Riflessioni Universo Pediatria - n°2 Giugno 2007

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TRIMESTRALE A CARATTERE SCIENTIFICO Anno II, N. 2 - Giugno 2007

Delle afte incredibili

“...quando un lattante di tre settimane è un po’ più giallo del lecito…!

R.L., ragazzo di 12 anni, viene ricoverato con la diagnosi di afte multiple, comparse negli ultimi giorni, con peggioramento progressivo

Un neonato a termine, dimesso in benessere e con buona alimentazione al seno, torna a controllo dopo tre settimane dalla dimissione perché i genitori lo vedono giallo: cosa fare??

Aggiornamenti farmacologici. Febbre, infiammazione, dolore nel bambino

Una sindrome di West S., una bambina di 6 mesi, figlia di genitori non consanguinei, con anamnesi familiare negativa per malattie neurologiche degenerative o metaboliche giunge ad un centro di neurologia pediatrica ...

Una diagnosi prenatale R. nasce a termine dopo una diagnosi ecografica, alla 34a settimana, di voluminosa massa cistica …

Un anello vascolare F., 35 giorni, alla visita di controllo presentava scarso accrescimento ponderale, respiro rumoroso e pianto rauco

Edizione


Presentazione

Universo

ia r t a i Ped

In questo numero vengono ancora proposti casi per

Anno II, N. 2 Giugno 2007

immagini.

Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 607 del 02/10/2006

Essi riguardano un caso di eritema polimorfo che viene

Editore SINERGIE S.r.l. Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 Milano Sede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel./Fax 02 58118054 E-mail: sinergie.milano@virgilio.it Direttore responsabile Mauro Rissa Redazione Sinergie S.r.l. Coordinatori e consulenti scientifici Baroukh Maurice Assael Direttore Centro Fibrosi Cistica Regione Veneto - Verona

presentato dal Prof. Gelmetti assieme a una discussione sulla diagnosi differenziale delle malattie bollose autoimmuni e di cui si discutono anche le tipiche manifestazioni cliniche. Altre immagini interessanti sono quelle relative ai reperti RM dell’encefalo in un caso di sindrome di Aicardi e delle lesioni corioretiniche in esso riscontrate. Vengono poi riportate le immagini relative a un caso in cui si poneva la diagnosi differenziale in un piccolo lattan-

Milena Bray Pediatra

te con “pianto rauco” con anomalia vascolare dell’aorta e

Impaginazione Sinergie S.r.l.

della succlavia sinistra.

Stampa Galli Thierry Stampa S.r.l. Via Caviglia, 3 - 20139 Milano

Infine, viene posto il problema diagnostico di una neona-

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ta che presentava alla nascita una voluminosa massa cistica a livello del collo e del volto, risultata poi essere una malformazione linfatica. Speriamo che anche in questo caso l’iconografia riportata e la discussione dei casi attraverso una ricerca su Internet (il nostro Internet café) rappresentino un utile

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Delle afte incredibili ... quando un lattante di tre settimane è un po’ più giallo del lecito…! Una sindrome di West Un anello vascolare Una diagnosi prenatale AGGIORNAMENTI FARMACOLOGICI. FEBBRE, INFIAMMAZIONE, DOLORE NEL BAMBINO

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Confronti farmacologici sul trattamento della febbre

strumento di approfondimento per il pediatra.

La redazione


Delle afte incredibili R.L., ragazzo di 12 anni, viene ricoverato con la diagnosi di afte multiple, comparse negli ultimi giorni, con peggioramento progressivo a cura di Carlo Gelmetti, Adina Frasin Nella storia i genitori riferivano che negli ultimi 10 giorni non aveva assunto alcun tipo di farmaco, ma che altri episodi simili erano accaduti in passato anche se meno gravi. All’esame clinico si osservavano erosioni dolorose del cavo orale con vasto distacco della mucosa e salivazione abbondante (Fig. 1), associate a febbricola e lieve malessere; al volto si notava anche la presenza di alcuni piccoli elementi rotondeggianti, con piccola crosta sierosa centrale. Nei giorni successivi, col deteriorarsi delle condizioni generali, comparivano altre bolle ed erosioni in sede genitale accompagnate da lesioni cutanee bollose “a coccarda” con disco centrale eritematoso, un anello più pallido ed uno eritematoso in periferia (Fig. 2). Parallelamente si procedeva con prelievo per routine più ricerca anticorpi anti HSV, anti M. pneumoniae, tamponi cutanei per identificare altri microrganismi con esito negativo. In base all’esame obbiettivo e al decorso clinico veniva posta dia-

gnosi di Eritema polimorfo maggiore (Sindrome di Stevens-Johnson) e quindi istaurata terapia sistemica steroidea con risposta in 24 ore e guarigione completa in pochi giorni. L’assenza di lesioni vescicolose disposte a grappolo e la presenza di altri episodi in passato ci hanno permesso di escludere la stomatite erpetica primaria. Ulteriormente l’esame citologico di Tzank e la ricerca tramite PCR hanno escluso la natura erpetica delle lesioni. Malattie bollose autoimmuni come il pemfigo o il pemfigoide bolloso sono di estrema rarità nell’età pediatrica e comunque la ricerca delle cellule tipiche all’esame citologico risultava negativa. La diagnosi di afte, fatta numerose volte in passato (le afte sono ulcere isolate, non bolle confluenti!), non veniva ovviamente presa in considerazione e quindi anche la diagnosi di malattia di Behcet non poteva essere considerata. L’eritema polimorfo è una patologia che colpisce soggetti giovani, in

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buona salute, spesso di sesso maschile. Dal punto di vista clinico le tipiche lesioni cutanee a coccarda possono essere singole (eritema polimorfo minore) oppure accompagnate da lesioni erosive delle mucose (eritema polimorfo maggiore). La malattia può far seguito ad un infezione virale o batterica, più spesso l’herpes simplex. Altre volte può essere espressione di reazione avversa a farmaci, ma talora non viene identificata la causa trattandosi quindi di una forma idiopatica, come nel nostro caso. Nella forma minore il decorso è benigno, con risoluzione spontanea in circa 3 settimane. Nella forma maggiore con disturbi generali tipo febbre, artralgia, mialgia, etc si impone una gestione diversa con una terapia volta a limitare i rischi correlati alle manifestazioni mucose. Accanto alle terapie di supporto, sono state proposte le immunoglobuline EV ad alte dosi nel momento della crisi ed una terapia profilattica a lungo corso con acyclovir per os.

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... quando un lattante di tre settimane è un po’ più giallo del lecito…! Un neonato a termine, dimesso in benessere e con buona alimentazione al seno, torna a controllo dopo tre settimane dalla dimissione perché i genitori lo vedono giallo: cosa fare ?? Dr. Paolo Manzoni Neonatologia e TIN Ospedaliera. Ospedale Sant’Anna. Torino Daniele F. è un neonato di 38+3 sett EG, nato da taglio cesareo per mancata progressione in travaglio di parto a termine, ed iniziali alterazioni del cardiotocogramma. Madre e figlio sono entrambi di gruppo 0 Rh pos. La gravidanza era decorsa tranquillamente e tutti i controlli effettuati alla madre erano risultati nella norma. Il suo peso neonatale era di 3210 g, l'Apgar di 8/9. Alla visita d'ingresso in Reparto, a pochi minuti dalla nascita, Daniele si presentava in buone condizioni generali, pianto vivace, colorito roseo-eritrosico, modesta succulenza diffusa. Veniva inviato in rooming-in e la madre (già alla seconda esperienza in breve tempo per via di un fratellino di 20 mesi) lo iniziava ad attaccare al seno, ottenen-

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do una buona risposta in termini di suzione e di iniziale produzione di colostro. Effettuati i routinari controlli, terapie ed esami (vit.K 1 mg i.m. alla nascita, screening, otoemissioni, etc.), Daniele veniva dimesso in terza giornata di vita, in benessere, con alimentazione al seno già instaurata e peso di 3000g. Ai genitori veniva raccomandato di far visitare il bambino dal proprio pediatra entro una settimana. Il bambino viene invece riportato in Reparto a 16 gg dalla dimissione per un controllo ambulatoriale non previsto. I genitori affermano che -poiché il piccolo stava bene e mangiava bene al seno (alimentazione a latte materno esclusiva)- non lo avevano portato ancora dal Pediatra di base; tuttavia, negli ultimi giorni lo

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avevano visto assumere un colorito tendente al “giallino” e pertanto avevano ritenuto opportuno farlo visitare da noi. Alla visita il bimbo si presenta in condizioni di trofismo sufficienti, discreta vivacità, pianto valido e ben evocabile. Il colorito è roseo-subitterico diffuso, le estremità asciutte; le sclere e le mucose del cavo orale sono egualmente subitteriche. All'esame obiettivo, AR e AC si presentano nella norma. L'addome è piano, trattabile; fegato e milza sono palpabili a 1 dito dall'arco. Il podice ed il cavo orale sono detersi; la fontanella è modicamente depressa, le mucose poco idratate. La T° esterna è di 37.4 C, la Sat Hb02 è del 95-96%, la FC è di 138/min con toni puri e ritmici.


Il peso è di 3250 g. (cioè 250g. in più che alla dimissione avvenuta 16 giorni prima).

COMMENTO N. 1 • Il bambino è cresciuto benino nei primi 16 giorni dopo la dimissione, sebbene non in maniera eclatante (250 g in 16 gg. = circa 110 g/sett. í da ricordare che l'accrescimento medio di un lattante ben alimentato al seno è di 150200/sett.) • Non vengono riferiti né febbre, né vomito, né alvo irregolare, né sintomi neurologici. • E allora? Quali esami fare ? E per quali ipotesi? Di seguito si riportano gli esiti degli accertamenti effettuati in regime d'urgenza: > GB 11250, • Emocromo ----N 68% • PRC = 24 mg/dl • Dextrostix: 75 mg/dl • Bilirubina totale: 15.8 mg/dl, con bilirubina diretta = 1.2 mg/dl • AST=23 UI/l; ALT= 34 UI/l; gammaGT= 98 UI/l. > pH 7.38, pCO2 44, • EGA ----pO2 56, HCO3= 22 mEq/l

COMMENTO N. 2 Chiaramente, si tratta di un ITTERO PROTRATTO in un neonato allattato al seno. Essendo un ittero a bilirubina quasi totalmente indiretta, le cause chirurgiche (dall'atresia delle vie biliari alle cisti del coledoco congenite), malformative a tipo colostasico (Alagille, Byler etc.) e situazioni rare da difetto di escrezione epatica (Dubin-Johnson, Rotor) possono venire escluse. Ma quale ne è l'origine?

Il bambino viene posto in Fototerapia, ma la diagnostica differenziale, a questo punto, impone una serie di esami e provvedimenti: • Sospensione temporanea, per 24 ore, del latte materno, onde valutare se se si verifica un calo di almeno 2 punti nei valori di bilirubina sierica (esiste, e non è rara, la interazione con gli epatociti da parte di un metabolita estrogenico presente nel latte materno e capace di interferire con la glicuronazione della bilirubina). • Alimentazione adeguata con Latte Artificiale (un apporto caloricamente insufficiente può accentuare lo stress e quindi costituire fattore promovente l'ittero). > • Esecuzione di G6PD (----favismo), Resistenze globulari > sferocitosi, acantocitosi), (----> emoelettroforesi dell'Hb (----globinopatie varie). • Esecuzione di Coombs diretto ed indiretto (per quanto l'ittero da incompatibilità di Gruppo sia già stato escluso in base alle determinazioni effettuate alla nascita su sangue cordonale). • Esecuzione di Es Urine ed Urocultura. Gli esami ematochimici non riservano particolari sorprese e permettono di escludere tutte le cause “rare” di ittero menzionate in precedenza. Dopo 24 ore di sospensione del latte materno, la bilirubina sierica è scesa da 15.8 a 12.9 mg/dl. E' possibile che tutto questo sia merito solo della Fototerapia? Oppure il latte materno c'entra qualcosa? Il dilemma sarebbe risolvibile solo con una prova di “scatenamento”, cioè reintroducendo il latte materno e vedendo se la bilirubina “sale” di nuovo.

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In realtà, giunge nel frattempo il risultato dell'esame urine: pH 7.5, densità 1030, chetoni +, emazie ++, leucociti ++. Sedimento: varie cellule di sfaldamento, leucociti 5-10 per campo, batteri 10-20 per campo. Il laboratorio di Microbiologia, su nostra richiesta, ci dichiara che sull'Urocultura sta crescendo, dopo sole 36 ore, un germe Gram-negativo che verrà in seguito identificato come un E. Coli. A questo punto, la diagnosi è più vicina. Si tratta di una IVU, che si è tradotta clinicamente -in questo lattante- più come ittero che come altri sintomi. Da ricordare, comunque, l'accrescimento non eccelso, e gli indici sierici di infezione lievemente alterati. Una terapia con antibiotico attivo su E. Coli, la supplementazione con probiotici, e il ritorno al latte materno (che naturalmente avviene senza alcun nuovo rialzo della bilirubina) saranno sufficiente a far sfumare progressivamente l'ittero e a permettere una crescita “di recupero” di questo lattante pari a +200g in 5 giorni. In un secondo tempo, verranno comunque eseguiti alcuni opportuni esami strumentali (Eco Addome superiore e inferiore) che escluderanno patologie morfo-funzionali di base a carico dell'apparato nefrourinario.

COMMENTO FINALE ….. l’ittero è una patologia epatica, ma non sempre nel lattante ha la sua origine nel fegato…..!

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Una sindrome di West S., una bambina di 6 mesi, figlia di genitori non consanguinei, con anamnesi familiare negativa per malattie neurologiche degenerative o metaboliche giunge ad un centro di neurologia pediatrica per deterioramento psicomotorio, perdita del contatto visivo e accessi di movimenti di flessione di tutto il corpo (evidenti in clusters di 10-20 alla volta in particolare al risveglio), comparsi nel corso dell’ultima settimana

Non vi sono dati anamnestici di rilievo relativi alla gravidanza, al travaglio ed al periodo perinatale e neonatale. Lo sviluppo psicomotorio viene riferito lievemente ritardato. La circonferenza cranica è al 10° percentile (alla nascita era al 25°). La piccola non presenta note dismorfiche. All’esame neurologico sono presenti un ipertono generalizzato con segni piramidali (ipertono e ROT aumentati prevalentemente agli arti inferiori, clono, Babinski positivo); la piccola non afferra, non rotola, non

si solleva sulle braccia (solo sui gomiti) e, apparentemente, non segue alcuno stimolo visivo. Durante la visita compare una raffica di circa 25 spasmi in flessione con deviazione oculare L’esame elettroencefalografico dimostra la tipica ipsaritmia e viene posta la diagnosi di Sindrome di West. Una RM encefalo mostra l’assenza del corpo calloso (Fig. 1) oltre alla presenza di isole eteropiche di sostanza grigia subependimale (Fig. 2). All’esame del fundus oculi si osservano, intorno al disco ottico

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destro, numerose zone pallide, a margini netti con minima pigmentazione circostante (lacune corio-retiniche) (Fig. 3). La dimensione delle lacune è variabile da 0,5 a 3 diametri discali. La retina non presenta aree di distacco e il Fig. 1: RM encefalo (spin echo, scansione T1 sagittale) dimostra l'assenza del corpo calloso Fig. 2: RM encefalo (Spin echo, scansione T1 assiale) eterotopie di sostanza grigia subependimali Fig. 3: Fundus oculi destro: lacune corioretiniche

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vitreo è indenne. A livello dell’occhio sinistro sono presenti alcune lacune peridiscali. Gli esami di laboratorio escludevano infezioni del gruppo TORCH e lo screening delle

malattie neurometaboliche era negativo.

Questa sindrome, descritta dal professor Jean Aicardi nel 1965, è un raro disturbo genetico dello sviluppo cerebro-oculare, caratterizzato da spasmi infantili, ritardo psicomotorio, agenesia del corpo calloso e corio-retinopatia lacunare. Sono inoltre spesso presenti anomalie scheletriche, specialmente costovertebrali. Si tratta di una patologia genetica dominante legata al cromosoma X, con mortalità embrionale precoce nei maschi emizigoti. Tutti i casi accertati sono femmine nelle quali si è verificata una mutazione ex-novo. E’ stata segnalata una microdelezione a carico del tratto Xp22.3. La frequenza non è nota, si ritiene possibile che sottenda dall’1 al 4% dei casi di Sindrome di West1. Le anomalie oculari, elemento caratterizzante della sindrome, sono solitamente bilaterali ma spesso asimmetriche. Le patognomoniche lacune corio-retiniche sono aree pallide, ben delimitate, con margini scarsamente pigmentati, generalmente raccolte intorno al disco ottico. L’aspetto del fundus assomiglia a quello della toxoplasmosi congenita. Istologicamente le lacune sono zone di anomalie della coroide e dell’epitelio pigmentato della retina; la retina sovrastante è intatta ma può presentare una architettura patologica. Le lacune possono mancare in rari casi. In più della metà dei casi si osserva un coloboma del disco ottico, uni o bilateralmente. Molteplici altre malformazioni oculari sono associate alla sindrome di Aicardi. Queste anomalie sono state descritte individualmente come

E’ stata istituita una terapia anti-comiziale con vigabatrin che ha portato alla riduzione delle crisi.

Diagnosi Sindrome di Aicardi.

Internet café

Decorso

Approfondimenti sul caso selezionati dalla redazione dai migliori siti clinici Malformazioni del SNC • Agenesia del corpo calloso • Aeree di displasia corticale • Eterotopie di sostanza grigia periventricolare • Marcata asimmetria degli emisferi cerebrali • Cisti del plesso corioideo • Papillomi del plesso corioideo • Agenesia o ipoplasia del verme cerebellare

Tab. 1: Malformazioni cerebrali associate alla S. di Aicardi

eventi non correlati ma, più recentemente, è stata postulata una teoria unificante secondo la quale gran parte di esse derivano dall’abnorme persistenza della vascolarizzazione fetale (PVF) dell’occhio2. La vascolarizzazione intraoculare comincia intorno alla terza settimana di gestazione e raggiunge il massimo sviluppo all’ottava. Segue una regressione dalla nona settimana fino al termine di gestazione quando le vestigia dei vasi intraoculari fetali sono quasi completamente sparite. La PFV comprende anomalie come la membrana pupillare persistente, il tessuto fibrovascolare retrolentale, il tessuto gliale epiretinico ed epipapillare, la displasia retinica, malformazioni del nervo ottico e anomalie della macula, della dimensione e forma dell’occhio e le cisti orbitali. Tutte queste patologie oculari sono state descritte in associazione alla sindrome di Aicardi. A livello cerebrale possono essere presenti una serie di malformazioni (Tabella 1). L’agenesia del corpo calloso è il risultato della anomala persistenza delle cellule gliali fetali della lamina terminalis, che interferiscono con il passaggio delle fibre callose attraverso

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la linea mediana. Molte delle altre anomalie sono difetti della migrazione neurale; lo sviluppo del corpo calloso e la migrazione neurale sono processi concomitanti che avvengono tra la nona e la ventesima settimana di gestazione. Le anomalie neurologiche sono variabili, la più frequente è una emiparesi o emiplegia, spesso a carico del lato più colpito dagli spasmi. Può svilupparsi un certo grado di microcefalia nonostante la circonferenza cranica sia generalmente normale alla nascita. La prognosi è generalmente severa con una sopravvivenza stimata del 76% a 6 anni e 40% a 14 anni. Le crisi convulsive sono generalmente resistenti alla terapia anti-epilettica, il ritardo psicomotorio è molto grave. Sono peraltro descritti rari casi ad andamento più benigno. Bibliografia 1. J. Aicardi. Aicardi syndrome: Old and new findings. International Pediatrics 1998:14(1):5-8. 2. A. Ganesh et al. The full spectrum of persistent fetal vasculature in Aicardi syndrome: an integrated interpretation of ocular malformations. Br J Ophthalmol 2000; 84:227.

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Un anello vascolare F., 35 giorni, alla visita di controllo presentava scarso accrescimento ponderale, respiro rumoroso e pianto rauco. La madre riferiva affaticamento e piccoli rigurgiti durante la suzione al seno

Esame obiettivo La visita escludeva la presenza di rinorrea, al torace udibili solo ronchi diffusi. L’esame obiettivo orofaringeo, cardiaco e addominale era negativo e la piccola appariva in buone condizioni generali. Non vi erano masse patologiche palpabili a livello del collo.

Diagnosi differenziale Il riscontro di respiro rumoroso, pianto rauco o afono e stridore espiratorio suggerisce, in diagnosi differenziale, una delle seguenti condizioni: laringomalacia, stenosi sottoglottica, cisti

congenite, paralisi delle corde vocali, tracheomalacia.

arteria succlavia sinistra aberrante.

Inquadramento diagnostico

Decorso

La piccola viene sottoposta ad una visita ORL ed alla broncoscopia che dimostra un’area di tracheomalacia parziale a livello della quale il lume tracheale appare notevolmente ridotto, di aspetto ellittico, di calibro variabile con le fasi respiratorie. Nel sospetto di compressione tracheale estrinseca viene successivamente prescritta una radiografia del torace ed una ecocardiografia che permettono di porre la diagnosi di arco aortico destro associato ad

Si inizia una vigile attesa; nel corso di alcune settimane la piccola mostra una evoluzione favorevole con miglioramento della alimentazione e discreto incremento ponderale. Persiste lo stridore espiratorio, prevalentemente sotto pianto, senza episodi critici suggestivi di ipossiemia. Verso l’età di un anno si assiste all’accentuazione dello stridore in condizioni di sforzo ed a frequenti infezio-

Fig. 1: Rx torace AP: Arco aortico destro Fig. 2: Rx esofago con mezzo di contrasto: indentatura del profilo esofageo posteriore

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Fig. 3: Foto intraoperatoria (toracotomia sinistra): indicatore azzurro: legamento arterioso sinistro, indicatori rossi: arco aortico destro (a destra) e arteria succlavia sinistra (a sinistra)

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ni respiratorie delle alte vie aeree. La piccola sembra deglutire con difficoltà. La radiografia del torace conferma la presenza di arco aortico destro (Fig 1). La Rx dell’esofago con mezzo di contrasto mostra una significativa indentatura del profilo esofageo posteriore (Fig 2). Si procede ad una broncoscopia ed esofa-

goscopia che evidenziano una drastica riduzione del lume tracheale, per compressione anteriore e di quello esofageo, per compressione posteriore. La paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico elettivo. In seguito a toracotomia posterolaterale si evidenzia l’anello vascolare che circonda trachea ed esofago (Fig 3).

Internet café Per malacia si intende una patologia dell’albero respiratorio che comporta una perdita della sua rigidità strutturale con tendenza a collassare, prevalentemente in fase espiratoria. A seconda della regione interessata dal problema si parla di laringomalacia, tracheomalacia, tracheobroncomalacia e broncomalacia. Questa patologia si evidenzia generalmente già nel periodo neonatale anche se, raramente, non dà segno di sé prima dei 2 o 3 mesi di età. I sintomi principali sono il respiro rumoroso e lo stridore espiratorio; alcuni bambini presentano pianto rauco, afonia, rientramenti inspiratori che a volte sono sufficientemente severi da causare deformità toracica. Nei casi più gravi si associano difficoltà ad alimentarsi e scarso accrescimento ponderale. Auscultatoriamente si repertano ronchi e, radiologicamente, è possibile osservare una iperespansione toracica. La malacia congenita dell’albero tracheobronchiale può essere diffusa e non essere associata ad altre malformazioni. Con la crescita dell’individuo l’integrità strutturale, e quindi la rigidità della struttura cartilaginea, viene a ripristinarsi con completa risoluzione spontanea della sintomatologia. In altri casi la tracheomalacia può presentare una estensione limitata ed essere secondaria. Uno sviluppo anomalo dei grossi vasi che circondano la trachea crea

L’anello viene interrotto mediante divisione del legamento arterioso. L’intervento elimina completamente la compressione estrinseca. Decorso postoperatorio regolare. Si assiste alla scomparsa della disfagia. La sintomatologia riferibile alla tracheomalacia si risolve gradualmente nel corso di alcuni mesi.

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un anello vascolare che comprime un tratto di questa, impedendone il corretto sviluppo anatomico. Le due forme più comuni sono il doppio arco aortico e l’arco aortico destro con arteria succlavia aberrante sinistra e legamento arterioso sinistro. L’arco aortico destro con arteria succlavia sinistra rappresenta la più comune malformazione dell’arco aortico risultante in un arco vascolare completo intorno a trachea ed esofago. Generalmente costituisce una diagnosi radiografica occasionale in quanto questo tipo di anello è solo raramente tanto serrato da causare sintomi. Ne esistono due tipi: • nel primo l’arteria succlavia sinistra origina da un diverticolo aortico posteriore, dal quale il residuo del dotto arterioso (legamento arterioso) si estende all’arteria polmonare sinistra. In questo caso il tratto retroesofageo è ampio e causa importante compressione sull’esofago • nel secondo l’arteria succlavia sinistra emerge dall’aorta discendente, con un dotto sinistro che connette la succlavia sinistra alla polmonare sinistra. Il tratto retroesofageo è più limitato. Il primo tipo è più frequente e comporta un rischio associato di cardiopatia congenita del 512%. La diagnosi veniva tradizionalmente posta in seguito alla dimostrazione della compressio-

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ne dell’esofago mediante pasto baritato. Attualmente si utilizzano l’angio-TAC o l’angio-RM, o anche la RM senza somministrazione di mezzo di contrasto1. Infatti, l’esame ecografico, indispensabile per escludere la presenza di malformazioni cardiache associate, è meno utile per visualizzare l’anello vascolare, in particolare quando questo comprende segmenti atresici. La terapia prevede la divisione chirurgica delle strutture formanti l’anello. In alcuni centri si procede inoltre al rimodellamento chirurgico del diverticolo aortico2, in quanto questa struttura può determinare una persistente compressione sulla trachea o sull’esofago. I risultati a lungo termine dell’intervento sono generalmente eccellenti con minima morbilità e mortalità. I pazienti con tracheomalacia secondaria ad anelli vascolari possono continuare a presentare sintomi anche per alcuni mesi ma guariscono completamente. Bibliografia Malik TH et al. The role of magnetic resonance imaging in the assessment of suspected extrinsic tracheobronchial compression due to vascular anomalies. Arch Dis Child. 2006 Jan; 91(1):52-5. Juraszek AL, Guleserian KJ. Common aortic arch anomalies: Diagnosis and Management. Curr Treat Options Cardiovasc Med. 2006 Sep; 8(5): 414-418.

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Una diagnosi prenatale R. nasce a termine dopo una diagnosi ecografica, alla 34a settimana, di voluminosa massa cistica destra a livello del collo e del volto. La madre viene sottoposta a taglio cesareo elettivo al fine di assicurare alla neonata una gestione ottimale della pervietà delle vie aeree.

Al momento dell’estrazione la piccola viene adagiata sul ventre materno, a cordone ombelicale ancora attaccato e si prosegue ad osservazione in laringoscopia, aspirazione delle vie aeree ed intubazione endotracheale. Viene quindi clampato il cordone e ci si trasferisce in isola neonatale. Ad un’ulteriore laringoscopia si dimostra sufficiente pervietà delle vie aeree e si decide di estubare la piccola, che mostra un discreto adattamento in respiro spontaneo in aria ambiente ma, successivamente, necessiterà di CPAP nasale per mantenere una ossigenazione ottimale. All’esame obiettivo si osserva una grave tumefazione di volto e collo a destra, che appare transilluminabile (Fig 1), e protrusione della lingua. Non significative anomalie degli esami di laboratorio.

Diagnosi differenziale Malformazione linfatica (precedentemente nota come igroma cistico), malformazione venosa (emangioma).

Esami strumentali L’esame ecografico a cui la piccola è stata sottoposta in seconda giornata di vita dimostra la natura cistica della lesione e individua una scarsa componente vascolare (Fig 2).

Diagnosi Malformazione linfatica (linfangioma, igroma cistico).

Decorso Il fabbisogno di ossigeno della piccola e l’affaticamento respiratorio sono andati gradualmente

aumentando a causa della progressiva ostruzione delle vie aeree. Data la precarietà della ventilazione la paziente è stata sottoposta a tracheostomia in undicesima giornata di vita. In sede operatoria si dimostrava infiltrazione linfatica a livello della regione glottica e sottoglottica. Il volume della massa è progressivamente aumentato. A 3 mesi di vita una risonanza magnetica del collo mostrava l’estensione del linfangioma a parte dell’ipofaringe e dell’area subglottica. Una laringoscopia all’età di 3 mesi e mezzo dimostrava come sia l’epiglottide che la vallecula fossero state sostituite da tessuto linfatico malformativo. Fu quindi deciso di procedere a multiple sessioni di terapia sclerosante con ottima risposta clinica.

Fig. 1: Voluminosa tumefazione transilluminabile. La piccola è sottoposta a CPAP nasale

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Fig. 2: Esame ecografico, aspetto macrocistico della massa al collo

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Internet café Malformazioni linfatiche (linfangiomi) Sono spesso già evidenti alla nascita oppure appaiono clinicamente nella prima infanzia. Possono presentarsi in varie forme, dalle piccole lesioni localizzate fino al coinvolgimento di un arto, di una regione corporea o di un organo interno. Vengono classificati in base alle caratteristiche istologiche in microcistici, macrocistici o misti. Il termine igroma cistico, classicamente riferito alle malformazioni linfatiche macrocistiche localizzate al collo, è attualmente in disuso. La maggior parte (75%) dei linfangiomi è localizzato alla regione cervicofaciale. La cute sovrastante può essere indenne o presentare piccole vescicole caratteristiche. Può associarsi una ipertrofia mandibolare. I linfangiomi del pavimento della bocca e della lingua sono caratterizzati da vescicole, tumefazione e sanguinamento. Quasi sempre sono coinvolte le vie aeree. Spesso le forme cervicali si accompagnano ad analoghe lesioni mediastiniche. Le malformazioni linfatiche a carico dell’orbita causano tipicamente una proptosi (una proptosi acuta è generalmente dovuta ad un sanguinamento intralesionale) e richiedono un approccio chirurgico al fine di decomprimere e salvare il nervo ottico. I linfangiomi degli arti si presentano come una tumefazione diffusa o localizzata associata a ipertrofia dei tessuti molli e delle ossa coinvolte (Fig 3). Nelle localizazioni pelviche possono comportare ritenzione

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urinaria, stipsi o infezioni ricorrenti. Sono descritti casi di linfoangiomatosi diffusa esorditi clinicamente come chilotorace massivo2.

Diagnosi La diagnosi clinica è generalmente facile e non richiede l’ausilio di esami specifici. Risulta peraltro utile una valutazione mediante risonanza magnetica. E’ interessante notare che le cisti delle forme microcistiche non sono generalmente evidenziabili nelle immagini RM e questo fa sì che queste malformazioni vengano facilmente confuse con altre masse solide. Le forme macrocistiche presentano caratteristiche RM patognomoniche; sono comuni livelli di liquido all’interno delle cisti. Nell’igroma cistico è tipica la

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presenza di una singola voluminosa cisti dietro la parotide. Analogamente agli emangiomi cavernosi (malformazioni venose), non mostrano segnali di flusso ad alta velocità. La distinzione dalle malformazioni venose è generalmente agevole: i linfangiomi non mostrano enhancement in seguito a somministrazione di mezzo di contrasto venoso; tutto al più possono evidenziarsi leggermente le pareti e i setti delle cisti con un caratteristico pattern ad anelli ed archi1.

Terapia La terapia delle forme macrocistiche è quella sclerosante. Nelle forme microcistiche può essere indicata la rimozione chirurgica. Bibliografia 1. O. Konez, PE Burrows. ReviewAn appropriate diagnostic workup for suspected vascular birthmarks. Cleveland Clinic Journal of Medicine. (2004); 71(6): 505-510. www.ccjm.org/PDFFILES/konez60 4.pdf. 2. O Konez, PKVyas, M Goyal. Disseminated lymphangiomatosis presenting with massive chylothorax. Pediatr Radiol (2000) 30: 35-37.

Fig. 3: Malformazione linfatica del piede che appare come una tumefazione dei tessuti molli con tipiche alterazioni cutanee. Generalmente queste lesioni non presentano segno della fovea alla palpazione

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Fig. 4: RM, T2 sezione coronale. Malformazione linfatica pelvica: iperintensa con aspetto macrocistico, coinvolge la parete addominale anteriore

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Aggiornamenti farmacologici

FEBBRE,

INFIAMMAZIONE, DOLORE

NEL BAMBINO

Confronti farmacologici sul trattamento della febbre La febbre è il principale motivo di visita pediatrica in ambulatorio e a domicilio. Per quanto non si tratti di un sintomo che di per sé richieda un trattamento esso è motivo di preoccupazione per i genitori anche per lo stato di prostrazione che induce nel bambino

La situazione che il pediatra si trova più spesso a dover fronteggiare è quella di un’infezione acuta, molto spesso virale, sulla quale agire in maniera sintomatica. Da tempo, l’acido acetilsalicilico è stato abbandonato per il rischio ad esso associato di sindrome di Reye. I due farmaci più utilizzati sono, oggi, paracetamolo ed ibuprofene e, negli ultimi anni, sono stati pubblicati studi comparativi che qui vengono riportati. Ricerche cliniche condotte sull’adulto hanno dimostrato che l’ibuprofene è efficace quanto, o più del paracetamolo. Alcuni studi hanno anche documentato una superiorità dell’ibu-

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profene nel bambino. Questo lavoro presenta i risultati di una metanalisi che aveva l’obiettivo di rispondere a tre domande: • efficacia relativa dei due farmaci nel trattamento del dolore • efficacia relativa dei due farmaci nel trattamento della febbre • sicurezza relativa Perrott et al (1) hanno consultato varie banche dati (MEDLINE, EMBASE, Cochrane Library, Biological Abstracts, Biological Abstracts/RRM, CINAHL, Dissertation Abstracts International, EBM Reviews - Best Evidence, EBM ReviewsDatabase of Abstracts of

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Reviews of Effectiveness, ERIC, Expanded Academic ASAP, General Science Abstracts, Health Reference Center Academic, Health Source Plus, HealthStar, Oxford Pain Relief Database, PsychInfo, and Web of Science) ricercando studi clinici controllati sui singoli farmaci. Gli studi, pubblicati fra il 1985 e il 2002, che rispondevano ai criteri necessari, sono stati 17 per la valutazione dell’efficacia sul dolore, 10 per l’efficacia nei confronti della febbre e 17 per la sicurezza. Tipicamente, si trattava di ricerche randomizzate, in doppio cieco in cui i farmaci sono stati entrambi somministrati alla dose di 10mg/kg. Essi


comprendevano circa 40 pazienti ciascuno. Efficacia comparativa di ibuprofene e paracetamolo sul dolore nel bambino. Sono disponibili i dati di tre studi, due condotti sulla riduzione del dolore dentale e uno sul mal di gola. Le stime di efficacia relativa sono favorevoli all’ibuprofene a due e a quattro ore, ma queste differenze non sono significative. Efficacia comparativa di ibuprofene e paracetamolo sulla riduzione della febbre nel bambino. I dati di 10 studi indicano quasi tutti una superiorità dell’ibuprofene, evidente a partire dalla seconda ora, ma più grande a 6 ore dopo la somministrazione. Gli intervalli di confidenza al 95% di queste stime sono abbastanza stretti e non contengono il valore “0” (punto di equivalenza fra i due farmaci). Dato che tre di questi studi avevano usato una bassa dose di ibuprofene (5mg/kg) è stata condotta un’ulteriore analisi sui soli studi in cui il farmaco è stato usato a 10 mg/kg. La stima di efficacia è risultata doppia a favore dell’ibuprofene. L’ibuprofene si dimostra un antipiretico superiore al paracetamolo e l’effetto è più evidente a tempi più lunghi (4-6 ore). Secondo un’ulteriore interpretazione i dati dicono che dopo 4-6 ore circa 15% in meno dei bambini ha ancora la febbre dopo aver assunto ibuprofene. Limitando l’analisi agli studi che hanno usato l’ibuprofene a dose di 10 mg/kg, il 38% in dei bambini trattati con ibuprofene restano sfebbrati più a lungo che con il paracetamolo. Questa differenza si può spiegare in base alla prolungata attività dell’ibuprofene nell’inibizione della sintesi di prostaglandine. Il set-point della termoregolazione viene ricondotto a livelli fisiologici per tempi più lunghi che con il paracetamolo e

l’organismo ritorna a regolare la propria temperatura nell’ambito di 37-37,5°C. Sicurezza comparativa di ibuprofene e paracetamolo nel trattamento del dolore e della febbre nel bambino. L’analisi della frequenza degli eventi avversi dopo la somministrazione dei due farmaci è stata condotta per intervalli di tempo diversi e con diverse metodologie. L’analisi cumulativa degli studi indica un profilo di sicurezza sovrapponibile per i due farmaci. L’analisi degli studi in cui i farmaci sono stati confrontati con placebo non rivela una significativa frequenza di eventi legati al trattamento. Nello studio di Lesko et al (2), condotto su oltre 84.000 bambini seguiti nella pratica clinica ambulatoriale erano stati confrontati gli eventi avversi dopo somministrazione a breve termine, per il trattamento della febbre, di ibuprofene e paracetamolo. I bambini erano affetti da febbre e sintomi infettivi acuti e seguiti ambulatoriamente. L’ibuprofene era stato usato alle dosi di 5 oppure 10 mg/kg. In particolare, è stata valutata la frequenza di ricoveri ospedalieri per emorragia gastrointestinale, insufficienza renale, anafilassi. Non vi sono state differenze significative di eventi avversi seri fra i vari trattamenti. Un successivo studio di Lesko et al (3), pubblicato nel 2002 ha valutato la possibilità che, in bambini asmatici e febbrili, l’ibuprofene possa aumentare la frequenza di episodi di broncospasmo. Il farmaco è stato confrontato in doppio cieco con il paracetamolo per il controllo della febbre e sono stati controllati gli eventuali ricoveri per asma a seguito della somministrazione. Lo studio ha reclutato 1.879 bambini e la frequenza di ricoveri non è risultata diversa nei due gruppi. Tuttavia, la fre-

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quenza di visite per asma era significativamente inferiore nel gruppo trattato con ibuprofene (rischio relativo 0.56 IC 95% 0.34-0.95). Quindi, gli autori concludono che esista un vantaggio relativo nell’utilizzo dell’ibuprofene rispetto al paracetamolo in bambini asmatici con febbre, anche se non possono dire se si tratti di un beneficio del primo piuttosto che di uno svantaggio del secondo. Bibliografia Perrot DA, Piira T, Goodenough, B, Champion D. Efficacy and Safety of Acetaminophen vs Ibuprofen for Treating Children's Pain or Fever A Meta-analysis. Arch Pediatr Adolesc Med. 2004;158:521-526. Lesko SM, Mitchell AA. An assessment of the safety of pediatric ibuprofen. A practitioner-based randomized clinical trial. JAMA 1996;275:986-989. Lesko SM, Louik C, Vezina RM, Mitchell AA. Asthma Morbidity A f t e r t h e S h o r t - Te r m U s e o f I b u p ro f e n i n C h i l d re n . Pediatrics 2002;109;20 - URL: http://www.pediatrics.org/cgi/ content/full/109/2/e20.

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE NUREFLEX 2% Sospensione Orale Bambini - Arancia. NUREFLEX 2% Sospensione Orale Bambini - Fragola 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ogni ml di sospensione orale contiene 20 mg di ibuprofene. Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Trattamento della febbre e del dolore. Trattamento dei sintomi dell’artrite reumatoide giovanile. 4.2 Posologia e modo di somministrazione La posologia è strutturata in base all’età ed al peso del soggetto da trattare. Impiegare le dosi minime efficaci per il periodo più breve possibile. Per somministrazione orale a lattanti e bambini di età compresa fra 3 mesi e 12 anni, mediante siringa dosatrice o cucchiaino dosatore forniti con il prodotto. La scala graduata presente sul corpo della siringa riporta in evidenza le tacche per i due diversi dosaggi: la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene. Il cucchiaino dosatore riporta due tacche per i due diversi dosaggi: la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene. Per il trattamento del dolore e della febbre la dose giornaliera di 20-30 mg/kg di peso corporeo può essere somministrata sulla base dello schema che segue.

ETÀ 3 mesi - 6 mesi 6 mesi - 12 mesi 1 anno - 3 anni 4 anni - 6 anni 7 anni - 9 anni 10 anni - 12 anni

PESO Kg 5,6 – 7,7 7,8 - 10 11 – 15 16 – 20 21 – 28 29 – 40

POSOLOGIA 2,5ml 3 volte al dì (150mg) 2,5ml 3 volte al dì (150mg) 5ml 3 volte al dì (300mg) 7,5ml 3 volte al dì (450mg) 10ml 3 volte al dì (600mg) 15ml 3 volte al dì (900mg)

DOSE mg/kg (media) 8,9 – 6,5 (7,7) 6,4 - 5,0 (5,7) 9,1 - 6,7 (7,9) 9,4 - 7,5 (8,5) 9,5 - 7,1 (8,3) 10,3 - 7,5 (8,9)

DOSE GIORNALIERA mg/kg/giorno (media) 26,7 – 19,5 (23,1) 19,2 – 15,0 (17,1) 27,3 - 20,1 (23,7) 28,2 - 22,5 (25,4) 28,5 - 21,3 (24,9) 30,9 - 22,5 (26,7)

L’azione del prodotto ha una durata fino a 8 ore, ma il medico potrà adottare, se necessario, intervalli più brevi, non superando comunque la dose giornaliera massima di 30 mg/kg. Per il trattamento sintomatico dell’artrite reumatoide giovanile la posologia giornaliera è di 30-40 mg/kg di peso corporeo suddivisi in 3 o 4 somministrazioni. Istruzioni per l’utilizzo della siringa dosatrice: 1 – Svitare il tappo spingendolo verso il basso e girandolo verso sinistra. 2 – Introdurre a fondo la punta della siringa nel foro del sottotappo. 3 – Agitare bene. 4 – Capovolgere il flacone, quindi, tenendo saldamente la siringa, tirare delicatamente lo stantuffo verso il basso facendo defluire la sospensione nella siringa fino alla tacca corrispondente alla dose desiderata. 5 – Rimettere il flacone in posizione verticale e rimuovere la siringa ruotandola delicatamente. 6 – Introdurre la punta della siringa nella bocca del bambino, ed esercitare una lieve pressione sullo stantuffo per far defluire la sospensione. Dopo l’uso chiudere il flacone, avvitando il tappo e lavare la siringa con acqua calda. Lasciarla asciugare, tenendola fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 4.3 Controindicazioni • Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. • Bambini di età inferiore a 3 mesi o di peso inferiore a 5,6 Kg. Il medicinale è inoltre controindicato nei soggetti con ipersensibilità all’acido acetilsalicilico o ad altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei (FANS), in particolare quando l’ipersensibilità è associata a poliposi nasale e asma. • Ulcera peptica attiva. • Grave insufficienza renale od epatica. • Grave insufficienza cardiaca. • Storia di emorragia gastrointestinale o perforazione relativa a precedenti trattamenti attivi o storia di emorragia / ulcera peptica ricorrente (due o più episodi distinti di dimostrata ulcerazione o sanguinamento). • Gravidanza e allattamento (vedere p. 4.6). 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego L’uso di Nureflex deve essere evitato in concomitanza di FANS, inclusi gli inibitori selettivi della COX-2. Gli analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei possono causare reazioni di ipersensibilità, potenzialmente gravi (reazioni anafilattoidi), anche in soggetti non precedentemente esposti a questo tipo di farmaci. Il rischio di reazioni di ipersensibilità dopo assunzione di ibuprofene è maggiore nei soggetti che abbiano presentato tali reazioni dopo l’uso di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei e nei soggetti con iperreattività bronchiale (asma), poliposi nasale o precedenti episodi di angioedema (vedere “Controindicazioni” ed “Effetti indesiderati”). Emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione: durante il trattamento con tutti i FANS, in qualsiasi momento, con o senza sintomi di preavviso o precedente storia di gravi eventi gastrointestinali, sono state riportate emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione, che possono essere fatali. Anziani: I pazienti anziani hanno un aumento della frequenza delle reazioni avverse ai FANS, specialmente emorragie e perforazioni gastrointestinali, che possono essere fatali (vedi sezione 4.2). Negli anziani e in pazienti con storia di ulcera, soprattutto se complicata da emorragia o perforazione (vedi sezione 4.3), il rischio di emorragia gastrointestinale, ulcerazione o perforazione è più alto con dosi aumentate di FANS. Questi pazienti devono iniziare il trattamento con la più bassa dose disponibile. L’uso concomitante di agenti protettori (misoprostolo o inibitori di pompa protonica) deve essere considerato per questi pazienti e anche per pazienti che assumono basse dosi di aspirina o altri farmaci che possono aumentare il rischio di eventi gastrointestinali (vedi sotto e sezione 4.5). Pazienti con storia di tossicità gastrointestinale, in particolare anziani, devono riferire qualsiasi sintomo gastrointestinale inusuale (soprattutto emorragia gastrointestinale) in particolare nelle fasi iniziali del trattamento. Cautela deve essere prestata ai pazienti che assumono farmaci concomitanti che potrebbero aumentare il rischio di ulcerazione o emorragia, come corticosteroidi orali, anticoagulanti come warfarin, inibitori selettivi del reuptake della serotonina o agenti antiaggreganti come l’aspirina (vedi sezione 4.5). Quando si verifica emorragia o ulcerazione gastrointestinale in pazienti che assumono Nureflex il trattamento deve essere sospeso. I FANS devono essere somministrati con cautela nei pazienti con una storia di malattia gastrointestinale (colite ulcersa, morbo di Crohn) poiché tali condizioni possono essere esacerbate (vedi sezione 4.8). Occorre cautela nei pazienti con una storia di ipertensione e/o insufficienza cardiaca poiché, in associazione alla terapia con FANS, sono state riportate ritenzione idrica ed edema. Gravi reazioni cutanee alcune delle quali fatali, includenti dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens–Johnson e Necrolisi Tossica Epidermica, sono state riportate molto raramente in associazione con l’uso dei FANS (vedi sezione 4.8). Nelle prime fasi della terapia i pazienti sembrano essere a più alto rischio: l’insorgenza della reazione si verifica nella maggior parte dei casi entro il primo mese di trattamento. Nureflex deve essere interrotto alla prima comparsa di rash cutaneo, lesioni della mucosa o qualsiasi altro segno di ipersensibilità. L’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei, richiede particolare cautela: • in caso di asma: possibile broncocostrizione; • in presenza di difetti della coagulazione: riduzione della coagulabilità; • in presenza di malattie renali, cardiache o di ipertensione: possibile riduzione critica della funzione renale (specialmente negli anziani o nei soggetti con funzione renale o epatica compromessa, insufficienza cardiaca o in trattamento con diuretici), nefrotossicità o ritenzione di fluidi; • in presenza di malattie epatiche: possibile epatotossicità. Inoltre, l’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei, richiede adeguate precauzioni: • reidratare il soggetto prima dell’inizio e nel corso del trattamento in caso di disidratazione (ad esempio per febbre, vomito o diarrea); (le seguenti precauzioni assumono rilevanza nel corso di trattamenti prolungati): • sorvegliare i segni o sintomi di ulcerazioni o sanguinamenti gastrointestinali; • sorvegliare i segni o sintomi di epatotossicità; • sorvegliare i segni o sintomi di nefrotossicità; • se insorgono disturbi visivi (vista offuscata o ridotta, scotomi, alterazione della percezione dei colori): interrompere il trattamento e consultare l’oculista; • se insorgono segni o sintomi di meningite: valutare la rara possibilità che essa sia dovuta all’uso di ibuprofene (meningite asettica; più frequente nei soggetti affetti da lupus eritematoso sistemico o altre collagenopatie). Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della dose minima efficace per la durata di trattamento più breve possibile che occorre per controllare i sintomi. Poiché questo medicinale contiene maltitolo, è controindicato nei pazienti con intolleranze ereditarie al fruttosio. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione Le seguenti interazioni sono comuni all’ibuprofene, all’acido acetilsalicilico e agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei (FANS): • evitare l’uso contemporaneo di due o più analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei: aumento del rischio di effetti indesiderati; • corticosteroidi: aumento del rischio di ulcerazione o emorragia gastrointestinale (vedi sezione 4.4); • antibatterici: possibile aumento del rischio di convulsioni indotte da chinolonici; • anticoagulanti: i FANS possono aumentare gli effetti degli anticoagulanti, come il warfarin (vedi sezione 4.4); • agenti antiaggreganti e inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs): aumento del rischio di emorragie gastrointestinali (vedi sezione 4.4); • antidiabetici: possibile aumento dell’effetto delle sulfaniluree; • antivirali: ritonavir: possibile aumento della concentrazione dei FANS; • ciclosporina: aumentato rischio di nefrotossicità; • citotossici: metotressato: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità); • litio: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità); • tacrolimus: aumentato rischio di nefrotossicità; • uricosurici: probenecid: rallenta l’escrezione dei FANS (aumento delle concentrazioni plasmatiche). Diuretici, ACE inibitori e

Antagonisti dell’angiotensina II: I FANS possono ridurre l’effetto dei diuretici e di altri farmaci antiipertensivi. In alcuni pazienti con funzione renale compromessa (per esempio pazienti disidratati o pazienti anziani con funzione renale compromessa) la co-somministrazione di un ACE inibitore o di un antagonista dell’angiotensina II e di agenti che inibiscono il sistema della ciclo-ossigenasi può portare a un ulteriore deterioramento della funzione renale, che comprende una possibile insufficienza renale acuta, generalmente reversibile. Queste interazioni devono essere considerate in pazienti che assumono NUREFLEX in concomitanza con ACE inibitori o antagonisti dell’angiotensina II. Quindi, la combinazione deve essere somministrata con cautela, specialmente nei pazienti anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e deve essere preso in considerazione il monitoraggio della funzione renale dopo l’inizio della terapia concomitante. 4.6 Gravidanza e allattamento È improbabile che soggetti di età inferiore a 12 anni vadano incontro a gravidanza, o allattino al seno. Peraltro, in tali circostanze bisogna tenere presente le seguenti considerazioni. L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e/o lo sviluppo embrio/fetale. Risultati di studi epidemiologici suggeriscono un aumentato rischio di aborto e di malformazione cardiaca e di gastroschisi dopo l’uso di un inibitore della sintesi di prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache aumentava da meno dell’1% fino a circa l’1,5%. È stato ritenuto che il rischio aumenta con la dose e la durata della terapia. Negli animali, la somministrazione di inibitori della sintesi di prostaglandine ha mostrato di provocare un aumento della perdita di pre e post-impianto e di mortalità embrionefetale. Inoltre, un aumento di incidenza di varie malformazioni, inclusa quella cardiovascolare, è stato riportato in animali a cui erano stati somministrati inibitori di sintesi delle prostaglandine durante il periodo organogenetico. Durante il terzo trimestre di gravidanza, tutti gli inibitori della sintesi delle prostaglandine possono esporre il feto a: • tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare); • disfunzione renale che può progredire a insufficienza renale con oligo-idroamnios; la madre e il neonato, alla fine della gravidanza, a: • possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che può occorrere anche a dosi molto basse; • inibizione delle contrazioni uterine risultanti in ritardo o prolungamento del travaglio. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non pertinente, considerata l’età del paziente. 4.8 Effetti indesiderati Gli effetti indesiderati osservati con ibuprofene sono generalmente comuni agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei. Reazioni di ipersensibilità Raramente: reazioni anafilattoidi (gravi reazioni che possono comprendere: orticaria con o senza angioedema, dispnea (da ostruzione laringea o da broncospasmo), shock; sindrome caratterizzata da dolore addominale, febbre, brividi, nausea e vomito; broncospasmo (vedere “Controindicazioni” e “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Effetti sull’apparato gastrointestinale Gli eventi avversi più comunemente osservati sono di natura gastrointestinale. Possono verificarsi ulcere peptiche, perforazione o emorragia gastrointestinale, a volte fatale, in particolare negli anziani (vedi sezione 4.4). Dopo somministrazione di Nureflex sono stati riportati: nausea, vomito, diarrea, flatulenza, costipazione, dispepsia, dolore addominale, melena, ematemesi, stomatiti ulcerative, esacerbazione di colite e morbo di Crohn (vedi sezione 4.4). Meno frequentemente sono state osservate gastriti. Dolore epigastrico, pirosi gastrica. I disturbi gastrici possono essere ridotti assumendo il farmaco a stomaco pieno. Raramente: epatite, ittero, alterazione dei test della funzione epatica, pancreatite, duodenite, esofagite, sindrome epatorenale, necrosi epatica, insufficienza epatica. Effetti sul sistema nervoso e gli organi di senso Vertigine, cefalea, irritabilità, tinnito. Raramente: depressione, insonnia, difficoltà di concentrazione, labilità emotiva, sonnolenza, meningite asettica (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”), convulsioni, disturbi uditivi e visivi (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Effetti sull’apparato respiratorio Broncospasmo, dispnea, apnea. Effetti su cute e annessi Reazioni bollose includenti sindrome di Stevens–Johnson e Necrolisi Tossica Epidermica (molto raramente). Eruzioni cutanee (anche di tipo maculopapulare), prurito. Raramente: eruzioni vescicolo-bollose, orticaria, eritema multiforme, alopecia, dermatite esfoliativa, dermatite da fotosensibilità. Effetti sul sangue Raramente: neutropenia, agranulocitosi, anemia aplastica, anemia emolitica (possibile test di Coombs positivo), piastrinopenia (con o senza porpora), eosinofilia, riduzione di emoglobina e ematocrito, pancitopenia. Effetti sul sistema endocrino e sul metabolismo Riduzione dell’appetito. Effetti sul sistema cardiovascolare Edema, ipertensione e insufficienza cardiaca sono stati riportati in associazione al trattamento con FANS. Ritenzione di fluidi (generalmente risponde prontamente all’interruzione del trattamento) (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Raramente: accidenti cerebrovascolari, ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia in soggetti con funzione cardiaca compromessa, palpitazioni. Effetti sui reni Raramente: insufficienza renale acuta nei soggetti con preesistente significativa compromissione della funzione renale (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”), necrosi papillare, necrosi tubulare, glomerulonefrite, alterazione dei test della funzione renale, poliuria, cistite, ematuria. Vari Raramente: secchezza degli occhi e della bocca, ulcere gengivali, rinite. 4.9 Sovradosaggio I sintomi più comuni sono: dolore addominale, nausea, vomito, letargia e sonnolenza. Meno frequentemente: cefalea, tinnito, depressione del sistema nervoso centrale e convulsioni. Raramente: acidosi metabolica, insufficienza renale acuta, apnea (specialmente nei bambini molto piccoli), ipotensione, bradicardia, tachicardia e fibrillazione atriale. Non esiste alcun antidoto dell’ibuprofene. Il trattamento consiste essenzialmente negli idonei interventi di supporto; particolare attenzione è dovuta al controllo della pressione arteriosa, dell’equilibrio acido-base e di eventuali sanguinamenti gastrointestinali. In caso di sovradosaggio acuto lo svuotamento gastrico (vomito o lavanda gastrica) è tanto più efficace quanto più precocemente è attuato; può inoltre essere utile la somministrazione di alcali e l’induzione della diuresi; l’ingestione di carbone attivo può contribuire a ridurre l’assorbimento del farmaco. 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: farmaci antinfiammatori/antireumatici non steroidei, derivati dell’acido propionico. Codice ATC: M01AE01 Ibuprofene è un analgesico-antiinfiammatorio di sintesi, dotato di spiccata attività antipiretica. Chimicamente è il capostipite dei derivati fenil-propionici. L’attività analgesica è di tipo non narcotico. Ibuprofene è un potente inibitore della sintesi prostaglandinica ed esercita la sua attività inibendone la sintesi perifericamente. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Ibuprofene è ben assorbito dopo somministrazione orale: assunto a stomaco vuoto produce nell’uomo livelli serici massimi dopo circa 45 minuti. La somministrazione di pari dosi precedute da ingestione di cibo ha rivelato un assorbimento più lento ed il raggiungimento dei livelli massimi in un periodo di tempo compreso entro un minimo di un’ora e mezzo ed un massimo di 3 ore. L’ibuprofene si lega in larga misura alle proteine plasmatiche, si distribuisce a livello tissutale e nel liquido sinoviale. L’emivita plasmatica della molecola è di circa due ore. L’ibuprofene è metabolizzato nel fegato in due metaboliti inattivi e questi, unitamente all’ibuprofene immodificato, vengono escreti dal rene sia come tali che coniugati. L’eliminazione dal rene è rapida e completa. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Le prove tossicologiche su diverse specie animali, per diverse vie di somministrazione, hanno dimostrato che ibuprofene è ben tollerato (la DL 50 nel topo albino è di 800 mg/kg per os; mentre nel ratto, sempre per os, è di 1600 mg/kg); inoltre non è teratogeno. Va però notato che la somministrazione di FANS a ratte gravide può determinare restrizione del dotto arterioso fetale. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini Arancia Polisorbato 80, glicerina, sciroppo di maltitolo, saccarina sodica, acido citrico, sodio citrato, gomma di xanthan, sodio cloruro, aroma arancia, bromuro di domifene, acqua depurata. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini Fragola Polisorbato 80, glicerina, sciroppo di maltitolo, saccarina sodica, acido citrico, sodio citrato, gomma di xanthan, sodio cloruro, aroma fragola, bromuro di domifene, acqua depurata. 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità 3 anni. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Nessuna particolare. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Arancia Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo in polipropilene e stantuffo in polietilene. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Fragola Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo in polipropilene e stantuffo in polietilene o cucchiaino dosatore in polipropilene. 6.6 Istruzioni per l’impiego e la manipolazione Nessuna particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Reckitt Benckiser Healthcare International Ltd – 103-105 Bath Road, Slough, Berkshire, SL1 3UH (UK) Rappresentante per l’Italia: Reckitt Benckiser Healthcare (Italia) S.p.A. – via Lampedusa 11/a – 20141 Milano 8. NUMERO DELL’ AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Arancia, flacone da 100 ml: A.I.C. n. 034102018 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Arancia, flacone da 150 ml: A.I.C. n. 034102020 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Fragola, flacone da 100 ml con siringa dosatrice: A.I.C. n. 034102259 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Fragola, flacone da 100 ml con cucchiaino dosatore: A.I.C. n. 034102246 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Fragola, flacone da 150 ml con siringa dosatrice: A.I.C. n. 034102261 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Fragola, flacone da 150 ml con cucchiaino dosatore: A.I.C. n. 034102273 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Agosto 2000 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Dicembre 2006


Dep. AIFA in data 10/10/2006

In uno studio in doppio cieco su 84.192 bambini, la sicurezza di impiego dell’ibuprofene è risultata paragonabile a quella del paracetamolo. Boston University Fever Study - USA(1)

ar tire Già a pmesi dai 3

Antipiretico, analgesico, antinfiammatorio, sicuro per l’eccellente profilo di tollerabilità.

1. Lesko S. M. et al. JAMA, 273: 929-933, 1995


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