TRIMESTRALE SCIENTIFICO - Anno II - N. 1, 2008
Disfunzione Venosa Cronica Meccanismi della Patologia e nuove implicazioni
Nautilu Viaggio al Centro della Salute
TRIMESTRALE SCIENTIFICO Anno II - N. 1, 2008
Editore SINERGIE S.r.l. Sede legale: Corso Italia, 1 - 20122 Milano Sede operativa: Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel./Fax 02 58118054 E-mail: sinergie.milano@virgilio.it Direttore responsabile Mauro Rissa
Università di Bologna
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Chirurgien vasculaire, Chassieu, France
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Andrew N. Nicolaides Institute of Neurology and Genetics, Cyprus
Stampa Galli Thierry Stampa S.r.l. Via Caviglia, 3 - 20139 Milano Tiratura 20.000 copie Registrazione presso Tribunale di Milano n. 139 del 07/03/2007
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SOMMARIO EDITORIALE Disfunzione di parete vascolare. Parallelismi e convergenze Giovanni B. Agus
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LEADING ARTICLE Malattia venosa cronica Andrew N. Nicolaides
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AGGIORNAMENTO IN SLIDES Dal XXIX Congresso Nazionale SIAPAV. Dalla nuova epidemiologia alle nuove prospettive terapeutiche
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COUNSELLING Camminare
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PROFILI Edmondo Malan trent’anni dopo Giovanni B. Agus
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CULTURA Teatro alla Scala. Musica, ma non solo M. Francesca Agus
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Nautilu
Disfunzione di parete vascolare. Parallelismi e convergenze A breve spazio e tempo dalla sua partenza, Nautilus va. Diremo subito che il leading article di questo numero ci onora. Andrew N. Nicolaides è troppo noto perché lo si voglia presentare. In una sintesi magistrale che si avvale di personali contributi provenienti da prestigiose riviste scientifiche come Angiology, New England Journal of Medicine, Circulation, prospetta al GP-General Practitioners, come lui direbbe - MMG o Medico di Famiglia, diciamo noi -, nuovi scenari che si aprono al parallelismo delle due più importanti patologie venose: malattia venosa cronica e tromboembolismo venoso. Certo, si tratta di un parallelismo che non sempre porta ad una convergenza dei rispettivi quadri clinici, ancorché circolarmente collegati in un frequente rapporto di causa-effetto-causa, ma che prospetta comunque il tema gemellare della disfunzione cronica della parete venosa e del rischio trombotico con significative ricadute di gestione preventivo-terapeutica con farmaci quali le eparine e gli eparinoidi. Di recente è stata testata la capacità di alcune EBPM versus eparina sodica nel ridurre la formazione di aggregati misti piastrine-leucociti, correlati al potenziale pro-trombotico, attraverso test su sangue intero umano con piastrine attivate. Fra le EBPM, ad esempio, Parnaparin è stata quella che ha ridotto maggiormente la formazione di aggregati misti rispetto ad altre, con un profilo dose-dipendente (Drugs, 2008). Tale attività su patterns trombotici infiammatori è particolarmente interessante nelle condizioni più severe della Malattia Venosa Cronica, come nel rischio di nuove complicanze acute della Sindrome Post-Trombotica (TVP e TVS). La patologia di parete vascolare, sia arteriosa che venosa, vede infatti ormai primeggiare a fianco delle alterazioni emodinamiche il ruolo dell’infiammazione nei processi fisiopatologici e, nel caso della parete venosa, il profondo legame tra ipertensione venosa e infiammazione. Il ruolo degli eparinoidi sugli effetti clinici della ipertensione venosa e delle conseguenze infiammatorie è stato ampiamente studiato negli anni, grazie anche alla disponibilità di questi in formulazione orale, ma è solo oggi che si è arrivati a svelarne i meccanismi più rilevanti, legati alla scoperta di una struttura ulteriore dell’endotelio, il glicocalice, sottile pellicola di GAGs che riveste il lume endoteliale dei vasi svolgendo, come bene descritto nell'articolo di Nicolaides, funzioni protettive (barriera fisica che maschera i siti di legame per leucociti e piastrine - barriera di cariche elettriche negative contro l’adesione dei polimorfonucleati e delle piastrine), e soprattutto di mediazione dei segnali pressori alla parete (shear stress), garantendo una risposta fisiologica dell’endotelio sincronizzata con l’emodinamica.
Editoriale
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Fra i GAGs il Sulodexide è quello che ha raccolto più letteratura clinica sulla patologia venosa, con la sua attività più che sul flusso, indirizzata sull’endotelio, vero organo bersaglio del farmaco, producendovi l’effetto di reintegrazione delle funzioni endoteliali, mostrando un miglioramento anche nel tono vascolare e riducendo l’ipertensione venosa ortostatica e clinostatica. E’ di questi mesi una nuova pubblicazione che spiega il ruolo dei GAGs, e del sulodexide in particolare, di legare e inibire l’attività di numerose citochine e fattori di crescita (Eur J Pharm, 2007). Per questi motivi facciamo seguire all’articolo di Nicolaides immediatamente la Sezione Slides che nella sua rapidità visiva ci fissi questi nuovi concetti, correlandoli ai primi tentativi pratici fatti in Italia di lettura delle diverse classi patologiche espresse dalla classificazione CEAP, per una familiarizzazione di concetti quale la differenza tra disturbi (disorders) e malattia (disease) nell’ambito della medesima patologia venosa cronica, con evidenti ricadute terapeutiche. Proseguendo su un umile, ma fondamentale servizio di Counselling, questa rubrica porta all’attenzione medica in campo vascolare l’importanza del camminare come gesto umano del piacere quanto della salute. Solo le evidenze sui suoi benéfici effetti sul rischio di sviluppare tromboembolismo venoso basterebbero perché questo si “curi” anche con la “raccomandazione di camminare”: chi fa attività fisica su base regolare presenta un minor rischio di sviluppare trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. La stasi ematica è una delle principali cause della trombosi venosa, ma poco era finora noto sugli effetti della stimolazione del flusso ematico per la prevenzione della trombosi: diversi studi hanno dimostrato la presenza di uno status coagulativo più sano nei soggetti che fanno esercizio regolarmente (J Thromb Haemost, 2007). Una accoppiata “milanese” è data dagli articoli su Edmondo Malan e, per la Sezione Cultura, sui legami tra Medicina e Musica, letti questi ultimi attraverso quel luogo magico che è La Scala, uno dei primi simboli di eccellenza italiana nel mondo. L’invito a leggere il breve Profilo di Edmondo Malan, che mi è parso fondamentale in corrispondenza di un trentennale, vuole andare ben oltre la semplice memoria di un Maestro. E’ un richiamo a ogni medico degli anni Duemila a non “svendere” la peculiarità stessa dell’esser medico. Oggi, nessuno è più maestro, né lo potrebbe essere. La realtà è ormai di un più vasto numero di medici che si adattano a convivere, o subire, decisioni altrui (sono caricaturali coloro che non avendo né meriti né capacità di “fare Scuola”, parlano di “il mio Gruppo”, “i miei letti [d'Ospedale]”, quando è evidente che l’uno e gli altri appartengono alla loro Azienda Ospedaliera). Forse, solo nella libertà di medici indipendenti - e i MMG sono o possono essere tra questi - è ancora possibile vivere la professione medica basata sugli aspetti fondanti la cura della salute, della malattia e del malato. Conoscenza, capacità, cultura, curiosità, quanto etica e fermezza, sono tutti aspetti che ci vengono richiamati da un profilo alto quale è stato Malan. E, parlando in questo numero ampiamente di Flebologia, ci si è soffermati sull’interesse di Malan ad una branca medica meno gravosa della patologia arteriosa, ma altamente problematica per i numerosi pazienti, i pochi medici esperti, gli elevati costi socio-sanitari per lo Stato, out of control in una prospettiva di Clinical Governance.
Giovanni B. Agus
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Malattia venosa cronica Meccanismi della patologia e nuove implicazioni
Andrew N. Nicolaides Emeritus Professor of Vascular Surgery, Imperial College, London, Director, Vascular Screening and Diagnostic Centre, Nicosia, Cyprus La Malattia Venosa Cronica (CVD: Chronic Venous Disease) degli arti inferiori è rappresentata da un insieme di segni, dalle Teleangectasie alle Ulcere secondo la classificazione CEAP, e di sintomi associati, che comprendono dolorabilità, pesantezza, gonfiore e stimoli pruriginosi. I pazienti, in qualsiasi stadio clinico della classificazione, possono essere sintomatici (S) o asintomatici (A). Nonostante la complessità di segni e sintomi associati alla patologia, questi sarebbero tutti riconducibili ad una condizione di ipertensione venosa e di eventi infiammatori a carico dell’endotelio. Infatti la cascata di eventi infiammatori è rilevabile in tutti gli stadi della CVD e l’interazione fra leucociti e endotelio gioca un ruolo chiave in questo processo. Nuove evidenze suggeriscono come i processi infiammatori siano coinvolti nello sviluppo delle vene varicose. Il rimodellamento della parete vascolare delle vene deriva probabilmente dalla complessa sinergia tra numerosi fattori, che includono un alterato rapporto fra metalloproteinasi (MMPs) e i loro inibitori tissutali (TIMPs), livelli elevati di citochine e fattori di crescita, che insieme favoriscono la degradazione della matrice extracellulare. Si ritiene inoltre che neutrofili, mastcellule e le loro interazioni con l’endotelio venoso giochino un ruolo importante nell’avvio della risposta infiammatoria propria della disfunzione venosa. La trasmissione di elevate pressioni venose al microcircolo dermico risulta nello stimolo di un processo infiammatorio nel quale il rilascio di citochine e fat-
tori di crescita determina la migrazione dei leucociti adesi al lume endoteliale nell’interstizio della parete venosa e l’avvio di ulteriori eventi infiammatori. Questo processo è associato a processi di fibrosi dermica e rimodellamento tissutale rilevabili nella CVD. Fra i numerosi meccanismi fisiopatologici, le interazioni leucociti-endotelio sembrano importanti in molti aspetti della patologia e sono state identificate come possibile target per un intervento farmacologico. Diversi principi attivi possono ridurre i vari fattori della cascata infiammatoria e inibire il processo infiammatorio e potrebbero offrire una grande opportunità per prevenire future morbilità se applicati non appena i primi sintomi compaiono. Una questione terminologica. Il termine Malattia o anche “Disfunzione” Venosa Cronica (CVD) comprende l’intero spettro di segni e sintomi associati con le classi da C0 (sintomi senza segni) a C6 (Ulcere Venose), mentre il termine “Insufficienza Venosa Cronica” è generalmente da riservare a stadi più severi (es. classi C4-C6). Inoltre “Disfunzione Venosa Cronica” unisce un più ampio campo di meccanismi patogenetici sottesi all’esito patologico. Così, le vene varicose in assenza di alterazioni cutanee non sarebbero indicative di insufficienza venosa cronica. In una review di 1153 casi di arti ulcerati si è riscontrato reflusso superficiale solo nel 45% dei casi, reflusso profondo nel 12%, ed entrambe le forme di reflusso nel 43%1.
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LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA VENOSO La CVD è estremamente comune, come è stato ricordato da Arkadiusz Jawien sul primo numero di Nautilus. La prevalenza dei sintomi è oggi meglio conosciuta, grazie alla classificazione CEAP (Tab. 1). In indagini epidemiologiche recenti la percentuale di pazienti con CVD varia fra il 25% e l’84%, in base alla popolazione studiata, la severità della patologia, e l’età media dei pazienti2 (Tab. 2). I fattori di rischio per la CVD includono la familiarità, l’età, il sesso femminile, l’obesità (soprattutto per le donne), la gravidanza, l’ortostatismo prolungato, e l’altezza3. L’elevata prevalenza di vene varicose ed i tempi di guarigione delle ulcere agli arti inferiori dimostrano che la CVD ha un impatto economico importante sulle risorse della Sanità.
Classificazione Clinica CEAP (consensus statement - revisione CEAP 2004) C0
Nessun segno visibile o palpabile di disordini venosi
C1
Teleangectasie, vene reticolari
C2
Vene varicose
C3
Edema
C4 C4a C4b
Alterazioni della pelle Iperpigmentazione, eczema Lipodermatosclerosi, atrofia bianca
C5
Ulcere guarite
C6
Ulcere attive
Tabella 1
SINTESI DELLE INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE CONDOTTE CON LA CLASSIFICAZIONE CEAP Rabe
Jawien
Labropoulos
Eklof
Popolazione
Popolazione generale di Bonn
Studio cross-section della popolazione polacca
Studio cross-section in Maywood (USA)
Straub Clinic Popolazione Hawaii ambulatoriale dell’Università di San Paolo
Periodo di reclutamento
Ottobre 2000 Marzo 2002
2000
-
-
Marzo 1998 Dicembre 2000
-
Modalità di reclutamento
Esame obiettivo
Questionario + esame obiettivo
-
-
Esame obiettivo + questionario
Data base
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì Utilizzo della classificazione CEAP
Scuderi
Carpentier Internationale
Arruolati (n)
3.072
40.095
1.000 arti
166 arti
2.104
872
% in C0-C1
C0 = 9.6 C1 = 59.0
C0 = 51.1 C1 = 16.5 sintomi = 48.4 (fra tutti i pazienti)
C0 = 1.3 C1 = 5.9 sintomi = 70-80 (fra tutti i pazienti)
C0 ? C1 = 19
C0 = 3.9 C1 = 49.6 sintomi = 58.7 (fra tutti i pazienti)
C0, dx L = 11.0 C0, sx L = 11.8 C1, dx L = 20.9 C1, sx L = 22.4 % symptoms: C0 = 25 C1 = 53.3 C2 = 67.5 C3 = 84.6 C4 = 82.2 C5-C6 = 77.5
Tabella 2
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In uno studio della popolazione britannica, la durata media delle ulcere era di 9 mesi, il 20% delle quali non era guarita prima di due anni, ed il 66% dei pazienti aveva episodi ulcerativi ricorrenti per più di 5 anni4. E’ stato stimato che le ulcere venose causano una perdita di circa 2 milioni di giorni lavorativi e che il costo delle cure arriva a 3 mld di dollari negli USA5. Complessivamente, la CVD impegna dal 1% al 3% delle risorse sanitarie dei paesi sviluppati6. La disfunzione venosa cronica è associata ad una riduzione della qualità di vita (QoL), con particolare riguardo ai temi del dolore, delle funzioni fisiche, e della mobilità. E’ anche associata alla depressione e all’isolamento sociale7. In proposito uno studio condotto su larga scala con 2404 pazienti che hanno utilizzato il questionario dedicato Study Form-36 ha trovato un’associazione significativa fra QoL e severità della patologia venosa8. MECCANISMI DELLA DISFUNZIONE VENOSA Ipertensione venosa Nella maggior parte dei casi, l’ipertensione venosa è causata da un reflusso delle valvole incompetenti9, ma altre cause includono l’ostruzione del deflusso venoso e la mancanza di una pompa muscolare efficiente a causa di una condizione di obesità o per immobilità dell’arto. Il reflusso può riguardare il
sistema venoso superficiale o profondo, oppure entrambi. I due principali meccanismi ritenuti responsabili di dolorabilità e pesantezza alle gambe in assenza di modificazioni trofiche sono: - La tensione delle pareti venose, che risulta dalla dilatazione delle vene in un soggetto in posizione ortostatica, e l’incompetenza valvolare durante il movimento dinamico. - L’ipossia della tunica media della parete venosa dovuta alla alterazione dei vasa vasorum. Il dolore sembra essere collegato ad una condizione di ipossia; infatti negli stadi iniziali della disfunzione venosa l’elasticità delle vene è ridotta e la dolorabilità risulta essere più severa che negli stadi avanzati della patologia venosa. Sembra inoltre che durante il rimodellamento venoso che precede lo sviluppo delle varici, accompagnato dalla perdita del tono venoso, i disturbi emoreologici e le condizioni di ipossia possano essere causa di dolorabilità per il paziente. Le cosiddette gambe senza riposo ed i crampi notturni spesso affliggono il paziente durante le ore notturne, ma possono presentarsi anche dopo prolungati periodi in posizione seduta10. Il collegamento fra fisiopatologia, sintomi e segni clinici della disfunzione venosa cronica vengono riportati in Tab. 3.
POSSIBILI COLLEGAMENTI FRA LE VARIABILI FISIOPATOLOGICHE, SINTOMI E SEGNI DELLA DISFUNZIONE VENOSA CRONICA Fisiopatologia
Sintomi
Segni
Adesione leucocitaria nelle aree subvalvolari/aree di infiammazione
Dolore
Reflusso valvolare
Incompetenza valvolare
-
Reflusso
Ipertensione Venosa e tensione delle pareti venose
Dolore
Edema
Ipossia delle pareti venose
Dolore
Aumento della pressione capillare
Sensazione di pesantezza e gonfiore alle gambe
Disordini emoreologici e iperaggregabilità piastrinica
Crampi notturni e sindrome delle gambe senza riposo
Edema
Adattato da Boisseau MR: Pharmacologie des médicaments veinotoniques: Donneées actuelles sur leur mode et les thérapeutiques (in French). Angéologie 52:71-77, 2000
Tabella 3
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Pressione Venosa al piede (mmHg)
In presenza di valvole incontinen100 ti, comunque, la riduzione della Arti con con valvole venose incompenetenti 90 pressione venosa con il movimen80 to delle gambe si attenua (Fig.1). Se le valvole nelle vene perforan70 Arto normale ti sono incontinetenti, l’elevata 60 pressione generata nelle vene 50 profonde dalla contrazione del 40 muscolo del polpaccio può esse30 re trasmessa al sistema superficia20 In piedi le e al microcircolo sottocutaneo. 10 Camminando Sembra probabile, inoltre, che i 0 segni clinici della disfunzione 0 10 20 30 40 venosa cronica derivino da pressioni venose che nell’arto interesSecondi sato raggiungono livelli più alti del normale e rimangano elevati per Figura 1 - Attività della Pompa Muscolare periodi prolungati. nel ridurre la Pressione Venosa negli arti inferiori Un importante passo in avanti nella comprensione di questi meccanismi è stato fatto quando Ono et al.11 hanno trovato infiltrazioni di monociti e macrofagi viene trasferito alle cellule endoteliali in diversi modi nelle valvole e nelle pareti venose di pazienti con ed è mediato da un complesso network di comunidisfunzione venosa cronica e nessuna conferma nei cazione (signaling pathways) che può modificare controlli. L’infiltrazione era associata ad aree di l’espressione di numerosi geni14. endotelio che esprimevano molecole di adesione 12 Un tema importante della attuale ricerca sugli effetICAM-1 . ti dello shear stress riguarda la capacità di questo stimolo pressorio pulsatile e laminare di promuoveRUOLO DELLA PRESSIONE, re il rilascio di fattori che riducono l’infiammazione e DELLO SHEAR STRESS E DELLA INFIAMMAZIONE la formazione di radicali liberi. Dall’altra parte, una condizione di scarso o nullo Il Ruolo della Ipertensione Venosa shear stress, o di flusso alterato o turbolento, e Gli effetti acuti di una pressione venosa elevata sono soprattutto la presenza di reflusso promuovono un stati studiati in modelli animali. Nei ratti, dopo tre fenotipo infiammatorio e trombotico15 (Fig. 2). La settimane di pressione elevata nella vena femorale risposta fisiologica allo shear stress viene annullata portata fino a 90 mmHg13, il numero di granulociti, dai mediatori infiammtori16. monociti, macrofagi, e linfociti era amplificato, e i Alcuni aspetti del processo infiammatorio comprenlivelli di metalloproteinasi MMP-2 ed MMP-9 erano dono elementi di feedback positivo o di amplificaaumentati. zione. Per esempio, il glicocalice endoteliale ha una Il rolling dei leucociti, l’adesione e la migrazione, profonda influenza nel trasferire i segnali dello shear così come microemorragie e la presenza di cellule stress alle cellule endoteliali17(Fig. 3). parenchimali morte, erano tutte aumentate nell’area Quasi tutti I segnali meccanici del flusso laminare interessata dalla ipertensione venosa. vengono trasferiti al glicocalice (GAGs); lo shear stress sulla superficie delle cellule endoteliali è di Il ruolo dello Shear Stress per se estremamente limitato. Il glicocalice inolShear stress (lett. stress da strisciamento) è la prestre maschera (barriera fisica) le molecole di adesione tangenziale esercitata dal flusso sulla faccia sione (es. I-CAM) e previene l’adesione dei leucoendoluminale delle pareti dei vasi. Lo Shear stress
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A
NO Tpa
Inibizione angiogenesi
Endotelio
NO TGF-β
B
MCP-1 VCAM-1
Attivazione angiogenesi
Angiotensina II Endotelina 1 PDGF
citi (barriera di cariche negative / gruppi SO42- dei GAGs)18,19. Comunque, l’ipertensione venosa può causare la disgregazione o la rimozione del glicocalice20. che modifica in senso patologico la risposta endoteliale e promuove l’adesione leucocitaria. Infiammazione cronica Il pensiero corrente circa le basi dei segni di patologia visibili sulla pelle nella CVD può essere riportato alla osservazione per la quale il flusso di ritorno venoso passivo dalle estremità inferiori, mantenuto per circa 40-60 minuti, risulta impoverito di leucociti, soprattutto nei pazienti con quadri più severi25. Queste evidenze suggeriscono un accumulo di leu-
Danno della parete venosa
Figura 2 Effetti dello shear stress laminare costante (A) vs lo shear stress turbolento / da reflusso (B), sulla parete endoteliale
cociti nei rami venosi delle gambe in condizioni di elevata pressione venosa. E’ probabile che tale riscontro sia correlabile all’adesione dei leucociti sulle pareti endoteliali, così come alla loro migrazione nell’interstizio endoteliale, soprattutto a livello delle venule post-capillari. A sostegno di quanto emerso a proposito dell'intrappolamento dei leucociti a livello del microcircolo indagini immunochimiche e ultrastrutturali hanno registrato un elevato numero di macrofagi, linfociti T e mastcellule in campioni bioptici di pelle presi da gambe affette da disfunzione venosa cronica26. Nei modelli animali di ipertensione venosa acuta27 e cronica28, sono stati trovati livelli elevati di leucociti nei tessuti di campioni di pelle presi da arti affetti da
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Figura 3 - Rimozione del Glicocalice e Infiammazione Endoteliale
patologia venosa, rispetto a quelli dei gruppi di controllo. Modifiche strutturali nella parete delle vene Studi istologici e ultrastrutturali su vene safene varicose hanno poi mostrato ipertrofia della parete venosa con incremento del contenuto in collagene29, insieme con la disorganizzazione delle cellule muscolari liscie e delle fibre di elastina30. Test in colture di cellule muscolari liscie, prese da vene safene varicose hanno mostrato un'alterazione della sintesi di collagene, determinando una sovrapproduzione di collagene Tipo I (che conferisce rigidità) ed una ridota sintesi di collagene Tipo III (che conferisce elasticità). La degradazione della matrice extracellulare nell’endotelio è dovuta ad una serie di enzimi proteolitici, denominati metalloproteinasi della matrice (MMPs) che vengono prodotti dalle cellule vascolari come proenzimi e sono attivati da cellule infiammatorie come le mastcellule31, mentre gli inibitori tissutali delle MMPs, denominati TIMPs riducono l’attività delle metalloproteinasi.
Nelle varici, il rapporto fra TIMP-1 Vs MMP2 e fra TIMP-2 e MMP-2 è risultato essere rispettivamente 3,6 e 2,1 volte quello riscontrato nelle vene del gruppo di controllo32. Elevati livelli di citochine TGF-β1 (transforming growth factor β1)a and FGF-β (fibroblast growth factor β)b sono stati inoltre trovati nelle pareti delle varici. Questi riscontri di cambiamento nella composizione degli enzimi proteolitici e dei loro inibitori e la presenza di livelli anomali di citochine possono rappresentare il primo passo verso una comprensione dei meccanismi che causano alterazioni ipertrofiche nella parete venosa33, con incremento di mastcellule34. Proteinasi prodotte dalle mastcellule possono attivare le metalloproteinasi, che degradano la matrice extracellulare. Con il tempo, le differenze locali nel bilancio fra processi opposti di sintesi e degradazione possono determinare segmenti della stessa vena ipertrofici, ovvero atrofici. Il collegamento fra l’infiammazione ed i segni visibili sulla pelle La condizione di infiammazione cronica in pazienti con CVD è collegato ad alterazioni della pelle che sono tipiche di questo stato. Un aumentata espressione e attivazione delle Metalloproteinasi (soprattutto la MMP-2) è stata riportata nella lipodermatosclerosi35, nelle ulcere venose, e nelle secrezioni ulcerative di ulcere venose difficili36. In aggiunta, i livelli di TIMP-2 sono più bassi nei casi di lipodermatosclerosi e di ulcere. Un’attività fuori controllo delle MMP può contribuire al breakdown della matrice extracellulare, che promuove la formazione di ulcere e ne pregiudica la guarigione.
a TGF-β1 stimola la sintesi di collagene ed elastina ed aumenta l'espressione dei TIMPs b FGF-β è un fattore di crescita chemiotattico e mitogeno per le cellule muscolari liscie
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Il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) è grande opportunità di prevenire le manifestazioni probabilmente coinvolto in questi cambiamenti ed cliniche delle disfunzioni della CVD e sembra ragioè stato dimostrato come fattore in grado di aumennevole considerare che tale trattamento possa ridurtare la permeabilità microvascolare37. I livelli nel re il rischio di progressione dei segni se applicata plasma di VEGF aumentano durante l’ipertensione appena i sintomi compaiono. venosa indotta in pazienti venosi dopo 30 minuti in I principi attivi oggi disponibili possono attenuare posizione ortostatica e soprattutto i valori sono vari elementi della cascata infiammatoria, in particorisultati più elevati rispetto al gruppo di controllo38. lare l’adesione dei leucociti al lume endoteliale che è Inoltre i livelli di VEGF nei pazienti con alterazioni importante sotto diversi aspetti della patologia. della pelle visibili sono risultati superiori a pazienti Complessivamente, un approccio determinato e atti39 senza segni visibili . vo su un trattamento degli stadi precoci della disfunLa iperpigmentazione della pelle nella lipodermatozione venosa cronica può ridurre il numero di paziensclerosi potrebbe non essere solo il segnale visivo di ti che necessiteranno di cure per ulcere intrattabili. un innocente sottoprodotto della iperpermeabilità Nel medio-lungo termine, una migliore comprensiocapillare, ma piuttosto una causa di stress ossidatine dei meccanismi cellulari e molecolari coinvolti vo, di attivazione di MMPs, e di sviluppo di un micropotrebbe consentire l’identificazione di target ulteambiente che favorisce il danno tissutale e annulla il riori per l’intervento farmacologico. processo di guarigione. La iperpigmentazione infatti è caratterizzata da elevati livelli di ferritina e di ioni Fe3+, dovuti allo stravaso di globuli rossi40,41, in grado Fattori di rischio della Malattia Venosa Cronica Fattori genetici di avviare tali percorsi patogenetici. Sesso femminile (progesterone) Correlato a queste nuove vedute del Gravidanza Età problema è l’originale contributo italiaSovrappeso no sulla mutazione emocromatosi Ortostatismo prolungato Obesità C282Y, comune difetto genetico del metabolismo del ferro, associato ad un Alterazione aumento del rischio di ulcerazione42. IMPLICAZIONI PER LA TERAPIA MEDICA I due temi emergenti, paralleli, del pattern del flusso venoso alterato e della infiammazione cronica possono sottendere a tutte le manifestazioni cliniche della patologia venosa (Fig. 4). La terapia medica rivolta alla inibizione della infiammazione può offrire la più
Ipertensione Venosa
Reflusso cronico
Ipertensione capillare
Rilassamento venoso
delle valvole, leakage
Infiammazione
Shear stress alterato
Rimodellamento di valvove e parete endoteliale delle vene
Leakage capillare
Edema
Infiammazione
Figura 4 - L’Ipertensione Venosa come ipotesi di causa delle Manifestazioni della Disfunzione Venosa Cronica enfatizza l’importanza della Infiammazione Endoteliale
Ulcera venosa
Alterazioni cutanee
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Dal XXIX Congresso
Dalla nuova epidemiologia alle New epidemiology Studio Italiano sull’impatto della classificazione CEAP, sintomi e stili di vita nell’IVC/CVD
Principali nuovi dati emergenti • Familiarità positiva per IVC/CVD • Viaggi lunghi per raggiungimento luogo del lavoro
Popolazione e modalità di reclutamento • 100 MMG e Istituto di Chirurgia Vascolare e Angiologia, Università di Milano
• Mutate abitudini di vita stagionali con trans-stagionalità sintomatologica
• 2626 pazienti di tre distinte aree (Nord, Centro, Sud) • 2 periodi (Estate, Inverno)
• Inestetismo motivo di consultazione (33%), ma valido indicatore di malattia
• Classi CEAP prevalenti C 1,2,3
• Crampi notturni non correlabili a IVC/CVD
• Donne: - sintomatologia - segni (varici)
80% (> estate) 39%
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Prevalenza dei Sintomi nelle Classi CEAP 100 100 90 90 80 80 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10
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C1 Pesantezza Serotina
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C2
C3 Senso di calore
C4 Prurito
C5 Crampi notturni
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Nazionale SIAPAV
nuove prospettive terapeutiche Evoluzione della Classificazione CEAP (da CVI a CVD: Chronic Venous Insufficiency > Chronic Venous Disease)
Disturbo (disorder) CVD valorizza anche lo stato dei disturbi; non solo l’insufficienza da reflusso e le classi più severe della malattia. (Es. l’edema come primo segno di microangiopatia e le teleangectasie come inestetismo e disturbo, markers di malattia)
Malattia (disease) • Elevata prevalenza
• Bassa mortalità
• Evoluzione clinica verso complicanze
CVD: IL RUOLO DELL’INTERAZIONE LEUCOCITI-ENDOTELIO
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L’Ipertensione Venosa causa i processi infiammatori che sono coinvolti nel rimodellamento della parete venosa
5
Il trattamento farmacologico dovrebbe
Reintegrare i GAGs di membrana Ridurre i processi flogistici (interazione leucociti-endotelio)
Riferimenti di approfondimento 1. Agus GB et Al. The impact of CEAP classification and the style of life on chronic venous insufficiency Acta Phlebol 2000; 1: 7-15. 2. Eklöf B, Rutherford RB, Bergan JJ et Al. Revision of the CEAP classification for chronic venous disorders: Consensus statement. J Vasc Surg 2004; 40: 1248-52. 3. Nicolaides A.N. Chronic venous disease and the leukocyte-endothelium interaction: from symptoms to ulceration. Angiology 2005; 56 (Suppl. 1):11-9.
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Camminare ABC della prima funzione di salute dell’uomo Il camminare su due gambe, questa funzione dell'uomo che compare piuttosto tardi nella storia della Terra e del vivente, in un tempo che da poco gli specialisti hanno convenuto di chiamare “tempo profondo”, e cioè di una trentina di migliaia di anni fa, è filo neanche tanto sottile che ci collega al primo numero di Nautilus attraverso il suo articolo conclusivo, sull’Evoluzione. In una Sezione pragmatica come questa, sui “consigli” ai nostri pazienti, si dovrà soffermarsi sugli aspetti pratici del “camminare”, la fisicità morfologica, biologica e anatomica del gesto, senza toccare gli aspetti motivazionali, dunque dell'evoluzione dell’intelligenza umana. E infatti, in questa dovrebbe inscriversi l'eccezionalità del camminare e correre di un Oscar Pistorius con le sue ipertecnologiche gambe e piedi sostitutivi di carbonio composito ultra-resistente. Noi tutti invece siamo « bipedi barcollanti » (Ph.V. Tobias) dato che la bipedia è il motore della specie essendo «l’ominizzazione incominciata dai piedi» (A. Leroi-Gourhan) e tutto ciò solo da una piccolissima parte del tempo della nostra Terra: in principio furono solo organismi monocellulari, procarioti e poi eucarioti; infine quadrupedi, prima del tardo e definitivo (definitivo?) passaggio alla condizione dell’homo erectus e quindi sapiens. Passo dopo passo, il nostro camminare influenza la circolazione di sangue e linfa, nel bene e nel male.
Solo un libro sulle malattie venose, quello di Freya Haid-Fischer e Helmut Haid, per tanto tempo, ha analizzato e stressato questo aspetto così importante della prevenzione e terapia della malattia più diffusa dell’uomo. In una società sempre più statica per tipo di vita di lavoro (davanti a un computer) e finanche per modelli indotti di attività fisica (si sta fermi anche con le macchine del fitness, cyclette, vogatori, pedane vibranti, ecc), ricordare ai nostri pazienti l’ABC del “moto sanguigno” è il primo passo verso la salute. Fisiologia dell’ossigenazione per via arteriosa (De motu cordis et sanguinis di William Harvey) e del ritorno per via venosa e linfatica (moto del piede secondo Lejars e Pourcelot). Qui basterà ricordare la necessità di spiegare ai pazienti i diversi meccanismi fisiologici in gioco: la pressione di spinta di ogni passo (vis a tergo), la contrazione muscolare e il movimento articolare, il sistema di valvole nelle vene, il tono della parete venosa, la pressione in ispirazione toracica ed aspirazione cardiaca (vis a fronte). Insegnare a camminare, nelle diverse età dell’uomo Il camminare è l’esercizio di gran lunga più semplice ed efficace per innescare i processi di ritorno veno-
Testa
Ben eretta, guardando in avanti, non in basso. Il collo, le spalle e la schiena devono essere rilassati, mai rigidi.
Braccia
Stese lungo il corpo, leggermente flesse all’altezza del gomito.
Piedi
Esercitati al cammino in modo fluido, posando prima il tallone, poi le dita, evitando di “sbattere” i talloni contro il suolo.
Muscoli
Quelli addominali debbono essere leggermente contratti, mentre la schiena resta dritta, non inclinata in avanti né all’indietro.
Pesi
Non è consigliabile usare “manubri” da palestra in mano, né pesi eccessivi in genere.
Ritmo
Moderato. Secondo la legge di Van Aaken, essere in grado mentre si cammina di parlare senza fatica (accumulo di acido lattico muscolare non eccessivo).
Stretching
Utile, prima, durante, dopo il cammino.
Tabella 1
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linfatico. Heinrich Fischer in Germania fondò le mandazione al cammino, ma è necessario dettagliar“Scuole di andatura” già nel 1930. Senza arrivare a ne il programma paziente per paziente. Il training questi “perfezionismi”, peraltro poi più di recente fisico è infatti il metodo universalmente riconosciuto divenuti oggetto di apposite linee-guida da parte come il più efficace per migliorare la capacità di dell’American College of Sports Medicine negli USA marcia del paziente con AOP e dovrebbe essere (Tabella 1), è utile ricordare di sviluppare il movimensempre associato al trattamento farmacologico. to della marcia dai fianchi, ricercando oscillazioni Numerosi studi clinici e alcune metanalisi ne documisurate delle braccia ed una postura eretta del mentano adeguatamente l’utilità e l’efficacia, insietronco, fonte di profonde ed efficaci respirazioni me ad un miglioramento della capacità fisica geneaddominali (Figura). E’ frequente la convinzione di rale e del consumo di picco dell’ossigeno, con riduaver camminato molto in casa, per il semplice fatto zione, a parità di carico di lavoro, della frequenza che si è stati poco seduti. In realtà la distanza percardiaca, della ventilazione e del consumo di ossigecorsa in ambienti chiusi, in un no. I pazienti camminano di più, giorno, raramente supera il chicamminano meglio (maggiore lometro, mentre trenta minuti velocità) e per tempi più lunghi. di passeggiata, di buon passo, Il miglioramento della capacità portano o compiere almeno il di marcia è indipendente dalla doppio della distanza. presenza di fattori di rischio L’andatura nell’anziano inoltre, associati, quali il fumo, il diabetende ad essere “cauta” e a far te e altre patologie concomipassi più brevi con diminuzione tanti. dell’escursione delle anche, ad Il training fisico controllato, avere uno scarso sollevamento cioè eseguito presso strutture del piede da terra ed una oscilad hoc sotto il controllo di spelazione minore delle braccia e cialisti esperti, ha dimostrato di flessione limitata delle spalle, indurre risultati significativatutti “difetti” da correggere per mente migliori rispetto a quelli migliorare la spinta del ritorno che si ottengono mediante convenolinfatico. sigli scritti e/o verbali sull’opDa un punto di vista fisiologico portunità di svolgere una regoinfatti, l’appoggio ritmico della lare attività fisica, sintetizzati pianta del piede, spremendo la dall’aforisma stop smoking and keep walking. nota suola o “spugna” venosa, Il protocollo prevede delle è meccanismo importante di sedute di allenamento aerobico, ritorno venoso periferico. con carico di lavoro personalizAssociato all’azione di comThe Hikers (Norman Rockwell) zato sulle capacità del singolo pressione delle vene profonde paziente, intervallate da adeguaesercitata dall'azione muscolare, ti periodi di riposo, e ripetuti più volte al giorno sino rende insostituibile la deambulazione in un’epoca in al raggiungimento di 1-2 km al dì. L’allenamento va cui ogni attività è resa possibile utilizzando mezzi di ripetuto tre volte la settimana per almeno sei settimatrasporto. Valutazioni cliniche e strumentali hanno ne. Recentemente sono stati proposti dei programmi dimostrato i vantaggi reali sulla macro e microcircodomiciliari che sembrano un valido compromesso tra lazione in programmi di training controllati (Jünger, 1992; Padberg, 2004). il training controllato e quello consigliato. Dopo il ciclo di training il paziente riceve un proCamminare come farmaco: posologia in terapia e gramma di allenamento domiciliare e la sua capaciriabilitazione vascolare tà di marcia viene periodicamente monitorata, interIl training controllato per aumentare l’intervallo di venendo con un nuovo ciclo ai primi accenni di detemarcia nella claudicazio intermittente nell'arterioparioramento della funzione deambulatoria. Sono oggi tia periferica (AOP) non è tuttora sufficientemente disponibili linee guida e Documenti di Consenso sul management più appropriato (www.angio-pd.it). noto e divulgato. Non basta in questo caso la racco-
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Camminare come salvavita. Ma il medico cammina e si muove poco Una ricerca condotta nel 2007 in Italia denominata PASSI, ha fatto emergere come le attività di informazione nei confronti dei MMG siano efficaci nell’aumentare il counselling relativo alla promozione dell’esercizio fisico verso gli assistiti, a partire dai dati consolidati sulla riduzione della mortalità per tutte le cause (Kahn EB et Al. The effectiveness of interventions to increase physical activty. A systematic review. Am J Prev Med 2002; 22: 73-107). L’American Hearth Association raccomanda da oltre 15 anni il passeggio come forma di piacere e prevenzione cardiovascolare. Lo studio originario (Hakim A et Al. New Engl J Med 1998; 338: 94-9) aveva analizzato la modalità del passeggio, senza fretta, chiacchierando con gli amici o guardando il mare [lo studio si riferiva ad abitanti delle Hawaii], calcolando le distanze percorse e dimostrandone infine il vantaggio superiore per percorsi maggiori ai tre chilometri. Inoltre l’esercizio fisico rappresenta un efficace mezzo non-farmacologico per ridurre la pressione sanguigna nonostante riceva minori attenzioni rispetto ad altri sistemi non-farmacologici quali la riduzione del peso corporeo e la restrizione dell’ingestione di acool e di sodio (Arroll B, Beaglehole R Exercise for hypertension. Lancet 1993; n. 8855: 1248). Effettuare attività fisica almeno tre ore alla settimana è infatti associato ad una diminuzione del 27% nel rischio di mortalità. Attualmente si raccomandano 30 minuti di attività moderata nella maggior parte dei giorni della settimana, il che è possibile per la maggior parte delle persone, ma non era stato finora completamente compreso se queste raccomandazioni fossero correlate a benefici sulla mortalità. Un nuovo studio suggerisce ora che si potrebbero osservare benefici anche con livelli di attività inferiori rispetto a quelli suggeriti, e che ogni tipo di attività fisica per i soggetti attualmente sedentari rappresenta un'importante opportunità di diminuire il rischio di mortalità (Arch Intern Med 2007; 167: 2453-60). Tuttavia, dalla stessa ricerca italiana PASSI, è emerso come il medico non costituisca buon esempio per se stesso: solo 4 MMG su 10 hanno dichiarato di praticare regolarmente attività fisica, e il 12% è risultato finanche totalmente sedentario (www.epicentro.iss.it). Ruolo e piacere del passeggiare Apparentemente tema che esula dalla medicina, è viceversa mezzo di counselling utilissimo per la cosiddetta alleanza per la salute tra medico e paziente,
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senza costi aggiuntivi alle risorse economiche sanitarie. Il valore salutare del passeggio ha consapevolezze antiche. Dal peripatein, cammino nella Bibbia, allo spaziamento, ossia il passeggio settimanale dei monaci che fa parte della regola certosina da più di 500 anni e da cui non si può astenersi senza permesso del priore, ha sempre avuto questo significato, oltre che momento di vita comunitaria. Passeggiare è comunque concetto centrale in molte religioni e scuole filosofiche: dalla spiritualità giudaica (la Halakah, “andare”, dal verbo halak, “agisci e passeggia”), agli esercizi buddistici, all'opera illuminista di Jean Jacques Rousseau. Il passeggio è anche piacere nella tradizione della provincia italiana; procura inoltre distensione e divertimento fisico e psichico. Ruolo e fascino del trekking In tempi di alta velocità, il fenomeno del cammino, o trekking, per le antiche vie d’Europa fortunatamente sta vivendo un momento di rinascita e fascino. Non si tratta di vestirsi da alpinisti per affrontare fatiche, basta il desiderio e un pò di tempo libero. Sui sentieri ci si ritrova a camminare come i grandi hanno fatto, da Petrarca che calcava la Provenza quanto le celebri campagne italiane, a Goethe che amava ricordare come il Cammino di Santiago di Compostela “ha fatto l’Europa”. Oggi, altro esempio, ritorna “in voga” la Via Francigena, esigenza tanto dello spirito che di desiderio di salute. Senza arrivare a gravosi impegni come l’ascensione del Kilimanjaro, più accessibili trekking sono comunque offerti ogni giorno dai paesaggi italiani sui monti (le Alte vie delle Alpi, ecc), nelle campagne, lungo i laghi e le coste (un solo esempio qui, le liguri Cinque Terre). Non dimenticando infine quel esercito di personaggi che battono sentieri, campi, argini, colline, montagne e boschi, rappresentato dai cercatori di funghi; attività salubre, e neppure escludente le stagioni senza funghi, senza erbe selvatiche, senza bacche, ricollegabile infatti all’occupazione più antica dell'uomo, quella cui si dedicava prima di divenire contadino e allevatore: cercare e cacciare. L’importanza del camminare. Qualche lettura piacevole e utile. - Henry David Thoreau. Camminare. SE Ed, Milano 1989. - Honoré de Balzac. Teoria del camminare. SugarCo Ed, Milano 1993. - Karl Gottlob Schelle. L’arte di andare a passeggio. Sellerio Ed, Palermo 1993. - David Le Breton. Il mondo a piedi. Elogio della marcia Feltrinelli Ed, Milano 2001.
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Edmondo Malan trent’anni dopo La nascita dell’angiologia e chirurgia vascolare. Dal trapianto di rene all’attenzione per le malformazioni vascolari, alle terapie flebologiche Giovanni B. Agus Direttore dell’Istituto di Chirurgia Vascolare e Angiologia dell’Università di Milano
Le peregrinazioni attraverso le diverse sedi universitarie, una volta abituali e arricchenti l’Accademia, venivano considerate preziose dal professor Malan per verificare l’evoluzione della malattia aterosclerotica sul piano temporale quanto geografico: «l’esperienza catanese riveduta a distanza di anni, appare straordinaria dal punto di vista del mutamento della patologia. L’arteriopatia aterosclerotica era quasi assente; vedevo soltanto quelle diabetiche e il morbo di Buerger. Adesso è tutto il contrario. Il Buerger è quasi scomparso… la patologia aterosclerotica è in gran parte funzione del tempo e in parte dello spazio, nel senso che le diverse abitudini alimentari e gli altri fattori locali hanno una portata epidemiologica indubbia » (1973). Da Catania, dopo 11 anni, nel primo pomeriggio di un giorno di aprile 1949, un corteo di auto partì verso Messina, prima tappa del viaggio del professor Malan verso nuovi traguardi accademici in sedi altrettanto prestigiose. Edmondo Malan, torinese, laureato nel 1933, allievo di Uffreduzzi, aveva seguito Dogliotti a Modena e a Catania. E fu proprio nella città siciliana, dove rimase dal 1938 al 1949 (con l’intermezzo di due anni di guerra sul fronte greco-albanese), che incominciò a interessarsi di problemi angiologici, studiando il morbo di Buerger e iniziando con eccellenti risultati la terapia vasodilatatrice endoarteriosa. Fondamentale fu la sua opera confluita nella importante relazione “Terapia chirurgica delle arteriopatie obliteranti periferiche croniche” che Malan tenne, affiancando il suo Maestro Dogliotti, in 145 pagine e 24 tavole: una volta le relazioni non erano brevi
sintesi o review, come diremmo ora (Roma 1949, 51° Congresso della Società Italiana di Chirurgia). A Parma, ad esempio del suo eclettismo, fu tra i primi a comprendere l’importanza di uno specifico affronto dei problemi dell’anestesia e rianimazione, riorganizzando con R. Trazzi la chirurgia in lavoro d’equipe; testimonianza verso questa nuova attenzione al paziente chirurgico rimangono l’eccellente relazione su “Valutazione delle resistenze dell’operando” (Trieste1952), quanto “L’intervento chirurgico nel vecchio”. La necessità di affiancare alla basilare clinica metodi di valutazione strumentale per un miglior bilancio emodinamico, lo portò a propugnare insieme ad un chirurgo sudafricano, Goetz, lo studio della patologia vascolare mediante pletismografia con quel apparecchio che per tanti anni avremo definito di “Goetz-Malan”. E’ senza dubbio, però, che fu a Milano presso la “Casa Madre”- il vecchio Padiglione Zonda -, e dal 1967 nel modernissimo e pionieristico Istituto di Angiologia e Chirurgia Vascolare dell’Università presso il Padiglione Mangiagalli della gloriosa istituzione sanitaria e accademica milanese ICP - Istituti Clinici di Perfezionamento, all’origine stessa della giovane Università di Milano fondata dal Mangiagalli -, che i risultati di ricerca e casistica clinica tra le più importanti d’Europa si manifestarono a tutti. A Milano sarebbero nati i trapianti di rene, ma con modestia Malan attribuiva e divideva meriti con altri, dichiarando alla stampa di allora «Non siamo fra i Paesi più avanzati ma neppure fra i più arretrati. Molto cammino è stato fatto ma altro resta da fare. L’ottimo funzionamento dei Centri di Milano, Roma
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e Verona lascia sperare bene per il prossimo futuro». L’Europa. Il legame con l’élite dei cultori della patologia vascolare, ed in particolare con i francesi Fontaine e Reboul ed il portoghese Dos Santos, fecero parlare di questo minuscolo gruppo come de “I Quattro Moschettieri della Chirurgia vascolare europea”, dal cui impegno sarebbe anche nata la Società Europea Cardiovascolare. Nel periodo accademico a Genova, erano accaduti due eventi di altissima portata per la nuova branca medica “vascolare”: la creazione del Journal of cardiovascular surgery pubblicato in lingua inglese con l’Editore italiano Minerva Medica di Torino (il celebre green journal) e l’apertura della prima Scuola di Specializzazione in Angiologia. Malan infatti, ma lo si è già ricordato, non fu “solo” cultore della chirurgia. I suoi orizzonti della medicina erano vasti, a partire dalla metodologia e dall’epidemiologia, sempre in particolare con “a cuore” le malattie vascolari. E su queste fu tra i promottori all’inizio degli anni Settanta di un ampio lavoro di dibattito e stesura di una “Nosologia angiologica. Classificazione delle angiopatie degli arti” (Firenze 1974) esitata in un documento poi diffuso in Italia e nel mondo tramite Minerva Cardioangiologica e il Journal Cardiovascular Surgery, esattamente come molti anni dopo avrebbero fatto le anglosassoni Consensus Conference con i Consensus Statement. L’epidemiologia vascolare lo vide protagonista, in campo flebologico, tramite il fondamentale contributo epidemiologico su “La malattia varicosa degli arti inferiori” che pubblicato sull’Archivio Medicina Mutualistica del 1961 (con V. Giabbani) fece definitivamente aprire gli occhi sull’importanza socio-economica delle flebopatie croniche. La Flebologia, la “Cenerentola” della medicina, lo interessava. La sua presentazione entusiastica dell’opera di Glauco Bassi, eminente flebologo, era occasione per richiamare ad “una dignità e una serietà” di impegno che censurasse ad esempio “l’imperversare di pseudo cultori, maldestri pungitori di vene”; anche se non era contrario alla scleroterapia seria e ben eseguita. Chiamò allo “Zonda” personaggi come l'irlandese George Fegan ad insegnare,
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non in cattedra ma in pratica, la moderna sclerosi di vene tronculari. Sull'abusivismo terapeutico dello stripping safenico, quanto della necessità di una diagnostica accurata in Flebologia, nel lontano 1970 Malan poteva dire in un importante Simposio internazionale dell'epoca: “Nous effectuons le stripping seulement quand nous avons une certitude clinique; dans le doute, nous faisons une phlébographie (non esistevano ancora Doppler ed ecografia in medicina!) Nous estimons que l'indication du stripping doit être posée d'une façon précise, sur la base d'une très bonne anamnèse et d'une recherche clinique bien suivie”. Altro capitolo che ebbe vasta rinomanza internazio-
Edmondo Malan e il suo paziente nel tratto di Guido Crepax
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nale tra gli angiologi e chirurghi vascolari fu quello delle sindromi derivative da anastomosi arterovenose e i concetti sull’importanza dell’emodinamica. Come pure scrisse un altro grande Maestro, il francese Georges Arnulf: “Je ne peux personnellment qu’attirer l’attention sur la valeur des documents de Malan sur la physio-pathologie des affections vasculaires et tout spécialement sur les fistules et anasomoses artério-veineuses - sans omettre le beau livre - véritable chef d’œuvre sur les malformations vasculaires auxquelles ils ont réservé le nom d’Angiodysplasias” (si tratta del celebre “libro rosso” della Fondazione Carlo Erba del 1974). Si potrebbe andare avanti a lungo. Prima, dall’attenzione ad ogni “suo” paziente che lo accompagna nella bella immagine che Guido Crepax gli dedicò (Tempo Medico. Copertina e articolo centrale. N.113, luglio 1973) (Fig. 1). L’attenzione all’esigenza del singolo paziente arteriopatico periferico gli faceva suggerire, in un contatto anche umano, di contare i metri che avesse potuto percorrere prima dell’inevitabile crampo da claudicatio intermittens; un po’ come il suggerimento pragmatico nordamericano al paziente, del calcolare i metri nell’aggirare il block della propria abitazione. Nella sua attività didattica per la formazione del miglior medico, insegnava: «L’apprendimento della chirurgia è di notevole impegno e richiede sacrifici di lunghe ore di studio e di intenso lavoro fisico, uniti ad assoluto disinteresse, ed una volontà senza debolezze. Queste qualità potranno portare un giovane a divenire un grande chirurgo, ma per essere un chirurgo completo egli dovrà avere una qualità fondamentale: il senso della comprensione umana. In molti casi l’intervento chirurgico è un atto di fede del paziente e del chirurgo ed esso può essere ben compiuto solo attraverso una mutua comprensione» (Guida per il Giovane Medico. CIBA Ed, Milano 1969). Ancora, poco noto, il suo interesse all’influenza del clima sull’uomo e sulle malattie vascolari intese, quali talvolta sono, come meteoropatie (desiderava farne uno studio con l’Ufficio meteorologico dell’Aeroporto di Linate). Del suo interesse al morbo di Buerger, si è detto; ma vale ricordarne infine la malarioterapia che avrebbe portato avanti con il professor Corelli di Roma. Un’opera riassuntiva e critica di tutto il lavoro scienti-
fico svolto dal professor Malan e dalla sua Scuola dal 1943 al 1978 ci è stata donata nel 1983 dal suo primo allievo Guido Tattoni, primario di una Divisione di chirurgia vascolare, primo in ordine di tempo e fra i primi fra i chirurghi vascolari italiani, che purtroppo ci ha lasciato pochi giorni fa (La Scuola del Prof. E. Malan e le malattie vascolari periferiche 1943-1978. Grafiche LEMA, Pordenone 1983). Nel 1976 un’altra importante pubblicazione di 330 pagine gli era stata dedicata dagli allievi (Scritti degli Allievi in onore del Prof. Edmondo Malan nel 26° anno del suo ordinariato. Grafica Morell, Como 1976). “Celebrare il Maestro attraverso le sue opere e le sue idee è cosa altamente meritoria”, sosteneva Giuseppe Zannini ricordando Edmondo Malan come “luminosa figura di ricercatore e di clinico” e stimolante l’interesse dei più giovani verso un settore che si apriva alla conoscenza e che risultava particolarmente attraente. “Ciò che avvinceva di più era il modo con cui Malan affrontava i problemi e ne impostava la conoscenza”, ricordava Zannini citando il suo metodo di lavoro sempre discusso a fondo nei suoi contributi congressuali. Similmente, altro chirurgo di diversa Scuola, Piero Pietri, a vent'anni dalla scomparsa di Malan scriveva “quando si pensa ai propri Maestri il sentimento prevalente è quasi sempre di venerazione, spesso di rimpianto e di nostalgia”. Sentimenti che valgono ancor più oggi per noi, “nani sulle spalle di giganti”, e per giunta in un' epoca che può da un giorno all’altro cancellare la memoria di percorsi che vedevano il medico reale protagonista. Da ultimo direttore dell’Istituto di Chirurgia Vascolare e Angiologia assisto alla sua “liquidazione” proprio dopo 40 anni esatti dalla sua fondazione da parte del professor Malan e di un presidente illuminato d’Ospedale, quale fu la signora Erisia Gennai Tonietti, in favore di moderne dipartimentalizzazioni con “unico centro di costo”, ché oggi l’economia prevale sul paziente, la didattica e la ricerca. Ma, si sa, oggi viviamo appunto una “società liquida” e nulla è più sicuro e duraturo, come ci insegna Zygmunt Bauman. Queste poche considerazioni mi venivano in mente, ridiscendendo dal Kilimanjaro proprio il 24 gennaio 2008 giorno trentennale della morte di un Maestro.
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Teatro alla Scala. Musica, ma non solo Musica e medicina: un legame antico e rinnovato M. Francesca Agus Fondazione Teatro alla Scala di Milano
La musica, il segno sublime della nostra transitorietà. Così fu definita da un illustre musicista e medico, Giuseppe Sinopoli, il 13 ottobre 2000 ai pazienti del Policlinico Gemelli di Roma. Non si può qui neppure lontanamente tentare il più profondo significato che la musica ha sull’animo umano. Forse, ad usar termine medico, «l’unico termometro della bellezza in musica è il grado di esaltazione cui l’anima è portata; mentre di un quadro di Guido [Reni] posso dire col sangue freddo: questa è pura bellezza», così scriveva Stendhal. Oppure, più recentemente, “La musica sveglia il tempo”, titolo di un bel libro del maestro Daniel Barenboim «per le menti curiose di scoprire le corrispondenze tra la musica e vita, e la saggezza che diventa comprensibile all’orecchio pensante»; titolo che echeggia la discussione in ambiente medico ne “La montagna incantata” di Thomas Mann («la musica sveglia il tempo, la musica sveglia noi al più raffinato godimento del tempo, e in quanto sveglia è morale. Morale è l’arte in quanto sveglia»). L’amore per la musica - e il teatro -, anche per il medico non può dunque essere ridotto a cultura d'erudizione: è amore per il bello e significante della vita stessa umana. E tuttavia, possiamo accettare, nel caso dell’amore di tanti medici per la musica, l’affermazione del celebre storico Arnaldo Momigliano, nel soffermarsi tra storia e medicina, di come «il fascino dell’erudizione è già, per i medici, un fenomeno antico (si veda per esempio la varietà di interessi antiquari di quel dottore
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Hermogenes di Smirne, Epigr. Greca, II sec. d.C. circa). Ma non è difficile capire perché i medici, abituati come erano all’osservazione minuziosa del lato patologico della vita quotidiana, si rivolgessero con qualche conforto all’aspetto sano di essa, per ricrearsi» . Recentemente, sotto un altro aspetto, Umberto Veronesi ha trattato egregiamente il rapporto ancor più stringente che una semplice passione, tra musica e medicina: “aiuta a guarire”. In un Convegno a Lucca, organizzato dall’Associazione Musicale Lucchese e dalla Fondazione Umberto Veronesi su “Musica, scienza, pensiero”, si è dato conto del rapporto profondo e ancora misterioso che lega la musica alla spiritualità e al pensiero umano. Certo, la musica può darci pace, o altre volte essere inquietante. Ma in generale già il legame storicamente forte tra musica e pensiero religioso produce un tramite facilitante il rapporto con Dio e un linguaggio privilegiato della preghiera collettiva. La musica di Bach da sola - le Cantate, Messe, Passioni…-, ne è testimonianza perenne. Il passo dall’anima alla psiche è d’altronde breve e la musica diviene a potenzialità terapeutica e va ad affiancarsi con successo alla psicologia e psichiatria; ed avere anche un ruolo di supporto a terapie standard come l’anestesia e la chirurgia. Oggi va perfino sviluppandosi la Musicoterapia, capitolo a sé nella scienza biomedica, con riscontri di letteratura scientifica e l’attenzione di riviste autorevoli come il British Medical Journal.
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La musicoterapia prevede l’uso della musica e del ritmo per migliorare le funzioni fisiche e psicologiche e fornisce un mezzo alternativo di comunicazione per chi non è in grado di esprimere con le parole i propri sentimenti. Infatti, come tutte le vibrazioni la musica è in grado di influire sullo stato emotivo del paziente e influire così anche sul suo stato organico. La nascita di questo tipo di terapia si perde nella notte dei tempi, quando saltando e battendo le mani l’uomo invocava gli spiriti del bene, tentando in questo modo di esorcizzare i demoni. Molti miti greci contengono metafore sul potere di guarigione della musica e le sue capacità terapeutiche vengono sfruttate in molte culture e religioni antiche. Un salto inimmaginabile sino a pochi anni fa ci ha portano dal mito alla ricerca scientifica moderna che suggerisce come le esperienze musicali probabilmente stimolino lo sviluppo di endorfine, analgesici naturali prodotti dal cervello. La Scala di Milano. Il valore del simbolo, non solo per la musica Milano, come tutte le grandi città dell’Impero Romano ed essa stessa capitale dell’Impero per qualche tempo, fu sede teatrale assai importante. Nei secoli a noi vicini, è noto come il Teatro di Corte nell’ambito del Palazzo Reale in Piazza del Duomo andasse distrutto ben due volte dagli incendi del 1708 e del 1776. Essendo il teatro di proprietà dei palchettisti in quanto nel 1717 dopo il primo incendio se lo erano costruito a loro spese, aderendo anche al desiderio del figlio di Maria Teresa imperatrice che si erigessero due teatri, per il primo si scelse l’area dove sorgeva la chiesa di Santa Maria della Scala (per il secondo, entrambi su disegno del Piermarini, l’area corrispondente all’attuale Teatro Lirico). Santa Maria alla Scala, è denominazione di grande rilievo nella storia della medicina, come ricorda l’antico ospedale di Siena al centro della via francigena per Roma, il cammino europeo per eccellenza insieme a quello di Santiago.
Nel cristianesimo la scala è il simbolo del legame tra cielo e terra e della possibilità dell’ascesa al cielo. Già nel famoso sogno di Giacobbe, egli vede chiaramente una scala su cui salgono e scendono degli angeli, limpida comunicazione fra Dio e l’uomo (Genesi 28,11). L’iconografia cristiana sarà ricca della salita per scala, simbolo del viaggio pieno di ostacoli, con draghi o orrendi guardiani che bisogna annientare per superare gradino per gradino, ma con la prospettiva di bellezza intravista e la pace che rincuora nell'ascesa per arrivare a Dio. La Scala di Milano come “Tempio” della musica ed esempio di eccellenza Fama e fascino tradizionalmente legati al nome della Scala devono molto alle cronache e alle memorie che ne ha lasciato Stendhal nei suoi libri di viaggio, saggi, lettere e diari, come in svariate occasioni ha opportunamente ricordato Carlo
Roberto Bolle, inimitabile primo ballerino della Scala, in “versione” vascolare
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Fontana. Ciò non era affatto scontato, per l’astio verso il “francese” e verso il “soldato napoleonico”, nonostante Stendhal fin dal suo primo veder la Scala nel 1800, la avesse descritta «sala di spettacolo superba»; e successivamente la chiamò «il primo teatro del mondo, perché è quello che dà il massimo godimento musicale». Stendhal è oggi giustamente ricordato, all’ingresso della platea, dalla scultura sul cui piedistallo si può leggere: Stendhal/Henri Beyle/ Qui aima à se dire milanese. Un altro francese va ora a divenir milanese, l’attuale sovrintendente e direttore artistico del primo teatro del mondo Stéphan Lissner. Brevità vuole che si ricordi appena il significato politico-sociale nel passato ed anche il suo ruolo nelle vicende costitutive del Risorgimento italiano. Compreso un qualche ruolo di medici habitué della Scala. Milano è storicamente la “Milano della Scala” anche per il mondo scientifico internazionale. Colpisce come la prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, in un editoriale del 1975, quando volle onorare l’articolo della basilare ricerca oncologica guidata da Gianni Bonadonna, pubblicato nello stesso numero, affermò che Milano non sarebbe stata più nota solo per la Scala, ma anche per l’Istituto dei Tumori dove la ricerca era a livelli di eccellenza mondiale. I medici d’altra parte hanno sempre amato La Scala individualmente o come momento culturalesociale durante Convegni scientifici medici in Milano. Tra gli innumerevoli eventi, piace citare l’XI Congresso della Società di Chirurgia Cardiaca e Vascolare del 1985 che molti ricorderanno anche per la magnifica Milano in fotografia di Mario De Biasi, scelta per poster e programma. Il 4 ottobre i partecipanti poterono godere di uno splendido concerto, ancorché non facile e scontato. Le Atmoshères di György Ligeti, il Concerto per viola e orchestra e Il Castello del Principe Barbablù di Bela Bartòk diretti da Walter Weller affascinarono chirurghi e angiologi italiani, ma con presenze internazionali significative in palco, come V.V. Kakkar di Londra, uno dei padri della moderna profilassi del tromboembolismo venoso, o J.H Chesebro di Rochester, della moderna profilassi antiaggregante piastrinica.
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La Scala è inoltre prodiga di sostegno a iniziative benefiche sanitarie con concerti per Associazioni/Fondazioni per malattie e per progetti per il Terzo Mondo. Il medico cultore e amante della musica Il medico di una volta colto e amante della musica e dell’arte (vedi Momigliano), esiste ancora? Lo si vuole sperare. Certo è che molti sono i casi di medici musicisti per hobby individuale o in ensamble universitarie, o vera passione (vedi l'Orchestra Europea dei Medici: EDO, www.europeandoctorsorchestra.com), fino a svolgere egregiamente la direzione d’orchestra; ed anche nell’Università degli Studi di Milano (piace citare il professor Hoffer che ne fu Ordinario). Un altro evento scientifico del mondo vascolare - il XII Congresso Mondiale di Flebologia del 1995 in Londra -, ebbe il concerto in St. Paul’s Cathedral diretto da un eminente chirurgo vascolare. Ben più che autodidatta, nonostante le enciclopedie alla sua voce spesso così lo definiscono dimenticando la sua frequentazione dei corsi di Darmstadt con Ligeti, con Stockhausen, con Maderna, è stato Giuseppe Sinopoli, musicista e medico prematuramente scomparso nel 2001 a Berlino al Virchow Herz-Zentrum dopo essersi accasciato sul podio mentre preparava l’Aida alla Deutsche Oper. Si è aperta con Sinopoli e con lui si chiude questa piccola finestra culturale. Egli semplicemente accettava questa apparente diminutio perché «l’autodidatta è colui che sceglie una strada alternativa e che riconosce in sé una forza sufficiente per sostituirsi alla strada ufficiale, quindi è il momento iniziale di orgoglio, di ambizione. Conta soltanto il risultato»; divenendo non soltanto maestro delle note, tra i più grandi del mondo, ma intellettuale di cultura vastissima e insaziabile curiosità, figura inconsueta di umanista dall’antico sapore rinascimentale.
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