TRIMESTRALE SCIENTIFICO - Anno II - N. 3, 2008
“Speciale SIAPAV SPECIALE SIAPAV2008” 2008
Patologia vascolare fra emodinamica e flogosi di parete
E d i z i o n i s c i e n t i fi c h e
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S p e c i a l e S I A PAV 2 0 0 8 TRIMESTRALE SCIENTIFICO Anno II - N. 3, 2008
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Chirurgien vasculaire, Chassieu, France
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SOMMARIO EDITORIALE Patologia vascolare fra emodinamica e flogosi di parete Giovanni B. Agus
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LEADING ARTICLE Le basi della flogosi in patologia vascolare A. Zaninelli, A.M. Gori, G.F. Gensini
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Lo shear stress emodinamico nella patologia vascolare A. Zaninelli, E. Cecchi, G.F. Gensini
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Malattia Venosa Cronica e adesione endoteliale dei leucociti S. K. Kakkos, A. N. Nicolaides
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Eparine ed eparinoidi oggi Sergio Coccheri
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NEWS “Premio Mauro Bartolo” Lavori premiati al XXX Congresso Nazionale SIAPAV Roma 19-22 novembre 2008
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CULTURA Un concerto a Roma Giovanni B. Agus
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Editoriale
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Patologia vascolare fra emodinamica e flogosi di parete “Infiammazione, aterosclerosi ed eventi ischemici: esplorando la parte nascosta della luna” è l’efficace titolo di un’importante lavoro che illuminò dieci anni fa su nuove prospettive nella comprensione della patogenesi delle lesioni di parete vascolare (Attilio Maseri, N Engl J Med 1997). Ai media non sfuggì la novità, con debito rilievo in TV e in “prima pagina” (cfr ad esempio The New York Times del 6 gennaio 2005).
Nautilus oggi è la rivista dello specialista vascolare che riferisce e diffonde queste nuove prospettive, attraverso risultati di un Simposio su questo tema, centrale al XXX Congresso Nazionale della SIAPAV, tenutosi tradizionalmente lo scorso mese di novembre, a Roma. I versanti dell’influenza dell’infiammazione sulla lesione parietale vasale, sono in realtà due - arterioso e venoso - e si è avuta più volte occasione di ricordarne l’importanza sulla patologia vascolare epidemiologicamente più importante, quale è la malattia venosa cronica (MVC o CVD nell’acronimo anglosassone). Anche in questo caso la nuova prospettiva viene sintetizzata magistralmente nel titolo di un contributo scientifico ormai assai noto: Chronic venous disease and the leukocyte-
endothelium interaction: from symptoms to ulceration (Nicolaides AN, Angiology 2005). La “cascata infiammatoria” - Venous hypertension and the inflammatory cascade:
major manifestations and trigger mechanisms (Pascarella L et Al, Angiology 2005) -, infatti, avrebbe messo in luce dati di natura istologica ed immunocitochimica sulle ulcere venose degli arti inferiori supportando l’ipotesi secondo cui le lesioni ai diversi stadi di MVC sono associate alla presenza di processi infiammatori, con infiltrazioni nelle cuspidi valvolari ed esposizione ad un’elevata pressione sanguigna nelle vene con un’attivazione delle metalloproteinasi, ed altri fenomeni in sequenza, tra i quali il ruolo dello shear stress è rilevante sul glicocalice di parete. L’ulcera venosa d’altronde, è un modello di eventi patogenetici e clinici, per la loro frequenza all’interno della MVC, che riunifica concetti di fisiopatologia e di terapia come anche in Italia si va indagando. E’ il caso della Wound Bed Preparation e del
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TIME (ove la I sta per infiammazione) che vedono in ottica moderna l’ingresso della terapia farmacologica nella più complessa strategia terapeutica delle ulcere, oggetto di una ricerca multicentrica tuttora in corso sul microcircolo e ulcere venose, coadiuvata dai GAGs come il sulodexide (Apollonio A et Al, Acta Vulnol 2008). Ma, ritornando all’inizio, questo numero si occupa e preoccupa molto di parete vasale arteriosa, grazie ai contributi della Scuola fiorentina del Prof. Gianfranco Gensini. A. Zaninelli, con A.M. Gori e E. Cecchi, “analizzano in sintesi” - chiaro ossimoro - il ruolo dell’infiammazione e dello shear stress sulla aterogenesi. Il Prof. Stavros Kakkos, indicatomi dal Prof. Andrew Nicolaides, che ringrazio per l’accorta segnalazione, tratta questo ruolo sulla MVC. Infine, il Prof. Sergio Coccheri ci presenta eparine ed eparinoidi quale risposta terapeutica a tali prospettive patogenetiche infiammatorie. Il numero di Nautilus comprende, per il secondo anno, la pubblicazione in short report delle migliori comunicazioni presentate al XXX Congresso Nazionale della SIAPAV, che hanno ottenuto il premio da questo anno intitolato a Mauro Bartolo. Pur in un numero assai denso scientificamente, si è infine voluto conservare uno spazio per la Sezione Cultura, che attraverso una personale riflessione su Un concerto a Roma, dà conto di eventi che unificano ancora una volta la Medicina e l’Arte.
Giovanni B. Agus
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Le basi della flogosi in patologia vascolare A. Zaninelli, A.M. Gori, G.F. Gensini Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica, Università degli Studi di Firenze
L’ulteriore stimolo infiammatorio, soprattutto sulla superficie della placca aterosclerotica, è responsabile della sua erosione ed eventuale rottura con conseL’infiammazione gioca un ruolo importante tanto nella guente rilascio in circolo di mediatori trombotici, alla malattia aterosclerotica che in quella trombotica. base degli eventi acuti propri dell’aterotrombosi. L’aterogenesi è stimolata da fattori di rischio C.V., A sostegno di questo schema numerosi studi hanno come ad esempio il diabete, ed è sostenuta da un’indimostrato la presenza di cellule infiammatorie nelle fiammazione progressiva che, dall’adesione dei placche in particolare con una differenza significatimediatori infiammatori in circolo (leucociti) alla pareva nelle forme instabili, rispetto a quelle stabili. te vascolare nelle aree focali attivate, arriva al rimoEsiste anche un aspetto sistemico dell’infiammazione dellamento vascolare del cosiddetto complesso che non si limita alle aree focali colpite da aterosclemedio-intimale della placca aterosclerotica (IMT o rosi, ma coinvolge cellule circolanti e prodotti cellulaIntimal Medial Thickness) con l’attivazione delle ri. Sono numerosi i fattori flogistici che stimolano celMetalloproteasi in rapporto ai loro inibitori tissutali lule endoteliali, macrofagi e piastrine al rilascio di (sbilancio MMPs/TIMPs), attraverso una cascata di citochine pro-infiammatorie e molecole di adesione eventi endoteliali mediati da citochine (Fig. 1). sulla superficie endoteliale e delle cellule circolanti (es. piastrine). Fra queste la Aterogenesi Aterotrombosi Interleuchina 6 (IL-6), prodotta dalle celFattori rischio vascolare Infiammazione Geni, BP, Fumo, Colesterolo, Diabete lule muscolari lisce endoteliali viene rilaSindrome coronaria Rotture/ Placca acuta sciata in circolo sotto stimolo infiammaDisfunzione Lipidi Placca fissurazione fibrosa endoteliale fibrosa e trombosi instabile torio e, una volta raggiunto il fegato, stimola la produzione di Proteina CTIA Ictus Reattiva che, a sua volta, è in grado di ischemico diffondere lo stimolo pro-infiammatorio Ischemia aterosclerotico ad altre aree focali arteUp-regulation Infarcimento Tappo fibroso Fissurazione del critica molecolare lipidico, tappo fibroso (arti inferiori) Angina riose vulnerabili (Fig. 2). di adesione macrofagi Nucleo necrotico TIA (foam cells) (apoptosi dei Nucleo lipidico Permeabilità lipidi e globuli La Proteina C-Reattiva è oggi un bioClaudicatio/AOCP alle lipoproteine Attivazione Morte bianchi) Afflusso e (NO, A II, PDGF) linfociti T attivazione dei cardiovascolare marker consolidato soprattutto per quei macrofagi Espansione con Migrazione Migrazione rilascio l’adesione e la pazienti senza precedente storia di leucociti nella cellule metalloproteinasi diapedesi dei parete arteriosa muscolari lisce leucociti coronaropatie, soprattutto perché si è (LDL-ox, PDGF) e infarcimento Emorragia da (LDL-ox, PDGF) lipidico - vasa vasorum dimostrata una correlazione dei livelli di - lumearterioso CRP con l’espressione sulla parete Figura 1 - Cause e mediatori dell'aterogenesi e dell'aterotrombosi vascolare di proteine di legame (ICAM(mod. da Ross R. NEJM 1999; 340: 115-126) 1) con i leucociti (Fig. 3). INTRODUZIONE
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AGE
ROS
Ang II
CELLULE PROGENITRICI E STIMOLO ISCHEMICO
Trombina
Citochine, LDL-ox CML Piastrina attiva
EC Citochine, PAI-1, Molecole di adesione leucitaria
Macrofago
Citochine (es. IL-6
Ligando CD40 RANTES
IL-6
Citochine
ROS, MMPs
Fegato
PRC, SAA, Fibrinogeno, PAI-1
ngue so di sa
Flus
Campione di sangue per test biomarkers
Figura 2 - Loop infiammatorio vascolare: > IL-6 attivazione endotelio/macrofagi/piastrine --------> Proteina C-Reattiva (fegato) ----> circolazione ----> attivazione nuove aree focali vulnerabili P Trend = 0.001
Rischio relativo
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Di recente nelle aree endoteliali interessate da aterosclerosi sono state individuate delle cellule progenitrici, cioè cellule staminali prodotte dal midollo osseo, la cui produzione si è dimostrata legata a stimolo ischemico, con particolare riguardo alla sovra-espressione del VEGF, tipico fattore di crescita presente nei pattern aterosclerotici, che conducono a livelli sierici superiori per i pazienti con aterosclerosi rispetto ai gruppi di controllo. Tale attivazione midollare rappresenta il sistema fisiologico di riparazione endoteliale. In uno studio appena pubblicato su 92 pazienti sottoposti ad intervento cardiaco, monitorando nei primi giorni dall’intervento particolarmente caratterizzati dalla risposta infiammatoria, si è potuto osservare come le cellule progenitrici si riducono nei primi tre giorni per aumentare nella settimana successiva, con un andamento speculare e opposto a quello dei mediatori infiammatori (IL-6 e Proteina C-Reattiva), disegnando un sistema che bilancia stimoli pro- ed anti-infiammatori (Fig. 5). MONOCITI E LINFOCITI
2,5 2 sICAM-1 IL-6
1,5 1 0,5 0
1
L’attivazione dei monociti è importante nel definire i pattern pro-trombotici, come dimostrano gli studi che hanno rilevato una significativa differenza fra monociti attivati e attività pro-coagulante (livelli di Tissue Factor) nelle forme di angina instabile rispetto alle forme stabili.
2 3 4 Quartili di IL-6 & sICAM-1
Figura 3 - IL-6 & sICAM-1 e Rischio di Infarto al Miocardio. The Physician’s Health Study. Modificato da Circulation 2000;101:1767-72 INTERAZIONE ENDOTELIALE DELLE CELLULE IN CIRCOLO La parete endoteliale in condizioni fisiologiche è caratterizzata da proprietà anticoagulanti e pro-fibrinolitiche, mentre in condizioni patologiche si nota una marcata riduzione della fibrinolisi accompagnata da un eccessivo rilascio di mediatori trombotici, quali il Tissue Factor (TF), che caratterizzano il pattern pro-trombotico (Fig. 4).
Figura 4 - Proprietà antitrombotiche ed antiaterogeniche dell’endotelio in condizioni fisiologiche e patologiche. Modificato da European Heart Journal 2004; 25, 1197-1207
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Analisi di regressione lineare multipla EPCs, IL-10 e 1ra (n=92) CD34+/CD133+JKDR+at T3
IL-10 at T3
β ± SE = 0.23 ± 0.10 p < 0.05
IL-1ra at T3
β ± SE = 0.33 ± 0.14 p < 0.05
Figura 5 - Cellule Endoteliali Progenitrici: (a) prodotte dal midollo osseo sotto stimolo ischemico costituiscono il sistema di riparazione endoteliale. (b) Livelli di cellule progenitrici e mediatori infiammatori (IL-6 / Proteina C-Reattiva) in pazienti sottoposti ad intervento cardiaco, dopo tre giorni
Cesari et al, Atherosclerosis 2008
INFIAMMAZIONE E TROMBOSI: UNA STRADA A DOPPIO SENSO Se è corretto affermare che gli stimoli infiammatori sostengono pattern ischemici e pro-trombotici, altrettanto valido è ipotizzare che i mediatori trombotici siano in grado di stimolare processi infiammatori a livello endoteliale e in circolo, avanzando l’idea di uno spostamento dell’ottica dalla “trombosi flogosi-mediata” alla modulazione infiammatoria emostasi-mediata. Al riguardo si è visto che il recettore PAR-1 (Fig. 6), presente soprattutto sulle piastrine, che si lega alla trombina, attiva le piastrine attraverso una cascata di mediatori infiammatori, disegnando un sistema in equilibrio fra stimoli proinfiammatori e pro-trombotici.
Figura 6 - Meccanismo di attivazione dei recettori-1 della proteasi attivata. Coughlin et al., J Thromb Haemost 2005
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CONCLUSIONI L’aterotrombosi è un fenomeno complesso che coinvolge l’infiammazione, la coagulazione e l’endotelio. Mentre sono certe le basi fisiopatologiche ed il ruolo della infiammazione, per quanto riguarda l’uso di marcatori specifici biochimici, questo aspetto non è ancora del tutto chiarito. BIBLIOGRAFIA 1. Ross R. Atherosclerosis: an inflammatory disease. NEJM 1999; 340: 115-126. 2. Libby P. Molecular bases of the acute coronary syndromes.Libby P. Circulation. 1995 Jun 1;91(11):2844-50. 3. Mauriello A. et al. Diffuse and active inflammation occurs in both vulnerable and stable plaques of the entire coronary tree: a histopathologic study of patients dying of acute myocardial infarction J Am Coll Cardiol. 2005 May 17;45(10):1600-2. 4. Szmitko PE et al. Biomarkers of vascular disease linking inflammation to endothelial activation: Part II. Circulation. 2003 Oct 28;108(17):2041-8. 5. Blake GJ et al. Novel clinical markers of vascular wall inflammation. Circ Res. 2001 Oct 26;89(9):763-71. 6. Ridker PM et al. Plasma concentration of interleukin-6 and the risk of future myocardial infarction among apparently healthy men. Circulation. 2000 Apr 18;101(15):1767-72. 7. Koukkunen H et al. C-reactive protein, fibrinogen, interleukin-6 and tumour necrosis factor-alpha in the prognostic classification of unstable angina pectoris. Ann Med. 2001 Feb;33(1):37-47. 8. Viles-Gonzalez JFet al. Atherothrombosis: a widespread disease with unpredictable and life-threatening consequences.Eur Heart J. 2004 Jul;25(14):1197-207. 9. Cesari F et al. NT-proBNP and the anti-inflammatory cytokines are correlated with endothelial progenitor cells’ response to cardiac surgery. Atherosclerosis. 2008 Jul;199(1):138-46. 10. Coughlin SR. Protease-activated receptors in hemostasis, thrombosis and vascular biology. J Thromb Haemost. 2005 Aug;3(8):1800-14.
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Lo shear stress emodinamico nella patologia vascolare A. Zaninelli, E. Cecchi, G.F. Gensini Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica, Università degli Studi di Firenze
INTRODUZIONE L’aterosclerosi è una delle cause principali di morbilità e mortalità nel mondo occidentale e la sua progressione è legata a fattori di rischio cardiovascolari noti ed emergenti, quali le alterazioni del flusso e l’infiammazione della parete vascolare. Fra le evidenze a supporto dei fattori emergenti c’è la maggiore frequenza di riscontro delle placche a livello delle biforcazioni vascolari, dove le forze di attrito (shear stress) del flusso sanguigno si modificano a causa delle turbolenze emodinamiche. Il flusso sanguigno segue le regole della meccanica dei fluidi e si muove per strati laminari concentrici con una velocità che cala muovendosi dagli strati centrali a quelli periferici a contatto con le pareti vascolari (Fig. 1). Fra i diversi strati laminari concentrici e tra flusso e parete vascolare esistono forze di attrito che nel loro complesso sono definite shear stress. Tra il sangue e l’endotelio lo shear stress è una forza di taglio che agisce sulla parete.
Figura 1 - Flusso laminare concentrico vascolare
Nelle aree dell’albero vascolare caratterizzate da geometria uniforme lo shear stress è costante, mentre in corrispondenza delle biforcazioni diventa oscillatorio, uscendo dai parametri fisiologici (ca. 90-100 pascal). Il mantenimento di uno shear stress fisiologico costante è importante per ridurre quei fenomeni di parete (iperpermeabilità ai lipidi, rilascio di tissue factor) che nel loro insieme rappresentano l’attivazione endoteliale, cioè il primo step dell’aterogenesi. Lo shear stress fisiologico (ca. 90-100 Pa) pulsatile è la componente principale dello stimolo endoteliale che mette in moto una cascata di mediatori cellulari che adeguano la funzione vascolare e tissutale alle esigenze metaboliche (Fig. 2 a). Condizioni di shear stress alterato, come accade in corrispondenza delle biforcazioni dove il flusso è turbolento, modificano lo stimolo endoteliale producendo una cascata di mediatori patogenetici, che nel complesso si traduce nell’attivazione endoteliale (Fig. 2b). Sulla attivazione endoteliale si instaurano quei meccanismi, dalla iperpermeabilità ai lipidi alla infiammazione di parete, che porta alla iperattività delle metalloproteasi (sbilancio MMPs/TIMPs) che provocano prima un ispessimento della membrana basale, quindi la formazione della placca aterosclerotica, ed infine con il perdurare dello stato infiammatorio, la fase si aterotrombosi caratterizzata dalla liberazione di fattori protrombotici come il Tissue Factor. Lo shear stress può essere misurato con metodiche invasive (Ultrasuoni endovascolari) e non invasive (Doppler pulsato - Mappe da RMN a contrasto di fase + computazione). Le aree dell’albero arterioso principalmente colpite da aterosclerosi, nelle quali è stato studiato lo shear stress
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Figura 2A - Azione dello shear stress fisiologico (laminare e pulsatile) sulle cellule endoteliali (meccanotrasduzione). Modificato da Chatzizisis YS et al. J Am Coll Cardiol 2007
Figura 2B - Azione dello shear stress patologico (ridotto) sulle cellule endoteliali (attivazione endoteliale). Modificato da Chatzizisis YS et al. J Am Coll Cardiol 2007
sono le coronarie, la carotide, l’aorta infrarenale e l’arteria femorale. CORONARIE A livello coronarico la clinica indica un maggiore riscontro di placche aterosclerotiche in corrispondenza della della curvatura interna, caratterizzata da un basso shear stress. Queste condizioni sostengono un ispessimento espansivo che può risolversi in una condizione asintomatica con bassi livelli di infiammazione, ovvero nei soggetti con fattori di rischio sistemici (diabete - iperlipidemia) in una condizione sintomatica caratterizzata da elevati livelli infiammatori che porta ad un rimodellamento vascolare costrittivo (placca stenotica) o a sindrome coronarica acuta nei casi di default (rottura) della placca aterosclerotica (Fig. 3). Le coronarie di sinistra sono le più suscettibili ad aterosclerosi e questo pare imputabile a fattori emodinamici, quali uno shear stress di parete oscillatorio, e geometrici, per via degli archi più tortuosi negli archi di sinistra. Dopo angioplastica un aumento dello shear stress è cor-
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relato ad un maggiore rischio di restenosi e rivascolarizzaizone. Anche in prossimità dell’applicazione di graft la formazione di turbolenze di flusso elicoidale modificano lo shear stress e sono correlate a complicanze stenotiche. Inoltre dove è presente una placca stenotica occlusiva, l’aumento dello shear stress è indicativo dell'aumentata probabilità della rottura della placca nell’area considerata. CAROTIDE Nella carotide all’aumentare dello shear stress si riduce la frequenza di ispessimento intima-media, di aree vulnerabili al rimodellamento vascolare e di formazione di placche aterosclerotiche. La tortuosità individuale in corrispondenza della biforcazione carotidea favorisce turbolenze che alterano lo shear stress favorendo la patologia carotidea (Fig. 4). AORTA E FEMORALI Nella aorta addominale infrarenale lo shear stress è inferiore per via del richiamo ematico da parte delle
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Curvatura interna: regione a basso SS (predisposizione ad aterosclerosi) Arteria coronaria fisiologica
Basso SS - Fattori locali, es. basso SS - Fattori sistemici, es. iperlipidemia - fattori genetici
Fibroateroma precoce
Proliferazione Microrottura
SS fisiologico AltoSS Rimodellamento costrittivo Placca stenotica
Asintomatica
Angina stabile
Riduzione SS Vulnerabilità Infiammazione intensa
Rimodellamento espansivo eccessivo Ero s io Assotigliamento tappo fibroso ne Rottura
Infiammazione ridotta Rimodellamento compensatorio espansivo Placca quiescente
Figura 3 - Shear Stress (SS) alterato (oscillatorio): effetto sulle cellule endoteliali coronariche di flusso ridotto (ispessimento espansivo), elevato (ispessimento costrittivo) e dell’infiammazione (vulnerabilità). Modificato da Chatzizisis YS et al. J Am Coll Cardiol 2007
diramazioni addominali e la biforcazione alle femorali costituisce un elemento geometrico di turbolenza del flusso che si somma, generando un’area vulnerabile all’aterosclerosi soprattutto nella parete vascolare posteriore dove si concentra la velocità più negativa durante la diastole. A livello degli arti inferiori le arterie femorali superficiali sono le più esposte all’aterosclerosi, soprattutto nei casi con curvatura e tortuosità maggiori. Il ruolo di una terapia farmacologica mirata e aggressiva nei pazienti con shear stress alterato deve essere valutato.
Area 1 = ICA1 + ECA1 CCA3
Area 5 = ICA5 + ECA1 CCA3 Tortuosità = L/D-1 L = lunghezza della linea centrale da CCA3 a ICA5 D = distanza tra CCA3 e ICA5
Figura 4 - La geometria della biforcazione carotidea è predittiva della suscettibilità a disturbi di flusso. Modificato da Lee S-W et al. Stroke 2008
Sindrome coronarica acuta
BIBLIOGRAFIA 1. Chatzizisis YS et al. Role of endothelial shear stress in the natural history of coronary atherosclerosis and vascular remodeling: molecular, cellular, and vascular behaviour. J Am Coll Cardiol. 2007 Jun 26;49(25):2379-93. 2. Karthikeyan G. Why is disease progression more rapid in the proximal segments of grafted coronary arteries? Int J Cardiol. 2008 Apr 25;125(3):431-2. 3. Fukumoto Y et al. Localized elevation of shear stress is related to coronary plaque rupture: a 3dimensional intravascular ultrasound study with invivo color mapping of shear stress distribution J Am Coll Cardiol. 2008 Feb 12;51(6):645-50. 4. Lee SW et al. Geometry of the carotid bifurcation predicts its exposure to disturbed flow. Stroke. 2008 Aug;39(8):2341-7. 5. Shaaban AM et al. Wall shear stress and early atherosclerosis: a review. AJR Am J Roentgenol. 2000 Jun;174(6):1657-65. 6. Suo J et al. Hemodynamic shear stresses in mouse aortas: implications for atherogenesis. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2007 Feb;27(2):346-51. 7. Kornet L and al. In the femoral artery bifurcation, differences in mean wall shear stress within subjects are associated with different intima-media thicknesses. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 1999;19(12): 2933-9.
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Malattia Venosa Cronica e adesione endoteliale dei leucociti S. K. Kakkos, MD, PhD*, A. N. Nicolaides, FRCS, PhD** *Dipartimento di Chirurgia Vascolare, Università di Patrasso - Scuola di Medicina, Grecia ** Accademia di Chirurgia Vascolare dell’Imperial College, Istituto Vascolare di Diagnosi e Screening
PREMESSA Le vene varicose sono il risultato di una eccessiva distensibilità del tessuto connettivo della parete venosa; le primarie si presentano anche in assenza di un precedente episodio di TVP, mentre quelle secondarie sono la conseguenza di episodi di TVP o di tromboflebiti superficiali. La ricanalizzazione può lasciare una parziale ostruzione o incompetenza delle vene profonde, superficiali e perforanti. I sintomi della malattia venosa cronica (vene varicose, pesantezza, dolore, gonfiore della caviglia o della gamba, pigmentazione e ulcerazione) dipendono dalla ipertensione venosa, che è a sua volta conseguenza di un ostruzione, di un reflusso o della combinazione dei due fattori. L’ipertensione venosa produce una dilatazione dei capillari con intrappola-
Leucociti e Vene Varicose Leucociti: adesione e migrazione Attivazione endoteliale Rilascio di mediatori infiamatori
Rimodellamento della parete venosa
Vene varicose
Figura 1 - Leucociti e Vene Varicose
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mento dei monociti e stravaso di plasma e globuli rossi. Le cuffie di fibrina pericapillari ed i depositi di altre proteine ostacolano il nutrimento cellulare con eventuale necrosi dei grassi, pigmentazione della pelle e ulcerazione. Un ostruzione del ritorno venoso si riscontra in pazienti con anamnesi di TVP che non sono bene ricanalizzati ed hanno una circolazione collaterale insufficiente. Meno frequenti sono i casi di compressione venosa extramurale. Il reflusso si determina quando le valvole sono danneggiate a causa di trombosi venose ricanalizzate o di dilatazione venosa primaria, in maniera tale che le cuspidi valvolari non riescono a collabire adeguatamente. Studi recenti hanno dimostrato che la dilatazione venosa primaria è il risultato della interazione leucociti-endotelio (adesione, migrazione, attivazione endotaliale, rilascio dei mediatori infiammatori) e rimodellamento della parete venosa e delle valvole (frammentazione delle fibre elastiche, differenziazione delle cellule muscolari liscie e migrazione con alterazione della matrice extracellulare e fibrosi). La Sindrome Post-Trombotica (SPT) è il risultato di una ipertensione venosa sviluppata da un’incompetenza valvolare o da un’ostruzione del ritorno venoso. L’ipertensione venosa provoca un danneggimaneto dei capillari superficiali, lipodermatosclerosi e, infine, ulcerazione. La prevalenza di SPT è variabile e dipende dall’estensione, dalla localizzazione della trombosi e dal tipo di trattamento. I pazienti caratterizzati sia da ostruzione del ritorno venoso che da reflusso sono
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La Sindrome Post-Trombotica I pazienti con forme di ostruzione e reflusso cronici hanno la più alta incidenza di alterazioni della pelle o ulcerazioni. Il rischio di SPT è più alto in quei pazienti con trombosi ricorrenti ed in presenza di trombofilia. Il rischio di SPT è più basso in quei pazienti che ricevono un’adeguata terapia medica, una rapida mobilizzazione ed una terapia compressiva continuative.
Figura 2 - La Sindrome Post-Trombotica quelli con la più alta incidenza di alterazioni della pelle e ulcerazioni. Il rischio di SPT è più alto in quei pazienti con trombosi ricorrenti ed in presenza di trombofilia. Il rischio è minore nei pazienti che hanno ricevuto un’adeguata terapia anticoagulante, una rapida mobilizzazione e la terapia compressiva. Le vene perforanti risultano incompetenti solitamente in condizioni di reflusso superficiale o del circolo venoso profondo. Il numero, il diametro, il volume e la velocità di flusso attraverso le vene perforanti aumenta in modo lineare con la severità dell’insufficienza venosa cronica. L’incompetenza venosa superficiale e delle perforanti con un circolo venoso profondo normale si ritrova nel 40% dei pazienti con alterazioni della pelle e ulcerazioni. MECCANISMI DELLA PATOLOGIA VENOSA Esistono riscontri che indicano un ruolo della predisposizione genetica, congiuntamente a fattori ambientali e locali, alla patogenesi della Malattia Venosa Cronica. Nei pazienti con vene varicose il rapporto fra collagene di Tipo I (elasticità) e Tipo III (resistenza) è alterato e così i fibroblasti dermici degli stessi pazienti suggeriscono un disordine sistemico su basi genetiche. Un alterato rapporto fra metalloproteasi (MMPs) ed i loro inibitori (TIMPs), elevati livelli di citochine e l’espressione dei fattori di crescita conducono ad un’alterazione cdella matrice extracellulare. L'adesione leucociti-endotelio è considerata il primo step della catena di eventi e gioca un ruolo chiave tanto nell’esordio che nella progressione della Malattia
Malattia Venosa Cronica e Interazioni Leucociti-Endotelio Nelle Vene Varicose il rapporto fra collagene I e III è alterato (sbilancio MMPs/TIMPs). L’attivazione, adesione e migrazione dei Leucociti attraverso l’endotelio è il risultato di un alterato shear stress che contribuisce all’infiammazione ed al conseguente rimodellamento della parete venosa e delle valvole, provocando reflusso e ipertensione.
Figura 3 - Malattia Venosa Cronica: infiammazione, rimodellamento venoso e sbilancio della produzione di Collagene Tipo I (elasticità) Vs Tipo III (resistenza) Venosa Cronica. Tale passaggio è seguito dalla migrazione dei leucociti attraverso l’endotelio, quindi dall’attivazione endoteliale, che porta all’infiammazione ed al susseguente rimodellamento della parete venosa e delle valvole che risulta in un reflusso. ADESIONE DEI LEUCOCITI ALL'ENDOTELIO Questo fenomeno prevalente nei seni valvolari, siti noti per essere associati alla stasi venosa. Ono e colleghi hanno studiato campioni di vene provenienti da pazienti con vene varicose ed hanno dimostrato un’infiltrazione di leucociti (monociti/macrofagi) superiore nei lembi valvolari dei seni valvolari e nella parete venosa prossimale, tanto sulla superficie che nello spessore endoteliale. L’infiltrazione di monociti/macrofagi era assente invece nei campioni di controllo. Queste osservazioni suggeriscono che il danno valvolare venoso nelle vene safene con reflusso sia associato all’infiltrazione di leucociti (monociti/macrofagi). I ricercatori hanno concluso che l’attivazione cellulare ed i fattori dinamici del flusso, come il ricircolo e la stasi nei seni valvolari possono essere una parte del processo di diapedesi nell'endotelio da parte dei leucociti. L’adesione è favorita da recettori specifici dei leucociti (Selectina-E, VCAM-1 e ICAM-1) ed è già presente durante la fase di rolling leucocitario, ma viene amplificata in modo considerevole durante l’attivazione dei leucociti e dell'endotelio2.
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Shear Stress Glicocalice (GAGs) Fisiologico Vs Alterato Il glicocalice fisiologico può mascherare le cellule di adesione (es. ICAM-1) dei leucociti. Lo Shear Stress del flusso sanguigno viene trasferito al glicocalice; l’ipertensione venosa e l’infiammazione possono causare la rimozione o la distruzione del glicocalice di GAGs, che altera la risposta allo shear stress ed è responsabile della ulteriore adesione di leucociti. N Eng J Med 2006;355:488-98 Glicocalice in condizioni fisiologiche
Glicocalice perturbato
Figura 4 - Attivazione Endotelio: la rimozione del glicocalice di GAGs dovuta a Ipertensione Venosa capillare favorisce il rolling, l'adesione e la diapedesi dei leucociti che mediano il processo infiammatorio
MIGRAZIONE DEI LEUCOCITI Questo step avviene attraverso le cellule endoteliali. ATTIVAZIONE DEI LEUCOCITI Nella Malattia Venosa Cronica i leucociti vengono attivati3 e rilasciano per degranulazione proteasi e radicali liberi. Questo si osserva solo localmente e non ci sono prove dell’attivazione sistemica dei leucociti4. I polimorfonucleati (PMN) ed i monociti non sono gli unici ad essere implicati, ma anche le mastcellule rientrano nel processo fisiopatologico. INFIAMMAZIONE E RIMODELLAMENTO DELLA PARETE VENOSA La frammentazione delle fibre elastiche, l’accumulo nella matrice extra-cellulare, l’ispessimento della membrana basale e la differenziazione delle cellule muscolari liscie sono tutti passaggi che conducono, in ultima analisi, a modifiche permanenti della parete venosa5. Il risultato è non solo la distruzione val-
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volare che include l’ispessimento e la retrazione, la perforazione e lo splitting, ma anche un incremento diretto del calibro venoso. La trasmissione di elevate pressioni (shear stress alterato) al microcircolo dermico produce uno stimolo al processo infiammatorio nel quale le citochine e l’espressione dei fattori di crescita conducono alla migrazione dei leucociti nell’interstizio ed all’inizio di ulteriori eventi infiammatori. ATTIVAZIONE ENDOTELIALE L’ipertensione venosa determina un’attivazione endoteliale che potenzia l’adesione endotelio-leucociti6. Takase e coll. hanno marcato dei campioni di vene provenienti da pazienti con varici utilizzando anticorpi monoclonali specifici per i recettori ICAM-1, Selectina-E (recettori dei leucociti), IL-1a, e TNF-α, riscontrando una up-regulation del ICAM-1 indicativo della attivazione endoteliale non solo nel lume endoteliale venoso ma anche nell’endotelio dei vasa vasorum di vene safene incompetenti, caratterizzate da reflusso7.
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MODIFICHE DEL MICROCIRCOLO Si è dimostrato che in pazienti con Malattia Venosa Cronica, l’ipertensione venosa conduce ad un sequestro di neutrofili e monociti attivati nel microcircolo degli arti inferiori8. I capillari diventano marcatamente dilatati, tortuosi e caratterizzati da un importante iperperfusione di plasma e componenti figurate del sangue nel derma, che corrisponde ad una riduzione del flusso nutrizionale dei capillari epidermici associati ad un impoverimento dell’ossigenazione (PO2) transcutanea. Un eccesso di fluido pericapillare, di fibrina e altre proteine con microlinfangiopatia e stravaso di leucociti sono elementi osservabili nel processo infiammatorio. Alterazioni del microcircolo I capillari si dilatano in modo significativo e diventano tortuosi con un importante stravaso nei tessuti interstiziali del derma, ma con un ridotto flusso di nutrienti nei capillari epidermici associato ad una scarsa perfusione di ossigeno (PO2). In clinica si riscontra un eccesso di fluido pericapillare fibrina e altre proteine con condizioni di microlinfangiopatia e migrazione di leucociti nell’interstizio, insieme ad altri elementi propri del processo infiammatorio.
Figura 5 - Alterazione del Microcircolo (Ipertensione Venosa): iperpermeabilità di fluidi associata a ridotta perfusione di Ossigeno e Nutrienti ESORDIO DEI SINTOMI: ATTIVAZIONE DELLE FIBRE C - NOCICETTORI I mediatori infiammatori come la bradichinina, la serotonina, la prostaglandina, i leucotrieni, l’attivatore piastrinico (PAF) e le interleuchine sono coinvolti nell’attivazione dei nocicettori, che provocano una dolorabilità diffusa (non localizzata). COSA NON SAPPIAMO 1. I fattori genetici e molecolari determinanti nello sviluppo delle vene varicose e della Malattia Venosa Cronica sono ancora ampiamente sconosciuti. 2. La relazione fra l’emodinamica e la funzione/disfun-
zione endoteliale nella parete venosa, il rimodellamento capillare, l’attivazione dei leucociti, la proliferazione delle cellule muscolari liscie e la diapedesi leucocitaria richiedono ulteriori approfondimenti. CONCLUSIONI Le indagini più recenti su pazienti con vene varicose primarie hanno mostrato un aumento della interazione endotelio-leucociti, che comprende gli step di adesione, diapedesi, attivazione endoteliale e rilascio di mediatori infiammatori, che conducono alla frammentazione delle fibre elastiche, alla differenziazione delle cellule muscolari liscie con alterazione della matrice extracellulare e fibrosi; il risultato finale è il rimodellamento della parete e delle valvole venose, una dilatazione venosa, incompetenza valvolare e stasi, che producono i sintomi e stimolano l’ulteriore cascata di eventi coinvolti nella fisiopatologia della Malattia Venosa Cronica. Bibliografia 1. Ono T, Bergan JJ, Schmid-Schonbein GW, Takase S. Monocyte infiltration into venous valves. J Vasc Surg 1998;27:158-66. 2. Shields DA, Saharay M, Timothy Antoine C, Porter JB, Scurr JH, Smith PDC. Neutrophil CD11b expression in patients with venous disease. Phlebology 1996;11:55-9. 3. Takase S, Schmid-Schonbein G, Bergan JJ. Leukocyte activation in patients with venous insufficiency. J Vasc Surg 1999;30:148-56. 4. Pappas PJ, Fallek SR, Garcia A, et al. Role of leukocyte activation in patients with venous stasis ulcers. J Surg Res 1995;59:553-9. 5. Takase S, Pascarella L, Lerond L, Bergan JJ, SchmidSchonbein GW. Venous hypertension, inflammation and valve remodeling. Eur J Vasc Endovasc Surg 2004;28:484-93. 6. Saharay M, Shields DA, Georgiannos SN, Porter JB, Scurr JH, Smith PDC. Endothelial activation in patients with chronic disease. Eur J Vasc Endovasc Surg 1998;15:342-9. 7. Takase S, Bergan JJ, Schmid-Schonbein G. Expression of adhesion molecules and cytokines on saphenous veins in chronic venous insufficiency. Ann Vasc Surg 2000;14:427-35. 8. Saharay M, Shields DA, Porter JB, Scurr JH, Smith PDC. Leukocyte activity in the microcirculation of the leg in patients with chronic venous disease. J Vasc Surg 1997;25:265-73.
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Eparine ed eparinoidi oggi Sergio Coccheri Professore Ordinario di Malattie Cardiovascolari - Università di Bologna
EPARINA NON FRAZIONATA (ENF) L’ENF è una complessa ed eterogenea sostanza estrattiva costituita da catene (o sequenze) alternate di glucosamina e acido iduronico, diseguali tra loro per lunghezza, peso molecolare, e grado di solfatazione. Le preparazioni di eparina sodica o calcica, attualmente in uso, hanno un pm medio di 13-15.000 Dalton e un’attività specifica di circa 200 Unità di Farmacopea Europea per mg. L’ENF per via endovenosa è tuttora in uso per l’anticoagulazione di fondo nella chirurgia vascolare ricostruttiva e nella terapia di emergenza dell’embolia polmonare acuta ad alto rischio, ed è preferibile alle nuove eparine a basso pm (EBPM) nei pazienti con grave insufficienza renale. L’ENF, sodica o calcica per via sottocutanea può essere tuttora usata nella profilassi antitrombotica, ma è stata in notevole misura sostituita dalle EBPM. Una trombocitopenia autoimmune (Heparin Induced Thrombocytopenia, HIT) paradossalmente associata ad una sindrome macro- o microtrombotica ad alta mortalità, può verificarsi nell’1% circa dei casi trattati con ENF.
pm più alto ha la Dalteparina (5000). Non sappiamo peraltro in che misura le differenze nel frazionamento e nel pm medio influenzino l’azione biologica e clinica di questi agenti. Nella tavola 2 sono rappresentate le più importanti EBPM, in ordine crescente di pm; si nota il diverso rapporto tra attività anti fattore Xa e attività anti fattore IIa e le differenti metodiche di estrazione. EPARINOIDI Al fine di definire chiaramente sede e meccanismo d’azione dei composti eparinosimili (eparinoidi) è opportuno riferirsi alla Tabella I. In essa sono rappresentati i principali costituenti, l’attività e le attuali indicazioni internazionali nella TVP, che rappresentano un retaggio del passato utilizzo come antitromEPARINOIDI Caratteristiche principali Costituenti:
Eparansolfato Dermatansolfato Condrointinsolfato
84% 12% 4%
EPARINA FRAZIONATA O A BASSO PM (EBPM)
Azione attraverso l’Antitrombina plasmatica
Negli ultimi 20 anni si è assistito ad uno straordinario sviluppo biologico e clinico delle eparine a basso peso molecolare. Queste vengono prodotte mediante depolimerizzazione chimica (acido nitroso o idrolisi alcalina) o enzimatica (eparinasi), dell’eparina nf. Le eparine bpm disponibili hanno un pm medio tra 3000 e 5000 Dalton, con disomogeneità delle catene meno marcata rispetto all'eparina nf “madre”. Tra le eparine di più frequente uso clinico, quelle a minor pm medio sono Bemiparina (pm 2900) ed Enoxaparina (3200); intermedie sono Nadroparina (3600) e Parnaparina (3700); mentre
Attività specifica anti-Xa = 14 U/mg (10% di ENF)
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Attività specifica anti-Ila = < 0.5 U/mg (< 1% di ENF) PM medio
}
Rapporto = 28
8000 D
Attivo come antitrombotico (TVP, anche in pz con ictus cerebri) Non più utilizzati nella profilassi della TVP ma come anticoagulante transitorio nella HIT
Tabella 1 - Cascata coagulativa dal fattore X alla formazione di fibrina. Attivatori naturali e inibitori farmacologici
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EPARINOIDI: SULODEXIDE Proprietà e meccnismo d’azione
Sulodexide Inibizione della trombina 300
MECCANISMO D’AZIONE: effetto additivo, in parte sinergistico, di inibizione della trombina attraverso AT (quota FMH) e cofattore eparinico II (quota DS). Emivita più lunga di ENF, assorbimento orale, attività lipolitica e profibrinolitica.
seconds
COMPOSIZIONE CHIMICA: un GAG altamente purificato estratto da mucosa intestinale porcina con procedura standardizzata. Contiene 80% di “fast mobility heparin” (FMH), a 20% dermatansolfato bp (DS) PM medio 8.000 D.
200
100
0 0
Cosmi B, Coccheri S. Thromb Res 2003 Lauver DA, Lucchesi BR. Cardiovasc Drug Revèevs 2006
Tabella 2 - Sulodexide: composizione chimica e meccanismo d’azione binici, essendo questi prodotti oggi indicati soprattutto nella Sindrome Post-Trombotica. DANAPAROID. E’ una miscela estrattiva di GAGs: eparansolfato, dermatansolfato e condroitinsolfato, che determina inibizione del fattore Xa, indipendentemente dall’antitrombina e attraverso un diverso inibitore naturale, il cofattore II dell’eparina. Per quanto abbia dimostrato attività in alcuni modelli clinici di profilassi della TVP, Danaparoid è attualmente proposto soltanto nel trattamento della trombocitopenia indotta da eparina (HIT) nella quale ha dimostrato ottima efficacia e un utile effetto di bridging per i pazienti da trasferire agli anticoagulanti orali. Svantaggi del danaparoid sono la lunga emivita (25h), e la mancanza di antidoto specifico. SULODEXIDE. Questo composto, prodotto dalla ricerca chimica italiana, è un GAG estrattivo altamente purificato, composto per l’80% di eparina “fast moving”, quindi a basso peso, e per il 20% da Dermatansolfato (Tab. 2). Il pm globale è di circa 8000. Sulodexide (Su) ha lunga emivita e buona biodisponibilità; non sposta sensibilmente i tests della coagulazione ma per via parenterale ha una spiccata azione antitrombotica in vivo, agendo sia sull’antitrombina che sul cofattore eparinico II (Fig. 1). Per via orale, la sua attività biologica si esercita soprattutto sul rilascio di attivatore tessutale del plasminogeno, determinando un’azione profibrinolitica che ha dimo-
1
2
3 µg/ml
4
5
6
Effetti di Sulodexide ( ) e delle sue componenti isolate (FMH= ; DS= ) a concentrazioni crescenti, sul tempo di trombina. Si noti l’effetto additivo dovuto al diverso meccanismo di FMH e DS. Cosmi B, Coccheri S. Thromb Res 2003
Figura 1 - Sulodexide: inibizione della trombina attraverso il Cof Hep II strato una valenza terapeutica, ottenendo nel 2008 sia il riconoscimento Clinical Evidence (Fig. 2) che la la raccomandazione nelle Linee Guida Chest per il trattamento adiuvante delle Ulcere Venose Croniche (Fig. 3). In diversi trials clinici di corretta impostazione, Su orale si è dimostrato infatti capace di ridurre del 32% la mortalità a lungo termine di soggetti con infarto miocardico, di aumentare la distanza di marcia in arteriopatici, di accelerare la guarigione delle ulcere varicose. Nella nefropatia in diabetici, sia di tipo 1 che 2, ha determinato una spiccata e durevole riduzione dell’albuminuria, anche in soggetti già trattati con ACE inibitori. Il mesoglicano è una miscela analoga al Sulodexide, di cui condivide in parte le proprietà chimiche e farmacologiche. In studi clinici controllati ha accelerato la guarigione di ulcere varicose e ha aumentato la distanza di marcia in soggetti arteriopatici. Infine il dermatansolfato: si è dimostrato attivo nella prevenzione della TVP in pazienti con neoplasie maligne ed è anche stato usato nella HIT come anticoagulante di passaggio tra eparina e anticoagulanti orali. L’impiego di questi GAGs estrattivi sia per via parenterale che orale costituisce un’arma di efficacia clinica non
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Terapia farmacologica adiuvante nelle ulcere venose Valutazione BMJ 2008 CRITERI: tipo di evidenza, qualitĂ e concordanza trials, dimostrazione diretta, dimensione dellâ&#x20AC;&#x2122;effetto. GRADI DI VALUTAZIONE EFFICACIA: very low, low, moderate, high. Farmaco
Grado
Pentoxifillina + compressione
High
Sulodexide orale + compressione
High
Mesoglicano + compressione
Moderate
Flavonoidi orali + compressione
Moderate
Prostaglandina E1 i.v.
Low
Aspirina
Very low
Inibitore TxA2
Low Nelson EA. BMJ Clinical Evidence 2008
Figura 2 - Clinical Evidence 2008 - Sulodexide: Grado High nelle Ulcere Venose Croniche Terapia farmacologica adiuvante nelle ulcere venose Valutazione Chest 2008 Da ACCP Evidence-Based Clinical Practice Guidelines, Chest 2008 Antithrombotic therapy for venous thromboembolic disease Raccomandazioni 3.5.1, 3.5.2 In pazienti con ulcere venose, in aggiunta alle medicazioni locali e alla compressione adeguata o CPI, si suggerisce uno dei seguenti farmaci: Pentoxifillina orale 400 mg x 3 Flavonoidi, fraz. micronizzata Sulodexide orale
(Grado 2 B) (Grado 2 B) (Grado 2 B) Kearon C et al. Chest 2008, 457S
Figura 3 - Linee Guida ACCP - Chest 2008: Raccomandazione Grado 2B per la Terapia Medica delle Ulcere Venose Croniche ancora completamente utilizzata, che potrebbe risultare preziosa in alcuni tipi di fasi di malattie trombotiche sia venose che arteriose. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 1. Baglin T, Barrowcliffe W, Cohen A, et al. Guidelines on the use and monitoring of heparin. British Journal of Haematology 2006; 133: 19-34.
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2. Coccheri S, Scondotto G, Agnelli G et al. Sulodexide in the treatment of intermittent claudication: results of a randomized, double-blind, multicentre, placebo-controlled study. Eur Heart J 2002; 23: 1057-65. 3. Coccheri S, Scondotto G, Agnelli G, et al. Randomized, double blind, multicentre, placebo controlled study of sulodexide in the treatment of venous leg ulcers. Thromb Haemost 2002; 87: 947-52. 4. Colwell CW jr, Kwong LM, Turpie AG et al. Flexibility in administration of fondaparinux for prevention of symptomatic venous thromboembolism in orthopaedic surgery. J Arthroplasty 2006; 21: 36-45. 5. Fareed J, Walenga JM, Hoppensteadt D et al. Biochemical and pharmacologic inequivalence of low molecular weight heparins. Ann NY Acad Sci 1989; 556: 333-353. 6. Gambaro G Kinalska I, Oksa A et al. Oral sulodexide reduces albuminuria in microalbuminuric and macroalbuminuric type 1 and type 2 diabetes patients: the Di.N.A.S: randomized trial. J Am Soc Nephrol 2002; 13: 1615-25. 7. Geerts WH, Bergqvist D, Pineo GF et al. Prevention of venous thromboembolism. American College of Chest Physician evidence-based clinical practice guidelines (8th Ed). Chest 2008; 133: 381S-453S. 8. Hirsh J, Bauer KA, Donati MB et al. Parenteral anticoagulants: American College of Chest Physician evidence-based clinical practice guidelines (8th Ed). Chest 2008; 133: 141S-159S. 9. Kher A, Samama MM. Primary and secondary prophylaxis of venous thromboembolism with lowmolecular-weight heparins: prolonged thromboprophylaxis, an alternative to vitamin K antagonists. J Thromb Haemost 2005; 3: 473-81. 10. Maugeri N, De Gaetano G, Barbanti M, et al. Prevention of platelet-polymorphonuclear leukocyte interactions: new clues to the antithrombotic properties of parnaparin, a low molecular weight heparin. Haematologica 2005; 90: 833-9. 11. Nelson A, Cullum N, Jones J. Venous leg ulcers. BMJ publishing group. Clin Evid 2006 ; 15 : 1-3 Ofosu FA. Pharmacological actions of sulodexide. Semin Thromb Hemost 1998; 24: 127-38. 12. Turpie AG, Bauer KA, Eriksson BI, et al. Superiority of fondaparinux over enoxaparin in preventing venous thromboembolism in major orthopedic surgery using different efficacy end points. Chest 2004; 126: 501-8. 13. Walker ID. The use of LMWH in pregnancies at risk: new evidence or perception? J Thromb Haemost 2005; 3: 224-9.
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“Premio Mauro Bartolo” Lavori premiati al XXX Congresso Nazionale SIAPAV Roma 19-22 novembre 2008 Bibliografia e Figure/Tabelle in Atti Min Cardioangiol 2008; 56: Suppl. 1 al n.6 MULTIPLI ANEURISMI PERIFERICI TRATTATI MEDIANTE TECNICA IBRIDA Spialtini C., Spinella G., Danieli A., La Rosa A., Moia R. Sezione di Chirurgia Vascolare, Istituto di Cura Città di Pavia, Università degli Studi di Pavia INTRODUZIONE. Gli aneurismi periferici hanno una bassa incidenza, ma sono gravati da elevati tassi di amputazione maggiore se la loro manifestazione clinica è una complicanza. I tassi di salvataggio d'arto invece sono prossimi al 100% se trattati in elezione.1 In caso di aneurismosi, il rischio di complicanze aumenta aumentando anche il tasso di amputazione. Riportiamo di seguito un caso di aneurismosi da noi osservato e trattato. CASE REPORT. Paziente di 69 anni, in buone condizioni generali. Recatosi preso i nostri ambulatori per comparsa di tumefazione pulsante in regione poplitea sinistra. La raccolta anamnesica risultava essere positiva per le patologie all'ipertensione arteriosa essenziale. Il fumo rappresentava l'unico fattore di rischio. All'esame obiettivo si confermava la presenza della tumefazione pulsante in sede poplitea destra, si rilevava inoltre la presenza di tumefazione pulsante in sede femorale sinistra . I polsi periferici apprezzabili palpatoriamente e normosfigmici erano tutti presenti. Visto il risultato dell' esame obiettivo, il paziente viene sottoposto ad esame diagnostico strumentale mediante Eco-Color-Doppler (ECD) dell' asse aorto-iliaco, femoro-popliteo e tibiale . Tale esame rileva a destra: presenza di ectasia della femorale comune, normali per dimensioni e reperti emodinamici la femorale superficiale che appare comunque megalica e profonda, presenza di voluminoso aneurisma dell'arteria poplitea retroarticolare con presenza di apposizione trombotica concentrica e diametro traverso massimo di 5 cm. Pervi e senza lesioni ateromasiche i tre vasi di gamba con flussi diretti. A sinistra: ectasia della femorale comune, aneurisma dell'arteria femorale profonda con diametro massimo di circa 4 cm, normale per dimensione e reperti emodinamici la femorale comune, presenza di aneurisma dell'arteria poplitea retroarticolare con diametro massimo di circa 2,5 cm. Pervie e senza lesioni ateromasiche i tre vasi di gamba con flussi diretti. In tale contesto veniva quindi studiata sempre mediante ECD l'aorta addominale e le arterie iliache. L'aorta addominale sottorenale appariva ectasica con diametro massimo di 2,7 cm. Le arterie iliache non erano facilmente visualizzabili per la presenza di importante meteorismo. Si programmava pertanto il ricovero del paziente presso la nostra Unità Operativa al fine di completare gli accertamenti per proporre un timing chirurgico adeguato. In regime di ricovero venivano effettuati tutti i routiniani esami in vista del trattamento chirurgico, ed inoltre programmata Angio-TC total body al
fine di escludere la presenza di altri aneurismi in altre sedi e di studiare l'asse iliaco che non era stato possibile visualizzare mediante l'ECD. L'angio-TC escludeva la presenza di dilatazioni aneurismatiche in altre sedi e confermava sostanzialmente i reperti Doppler. Per quanto riguarda le arterie iliache, anch' esse erano ectasiche e con decorso allungato e tortuoso. Veniva effettuato anche ECD venoso degli arti inferiori per valutare il patrimonio venoso da utilizzare come materiale protesico per in confezionamento dei bypass. Risultavano inutilizzabili la grande safena e la piccola safena bilateralmente in quanto varicose. Tutti gli accertamenti preoperatori eseguiti non hanno evidenziato alcuna controindicazione a procedere all'intervento chirurgico. Completato il quadro diagnostico, si è dovuto scegliere il il timing chirurgico, trattando nell' ordine: 1 - l'aneurisma dell' arteria poplitea destra, 2 - l'aneurisma dell'arteria femorale profonda sinistra, 3 - l'aneurisma dell' arteria poplitea sinistra. Nello stesso ricovero il paziente veniva sottoposto ad intervento di esclusione dell' aneurisma popliteo destro mediante allacciatura a livello dei colletti prossimale e distale e sua sezione. La continuità arteriosa è stata ripristinata mediante il confezionamento di un bypass in Dacron (6mm) tra l'arteria femorale superficiale e l'arteria poplitea bassa con anastomosi T-T. A fine intervento si apprezzavano palpatoriamente i polsi periferici. Il decorso postoperatorio è stato regolare ed il paziente è stato dimesso in quinta giornata post operatoria. Il controllo mediante ECD effettuato a un mese dall' intervento confermava la pervietà del graft e dei tre vasi di gamba. A circa due mesi dall' intervento il paziente veniva di nuovo ospedalizzato per il trattamento dell' aneurisma dell'arteria femorale profonda destra. Tale aneurisma è stato trattato mediante tecnica endovascolare. Tramite cateterismo trans femorale sinistro è stata effettuata un angiografia selettiva pre procedura che confermava la presenza dell' aneurisma. Si procedeva pertanto all' esclusione del medesimo mediante embolizzarione realizzata utilizzando spirali di platino e occlusori cilindrici in Nitinol. Il controllo post-procedura confermava la completa obliterazione dell'aneurisma. Il decorso post-operatorio si è svolto regolarmente ed il paziente è stato dimesso in terza giornata post-operatoria. un mese dal secondo intervento, il controllo mediante ECD effettuato confermava l'esclusione completa dell'aneurisma. Terzo ed ultimo step chirurgico è stato effettuato a due mesi dal secondo intervento. In questo ricovero abbiamo trattato l'aneuri-
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sma dell'arteria poplitea destra. In questa seduta è stata effettuata anche un agiografia diagnostica intraoperatoria per meglio valutare sia l'embolizzazione dell'aneurisma della profonda omolaterale, che la pervietà del bypass femoropopliteo sinistro. In tutti e due i casi il riscontro è stato negativo, non essendoci alcuna modificazione rispetto al quadro emerso dal controllo Doppler. Anche in questo caso l'aneurisma è stato escluso mediante allacciatura a livello dei colletti prossimale e distale e sua sezione. La continuità arteriosa è stata ripristinata mediante il confezionamento di un bypass in Dacron(6mm) tra l'arteria femorale superficiale e l'arteria poplitea bassa con anastomosi prossimale L-T e distale TT. A fine intervento si apprezzavano palpatoriamente i polsi periferici. Il decorso pot-operatorio è stato complicato da un importante sanguinamento della ferita chirurgica sottogenuale che ha richiesto un nuovo intervento chirurgico per meglio controllare l' emostasi. Rientrato dalla sala operatoria, il decorso è stato regolare per tutto il resto della degenza. Il paziente è stato dimesso in sesta giornata post-operatoria. Alla fine del trattamento chirurgico abbiamo concordato con il paziente una serie di controlli a 2 e 6 e 12 mesi dall' ultimo intervento effettuati mediante eco color Doppler, inoltre è stata anche programmata angioRMN encefalica per escludere la presenza di eventuali aneurismi cerebrali. Durante il follow-up abbiamo osservato al controllo semestrale l'occlusione del bypass femoro-popliteo sinistro. Essendo il paziente completamente asintoma-
tico per un eventuale ischemia dell'arto inferiore e visto il buon compenso emodinamico abbiamo deciso di procrastinare qualsiasi reintervento di rivascolarizzazione dell' arto inferiore sinistro. Al controllo annuale la situazione era la seguente: esclusione completa dell' aneurisma dell' arteria femorale profonda destra, pervietà del bypass femoro-popliteo destro e dei tre vasi di gamba che avevano flussi diretti,occlusione del bypass femoro-popliteo sinistro con riabitazione a livello del tronco tibio-peroneale. Il paziente continua comunque ad essere asintomatico e l'arto inferiore sinistro appare normotermico senza defict neurologici sia sensitivi che motori. DISCUSSIONE. Questo caso di aneurismosi di tipo II secondo Hollier2 è stato trattato con tecnica ibrida. Abbiamo trattato mediante chirurgia convenzionale i due aneurismi poplitei. La pervietà a medio termine degli innesti è stata del 50 %, riscontrando in corso del follow-up l'occlusione del bypass sinistro. Fortunatamente la validità dei circoli collaterali ha permesso l'instaurarsi di un buon compenso emodinamico così l'occlusione non compromette la vitalità dell' arto. L'utlizzo del Dacron come materiale protesico, non avendo a disposizione materiale autologo, per la realizzazione di bypass sottoarticolari ha sicuramente influito sulla pervietà a distanza. Abbiamo trattato per via endovascolare l'aneurisma dell' arteria femorale profonda, attraverso la sua embolizzazione. Scelta questa poco frequente, ma che a un anno di distanza si è dimostrata ancora valida.
COSTI E RISULTATI DELL'EVAR NEL FOLLOW-UP A LUNGO TERMINE: CONFRONTO CON IL TRATTAMENTO TRADIZIONALE DEGLI AAA Baratto F, Mezzetto L, Mezzacasa S, Bontempi F, Candiani P, Macrì M, Mansueto GC*, Scuro A Chirurgia Generale A-Chirurgia Vascolare Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Gastroenterologiche, Università di Verona. *Istituto Radiologia, Policlinico “G.B. Rossi, Verona INTRODUZIONE. Studi randomizzati in letteratura hanno dimostrato una riduzione della mortalità e della morbidità perioperatoria del trattamento endovascolare degli aneurismi aortici rispetto a quello tradizionale. La crescente diffusione dell'EVAR, con il conseguente incremento della spesa sanitaria, ha reso opportuno valutarne il rapporto costo-efficacia al fine di individuarne le corrette indicazioni. METODI. Tra il 1997 ed il 2007 presso il nostro Centro sono stati sottoposti a trattamento chirurgico per AAA 536 pazienti; di questi, per il nostro studio, ne sono stati presi in considerazione 351 di cui 192 operati con tecnica tradizionale e 159 con tecnica endovascolare; questi pazienti sono stati selezionati in quanto, per ognuno di loro, disponevamo di informazioni complete inerenti sia al trattamento chirurgico che al follow-up a lungo termine. La valutazione dei costi perioperatori è stata eseguita su 105 di questi pazienti trattati tra il 2004 ed il 2007 (61 pazienti OR e 44 EVAR), mentre per il calcolo dei costi del followup ci siamo basati sugli altri 246 pazienti trattati tra il 1997 ed il 2003 (131 pazienti OR e 115 pazienti EVAR) che disponevano di un follow-up minimo di 48 mesi ( follow up medio di 85.4 mesi per l'OR e 72.5 mesi per l'EVAR). RISULTATI. I pazienti studiati presentavano caratteristiche simili per età e sesso. Il diametro traversale aortico medio al momento dell'intervento era lievemente superiore nel gruppo OR (61 mm, vs 54 mm EVAR). Entrambi i gruppi di pazienti considerati presentavano delle comorbidità concomitanti di tipo cardiologico (OR 36% vs 49% EVAR), respiratorio (OR 11% vs EVAR 23%), cerebrovascolare (OR 7% vs EVAR 11%); oppure altre patologie quali ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo II, dislipidemia, arteriopatia obliterante degli arti inferiori (OR 79% vs EVAR 100%). Inoltre, nel gruppo endovascolare, circa un terzo dei pazienti, era già stato precedentemente sottoposto ad un intervento chirurgico in laparotomia (EVAR 30% vs OR 3%) e vi era un maggior numero di pazienti con rischio anestesiologico medio elevato (ASA II 48.3% EVAR vs 56% OR, ASA III 43.5% EVAR vs 44% OR, ASA IV 8.2% EVAR vs 0% OR). Il trattamento chirurgico tradizionale è gravato da una maggiore morbilità globale e mortalità perioperatoria rispetto a quello endovascolare (rispettivamente OR 28% vs EVAR 11,3% e 3.6% vs 0%), così come anche la degenza ospedaliera
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risulta essere più prolungata (da 6 a 61 giorni, inclusi 2 giorni in terapia intensiva vs 3-14 giorni per l'EVAR). Durante il follow up i reintenventi e la mortalità sono stati rispettivamente 14.5% e 21% per l'OR, invece 28% e 22% per l'EVAR; in particolare la mortalità aneurisma correlata per l'EVAR è stata del 5% e dello 0% per l'OR . Notevole discrepanza tra le due tecniche emerge nel costo sanitario complessivo dell'intervento (7475 euro per l'OR vs 12981 euro per l'EVAR), con notevole incremento delle spese qualora insorgano complicanze perioperatorie soprattutto per quanto riguarda l'OR; inoltre sull'elevato costo dell'EVAR incide quello dell'endoprotesi per oltre il 50%. Il costo medio annuale del follow - up per singolo paziente, compresa la gestione delle complicanze, ammonta a 110 euro per la chirurgia tradizionale; invece, per la chirurgia endovascolare, è di 765 euro (mediamente eseguite 7 angio-TC). DISCUSSIONE e CONCLUSIONI. Dai dati emersi nei principali trials randomizzati, la maggior parte degli Autori concorda sui vantaggi a breve termine della chirurgia endovascolare rispetto a quella tradizionale nel trattamento degli AAA, in termini di mortalità, morbilità e durata della degenza ospedaliera. Vi sono, invece, molti interrogativi sui vantaggi a lungo termine. E' stata dimostrata una riduzione del 3% circa della mortalità perioperatoria a 30 giorni nei pazienti sottoposti a trattamento endovascolare rispetto a quelli trattati per via tradizionale (EVAR - 1: 1,7% vs 4,7%, DREAM 1,2% vs 4,6%). Questo vantaggio iniziale in termini di mortalità, si assottiglia sempre di più nel tempo sino ad esaurire a distanza di 4 anni in EVAR - 1 (26% vs 29%), e perdendosi a distanza di un anno in DREAM (10.4%vs 10.3%). L'incidenza di reintervento varia a seconda dell'Autore dal 10% (Brewster), al 15.7% (Cao) al 20% (EVAR 1); così come l'incidenza di conversione dallo 0.6% (Toit), al 4% (Cao) al 7.9% ( Torsello). I risultati emersi dal nostro follow up endovascolare, invece, documentano una maggiore incidenza di reinterventi e conversioni rispetto a quanto emerso in letteratura ( rispettivamente 28% e 11%); è interessante notare però che la durata media del follow-up dei numerosi trials in letteratura ( da 27 mesi in Brewster a 53 mesi in Torsello) è di gran lunga inferiore al nostro di 72, 5 mesi, dove invece si possono apprezzare anche le complicanze insorte a lungo termine. Inoltre, in molti casi le complicanze emerse durante il nostro fol-
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low up si sono verificate in pazienti in cui era stata posizionata un'endoprotesi tipo Aneurx, che era stata ampiamente utilizzata nei primi anni successivi all'introduzione dell'EVAR, ma poi sostituita con altre protesi di nuova generazione. Infatti le endoprotesi di seconda generazione hanno un follow up più lungo rispetto a quelle di nuova generazione, pertanto la maggiore incidenza di complicanze e reinterventi è correlata alle prime sia per le caratteristiche ed i difetti tecnici della protesi stessa sia per la maggiore durata del follow up. La metodica endovascolare rispetto a quella tradizionale, come già detto, risulta globalmente più onerosa per quanto riguarda i costi preoperatori, di intervento e di follow up; in particolare per quest'ultimo si ha a distanza un ulteriore aggravio economico dovuto alle metodiche radiologiche (tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica, Rx diretto...) necessarie per il controllo nel tempo; a queste somme va aggiunto anche l'impegno economico dovuto alle varie correzioni sia endovascolari sia di conversione chirurgica che si presentano con una certa frequenza durante il follow up. Va altresì considerata anche la
qualità di vita del paziente stesso che deve subire il disagio di sottoporsi a frequenti indagini strumentali più o meno invasive per tutta la vita, assorbendo una notevole quantità di radiazioni durante le tomografie computerizzate o durante gli altri esami radiologici necessari, con il rischio aggiuntivo di sviluppare una neoplasia per l'esposizione a radiazioni il cui l'effetto è dose cumulativo. Vista la necessità di proporre una sanità sostenibile le indicazioni all'EVAR, a nostro avviso, appaiono attualmente giustificate solo in casi ben selezionati, specialmente in pazienti anziani o con bassa spettanza di vita, rischio chirurgico medio-elevato (ASA 3-4) o portatori di altre comorbidità quale l'addome ostile che rendono controindicato il trattamento tradizionale. E' in ogni caso assolutamente necessario che l'anatomia aortica del paziente sia appropriata ad un impianto di endoprotesi; accanirsi anche in caso di anatomie complesse è spesso controproducente. Allo stato attuale non vi sono evidenze che l'EVAR, nel lungo termine, sia superiore all'OR ed è pertanto fondamentale, orientandosi verso questo tipo di opzione, un'informazione molto precisa dei pazienti.
MODIFICAZIONI DELLA QUALITÀ DI VITA CON DIFFERENTI TIPOLOGIE RIABILITATIVE IN PAZIENTI AFFETTI DA ARTERIOPATIA OBLITERANTE DEGLI ARTI INFERIORI (STADIO II LERICHE - FONTAINE) Matteazzi A*, Marigo L, Tonello D, Zalunardo B, Zotta L, Visonà A *Educatrice Professionale, UOD Angiologia, Ospedale San Giacomo, Castelfranco Veneto -TV INTRODUZIONE. L'arteriopatia obliterante degli arti inferiori (AOAI) è un patologia cronica che colpisce il 12% della popolazione adulta e il 20% degli individui di età ≥70 anni. Circa il 50% dei pazienti arteriopatici è asintomatico (stadio I secondo Leriche- Fontane). Nel 30- 40% dei casi l'AOAI si presenta con claudicazione intermittente (CI) (1). La terapia fondamentale, oltre all'uso di antiaggreganti piastrinici e alla correzione dei fattori di rischio cardiovascolare maggiori (fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete), prevede l'esercizio di marcia regolare. La prescrizione dell'esercizio di cammino dovrebbe essere basata almeno su tre sessioni settimanali, cominciando con 30-45 minuti di allenamento per arrivare sino ad un'ora per 12 settimane (2) (3). Non sempre, però, vi sono risorse economiche o disponibilità dei pazienti, a seguire protocolli di esercizi supervisionati da figure professionali dell'area sanitaria. Obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare come tre differenti modalità di esercizio fisico possono migliorare la percezione del proprio stato di salute in pazienti affetti da AOAI stadio II secondo Leriche-Fontane (IIa e IIb). MATERIALI E METODI. Nel periodo 2002-2008 sono stati valutati rettrospettivamente 45 pazienti, suddivisi in tre gruppi di 15 pazienti. Criteri di esclusione sono stati una storia di procedure di rivascolarizzazione degli arti inferiori negli ultimi 6 mesi o indicazione alle stesse, condizioni limitanti l'esercizio fisico (angina pectoris, scompenso cardio congestizio, BPCO, disordini neurologici o articolari gravi), episodi di ischemia cerebrale o cardiaca negli ultimi 6 mesi. I dati clinici ottenuti dall'anamnesi, con particolare riguardo ai fattori di rischio maggiori per arteriosclerori, esame obiettivo ed esame Doppler arterioso per ottenere la misurazione dell'indice caviglia braccio (ABI) sono riportati in tabella 1. Nel gruppo 1 (15 pazienti) l'attività fisica veniva consigliata dal medico: camminare regolarmente almeno 30 minuti continuativi al giorno; nel gruppo 2 (15 pazienti) i pazienti eseguivano attività di cammino ed esercizi a corpo libero con l'educatrice in palestra, 2 giorni alla settimana per 50 minuti con il consiglio di camminare anche a domicilio nei giorni rimanenti almeno 30 minuti continuativi; nel gruppo 3 (15 pazienti) i pazienti seguivano attività di marcia con velocità impostata su treadmill (a casa o in palestra) o ritmo preimpostato dall'educatrice su metronomo (7) da eseguirsi all'aperto almeno 30 minuti continuativi al giorno. Prima di iniziare il programma riabilitativo i pazienti sono stati sottoposti a tradmill test (pendenza 0% e velocità fissa variabile da 1,5 Km/h a 3,5 Km/h in base all'età e alle patologie concomitanti; tale impostazio-
ne è stata così predisposta per la tipologia di pazienti che hanno partecipato ai programmi riabilitativi) e sono stati invitati a compilare il questionario SF-36 (qualità della vita in generale) e WIQ (difficoltà nel camminare). Inoltre i pazienti venivano invitati a compilare un diario delle camminate (durata e frequenza delle interruzioni per claudicazione intermittente). Il treadmill test e i questionari sono stati poi ripetuti 6 mesi dopo, al termine del programma riabilitativo. Poiché il nostro obiettivo primario riguardava la percezione che i pazineti avevano del loro stato di salute prima e dopo diversi tipi di percorsi riabilitativi, si è proceduto all'analisi specifica dei questionari SF36, utilizzando il “Demo On Line” dell'Istituto Mario Negri (5). L'SF36 è un questionario sullo stato di salute del paziente sviluppatosi a partire dagli anni '80 negli Stati Uniti d'America come questionario generico, multi- dimensionale articolato attraverso 36 domande che permettono di assemblare 8 differenti scale. Le 36 domande si riferiscono concettualmente a 8 domini di salute: AF-attività fisica (10 domande), RP-limitazioni del ruolo dovute alla salute fisica (4 domande) e RElimitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande), BP-dolore fisico (2 domande), GH-percezione dello stato di salute generale (5 domande), VT-vitalità (4 domande), SF-attività sociali (2 domande), MH-salute mentale (5 domande) e una singola domanda sul cambiamento dello stato di salute. Tutte le domande, tranne una, si riferiscono ad un periodo di 4 settimane precedenti la compilazione del questionario. In Italia il questionario è stato tradotto ed adattato culturalmente a metà degli anni '90 nell'ambito del progetto IQUOLA (5). Una volta compilato il questionario da parte del paziente, l'educatrice ha inserito le risposte date nel “Demo On Line”, ottenendo dei profili individuali dell'SF36 per ciascuno dei 45 pazienti sia prima che dopo la riabilitazione. Nei profili il risultato ricavato dalle risposte era rappresentato prima da 8 punteggi/scale che vanno da 0 a 100, ciascuno dei quali rappresentava una quantificazione di un aspetto specifico dello stato di salute del paziente (AF, RP, RE, BP, GH, VT, SF, MH): più alto è il punteggio, migliore è il livello di salute percepita. Poi, da 2 indici sintetici, uno relativo alla Salute Fisica (ISF= AF, RP, BP e GH), il secondo a quella Mentale (ISM= VT, SF, RE e MH). Questi indici, che hanno valori da 0 a 100, sono ricavati dalle 8 scale e permettono di sintetizzare in soli due numeri i risultati di tutte le scale. Anche in questo caso più alto è il punteggio, migliore è il livello di salute percepita. L'ISF e l'ISM nell'elaborazione grafica ottenuta dal “Demo On Line” sono inoltre messi a confronto con una
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linea orizzontale che rappresenta il risultato atteso se si avesse la stessa salute degli italiani. Avere dei valori sopra la linea significa quindi una salute percepita migliore della media e, viceversa, avere valori inferiori significa avere una salute percepita inferiore. Poiché la percezione che una persona ha della propria salute dipende non solo da una serie di fattori specifici e relativi alla salute (come le malattie acute e croniche, le terapie farmacologiche e non) ma anche da alcuni fattori legati alla età ed la genere sessuale (maschi e femmine), i risultati vengono ulteriormente rappresentati avendo come riferimento non tutta la popolazione degli italiani, ma solo quelli che per età e sesso sono simili ai pazienti. La linea orizzontale utilizzata anche in questo caso rappresenta i valori medi attesi che vanno considerati come riferimento, quindi si può dedurre se il paziente ha una percezione della sua salute uguale, inferiore o superiore a quella degli italiani simili per età e sesso (6). Per l'analisi statistica è stato utilizzato il Test di Student univoco. Dall'analisi dei risultati (tabella) si evince che gli indici medi sintetici del gruppo 1 (p<0.4) aumentano dopo il periodo riabilitativo, come quelli del gruppo 3 (p<0.5). Nel gruppo 2 (p<0.4), invece, l'ISF post diminuisce, mentre l'ISM post aumenta come negli altri gruppi. Ad un analisi più approfondita dei profili individuali nel gruppo 1 si rilevano dei miglioramenti significativi in AF (%=4.67, p<0.2), in BP (∆%=8.73, p<0.2), in SF
(∆%=10.07, p<0.2), in RE (∆%=11.13, p<0.2). Nel gruppo 2 si rivela un miglioramento significativo in RE (∆%=13.33, p<0.2). Nel gruppo 3 si rivelano dei miglioramenti significativi in RP (∆%=11.66, p<0.2), in BP (∆%=11.46, p<0.07), in SF (∆%=5.20, p<0.06), in RE (∆%=11.66, p<0.2), in MH (∆%=7.2 , p<0.2 ). CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Nella nostra esperienza i pazienti che migliorano la loro percezione della salute fisica e mentale sono quelli del gruppo 1, che hanno avuto la semplice indicazione di camminare regolarmente a casa e quelli del gruppo 3, che eseguivano attività di marcia a velocità preimpostata su treadmill o con metronomo. Quindi anche modalità di riabilitazione che impegnano poche risorse economiche, umane e di spazio/tempo, portano ad un miglioramento della percezione del proprio stato di salute. Il protocollo del gruppo 3, poiché controllato dal personale sanitario è comunque più efficace, perché impostato. I pazienti che hanno frequentato l'attività motoria in palestra con educatrice, gruppo 2, hanno presentato invece un peggioramento della loro percezione della salute fisica e mentale. Venire in ospedale a fare riabilitazione può favorire l'aggregazione e la socializzazione, ma può far sentire i pazienti più malati; inoltre durante le sedute di attività motoria venivano mossi altri gruppi muscolari oltre a quelli delle gambe, provocando disturbi diversi dalla claudicazione.
DISSECAZIONE DELLA CAROTIDE: RECENTE NOSTRA ESPERIENZA PRESSO L'OSPEDALE SANTA MARIA DEGLI ANGELI DI PORDENONE Musumeci A*, Grandis U**, Fancello R*, Drera B***, Capozzoli F****, Locatelli L****, Zanet L****, Masè G****, Moscariello F* *Dipartimento Medicina d'Urgenza e PS, Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli, ** Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli, Dipartimento di Cardiologia, ***Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie Università di Brescia, ****Dipartimento di Neurologia Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli. INTRODUZIONE. La dissecazione della carotide (CAD) è una patologia rara, la cui incidenza annuale è stimata intorno ai 2,5-3 casi ogni 100.000 persone. Essa è riconosciuta come causa di stroke ischemico nel 2% dei pazienti (1) Il numero crescente di reports su pazienti affetti da CAD negli ultimi anni riflette una crescente familiarità con questa patologia, un miglioramento nelle metodiche investigative, tuttavia appare ancor oggi difficile in molti casi riconoscerne i fattori di rischio e le cause (2). L'obiettivo di questo studio è un'analisi retrospettiva della recente esperienza acquisita in questo campo presso l'Ospedale S. Maria degli Angeli di Pordenone. MATERIALI e METODI. Dall'Ottobre 2006 al Luglio 2008 abbiamo studiato 5 pazienti consecutivi (4 uomini ed una donna) con un'età media di 42 ± 6.3 anni, che sono stati ricoverati presso il nostro Ospedale per CAD. Al momento dell'ammissione i pazienti presentavano i seguenti segni clinici: emiparesi (4 casi), deficit dell'ipoglosso (1), afasia (3), crisi convulsiva (1). In un caso i sintomi sono stati preceduto da cefalea. I pazienti presentavano i seguenti fattori di rischio: fumo, ipertensione arteriosa, familiarità per malattie cardiovascolari e per neoplasie , trauma cervicale precedente (vedi Tabella 1). In due casi si è evidenziata una storia di emicrania/cefalea,in due un pregresso ipertiroidismo ed in tre un' iperomocisteinemia. Due pazienti con storia di trauma recente lamentavano cervicalgia e parestesie ad una mano. Dal momento del trauma all'insorgenza dei sintomi erano trascorsi in media 7 giorni (da 3 a 10 giorni dopo) (3). In seguito al sospetto clinico i pazienti sono stati sottoposti al momento dell'ammissione ad Ecocolordoppler dei Tronchi Sopra Aortici (TSA) ed a TC dell' encefalo senza mezzo di contrasto. Successivamente si è eseguita una AngioTC dei TSA (mediana 4 giorni dall'ammissione) e in due di loro una AngioRM, che hanno confermato la diagnosi (Fig.1). In due pazienti si è evidenziata una stenosi carotidea ed un'occlusione completa in tre. La CAD si è verificata a sinistra in quattro casi ed in uno a destra. Quest'ultimo paziente aveva presentato 6 anni prima una CAD controlaterale. In un paziente l'esame ecocolordoppler è risultato difficoltoso per la presenza di kinking della carotide. In un caso l'AngioTC ha evi-
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denziato la presenza di un piccolo aneurisma sacciforme dell'arteria cerebrale media controlaterale rispetto alla dissecazione. Durante la degenza tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ECG, esami di laboratorio di routine e per la ricerca di patologie dell'emostasi (dosaggio dell'omocisteinemia, proteina C ed S) e di patologie autoimmuni (elettroforesi proteica, frazione del complemento, fattore reumatoide, autoanticorpi). Dopo la dimissione si è eseguito un followup clinico a un mese ed a sei mesi ed un monitoraggio ecocolordoppler delle lesioni carotidee (ad una settimana dal ricovero, ad un mese , a 4 mesi o a 6 mesi di distanza). Tre pazienti sono stati sottoposti ad ecocardiogramma transtoracico, ecocolordoppler dell'aorta e dei suoi principali rami addominali, ecodoppler degli arti inferiori, quattro a consulenza genetica ed uno a screening per la ricerca di mutazioni di geni codificanti proteine del collagene. Tutti i pazienti sono stati inizialmente trattati con eparine a basso peso molecolare, embricata e successivamente sostituita, una volta raggiunto il range terapeutico (INR tra 2 e 3), da anticoagulanti orali fino alla ricanalizzazione completa del vaso. RISULTATI. In base a tali accertamenti si è concluso che tre pazienti avevano presentato una CAD post-traumatica, uno era affetto da malattia di von Hippel Lindau ed in uno la causa non è chiara. Nel corso del follow up a 6 mesi dall'evento si è constata una completa ricanalizzazione della carotide in due casi (rispettivamente a 4 e 6 mesi di distanza), mentre in tre casi a 6 mesi di distanza si è assistito ad una persistenza della lesione ed in tre si è avuta una evoluzione pseudoaneurismatica della CAD. Quattro pazienti hanno presentato un recupero delle loro precedenti funzioni (Rankin Modified Scale: Score 0 in tre casi ; Score 1 in 1 caso). Tra questi pazienti in uno persistono episodi di cefalea ed in un' altro uno sfumato deficit del nervo faciale. In un paziente, affetto da occlusione dapprima da CAD a sinistra e, a distanza di 6 anni , della destra, si sono verificati episodi di crisi tonico-cloniche generalizzate risoltesi con barbesaclone 100 mg/die, cefalea e lieve compromissione delle attività cognitive die (Rankin Modified Scale: Score 2). Da segnalare che prima del secondo stroke il paziente assumeva
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1 compressa di acido acetilsalicilico 300 mg al giorno. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. La dissecazione delle arterie cervicocerebrali è la causa di circa il 20% degli stroke nei giovani adulti al di sotto dei 45 anni, il 70-80% di tutte le dissecazioni è dovuta alla CAD (4,5) L'eziopatogenesi di questa patologia non è del tutto compresa, tuttavia anche nella nostra iniziale esperienza si evidenzia come un trauma recente al rachide cervicale costituisce un importante fattore di rischio. Nel nostro studio l'ictus si è manifestato in un periodo variabile dai 3 ai 10 giorni dopo il trauma. Abbiamo inoltre riscontrato la presenza di iperomocisteinemia in tre pazienti, il che conferma come questa sia un possibile fattore di rischio di CAD (6). La CAD interessa più frequentemente il tratto extracranico rispetto a quello intracranico, in quanto il primo tratto della carotide risulta il più mobile; inoltre, essa differisce dalla patologia aterosclerotica in quanto quest'ultima si manifesta in soggetti più anziani ed interessa il bulbo e la biforcazione carotidea, mentre la CAD interessa la porzione faringea e dista-
le della carotide interna. L'ecodoppler TSA, l'angio-TC e l'angio-RM sono metodiche molto utili nell'ottenere diagnosi di CAD. In particolare l'ecodoppler, in mano esperte, può confermare il sospetto clinico e si rivela uno strumento importantissimo nel follow-up dei soggetti affetti da CAD. Il trattamento della CAD è principalmente medico anche se al momento mancano studi prospettivi sulla efficacia della terapia anticoagulante od antiaggregante. Anche nella nostra esperienza si conferma che la prognosi della CAD è generalmente buona.La letteratura riporta che il 50% dei pazienti non riportano deficit neurologici, il 21% lievi deficit, il 25% deficit moderati o severi ed il 4% di decessi. Nel nostro studio si è assistito alla ricanalizzazione completa della carotide dopo rispettivamente 4 e 6 mesi in 2 pazienti su 5. La ricorrenza di CAD è poco frequente e si ha in genere in pazienti con familiarità per patologie genetiche vascolari. Nel nostro caso abbiamo avuto un unico paziente affetto da CAD bilaterale, a distanza di 6 anni l'una dall'altra,che è poi risultato affetto da malattia di von Hippel Lindau.
STUDIO DELL'EMODINAMICA VENOSA CON REOGRAFIA A LUCE RIFLESSA E PLETISMOGRAFIA AD ARIA: METODICHE A CONFRONTO Cavallini A, Lipari G, Armatura G, Neri A, Shamali A, Gulino F, Baggio E Chirurgia B e A.s.O. Chirurgia Vascolare, Dipartimento Scienze Chirurgiche, Università di Verona INTRODUZIONE. La Reografia a Luce Riflessa (R.L.R.) è una metodica non invasiva da tempo in uso per la valutazione dell'emodinamica venosa degli arti inferiori (1, 2, 3, 4, 5, 6). Consiste nella rilevazione opto-elettronica della riflessione da parte della cute e del sottocute di radiazioni emesse da una fonte infrarossa e registrate da uno o più foto-rilevatori, tutti contenuti in una testina che viene applicata sulla cute del paziente. Il fatto che il sangue assorba buona parte delle radiazioni infrarosse, impedendone quindi la riflessione, giustifica il fatto che tale riflessione sia maggiore in condizioni di svuotamento del letto venoso e si riduca con il suo riempimento. L'esame valuta l'emodinamica venosa; viene quindi effettuato durante un esercizio di deambulazione simulata: il paziente, con la testina contenente sia il diodo emettitore che i foto sensori, attaccata sulla cute, compie una serie di dorsiflessioni del piede, attivando la pompa del polpaccio e svuotando quindi i plessi venosi dell'arto: avremo quindi, durante questa fase dell'esercizio un progressivo aumento della reflettività cutanea; terminata la fase dinamica a paziente fermo, i plessi venosi lentamente si riempiono: questa fase si esprime con una lenta perdita di reflettività. L'andamento della riflessione cutanea viene espresso graficamente con una curva che ha in ascissa i valori di riflessione ed in ordinata i tempi in secondi. Le informazioni ricavabili sono essenzialmente: • Una valutazione sulla efficacia della pompa muscolare del polpaccio. • Una valutazione della funzionalità' sia del sistema valvolare superficiale che - utilizzando opportunamente dei tourniquets - di quello profondo (il tempo di riempimento venoso sarà tanto più breve quanto più importante sarà il reflusso) • Un opportuno utilizzo dei tourniquets permette inoltre di valutare nei casi di reflussi brevi il livello del punto di fuga, permettendo, in associazione al Doppler, di fare una buona mappatura di perforanti incontinenti. • Una valutazione predittiva sull'esito di interventi chirurgici sul sistema venoso superficiale. Questa metodica, sicuramente preziosa, di semplice esecuzione e facilmente ripetibile, presenta però un limite in quanto necessita di uno stato ottimale del trofismo del sottocute e della cute. Purtroppo questa condizione non è sempre soddisfatta quando si tratti con pazienti affetti da insufficienza venosa cronica. E' noto infatti come il trofismo cutaneo sia spesso alterato in presenza di sindrome post-trombotica o comunque di insufficienza venosa cronica, in questi pazienti infatti si osserva progressiva alterazione della cute e del sottocute
che va dall'iperpigmentazione all'ipodermite, alla fibrosi fino alla formazione di ulcere trofiche. Abbiamo pertanto preso in considerazione un altro tipo di pletismografia che valuti i tempi di svuotamento e di riempimento dell'arto ("refilling test"), dotata di un sensore che non risenta delle variazioni dello strato cutaneo - sottocutaneo. La nostra scelta è pertanto caduta - giocoforza - su una metodica che valutasse la volumetria dell'arto: tra le metodiche possibili abbiamo scelto quella che utilizzava un sensore ad aria di tipo nastriforme che, a nostro avviso, conferiva alcuni vantaggi rispetto ad altri sensori: minor deteriorabilità e quindi costanza dei risultati nel tempo nei riguardi degli strain gauges, minor complessità costruttiva e quindi possibile maggior affidabilità rispetto ai sistemi di "volumetria totale" del complesso gambapiede; possibilità dell'utilizzo di tourniquets a livello di gamba nei confronti di sensori ad aria del tipo "a camera" che inglobano tutta la gamba (3, 7, 8, 9, 10). SCOPI. Scopo dello studio è stato quello di confrontare la validità di una metodica pletismografica alternativa alla ormai ampiamente sperimentata reografia a luce riflessa, che potesse essere utilizzabile in quei casi dove la situazione cutanea locale impedisse l'uso della R.L.R. MATERIALI e METODI. a) Apparecchiature. Come R.L.R. è stato utilizzato un apparecchio D-PPG (Elcat GmbH) con sonda dotata di un diodo emettitore e di un diodo fotosensibile; l'apparecchio si tara automaticamente in relazione alle caratteristiche cutanee ed è in grado di fornire, sempre automaticamente, sia il tempo di riempimento venoso (Refilling Time) che una valutazione numerica della efficacia della pompa del polpaccio, espressa dalla ampiezza della curva di ritorno venoso. Il secondo pletismografo utilizzato è stato un apparecchiatura Angioflow (Microlab Elettronica) che utilizza un computer dotato di un software specifico per la valutazione del Refilling Time. Il sensore ad aria utilizzato da questo apparecchio e' costituito da una camera d'aria che viene insufflata ad una pressione fissa di 8 mm Hg; viene utilizzato un valore così basso di pressione per non influenzare, a causa di una vasocostrizione, la misurazione. La camera d'aria è collegata con un trasduttore di pressione, che valuta le variazioni pressorie che si verificano all'interno della camera d'aria al variare delle dimensioni dell'arto. Ovviamente quando l'arto diminuira' di volume (grazie al lavoro della pompa del polpaccio) il volume della camera d'aria si innalzerà con conseguente diminuzione della pressione. Il contrario (aumento dimensionale dell'arto ---------> diminuzione del volume della camera d'aria --------->aumento della pressione del sistema) avverrà durante la fase di riempimento venoso dell'arto. L'apposito software provvede poi a graficare
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su monitor i valori trasmessi dal trasduttore ed effettuare i calcoli relativi. b) Soggetti. Abbiamo valutato gli arti inferiori di 30 soggetti sani, 16 maschi e 14 femmine, con età compresa tra 25 e 35 anni; l'età media era di 30.3 anni. I soggetti presentavano anamnesi ed obiettività negative per patologia venosa, sia superficiale che profonda; alla valutazione clinica era associata una valutazione strumentale effettuata con esame Eco-color-Doppler. c) Metodica d'esame. Le due metodiche sono state utilizzate contemporaneamente ponendo sulla gamba da studiare entrambe le periferiche: il manicotto del pletismografo ad aria al punto di circonferenza massima del polpaccio, la testina del reografo circa 10 cm al di sopra del malleolo mediale, sulla faccia interna della gamba. Il soggetto, in posizione seduta, eseguiva, al ritmo di un metronomo, 8 movimenti di dorsiflessione del piede, con il tallone appoggiato per terra. Si otteneva quindi con i due strumenti la valutazione della identica attività di svuotamento, consentendo quindi un paragone effettivo tra le due tecniche. La valutazione di ogni arto è stata ripetuta 3 volte considerando come risultato finale quello dato dalla media delle valutazioni. Sono stati considerati sicuramente esenti da patologia i soggetti in cui almeno 2 delle 3 valutazioni fossero negative. Per
quanto riguarda i tempi di reflusso bisogna segnalare come la corrispondenza tra le tarature non sia identica: il Refilling time normale per il reografo Elcat è superiore ai 25", mentre per l'Angioflow è superiore ai 19". RISULTATI. In tutti i soggetti esaminati, normali, abbiamo avuto 1 solo falso positivo alla R.L.R. (1 misurazione su 3 patologica in un solo paziente), non confermato dalla pletismografia con sensore ad aria. Per tutti i rimanenti soggetti, ciascun risultato negativo della reografia a luce riflessa era confermato da quello della pletismografia ad aria. CONCLUSIONI. Il nostro studio, essendo di validazione, ha ovviamente riguardato solo soggetti sani. I risultati ottenuti consentono di affermare che le due metodiche sono i sovrapponibili non solo dal punto di vista dei risultati ma anche al punto di vista della non invasività e della facilità di esecuzione. La R.L.R. presenta il vantaggio di consentire una attribuzione di gravità della insufficienza venosa (grado 1,2,3 sec. Widmer) ormai consolidata, e di una diffusione della metodica che facilita l'interscambio di nozioni, mentre la pletismografia "Refilling Time" con sensore ad aria può essere tranquillamente utilizzata per la valutazione di arti con insufficienza venosa in tutti quei casi in cui la reografia a luce riflessa non sia affidabile a causa di alterazioni della cute o del sottocute.
MODELLO DI TERAPIA DEL DOLORE IN PAZIENTI AFFETTI DA ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI DI VARIA EZIOLOGIA: ESPERIENZA DI 24 MESI DI ATTIVITÀ AMBULATORIALE. Marcoccia A, *V .Antonini V, *A. Appolloni A, Di Carlo M*, Serraino M U.O.D. Angiologia, Ospedale S. Pertini, RM/B, *U.O.C. Anestesia e Rianimazione. INTRODUZIONE. Le ulcere vascolari costituiscono la maggior parte delle lesioni cutanee croniche dell'arto inferiore. Esse colpiscono circa il 3 % degli ultrasettantenni, già gravati in molti casi da importanti comorbilità con notevoli ripercussioni socio economiche. Non meno importanti sono le implicazioni psicologiche e i costi intangibili dovuti alla disabilità del paziente e all'impegno richiesto ai familiari. Il dolore cronico e la discontinuità del riposo notturno hanno un notevole impatto sulla qualità di vita e il tono di umore del paziente a prescindere dalla disabilità legata alla lesione trofica. Nella ferma convinzione che la qualità di vita del paziente sia il punto di partenza nel management delle lesioni trofiche croniche arti inferiori riportiamo l'esperienza della Unità Di Angiologia in merito alla applicazione di un modello di terapia del dolore in pazienti con lesioni trofiche di varia eziologia che presentavano dolore cronico continuo o subcontinuo che alterava la qualità di vita e disturbava il riposo notturno nonostante assunzione cronica e ripetuta di antinfiammatori non steroidei. MATERIALI E METODI. Abbiamo osservato 102 pazienti afferiti presso l'ambulatorio di angiologia dal mese di luglio 2006 a maggio 2008, affetti da lesioni trofiche arti inferiori croniche e recidivanti di varia natura , che presentavano dolore cronico continuo e subcontinuo con disturbo del riposo notturno nonostante assunzione di FANS. I pazienti di età compresa tra 43 anni e 86 anni con età media 71 anni erano affetti dalla seguenti tipologie di lesioni trofiche: 15 pazienti con ulcere miste 46 pazienti con ulcere ischemiche non diabetici 16 pazienti con piede diabetico ischemico 12 pazienti con ulcere microangiopatiche vasculitiche 13 pazienti con ulcere micrangiopatiche ipertensive. Tutti i pazienti assumevano terapie farmacologiche relativamente alle patologie mediche concomitanti stabili da almeno 4 mesi senza apportare alcun cambiamento nel corso della gestione delle lesioni trofiche. Tra i 16 pazienti diabetici 7 presentavano una Insufficienza renale moderata ( creatinina tra 1.9 e 2.8). Alla prima visita tali pazienti riferivano dolore continuo o subcontinuo che comprometteva la qualità di vita con necessità di assunzione quotidiana ripetuta di fans con parziale
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e temporaneo giovamento e con discontinuo riposo notturno. Tali pazienti sono stati sottoposti a questionario (HQRL) che evidenziava bassa qualità di vita e scala analogica visiva che risultava tra 65e 95 %. (Dolore severo nonostante terapia con FANS). Tutti i pazienti a prescindere dalla eziopatogenesi della lesione trofica sono stati trattati con analgesici secondo le linee guida WHO (secondo livello scala OMS, terzo livello scala OMS modificata) somministrati secondo uno schema terapeutico fisso che prevede specifiche associazioni con dosaggi e orari ben definiti finalizzato alla copertura della giornata e ad assicurare il riposo notturno. Partendo dal presupposto che nel trattamento del dolore la terapia ottimale mira ad essere non tossica, non invasiva (orale o transdermica), di basso costo ed efficace con somministrazione ad orario e mai al bisogno rispettando i livello raccomandati nella scala OMS abbiamo formulato il seguente schema terapeutico. Prima settimana di titolazione terapeutica seconda settimana di terapia a regime. RISULTATI. Indipendentemente dall'andamento della lesione trofica l'assoluta maggioranza dei pazienti 94% hanno presentato piena risposta alla terapia a regime con remissione del dolore pressoché completa con ripristino di un buon tono dell'umore e ripresa del riposo notturno senza presentare effetti collaterali e con buona adesione alla terapia. Sette pazienti non hanno avuto risposta allo schema terapeutico: • 4 pazienti con alterata compliance nella corretta assunzione della terapia • 1 paziente con vasculite necrotizzante sclerodermica, 1 paziente con piede ischemico microangiopatico diabetico che hanno richiesto terapia con oppiodi transdermici Transtec 70 mcg /h • 1 paziente con ischemia IV stadio non ha tratto giovamento neanche dagli oppioidi maggiori (morfina in elastomero) ed ha avuto giovamento solo dopo aver effettuato intervento chirurgico di rivascolarizzazione per salvataggio di arto. CONCLUSIONI. Questo studio evidenzia la necessità di una maggiore attenzione alla terapia del dolore in pazienti affetti da ulcere croniche applicando schemi terapeutici predefiniti semplici, ripetibile, non invasivi, di basso costo, efficace, ben tollerato, prescrivibili al paziente fin dalla prima visita con conseguente miglioramento della qualità di vita e migliore gestione della cura della lesione trofica.
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Un concerto a Roma I primi cento anni dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, sono stati celebrati con un concerto dedicato alla cultura russa della musica classica fra l’ ‘800 e il ‘900 Giovanni B. Agus Università degli Studi di Milano
A Roma, si è avuta una eccezionale occasione di cultura all’Auditorium della capitale. Come noto, l’Auditorium di Roma è parte integrante del Parco della Musica, grandioso complesso di edifici realizzato da Renzo Piano tra il 1994 e il 1998 in quell’area caratterizzata sino allora dalla valenza sportiva legata alle Olimpiadi del 1960. Ma non solo di area musicale si tratta: chi lo visita e lo vive si ritrova in un paesaggio punto di incontro tra la città ottocentesca e quella moderna, dove architettura e natura danno forma a un’idea sociale dell’Arte. Più esattamente, usando termini adeguati, «Renzo Piano, sensibile per vocazione alla tematica del “vuoto”, ne ha evidenziato con la sua proposta il potenziale attivo nella determinazione di un landscape sintetico e funzionale ma né invasivo né sostitutivo: librando le tre sale richieste sulla base di una piattaforma che ha il suo epicentro nell’anfiteatro all’aperto e il suo sfondo nel verde del parco, ha modellato così uno skyline di gigantesche statue della natura, come foglie instabilmente fermate in volo un attimo prima di posarsi al suolo » (F. Irace). Ovvero, con analogie che «richiamano, quella funzionale agli strumenti musicali, ispirata dalla loro forma e dall’uso del legno; quella del sito e della disposizione degli edifici, in qualche modo costruzioni atipiche, immerse nel verde, che hanno
un che di archeologico, potrebbero essere rovine di Piranesi, una metafora della classicità » (R. Piano). Ci si è soffermati volutamente sul “contenitore” del “concerto a Roma”, prima del contenuto, forse per forma mentis di specialisti del vaso e del sangue (contenente e contenuto), più probabilmente però per una unità della cultura che non può del tutto dividere arti visive, musica, letteratura e poesia, architettura. E infine la celebrazione di un anniversario d’Arte e di Scienza.
San Basilio, Mosca
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LE MUSICHE DEL PROGRAMMA
Russian Spectacular è stata la definizione della serata musicale, forse risentendo del nuovo marketing anche del “prodotto” culturale, e forse perciò moderatamente criticabile. In maniera più alta, tuttavia, veniva però ricordata la poetessa Marina Cvetaeva per questo luogo dello spirito che è la Russia: «la Russia è solo il limite estremo della facoltà terrestre di comprendere». E l’insieme di RimskijKorsakov, Ciajkovkij, Prokof’ev sotto la direzione di Tugan Sokhiev, uno dei più giovani e valenti direttori d'orchestra della moderna Russia e allo stesso tempo del panorama musicale internazionale (è Direttore Musicale a Toulouse), hanno di fatto reso travolgente il concerto. Non ci addentreremo qui sull’analisi del programma che per qualità e storia di brani fu estremamente ricco. L’Ouverture della Grande Pasqua Russa di Rimskij-Korsakov del 1888 è stata resa realmente come “giorno di festa splendente”, significato letterale del titolo originale. Le Variazioni Rococò di Ciajkovkij del 1877, «hanno fatto furore» come sempre avviene per una partitura tanto bella quanto “impossibile” per le difficoltà del violoncello ad affermare la propria indipendenza dall’orchestra. Ed Enrico Dindo, che già a soli 22 anni era stato scelto da Riccardo Muti come primo violoncello solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala, ha interpretato superbamente il rococò di Ciajkovkij, venendo costretto «da un uragano di applausi » dal pubblico all’esecuzione di un altro brano di Ciajkovkij, come bis. La Quinta Sinfonia di Prokof’ev del 1944, tappa trionfale per l’autore anche per il particolare momento della storia russa in cui vide la luce (la notizia dell’attraversamento della Vistola dell’Armata Rossa nella sua marcia vittoriosa verso Berlino), rimane comunque il culmine di un intero periodo creativo di Prokof’ev. Ultimo, ma non ultimo, il ricordare l’Orchestra. Si era nella Sala Santa Cecilia, la più grande del complesso di Renzo Piano, e l’Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia era protagonista di una memorabile esecuzione per potenza espressiva e qualità interpretativa proprio nell’anno in cui se ne celebrano i cento anni. Se ne erano ripercorsi i fasti prima del concerto nell’esposizione in uno stupefacente Percorso multimediale nello Spazio
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Risonanze dello stesso Auditorium, se ne è goduta la coralità guidata, come noto, dal Direttore Musicale stabile Antonio Pappano, quanto delle peculiarità dei singoli esecutori artisti affermati o giovani talenti. UNA CELEBRAZIONE DELLA SCIENZA Il concerto è stato è stato inoltre occasione per celebrare la Scienza con i 60 anni di Alfa Wassermann, industria farmaceutica vanto italiano di ricerca, tecnologia, internazionalizzazione, che ha sostenuto l’Auditorium S.Cecilia in questa iniziativa culturale unica nel suo genere.
Prove farmacologiche eseguite nell uomo con somministrazioni i.m. e i.v. hanno dimostrato relazioni lineari dose-effetto. Il metabolismo è risultato principalmente epatico e l escrezione principalmente urinaria. L assorbimento dopo somministrazione orale nell uomo, studiato con il prodotto marcato, ha evidenziato che un primo picco ematico si determina alle 2 ore ed un secondo picco tra la quarta e la sesta ora, dopo di che il farmaco non è più determinabile nel plasma e ricompare verso la dodicesima ora, rimanendo quindi costante fin verso la quarantottesima ora. Questo costante valore ematico riscontrato dopo la dodicesima ora è probabilmente dovuto al lento rilascio del farmaco da parte degli organi di captazione ed in particolare dell endotelio dei vasi. Escrezione urinaria: utilizzando il prodotto marcato, si è registrata una escrezione urinaria media del 55,23% della radioattività somministrata, nell arco delle prime 96 ore. Tale eliminazione mostra un picco attorno alle 12 ore, con un valore medio urinario, nell intervallo 0-24 ore, del 17,6% della dose somministrata; un secondo picco attorno alla 36ma ora, con eliminazione urinaria tra le 24-48 ore del 22% della dose; un terzo picco attorno alla 78ma ora con un eliminazione di circa il 14,9% nel periodo 48-96 ore. Dopo 96 ore non è più rilevabile la radioattività nei campioni raccolti. Escrezione fecale: la radioattività totale recuperata nelle feci è del 23% nelle prime 48 ore, dopo di che non è più rilevabile la sostanza marcata. b) caratteristiche di particolare interesse per il paziente L attività terapeutica di VESSEL è stata sempre valutata in pazienti affetti da patologie vascolari con rischio trombotico, sia sul versante arterioso che venoso. Il farmaco ha dimostrato particolare efficacia in pazienti anziani ed in pazienti diabetici. 5.3 Dati preclinici di sicurezza: - Tossicità acuta: somministrato nel topo e nel ratto, non provoca alcuna sintomatologia tossica sino alle dosi di 240 mg/kg per os; la DL50 nel topo è di >9000 mg/kg/os e 1980 mg/kg/i.p.; nel ratto la DL50 è sempre >9000 mg/kg/os e 2385 mg/kg/i.p.. - Tossicità subacuta: somministrato per 21 giorni os alla dose di 10 mg/kg nel cane, non ha dato luogo a fenomeni di intolleranza, a variazioni dei parametri ematochimici ed a modificazioni anatomo-patologiche dei principali organi. - Tossicità cronica: somministrato per os per 180 giorni alla dose di 20 mg/kg nel ratto e nel cane, non ha presentato al termine del trattamento alcuna variazione di rilievo del quadro ematologico, dei parametri urinari e fecali e dei parametri istologici a carico dei principali organi. - Tossicità fetale: alle prove di tossicità fetale nel ratto e nel coniglio (25 mg/kg per os) è risultato privo di effetti embrio-feto-tossici. - Mutagenesi: risulta sprovvisto di attività mutagena nei seguenti tests: Ames; sintesi riparativa non programmata di DNA in linfociti umani (UDS); non disgiunzione in Aspergillus; crossing over in Aspergillus; soppressori di metionina in Aspergillus. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE: 6.1 Elenco degli eccipienti: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI Sodio laurilsarcosinato, silice precipitata, trigliceridi, gelatina, gliÁcerolo, sodio p-ossibenzoato di etile, sodio p-ossibenzoato di propile, biossido di titanio E 171, ossido di ferro rosso E 172 VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE Sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili 6.2 Incompatibilità: Sulodexide, essendo un polisaccaride acido, se somministrato in associazioni estemporanee puÚ reagire complessandosi con tutte le sostanze basiche. Le sostanze in uso comune incompatibili nelle associazioni estemporanee per fleboclisi, sono: vitamina K, vitamine del complesso B, idrocortisone, jaluronidasi, gluconato di calcio, sali di ammonio quaternario, cloramfenicolo, tetracicline, streptomicina. 6.3 Periodo di validità: 5 anni. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione: Conservare a temperatura non superiore a 30°C. 6.5 Natura e contenuto del contenitore: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: Astuccio di cartone contenente 2 blister da 25 capsule molli cadauno. VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: Astuccio di cartone contenente vaschetta di polistirolo da 10 fiale di soluzione iniettabile in vetro scuro. 6.6 Istruzioni per l uso: Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL AUTORIZZAZIONE ALL IMMISSIONE IN COMMERCIO: ALFA WASSERMANN S.p.A. Sede legale: Via E. Fermi, n. 1 - Alanno (PE) Sede amministrativa: Via Ragazzi del 99, 5 - 40133 - BOLOGNA 8. NUMERO(I) DELL AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI) ALL IMMISSIONE IN COMMERCIO: 250 ULS 50 capsule molli: A.I.C. n° 022629113 600 ULS soluzione iniettabile 10 fiale: A.I.C. n° 022629101 9.DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL AUTORIZZAZIONE: 24/02/1982 - 01/06/2005 10.DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Settembre 2007 250 ULS Capsule molli, 50 capsule. Prezzo euro 31,50 600 ULS/2 ml Soluzione iniettabile, 10 fiale. Prezzo euro 22,75 Medicinale soggetto a prescrizione medica. Classe C
Depositato presso AIFA in data 05 marzo 2007
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA: Capsule molli: Sulodexide ULS 250 Fiale: Sulodexide ULS 600 Per gli eccipienti, vedere 6.1 3. FORMA FARMACEUTICA: Capsule molli. Soluzione iniettabile. 4. INFORMAZIONI CLINICHE: 4.1 Indicazioni terapeutiche: Ulcere venose croniche. 4.2 Posologia e modo di somministrazione: VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: 1 capsula 2 volte al dì, lontano dai pasti. VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: 1 fiala al dì, per somministrazione intramuscolare o endovenosa. Orientativamente si consiglia di iniziare la terapia con le fiale e, dopo 15-20 giorni, proseguire con le capsule per 30-40 giorni. Il ciclo terapeutico completo va ripetuto almeno due volte l anno. A giudizio del medico, la posologia può essere variata in quantità e frequenza. 4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, verso l eparina e gli eparinoidi. Diatesi e malattie emorragiche. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni díimpiego: VESSEL, per le sue caratteristiche farmacotossicologiche, non presenta particolari precauzioni d uso. Comunque, nei casi in cui sia anche in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile controllare periodicamente i parametri emocoagulativi. Tenere fuori dalla portata dei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione: Essendo Sulodexide una molecola eparino-simile può aumentare gli effetti anticoagulanti dell eparina stessa e degli anticoagulanti orali se somministrato contemporaneamente. 4.6 Gravidanza e allattamento: Per motivi cautelativi, se ne sconsiglia l uso in gravidanza, anche se gli studi di tossicità fetale non hanno messo in evidenza effetti embrio-feto-tossici. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull uso di macchinari: VESSEL non influisce o influisce in modo trascurabile sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: Segnalati occasionalmente: Capsule molli: disturbi dell apparato gastroenterico con nausea, vomito ed epigastralgie. Fiale: dolore, bruciore ed ematoma in sede di iniezione. Inoltre, in rari casi, si puÚ avere sensibilizzazione con manifestazioni cutanee o in sedi diverse. 4.9 Sovradosaggio: L incidente emorragico è l unico effetto ottenibile da un sovradosaggio. In caso di emorragia occorre iniettare, come si usa nelle “emorragie epariniche”, solfato di Protamina all 1% (3 ml i.v. = 30 mg). 5. PROPRIETA FARMACOLOGICHE: L attività del Sulodexide si esplica mediante una spiccata azione antitrombotica sia sul versante arterioso che venoso. 5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria farmacoterapeutica: Sulodexide è classificato tra i farmaci antitrombotici eparinici - Codice ATC: B01AB11. Meccanismo d azione: Numerosi studi clinici condotti somministrando il prodotto per via parenterale ed orale, dimostrano che l attività antitrombotica del Sulodexide è dovuta all inibizione dose-dipendente di alcuni fattori coagulativi tra cui, in primo luogo, il fattore Xattivato, mentre l interferenza con la trombina, restando a livelli poco significativi, evita in genere le conseguenze di una azione anticoagulante. L azione antitrombotica è sostenuta anche dall inibizione della adesività piastrinica e dall attivazione del sistema fibrinolitico circolante e di parete. Il Sulodexide, inoltre, normalizza i parametri viscosimetrici che di solito si ritrovano alterati in pazienti con patologie vascolari a rischio trombotico: tale attività si esercita principalmente mediante la riduzione dei valori di fibrinogeno. Il profilo farmacologico sin qui descritto per Sulodexide, è completato dalla normalizzazione dei valori lipidici alterati, ottenuta mediante attivazione della lipoproteinlipasi. Effetti farmacodinamici: studi volti ad evidenziare eventuali altri effetti, oltre a quelli sopra descritti, che sono alla base dell efficacia terapeutica, hanno permesso di confermare che la somministrazione di VESSEL non mostra effetti anticoagulanti. 5.2 Proprietà farmacocinetiche: a) caratteristiche generali del principio attivo Sulodexide presenta un assorbimento attraverso la barriera gastrointestinale dimostrabile in base agli effetti farmacodinamici dopo somministrazione per via orale, intraduodenale, intraileale e rettale nel ratto di Sulodexide marcato con fluoresceina. Sono state dimostrate le correlazioni dose effetto e dosetempo nel ratto e nel coniglio previa somministrazione per le vie sopraelencate. La sostanza marcata si accumula inizialmente nelle cellule dell intestino per poi essere liberata dal polo sierico nel circolo sistemico. La concentrazione della sostanza radioattiva aumenta nel tempo significativamente a livello di cervello, rene, cuore, fegato, polmone, testicolo, plasma.
Scelta vascolare
Depositato presso AIFA in data 05 marzo 2007
cod. 01819229