Riflessioni Universo Pediatria - n°4 Dicembre 2007

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TRIMESTRALE A CARATTERE SCIENTIFICO Anno II, N. 4 - Dicembre 2007

Una Bolla isolata che non scoppia Un neonato di pochi giorni ci viene inviato con una semplice diagnosi descrittiva di una “bolla” localizzata al capo ....

... quando un lattante di tre mesi non mangia più! Un neonato a termine, cresciuto regolarmente con alimentazione al seno esclusiva nei primi tre mesi, manifesta dei problemi di crescita ed alimentazione con l’introduzione del latte artificiale: che cosa ha??

Aggiornamenti farmacologici. Febbre, infiammazione, dolore nel bambino

Una causa di polidramnios P. nasce a 37 settimane da TC per polidramnios. L’ecografia fetale a 32 settimane aveva evidenziato una massa cistica a livello dell’emitorace destro ...

Distress respiratorio a 4 mesi G., 4 mesi viene condotta in Pronto Soccorso pediatrico in quanto presenta un progressivo impegno respiratorio, con polipnea e tosse ...

Una massa quasi asintomatica M.L., 15 anni, pattinatrice artistica dilettante lamenta da qualche settimana un generico fastidio all’emitorace sinistro ...

Edizione


Presentazione

ia r t a i ed Universo P

Proseguendo l’impostazione scelta per questa rivista, e

Anno II, N. 4 Dicembre 2007

cioè di privilegiare le informazioni per immagini, questa

Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 607 del 02/10/2006

volta abbiamo dedicato spazio a un interessante capitolo

Editore SINERGIE S.r.l. Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 Milano Sede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel./Fax 02 58118054 E-mail: sinergie.milano@virgilio.it Direttore responsabile Mauro Rissa Redazione Sinergie S.r.l. Coordinatori e consulenti scientifici Baroukh Maurice Assael Direttore Centro Fibrosi Cistica Regione Veneto - Verona

della diagnostica prenatale. Le malformazioni polmonari congenite sono un evento certamente raro, ma si sono notevolmente giovate della diagnostica fetale per immagini sia con l’ecografia in utero che con la possibilità di approfondire la diagnosi con la risonanza magnetica. Tuttavia, come per una serie di altre situazioni, si apre il problema di avere diagnosticato una situazione che può rimanere del tutto asintomatica e che potrebbe restare tale per lungo tempo, forse per sempre. Queste situazio-

Milena Bray Pediatra

ni vanno confermate alla nascita e devono essere prese

Impaginazione Sinergie S.r.l.

decisioni su un eventuale intervento. I pareri restano

Stampa Galli Thierry Stampa S.r.l. Via Caviglia, 3 - 20139 Milano Tiratura 10.000 copie

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discordi, da una parte i fautori di un intervento precoce nel primo anno di vita, in pratica una lobectomia, dall’altra chi preferirebbe aspettare l’eventuale comparsa di sintomi. Data la rarità dell’evento, si è dovuto aspettare diversi anni per raccogliere casistiche significative per capire l’evoluzione naturale di queste situazioni dopo la diagnosi prenatale. A noi interessava, intanto, porre il

Sommario 3 4 6 8 10

gnostica per immagini.

Una Bolla isolata che non scoppia ... quando un lattante di tre mesi non mangia più! Una causa di polidramnios Distress respiratorio a 4 mesi Una massa quasi asintomatica AGGIORNAMENTI FARMACOLOGICI. FEBBRE, INFIAMMAZIONE, DOLORE NEL BAMBINO

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problema e mostrare al pediatra l’importanza della dia-

Uso degli antinfiammatori nella terapia dell’artrite reumatoide

La redazione


Una Bolla isolata che non scoppia Un neonato di pochi giorni ci viene inviato con una semplice diagnosi descrittiva di una “bolla” localizzata al capo ed un piccolo elenco di possibili diagnosi differenziali che vanno dalla epidermolisi bollosa alle semplici piodermiti come l’impetigine a cura di Carlo Gelmetti, Laura Maffeis Istituto di Scienze Dermatologiche dell’Università di Milano “Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena” di Milano

Ma il collega pediatra che mi invia il paziente è giustamente perplesso per il fatto che la lesione sia isolata e non sia stata preceduta da una manovra traumatica nelle fasi del parto: chiaramente nel caso di patologie meccano bollose o infettive le lesioni avrebbero dovuto moltiplicarsi in poche ore. L’ispezione rivela un neonato in buona salute senza segni di dismorfismo apparenti. Sulla cute del cuoio capelluto si osserva una lesione giallastra circolare rotonda costituita da una membrana fine e traslucida di epitelio ma priva degli annessi. Alla periferia della strana lesione i peli si presentano normali ma più fitti rispetto alla normale densità dei capelli del resto del capo. Questi dati concorrono coerentemente a porre la diagnosi di aplasia cutis membranosa con

segno del collare (“hair collar sign”) (Figura 1). L’aplasia cutis , nella sua forma classica più conosciuta, è una comune patologia neonatale spesso localizzata la vertice del cuoio capelluto in forma di erosione superficiale o ulcera profonda o già di cicatrice stabile (Figura 2), solitaria o multipla, ben delimitata. Nella maggior parte dei casi la lesione è asintomatica e non è associata ad altre patologie; talora, come in questo caso, la aplasia è invece ricoperta da membrana sottile che assomiglia appunto ad una lesione bollosa. In questa ultima evenienza è facile osservare una specie di collare di peli che circonda l’area aplasia vera e propria. In questi casi sono state segnalate minute soluzioni di continuo nella teca cranica che, essendo asintomatiche, possono

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essere dimostrate solo con una imaging (RMN) accurata. Sebbene, come detto, la maggior parte dei casi di aplasia cutis (“normale” o “membranosa”) sia isolata, le malformazioni associate con questa patologia sono molte e sono state addirittura suddivise in nove gruppi. Le principali sono costituite da difetti di chiusura come le cheilo-palatoschisi o la disrafia spinale ma possono, in pratica, coinvolgere tutti gli organi. Va ribadito comunque che queste patologie associate sono rarissime ed in genere si presentano in caso di aplasie particolarmente gravi ed estese che andrebbero comunque ospedalizzate. Nei casi comuni di aplasia cutis non è invece necessaria l’ospedalizzazione ma semplicemente un controllo periodico per monitorare eventuali complicazioni in sede.

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... quando un lattante di tre mesi non mangia più! Un neonato a termine, cresciuto regolarmente con alimentazione al seno esclusiva nei primi tre mesi, manifesta dei problemi di crescita ed alimentazione con l’introduzione del latte artificiale: che cosa ha?? Dr. Paolo Manzoni Neonatologia e TIN Ospedaliera. Ospedale Sant’Anna. Torino

Elisabetta N. è una neonata di 37+2 sett EG, nata con parto spontaneo da gravidanza decorsa con minaccia di parto prematuro per cedimento della cervice uterina e cerchiaggio di emergenza alla 26^ settimana. La madre è stata trattata con Vasosuprina, ed è rimasta immobilizzata a letto fino alla 35^ settimana. Una volta rimosso il cerchiaggio, nell’arco di 24 ore hanno iniziato a manifestarsi i prodromi di travaglio di parto, che è stato espletato regolarmente. Il peso neonatale era di 2650 g, l’Apgar di 8/9. I primi giorni di vita sono decorsi regolarmente, con buon inizio dell’allattamento al seno, e dimissione in 4^ giornata dopo la regolare esecuzione dei routinari controlli, terapie ed esami (vit.K 1 mg i.m. alla nascita, screening, otoemissioni, etc.). Alla dimissione la bimba pesava 2520g. Ai genitori veniva raccomandato di farla visitare dal proprio pediatra entro una settimana, e in seguito regolarmente ogni mese circa. Nei primi tre mesi di vita, in effetti, i controlli mensili non evidenziano alcunché di sostanziale, o

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almeno così sembrava. La bimba si alimentava al seno, con poppate frequenti (anche 10-12 al giorno) e brevi, l’incremento ponderale medio era di circa 200 g/settimana. All’anamnesi viene riferita la presenza, dal 1^ mese in poi, di frequenti “coliche gassose”, con giornate in cui il pianto era più protratto ed insistente, al punto da saltuariamente interferire anche con le poppate stesse nel senso che spesso la bimba si staccava dal seno piangendo e si lamentava per poi riattaccarsi più volte, a spizzichi, perché (secondo quanto riferiscono i genitori) palesemente disturbata dalle coliche e dal gas che si rendeva manifesto, in tali occasioni, con frequenti eruttazioni e flatulenza. Il trattamento di tali disturbi era stato attuato essenzialmente con Simeticone e Estratti di erbe officinali sotto forma di tisane, somministrate al bisogno, con beneficio saltuario ma sostanzialmente incompleto. Il pediatra, considerando l’incremento ponderale comunque soddisfacente, decideva di non intraprendere approfondimenti diagnostici né altri tentativi tera-

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peutici, pur se questa sintomatologia non si interrompeva e proseguiva oltre i tre mesi di vita. Dopo i tre mesi di vita la madre sviluppa una sindrome febbrile acuta, che dura qualche giorno, viene trattata con antibiotici per os e registra un notevole calo della produzione di latte, tanto da passare senza indugi alla integrazione con latte artificiale (Formula standard 1, con poppate di 150-180 cc per 5 - 6 al dì, così come consigliato telefonicamente dal pediatra). Nell’arco di qualche giorno, tuttavia, la bambina inizia a mangiare sempre di meno e -da poppate di circa 150 cc per voltariduce i pasti a 30-40 g per poppata. I genitori riferiscono che appare sempre più svogliata nelle poppate, fino anzi a rifiutare il biberon; si lamenta a tratti, pur senza crisi di pianto così importanti come succedeva fino a 2 settimane prima. Il peso, rilevato settimanalmente, presenta un arresto dell’incremento dal momento dell’episodio febbrile materno, arresto che si mantiene per 3 settimane consecutive. La bimba viene portata al nostro


Ambulatorio per un consulto. L’età, a questo punto, è di 3 mesi e 3 settimane. Alla visita la bimba si presenta in condizioni di trofismo comunque sufficienti. Tuttavia, all’esame obiettivo il colorito è pallido, la cute è distrofica alla radice arti ed addome, ove è sollevabile in pliche; le sclere e le mucose del cavo orale egualmente pallide. L’addome è espanso, globoso, meteorico, ma trattabile; fegato e milza sono palpabili a 1 dito dall’arco. Il podice ed il cavo orale sono detersi; l’AR e l’AC si presentano nella norma. La fontanella è presente, con diametro di ca. 1 cm, lievemente depressa. La T° esterna è di 36.5 C°, la Sat Hb02 è del 98%, la FC è di 165/min con toni puri e ritmici. Il peso è di 4650 g. (cioè 2130g. in più che alla dimissione avvenuta 3 mesi e mezzo prima), ed i genitori segnalano che tre settimane prima era di 4620g. Si possono a questo punto fare alcune preliminari considerazioni. COMMENTO N. 1: La bambina era cresciuta effetivamente bene (2100 g in 12 sett = circa 175 g/sett), pur se di certo non si può parlare di accrescimento “esplosivo”; L’arresto di crescita è avvenuto nelle ultime tre settimane, e sembra coincidere con la cessazione dell’allattamento al seno e l’introduzione del latte formulato; Non vengono riferiti né febbre, né vomito (solo qualche rigurgito specie quando aveva le “coliche”); E allora? E’ un problema di latte (intolleranza?) Indubbiamente, l’unico reperto patologico, alla visita, è la distrofia cutanea, chiaramente inevitabile in un lattante che non cresce da tre settimane. Vengono eseguiti alcuni accertamenti effettuati in regime d’urgenza: Emocromo ----> GB 7850, N 55%; GR 3.650.000; Hb 9.8 mg/dl; MCV 86; Ht 40%. Reticolociti 4,9%. Plts 400000. PRC = 10 mg/dl Dextrostix: 80 mg/dl Es. Urine: nella norma; in particolare, al sedimento non si repertano né emazie né leucociti.

COMMENTO N. 2: Gli esami, come si vede, non forniscono alcun aiuto. Occorre perciò orientarsi più approfonditamente sui dati provenienti da una accurata anamnesi per sviluppare delle ipotesi diagnostiche, visto che sia l’esame obbiettivo, sia gli esami di laboratorio non forniscono spunti concreti. In questo senso, passiamo in rassegna le principali situazioni patologiche da dibattere, in tale situazione, in sede di diagnostica differenziale: Infezione vie urinarie ----> difficile se non impossibile, visto l’esame urine assolutamente nella norma. Ad ogni modo, l’Urocoltura darà esito negativo; IPLV ----> il dubbio può essere plausibile, visto che il tutto sembra coincidere con la fine dell’allattamento al seno. Purtuttavia, è raro che una IPLV grave ed importante al punto di bloccare la crescita non si renda in parte manifesta già durante l’allattamento al seno, visto che gli allergeni del latte vaccino passano nel latte materno; Volvolo, ipertrofia del piloro, situazioni di interesse chirurgico addominale ----> da non prendere in considerazione per via della sintomatologia “sub-cronica” (e non acuta o subacuta) presente; Dismetabolismi di varia natura ---> praticamente impossibile, perché siamo già ai 4 mesi di vita. A questo punto ci viene in aiuto l’anamnesi e la attenta riconsiderazione di quei sintomi ascritti (all’epoca) alle “coliche gassose”. La madre, nuovamente interpellata, riferisce che la bimba a tratti iperestendeva ed inarcava il capo, e spesso sembrava “ruminare” con palese disagio e smorfie di fastidio pur in assenza di vere crisi di pianto. Inoltre ribadisce che la bimba mangiava al seno ogni 2 ore con poppate brevi e che avevano obbligato la mamma a 3-4 poppate anche notturne. Il sospetto diagnostico inizia ad intravedersi all’orizzonte: e se la bimba avesse una esofa-

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gite sottesa da un GER senza vomiti ? La sintomatologia dei mesi precedenti fa infatti sospettare che la lattante avesse un GER che era controllato parzialmente dalle modalità di alimentazione (al seno e non con biberon) e dalla “autoregolazione” della bimba che mangiava poco e spesso senza così aumentare più di tanto la replezione gastrica. Quando si è trattato di passare al biberon, e a quantitativi di latte maggiori e con minori possibilità di autoregolazione, si sono incrementati i reflussi acidi che hanno prodotto dopo pochi giorni una esofagite. Da notare che l’assenza (o la scarsa presenza) di vomito non è affatto di raro riscontro in GER anche importanti: infatti, i reflussi acidi più dannosi e pericolosi sono proprio quelli che non riuscendo a percorrere tutto il tratto esofageo, rimangono più tempo a contatto con la mucosa prossima al cardias. Viene a questo punto eseguito un Rx transito esofagogastrico, che dimostra un GER di 3^ grado, e una pHmetria delle 24 ore, che conferma la presenza di frequenti e duraturi reflussi di tipo acido, con un Indice di reflusso pari a 0,25 (quindi decisamente patologico). Si instaura quindi opportuna terapia antiacida con Magaldrato + Ranitidina, e alimentazione con latte ispessito pre-gelatinizzato. Si consiglia la Postura antireflusso istruendo allo scopo i genitori. La terapia in pochi giorni produce un netto miglioramento e la bimba riprende ad alimentarsi con crescente efficacia. Anche la sintomatologia a lungo ritenuta secondaria a coliche sparisce. Al controllo dopo 15 giorni, la bimba ha riguadagnato 420 g di peso, tollera la terapia, e pertanto si conferma sia la diagnosi, sia la terapia medica e dietetica da proseguire per qualche mese. COMMENTO FINALE ..... le coliche gassose sono spesso un facile alibi .....!

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Una causa di polidramnios P. nasce a 37 settimane da TC per polidramnios. L’ecografia fetale a 32 settimane aveva evidenziato una massa cistica a livello dell’emitorace destro

L’immagine ecografica era suggestiva di malformazione toracica congenita ma non permetteva di distinguere tra malformazioni adenomatose cistiche, enfisema lobare congenito, sequestro polmonare o cisti broncogena. Alla nascita P. mostra un normale adattamento alla vita extrauterina. Apgar 8-10. All’esame obiettivo appare eupnoico e l’auscultazione del torace non è indicativa. Non sembrano essere presenti malformazioni associate. Gli esami ematici sono nor-

Fig. 1: Formazione di aspetto eterogeneo, solida e cistica occupante la regione mediana del polmone destro. Modico spostamento a sinistra del mediastino

mali. Viene eseguita una Rx torace che evidenzia una massa eterogenea all’emitorace destro (Fig. 1) e una TAC torace che conferma la natura cistica della massa (Fig. 2). Diagnosi L’immagine TAC è fortemente suggestiva di malformazione congenita ademomatosa cistica (CCAM) di tipo II.

Reperti anatomopatologici

Terapia

L’aspetto macroscopico del lobo polmonare escisso è mostrato nella Fig. 3, la Fig. 4 ne dimostra l’aspetto istologico.

Il piccolo paziente, sempre asintomatico, viene dimesso in 6° giornata e sottoposto, ad 1 mese di vita, ad intervento elettivo di toracotomia posterolate-

Fig. 2: Singola sezione TAC rivela la presenza di una grossa cisti centrale circondata da numerose cisti di minori dimensioni

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rale destra con rimozione del lobo medio del polmone destro. I lobi superiore ed inferiore appaiono normali, sebbene compressi dal voluminoso lobo medio. Il decorso post-operatorio è favorevole con estubazione in 3° giornata.

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Fig. 3: Reperto macroscopico di lobo polmonare interessato da malformazione adenomatosa cistica. Si osservano numerose cisti di dimensioni variabili

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Internet café Le malformazioni toraciche congenite (MTC) comprendono uno spettro di anomalie che vengono frequentemente identificate in ecografia fetale. Peraltro l’aspetto ecografico delle varie MTC è simile ed è spesso impossibile porre una diagnosi prenatale precisa. La storia naturale di queste lesioni è estremamente variabile. Le più voluminose possono causare serie complicanze nel feto con necessità di trattamento in utero. In particolare l’aumentata pressione intratoracica può arrivare ad ostacolare il ritorno venoso fino a causare idrope fetale; se viene compresso l’esofago può comparire polidramnios. Lo spostamento del mediastino e la presenza di lesioni a carattere macrocistico comporta una prognosi meno favorevole Peraltro, secondo uno studio recente, pare che fino al 45% delle malformazioni toraciche scompaia spontaneamente in epoca fetale, mentre il 35% rimane stabile e solo nel 18% dei casi si assiste ad un aggravamento (1). I pazienti con una diagnosi prenatale di MTC

Fig. 4: Colorazione all'emotossilina-eosina di CCAM che dimostra la presenza di spazi “alveolari” dilatati rivestiti da epitelio respiratorio e ghiandolare muciparo

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Approfondimenti sul caso selezionati dalla redazione dai migliori siti clinici

devono essere sottoposti ad una accurata valutazione postnatale che deve includere una TAC toracica. Le manifestazioni vanno dal distress respiratorio neonatale alla completa asintomaticità; in assenza di diagnosi prenatale possono rappresentare un reperto occasionale in una radiografia torace a qualunque età. Raramente, in caso di lesioni voluminose si rende necessaria la correzione chirurgica d’urgenza nel periodo neonatale. Molti pazienti però sono asintomatici alla nascita ed in epoca infantile e l’approccio risulta controverso. Alcuni autori suggeriscono un atteggiamento di vigile attesa a lungo termine nei casi asintomatici di enfisema lobare congenito e sequestro extrapolmonare. La maggioranza degli esperti, invece raccomanda la resezione elettiva di tutte le malformazioni adenomatose cistiche, le cisti broncogene e i sequestri intrapolmonari in considerazione del rischio di complicanze quali infezione, emorragia, pneumotorace, compromissione respiratoria acuta e

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trasformazione maligna (carcinoma broncoalveolare e rabdomiosarcoma). La lobectomia elettiva mediante toracotomia viene generalmente ben tollerata e rappresenta l’approccio chirurgico prevalente. La chirurgia toracoscopica video-assistita rappresenta una valida alternativa. Il timing dell’intervento nei pazienti asintomatici non è strettamente stabilito e le indicazioni variano da 1 mese a 2 anni. Alcuni autori suggeriscono di operare tra 6 mesi e 1 anno in considerazione della riduzione del rischio anestesiologico e chirurgico dopo i primi mesi di vita. Bibliografia 1. Illanes S, Hunter A, Evans M, Cusick E, Soothill P. Prenatal diagnosis of echogenic lung: evolution and outcome. Ultrasound Obstet Gynecol. 2005 Aug; 26(2):145-9. 2. Eber E. Antenatal diagnosis of congenital thoracic malformations: early surgery, late surgery, or no surgery? Semin Respir Crit Care Med. 2007 Jun;28(3):355-66.

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Distress respiratorio a 4 mesi G., 4 mesi viene condotta in Pronto Soccorso pediatrico in quanto presenta un progressivo impegno respiratorio, con polipnea e tosse, che compromette la sua capacità di alimentarsi al seno. Non viene riferita febbre e non vi sono segni di infezione delle alte vie respiratorie

All’esame obiettivo G. appare in condizioni generali discrete, vivace, apiretica. All’auscultazione del torace non sono presenti rumori patologici, il MV appare ridotto a tutto l'emitorace sinistro. Viene quindi sottoposta ad Rx torace (Fig. 1) che mostra una spiccata iperdiafania del polmone sinistro associata a dislocazione a destra dell’ombra mediastinica.

stivi di aspirazione di corpo estraneo.

Decorso clinico La piccola viene ricoverata e mantenuta in osservazione per

Diagnosi Non presenta particolare difficoltà. Si tratta infatti di un enfisema congenito del lobo superiore sinistro. In diagnosi differenziale andrebbe considerata l’ostruzione da corpo estraneo del bronco superiore sinistro ma l’anamnesi era negativa per episodi sugge-

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circa una settimana. Gli esami ematici non mostrano alterazioni di rilievo. L’ecocardiografia dimostra un cor triatratum come anomalia cardiaca isolata. Il decorso è purtroppo ingravescente con lento ma costante peggioramento del distress respiratorio e delle difficoltà di alimentazione. Si decide pertanto di procedere alla correzione chirurgica. L’intervento di lobectomia superiore sinistra risulta risolutivo e il decorso postoperatorio è favorevole.

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Fig. 1: Rx torace. Iperespansione del lobo superiore del polmone sinistro con spostamento del mediastino a destra


Internet café L'enfisema lobare congenito può essere la conseguenza di un meccanismo a valvola secondario all'ostruzione intrinseca delle vie aeree (anomalia della cartilagine bronchiale) o alla compressione estrinseca (es. anello vascolare) o essere dovuto ad uno sviluppo alveolare anomalo. Generalmente viene coinvolto un solo lobo polmonare. Un eziologia definita viene individuata in meno del 50% dei pazienti. Il distress respiratorio compare di solito nelle prime settimane di vita e in genere entro i primi 6 mesi anche se occasionalmente sono stati riportati casi ad esordio più tardivo. La gravità dei sintomi dipende dal grado di compressione del polmone normale.

Aspetto radiologico Si osserva una progressiva iperdistensione di un lobo che comprime i lobi adiacenti e causa uno spostamento del mediastino. La trama del lobo iperespanso è rarefatta. Più frequentemente è interessato il lobo superiore sinistro (43%), seguito dal lobo medio destro (32%) e da quello superiore destro (20%); raramente si sviluppa nei lobi inferiori. Il lobo enfisematoso può inizial-

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mente avere contenuto liquido e quindi apparire come un'opacità polmonare, ma si assiste poi al riassorbimento di tale liquido (Fig 2) e alla comparsa del tipico aspetto iperdiafano. In diagnosi differenziale entrano le CCAM (che peraltro in genere presentano cisti multiple), le ostruzioni bronchiali da corpo estraneo (che si vedono in genere in bambini più grandi) e le cisti broncogene. Pur essendo entità cliniche ben distinte, le CCAM, i sequestri intra ed extrapolmonari e l'enfisema lobare condividono delle anomalie istologiche tra cui lo sviluppo parenchimale aberrante che caratterizza le CCAM. Recentemente è stata descritta la presenza di atresia di un bronco lobare, segmentale o sottosegmentale rispettivamente nel 100% degli sequestri extrapolmonari nell'82% degli intrapolmonari, nel 70% delle CCAM e nel 50% degli enfisemi lobari. E' possibile che queste malformazioni abbiano la stessa eziopatogenesi e che le differenze anatomiche dipendano da una diversa espressione genetica o dal timing e dalla durata dell'insulto in epoca fetale (1). La gestione dell'enfisema lobare è stata in passato tipicamente chiururgica. Con l'avvento della diagnosi prenatale e con il dif-

fondersi dell'imaging sempre più spesso ci si trova di fronte bambini asintomatici o solo lievemente sintomatici e l'approccio conservativo, di vigile attesa, è sempre più diffuso. In uno studio recente (2) su 20 bambini di età 0-17 anni (8 con diagnosi prenatale) 14 sono stati tenuti in osservazione senza procedere all'intervento, degli 11 sintomatici 6 hanno mostrato una risoluzione spontanea della sintomatologia. Bibliografia 1. Riedlinger WF, Vargas SO, Jennings RW, et al. Bronchial atresia is common to extralobar sequestration, intralobar sequestration, congenital cystic adenomatoid malformation, and lobar emphysema. Pediatr Dev Pathol. 2006 Sep-Oct;9(5):361-73. 2. Mei-Zahav M, Konen O, Manson D, Langer JC. Is congenital lobar emphysema a surgical disease? J Pediatr Surg. 2006 Jun;41(6):1058-61.

Fig. 2: Serie di tre Rx torace di neonato con enfisema congenito del lobo superiore destro. La lesione appare inizialmente come una zona di raccolta liquida, successivamente il liquido viene riassorbito e il lobo superiore destro appare iperdisteso

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Una massa quasi asintomatica M.L., 15 anni, pattinatrice artistica dilettante lamenta da qualche settimana un generico fastidio all’emitorace sinistro, descritto come “peso o costrizione”. Il disagio non è aggravato dall’esercizio fisico e non varia con la postura

L’auscultazione del torace non contribuisce alla diagnosi ed un ECG eseguito dal medico sportivo risulta nella norma. Viene quindi prescritta una Rx torace (A) che mostra una voluminosa opacità omogenea a livello del campo polmonare inferiore sinistro. Gli esami ematici escludono alterazione degli indici di flogosi. Si procede quindi ad una TAC torace (B) che dimostra la presenza di una massa a componente cistica (punte di freccia) nel lobo polmonare inferiore sinistro. Si osserva inoltre un ramo

arterioso sistemico aberrante (freccia) che origina dall’aorta toracica. Una angiografia tomografica computerizzata (C) ed una angiografia digitale a sottrazione d'immagine (D) confermano la presenza dell’arteria aberrante a partenza dall’aorta discendente toracica (punta di freccia in D). Si osserva inoltre il drenaggio venoso a carico delle vene polmonari inferiori sinistre (frecce in D). Il sospetto diagnostico principale è quello di sequestro polmonare.

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Internet café Il sequestro polmonare è una rara malformazione congenita a struttura cistica indifferenziata che generalmente non comunica con l’albero bronchiale e riceve una irrorazione arteriosa sistemica. Ne esiste una forma intrapolmonare, circondata da tessuto polmonare normale ed una extrapolmonare, circondata da una propria pleura. Il ramo arterioso anomalo origina di solito dall’aorta toracica o addominale ma a volte anche dal tripode celiaco o da altre grandi arterie. Possono essere presenti più vasi arteriosi. La forma intrapolmonare è più frequentemente localizzata ai segmenti inferiori, più spesso a sinistra; il drenaggio venoso è a carico del sistema polmonare. In genere è asintomatica in epoca neonatale ed infantile e spesso la diagnosi avviene nella seconda infanzia o in età adulta in seguito ad episodi di polmonite o tosse cronica o ricorrente. L’infezione è resa possibile da una comunicazione rudimentale con l’albero bronchiale o il polmone. A volte invece si verifica una sovradisten-

Si procede quindi all’intervento chirurgico di toracotomia e lobectomia inferiore sinistra. La massa patologica ed il parenchima polmonare normale sono avvolti dalla pleura viscerale. L’aspetto macroscopico ed il reperto anatomopatologico confermano la diagnosi. Si tratta infatti di un sequestro polmonare intralobare. Il decorso postoperatorio è favorevole.

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sione della componente cistica con compressione del polmone adiacente. Nel tipo extrapolmonare la localizzazione può essere sovra- o sottodiaframmatica ed il drenaggio venoso è sistemico; sono frequenti altre malformazioni (es.ernia diaframmatica). Le forme extrapolmonari sono più spesso diagnosticate prima dell’anno, spesso a causa delle malformazioni associate. A volte le manifestazioni possono essere gastrointestinali e, in alcuni casi è difficile distinguerle radiologicamente il sequestro extrapolmonare dal neuroblastoma. In entrambe le forme lo shunt sinistro-destro può essere causa di compromissione cardiocircolatoria e possono verificarsi anastomosi artero-venose con rischio emorragico (1). L’identificazione del ramo arterioso aberrante è di cruciale importanza ai fini diagnostici e chirurgici. Tra le varie modalità radiografiche disponibili si ricordano la TAC spirale, la risonanza magnetica l’eco-color-Doppler e l’angio-TAC multidetector che

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permette la visualizzazione simultanea dell’arteria anomala e del sistema venoso drenante (2). La terapia più indicata è probabilmente la chirurgia elettiva, prima che si verifichino infezioni recidivanti. Nelle forme intralobari è indicata la lobectomia. Appare efficace e sicura anche la lobectomia per via toracoscopica. Può essere considerata l’occlusione mediante palloncino o l’embolizzazione pre-operatoria dell’arteria anomala al fine di ridurre il rischio emorragico intraoperatorio e migliorare il compenso cardiocircolatorio, qualora non ottimale. Bibliografia 1. eMedicine-Pulmonary Sequestration Article by Bruce M Schnapf.htm 2. Fumino S, Iwai N, Kimura O, Ono S, Higuchi K. Preoperative evaluation of the aberrant artery in intralobar pulmonary sequestration using multidetector computed tomography angiography. J Pediatr Surg. 2007 Oct;42(10):1776-9.

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Aggiornamenti farmacologici

FEBBRE,

INFIAMMAZIONE, DOLORE

NEL BAMBINO

Uso degli antinfiammatori nella terapia dell’artrite reumatoide L’artrite giovanile idiopatica colpisce un bambino su 1.000 e nella maggior parte dei casi con coinvolgimento poliarticolare. Gli antinfiammatori non steroidei, in particolare l’ibuprofene si sono dimostrati efficaci in vari studi controllati condotti negli anni 1980-90 e caratterizzati da una buona tollerabilità

Nel 1990, Giannini et al. avevano dimostrato l’efficacia dell’ibuprofene nel trattamento dell’artrite reumatoide giovanile con uno studio multicentrico, in doppio cieco della durata di 12 settimane. Il farmaco era stato somministrato alla dose di 30 to 40 mg/kg/die e confrontato con l’acido acetilsalicilico, allora farmaco di riferimento. Non vi erano state differenze di efficacia, ma un maggior numero di pazienti trattati con acido acetilsalicilico avevano dovuto interrompere il trattamento per

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l’insorgenza di effetti collaterali. In seguito, altri 84 pazienti con artrite reumatoide giovanile sono stati inclusi in uno studio di 24 settimane e trattati con diverse dosi di ibuprofene (30, 40 e 50 mg/kg/die). Effetti collaterali a livello gastrointestinale sono stati proporzionali alla dose somministrata. Per quanto riguarda nuove possibilità di trattamento dell’artrite reumatoide le conoscenze di base delle reazioni infiammatorie si sono rivelate fondamentali.

Universo Pediatria

La review di Wilkinson et al. discute le vie attraverso cui fenomeni autoimmuni attivano il sistema delle citochine e il ruolo centrale del TNFα in questa patologia. La modulazione farmacologica delle citochine proinfiammatorie o dotate di attività antinfiammatoria come IL8 o TNFα, da una parte, e IL10 dall’altra, si è rivelata importante. Gli steroidi e la ciclosporina A inibiscono la sintesi di citochine, mentre il talidomide aumenta la degradazione dell’mRNA di


MECCANISMI DEL DANNO STRUTTURALE Osteoclasti

Erosione articolare

Distruzione ossea linfociti T CD4+ TNF-α IL-1

Sinoviociti

Macrofago

Distruzione cartilaginea Condrocita Cellula endoteliale

Riduzione spazio articolare

Molecole di adesione

1 Fig. 1: Il meccanismo del danno nell’artrite reumatoide giovanile

TNFα. Altri farmaci come il leflunomide inibiscono fattori trascrizionali. Le terapie biologiche sono rappresentate dalla diretta somministrazione di citochine o di loro inibitori naturali. Clinicamente, è possibile usare IL10 ricombinante, recettori specifici come quello ricombinante dell’IL1. Recentemente, sono stati utilizzati inibitori del TNFα come il suo recettore solubile, legato a IgG umane in grado di neutralizzare la citochina legandola con una affinità 50-1.000 volte superiore al recettore naturale. Questo stesso recettore ricombinante è in grado di legare altre citochine come IL-1 e TNFβ. Viene somministrato due volte alla settimana per via sottocutanea ed è usato nel bambino. Gli effetti collaterali non sono rari e, soprattutto per quelli più gravi, come l’insorgenza di tumori, non vi sono ancora sufficienti osservazioni a lungo termine.

L’altra possibilità di limitare l’attività biologica del TNFα è di somministrare anticorpi monoclonali che ne legano sia la porzione solubile che quella legata alle cellule. Per questi anticorpi sono in corso studi pediatrici. Sono anche usati nel trattamento del m di Crohn. I dati relativi a queste nuove terapie nell’artrite giovanile idiopatica attendono ulteriori conferme. Bibliografia - Giannini EH, Brewer EJ, Miller ML, Gibbas D, Passo MH, Hoyeraal HM, Bernstein B, Person DA, Fink CW, Sawyer

LA, et al. Ibuprofen suspension in the treatment of juvenile rheumatoid arthritis. Pediatric Rheumatology Collaborative Study Group. J Pediatr. 1990; 117:645-52. - Wilkinson N, Jackson G, Gardnet-Medwin J. Biologic therapies for juvenile arthritis. Arch Dis Child 2003;88:186-191. - Zong SH and Lord JM. Factors underlying chronic inflammation in rheumatoid arthritis. Arch Immunol Ther Exp, 2004, 52, 379-388.

Fig. 2: Deformazioni articolari in un caso di artrite reumatoide giovanile

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Universo Pediatria



RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. NUREFLEX 2% Sospensione Orale Bambini - Arancia. NUREFLEX 2% Sospensione Orale Bambini - Fragola. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni ml di sospensione orale contiene 20 mg di ibuprofene. Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Trattamento della febbre e del dolore. Trattamento dei sintomi dell'artrite reumatoide giovanile. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. La posologia è strutturata in base all'età ed al peso del soggetto da trattare. Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della più bassa dose efficace per la più breve durata possibile di trattamento che occorre per controllare i sintomi (vedere sezione 4.4). Per somministrazione orale a lattanti e bambini di età compresa fra 3 mesi e 12 anni, mediante siringa dosatrice o cucchiaino dosatore forniti con il prodotto. La scala graduata presente sul corpo della siringa riporta in evidenza le tacche per i due diversi dosaggi: la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene. Il cucchiaino dosatore riporta due tacche per i due diversi dosaggi: la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene. Per il trattamento del dolore e della febbre la dose giornaliera di 20-30 mg/kg di peso corporeo può essere somministrata sulla base dello schema che segue.

DOSE GIORNALIERA DOSE POSOLOGIA PESO mg/kg/giorno (media) mg/kg (media) Kg 26,7 - 19,5 (23,1) 8,9 - 6,5 (7,7) 2,5ml 3 volte al dì (150mg) 5,6 - 7,7 3 mesi - 6 mesi 19,2 - 15,0 (17,1) 6,4 - 5,0 (5,7) 2,5ml 3 volte al dì (150mg) 7,8 - 10 6 mesi - 12 mesi 27,3 - 20,1 (23,7) 9,1 - 6,7 (7,9) 5ml 3 volte al dì (300mg) 11 - 15 1 anno - 3 anni 28,2 - 22,5 (25,4) 9,4 - 7,5 (8,5) 7,5ml 3 volte al dì (450mg) 16 - 20 4 anni - 6 anni 28,5 - 21,3 (24,9) 9,5 - 7,1 (8,3) 10ml 3 volte al dì (600mg) 21 - 28 7 anni - 9 anni 30,9 - 22,5 (26,7) 10,3 - 7,5 (8,9) 15ml 3 volte al dì (900mg) 29 - 40 10 anni - 12 anni L'azione del prodotto ha una durata fino a 8 ore, ma il medico potrà adottare, se necessario, intervalli più brevi, non superando comunque la dose giornaliera massima di 30 mg/kg. Per il trattamento sintomatico dell'artrite reumatoide giovanile la posologia giornaliera è di 30-40 mg/kg di peso corporeo suddivisi in 3 o 4 somministrazioni. Istruzioni per l’utilizzo della siringa dosatrice: 1 - Svitare il tappo spingendolo verso il basso e girandolo verso sinistra. 2 - Introdurre a fondo la punta della siringa nel foro del sottotappo. 3 - Agitare bene. 4 - Capovolgere il flacone, quindi, tenendo saldamente la siringa, tirare delicatamente lo stantuffo verso il basso facendo defluire la sospensione nella siringa fino alla tacca corrispondente alla dose desiderata. 5 - Rimettere il flacone in posizione verticale e rimuovere la siringa ruotandola delicatamente. 6 - Introdurre la punta della siringa nella bocca del bambino, ed esercitare una lieve pressione sullo stantuffo per far defluire la sospensione. Dopo l’uso chiudere il flacone, avvitando il tappo e lavare la siringa con acqua calda. Lasciarla asciugare, tenendola fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 4.3. Controindicazioni. • Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. • Bambini di età inferiore a 3 mesi o di peso inferiore a 5,6 Kg. Il medicinale è inoltre controindicato nei soggetti con ipersensibilità all’acido acetilsalicilico o ad altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei (FANS), in particolare quando l’ipersensibilità è associata a poliposi nasale e asma. • Ulcera peptica attiva. • Grave insufficienza renale od epatica. • Grave insufficienza cardiaca. • Storia di emorragia gastrointestinale o perforazione relativa a precedenti trattamenti attivi o storia di emorragia / ulcera peptica ricorrente (due o più episodi distinti di dimostrata ulcerazione o sanguinamento). • Gravidanza e allattamento (vedere p. 4.6). 4.4. Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego. Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della dose minima efficace per la durata di trattamento più breve possibile che occorre per controllare i sintomi (vedere sezione 4.2 e i paragrafi sottostanti sui rischi gastrointestinali e cardiovascolari). L’uso di Nureflex deve essere evitato in concomitanza di FANS, inclusi gli inibitori selettivi della COX-2. Gli analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei possono causare reazioni di ipersensibilità, potenzialmente gravi (reazioni anafilattoidi), anche in soggetti non precedentemente esposti a questo tipo di farmaci. Il rischio di reazioni di ipersensibilità dopo assunzione di ibuprofene è maggiore nei soggetti che abbiano presentato tali reazioni dopo l’uso di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei e nei soggetti con iperreattività bronchiale (asma), poliposi nasale o precedenti episodi di angioedema (vedere “Controindicazioni” ed “Effetti indesiderati”). Emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione: durante il trattamento con tutti i FANS, in qualsiasi momento, con o senza sintomi di preavviso o precedente storia di gravi eventi gastrointestinali, sono state riportate emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione, che possono essere fatali. Anziani: I pazienti anziani hanno un aumento della frequenza delle reazioni avverse ai FANS, specialmente emorragie e perforazioni gastrointestinali, che possono essere fatali (vedi sezione 4.2). Negli anziani e in pazienti con storia di ulcera, soprattutto se complicata da emorragia o perforazione (vedi sezione 4.3), il rischio di emorragia gastrointestinale, ulcerazione o perforazione è più alto con dosi aumentate di FANS. Questi pazienti devono iniziare il trattamento con la più bassa dose disponibile. L’uso concomitante di agenti protettori (misoprostolo o inibitori di pompa protonica) deve essere considerato per questi pazienti e anche per pazienti che assumono basse dosi di aspirina o altri farmaci che possono aumentare il rischio di eventi gastrointestinali (vedi sotto e sezione 4.5). Pazienti con storia di tossicità gastrointestinale, in particolare anziani, devono riferire qualsiasi sintomo gastrointestinale inusuale (soprattutto emorragia gastrointestinale) in particolare nelle fasi iniziali del trattamento. Cautela deve essere prestata ai pazienti che assumono farmaci concomitanti che potrebbero aumentare il rischio di ulcerazione o emorragia, come corticosteroidi orali, anticoagulanti come warfarin, inibitori selettivi del reuptake della serotonina o agenti antiaggreganti come l’aspirina (vedi sezione 4.5). Quando si verifica emorragia o ulcerazione gastrointestinale in pazienti che assumono Nureflex il trattamento deve essere sospeso. I FANS devono essere somministrati con cautela nei pazienti con una storia di malattia gastrointestinale (colite ulcerosa, morbo di Crohn) poiché tali condizioni possono essere esacerbate (vedi sezione 4.8). Gravi reazioni cutanee alcune delle quali fatali, includenti dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens-Johnson e Necrolisi Tossica Epidermica, sono state riportate molto raramente in associazione con l’uso dei FANS (vedi sezione 4.8). Nelle prime fasi della terapia i pazienti sembrano essere a più alto rischio: l’insorgenza della reazione si verifica nella maggior parte dei casi entro il primo mese di trattamento. Nureflex deve essere interrotto alla prima comparsa di rash cutaneo, lesioni della mucosa o qualsiasi altro segno di ipersensibilità. L’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei, richiede particolare cautela: • in caso di asma: possibile broncocostrizione; • in presenza di difetti della coagulazione: riduzione della coagulabilità; • in presenza di malattie renali, cardiache o di ipertensione: possibile riduzione critica della funzione renale (specialmente negli anziani o nei soggetti con funzione renale o epatica compromessa, insufficienza cardiaca o in trattamento con diuretici), nefrotossicità o ritenzione di fluidi; • in presenza di malattie epatiche: possibile epatotossicità. Inoltre, l’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei, richiede adeguate precauzioni: • reidratare il soggetto prima dell’inizio e nel corso del trattamento in caso di disidratazione (ad esempio per febbre, vomito o diarrea); (le seguenti precauzioni assumono rilevanza nel corso di trattamenti prolungati): • sorvegliare i segni o sintomi di ulcerazioni o sanguinamenti gastrointestinali; • sorvegliare i segni o sintomi di epatotossicità; • sorvegliare i segni o sintomi di nefrotossicità; • se insorgono disturbi visivi (vista offuscata o ridotta, scotomi, alterazione della percezione dei colori): interrompere il trattamento e consultare l’oculista; • se insorgono segni o sintomi di meningite: valutare la rara possibilità che essa sia dovuta all’uso di ibuprofene (meningite asettica; più frequente nei soggetti affetti da lupus eritematoso sistemico o altre collagenopatie). Effetti cardiovascolari e cerebrovascolari. Un adeguato monitoraggio ed opportune istruzioni sono necessarie nei pazienti con anamnesi positiva per ipertensione e/o insufficienza cardiaca congestizia da lieve a moderata poiché in associazione al trattamento con i FANS sono stati riscontrati ritenzione di liquidi ed edema. Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o ictus). In generale, gli studi epidemiologici non suggeriscono che basse dosi di ibuprofene (es. ≤ 1200 mg/die) siano associate ad un aumentato rischio di infarto del miocardio. I pazienti con ipertensione non controllata, insufficienza cardiaca congestizia, cardiopatia ischemica accertata, malattia arteriosa periferica e/o malattia cerebrovascolare devono essere trattati con ibuprofene soltanto dopo attenta considerazione. Analoghe considerazioni devono essere effettuate prima di iniziare un trattamento di lunga durata in pazienti con fattori di rischio per eventi cardiovascolari (es. ipertensione, iperlipidemia, diabete mellito, fumo). Poiché questo medicinale contiene maltitolo, è controindicato nei pazienti con intolleranze ereditarie al fruttosio. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Le seguenti interazioni sono comuni all’ibuprofene, all’acido acetilsalicilico e agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei (FANS): • evitare l’uso contemporaneo di due o più analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei: aumento del rischio di effetti indesiderati; • corticosteroidi: aumento del rischio di ulcerazione o emorragia gastrointestinale (vedi sezione 4.4); • antibatterici: possibile aumento del rischio di convulsioni indotte da chinolonici; • anticoagulanti: i FANS possono aumentare gli effetti degli anticoagulanti, come il warfarin (vedi sezione 4.4); • agenti antiaggreganti e inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs): aumento del rischio di emorragie gastrointestinale (vedi sezione 4.4); • antidiabetici: possibile aumento dell’effetto delle sulfaniluree; • antivirali: ritonavir: possibile aumento della concentrazione dei FANS; ETA’

• ciclosporina: aumentato rischio di nefrotossicità; • citotossici: metotressato: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità); • litio: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità); • tacrolimus: aumentato rischio di nefrotossicità; • uricosurici: probenecid: rallenta l’escrezione dei FANS (aumento delle concentrazioni plasmatiche). Diuretici, ACE inibitori e Antagonisti dell’angiotensina II: I FANS possono ridurre l’effetto dei diuretici e di altri farmaci antiipertensivi. In alcuni pazienti con funzione renale compromessa (per esempio pazienti disidratati o pazienti anziani con funzione renale compromessa) la co-somministrazione di un ACE inibitore o di un antagonista dell’angiotensina II e di agenti che inibiscono il sistema della ciclo-ossigenasi può portare a un ulteriore deterioramento della funzione renale, che comprende una possibile insufficienza renale acuta, generalmente reversibile. Queste interazioni devono essere considerate in pazienti che assumono NUREFLEX in concomitanza con ACE inibitori o antagonisti dell’angiotensina II. Quindi, la combinazione deve essere somministrata con cautela, specialmente nei pazienti anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e deve essere preso in considerazione il monitoraggio della funzione renale dopo l’inizio della terapia concomitante. 4.6. Gravidanza e allattamento. E' improbabile che soggetti di età inferiore a 12 anni vadano incontro a gravidanza, o allattino al seno. Peraltro, in tali circostanze bisogna tenere presente le seguenti considerazioni. L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e/o lo sviluppo embrio/fetale. Risultati di studi epidemiologici suggeriscono un aumentato rischio di aborto e di malformazione cardiaca e di gastroschisi dopo l’uso di un inibitore della sintesi di prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache aumentava da meno dell’1% fino a circa l’1,5%. È stato ritenuto che il rischio aumenta con la dose e la durata della terapia. Negli animali, la somministrazione di inibitori della sintesi di prostaglandine ha mostrato di provocare un aumento della perdita di pre e post-impianto e di mortalità embrione-fetale. Inoltre, un aumento di incidenza di varie malformazioni, inclusa quella cardiovascolare, è stato riportato in animali a cui erano stati somministrati inibitori di sintesi delle prostaglandine durante il periodo organogenetico. Durante il terzo trimestre di gravidanza, tutti gli inibitori della sintesi delle prostaglandine possono esporre il feto a: • tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare); • disfunzione renale che può progredire a insufficienza renale con oligo-idroamnios; la madre e il neonato, alla fine della gravidanza, a: • possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che può occorrere anche a dosi molto basse; • inibizione delle contrazioni uterine risultanti in ritardo o prolungamento del travaglio. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non pertinente, considerata l’età del paziente. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati osservati con ibuprofene sono generalmente comuni agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non-steroidei. Reazioni di ipersensibilità. Raramente: reazioni anafilattoidi (gravi reazioni che possono comprendere: orticaria con o senza angioedema, dispnea (da ostruzione laringea o da broncospasmo), shock; sindrome caratterizzata da dolore addominale, febbre, brividi, nausea e vomito; broncospasmo (vedere “Controindicazioni” e “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Effetti sull’apparato gastrointestinale. Gli eventi avversi più comunemente osservati sono di natura gastrointestinale. Possono verificarsi ulcere peptiche, perforazione o emorragia gastrointestinale, a volte fatale, in particolare negli anziani (vedi sezione 4.4). Dopo somministrazione di Nureflex sono stati riportati: nausea, vomito, diarrea, flatulenza, costipazione, dispepsia, dolore addominale, melena, ematemesi, stomatiti ulcerative, esacerbazione di colite e morbo di Crohn (vedi sezione 4.4). Meno frequentemente sono state osservate gastriti. Dolore epigastrico, pirosi gastrica. I disturbi gastrici possono essere ridotti assumendo il farmaco a stomaco pieno. Raramente: epatite, ittero, alterazione dei test della funzione epatica, pancreatite, duodenite, esofagite, sindrome epatorenale, necrosi epatica, insufficienza epatica. Effetti sul sistema nervoso e gli organi di senso. Vertigine, cefalea, irritabilità, tinnito. Raramente: depressione, insonnia, difficoltà di concentrazione, labilità emotiva, sonnolenza, meningite asettica (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”), convulsioni, disturbi uditivi e visivi (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Effetti sull’apparato respiratorio. Broncospasmo, dispnea, apnea. Effetti su cute e annessi. Reazioni bollose includenti sindrome di Stevens–Johnson e Necrolisi Tossica Epidermica (molto raramente). Eruzioni cutanee (anche di tipo maculopapulare), prurito. Raramente: eruzioni vescicolo-bollose, orticaria, eritema multiforme, alopecia, dermatite esfoliativa, dermatite da fotosensibilità. Effetti sul sangue. Raramente: neutropenia, agranulocitosi, anemia aplastica, anemia emolitica (possibile test di Coombs positivo), piastrinopenia (con o senza porpora), eosinofilia, riduzione di emoglobina e ematocrito, pancitopenia. Effetti sul sistema endocrino e sul metabolismo. Riduzione dell’appetito. Effetti sul sistema cardiovascolare. Edema, ipertensione e insufficienza cardiaca sono stati riportati in associazione al trattamento con FANS. Ritenzione di fluidi (generalmente risponde prontamente all’interruzione del trattamento) (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”). Raramente: accidenti cerebrovascolari, ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia in soggetti con funzione cardiaca compromessa, palpitazioni. Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o ictus) (vedere sezione 4.4). Effetti sui reni. Raramente: insufficienza renale acuta nei soggetti con preesistente significativa compromissione della funzione renale (vedere “Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso”), necrosi papil are, necrosi tubulare, glomerulonefrite, alterazione dei test della funzione renale, poliuria, cistite, ematuria. Vari. Raramente: secchezza degli occhi e della bocca, ulcere gengivali, rinite. 4.9. Sovradosaggio. I sintomi più comuni sono: dolore addominale, nausea, vomito, letargia e sonnolenza. Meno frequentemente: cefalea, tinnito, depressione del sistema nervoso centrale e convulsioni. Raramente: acidosi metabolica, insufficienza renale acuta, apnea (specialmente nei bambini molto piccoli), ipotensione, bradicardia, tachicardia e fibril azione atriale. Non esiste alcun antidoto dell'ibuprofene. Il trattamento consiste essenzialmente negli idonei interventi di supporto; particolare attenzione è dovuta al controllo della pressione arteriosa, dell’equilibrio acido-base e di eventuali sanguinamenti gastrointestinali. In caso di sovradosaggio acuto lo svuotamento gastrico (vomito o lavanda gastrica) è tanto più efficace quanto più precocemente è attuato; può inoltre essere utile la somministrazione di alcali e l’induzione della diuresi; l’ingestione di carbone attivo può contribuire a ridurre l’assorbimento del farmaco. 5. PROPRIETA' FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: farmaci antinfiammatori/antireumatici non steroidei, derivati dell’acido propionico. Codice ATC: M01AE01. Ibuprofene è un analgesico-antiinfiammatorio di sintesi, dotato di spiccata attività antipiretica. Chimicamente è il capostipite dei derivati fenil-propionici. L'attività analgesica è di tipo non narcotico. Ibuprofene è un potente inibitore della sintesi prostaglandinica ed esercita la sua attività inibendone la sintesi perifericamente. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Ibuprofene è ben assorbito dopo somministrazione orale: assunto a stomaco vuoto produce nell'uomo livelli serici massimi dopo circa 45 minuti. La somministrazione di pari dosi precedute da ingestione di cibo ha rivelato un assorbimento più lento ed il raggiungimento dei livelli massimi in un periodo di tempo compreso entro un minimo di un'ora e mezzo ed un massimo di 3 ore. L'ibuprofene si lega in larga misura alle proteine plasmatiche, si distribuisce a livello tissutale e nel liquido sinoviale. L'emivita plasmatica della molecola è di circa due ore. L'ibuprofene è metabolizzato nel fegato in due metaboliti inattivi e questi, unitamente all'ibuprofene immodificato, vengono escreti dal rene sia come tali che coniugati. L'eliminazione dal rene è rapida e completa. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Le prove tossicologiche su diverse specie animali, per diverse vie di somministrazione, hanno dimostrato che ibuprofene è ben tollerato (la DL 50 nel topo albino è di 800 mg/kg per os; mentre nel ratto, sempre per os, è di 1600 mg/kg); inoltre non è teratogeno. Va però notato che la somministrazione di FANS a ratte gravide può determinare restrizione del dotto arterioso fetale. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Arancia. Polisorbato 80, glicerina, sciroppo di maltitolo, saccarina sodica, acido citrico, sodio citrato, gomma di xanthan, sodio cloruro, aroma arancia, bromuro di domifene, acqua depurata. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Fragola. Polisorbato 80, glicerina, sciroppo di maltitolo, saccarina sodica, acido citrico, sodio citrato, gomma di xanthan, sodio cloruro, aroma fragola, bromuro di domifene, acqua depurata. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. 6.4. Speciali precauzioni per la conservazione. Nessuna particolare. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Arancia. Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo in polipropilene e stantuffo in polietilene. Nureflex 2% Sospensione Orale Bambini - Fragola. Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo in polipropilene e stantuffo in polietilene o cucchiaino dosatore in polipropilene. 6.6. Istruzioni per l'impiego e la manipolazione. Nessuna particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO. Reckitt Benckiser Healthcare International Ltd - 103-105 Bath Road, Slough, Berkshire, SL1 3UH (UK). Rappresentante per l’Italia: Reckitt Benckiser Healthcare (Italia) S.p.A. - via Lampedusa 11/a - 20141 Milano. 8. NUMERO DELL’ AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini - Arancia, flacone da 100 ml: A.I.C. n. 034102018 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini - Arancia, flacone da 150 ml: A.I.C. n. 034102020 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini - Fragola, flacone da 100 ml con siringa dosatrice: A.I.C. n. 034102259 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini - Fragola, flacone da 100 ml con cucchiaino dosatore: A.I.C. n. 034102246 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini - Fragola, flacone da 150 ml con siringa dosatrice: A.I.C. n. 034102261 NUREFLEX 2% Sosp.Orale Bambini – Fragola, flacone da 150 ml con cucchiaino dosatore: A.I.C. n. 034102273 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Agosto 2000 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Maggio 2007.


Dep. AIFA in data 10/10/2006

In uno studio in doppio cieco su 84.192 bambini, la sicurezza di impiego dell’ibuprofene è risultata paragonabile a quella del paracetamolo. Boston University Fever Study - USA(1)

ar tire Già a pmesi dai 3

Antipiretico, analgesico, antinfiammatorio, sicuro per l’eccellente profilo di tollerabilità.

1. Lesko S. M. et al. JAMA, 273: 929-933, 1995


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