Il Giornale della vaccinazione - n° 1 Agosto 2009

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PERIODICO

TRIMESTRALE

Anno I, N. 1 - Agosto 2009 Nuova serie

Obiettivo: vaccinare il mondo A. Mantovani Istituto Clinico Humanitas - IRCCS e Università degli Studi di Milano Vaccinati in 32 paesi in via di sviluppo 194 milioni di bambini contro il morbillo e oltre 100 milioni contro la poliomielite. Stroncata sul nascere in Camerun un’epidemia di febbre gialla, malattia per la quale sono state raddoppiate le quantità di vaccino stoccate su scala mondiale. Un programma per controllare e poi eliminare la cosiddetta “fascia della meningite” (meningitis belt) nell’Africa subsahariana.

INDICE Editoriale 1 Obiettivo: vaccinare il mondo Commenti 3 Il valore dei vaccini 5 Questioni di metodo Contributi 7 Le vaccinazioni del viaggiatore 12 La trasudazione-essudazione degli anticorpi sierici a livello delle secrezioni cervico vaginali nel meccanismo di azione del vaccino anti-HPV 15 HPV: infezione naturale e principali meccanismi immunologici coinvolti in risposta all’infezione e all’immunizzazione con vaccino bivalente VLPs-L1 HPV16-18 adiuvato con sistema AS04 Vaccinazione, diritto e giurisprudenza 19 Il consenso informato e le vaccinazioni Nuovi vaccini 21 Approvato dall’EMEA il vaccino antipneumococcico polisaccaridico coniugato di GSK Prevenzione 22 L’influenza che verrà

Un momento storico per la storia della vaccinazione è stata l’eradicazione del vaiolo. L’immagine raffigura un Ex voto Chiesa dell’Ospedale S. Marta di Catania

Sono alcuni fra i più importanti risultati ottenuti da GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunization), una partnership che riunisce i principali attori pubblici e privati nel campo delle vaccinazioni. Figurano tra i suoi membri governi donatori - tra cui l’Italia - paesi poveri, Organizzazione Mondiale della Sanità, UNICEF, Banca Mondiale, produttori di vaccini dei paesi industrializzati e in via di sviluppo, istituzioni tecniche e di ricerca, ONG e Fondazione Bill & Melinda Gates, oltre a personalità autorevoli che si sono distinte per la loro attività filantropica come la regina di Giordania, Graça Michel, la moglie di Nelson M a n d e l a , e M a r y Robinson, ex presidente della Repubblica d’Irlanda. I vaccini rappresentano l’intervento medico a basso costo che più di tutti ha cambiato la vita dell’uomo. E l’azione di GAVI sta trasformando in un obiettivo raggiungibile il sogno di vaccina-


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Editoriale re tutti i bambini dei paesi in via di sviluppo. Grazie ai fondi messi a disposizione da questa iniziativa di salute globale, tra il 2002 ed il 2006 l’Uganda ha potuto distribuire 16.5 milioni di dosi di vaccino Hib in tutto il suo territorio: e oggi, a soli cinque anni dall'introduzione nel paese della vaccinazione di massa contro l’Haemophilus influenzae tipo b (Hib), la meningite da Hib è stata praticamente debellata tra la popolazione infantile di questo paese. Caratteristica - dimostratasi vincente - di GAVI è la scelta di utilizzare meccanismi di mercato per finanziare la propria attività: l’International Finance Facility for Immunization (IFFIm) e l’Advanced Market Commitments (AMC). Due strumenti finanziari innovativi che l’Italia ha contribuito a promuovere con un ruolo forse poco noto di leader internazionale. Il nostro paese è infatti tra i fondatori dell’International Finance Facility for Immunization (IFFIm), innovativo meccanismo di finanziamento che, mobilitando risorse sul mercato attraverso l’emissione di obbligazioni, ha consentito a GAVI negli ultimi anni di disporre di quasi il doppio delle risorse a sostegno della propria attività. Si calcola che, entro il 2015, permetterà di salvare da malattie oltre 5 milioni di bambini, assieme ad altrettanti adulti. L’Italia ha inoltre contribuito all’ideazione dell’AMC - Advanced Market Commitment, da essa proposto nel febbraio 2005 ai Ministri finanziari del G8 - sistema che nel medio-lungo periodo permetterà di creare un mercato per vaccini ancora da scoprire per malattie che colpiscono principalmente i paesi poveri. Il progetto pilota si concentra sullo pneumococco, causa importante di mortalità infantile, con circa un milione di vittime sotto i cinque anni ogni anno: GAVI stima che l’introduzione del vaccino permessa da AMC possa salvare oltre cinque milioni di vite entro il 2030. L’azione di GAVI è, dunque, determinante per il

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raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo del Millennio relativo alla salute infantile: ridurre di due terzi la mortalità entro il 2015. Sviluppando nuovi vaccini e ancor più semplicemente diffondendo quelli già disponibili nei paesi in via di sviluppo - dove malattie come la polmonite da pneumococco o la diarrea infantile, sconfitte in larga misura da tempo nel mondo industrializzato, causano centinaia di migliaia di morti - si calcola infatti che si potrebbero salvare 2.5 milioni dei 10 milioni di bambini che muoiono ogni anno. Ricerca scientifica, risorse economiche e solidarietà, insieme sono la chiave di volta per risolvere i “problemi globali” della sanità e, quindi, salvare molte vite. Ma oggi, in un momento di preoccupante incertezza finanziaria, i programmi di salute attivati grazie all’alleanza tra pubblico e privato - tra governi, istituzioni, enti, charities e onlus - sono fortemente a rischio. Dal punto di vista sia della generosità dei singoli sia del sostegno del pubblico. È anche questo un risvolto della crisi attuale, forse ancora sottovalutato. Il timore, infatti, è che in una situazione difficile i governi taglino i finanziamenti ai progetti di solidarietà, e i privati cittadini smettano di donare. Nel caso di GAVI, ad esempio, la preoccupazione è legata non tanto alla disponibilità attuale di fondi, ma, soprattutto, alla difficoltà di fare programmi a lungo termine, condizione essenziale per sostenere gli impegni presi. Malattie come la febbre gialla, la meningite, la febbre tifoide, il virus del papilloma, la rosolia, che causano ogni anno oltre 500 mila morti, sono gli obiettivi strategicamente scelti da GAVI per lo sviluppo di un portafoglio di vaccini. Ma gli investimenti previsti in questa direzione potrebbero essere pesantemente ridimensionati a causa della crisi economica. Ci si augura, ad esempio, che programmi come quello per la scomparsa della meningite dalla fascia subsahariana dell’Africa flagellata da continue epidemie di questa malattia possano essere effettivamente portati a termine. E che le difficoltà finanziarie non mettano in discussione la generosità dei singoli e dei vari governi donatori come l’Italia, fra i più attivi sostenitori di GAVI. Perché in questo caso saranno i bambini dei paesi poveri a pagare un prezzo sproporzionato per l'attuale crisi economica.


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Il valore dei vaccini Riprende, dopo una interruzione di quasi due anni, la pubblicazione del Giornale della Vaccinazione, continuazione ideale di Vaccinazione 2000, bollettino che vide il suo primo numero nel 1989. Sono passati venti anni, con molte conferme e molte novità. Negli anni 1980 il pensiero dominante di chi si occupava di vaccini era garantire una copertura mondiale di quelle che erano considerate le vaccinazioni di base dell’infanzia: tetano, difterite, poliomielite. Da pochi anni, si era conseguito il più grande successo della storia nel campo della salute: l’eradicazione del vaiolo, formalmente decretata a metà degli anni 1970. Questo successo aveva convinto che l’utopia era realizzabile, non solo controllare una malattia, ma eliminarla, definitivamente, dal globo. Un sogno che aveva mobilitato molte risorse e molti uomini, a partire dagli illuministi del XVIII secolo, i Voltaire, i Beccaria, gli enciclopedisti. La vaccinazione è facile, costa poco, raggiunge molti, potenzialmente tutti. La vaccinazione non è solo scienza di laboratorio, è pratica sociale. Questo avevano capito gli illuminati del Settecento che ancora non avevano idea di cosa potesse essere l’immunità e di come la rivoluzione batteriologica, oltre 150 anni dopo, avrebbe rivoluzionato le basi della biologia. Pensavano che, nell'attesa di ipotesi razionali, fosse bene utilizzare uno strumento sviluppato empiricamente, frutto di conoscenze popolari, per eliminare una malattia che colpiva quasi tutti, uccidendone uno su tre. Questo sogno si realizzò dopo 250 anni e aprì la strada alla più importante azione sulla salute pensabile per l’umanità, dopo l'acqua potabile. Il successo del vaiolo galvanizzò chi pensava la salute a livello mondiale. Si immaginò che un altro grande programma dovesse vedere la luce e si ideò l’EPI: Expanded Program on Immunization, un programma allargato che permettesse di vaccinare tutti i bambini del mondo contro tre tremendi flagelli: tetano, difterite e poliomielite. Per il tetano si pensava alla sua

forma neonatale, responsabile di centinaia di migliaia di morti infantili per contaminazione del cordone ombelicale. L’EPI significava soprattutto organizzazione della distribuzione e costi equi. Era un programma sviluppato dall’OMS e volle soprattutto dire organizzazione locale, catena del freddo, modalità di somministrazione, campagne di vaccinazione, reti vaccinali. Quando l’EPI si consolidò si pensò di ripetere l’avventura del vaiolo, si credette che la poliomielite fosse, anch'essa, eradicabile. Si pose l’obiettivo di vaccinare tutti, eliminare il virus naturale. L’obiettivo doveva essere raggiunto in pochi anni. Era possibile, ma non successe. Qui si palesano i rischi, i ritardi e i loro motivi. Dovevano succedere due cose che sono l’ordine del giorno di oggi: ampliare la base tecnologica, garantire la sostenibilità politica, ma per la polio dobbiamo riconoscere che non è successo e questo è un allarme. La base tecnologica della vaccinazione, dopo anni di stallo (il polio Salk e Sabin sono degli anni 1950, i tossoidi tetanico e difterico degli anni 1920) ha ripreso a crescere con l’influenza e l’epatite B. Ma pochi rischiavano di sviluppare vaccini. Il costo di sviluppo è elevatissimo, i rischi di incidenti grandi, e ve n’erano stati, anche tragici: con il tetano, con la polio. L’industria puntò più sul farmaco che sui vaccini, anche perché le autorità sanitarie non sembravano così interessate ad espandere i programmi di vaccinazione. Ci volle molto per cambiare la cultura della salute, perché di questo si tratta. Bisognava capire (o capire nuovamente, perché nel Settecento era già stato chiarito) le basi epidemiologiche delle

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Commenti malattie infettive, introdurre nuovi concetti come herd immunity, l’importanza della copertura vaccinale, il concetto di gruppi a rischio, introdurre il valore della salute come “utilità economica” indispensabile. Le storie scientifiche non nascono di colpo. Hanno lunghe gestazioni. La rosolia fu un modello che crebbe lentamente. Morbillo, rosolia e parotite furono a lungo una storia americana, ma servirono a stabilire nuovi paradigmi. Assieme all'influenza, rappresentarono anche un avanzamento tecnologico nella formulazione di vaccini. L’epatite B fu una bomba. Esplose in un mondo che sembrava sonnecchiante. Fu il primo vaccino frutto dell’ingegneria genetica ed ebbe una diffusione immediata. L’Italia fu il primo paese a introdurre la vaccinazione obbligatoria e universale dell'infanzia. L’Epatite B fu il primo vaccino “moderno”, frutto di tecnologia basata sulla ricombinazione del DNA, frutto di importanti studi epidemiologici, modelli matematici, previsioni farmacoeconomiche. L’idea della vaccinazione universale non fu immediata. Si pensava che dovesse essere data la precedenza ai gruppi a rischio. In realtà, le idee erano ancora influenzate dalla disponibilità del vecchio vaccino plasmaderivato. Fu la disponibilità delle nuove tecnologie a rendere possibile il salto. La possibilità di creare in laboratorio un vaccino riproducibile a costi accettabili, in quantità illimitate, clinicamente sicuro, altamente immunogeno, di efficacia valutabile. Niente era come il vaccino dell’epatite B e questo portò a cambiare i paradigmi. L’epatite B poteva anche prevenire una forma di cancro: il carcinoma epatocellulare, endemico in Asia, ed eliminato in pochi anni laddove si iniziò a vaccinare tutti i bambini. Il vaccino poteva interrompere la catena di trasmissione, ridimensionare e forse fare scomparire l’impressionante serbatoio di portatori cronici: oltre 200 milioni nel mondo. Tutto ciò si verificò a vista d’occhio. Basta consultare i dati della sorveglianza epidemiologica delle epatiti virali condotto dall’Istituto Superiore di Sanità in Italia. L’epatite B ripropose la potenza della vaccinazione, quando questa poteva combinare lo sviluppo di laboratorio con la strategia sociale, la tecnolo-

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gia e la politica. E ripropose anche l’idea del panorama mondiale della lotta contro le malattie infettive. L’idea che queste stessero per sparire fu drammaticamente smentita dalla pandemia delle infezioni da HIV, ancora da spiegare biologicamente. Il tempo dei vaccini non era finito, anzi si apriva una nuova era. Riprendendo la pubblicazione di questo giornale vogliamo riallacciare alcuni fili ideali. Innanzitutto, ricordandone l’origine del nome: Giornale di vaccinazione fu un bollettino pubblicato all’inizio dell’Ottocento che riportava l’andamento della campagna di vaccinazione nel Regno delle due Sicilie. Poi, ricollegandoci al primo numero di Vaccinazione 2000, il cui editoriale fu scritto da Donato Greco, responsabile del laboratorio di epidemiologia delle malattie infettive dell’ISS, fu dedicato alla presentazione di EPI impresa mondiale di cui abbiamo parlato. Oggi, l’editoriale viene firmato da un importante immunologo italiano e parla di GAVI, impresa allargata ed erede dell’EPI. L’editoriale di un primo numero deve essere in grado di rappresentare una scelta culturale della pubblicazione. E questo editoriale, scritto da un immunologo sperimentale che parla di strategie internazionali coniuga proprio quanto vorremmo che questo giornale sia. Una sintesi fra tecnologia e strategie politiche e sanitarie locali e mondiali di prevenzione di malattie trasmissibili. GAVI mette attorno a uno stesso tavolo governi, enti benefattori, industria farmaceutica, paesi ricchi e poveri proponendo una concertazione di obiettivi, interessi e strumenti di sviluppo. Oggi, la vaccinazione è chiaramente basata, in gran parte, su programmi mondiali come dimostrano l’influenza e l’HIV, come si rischiava di dover realizzare con la SARS. Le grandi malattie non sono scomparse: malaria e TBC sono le principali a livello mondiale e soprattutto quest’ultima riprende a essere un problema nei paesi industrializzati dove si pensava definitivamente debellata. Bisognerà adeguare le tecnologie e gli interventi alle caratteristiche di ogni singolo patogeno e concertare le strategie di prevenzione a livello mondiale. Nell’ambito di queste, la vaccinazione continuerà ad avere il ruolo essenziale che ha avuto negli ultimi trecento anni.


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Questioni di metodo Valutazione dell’efficacia protettiva dei vaccini per anti-pneumococco Il vaccino pneumococcico polisaccaridico protegge nei confronti delle infezioni invasive provocate da ceppi di Streptococcus pneumoniae (pneumococco) la cui specificità polisaccaridica della capsula (sierotipo) è contenuta nel vaccino stesso. L’efficacia del vaccino pneumocccico 7-valente è stata clinicamente documentata in studi condotti in California, fra gli indiani Navajo e in Sud Africa. Da tali studi di efficacia è stato derivato un correlato immunitario di protezione. Ciò significa che è stata condivisa dagli esperti una concentrazione minima di anticorpi che un vaccino antipneumococcico deve indurre per essere considerato protettivo. In questo caso, tuttavia, il correlato di protezione ha un valore “di popolazione” e non predice necessariamente la protezione del singolo soggetto vaccinato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito che i nuovi vaccini pneumococcici possano essere autorizzati all’immissione in commercio in base alla dimostrazione di non-inferiorità immunologica del nuovo vaccino rispetto a quello esistente. In particolare, viene richiesto che la percentuale di soggetti che superano il valore soglia dopo la vaccinazione con il nuovo vaccino non sia inferiore di più del 10% di quella ottenuta con il vaccino esistente. Il metodo oggi usato per misurare la risposta anticorpale indotta dai vaccini pneumococcici coniugati è un metodo ELISA. L’OMS ha stabilito, sulla base dei risultati degli studi precedentemente citati, un correlato di protezione pari a 0,35 µg/ml per gli anticorpi diretti contro i sette sierotipi contenuti nel vaccino eptavalente. Tuttavia, essendosi affermata negli ultimi anni la validità del saggio di opsonofagocitosi in vitro (OPA), che permette di verificare la capacità degli anticorpi anticapsulari di innescare la risposta immunitaria (fagoci-

tosi), l’OMS prevede che anche l’OPA sia inserita nelle valutazioni per l’autorizzazione del vaccino pneumocccico. In altre parole, si potrebbe dire che l’ELISA è un test “quantitativo” mentre l’OPA è un test “qualitativo” per la valutazione degli anticorpi anti-pneumococcici. Restano, tuttavia, alcuni problemi da affrontare. Il primo è che la specificità del metodo ELISA fin qui adottato non è assoluta, il secondo è che il saggio di opsonofagocitosi (OPA) è maggiormente predittivo della protezione clinica rispetto al livello anticorpale misurato con ELISA. Specificità del saggio L’OMS ha indicato due laboratori di riferimento per la misurazione dei livelli anticorpali anti-pneumococco (Londra e Alabama). Il saggio ELISA messo a punto da questi laboratori prevede già la inibizione di anticorpi non specifici. Tuttavia, recentemente è stato stabilito che la specificità del saggio può essere significativamente aumentata con la preincubazione dei sieri da testare con il polisaccaride 22F. Tale polisaccaride, infatti, adsorbe anticorpi non funzionali diretti contro proteine e contro epitopi non protettivi dei polisaccaridi capsulari dello pneumococco. Esso permette di aumentare la correlazione fra misurazione di livelli anticorpali (ELISA) e funzionalità degli anticorpi (OPA) misurata come attività opsonofagocitaria. Lo studio condotto da Henckaerts et al. (1) ha dimostrato che l’aggiunta del polisaccaride 22F è importante per aumentare la specificità del saggio ELISA a livelli anticorpali bassi (<1 µg/ml), come quelli che si possono avere a distanza dalla vaccinazione. Ciò ha particolare rilievo per valutare la persistenza a lungo termine dell’immunità protettiva. La misurazione dei livelli anticorpali contro i polisaccaridi capsulari di pneumococco in presenza di inibizione con PS 22F diventa, quindi, metodo di riferimento. Con questa modificazione metodologica la soglia anticorpale protettiva nei confronti di polisaccaridi pneumococcici contenuti nei vaccini è pari a 0.2 µg/ml, essendo migliorative le condizioni di saggio ELISA 22F rispetto a quelle utilizzate per dall’OMS per stabilire la soglia di 0.35 µg/ml (fig. 1).

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Tabella 1

Figura 1 Anticorpi funzionali Il principale meccanismo protettivo degli anticorpi anti-pneumococco è mediato dalla opsonofagocitosi, ovvero dalla capacità degli anticorpi di legarsi alla capsula batterica e innescare il riconoscimento del batterio stesso da parte di cellule umane fagocitarie. Quindi, la presenza di anticorpi opsonizzanti che funzionalmente inducono tale meccanismo conferma il potenziale protettivo evocato dalla vaccinazione. Henckaerts et al (2) hanno sviluppato un metodo OPA per predire l’efficacia protettiva dei vaccini pneumococcici coniugati di prevenire malattie invasive. Il metodo è stato sviluppato utilizzando complemento di coniglio di 3-4 settimane, batteri (sierotipi 4, 9V, 14, 18C, 19F, 23F, 6A, 6B e 19A) e una linea di cellule fagocitiche da leucemia promielocitica umana HL-60. Il test ha dimostrato intrinseca validità in termini di ripetibilità, linearità, robustezza e specificità. Dal punto di vista della validità predittiva è stato eseguito un confronto fra la predizione in base ai livelli anticorpali misurati con il metodo ELISA 22F e il titolo opsonofagocitario ≥ 8. Le misurazioni sono state eseguite utilizzando sieri di bambini vaccinati con il vaccino eptavalente coniugato. I risultati comparativi sulla predizione dei due metodi sono riportati nella tab. 1. I sieri sono stati ottenuti 4 settimane dopo la serie primaria di tre dosi ed è stata misurata la percentuale di sieri con concentrazione anticorpale ≥ 0.20 µg/ml con

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ELISA o ≥8 µg/ml con saggio OPA. Il numero di campioni è dato nelle parentesi. I dati di efficacia predetta sono quelli attesi nei confronti di malattia pneumococcica invasiva con la schedula 2-4 e 6 mesi. La tabella dimostra come il metodo ELISA in alcuni casi sottostimi e in altri sovrastimi l'efficacia protettiva. In particolare viene sovrastimata l’efficacia protettiva nei confronti del sierotipo 19F. La ragione può essere riferita al valore ottenuto con l’OPA che dimostra come gli anticorpi misurati con ELISA non siano tutti funzionali (opsonizzanti). Conclusioni I saggi di misurazione degli anticorpi antipneumococco sono utili per stabilire dei surrogati di protezione e confronti fra vaccini. Essi possono evitare di ripetere lunghi studi di efficacia clinica basandosi su un parametro immunitario valutabile in laboratorio che misuri un correlato di protezione nella popolazione di soggetti vaccinati. Tuttavia, il saggio ELISA tradizionale deve essere migliorato utilizzando un metodo più moderno (ELISA 22F) che ne migliora la specificità e, soprattutto, deve essere (come richiesto dall’OMS) affiancato ai risultati di funzionalità anticorpale ottenuti con il saggio OPA. I nuovi vaccini potranno essere meglio valutati in base a queste misurazioni. Bibliografia 1. Henckaerts I, Goldblatt D, Ashton L, Poolman J. Critical differences between pneumococcal polysaccharide enzyme-linked immunosorbent assays with and without 22F inhibition at low antibody concentrations in pediatric sera. Clinical Vaccine Immunol. 2006, 13: 356-360. 2. Henckaerts I, Durant N, De Grave D, Schuerman L, Poolman J. Validation of a routine opsonophagocytosis assay to predict invasive pneumococcal disease efficacy of conjugate vaccine in children. Vaccine 2007; 25:2518-2527.


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Contributi

Le vaccinazioni del viaggiatore V. Nicosia Presidente SIMVIM - Società Italiana Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni

di

Ogni anno 18 milioni di Italiani si recano all’estero, il 10% dei viaggiatori ha come meta paesi tropicali e subtropicali, dove condizioni igienico sanitarie, abitudini alimentari, clima e stili di vita sono diversi da quelli Italiani. Su 100.000 viaggiatori in un paese in via di sviluppo per mese di soggiorno 50.000 manifestano disturbi nel corso del viaggio, 8.000 ricorrono al medico, 5.000 saranno costretti a letto, 1.100 saranno limitati nelle attività, 300 saranno ricoverati nel corso del viaggio o a casa, 50 rimpatriati per ragioni sanitarie ed 1 morirà. I problemi sanitari correlati ai viaggi sono molteplici, tra questi bisogna ricordare gli effetti del clima, delle radiazioni solari (colpo di sole, di calore, disidratazione, etc.) delle temperature estreme (congelamento), la jet lag sindrome, le patologie legate al mezzo di trasporto (aereo, nave, auto), le patologie d’altitudine, gli incidenti stradali e balneari, le malattie sessualmente trasmesse e quelle a trasmissione oro-fecale. Se si considera l’esplosione dei viaggi “lastminute”, del consistente aumento dei viaggi avventurosi e che spesso i viaggiatori non ricercano un consiglio sanitario prima della partenza, si può comprendere l'entità del problema. I mezzi di cui l’operatore sanitario dispone sono essenzialmente il counselling, le vaccinazioni e la profilassi farmacologica. Tutto ciò si può effettuare presso i Centri di Medicina dei Viaggi (CMV) che sono attivati nelle Aziende Sanitarie di ogni regione, sono di facile accesso ed aperti a tutti. Sono gestiti da personale specializzato e costantemente aggiornato, in contatto con presidi ospedalieri specialistici (dipartimenti di malattie infettive e tropicali) e con centri istituzionali stranieri. L’accesso è semplice ed immediato, con costi contenuti nel range del ticket sanitario. Questi Centri sono facilmente reperibili sul sito web www.simvim.it. Nei CMV sono fornite informazioni utili sui comportamenti da adottare in relazione ai rischi per la salute, consigliate ed effettuate le vaccinazioni e consegnata la profilassi antimalarica più idonea in relazione all’area geografica.

Volendo entrare più specificatamente nell'ambito delle patologie infettive di più frequente riscontro nei viaggiatori, si possono elencare: Epatite A. È l’infezione, prevenibile tramite vaccinazione, più frequente nei viaggiatori. Nelle persone non immunizzate è 40 volte più frequente rispetto al tifo e 800 volte rispetto al colera. Nei soggetti non immuni l’incidenza media, soggiornando un mese in area ad alto rischio, è del 3‰ e raggiunge il 20‰ se le condizioni igieniche sono sfavorevoli. È la vaccinazione maggiormente raccomandata ai viaggiatori da parte dell’OMS. Il vaccino consiste in una sola dose con richiamo dopo 6-12 mesi e conferisce immunità per almeno 20 anni. Epatite B. Ha un’incidenza di 20 milioni di nuovi casi/anno, circa il 40% della popolazione mondiale è venuta a contatto con il virus HBV e di questi 350 milioni sono HbsAg positivi e quindi potenzialmente infettivi. La vaccinazione ha un ciclo primario di 0, 1 e 6 mesi. Dopo un mese dalla fine del ciclo si dovrebbe effettuare un controllo dell'anti-HBs; se positivo il soggetto è immune per tutta la vita, se negativo si dovrà procedere alla somministrazione di una quarta dose con ulteriore controllo dopo un mese dell’anti-HBs (DM del 20/11/00). In caso di esposizione di un soggetto negativo si deve attuare la profilassi postesposizione con immunoglobuline. In caso di una partenza in breve tempo si può utilizzare il vaccino combinato Epatite A e B con la somministrazione a 0, 7, 21 giorni e una dose booster dopo un anno. Colera. Il colera è una malattia sempre presente, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dell’Africa e in tutte le regioni del mondo. La trasmissione avviene mediante cibo e bevande contaminate ed è tipicamente oro-fecale. La maggior parte dei casi di colera sono causati da: V. cholerae sierogruppo O1 (2 sierotipi maggiori - Inaba e Ogawa, e 2 biotipi - classico o El Tor) e, dal 1993, sierogruppo O139. Nel 2006 il numero di casi di colera segnalati è aumentato in modo vertiginoso per raggiungere i dati della fine degli anni 90. Sono stati notificati 236.896 casi da 52 paesi, con un aumento complessivo del 79%. A livello mondiale il

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numero dei decessi è pressoché triplicato rispetto al 2005. Come prevenzione è disponibile il vaccino orale che è molto pratico ed è formato da una porzione di tossina colerica dei ceppi Inaba, Ogawa ed El Tor. Consiste in due somministrazioni, a distanza di sette giorni l’una dell’altra. È efficace dopo 1 settimana dalla seconda somministrazione (85% a 6 mesi, 60% a 2 anni), pertanto va effettuato 15 giorni prima della partenza. Poiché il vaccino copre per circa il 60%, ricordarsi che una volta vaccinati non si è immuni, pertanto è necessario seguire scrupolosamente norme igieniche di base. Nei bambini con meno di 6 anni sono invece necessarie 3 somministrazioni, sempre a distanza di sette giorni l’una dell’altra. I richiami vanno effettuati ogni 2 anni (per l’attività anticolerica). La vaccinazione contro il colera presenta bassi costi, elevata stabilità, elevata immunogenicità e facilità di somministrazione.

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La vaccinazione può essere presa in considerazione per i viaggiatori ad elevato rischio diretti in aree ad elevato rischio epidemico in Africa, Asia e Sud America. Il vaccino colerico fornisce una protezione anche per la diarrea del viaggiatore da ETEC (Escherichia coli enterotossigena), che è la causa più frequente di diarrea del viaggiatore nei Paesi in via di sviluppo. La trasmissione è di tipo oro-fecale in seguito all’assunzione di cibi crudi o poco cotti o acqua contaminata. Febbre tifoide. Ha un’incidenza di 16 milioni di casi/anno di cui circa il 3% va incontro a morte. Le Salmonelle paratyphi spesso sono tra gli agenti eziologici della diarrea del viaggiatore. I vaccini attualmente disponibili sono due: 1) vaccino orale vivo attenuato il cui principio attivo è la Salmonella typhi ceppo Ty21a che è altamente immunogeno, non patogeno, va spontaneamente incontro a lisi osmotica nell’intestino e non viene disperso nell’ambiente. In


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Contributi Italia la posologia prevede 3 compresse a giorni alterni a stomaco vuoto (USA e Canada usano 4 cpr). Questo vaccino consente di raggiungere un’immunità elevata a partire dalla decima giornata dopo l’ultima dose somministrata e si protrae per almeno 3 anni (5 con il protocollo con 4 cpr). Questo vaccino conferisce immunità verso le Salmonelle paratyphi A e B, poiché hanno in comune con la Salmonella typhi l’antigene O:12, questa ulteriore protezione può ridurre l’incidenza di diarrea del viaggiatore. 2) vaccino antitifico da polisaccaride capsulare Vi contiene il polisaccaride capsulare purificato Vi della Salmonella typhi (ceppo Ty2) che stimola la produzione di IgG. La risposta immunitaria compare dopo 2 settimane dalla somministrazione, è completa con una singola dose e garantisce una protezione del 72% nel primo anno e del 55% dopo tre anni. Il vaccino può essere associato ad altre vaccinazioni, ad antibiotici e ad antimalarici e va ripetuto ogni 3 anni. Conferisce immunità verso la Salmonella paratyphi C che è dotata di antigene capsulare Vi. Febbre gialla. La vaccinazione è obbligatoria in alcuni paesi dell’Africa Sub-Sahariana e del Sud-America. È buona norma vaccinare un soggetto almeno

tre settimane prima della partenza. Il vaccino somministrato in unica dose conferisce immunità per 10 anni. Nel 10% dei soggetti vaccinati si osservano reazioni febbrili. Tetano. È una malattia presente in tutto il mondo la cui vaccinazione va sempre consigliata a tutti i viaggiatori. La vaccinazione è efficace solo se completa e consiste nella somministrazione di 3 dosi: 0, 6-8 settimane, 6-12 mesi, con richiamo ogni 10 anni. In caso di trauma nel soggetto adulto vaccinato correttamente si procederà secondo il seguente schema: 1) 1°-5° anno dopo l’ultima inoculazione: nessun richiamo; 2) 6°-10° anno dopo l’ultima inoculazione: 1 dose di richiamo; 3) > 10° anno: immunoglobuline e richiamo. È utile associare alla vaccinazione tetanica, quella per la difterite. Se il soggetto non ha ricevuto una dose di richiamo da più di 10 anni, ma ha ricevuto almeno tre dosi di vaccino come immunizzazione primaria, è sufficiente una sola dose di vaccino per ripristinare livelli protettivi. Tra i lattanti non immuni, i bambini e gli adolescenti e che non sono stati vaccinati in modo completo è utile prendere in considerazione il richiamo per la pertosse. Tale patologia è ancora molto diffusa e si registrano almeno venti milioni di casi di pertosse l’anno nel

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Contributi mondo, il 90% nei paesi in via di sviluppo con 200.000/300.000 decessi l’anno. Il richiamo per la pertosse non è da escludere anche per adulti e anziani, anche mai vaccinati in precedenza, in considerazione del fatto che i casi sono in aumento in questa popolazione e che l'immunità conferita sia dalla vaccinazione che dalla malattia naturale non protegge per tutta la vita. Inoltre gli adulti e gli anziani sono sempre più spesso riconosciuti come fonte di contagio dei neonati non ancora vaccinati, che rappresentano la popolazione a maggio rischio di complicanze severe. Il vaccino combinato dTpa, offre una soluzione comoda per effettuare tre richiami con un’unica iniezione. Poliomielite. Fino a che l’eradicazione della malattia non è stata certificata, il rischio di infezione esiste nelle persone che si recano nei paesi endemici. Vi sono quattro paesi ove la trasmissione del ceppo wild non è stata mai interrotta: Afghanistan, India, Nigeria e Pakistan. Purtroppo da questi paesi il ceppo è circolato in altri sette dichiarati precedentemente polio free: Angola, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Ghana, Niger e Sudan. Tutti i viaggiatori verso queste zone debbono provvedere a valutare il loro stato vaccinale. Negli adulti è consigliata una dose di richiamo con il vaccino parenterale. Meningite meningococcica Endemica nell’area che si estende trasversalmente dal Senegal all’Etiopia, prevalentemente durante il periodo da Gennaio a Giugno. Sono stati segnalati focolai anche in India e nelle regioni Amazzoniche. La vaccinazione è obbligatoria per entrare in Arabia Saudita durante il periodo del pellegrinaggio alla Mecca. Il vaccino tetravalente ACWY si somministra in un’unica dose sotto cute, diventa protettivo dopo 15 giorni e rimane attivo per 3-5 anni. Rabbia. La vaccinazione è consigliata per i lavoratori che si spingono in zone molto isolate per periodi prolungati. La vaccinazione primaria pre-esposizione consiste nella somministrazione di tre dosi secondo il seguente schema: 0-7-21 o 28 giorni, con richiamo ogni 2-3 anni. In caso di morso di animale si somministrano 2 dosi post-esposizione ai giorni 0 e 3. Nel non vaccinato in caso di morso bisognerà somministrare immunoglobuline specifiche più 5 dosi di vaccino ai giorni 0, 3, 7, 14, 30.

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Influenza. È una patologia ad elevata morbilità ed eccesso di mortalità nelle categorie a rischio. Nei paesi ad economia avanzata è la terza causa di morte per patologia infettiva preceduta soltanto da Aids e Tbc. È una vaccinazione da consigliare qualora l’interessato si recasse in zone disagiate ove è già in atto l’epidemia. Malaria. Secondo l’OMS ha un’incidenza di 300-500 milioni di casi l’anno con 1.5-2.7 milioni di morti di cui 1 milione sono bambini al di sotto dei 5 anni di età. L’incidenza maggiore spetta per il 90% all’Africa Tropicale. La profilassi antimalarica per chi viaggia all’estero, in zone a rischio, si sta adattando ai cambiamenti che si sono verificati nella sua epidemiologia, nelle abitudini di viaggio e nella resistenza ai farmaci da parte del parassita. È infatti ben documentato che la resistenza del Plasmodium falciparum alla clorochina già presente in quasi tutte le regioni sub-sahariane sta progressivamente coinvolgendo l’intero continente. Casi di resistenza al Plasmodium vivax sono stati descritti in Oceania, mentre una resistenza alla meflochina è presente in parti della Cambogia e della Thailandia. Tuttavia è ancora possibile garantire la sicurezza di chi viaggia, purché vengano scrupolosamente seguiti i principi di prevenzione comportamentali evitando di uscire tra il tramonto e l’alba quando le zanzare anofele di solito pungono, indossando abiti che coprono braccia e gambe ed evitare i colori scuri che attraggono le zanzare, applicare repellenti usare zanzariere (vedi www.simvim.it) nonché l’adozione di un’adeguata chemioprofilassi, ricordando che la collaborazione di chi viaggia è fondamentale per l’efficacia della stessa. Spesso infatti molti problemi insorgono perchè il viaggiatore non si attiene a quelle norme elementari, ma essenziali, legate all’assunzione del medicinale. Bisogna ricordarsi di iniziare la terapia 1 settimana prima della partenza, di proseguire per tutta la durata del soggiorno e di continuare 4 settimane dopo il ritorno in patria, a seconda del farmaco prescritto per la profilassi. I farmaci attualmente usati per la profilassi sono: Proguanil (Paludrine) da un’elevata protezione ma in alcuni paesi vi è una notevole diffusione di Plasmodium falciparum proguanil resistente. Non presenta effetti tossici ne controindicazioni specifiche tranne, interferenza con anticoagulanti assunti cronicamente.


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Contributi

Clorochina (Clorochina Bayer). Rappresenta un efficace agente profilattico ormai in poche zone del mondo. Come il Paludrine, la clorochina presenta il vantaggio di essere sicura e maneggevole, così da poter essere somministrata senza problemi sia agli adulti che ai bambini. Meflochina (Lariam). È tra gli antimalarici di prima scelta per coloro che sono esposti al rischio di contrarre una malaria Clorochina-resistente. Vietato l’uso alle donne al primo trimestre di gravidanza e che allattano; sconsigliato intraprendere una gravidanza prima di tre mesi dalla sospensione del farmaco. La meflochina conferisce la protezione maggiore nell’Africa sub-sahariana, ma il suo uso prolungato (>1 anno) è tutt’ora sconsigliato soprattutto per gli effetti collaterali, rappresentati prevalentemente da manifestazioni di tipo neuropsichiatrico, (ansia, depressione, disturbi del sonno, incubi, allucinazioni) che, nel 70% dei casi, insorgono dopo le prime tre somministrazioni. L’uso è sconsigliato a soggetti che presentano

episodi di convulsioni o epilessia ed ai loro parenti di primo grado, a chi soffre di ansia e depressione ed ai pazienti epatopatici. Doxiciclina (Bassado). Di prima scelta. È utile per la chemioprofilassi in quelle aree di iniziale resistenza alla meflochina nel sud-est-asiatico. È stata usata con notevole successo dalle forze armate delle Nazioni Unite in Cambogia. È controindicata nei bambini, in gravidanza e durante l’allattamento. Tra gli effetti collaterali si segnalano la fotosensibilizzazione, la diarrea e l’esofagite. Per evitare quest’ultimo inconveniente, andrebbe sempre assunto ai pasti e con parecchi liquidi. Il suo uso per un periodo superiore ai tre mesi è comunque sconsigliato. Atovaquone - proguanil (Malarone). Si tratta molto probabilmente della migliore combinazione di tollerabilità ed efficacia. È un farmaco di prima scelta. Il dosaggio è di una compressa. al giorno, iniziando il giorno prima della partenza fino ad una settimana dopo il rientro dalla zona endemica.

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Contributi

La trasudazione-essudazione degli anticorpi sierici a livello delle secrezioni cervico vaginali nel meccanismo di azione del vaccino anti-HPV G. Di Vagno Direttore UOC di Ostetricia e Ginecologia IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza San Giovanni Rotondo (FG) Vi sono ormai una serie di evidenze che dimostrano come l’efficacia dei vaccini profilattici anti HPV sia dipendente dalla stimolazione, da parte dell’organismo ospite, di una adeguata risposta immune umorale che si esplica attraverso una significativa presenza di anticorpi neutralizzanti tipospecifici nei siti rilevanti di malattia ovvero di contatto-ingresso della eventuale carica virale infettiva (1). Con la vaccinazione vengono somministrate delle Virus Like Particles (VLP) per via i.m., al

Albero filogenetico del papillomavirus

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contrario dell’infezione naturale, che avviene prevalentemente per via transmucosale; si verifica di conseguenza un contatto facilitato con il tessuto linfatico responsabile della risposta anticorpale, che di fatto mima la fase viremica normalmente assente nelle infezioni da HPV, il che può, a sua volta, essere responsabile della intensità di risposta anticorpale indotta dal vaccino. Al momento attuale, la teoria più accreditata per spiegare l’efficacia vaccinale è quella dell’azione protettiva esercitata dagli anticorpi neutralizzanti sierici indotti dalle VLP (2,3). Tale convinzione dipende soprattutto dalla dimostrata trasferibilità sierica della immunoprotezione mediante l’inoculo di IgG neutralizzanti anti-L1 sia nel coniglio che nel cane, cui consegue un effetto protettivo verso inoculi di alte cariche virali di papilloma virus (4,5). Si ritiene che le IgG, presenti nei secreti cervicovaginali (CVS), rappresentino le immunoglobuline responsabili della prevenzione delle infezioni, attraverso l’innattivazione diretta delle particelle virali. Tale ipotesi è suffragata dal fatto che le IgG rappresentano le principali immunoglobuline presenti in tali CVS, che sono prevalentemente di tipo neutralizzante e, che, soprattutto possono facilmente trasudare attraverso l’epitelio cervicale, particolarmente a livello della giunzione squamo-colonnare. Mediante questo meccanismo, si realizzerebbe una sorta di fenomeno di immunosorveglianza attiva, direttamente nel sito naturale di infezione grazie alle IgG neutralizzanti sieriche (6) che, trasudando a livello cervicovaginale Figura 1 impedirebbero alle particelle virali di


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Contributi HPV di interagire con gli strati germinativi profondi dell’epitelio cervicale con cui entrano in contatto attraverso rapporti sessuali. Secondo altri modelli proposti, oltre alla trasudazione entrerebbero in gioco meccanismi che spiegherebbero il ruolo attivo svolto dalle IgG presenti nei CVS. Il primo meccanismo ipotizzato è quello del trasporto attivo, esercitato attraverso i recettori di membrana Fc (7). Un secondo meccanismo prevederebbe la produzione locale di IgG (8). Infine, secondo la terza ed ultima ipotesi, esisterebbe un meccanismo di essudazione con lento passaggio degli anticorpi dal s i e r o attraverso le pareti dei vasi, danneggiati da microtraumatismi (9). U n a l t o livello di anticorpi specifici presenti a livello delle

Figura 2 CVS al momento della esposizione all’HPV rappresenta la migliore garanzia di protezione dall’infezione. Di conseguenza, al fine di assicurare una protezione efficace e protratta nel tempo contro i ceppi oncogeni di HPV, è necessario che il vaccino, sia in grado di

Figura 3 13


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Contributi indurre una risposta anticorpale sostenuta e prolungata a livello sistemico a cui si associ un altrettanto alto titolo anticorpale nel sito di infezione primaria. Il vaccino bivalente contro i genotipi HPV 16-18, coniugati con l’adiuvante AS04, ha dimostrato indurre un alto numero e una alta persistenza di cellule B della memoria (10) oltre che anticorpi neutralizzanti persistentemente elevati sia per HPV 16 che per HPV 18, nel siero ed a livello delle CVS per un periodo pari a 6.4 anni (11,12). Infine esiste, per lo stesso vaccino bivalente, una recente dimostrazione sperimentale della precisa correlazione tra i titoli anticorpali sierici e quelli osservati nelle CVS, in donne di età compresa tra i 15 e 55 anni (13, fig. 2 e fig. 3). In tale lavoro è stato possibile dimostrare una alta correlazione tra i livelli anticorpali presenti nei CVS e quelli sierici, in tutte le fasce di età, comprese le donne in menopausa, conferendo una immunità sito specifica della cervice e suggerendo, quindi, una possibile centralità del fenomeno della trasudazione locale degli anticorpi nel determinare l’efficacia del vaccino anti HPV. In questo meccanismo di azione risulterebbe fondamentale il ruolo svolto dall’agente adiuvante, che nel caso del vaccino HPV 16/18 AS04 ha dimostrato una lunga persistenza degli anticorpi protettivi a livello cervicovaginale sino a più di due anni dalla prima dose di vaccino. Bibliografia 1. Robbins JB, Schneerson R, Szu SC. Perspective: hypothesis: serum IgG antibody is sufficient to confer protection against infectious disease by inactivating the inoculums. J Infect Dis 1995;171:1387-98. 2. Harper DM, Franco EL, Wheeler CM, Moscicki AB, Romanowski B, Roteli-Martins CM, et al. Sustained efficacy up to 4,5 years of a bivalent L1 virus-like-particle vaccine against human papillomavirus types 16 and 18: fol-

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low-up from a randomized control trial. Lancet 2006;367:1247-55. 3. Mao C, Koutsky LA, Ault KA, Wheeler CM, Brown DR, Wiley DJ, et al. Efficacy of human papillomavirus-16 vaccine to prevent cervical intraepithelial neoplasia: a randomized control trial. Obstet Gynecol 2006; 107:18-27. 4. Breitburd F, Kirnbauer R, Hubbert NL, Nonnenmacher B, Trin-Dinh-Desmarquet C, Orth G, et al. Immunization with viruslike particles from cottontail rabbit papillomavirus (CRPV) can protect against experimental CRPV infection. J Virol 1995;69:3959-63. 5. Ghim S, Newsome J, Bell J, Sundberg JP, Schlegel R, Jenson AB. Spontaneously regressing oral papillomas induce systemic antibodies that neutralize canine oral papillomavirus. Exp Mol Pathol 2000;68:147-51. 6. Nardelli-Haefliger D, Wirthner D, Shiller JT, Lowy DR, Hildesheim A, Ponci F, et al. Specific antibody levels at the cervix during the menstrual cycle of women vaccinated with human papillomavirus 16 virus-like particles. J Natl Cancer Instit 2003;95:1128-37. 7. Balmelli C, Roden R, Potts A, Schiller J, De Grandi P, NardelliHaefliger D. Nasal immunization of mice with human papillomavirus type 16 viruslike particles elicit neutralizing antibodies in mucosal secretions. J Virol 1998; 72:8220-9. 8. Crowley-Nowick PA, Bell MC, Brockwell R, Edwards RP, ChenS, Partridge EE, et al. Rectal immunization for induction of specific antibody in the genital tract of women. J Clin Immunol 1997; 17:370-9. 9. Roberts JN, Buck CB, Thompson CD, Kines R, Bernardo M, Choyke PL, et al. Genital transmission of HPV in a mouse model is potentiated by nonoxynol-9 and inhibited by carrageenan. Nat Med 2007; 13:857-61. 10. Giannini SL, Hanon E, Moris P, Van Mechelen M, Morel S, Dessy F, et al. Enhanced humoral and memory B cellular immunity using HPV 16/18 L1 VLP vaccine formulated with the MPL/alluminium salt combination (AS04) compared to alluminium salt only. Vaccine 2006;24:5937-49. 11. Wheeler CM Teixeira J, Romanowski B, De Carvalho N, Dubin G, Shuind A. High and suusteined HPV-16 and 18 antibody levels trough 6.4 years in women vaccinated with CervarixTM (GSK HPV-16/18 AS04 vaccine). European Society for pediatric Infectious Disease, Graz, Austria, Nay 14-16;2008. 12. ABSTRACTS/ Harper D, Gynecologic Oncology 2008;109:158-9. 13. Schwarz TF , Spaczynski M, Schneider A, Wysocki J et al. Immunogenicity and tolerability of an HPV-16/18 AS04adjuvanted prophylactic cervical cancer vaccine in women aged 15-55 years. Vaccine 2009;27:581-7.


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Contributi

HPV: infezione naturale e principali meccanismi immunologici coinvolti in risposta all’infezione e all’immunizzazione con vaccino bivalente VLPs-L1 HPV16-18 adiuvato con sistema AS04 P. Durando, F. Compagnino Dipartimento di Scienze della Salute Sezione Igiene e Medicina Preventiva Dottorato di Ricerca in Prevenzione Vaccinale U.O. Igiene - Ambulatori vaccinali di sperimentazione clinica A.O.U. San Martino di Genova Università degli Studi di Genova I Papillomavirus Umani I Papillomavirus Umani (HPV) sono costituiti da un capside esterno, costituito da 72 capsomeri a pentagono, contenente il materiale genetico virale, DNA circolare a doppia elica di circa 8.000 paia di basi. Il genoma dell’HPV è costituito da 8 geni, che codificano per proteine indicate con le lettere E (early) e L (late), in riferimento alla loro espressione, che avviene nella fase precoce o tardiva della differenziazione cellulare dell’epitelio infettato: E1, E2, E5, E6 ed E7 sono espresse precocemente, E4 in ogni fase mentre L1 e L2 nelle fasi terminali del differenziamento (Fig. 1). L1 e L2 costituiscono l’involucro esterno del virus e hanno un elevato potere immunogeno, mentre le altre 6 proteine precoci (E1, E2, E4, E5, E6 ed E7), non strutturali, risultano implicate nella replicazione del DNA virale e nell'assemblaggio delle particelle virali di nuova generazione all’interno delle cellule infettate. Inoltre, E6 ed E7 sono le principali oncoproteine, la cui espressione incontrollata interagisce con proteine regolatorie del ciclo cellulare (p53 e pRB) inibendone la funzione e determinando elevata instabilità genomica delle cellule infettate, con conseguente iperproliferazione e immortalizzazione delle stesse (1). Filogeneticamente, questi virus sono classificati sulla base del livello di omologia del gene L1 (2,3) vengono così distinti oltre 120 tipi di HPV,

alcuni dei quali definiti ad “alto rischio” (tipi 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 66, 73, 82) e altri a “basso rischio” (tipi 6, 11, 40, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81), in base al loro potenziale oncogeno, ossia in relazione alla frequenza descritta di loro riscontro nelle lesioni maligne della cervice uterina (4). In particolare, i genotipi più frequentemente rilevati nel cancro della cervice uterina risultano essere i HPV 16, 18, 45 e 31, con HPV 16 e 18 in causa in oltre il 70% delle neoplasie e i HPV 16, 18, 45 e 31, responsabili di oltre il 90% dei casi di adenocarcinoma cervicale (5). Storia naturale dell’infezione Gli HPV sono virus ubiquitari, trasmissibili prevalentemente per contatto diretto cute-cute o mucosa-mucosa, con elevata specificità di specie e tropismo tissutale per le superfici epiteliali della cute e delle mucose: per via sessuale, il rischio d’infezione per singolo atto non è facilmente quantificabile, ma sicuramente elevato e non tipospecifico (6). Si stima che circa l’80% delle donne sessualmente attive contragga l’infezione nel corso della propria vita, possibilmente da più tipi (co-infezione) in circa il 20-30% dei casi (6,7). La co-evoluzione virus-ospite, avvenuta nel corso di milioni di anni, ha determinato un progressiva sincronizzazione del ciclo vitale di ogni tipo di HPV al normale programma di differenziamento cellulare dello specifico tessuto epiteliale target dell’infezione (epitelio cutaneo genitale e non, mucosale anogenitale e orofaringeo) (2,7). Nell’ambito della mucosa cervicale, a seguito dell’infezione, il virus raggiunge subito lo strato basale dell’epitelio, dove infetta le cellule staminali in procinto di differenziarsi in cheratinociti, esprimendo elevati livelli di proteine e gradi di assemblaggio virale solo negli strati epiteliali più superficiali, a livello dello strato spino-

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Figura 1 so e granuloso (8) (fig. 1). Il tempo che intercorre tra l’infezione e il rilascio del virus nel lume della cervice è di circa 3 settimane, intervallo che corrisponde al periodo richiesto dal cheratinocita per completare il suo ciclo differenziativo in corneocita e giungere alla desquamazione, per via “naturale” (9). Meccanismi immunologici coinvolti in risposta all’infezione e alla vaccinazione Nella maggior parte dei casi d’infezione (circa il 90%), questa viene eradicata e, non si innesca quindi la condizione dell’infezione persistente, necessaria e necessitante per la progressione maligna della patologia (10). Un ruolo cruciale in quest’ambito, anche se non ancora compreso in tutti i suoi specifici e complessi meccanismi, è svolto dalla risposta immunitaria (fig. 2). Questa prevede l’attivazione della componente sia innata sia adattativa, che coinvolge prevalentemente la componenete cellulo-mediata (9,11). Nello specifico, la risposta cellulo-mediata (cellule T effettrici) è diretta contro le early proteins E2 ed E6, come dimostrato sia dalla presenza nei tessuti coinvolti di cellule T helper, linfociti T citotossici specifici e macrofagi, sia di una produzione locale di citochine e chemochine proinfiammato-

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rie (9). Questa riposta può essere accompagnata dal coinvolgimento del braccio umorale, dimostrato dalla comparsa, a circa 8 mesi dall’infezione, di anticorpi sierici specifici diretti verso la late protein L1, solitamente a basso titolo, e dalla presenza, a livello della mucosa cervicale, sia di IgG specifiche sia di IgA secretorie (12). Questi anticorpi sono generati nella maggior parte dei casi d’infezione, ma non necessariamente in tutti gli individui infettati da HPV, risultando in alcuni soggetti, anche considerando il picco massimo di concentrazione ematica/cervicale, a titolo non sufficiente per garantire una protezione a lungo termine nei confronti di successive esposizioni allo stesso tipo di virus. Questa subottimale stimolazione della risposta immunitaria all’infezione può essere spiegata da molteplici meccanismi specifici di escape del virus dal sistema immunitario, messi in atto durante l’infezione naturale: come già accenna-


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Figura 2 to, infatti, (i) l'infezione e la replicazione virale avvengono esclusivamente a livello intra-epiteliale, senza che occorra viremia, (ii) non è descritta citolisi delle cellule infettate virusindotta e, conseguentemente, (iii) non viene attivata la risposta infiammatoria (1,9,10). In questo modo, il mancato accesso del virus a livello del torrente ematico e linfatico determina di fatto l’impossibilità di un ottimale riconoscimento specifico del virus da parte delle cellule del sistema immune innato, con conseguente mancato up-take dello stimolo antigenico a livello dei linfonodi locali, dove notoriamente è attivata e orientata in modo selettivo la risposta immunitaria (1,9). Sebbene la risposta immunitaria in risposta ad un’infezione possa essere differentemente attivata e modulata in relazione al tipo di patogeno coinvolto, per la maggior parte delle malattie causate da virus un’elevata risposta in termini di anticorpi specifici costituisce indubbiamente una pietra miliare ai fini del conferimento della protezione in caso di successive esposizioni: vi è unanime accordo a livello di letteratura internazionale nel ritenere che l’immunità umorale, attraverso la produzione di anticorpi neutralizzanti specifici diretti verso la proteina L1, sia in grado di prevenire l’ancoraggio e quindi la penetrazione cellulare del virus a livello delle muco-

se genitali, con elettivo scopo profilattico (9,10,13,14). Proprio secondo questo razionale sono stati sviluppati i due vaccini profilattici per il cancro della cervice uterina, attualmente disponibili in commercio, entrambi a subunità e privi di materiale genetico virale, sviluppati utilizzando sofisticate tecnicologie di ricombinazione molecolare: uno bivalente (Cervarix®, GSK, ricombinante, adiuvato, adsorbito, contenente Virus Like Particles-L1 di HPV 16 e 18) e l’altro quadrivalente (Gardasil®, Sanofi-Pasteur MSD, ricombinante, adsorbito, contenente Virus Like Particles-L1 di HPV 6, 11, 16,18), che hanno dimostrato, negli studi clinici fino ad oggi condotti, un ottimale profilo di sicurezza, immunogenicità ed efficacia. Grazie all’innovativo sistema adiuvante, denominato AS04, costituito da monofosforil lipide A (MPL), un lipopolisaccaride detossificato della Salmonella minnesota, adsorbito su idrossido di alluminio Al(OH)3 (15), il vaccino bivalente si è dimostrato in grado di ottimizzare l’attivazione della risposta innata e adattativa in risposta allo stimolo antigenico vaccinale, attraverso uno specifico meccanismo che è stato ben descritto in letteratura (1,10,16). Di seguito sono riportati schematicamente, in massima sintesi, i principali risultati pubblicati sull’immunogenicità di questo vaccino:

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