TRIMESTRALE SCIENTIFICO
Anno II - n. 2, Giugno 2008
Il trapianto polmonare nella fibrosi cistica Guest Editor Serena Quattrucci Centro Fibrosi Cistica della Regione Lazio Dipartimento di Pediatria - Università di Roma “La Sapienza” IL PROBLEMA Il primo trapianto di polmone in un paziente con fibrosi cistica è stato effettuato nel 1983. Non erano stati scoperti, ancora, né il difetto di base, né il difetto genetico. Anche se la procedura non era nuova, i chirurghi avevano avuto delle perplessità sulla inclusione della Fibrosi Cistica tra le patologie che potessero beneficiare del trapianto polmonare temendo da un lato il rischio di gravi infezioni a seguito dell’immunosoppressione in un paziente che restava altamente infetto, dall’altro la possibilità che la malattia si riproducesse sull’organo trapiantato. I primi risultati furono incoraggianti e la prognosi del trapianto migliorò molto in seguito al perfezionamento della tecnica. Le casistiche con un follow-up sufficientemente lungo furono pubblicate negli anni 1990, oggi disponiamo di osservazioni che superano i vent’anni ed è tempo di bilanci definitivi. I dati sulla sopravvivenza sono abbastanza tranquillizzanti, si può con certezza dire che il paziente con fibrosi cistica non ha una prognosi peggiore rispetto ad altre indicazioni. Restano problemi specifici e non del tutto risolti, che ancora trovano risposte contrastanti nella letteratura. Innanzitutto, il problema del “timing”. Qual è il parametro che meglio indica la prognosi del paziente a rischio che deve essere inserito in lista trapianto? Come prevedere la velocità di progressione della malattia nella fase terminale? Vengono poi i problemi relativi alla infezione cronica delle alte e basse vie respiratorie, aspetto specifico della fibrosi cistica. Possono essere messi in lista pazienti con infezioni da Pseudomonas toti-resistente, da B. cepacia, da M tuberculosis o da M atipici? Dato che la fibrosi cistica coinvolge diversi organi, quanti saranno in futuro i pazienti che necessiteranno di un trapianto multiorgano? Infine, poiché la fibrosi cistica rappresenta la principale indicazione al trapianto polmonare in età infantile, cosa si può dire oggi della prognosi del trapianto polmonare pediatrico e, questione strettamente connessa, cosa si può dire della prognosi e dell’indicazione del trapianto lobare, da donatore vivente? Per quanto la letteratura sia nettamente orientata a favore del trapianto di polmone, restano diversi problemi aperti, alcuni dei quali specificamente legati alla malattia. Questo numero di Strumenti ed Evidenze, offrirà, da un lato, una ricostruzione storica del trapianto polmonare sottolineando l’evoluzione tecnica e l’andamento delle casistiche relative alla fibrosi cistica, dall’altro, analizzerà la letteratura più recente per quanto concerne gli aspetti tuttora in discussione.
Anno II, N. 2 - Giugno 2008 Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 341 del 28/05/2007
Guest Editor Serena Quattrucci Centro Fibrosi Cistica della Regione Lazio Dipartimento di Pediatria - Università di Roma “La Sapienza” Impaginazione Sinergie S.r.l.
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Redazione Sinergie S.r.l.
3 Introduzione 3 Breve storia del trapianto di polmone 10 Il trapianto pediatrico allunga la vita dei pazienti FC? 11 Ruolo dell’infezione da B. cepacia 11 Conclusioni e prospettive di ricerca
FC Strumenti ed evidenze è una rivista monografica, trimestrale, dedicata al mondo della fibrosi cistica. Essa si prefigge di trattare argomenti solitamente “meno battuti” dal mondo medico e di offrire, quindi, un contributo originale a chi si occupa della cura dei pazienti o dell’organizzazione dell’assistenza. FC Strumenti ed evidenze si propone quindi come strumento per la ricerca clinica e per la valutazione dei sistemi assistenziali della fibrosi cistica. La rivista contiene articoli elaborati internamente dalla redazione con il contributo di esperti del settore, a livello nazionale ed internazionale. Ogni numero viene curato da un Guest editor che ne garantisce la validità scientifica e la completezza. L’editore sarà lieto di accogliere proposte ed eventuali contributi per la redazione di numeri monografici che verranno valutati dalla redazione. Sono anche accettati contributi di esperti che vogliano proporsi come Guest editor di una monografia. Le proposte possono essere inviate a sinergie.milano@virgilio.it Finito di stampare nel mese di Giugno 2008
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Introduzione La FC è la più frequente malattia genetica della razza caucasica. Nonostante i progressi terapeutici abbiano consentito un miglioramento notevole della sopravvivenza consentendo alla maggioranza dei pazienti di raggiungere l’età adulta, la prognosi è pesantemente condizionata dalla broncopneumopatia cronica e il 95% dei pazienti muore per insufficienza respiratoria. Il trapianto bipolmonare è pertanto l’unica opzione terapeutica valida per i pazienti affetti da insufficienza respiratoria irreversibile. La scarsità di organi disponibili e la domanda di trapianto sempre in aumento pone però dei quesiti molto precisi sulle condizioni cliniche dei pazienti da inserire in lista che devono esse-
re tali da permettere ragionevolmente una sopravvivenza accettabile ed una buona qualità di vita dopo l’intervento. Dunque è soprattutto il “timing” che deve essere il più preciso possibile perché il momento dell’iscrizione non avvenga troppo presto ma neanche troppo tardi. Purtroppo mentre per altri tipi di trapianto come il fegato o il rene, i criteri che determinano l’iscrizione in lista sono condivisi, per il trapianto polmonare nella FC sono ancora in fase di discussione sia i fattori condizionanti l’iscrizione in lista che l’individuazione del “timing” a causa del rapido aggravamento che si viene a determinare in alcuni pazienti.
Breve storia del trapianto di polmone La prospettiva di trapiantare il polmone risale ai tempi di Alexis Carrel. Charles Guthrie, suo collega, eseguì un trapianto eterotopico di polmone e cuore usando organi di un gatto neonato e impiantandoli nel collo di un animale adulto (Carrel A, 1907). Ulteriori studi sul trapianto intratoracico dovettero aspettare lo sviluppo della ventilazione a pressione positiva e altri miglioramenti della chirurgia intratoracica. Demikhov (Demikhov VP, 1962) fisiologo russo, eseguì un primo trapianto di polmone nel cane, ma il suo lavoro restò ampiamente sconosciuto alla scienza occidentale, fino alla sua traduzione, 15 anni dopo. Bellinazzo e Pulin eseguirono auto- e allotrapianti nel cane nel 1950 (Staudacher V et al, 1950), nello stesso anno, Metras, in Francia descrisse la tecnica dell’allotrapianto nel cane (Metras H, 1950). A lui si deve la descrizione dell’anastomosi dell’atrio sinistro come
cuffia invece che come anastomosi separate delle vene polmonari, mostrando che riduceva la frequenza delle trombosi atriali. Egli descrisse anche la possibilità di anastomosi dell’arteria bronchiale sinistra per garantire un apporto vascolare sistemico alle vie aeree. Il primo trapianto polmonare umano venne eseguito da Hardy et al (1963) all’Università del Mississipi, nel 1963. Il paziente sopravvisse per 18 giorni e morì di insufficienza renale. Il primo trapianto cuore-polmone fu eseguito da Cooley nel 1968 in un bambino di 2.5 mesi con difetto del canale atrioventricolare e ipertensione polmonare (Cooley DA et al, 1969). A dispetto di numerosi altri tentativi, nei 20 anni successivi la procedura non si consolidò (Cooper JD, 1989) per un’elevata mortalità perioperatoria. Gli studi sperimentali, condotti a Toronto, dimostrarono che la dose di cortisone
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aveva un ruolo, dato che le elevate dosi di metilprednisolone, inizialmente usate, causavano la deiscenza delle anastomosi (Lima O et al, 1982). Altri studi documentarono che l’effetto deleterio della devascolarizzazione sistemica arteriosa sulle anastomosi (Morgan E et al, 1982) poteva essere migliorato con l’omentopessia bronchiale (Lima O et al, 1982 b). Ma è soprattutto la scoperta della ciclosporina, per il trattamento immunosoppressivo che ha rappresentato un importante salto di qualità (Reitz BA et al, 1980). La prima stabilizzazione della procedura si ebbe, quindi, con l’uso di ciclosporina e azatioprina, come prevenzione del rigetto, riduzione della dose di steroidi, omentopessia. Questo permise di ottenere, nel cane, sopravvivenze significative (Saunders NR et al, 1984). Nel 1981, Reitz et al a Stanford (Reitz BA et al, 1982) eseguirono, per la prima volta con successo, un trapianto cuore-polmone in un paziente con ipertensione polmonare terminale. Nel novembre 1983, all'Università di Toronto venne eseguito un trapianto monopolmonare in un paziente con fibrosi polmonare (The Toronto Lung Transplant Group, 1986), procedura che si rivelò, col tempo, di scelta in questa condizione (The Toronto Lung Transplant Group, 1988).
Primo trapianto eterotopico sperimentale
1907
Primo trapianto umano Demikhov Trapianto trapianto ortotopico Cuore-polmone nel cane
1950
1963
1969
Figura 1 - Evoluzione del trapianto di polmone
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Inizialmente, si guardò con timore al trapianto in pazienti con broncopneumopatia ostruttiva suppurativa, si pensò poi che per essi dovesse essere scelto il trapianto cuore-polmone (Penketh A et al, 1987). Il primo trapianto cuore-polmoni in un malato di fibrosi cistica fu eseguito nel settembre del 1984 a Harefield utilizzando la tecnica “a domino”che consentiva di riutilizzare il cuore espiantato dal paziente con fibrosi cistica per un altro paziente in lista per trapianto cardiaco (Yacoub MH et al, 1990). Per evitare l’inutile trapianto di cuore, a Toronto fu sviluppata la tecnica del trapianto doppio polmonare, con bypass cardiopolmonare (Dark JH et al, 1986). Dopo un periodo di prove sperimentali nei primati, il primo trapianto doppio polmonare fu eseguito in un paziente con deficit di α1-antitripsina (Patterson GA et al, 1988). Un ulteriore decisivo miglioramento della tecnica chirurgica fu fatto nel 1989. Noirclerc propose l’anastomosi bronchiale bilaterale, abbandonando quella tracheale, ciò permette una migliore rivascolarizzazione e una riduzione dei problemi ischemici a livello dell’anastomosi. (Noirclerc MJ et al, 1990). Questo avanzamento nella tecnica consentì, in breve tempo, l’esecuzione del trapianto polmonare doppio sequenziale (Pasque MK et al, 1990).
Riduzione del metilprednisolone
Omentopessia nel cane
Trapianto cuore polmone nell’ipertensione polmonare
1980
1981
1982
Trapianto bipolmonare en bloc
Trapianto In FC
1984
Trapianto bilobare
Trapianto bilobare da donatore vivente
Trapianto doppio sequenziale
1986
1988 1989 1993
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Nel 1989, fu eseguito il primo trapianto bilobare da donatore deceduto, per cercare di risolvere il problema della carenza di organi (Bisson A et al, 1992). A questo seguì, nel 1993, il trapianto bilobare da donatore vivente, tecnica che, da allora ha conosciuto importanti sviluppi (Cohen RG et al, 1994).
Modelli predittivi Uno degli aspetti più impegnativi nel trapianto polmonare in fibrosi cistica è rappresentato dal “timing” cioè la capacità di identificare con precisione il momento più opportuno di iscrizione in lista di trapianto. La decisione dipende da parecchi fattori: condizioni cliniche del paziente, velocità di progressione della malattia, presenza di condizioni aggravanti, disponibilità di organi, affollamento delle liste di attesa. La Tabella 1 riporta i
Tabella 1. Fattori clinici di rischio potenzialmente associati a mortalità precoce nella fibrosi cistica Fattori associati a rischio aumentato di morte nella fibrosi cistica Grave deficit della funzione polmonare (FEV1 <30% del teorico) e ridotta tolleranza allo sforzo Ipossia con O2 dipendenza Ipercapnia Microbiologia (B. cepacia, P. aeruginosa) Cattivo stato nutrizionale Età pediatrica Sesso femminile Insufficienza pancreatica Diabete CF correlato Ipertensione polmonare Esacerbazioni polmonari frequenti Basso livello socioeconomico Fattori associati a rischio aumentato di morte in pazienti con fibrosi cistica in lista per trapianto polmonare Aumento del declino annuale del FEV1 Riduzione del percorso nel test 6 minuti Presenza di grave ipertensione polmonare Diabete Bassa statura
fattori che più spesso sono stati associati a malattia grave o rischio di mortalità precoce.
La criticità delle liste In tutto il mondo, le liste per il trapianto di polmone presentano aspetti critici, per la scarsità di donatori, quindi, è decisivo elaborare modelli di progressione di malattia che permettano di stimare la sopravvivenza del malato grave, per permettere l’iscrizione in lista di trapianto in tempi ragionevoli. Questa discussione ha acquisito parecchia importanza negli Stati Uniti dove, negli ultimi anni, è cambiato il criterio di assegnazione degli organi, da un sistema basato sull’anzianità in lista a uno basato sulla gravità del paziente*. Diventa così cruciale per i Centri fibrosi cistica sapere riconoscere la probabilità di sopravvivenza di un paziente in tempi compatibili con la disponibilità di organi.
Sopravvivenza dei pazienti gravi e modelli per l’iscrizione in lista In uno dei primi e più citati lavori sulla sopravvivenza del paziente grave, Kerem et al (1992) avevano osservato una elevata mortalità a due anni nei pazienti con FEV1 <30%. Per molto tempo questo valore è stato usato come criterio fondamentale per iscrivere un paziente in lista. Un’altro criterio importante è stata considerata l’ipercapnia. Questi due criteri sono stati inclusi nelle linee guida della International Society of Heart Lung Transplantation e dall’American College of Chest Physicians pubblicate nel 1998. Esse sostengono la necessità di trapiantare pazienti con FEV1 <30%, * (United Network for Organ Sharing (UNOS; Richmond, VA) model (http://www.unos.org/SharedContentDocuments/ Calculation_Guide.pdf) I fattori di predizione del rischio di morte in questo sistema comprendono la FVC, la pressione arteriosa sistemica, il fabbisogno di ossigeno a riposo, il BMI, la presenza di diabete insulino-dipendente, lo stato funzionale (New York Heart Association class), il test del cammini di 6-min, l'uso di ventilatore. I fattori di rischio in questo modello non sono specifici della FC ma usati per tutte le patologie. Sorprendentemente, il FEV1, fattore tradizionalmente considerato per la previsione di rischio di decesso nella FC non è incluso in questo sistema di assegnazione degli organi.
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con rapida progressione di malattia, aumentata necessità di ricoveri, emottisi massiva, peggioramento della cachessia, PaCO2 in aria ambiente >50mmHg. Le femmine sono considerate a maggior rischio. Tuttavia, alcuni gruppi hanno notato che il solo FEV1 <30% non rappresenta un fattore predittivo sufficiente per essere usato come unico criterio per il trapianto. Mayer-Hamblett et al (2002) hanno sviluppato un primo modello di regressione logistica multipla per prevedere la mortalità a due anni di pazienti FC di sei anni o più basandosi sui dati del 1996 di 14572 del registro della U.S. Cystic Fibrosis Foundation. Il modello comprendeva cinque variabili oltre al FEV1. L’età, l’altezza, il FEV1, il tipo di colonizzazione microbica respiratoria, il numero di ricoveri per esacerbazioni e il numero di trattamenti EV domiciliari, si sono rivelati significativamente associati alla probabilità di sopravvivenza a due anni. Sfortunatamente, la capacità predittiva del modello non si è rivelata superiore a quello della FEV1 <30% del predetto da sola. Il FEV1 e il modello nel suo complesso hanno anche dimo-
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100
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60 40 20
No. at Risk Control Transplant
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292 95
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Control Lung Transplant
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2
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530 138
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391 61
3 Time, y
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Survival %
80 60 40 20
319 37
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1
2
267 30
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896 128
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769 49
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P<.001
0 0 No. at Risk Control 2086 Transplant 89
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3 Time, y
2066 56
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4
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D Group 4
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Survival %
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C Group 3
B Group 2
A Group 1
Survival %
strato un buon potere predittivo negativo (97 e 98%, rispettivamente), ma solo un modesto potere predittivo positivo (28 e 33%). Gli autori concludono che la decisione di iscrivere in lista in base al modello logistico multivariato da essi elaborato oppure al solo valore di FEV1 <30% del predetto espone a un elevato rischio di iscrizione troppo precoce in lista trapianto. Nel 2001, il gruppo di Liou, elaborando i dati del registro della US CF Foundation, ha pubblicato un modello predittivo di sopravvivenza per i pazienti con fibrosi cistica (Liou TG et al, 2001) mettendo in evidenza l’importanza di alcuni fattori: FEV1% del predetto, sesso, Z-score di peso/età, sufficienza/insufficienza pancreatica, diabete mellito, infezione da Staphylococcus aureus o da Burkholderia cepacia, numero annuale di esacerbazioni. L’analisi si dimostra particolarmente valida nel caso di pazienti adulti, non infetti da B. cepacia e non in condizioni critiche. Secondo il modello di Liou, i pazienti con probabilità di sopravvivenza a 5 anni inferiore al 30% si giovano del trapianto, mentre se la probabilità di sopravvivenza stimata del modello è superiore al
P<.001
0
4
5
0
1
2
3 Time, y
1822 13
1709 13
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7697 8
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5
605 23
530 10
Figura 2. Analisi secondo Kaplan-Meier della sopravvivenza dei pazienti iscritti nel registro nord-americano nel periodo 1992-1997. Vengono confrontate le probabilità di sopravvivenza dei trapiantati e dei non trapiantati in base a un modello di sopravvivenza sviluppato dagli stessi autori e precedentemente pubblicato. Per le spiegazioni, vedi testo. (Da Liou et al 2001b)
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1 Arthropathy -
Fractions Surviving
50% a 5 anni, il trapianto avrebbe un effetto negativo. Più di recente, lo stesso gruppo ha mostrato che per pazienti adulti con una probabilità di sopravvivenza compresa fra 30 e 50% a cinque anni, il trapianto offre un modesto beneficio in termini di sopravvivenza, evidenziabile solo a lungo termine. I dati ottenuti da questo gruppo sono riportati nella Figura 2. I pazienti sono raggruppati secondo la loro probabilità di sopravvivenza a cinque anni. Grafico A - Il gruppo di controllo ha una probabilità di sopravvivenza del 20% a 5 anni. I vantaggi del trapianto sono evidenti a partire da circa 18 mesi dopo il trapianto. Grafico B Il gruppo di controllo ha una probabilità di sopravvivenza del 40% a 5 anni. I pazienti trapiantati hanno un vantaggio dubbio in termini di sopravvivenza. Grafico C - I controlli hanno una probabilità di sopravvivenza del 60% a 5 anni. I pazienti trapiantati hanno uno svantaggio in termini di sopravvivenza nel periodo immediatamente successivo all'intervento e il dato non migliora rispetto al gruppo di controllo. Grafico D - I controlli hanno una probabilità di sopravvivenza dell’80% a 5 anni. I pazienti trapiantati hanno una probabilità di sopravvivenza significativamente inferiore a quella dei controlli nei cinque anni successivi. Grafico E - I controlli hanno una probabilità di sopravvivenza del 100% a 5 anni e il trapianto la riduce significativamente (Liou TG et al, 2001 b).
Arthropathy +
0.5
0 0
2
4 6 Time (Years)
8
10
Figura 3. Effetto della presenza di artropatia sulla sopravvivenza post-trapianto. Anche se i pazienti con artropatia sono solo 15 la presenza di questa condizione si è rivelata molto importante sulla sopravvivenza post-trapianto. (Da Liou et al, 2005)
malattia (Figura 3). Negli adulti con una probabilità di sopravvivenza >50% a 5 anni, o con infezione da B. cepacia o con artropatia, il trapianto polmonare riduce le probabilità di sopravvivenza. Il trapianto in età pediatrica non aumenta mai la sopravvivenza. La priorità per il trapianto deve, quindi, essere data a pazienti con elevato rischio di morte entro 5 anni e senza infezione da cepacia (Liou TG et al, 2005).
Modello di sopravvivenza post-trapianto in pazienti con fibrosi cistica
Critiche all’approccio di Liou et al
Usando il modello di Cox per riconoscere le variabili che possono influenzare la sopravvivenza dopo trapianto e con l’analisi della sopravvivenza di KaplanMeier il gruppo di Liou è giunto alla conclusione che tre fattori condizionano in maniera significativa la sopravvivenza post-trapianto: l’età (pediatrica), l’infezione da B. cepacia e la presenza di artropatia correlata alla fibrosi cistica. Rispetto ai controlli, nel caso di adulti per i quali vi era una previsione di probabilità di sopravvivenza <50% a 5 anni, senza infezione da B. cepacia e senza artropatia, il trapianto garantisce una sopravvivenza superiore a quella attesa per la
Le conclusioni di Liou et al non sono state esenti da critiche. Un lavoro, pubblicato nel 2006 (Belkin RA et al, 2006), ha sostenuto che il modello di Liou et al. non avesse preso in considerazione parametri importanti che non sono raccolti nel registro della CF Foundation. Bisogna anche considerare che i dati di Liou et al si basano su iscrizioni in lista “on demand” in cui la priorità del trapianto viene data solo in base al tempo di attesa in lista, senza tener conto della gravità del paziente. Questo criterio è stato recentemente modificato dall’UNOS e sostituito da uno che da priorità in base alla gravità. Belkin et al (2006) hanno condotto uno studio
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avevano introdotto la misurazione della pressione arteriosa polmonare nel loro modello, perché in molti casi da loro esaminati mancava la valutazione ecocardiografica ed il cateterismo cardiaco. In secondo luogo, differiscono le definizioni di diabete. Infine, il fatto che nello studio di Belkin et al, la performance
1.00 Probability Survuval
retrospettivo su 343 pazienti iscritti in lista trapianto in quattro centri per cercare di identificare i fattori di rischio associati alla morte in lista. L’analisi univariata ha confermato che FEV1<30%, e PaCO2>50 mmHg espongono, rispettivamente, a un rischio 3.8 e 8.5 volte superiore di morte. A questo si aggiunge la bassa statura, evidentemente segno di gravità della malattia, dato che il rallentamento della crescita è uno dei segni precoci di andamento severo della fibrosi cistica. La malnutrizione rappresenta anch’essa un fattore aggravante quando sia tale da rendere necessari provvedimenti nutrizionali aggressivi (es. gastrostomia). Alcuni fattori si sono rivelati, invece, protettivi come l’essere stati seguiti da un centro specializzato accreditato dalla CF Foundation, e l’iscrizione in lista dopo il 1996, segno di un complessivo miglioramento assistenziale. Il fabbisogno di ossigeno, il BMI la presenza di diabete e il test del cammino non si sono rivelati, in questo studio, fattori predittivi. Quindi, i risultati di questa indagine sono in parziale disaccordo con quelli di Liou et al e con quelli di Vizza et al, che verranno analizzati successivamente. La discordanza può essere in parte spiegata dal fatto che Belkin et al non
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2 3 Time (Years)
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96 N= (FEV1>30% pred.)
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Figura 4. Curve di sopravvivenza di pazienti con fibrosi cistica in lista trapianto distinti per valore di FEV1 % predetto al momento dell’iscrizione. Linea blu FEV1>30, linea verde ≤30. Log rank test p<0.01. (Da Belkin et al 2006)
Tabella 2. Analisi multivariata di Belkin et al (2006) dei fattori di rischio associati a mortalità in lista trapianto di polmone Variabile FEV1 ≤ 30% del predetto PaO2 > 50 mmHg FEV1 ≤ 30% predetto x > Paco2 ≥ 50 mmHg Nei pazienti con FEV1 >30% del predetto, Paco2 > 50 mmHg (n = 5) vs Paco2 < 50 mmHg (n = 111) Iscrizione in lista ≥ 1996 Intervento nutrizionale Centro accreditato per FC
Hazard ratio per decesso (95% IC)
P
6.8 (2.4-19.3) 6.9 (1.5-32.1 0.2 (0.04-1.0)
< 0.01 0.01 0.05
7.0 (1.5-32) 1.4 (0.4-5.0) 0.4 (0.2-0.7) 2.3 (1.3-4.1) 0.5 (0.3-1.0)
0.01 0.7 < 0.01 < 0.01 0.06
Sono mostrati i risultati dell’analisi multivariata. Non sono riportati gli hazard ratio di FV ≤30% predetto e di Paco2 ≥50mmHg da soli perché vi è una significativa interazione fra i due termini. Viene riportato il numero di pazienti per sottogruppo. Vengono riportati i dati di 230/343 pazienti inclusi nello studio per dati mancanti.
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I principali risultati dello studio di Vizza et al sono riportati nelle Figure 5-6. La questione dei modelli resta aperta, dato che i diversi studi portano a conclusioni parzialmente differenti. Questo si deve in parte al differente punto di vista di partenza. Per esempio gli studi di Liou et al si basano su pazienti trapiantati o meno e non su una analisi di pazienti in lista di attesa come quelli di Belkin et al. In secondo luogo sui parametri analizzati. Per esempio, lo studio di Belkin include pochi pazienti con B. cepacia, perché la maggior parte dei centri americani non accetta tali pazienti nelle liste. Nello studio di Belkin molti fattori non sono stati analizzati perché i dati mancavano (es. pressione in arteria polmonare per definire lo stato di ipertensione polmonare). Il test del cammino è stato riconosciuto come fattore importante in uno studio e non in un altro. La definizione di diabete è diversa nei diversi studi. L’appartenenza al sesso femminile è anche dimostrata importante in alcuni studi, ma non in tutti.
1.0 .9 Proportion Alive
al test del cammino non si sia rivelata fattore predittivo di sopravvivenza in lista potrebbe dipendere da differenti programmi di riabilitazione fra centri diversi. I principali risultati degli studi di Belkin et al sono riportati nella Figura 4 e nella Tabella 2. Lo studio di Vizza et al (2000) è stato condotto sulla casistica del centro di St Louis per identificare quali fossero i fattori presenti al momento della valutazione per l’iscrizione in lista che potessero essere associati a mortalità nell’attesa del trapianto. Sono stati analizzati i dati di 146 pazienti messi consecutivamente in lista trapianto. Le caratteristiche dei pazienti morti in lista sono state confrontate con quelle dei pazienti sopravvissuti fino all’intervento. Trentasette pazienti sono deceduti, mentre 33 erano ancora vivi e in lista al momento dell’elaborazione. La proporzione di pazienti ancora vivi al primo anno era 81%, al secondo 67% e, al terzo 59%. Sono stati identificati alcuni significativi fattori di rischio per la mortalità in lista: test del cammino di 6 minuti (RR, 0.69; 95% CI, 0.57 to 0.84), elevata pressione arteriosa polmonare (RR, 1.41; 95% CI, 1.11 to 1.80), e diabete (RR, 1.57; 95% CI, 1.06 to 2.32). Vi era, tuttavia, una forte sovrapposizione fra i gruppi e gli autori concludono che in base alla loro esperienza, non vi sono ancora solidi criteri per l’assegnazione degli organi.
.7
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Proportion Alive
Diabetic
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Non-diabetic
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0
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Non diabetic N= 79 Diabetic N= 40
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2.0
Figura 5. Curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier di pazienti con fibrosi cistica in attesa di trapianto di polmone. Il numero di pazienti ai vari intervalli è riportato nella barra sotto il grafico
Figura 6. Curve di sopravvivenza di pazienti FC con o senza diabete in lista di trapianto polmonare. Il numero di pazienti a ciascun intervallo è riportato sotto il grafico. L’analisi è stata stratificata per la presenza di diabete al momento dell’iscrizione in lista dopo correzione per altri due fattori indipendenti predittivi nel modello finale: la pressione sistolica nell’arteria polmonare e il test del cammino di sei minuti
(Da Vizza et al 2000)
(Da Vizza et al, 2000)
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N=
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.5
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146
116
81
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Il trapianto pediatrico allunga la vita dei pazienti FC? In uno studio sull’effetto del trapianto polmonare pubblicato nel 2005 Liou et al (2005) avevano segnalato che il trapianto polmonare in età pediatrica sembrava non ottenere un aumento di probabilità di sopravvivenza a cinque anni rispetto a quella attesa in base a un modello multivariato che teneva conto di un gran numero di variabili. Questo lavoro è stato successivamente ripreso dallo stesso autore in un articolo specificamente dedicato al trapianto pediatrico, recentemente pubblicato (Liou TG et al, 2007). Lo studio è stato condotto sui dati del Registro della CF Foundation americana e su quelli ottenuti dal network di distribuzione degli organi per quanto riguarda i pazienti pediatrici iscritti in lista nel periodo 1992-2002. Gli autori hanno applicato un modello di sopravvivenza, usando come covariate una serie di fattori presenti al momento dell'iscrizione in lista aggiungendo poi, come covariata, lo stesso trapianto. Quindi, il trapianto di polmone è stato utilizzato come una covariata tempo-dipendente. Lo studio è stato condotto su 514 pazienti pediatrici (meno di 18 anni) di cui erano disponibili tutti i dati. La mediana di sopravvivenza dei pazienti deceduti prima del trapianto è stata di 223 giorni. La mediana di attesa per il trapianto dei 248 pazienti trapiantati di 427 giorni e la mediana della sopravvivenza dopo il trapianto di 1037 giorni. La probabilità di sopravvivenza è stata calcolata in base a un modello che tiene conto di età, sesso, FEV1 %, z-score del peso, presenza di diabete, sufficienza/insufficienza pancreatica, infezione da S. aureus e da B. cepacia, esacerbazioni nell’ultimo anno. La probabilità di sopravvivenza a 5 anni predetta dal modello era del 57.0±20 % del gruppo che poi è stato trapiantato e del 56.9±20.3% nel gruppo non trapiantato per la durata dello studio.
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L’analisi dell’effetto di varie covariate sulla sopravvivenza è stata eseguita separatamente per il periodo di attesa in lista e per il periodo post-trapianto. Il principale risultato di questa analisi, tale da lasciar prevedere molte polemiche sul trapianto nei prossimi tempi, è che il numero di bambini che si sarebbero giovati del trapianto in termini di sopravvivenza è esiguo: circa l’1%. Cioè il tempo di reale sopravvivenza con il trapianto è stato inferiore, nella grande maggioranza dei casi, a quello atteso dal modello. Lo studio ha già sollevato varie critiche. La prima è che i casi considerati sono stati messi in lista e trapiantati in tempi in cui il solo criterio di allocazione degli organi era la durata in lista. Molti piccoli pazienti potrebbero essere stati messi in lista presto per dar loro maggiori garanzie di essere trapiantati. In secondo luogo, il modello è stato applicato all’ultima visita prima dell’iscrizione in lista. Dato il tempo di attesa in lista le loro condizioni potrebbero essere peggiorate nel periodo di attesa, quindi sarebbe stato meglio valutare l’aspettativa di vita al momento del trapianto o poco prima. Infine, lo studio riporta una sopravvivenza dopo trapianto lontana da quella ottenuta dai centri con più esperienza. Quindi, molti altri gruppi non si trovano d’accordo sulla conclusione raggiunta da Liou et al. e cioè che non si possa, oggi, considerare la pratica del trapianto pediatrico come sufficientemente consolidata come garanzia di maggior sopravvivenza e che occorra uno studio randomizzato per verificarne i reali benefici. Fra gli articoli che sostengono un’ipotesi diversa, se non contraria, ricordiamo quello pubblicato nel 2005 da Alvarez et al (2005) secondo cui la prognosi del trapianto pediatrico non sarebbe diversa da quella del trapianto nell’adulto.
Anno II - n. 2, 2008
Ruolo dell’infezione da B. cepacia Fra i diversi fattori aggravanti nella fibrosi cistica è ben riconosciuto il ruolo dell’infezione da B. cepacia. La tassonomia di questo batterio è stata recentemente rivista. I pazienti con infezione da B. cepacia genomovar III, oggi riconosciuta come B. cenocepacia, sono considerati ad alto rischio di decesso sia mentre sono in lista di attesa che dopo il trapianto. Il maggior problema posto in questi casi è se sia lecito prospettare il trapianto. Diversi centri ne rifiutano l’inserimento il lista. Il dato più recente è di Alexander et al (2008).
Su una casistica di 75 pazienti con fibrosi cistica trapiantati nel periodo 1992-2002, 16 pazienti erano colonizzati da B. cenocepacia prima del trapianto. Di questi, l’87,5% era ancora colonizzato dallo stesso ceppo dopo il trapianto. I pazienti con infezione da B. cenocepacia avevano un rischio di morte sei volte più elevato di quelli con infezioni da altri tipi di Burkholderia e otto volte superiore a quello di pazienti non infetti da B. cepacia complex.
Conclusioni e prospettive di ricerca L’elevata mortalità dei pazienti con fibrosi cistica tende a diminuire in tutti i centri più qualificati e si prolunga l’aspettativa di vita anche dei pazienti gravi. Tuttavia, non esistono a tutt’oggi modelli predittivi di sopravvivenza nella fase terminale della malattia. Il trapianto bipolmonare ha conosciuto un forte sviluppo negli ultimi due decenni e rappresenta per i pazienti con fibrosi cistica in fase terminale una reale prospettiva di prolungamento di vita. Sebbene questa sia un’opinione sempre più accettata sia in ambienti chirurgici che in molti centri di fibrosi cistica, testimoniata dal numero crescente di pazienti messi in lista, non disponiamo ancora di
una convincente analisi dei dati, fino a ritenere, come sostenuto dalle numerose pubblicazioni del gruppo di Liou analizzate in questo numero della rivista, che sia ancora da dimostrare che il trapianto prolunghi realmente la vita. Secondo Liou, ci sarebbe spazio per studi randomizzati (trapianto vs attesa) almeno per i pazienti con fibrosi cistica di meno di 18 anni. Per altri, questi studi non sarebbero etici dato che ritengono certo il miglioramento di prospettiva di vita offerto dal trapianto. Pensiamo che, a questo punto, sia necessaria una seria metanalisi dei dati disponibili e che debbano necessariamente essere pubblicati più dati ottenuti in diversi contesti.
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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
Istruzioni per la pulizia e la disinfezione del nebulizzatore
3. FORMA FARMACEUTICA
4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche
4.2 Posologia e modo di somministrazione
4.3 Controindicazioni
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Avvertenze generali
Broncospasmo
Disturbi neuromuscolari
Istruzioni per l’uso Nefrotossicità
Istruzioni per l’apertura del contenitore:
Ototossicità