, <1/100); rare (>1/10.000, <1/1.000); molto rare (<1/10.000).

Con BRAMITOB: Infezioni e infestazioni Non comune: candidosi orale. Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare Non comune: vertigini, ipoacusia. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Comune: dispnea, tosse, rantoli, aumentata espettorazione, raucedine, alterazioni della voce. Non comune: riduzione del FEV1 Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Comune: nausea. Non comune: ipersecrezione salivare, glossite. Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash. Indagini diagnostiche Non comune: aumento delle transaminasi. Con Placebo: Infezioni e infestazioni Comune: candidosi orale. Non comune: bronchite. Alterazioni del sistema nervoso Comune: cefalea. Alterazioni cardiache Non comune: tachicardia. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Comune: dispnea, tosse, rantoli, aumentata espettorazione. Non comune: riduzione del FEV 1 , raucedine. Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Comune: nausea, ipersecrezione salivare, vomito. Non comune: diarrea. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione Non comune: dolore al torace. Indagini diagnostiche Non comune: aumento delle transaminasi. Gli esami di laboratorio ed i test audiometrici, effettuati al fine di valutare possibili segni e sintomi di nefrotossicità o ototossicità, non hanno evidenziato differenze clinicamente significative tra BRAMITOB e placebo. È noto che l’utilizzo in terapia di tobramicina per via inalatoria può determinare la comparsa delle seguenti reazioni avverse: Infezioni e infestazioni Molto rara: infezione micotica, candidosi orale. Alterazioni del sangue e sistema linfatico Molto rara: linfoadenopatia. Alterazioni del metabolismo e della nutrizione Rara: anoressia. Alterazioni del sistema nervoso Rara: capogiri, emicrania. Molto rara: sonnolenza. Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare Rara: tinnito, perdita dell’udito. Molto rara: disturbi dell’orecchio, dolore all’orecchio. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Non comune: alterazione della voce, dispnea, aumento della tosse, faringite. Rara: broncospasmo, disturbi polmonari, aumento dell’escreato, emottisi, ridotta funzionalità polmonare, laringite, epistassi, rinite, asma. Molto rara: iperventilazione, ipossia, sinusite. Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Rara: nausea, ulcerazioni alla bocca, vomito, perversione del gusto. Molto rara: diarrea. Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo Rara: eruzioni cutanee. Alterazioni dell’apparato muscoloscheletrico e tessuto connettivo Molto rara: dolore alla schiena. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione Rara: dolore toracico, astenia, febbre, dolore. Molto rara: dolore addominale, malessere. Gli aminoglicosidi per via parenterale sono stati associati ad ipersensibilità, ototossicità e nefrotossicità (vedi paragrafi 4.3 “Controindicazioni”e 4.4“Speciali avvertenze e opportune precauzioni d’impiego”). 4.9 Sovradosaggio Per somministrazione inalatoria la tobramicina ha una ridotta biodisponibilità sistemica. I sintomi da sovradosaggio di aerosol possono comprendere grave raucedine. In caso di ingestione accidentale di BRAMITOB, la tossicità è improbabile, poichè la tobramicina viene scarsamente assorbita dal tratto gastrointestinale integro. In caso di somministrazione per errore di BRAMITOB per via endovenosa è possibile che si presentino segni e sintomi di un sovradosaggio di tobramicina parenterale che comprendono capogiri, tinnito, vertigini, perdita di capacità uditiva, difficoltà respiratoria e/o blocco neuromuscolare e danno renale. La tossicità acuta va trattata interrompendo immediatamente la somministrazione di BRAMITOB ed eseguendo esami di funzionalità renale. Le concentrazioni di tobramicina nel siero possono essere utili per controllare il sovradosaggio. In qualsiasi caso di sovradosaggio va considerata la possibilità di interazioni tra farmaci, con alterazioni della eliminazione di BRAMITOB o di altri medicinali. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Codice ATC: J01GB01 Proprietà generali La tobramicina è un antibiotico aminoglicosidico prodotto dallo Streptomyces tenebrarius. La sostanza agisce


6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Cloruro di sodio, acqua per preparazioni iniettabili, acido solforico e idrossido di sodio per aggiustare il pH. 6.2 Incompatibilità BRAMITOB non deve essere diluito o miscelato nel nebulizzatore con nessun altro medicinale. 6.3 Periodo di validità 2 anni. Il contenuto dell’intero contenitore monodose va utilizzato immediatamente dopo la sua apertura (vedi paragrafo 4.2 “Istruzioni per l’uso”). Il periodo di validità indicato si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Conservare tra +2 e +8° C (in frigorifero). Conservare nel contenitore originale. Una volta tolte dal frigorifero, le buste contenenti BRAMITOB possono essere

6.6 Istruzioni per l’uso Vedi par. 4.2 “Posologia e modo di somministrazione”. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CHIESI FARMACEUTICI S.p.A., Via Palermo 26/A - PARMA 8. NUMERO DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 16 contenitori monodose: 036646014 - 28 contenitori monodose: 036646026 - 56 contenitori monodose: 036646038 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE: 2 3 Marzo 2006 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Determinazione AIFA del TABELLA DI APPARTENENZA DPR 309/90 Non soggetto. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, utilizzabile in ambito ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile o in ambito extraospedaliero, secondo le disposizioni delle regioni e delle province autonome.

Cod. 902764

5.3 Dati preclinici di sicurezza Gli studi preclinici hanno dimostrato che la somministrazione di tobramicina per via sistemica è correlata a segni e sintomi di nefrotossicità ed ototossicità. Negli studi di tossicità per dose ripetuta, gli organi bersaglio sono i reni e le funzioni vestibolari/cocleari. In generale, la tossicità si vede a livelli sistemici di tobramicina più elevati rispetto a quelli raggiungibili alle dosi utilizzate in terapia per via inalatoria. In studi preclinici, la somministrazione prolungata di tobramicina per via inalatoria ha determinato modesti segni di irritazione a livello del tratto respiratorio, non specifici e completamente reversibili, e segni di tossicità renale, reversibili alla sospensione del trattamento, evidenti alle dosi più alte. Non sono stati effettuati studi di tossicologia riproduttiva con tobramicina somministrata per via inalatoria, ma la somministrazione sottocute durante l’organogenesi e nella prima fase dello sviluppo fetale di dosi fino a 100 mg/Kg/die, nel ratto, non si è rivelata teratogena. Nel coniglio dosi di 20-40 mg/Kg s.c. hanno provocato tossicità materna e aborti, ma senza evidenza di effetti teratogeni. Tenendo conto dei dati disponibili sugli animali non si può escludere un rischio di tossicità (ototossicità) a livelli di esposizione prenatale. In diversi test in vitro e in vivo la tobramicina non è risultata mutagena.

6.5 Natura e contenuto del contenitore BRAMITOB viene fornito in contenitori monodose da 4 ml di polietilene, in buste sigillate contenenti ciascuna 4 contenitori monodose. Astucci da 16, 28 e 56 contenitori monodose. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

Materiale ad esclusivo uso della Classe Medica

5.2 Proprietà farmacocinetiche Per via parenterale è necessario somministrare dosi elevate di tobramicina affinchè si raggiungano nell’escreato concentrazioni inibitorie sullo Pseudomonas aeruginosa, con il rischio di reazioni avverse sistemiche. Per via inalatoria è possibile invece somministrare concentrazioni adeguate di tobramicina direttamente a livello endobronchiale, riducendo l’ esposizione sistemica e di conseguenza il rischio di ototossicità e nefrotossicità. Per somministrazione inalatoria di 300 mg di BRAMITOB a pazienti con fibrosi cistica, si raggiunge nell’escreato una concentrazione massima di 1289 mcg/g dopo circa 30 minuti, mentre nel plasma si raggiunge una concentrazione massima pari a 758 ng/ml dopo circa 1,5 ore; i livelli plasmatici si riducono con andamento monoesponenziale, con una emivita di eliminazione terminale di 4,5 ore. L’eliminazione della quota assorbita in circolo avviene per filtrazione glomerulare.

conservate (intatte o aperte) fino a 25°C per un periodo massimo di 3 mesi. La soluzione del contenitore monodose di BRAMITOB è normalmente di colore da lievemente giallo a giallo; si potrebbero osservare alcune variazioni di colore che non indicano una perdita di attività del medicinale se lo stesso è conservato in modo corretto.

Dep. AIFA in data 14/02/06

principalmente interferendo con la sintesi delle proteine, causando così l’alterazione della permeabilità della membrana cellulare, la progressiva disgregazione dell’involucro cellulare ed infine la morte della cellula. La tobramicina svolge un’azione battericida a concentrazioni pari o leggermente superiori rispetto a quelle che svolgono un’azione inibitoria. La tobramicina è attiva principalmente nei confronti dei bacilli aerobi gram-negativi, mentre ha scarsa attività sui microrganismi anaerobi e sulla maggior parte dei batteri grampositivi. La tobramicina è più attiva della gentamicina sullo Pseudomonas aeruginosa e su alcuni ceppi di Proteus; circa il 50% dei ceppi di Pseudomonas aeruginosa che sono resistenti alla gentamicina rimangono sensibili alla tobramicina. La tobramicina è risultata efficace nell’eradicare lo Pseudomonas aeruginosa anche per somministrazione locale per aerosol e per instillazione intratracheale, in modelli sperimentali di polmonite nella cavia e di infezione polmonare cronica nel ratto. Per somministrazione aerosolica all’uomo, i valori di MIC della tobramicina sono notevolmente superiori a quelli noti per somministrazione parenterale, a causa dell’effetto inibitorio locale esercitato dall’escreato di pazienti affetti da fibrosi cistica nei confronti dell’attività biologica dell’antibiotico aminoglicosidico somministrato per nebulizzazione. Tuttavia, negli studi controllati effettuati con BRAMITOB, le concentrazioni di tobramicina raggiunte nell’escreato sono risultate adeguate per determinare l’eradicazione dello Pseudomonas aeruginosa nel 30% e oltre dei pazienti trattati.


cod. 903025 Rivista dep. AIFA in data ..../..../2007

CH I SOFFRE DI FIBROSI CISTICA HA BISOGNO DI UN SOSTEGNO

CH I E S I SARÀ SEMPRE AL VOSTRO FIANCO.

Dep. AIFA in data 14/02/06

CONTINUO.


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