TRIMESTRALE SCIENTIFICO
Anno IV - n. 2, Giugno 2010
Valutazione del metabolismo osseo nel paziente con fibrosi cistica Guest Editor Maria Luisa Bianchi Centro Malattie Metaboliche Ossee, Istituto Auxologico Italiano IRCCS, Milano, Italy
IL PROBLEMA Da diversi anni è noto che i pazienti con fibrosi cistica sono esposti a un aumentato rischio di osteopenia/osteoporosi e di fratture ossee. Sono stati identificati vari fattori causali: alcuni fattori erano già noti da tempo, come la malnutrizione, la ridotta attività fisica, l’uso prolungato di corticosteroidi, e per i bambini la ridotta accelerazione della crescita puberale; altri fattori sono stati individuati più recentemente, come l’attivazione delle citochine pro-infiammatorie durante gli episodi di infezione polmonare. Infine, in tempi più recenti, si è ipotizzato che possa esservi anche un effetto diretto del difetto genetico di base. Infatti, la proteina CFTR è espressa anche a livello delle cellule ossee, e quindi potrebbe interferire con i processi fisiologici di formazione e riassorbimento osseo. Un danno osseo, infatti, è già rilevabile in bambini piccoli, non malnutriti e con espressione molto lieve di malattia respiratoria. La conferma di queste ipotesi potrebbe aprire nuove prospettive nella comprensione della patogenesi del danno osseo nella fibrosi cistica. Sono anche apparsi numerosi studi sulle possibili strategie di intervento e si delinea la necessità di un approccio precoce e complesso che tenga conto dell’apporto di calcio e vitamina D, dell’apporto di vitamina K, e per l’età pediatrica della crescita prepuberale e puberale, dell’attività fisica oltre che di trattamenti farmacologici. Obiettivo di questo numero è prendere in esame gli studi pubblicati sulle alterazioni metaboliche ossee nella fibrosi cistica negli ultimi cinque anni, rimandando a un successivo numero l’analisi del trattamento.
Pubblicazione con l’egida della
Guest Editor Maria Luisa Bianchi Centro Malattie Metaboliche Ossee, Istituto Auxologico Italiano IRCCS, Milano, Italy
Anno IV, N. 2 - Giugno 2010
Impaginazione Sinergie Edizioni Scientifiche S.r.l.
Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 341 del 28/05/2007 Editore SINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l. Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel./Fax 02 58118054 E-mail: redazione@edizionisinergie.com www.edizionisinergie.com Direttore responsabile Mauro Rissa Redazione Sinergie Edizioni Scientifiche S.r.l.
3 4 5 9 9 10 12
Stampa Galli Thierry Stampa S.r.l. Via Caviglia, 3 - 20139 Milano Tiratura 1.000 copie
Copyright ©2010 SINERGIE S.r.l. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata o riprodotta senza l’autorizzazione dell’Editore.
Prevalenza di fratture nei pazienti con fibrosi cistica Prevalenza di osteopenia/osteoporosi Osteopenia/osteoporosi nel bambino Problemi aperti Qualche spunto conclusivo Nuovi fattori patogenetici Conclusioni
FC Strumenti ed evidenze è una rivista monografica, trimestrale, dedicata al mondo della fibrosi cistica. Essa si prefigge di trattare argomenti solitamente “meno battuti” dal mondo medico e di offrire, quindi, un contributo originale a chi si occupa della cura dei pazienti o dell’organizzazione dell’assistenza. FC Strumenti ed evidenze si propone quindi come strumento per la ricerca clinica e per la valutazione dei sistemi assistenziali della fibrosi cistica. La rivista contiene articoli elaborati internamente dalla redazione con il contributo di esperti del settore, a livello nazionale ed internazionale. Ogni numero viene curato da un Guest editor che ne garantisce la validità scientifica e la completezza. L’editore sarà lieto di accogliere proposte ed eventuali contributi per la redazione di numeri monografici che verranno valutati dalla redazione. Sono anche accettati contributi di esperti che vogliano proporsi come Guest editor di una monografia. Le proposte possono essere inviate a redazione@edizionisinergie.com Finito di stampare nel mese di Aprile 2010
Anno IV - n. 1, 2010
Prevalenza di fratture nei pazienti con fibrosi cistica L’obiettivo principale dello studio dell’osso nella fibrosi cistica (FC) è identificare i fattori di rischio per la riduzione della densità ossea e per le fratture, in modo da intraprendere provvedimenti preventivi o terapeutici il prima possibile. È quindi importante vedere quello che è stato pubblicato sull’epidemiologia dell’osteoporosi e delle fratture. Di particolare interesse sono le fratture vertebrali che, se plurime, provocando cifosi, possono alterare la meccanica respiratoria, fino a costituire una controindicazione per il trapianto polmonare.
E’ necessaria una premessa generale prima di vedere i singoli studi sulle fratture. Nella maggior parte dei casi si tratta di studi retrospettivi, su un numero limitato di pazienti, utilizzando le sole radiografie del torace, quindi non con obiettivo primario lo studio delle fratture vertebrali (sia dorsale che lombari). Questa osservazione è importante perché probabilmente il numero di fratture è sottostimato, a causa dei problemi metodologici presenti in questi studi.
Papaioannou Alexandra, Kennedy Courtney, Freitag Andreas, O’Neill John, Pui Margaret, Ioannidis George, Webber Colin, Pathak Anjali, Hansen Suzanne, Hennessey Rosamund, Adachi Jonathan. Longitudinal analysis of vertebral fracture and BMD in a Canadian cohort of adult cystic fibrosis patients. BMC Musculoskelet Disord. 2008;9:125. Lo studio di Papaioannou et al. (2008) valuta in modo retrospettivo la densità minerale ossea (BMD) e la prevalenza di fratture vertebrali in 49 pazienti adulti (età media 25,2 ± 9,4 anni) affetti da fibrosi cistica. Revisionando un arco di tempo di circa 3 anni, sono state prese in esame la prima e l’ultima radiografia disponibili e una DXA (dual X-ray absorptiometry) effettuata durante l’intervallo di tempo. Le fratture sono state valutate sulle radiografie del torace, utilizzando il metodo semiquantitativo di Genant (Genant HK et al., 2000). La BMD (bone mineral density, o densità minerale ossea) era valutata con metodo DXA a livello lombare, del femore prossimale e dello scheletro intero. Nell’arco di circa 4 anni, la BMD si riduceva maggiormente nel gruppo con fratture vertebrali, rispetto a quello senza fratture (ad esempio -6,04%
nei fratturati e -2,32% nei non-fratturati a livello del femore prossimale). L’analisi delle radiografie iniziali evidenziava che il 16,3% (8 pazienti) dei 49 pazienti aveva almeno una frattura vertebrale. Alla seconda radiografia (circa 3 anni dopo) si osservavano 4 nuove fratture vertebrali (incidenza dell’8,5%), e la prevalenza saliva al 21,3%. Questo dato è simile a quello riscontrato nella popolazione generale canadese di ambo i sessi e di età superiore ai 50 anni, quindi con un’età nettamente più elevata rispetto ai pazienti con FC studiati. Precedenti studi sui pazienti con FC (Conway SP et al., 2000; Elkin SL et al., 2001) avevano riportato prevalenze delle fratture vertebrali del 17% e del 26%, e del 51% in pazienti trapiantati (riduzione dell’altezza anteriore del corpo vertebrale > al 20%) (Aris RM et al., 1998; Aris RM et al., 2000).
Rossini M, Del Mare, Dal SF, Gatti D, Braggion C, James G, Adami S: Prevalence and correlates of vertebral fractures in adults with cystic fibrosis. Bone 2004, 35:771-776 Nello studio cross-sectional di Rossini in 191 pazienti adulti, (età compresa tra i 18 e i 50 anni) del Centro di Verona, sono stati valutati il BMD (mediante DXA del
femore prossimale, del rachide lombare e dello scheletro intero) e le radiografie del rachide dorso-lombare per identificare le fratture vertebrali. Il T-score del BMD
3
Anno IV - n. 1, 2010
lombare era inferiore a -2,5 nel 27,3% delle donne e nell’11,2% degli uomini, a livello del femore prossimale e dello scheletro intero la riduzione della densità ossea era presente in un numero minore di soggetti. Nel 26,7% dei pazienti è stata rilevata almeno una frattura vertebrale, e nel 12% delle donne e nel 7,7% degli uomini sono state rilevate plurime fratture vertebrali. In particolare, i pazienti in terapia insulinica o in O2 tera-
pia presentavano una densità ossea minore e una maggiore prevalenza di fratture vertebrali. Tra le variabili analizzate, gli uomini con fratture avevano livelli serici più ridotti di estradiolo e testosterone libero. Gli autori concludevano che l’osteoporosi è frequente nei pazienti con FC e che la prevalenza di fratture vertebrali appare ancora più elevata rispetto a quanto atteso sulla base dei valori di densità ossea.
Stephenson A, Jamal S, Dowdell T, Pearce D, Corey M, Tullis E: Prevalence of vertebral fractures in adults with cystic fibrosis and their relationship to bone mineral density. Chest 2006, 130:539-544 È interessante segnalare che lo studio di Stephenson et al. sui pazienti di Toronto affetti da FC riporta una prevalenza di fratture vertebrali di solo il 7%, quindi inferiore rispetto agli studi citati. Lo studio esamina retrospettivamente 167 pazienti adulti (non trattati con bisfosfonati, e non sottoposti a trapianto polmonare) che abbiano effettuato una radiografia del torace e una DXA a distanza massima di 1 mese tra di loro. Dei 167 pazienti, 60 presentavano osteopenia, secondo i criteri OMS, e 15 osteoporosi. 12 pazienti avevano fratture vertebrali (riduzione dell’altezza anteriore del corpo vertebrale > al 25%). Quindi il criterio di valutazione delle fratture è diverso rispetto a quello adottato negli studi citati sopra.
I 12 pazienti con fratture avevano un BMD leggermente maggiore (T-score -0,3) rispetto ai pazienti senza fratture (T-score -0,9). I pazienti fratturati avevano anche valori più elevati di FEV e BMI rispetto ai non- fratturati, per cui, secondo gli autori, potrebbero effettuare attività fisiche più intense rispetto agli altri, giustificando quindi la presenza di fratture. Secondo gli autori inoltre nella fibrosi cistica, quanto misurato con la DXA non è sufficientemente predittivo e non riflette tutti i problemi legati a una “cattiva qualità dell’osso”. Tuttavia ciò va considerato con cautela visti i limiti dello studio e la numerosità molto scarsa (12 soggetti).
Prevalenza di osteopenia/osteoporosi Le prime segnalazioni relative a osteopenia/osteoporosi nei pazienti adulti affetti da fibrosi cistica, risalgono agli anni 1980, ma, come evidenziato nella metanalisi di Paccou et al. (2010), i primi studi sistematici sono stati pubblicati a partire dalla fine degli anni 1990. I dati riassuntivi sono riportati nella Tab. 1. Nella sua metanalisi Paccou, si basa su 12 studi per un totale di 1055 pazienti di età compresa tra i 18,5 e i 32 anni, e mostra una forte eterogeneità dei risultati e una certa influenza dell’effetto periodo, nel senso che gli studi iniziali tendono a mostrare una maggiore prevalenza di osteopenia/osteoporosi/fratture rispetto a quelli iniziati in anni successivi. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, alla fine
4
degli anni 1990, il trattamento dei pazienti con FC era diverso e teneva già conto anche del rischio di osteoporosi. Malgrado la disomogeneità delle indagini, i dati mostrano che osteoporosi e osteopenia sono frequenti nella FC, come pure le fratture. La prevalenza di osteoporosi era del 23,5%, e quella di osteopenia il 38%. Inoltre, anche la prevalenza delle fratture vertebrali (analizzata solo in 6 dei 12 studi) era elevata (14%). Le fratture vertebrali sono prevalentemente toraciche, ma occorre sempre ricordare che la maggior parte degli studi utilizzava le sole radiografie del torace; vi è inoltre anche una elevata prevalenza di fratture non vertebrali (19,7%).
Anno IV - n. 1, 2010
Autore
Paese
Anno di % donne Età media FEV% BMI medio Osteoporosi % (95%IC) (DS) pubblicazione (DS)
Haworth Brenckman Stephenson King Rossini Flohr Ionescu Grey Conway Elkin Aris Lang
UK Canada Canada Australia Italia Deutschland UK USA UK UK USA Deutschland
1999 2003 2006 2005 2004 2002 2000 1993 2000 2001 2002 2004
45 57.5 38.3 39.7 47.6 49.3 50 50 53.5 45.8 54 38.2
25.3 (7.1) 28.7 (8.4) 30 (9) 29.9 (7.7) 27 (NR) 25.3 (0.8) 23.6 (NR) 23 (8) 18.5 (NR) 28 (8) 28.3 (7.8) 32 (7)
58.8 52.3 62 58.2 47.6 NR NR 65 47 50.8 46.1 56.2
21.2 (2.5) 20.6 (2.3) 22.4 (3.8) 21.4 (2.6) 20.0 (NR) 19.9 (0.3) NR 20.0 (2) 20.2 (NR) 20.8 (3) 20.0 (3.3) 20.7 (2.5)
NR 20.0 (9.1-35.6) 9.0 (5.1-14.4) 14.8 (8.1-23.9) 19.4 (14-25.7) 26.7 (17.1-38.1) 59.1 (36.4-79.3) NR 18.4 (11.8-26.8) 42.1 (32.6-52) 14.0 (5.8-26.7) 29.7 (15.1-47.5)
Osteopenia % (95%IC)
Fratture vertebrali Fratture non vertebrali % (95% IC) % (95%IC)
NR 40.0 (24.9-56.7) 35.9 (28.7-43.7) 42.0 (31.6-53) NR 33.3 (22.9-45.2) 31.8 (13.9-54.9) NR 48.2 (38.8-57.8) 12.1 (6.6-19.9) 70.0 (55.4-82.1) 32.4 (17.4-50.5)
NR NR 7.2 (3.8-12.2) 5.7 (1.9-12.8) 26.7 (20.6-33.6) NR NR 31.3 (11.0-58.7) 14.9 (8.9-22.8) 9.3 (4.6-16.5) NR NR
33.8 (26.3-41.9) NR NR 38.6 (28.4-49.6) NR 20.0 (10.4-33.0) NR NR NR 34.6 (25.6-44.4) NR NR
NR= non riportato
Tabella 1. Studi sulla prevalenza di osteopenia, osteoporosi e fratture vertebrali e non vertebrali in fibrosi cistica (da Paccou et al., 2010)
Osteopenia/osteoporosi nel bambino della corticale, misurato con la pQCT sull’avambraccio, era ridotto rispetto ai controlli. Lo spessore corticale si correlava significativamente con la massa magra corporea valutata con DXA (Figura 1).
pTcort (mm)
Nella popolazione pediatrica, per quanto i risultati siano anche qui eterogenei, vari studi mostrano che un deficit di mineralizzazione ossea è presente dall’infanzia, con Z-score bassi sia a livello del rachide che dello scheletro intero e del femore. L’osteopenia colpisce dal 33% al 47% dei bambini e l’osteoporosi dal 20% al 28%. Studi longitudinali indicano che una riduzione della densità ossea è molto precoce, a partire dall’età di 5 anni, anche in bambini con forme lievi di malattia respiratoria, e che vi è una perdita di circa una deviazione standard ogni 6-8 anni. La frequenza di osteopenia aumenta nell’adolescenza, per cui una discreta percentuale di adolescenti con FC raggiunge un picco di massa ossea inferiore a quello ottimale. Lo studio di Louis et al. (2009) condotto su 48 soggetti affetti da FC, con età compresa tra i 13 e i 30 anni e con stato nutrizionale normale, evidenziava valori di BMD normali sia a livello dello scheletro intero (DXA) sia a livello dell’avambraccio (tomografia computerizzata quantitativa periferica, pQCT). Solo lo spessore
2.5 2.4 2.3 2.2 2.1 2.0 1.9 1.8 1.7 1.6 1.5 20000
30000
40000 50000 LMtb (g)
60000
70000
Figura 1. Correlazione fra massa magra in g valutata con DXA e spessore corticale a livello del radio prossimale (in mm) misurata con pQCT in 48 pazienti con fibrosi cistica (da Louis et al., 2009)
5
Anno IV - n. 1, 2010
Buntain H M, Schluter P J, Bell S C, Greer R M, Wong J C H, Batch J, Lewindon P, Wainwright C E. Controlled longitudinal study of bone mass accrual in children and adolescents with cystic fibrosis. Thorax. 2006;61:146-54 Dopo aver corretto i dati per età, sesso e per Z-score delle altezze (per evitare che il dato densitometrico potesse essere influenzato dalla ridotta taglia corporea dei soggetti con FC) Buntain et al. hanno valutato l’incremento della BMD in 85 bambini e adolescenti (5-18 anni) con FC durante 5 anni. L’incremento del BMD risultava significativamente inferiore nei pazienti FC rispetto
ai controlli: in particolare a livello della colonna lombare nei bambini prepuberi (età 5-10 anni) a livello di tutti i siti scheletrici (colonna lombare, total body e collo femorale) e negli adolescenti (età 11-18 anni). L’entità dell’incremento del BMD era associato alla gravità della malattia respiratoria e, inversamente, alla massa magra. Non è stato osservato un ritardo puberale.
Bianchi ML, Romano G, Saraifoger S, Costantini D, Limonta C, Colombo C. BMD and body composition in children and young patients affected by cystic fibrosis. J Bone Miner Res. 2006;21:388-96 Lo studio di Bianchi et al. (2006) è stato condotto su una popolazione pediatrica e di giovani adulti di 136 pazienti (età 3-24 anni) per valutare longitudinalmente la BMD in un arco di 12-24 mesi. Il 66% dei pazienti aveva una BMAD (bone mineral apparent density, una correzione che permette di calcolare un valore volumetrico) ridotta a livello della colonna. La BMD dello scheletro intero era anch’essa ridotta. La prevalenza della riduzione del BMD non cambiava con l’età e lo stadio puberale. I maggiori determi-
r = 0.71
B
p<0.002
BMD spine (mg/cm2)
BMD spine (mg/cm2)
A
nanti del valore di densità ossea erano la FEV1, la pubertà, la presenza di ipertensione portale e la dose cumulativa di steroidi. Lo studio della composizione corporea effettuato con la DXA mostrava che la massa magra influenzava la BMD del total body e degli arti inferiori, mentre la massa grassa e il BMI influenzavano la BMD della colonna. Rispetto agli altri studi, questo segnala il ruolo della malattia epatica grave, altamente rappresentata nella casistica seguita.
1000 800 600 400 200 0 25
50
75
100
125 150 FEV1 (%)
r = 0.56
p<0.03
1000 800 600 400 200 0 10
70
130 190 250 310 370 430 Platelets (109/L)
Figura 2. BMD a livello della colonna correlato con la FEV1% (A) e con la conta piastrinica, indicativa di ipertensione portale (B) (da Bianchi et al., 2006)
6
Anno IV - n. 1, 2010
Kelly A, Schall JI, Stallings VA, Zemel BS. Deficits in bone mineral content in children and adolescents with cystic fibrosis are related to height deficits. J Clin Densitom. 2008;11:581-9
Lo studio, condotto su 82 soggetti affetti da FC di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, ha misurato il BMC (contenuto minerale osseo) a livello dello scheletro intero e della colonna lombare, e la composizione corporea con la DXA. I pazienti con FC avevano Z-score inferiori rispetto ai controlli, sia per quanto riguarda i parametri auxologici (peso e altezza), sia per quanto riguarda la massa magra, e un BMC ridotto (sempre espresso con Z-score) a livello dello scheletro intero e del colonna lombare. La riduzione del BMC era correlata con l’altezza, la massa magra e la funzione respiratoria.
Visto che le dimensioni corporee dei pazienti con FC possono spesso essere inferiori rispetto ai controlli sani, gli autori suggeriscono di considerare il BMC, e non la BMD della DXA, per ridurre il rischio di sovrastimare la riduzione della densità ossea nel paziente pediatrico. Questo perché la DXA misura un’area e non un volume, e non tenendo conto dello spessore osseo, il BMD è influenzato dalle dimensioni dell’osso misurato, che sono correlate alla taglia del soggetto.
Lucidi V, Bizzarri C, Alghisi F, Bella S, Russo B, Ubertini G, Cappa M. Bone and body composition analyzed by Dual-energy X-ray Absorptiometry (DXA) in clinical and nutritional evaluation of young patients with Cystic Fibrosis: a cross-sectional study. BMC Pediatr. 2009;9:61
Una correlazione fra gravità della malattia, malnutrizione, massa magra e BMD della colonna lombare è stata anche riscontrata da Lucidi et al. (2009) in uno studio trasversale condotto su 82 pazienti, di età compresa tra i 5 e i 30 anni, nel 33% prepuberi e nel
55% adolescenti. I pazienti erano stati confrontati con coetanei sani di uguale sesso, stadio puberale e altezza. La BMD era correlata positivamente con il BMI e la massa magra, e negativamente con la funzione respiratoria (Figure 3 e 4).
lean mass (g)
FEV1% p:0.0104
60,000
p:0.0047
120
40,000
80
20,000
40
-6
-5
-4
-3
-2 Z score
-1
0
1
Figura 3. Correlazione fra Z score a livello della colonna lombare e FEV1% (da Lucidi et al., 2009)
2
-6
-5
-4
-3
-2 Z score
-1
0
1
Figura 4. Correlazione fra z-score a livello della colonna lombare e massa magra (da Lucidi et al., 2009)
7
2
Anno IV - n. 1, 2010
Reix P, Bellon G, Braillon P. Bone mineral and body composition alterations in paediatric cystic fibrosis patients. Pediatr Radiol 2010;40:301-308 Questi autori hanno misurato il contenuto minerale osseo (BMC) in 162 pazienti di età compresa fra 2 e 18 anni rapportando i dati al peso corporeo e confrontandoli con quanto atteso in base al peso ideale. In questo modo, hanno potuto apprezzare che il BMC era inferiore del 6% a quello ideale, ma questo corrispondeva anche a un peso ridotto. Pertanto, secondo gli autori, il BMC poteva essere considerato adeguato al peso dei pazienti.
Gli autori ritengono che applicare questa correzione al BMC consenta una migliore valutazione del rischio di frattura. Occorre sottolineare che lo studio era stato condotto con uno strumento DXA (Norland) che non consente di eliminare la testa dalla misurazione del BMC (o BMD) determinato sullo scheletro intero, come andrebbe correttamente fatto in età pediatrica (Baim S et al., 2008). Ciò potrebbe costituire un importante limite dello studio.
Grey V, Atkinson S, Drury D, Casey L, Ferland G, Gundberg C, Lands LC. Prevalence of low bone mass and deficiencies of vitamins D and K in pediatric patients with cystic fibrosis from 3 Canadian centers. Pediatrics. 2008;122:1014-20 Gli autori, appartenenti a tre centri canadesi, hanno valutato la massa ossea in rapporto alla funzione respiratoria, allo sviluppo puberale, all’apporto di calcio, vitamina D e K e all’attività fisica. Sono anche stati valutati vari markers del turnover osseo. I bambini erano in condizioni nutrizionali relativamente buone e presentavano un grado lieve/moderato di danno respiratorio. Un basso BMC (-1:-2 Z-score) è stato riscontrato nel 38% pazienti a livello dello scheletro
intero e nel 28% a livello lombare. Livelli inferiori a -2 Z-score sono stati osservati solo in sette pazienti per entrambi i siti scheletrici misurati. I livelli di vitamina D erano bassi nel 95% dei pazienti e quelli di vitamina K nell’82%. I livelli plasmatici dei markers di turnover osseo (osteocalcina, propeptide C-terminale del procollagene di tipo 1, deossipiridinolina) suggeriscono che in molti pazienti è presente una ridotta formazione ossea e un aumentato riassorbimento osseo.
Sermet-Gaudelus I, Souberbielle J C, Ruiz JC, Vrielynck S, Heuillon B, Azhar I, Cazenave A, Lawson-Body E, Chedevergne F, Lenoir G. Low bone mineral density in young children with cystic fibrosis. Am J Respir Crit Care Med. 2007;175:951-7 La BMD a livello lombare è stata misurata in 25 bambini di meno di 6 anni, 53 bambini di 6-10 anni e 36 adolescenti di 11-18 anni. Gli Z-score erano inferiori al normale già nei bambini più piccoli ed erano inferiori a -1 nel 34% dei pazienti con danno polmonare lieve
e stato nutrizionale normale. Vi era una correlazione positiva con la massa magra. I dati indicano che la malattia ossea è già presente nel bambino piccolo, indipendentemente dallo stato nutrizionale e dalla gravità della malattia.
Gronowitz E; Mellstrom D;Strandvik B. Normal annual increase of bone mineral density during two years in patients with cystic fibrosis. Pediatrics. 2004;114:435-442 Questo studio, condotto su 54 pazienti con FC di età compresa tra i 6 e i 33 anni, evidenzia che, pur avendo un BMD Z-score <-1 DS nel 36% dei pazienti a livello della colonna lombare e nel 33% a livello del collo femorale, l’incremento del BMD era normale in un follow-up di due anni. Quindi, lo stu-
8
dio conclude che i pazienti con fibrosi cistica, con parametri auxologici normali e con normale crescita staturale, possono avere anche un buon accrescimento della densità ossea. Tale incremento era meno soddisfacente nei pazienti con più grave infezione polmonare.
Anno IV - n. 1, 2010
Problemi aperti L’elevata prevalenza di osteopenia/osteoporosi nella fibrosi cistica è segnalata da diversi anni. Mentre, inizialmente, veniva associata solo alla gravità della malattia, respiratoria e/o nutrizionale, gli studi condotti in età pediatrica hanno identificato che la riduzione della densità ossea può essere precoce e presente anche in bambini non malnutriti e senza grave compromissione respiratoria. Certamente mancano ancora studi longitudinali, pro-
spettici su casistiche numerose, soprattutto per quanto riguarda l’età pediatrica in grado di valutare l’andamento della densità ossea nel tempo. Per quanto riguarda i bambini, anche per la fibrosi cistica, occorre porre molta attenzione alla valutazione della densità ossea, che deve essere fatta solo conoscendo i vantaggi e i limiti delle varie metodiche disponibili, e le corrette procedure di analisi del dato densitometrico.
Qualche considerazione sulle tecniche densitometriche La DXA, che è il metodo maggiormente utilizzato per la valutazione della BMD a tutte le età e per stimare il rischio di fratture, non misura la reale densità minerale ossea in mg/cm3 (massa minerale/volume) ma solo una densità “areale” in mg /cm2 (massa minerale/area della superficie di proiezione dell’osso). Per ragioni matematiche, ciò porta a sottovalutare la reale densità per ossa piccole ed a sopravvalutarla per ossa grandi. Ciò costituisce un problema nello studio dell’osso durante la crescita, e può essere superato solo con opportune correzioni. La DXA, inoltre, non valuta le caratteristiche geometriche dell’osso, alcune delle quali, come lo spessore corticale e il diametro esterno delle ossa lunghe, sono particolarmente importanti ai fini della resistenza meccanica. Infine, la DXA non può distinguere l’osso trabecolare da quello corticale, come è in grado di fare la tomografia assiale (TAC). Tuttavia la DXA, consente la misurazione (con una dose minima di radiazioni) a livello di diversi siti scheletrici (colonna, femore, avambraccio) e dello scheletro intero, permettendo contestualmente di valutare in modo preciso la composizione corporea. Le altre metodiche disponibili sono la TAC e l’ultrasonografia quantità (QUS). Per quanto riguarda la TAC centra-
le per valutare la BMD deve essere opportunamente attrezzata con un software per lo studio osseo. La TAC periferica (pQCT) misura la BMD solo appendicolare (avambraccio, gamba). Nel caso della TAC la dose di radiazioni è maggiore rispetto alla DXA, inoltre la variabilità degli strumenti, e la variabilità dei metodi di scansione (legati al posizionamento dei punti di scansione, soprattutto a livello appendicolare) rendono molto complesso e difficile il confronto tra i vari studi. Il suo uso è limitato anche dalla scarsa disponibilità di strumenti. A partire dagli anni 1980, si è proposto di analizzare la propagazione di ultrasuoni attraverso l’osso, quantificando parametri come la velocità di propagazione dell’onda ultrasonica o la sua attenuazione (Töyräs J et al., 1999). Ciò può fornire informazioni utili sulla composizione dell’osso, da correlare al rischio di frattura. Anche la QUS è effettuabile solo a livello appendicolare, di solito falangeo o calcaneale. Tuttavia, i diversi strumenti non sono confrontabili tra loro, molti non sono stati studiati per un corretto posizionamento in età pediatrica, e il riposizionamento negli studi longitudinali è notevolmente difficile. Ci sono inoltre problemi legati a una non ottimale sensibilità e specificità della metodica.
Ultrasonografia quantitativa Rossini M, Viapiana O, Del Marco A, de Terlizzi F, Gatti D, Adami S. Quantitative ultrasound in adults with cystic fibrosis: correlation with bone mineral density and risk of vertebral fractures. Calcif Tissue Int. 2007;80:44-9 Rossini et al. (2007) hanno condotto uno studio su 172 pazienti (20-50 anni) misurando la QUS a livello calca-
neare e falangeo per valutare se discriminava nei pazienti con FC quelli senza o con fratture vertebrali.
9
Anno IV - n. 1, 2010
Deformità vertebrali erano presenti in circa il 30% dei pazienti. Sia la QUS del calcagno che la DXA non erano in grado di discriminare i pazienti con o senza fratture delle vertebre, mentre la QUS delle falangi lo era. Si tratta di uno dei pochi studi che applica questa metodica a pazienti con fibrosi cistica (preceduto da Flohr Fet al.,
2002) e conferma la possibilità che proprietà dell’osso diverse da quelle rilevate dalla densità ossea possano avere importanza nel determinare il rischio di fratture vertebrali in questi pazienti. Gli autori concludono che questa metodica meriti di essere ulteriormente applicata allo studio della fibrosi cistica.
Nuovi fattori patogenetici Il ruolo della viamina K Fewtrell M S, Benden C, Williams J E, Chomtho S, Ginty F, Nigdikar S V, Jaffe A. Undercarboxylated osteocalcin and bone mass in 8-12 year old children with cystic fibrosis. J Cyst Fibros. 2008;7:307-12 Conway SP;Wolfe SP;Brownlee KG;White H;Oldroyd B;Truscott JG;Harvey JM;Shearer MJ. Vitamin K status among children with cystic fibrosis and its relationship to bone mineral density and bone turnover. Pediatrics. 2005;115:1325-1331 Nella dieta, la vitamina K è presente prevalentemente nella verdura e in alcuni tipi di oli (es. soia, oliva) come fillochinone (vitamina K1). La vitamina K1 viene metabolizzata, dalla flora batterica intestinale, a vitamina K2, vitamine che fungono da cofattori della trasformazione post-trascrizionale di residui glutamilici e gamma-carbossiglutamilici, presenti nella protrombina e nell’osteocalcina. Quest’ultima proteina viene prodotta dagli osteoblasti e rappresenta il 10-20% delle proteine ossee, escluso il collagene; possiede elevata affinità per l’idrossiapatite e svolge un ruolo importante nella formazione e nella mineralizzazione dell’osso. I livelli circolanti di osteocalcina sono correlati alla formazione ossea. Le proteine dipendenti dalla vitamina K, se ipo-carbossilate, perdono funzionalità e sono un segnale di deficit vitaminico. Per esempio, i livelli di protrombina ipo-carbossilata, prodotta in assenza di vitamina K (PIVKA-II) sono un indicatore molto più sensibile di deficit vitaminico rispetto al tempo di protrombina. Le proteine ossee vitamino K-dipendenti sono molto sensibili al deficit della vitamina e una certa ipo-carbossilazione della osteocalcina è riscontrabile anche in soggetti sani a tutte le età. Il rapporto fra osteocalcina totale e ipo-carbossilata è indice sensibile dello stato osseo relativo alla vitamina K, scompensandosi per primo in caso di deficit e correggendosi per primo in caso di replezione. Il primo ampio studio sul rapporto fra vitamina K e
10
danno osseo nella fibrosi cistica è stato pubblicato da Conway et al. (2005) dimostrando un sostanziale deficit vitaminico nella casistica studiata (109 bambini con età media 11 anni, FEV1% medio 73 e BMI medio 16,7 furono arruolati e su 93 furono effettuate le misurazioni su sangue). I livelli di vitamina K erano correlati negativamente con quelle di osteocalcina ipo-carbossilata (uc-OC). Quest’ultimi erano significativamente correlati ai marcatori di turnover osseo, che a loro volta correlati negativamente con la BMD, ma non vi era correlazione diretta fra i livelli di osteocalcina e la BMD. Lo studio evidenzia che un deficit di vitamina K è frequente nei bambini con FC. Tenendo conto del ruolo di tale vitamina nella carbossilazione dell’osteocalcina, si suggerisce di somministrare vitamina K ai pazienti con FC, dato che una carenza potrebbe associarsi a un alterato rimodellamento osseo. Questi dati sono sostanzialmente confermati dallo studio di Fewtrell et coll. (2008) condotto su 32 bambini di 8-12 anni. Gli autori però hanno riscontrato una correlazione fra BMAD della colonna e percentuale di osteocalcina ipo-carbossilata. Ogni di 1% di uc-OC l era associato a una diminuzione di 0,04 DS della BMD della colonna. In questo studio, inoltre, la funzione respiratoria e il punteggio radiologico di Chrispin e Norman mostravano una correlazione fra malattia polmonare e diminuita formazione ossea.
Anno IV - n. 1, 2010
Un ruolo degli acidi grassi essenziali? Gronowitz Eva, Lorentzon Mattias, Ohlsson Claes, Mellström Dan, Strandvik Birgitta. Docosahexaenoic acid is associated with endosteal circumference in long bones in young males with cystic fibrosis. Br J Nutr. 2008;99:160-7 Gli acidi grassi essenziali si sono dimostrati importanti nel determinare la crescita ossea e la densità ossea negli studi su animali. Uno studio svedese ha dimostrato che gli omega-3 sono associati alla mineralizzazione dell’osso (Hogstrom M et al., 2007) ed è noto che nella fibrosi cistica vi è una carenza di acidi grassi essenziali. Il Centro FC di Stoccolma da tempo somministra regolarmente ai pazienti acidi grassi essenziali e, in passato, aveva pubblicato dati che mostravano un buon accrescimento osseo nei propri pazienti (Gronowitz E et al., 2004). Esso, quindi, ha ipotizzato una relazione fra la consuetudine clinica e lo stato osseo. Gli autori confermano, studiando la composizione ossea, sia con DXA che con pQCT, che lo sviluppo osseo nei loro pazienti è sostanzialmente simile a quello di una popolazione di controllo. Si osserva che, nel gruppo con fibrosi cistica, vi è un rapporto fra
rapporto acidi grassi n-3:n-6 e spessore della corticale a livello del radio che indicherebbe l’effetto favorevole degli acidi grassi essenziali per la crescita dell’osso. Al contrario, elevati livelli di DHA, acido grasso a lunga catena, carente nella malattia, sono associati a un ridotto spessore della corticale. I risultati dello studio sono di complessa interpretazione. Le misurazioni di acidi grassi essenziali sono eseguite a livello dei fosfolipidi sierici, ma la regolare supplementazione non arriva a correggerne la carenza rispetto alla normale popolazione svedese. Lo studio confermerebbe l’importanza della somministrazione routinaria di acidi grassi essenziali nella fibrosi cistica, peraltro sostenuta anche per una possibile funzione anti-infiammatoria, ma getterebbero un dubbio sull’uso del DHA, sostanza che molti considerano da utilizzare ad alte dosi in questa malattia.
Gene CFTR e metabolismo osseo Come già detto, la comparsa di problemi ossei in età molto precoce e in bambini non gravemente affetti da sintomi respiratori o nutrizionali, può far pensare che vi sia un legame fra metabolismo osseo e difetto del gene CFTR. In effetti, si vanno accumulando dati che corroborano una simile ipotesi. Come mostra la Figura 5, la proteina CFTR può essere localizzata sia negli osteoclasti che negli osteoblasti. Recentemente, è stato dimostrato che la CFTR è espressa anche nei condrociti (Liang H et al., 2009). Gli osteoclasti sono attivati nel corso di riacutizzazione infiammatoria (Shead EF et al., 2010; Bronckers A et al., 2009) in parallelo con l’aumento dei livelli di citochine pro-infiammatorie, come il TNFalfa e l’IL6 e il RANKL (attivatore del fattore nucleare NFkB). E’ noto che il difetto genetico della CFTR è associato a un aumento dell’attività infiammatoria in vari tipi di cellule, come i neutrofili, i monociti e lo stesso epitelio respiratorio. Si può, quindi, ipotizzare che esista un legame fra difetto di base e aumentato riassorbimento osseo nella fibrosi cistica, visto l’incremento anche del
osteoblasti umani con citoplasma positivo per CFTR
osteoclasti umani multinucleati con citoplasma positivo per CFTR
Figura 5 (da Shead et al., 2007)
RANKL, che è il maggiore regolatore della produzione e attivazione degli osteoclasti; si può anche ipotizzare un’azione diretta a livello dell’osso. Queste osservazioni vanno interpretate alla luce del fatto che topi congenici con fenotipo Cftr-/- mostrano a 12 settimane di vita una diminuita mineralizzazione ossea, con ridotto spessore della corticale e alterata architettura trabecolare e queste caratteristiche permangono fino al completamento della maturazione ossea, a 28 settimane (Haston Christina K et al., 2008).
11
Anno IV - n. 1, 2010
Conclusioni Fino a poco tempo fa il danno osseo della fibrosi cistica veniva correlato prevalentemente alla gravità della malattia respiratoria. I dati degli ultimi anni portano a un quadro diverso. Innanzitutto, il miglioramento delle strategie di diagnosi precoce e di intervento messe in atto dai centri specializzati ha comportato buoni risultati clinici. Sono oramai riportate casistiche che dimostrano quanto si possa ottenere una buona crescita ossea in pazienti con fibrosi cistica, sebbene il picco di massa ossea possa rimanere inferiore rispetto a quello ottimale, e sembrerebbe che il rischio di fratture sia oggi inferiore a quanto riportato nelle due
decadi precedenti. Si aprono interessanti prospettive per la comprensione dei meccanismi patogenetici di base con la dimostrazione della localizzazione a livello di osteoblasti e osteoclasti della proteina CFTR. Questi studi portano a ipotizzare un ruolo diretto del difetto genetico nella determinazione dell’osteopenia. Parallelamente, stanno apparendo in questi anni, i risultati di studi controllati e prospettici sul trattamento della osteopenia/osteoporosi in fibrosi cistica. Le modalità di intervento sono varie e interessanti, ma rimandiamo la loro valutazione a un successivo numero di questa rivista.
Bibliografia • Aris RM, Lester GE, Renner JB, Winders A, Denene BA, Lark RK, Ontjes DA: Efficacy of pamidronate for osteoporosis in patients with cystic fibrosis following lung transplantation. Am J Respir Crit Care Med 2000, 162:941-946. • Aris RM, Ontjes DA, Buell HE, Blackwood AD, Lark RK, Caminiti M, Brown SA, Renner JB, Chalermskulrat W, Lester G (2002). Abnormal bone turnover in cystic fibrosis adults. Osteoporos Int 13:151-157. • Aris RM, Renner JB, Winders AD, Buell HE, Riggs DB, Lester GE, Ontjes DA: Increased rate of fractures and severe kyphosis: sequelae of living into adulthood with cystic fibrosis. Ann Intern Med 1998, 128:186-193. • Baim S, Leonard MB, Bianchi ML, Hans DB, Kalkwarf HJ, Langman CB, Rauch F. Official Positions of the International Society for Clinical Densitometry and executive summary of the 2007 ISCD Pediatric Position Development Conference. J Clin Densitom. 2008 11:6 21. • Brenckmann C, Papaioannou A, Freitag A et al (2003) Osteoporosis in Canadian adult cystic fibrosis patients: a descriptive study. BMC Musculoskel Disord 4-13. • Bronckers A, Kalogeraki l, Jorna HJN, Wilke M, Bervoets TJ, Lyaruu DM, Zandieh-Doulabi B, DenBesten P, de Jonge H. The cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR) is expressed in maturation stage ameloblasts, odontoblasts and bone cells. Bone, 2009, in press. • Conway SP, Morton AM, Oldroyd B, Truscott JG, White H, Smith AH, Haigh I: Osteoporosis and osteopenia in adults and adolescents with cystic fibrosis: prevalence and associated factors. Thorax 2000, 55:798-804. • Conway SP, Wolfe SP, Brownlee KG, White H, Oldroyd B, Truscott JG, Harvey JM, Shearer MJ. Vitamin K status among children with cystic fibrosis and its relationship to bone mineral density and bone turnover. Pediatrics. 2005;115:1325-1331. • Elkin SL, Fairney A, Burnett S, Kemp M, Kyd P, Burgess J, Compston JE, Hodson ME: Vertebral deformities and low bone mineral density in adults with cystic fibrosis: a cross-sectional study. Osteoporos Int 2001, 12:366-372. • Fewtrell M S, Benden C, Williams J E, Chomtho S, Ginty F, Nigdikar S V, Jaffe A. Undercarboxylated osteocalcin and bone mass in 8-12 year old children with cystic fibrosis.. J Cyst Fibros. 2008;7:307-12. • Flohr F, Lutz A, App EM, Matthys H, Reincke M. Bone mineral density and quantitative ultrasound in adults with cystic fibrosis. Eur J Endocrinol 2002;146:531-536. • Genant HK, Li J, Wu CY, Shepherd JA: Vertebral fractures in osteoporosis: a new method for clinical assessment. J Clin Densitom 2000, 3:281-290.
12
• Grey AB, Ames RW, Matthews RD, Reid IR (1993) Bone mineral density and body composition in adult patients with cystic fibrosis. Thorax 48:589-593. • Gronowitz E, Mellstrom D & Strandvik B (2004) Normal annual increase of bone mineral density during two years in patients with cystic fibrosis. Pediatrics 114, 435–442. • Haston Christina K, Li Wei, Li Ailian, Lafleur Melanie, Henderson Janet E. Persistent osteopenia in adult cystic fibrosis transmembrane conductance regulator-deficient mice.. Am J Respir Crit Care Med. 2008;177:309-15. • Hogstrom M, Nordstrom P & Nordstrom A) n-3 Fatty acids are positively associated with peak bone mineral density and bone accrual in healthy men: the NO2 Study. Am J Clin Nutr 2007;85:803–807. • Ionescu AA, Nixon LS, Evans WD et al (2000) Bone density, body composition, and inflammatory status in cystic fibrosis. Am J Respir Crit Care Med 162:789-794. • King SJ, Topliss DJ, Kotsimbos T, Nyulasi IB, Bailey M, Ebeling PR, Wilson JW (2005) Reduced bone density in cystic fibrosis: DeltaF508 mutation is an independent risk factor. Eur Respir J 25:54-61. • Lang SM, Fischer R, Stratakis DF, Huber RM (2004) High prevalence of osteoporosis in adult cystic fibrosis patients. Dtsch Med Wochenschr 129:1551–1555. • Liang H, Yang L, Ma T, Zhao Y. Functional expression of cystic fibrosis transmembrane conductance regulator in mouse chondrocytes Clinical and Experimental Pharmacology and Physiology, Accepted Article; doi: 10.1111/j.1440-1681.2009.05319.x. • Louis O, Clerinx P, Gies I, De Wachter E, De Schepper J. Well-nourished cystic fibrosis patients have normal mineral density, but reduced cortical thickness at the forearm. Osteoporos Int. 2009;20:309-14. • Paccou J, Zeboulon N, Combescure C, Gossec L, Cortet B. The prevalence of osteoporosis, osteopenia, and fractures among adults with cystic fibrosis: a systematic literature review with meta-analysis Calcif Tissue Int 2010; 86:1-7. • Rossini M, Del Marco A, Dal Santo F et al (2004) Prevalence and correlates of vertebral fractures in adults with cystic fibrosis. Bone 35:771-776. • Shead EF, Haworth CS, Baker H, Bilton D, Compston JE. Osteoclast function, bone turnover and inflammatory cytokines durino infective exacerbations of cystic fibrosis. Journal of Cystic Fibrosis 2010;9:93–98. • Stephenson A, Jamal S, Dowdell T et al (2006) Prevalence of vertebral fractures in adults with cystic fibrosis and their relationship to bone mineral density. Chest 130:539-544. • Töyräs J, Kröger H, Jurvelin, JS. Bone properties as estimated by mineral density, ultrasound attenuation and velocity. Bone 1999;25:725-731.
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE BRAMITOB 300 mg/4 ml soluzione da nebulizzare 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un contenitore monodose da 4 ml contiene Tobramicina 300 mg. Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione da nebulizzare. Soluzione limpida di colore da lievemente giallo a giallo. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia prolungata dell’infezione polmonare cronica da Pseudomonas aeruginosa in pazienti con fibrosi cistica, di età non inferiore ai 6 anni. 4.2 Posologia e modo di somministrazione BRAMITOB è solo per uso inalatorio e non va utilizzato per via parenterale. La dose consigliata per adulti e bambini è pari ad un contenitore monodose (300 mg) due volte al giorno (mattino e sera) per un periodo di 28 giorni. L’intervallo tra le due dosi deve essere il più vicino possibile alle 12 ore e comunque non inferiore alle 6 ore. Dopo 28 giorni di terapia i pazienti devono interrompere il trattamento con BRAMITOB per i 28 giorni successivi. Si deve rispettare il regime a cicli alterni (un ciclo di 28 giorni di terapia seguiti da 28 giorni di interruzione del trattamento). Il dosaggio non è stabilito in base al peso corporeo. È previsto che tutti i pazienti ricevano una fiala di BRAMITOB (300 mg di tobramicina) due volte al giorno. In studi clinici controllati, il trattamento con BRAMITOB a cicli alterni sopradescritto ha determinato miglioramento della funzionalità polmonare, con risultati che si mantengono al di sopra dei valori iniziali anche nel periodo di interruzione della terapia. Negli studi clinici con BRAMITOB non ci sono dati in pazienti di età inferiore ai 6 anni ed in pazienti infettati da colonie di B. cepacia. L’efficacia e la sicurezza di BRAMITOB non è stata studiata in pazienti con FEV1 <40% o >80% del previsto. La terapia deve essere iniziata da un medico con esperienza nel trattamento della fibrosi cistica. Il trattamento con BRAMITOB deve essere continuato su base ciclica fino a che il medico curante ritenga che il paziente tragga benefici dall’inclusione di BRAMITOB nel regime di trattamento. Nel caso in cui si presentasse un deterioramento clinico dello stato polmonare, si deve considerare l’opportunità di intervenire con una terapia antipseudomonale aggiuntiva. Studi clinici hanno dimostrato che risultati microbiologici indicanti resistenza al farmaco in vitro non precludono necessariamente un beneficio clinico per il paziente in termini di miglioramento della funzionalità polmonare.
Istruzioni per l’uso BRAMITOB è una soluzione acquosa sterile, priva di conservanti, non pirogena, contenente 75 mg/ml di tobramicina. Il contenitore monodose deve essere aper to immediatamente prima dell’uso; l’eventuale soluzione non utilizzata immediatamente non deve essere conservata per un riutilizzo, ma deve essere eliminata. La somministrazione di BRAMITOB va effettuata rispettando rigorosamente le norme igieniche generali. L’apparecchiatura usata deve essere pulita e funzionante; il nebulizzatore, di uso strettamente personale, va tenuto accuratamente pulito e deve essere regolarmente disinfettato. Istruzioni per l’apertura del contenitore: 1) Flettere il contenitore monodose nelle due direzioni 2) Staccare il contenitore monodose dalla striscia prima sopra e poi al centro 3) Aprire il contenitore monodose ruotando l'aletta nel senso indicato dalla freccia 4) Esercitando una moderata pressione sulle pareti del contenitore monodose far uscire il medicinale e versarlo nell’ampolla del nebulizzatore. L’intero contenuto del contenitore monodose (300 mg) versato nel nebulizzatore va somministrato tramite un’inalazione della durata di circa 10-15 minuti, utilizzando un nebulizzatore riutilizzabile PARI LC PLUS con un compressore adeguato. Si considerano adeguati i compressori che, una volta attaccati ad un nebulizzatore PARI LC PLUS, emettono un flusso di 4-6 l/min e/o una contropressione di 110-217 kPa. BRAMITOB viene inalato mentre il paziente è seduto o in piedi e respira normalmente attraverso il boccaglio del nebulizzatore. Una molletta per il naso può aiutare il paziente a respirare attraverso la bocca. Il paziente deve continuare il proprio regime standard di fisioterapia respiratoria. L’uso di
broncodilatatori appropriati va continuato a seconda della necessità clinica. Nel caso in cui i pazienti ricevano diverse terapie respiratorie, se ne raccomanda l’assunzione nel seguente ordine: broncodilatatore, fisioterapia respiratoria, altri farmaci per via inalatoria ed infine BRAMITOB. BRAMITOB non deve essere miscelato con altri medicinali per uso inalatorio.
Istruzioni per la pulizia e la disinfezione del nebulizzatore Terminata la nebulizzazione il nebulizzatore va smontato, i singoli pezzi (eccetto il tubo) vanno puliti accuratamente con acqua calda e detersivo liquido, risciacquati ed asciugati con un telo pulito, asciutto e privo di pelucchi. Per la disinfezione del nebulizzatore, da effettuarsi regolarmente, si consiglia di immergere le singole parti (eccetto il tubo), pulite come descritto sopra, in una soluzione di una parte di aceto e tre parti di acqua molto calda, per un’ora; poi risciacquare con acqua calda ed asciugare accuratamente con un telo pulito. Terminata la disinfezione, la soluzione di aceto va immediatamente eliminata. In alternativa la disinfezione può essere effettuata mediante bollitura in acqua per 10 minuti. 4.3 Controindicazioni La somministrazione di BRAMITOB è controindicata in tutti i pazienti con ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi aminoglicoside. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Avvertenze generali Per informazioni relative alla somministrazione nel corso della gravidanza e dell’allattamento vedi il paragrafo 4.6 “Gravidanza e allattamento”. BRAMITOB deve essere usato con cautela nei pazienti con disfunzione renale accertata o sospetta, uditiva, vestibolare o neuromuscolare o con emottisi grave in atto. Broncospasmo Il broncospasmo può insorgere in seguito a somministrazione di medicinali per via inalatoria ed è stato segnalato anche con tobramicina nebulizzata. La prima dose di BRAMITOB deve essere somministrata sotto controllo medico, usando un broncodilatatore pre-nebulizzazione, se questo fa già parte del trattamento in atto per il paziente. Il FEV1 (volume espiratorio forzato) deve essere misurato prima e dopo la nebulizzazione. Se vi è evidenza di broncospasmo indotto dalla terapia in un paziente che non riceve un broncodilatatore, il trattamento deve essere ripetuto in un’altra occasione usando un broncodilatatore. L’insorgenza di broncospasmo in presenza di una terapia con broncodilatatore può indicare una reazione allergica. Se si sospetta una reazione allergica BRAMITOB deve essere sospeso. Il broncospasmo va trattato nel modo clinicamente appropriato. Disturbi neuromuscolari BRAMITOB deve essere usato con grande cautela nei pazienti affetti da disturbi neuromuscolari quali Parkinsonismo o altre condizioni caratterizzate da miastenia, inclusa la miastenia grave, poichè gli aminoglicosidi possono aggravare la debolezza muscolare a causa di un potenziale effetto curarosimile sulla funzione neuromuscolare. Nefrotossicità Nonostante la nefrotossicità sia stata associata alla terapia con aminoglicosidi per via parenterale, non c’è stata evidenza di nefrotossicità negli studi clinici con BRAMITOB, considerata la ridotta esposizione sistemica. Il medicinale va comunque usato con cautela nei pazienti con accertata o sospetta disfunzione renale e devono essere controllate le concentrazioni sieriche di tobramicina. I pazienti con grave insufficienza renale non sono stati inclusi negli studi clinici. L’attuale prassi clinica prevede che sia valutata la funzionalità renale di base. La funzionalità renale deve inoltre essere rivalutata periodicamente controllando i livelli di urea e creatinina almeno ogni 6 cicli completi di terapia con BRAMITOB (180 giorni di trattamento con tobramicina per nebulizzazione). In caso di evidenza di nefrotossicità, la terapia con tobramicina deve essere interrotta fino a quando le concentrazioni sieriche minime di farmaco scendano al di sotto di 2 µg/ml. La terapia con BRAMITOB può essere poi ripresa a discrezione del medico. I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapia con un aminoglicoside per via parenterale devono essere tenuti sotto stretto controllo, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa. Ototossicità In seguito all’uso di aminoglicosidi per via parenterale è stata riportata ototossicità che si è manifestata sia come tossicità uditiva (ipoacusia) che come tossicità vestibolare (vertigini, atassia o capogiri). Nel corso della terapia con BRAMITOB, nell’ambito di studi clinici controllati, sono stati osservati ipoacusia (0,5% dei casi) e vertigini (0,5% dei casi), di entità modesta e reversibili. Il medico deve considerare la possibilità che gli aminoglicosidi causino tossicità
vestibolare e cocleare ed eseguire controlli appropriati della funzione uditiva nel corso della terapia con BRAMITOB. Nei pazienti con un rischio predisponente, dovuto ad una precedente terapia con aminoglicosidi per via sistemica prolungata, può essere necessario considerare l’opportunità di accertamenti audiologici prima dell’inizio della terapia con BRAMITOB. La comparsa di tinnito impone cautela, poichè si tratta di un sintomo di ototossicità. Se il paziente riferisce tinnito o perdita dell’udito nel corso della terapia con aminoglicosidi, il medico deve considerare l’opportunità di predisporre accertamenti audiologici. I pazienti che ricevono contemporaneamente una terapia con aminoglicosidi per via parenterale devono essere sottoposti a controlli clinici, tenendo conto del rischio di tossicità cumulativa.
Emottisi L’inalazione di soluzioni nebulizzate può indurre il riflesso della tosse. L’uso di tobramicina inalatoria nei pazienti affetti da emottisi grave in atto è consentito solamente se i benefici connessi al trattamento sono considerati superiori ai rischi di indurre ulteriore emorragia. Resistenza microbica Negli studi clinici, in alcuni pazienti trattati per via inalatoria con BRAMITOB è stato osservato un aumento delle Concentrazioni Minime Inibitorie (MICs) di aminoglicosidi per isolati di P. aeruginosa testati. Esiste un rischio teorico che i pazienti in trattamento con tobramicina nebulizzata possano sviluppare isolati di P. aeruginosa resistenti alla tobramicina per via endovenosa. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre for me di interazione Nell’ambito degli studi clinici, i pazienti che hanno assunto tobramicina per via inalatoria contemporaneamente a mucolitici, β agonisti, corticosteroidi per via inalatoria ed altri antibiotici antipseudomonas orali o parenterali, hanno mostrato eventi avversi simili a quelli del gruppo di controllo non trattato con tobramicina. L’uso concomitante e/o sequenziale di tobramicina per via inalatoria con altri medicinali potenzialmente nefrotossici o ototossici deve essere evitato. Alcuni diuretici possono aumentare la tossicità degli aminoglicosidi alterando le concentrazioni dell’antibiotico nel siero e nei tessuti. Tobramicina per via inalatoria non deve essere somministrata contemporaneamente ad acido etacrinico, furosemide, urea o mannitolo. Altri medicinali che hanno dimostrato di aumentare la potenziale tossicità degli aminoglicosidi somministrati per via parenterale sono: amfotericina B, cefalotina, ciclosporina, tacrolimus, polimixina (rischio di aumentata nefrotossicità); composti del platino (rischio di aumentata nefrotossicità e ototossicità); anticolinesterasici, tossina botulinica (effetti neuromuscolari). 4.6 Gravidanza ed allattamento BRAMITOB non deve essere utilizzato in corso di gravidanza e allattamento, a meno che i benefici per la madre non siano superiori ai rischi per il feto o il neonato.
Gravidanza Non esistono adeguati dati sull’uso di tobramicina somministrata tramite inalazione a donne gravide. Studi su animali non indicano un effetto teratogeno della tobramicina (vedi paragrafo 5.3 “Dati preclinici di sicurezza”). Tuttavia gli aminoglicosidi possono causare danni al feto (per esempio sordità congenita) quando alte concentrazioni sistemiche vengono raggiunte in una donna gravida. Se BRAMITOB viene usato nel corso della gravidanza, o se la paziente rimane incinta nel corso della terapia con BRAMITOB, è necessario informarla del rischio potenziale per il feto. Allattamento La tobramicina somministrata per via sistemica viene escreta nel latte mater no. Non si è a conoscenza se la somministrazione di tobramicina per via inalatoria determini concentrazioni nel siero sufficientemente elevate da consentire la rilevazione della tobramicina nel latte materno. A causa del pericolo potenziale di ototossicità e nefrotossicità connesso all’assunzione della tobramicina da parte dei bambini, è necessario decidere se interrompere l’allattamento o la terapia con BRAMITOB. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari Sulla base delle reazioni avverse note, è da considerarsi improbabile la possibilità che BRAMITOB influenzi la capacità di guidare e usare macchine. Ciononostante, sia pure in casi molto rari, è possibile l’insorgenza di capogiri e/o vertigine. Di ciò dovrà tenere conto chi si accinge alla guida. 4.8 Effetti indesiderati Negli studi clinici controllati sono stati segnalati eventi avversi, non necessariamente correlati al trattamento, in una percentuale di casi trattati con BRAMITOB non superiore a quella osservata nei casi trattati con placebo. Gli eventi più frequenti sono stati quelli relativi al sistema respiratorio (tosse, rantoli, dispnea,
aumentata espettorazione, riduzione del FEV1). Sulla totalità degli eventi è stato dato un giudizio di correlazione positiva con il trattamento (reazioni avverse) nel 14,7% dei casi con BRAMITOB e nel 17,3% dei casi con placebo. Le reazioni avverse segnalate con BRAMITOB e con placebo nella sperimentazione clinica sono riportate di seguito. Le reazioni avverse sono classificate in: comuni (>1/100, <1/10); non comuni (>1/1.000, <1/100); rare (>1/10.000, <1/1.000); molto rare (<1/10.000).
Con BRAMITOB: Infezioni e infestazioni Non comune: candidosi orale. Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare Non comune: vertigini, ipoacusia. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Comune: dispnea, tosse, rantoli, aumentata espettorazione, raucedine, alterazioni della voce. Non comune: riduzione del FEV1 Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Comune: nausea. Non comune: ipersecrezione salivare, glossite. Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash. Indagini diagnostiche Non comune: aumento delle transaminasi. Con Placebo: Infezioni e infestazioni Comune: candidosi orale. Non comune: bronchite. Alterazioni del sistema nervoso Comune: cefalea. Alterazioni cardiache Non comune: tachicardia. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Comune: dispnea, tosse, rantoli, aumentata espettorazione. Non comune: riduzione del FEV 1 , raucedine. Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Comune: nausea, ipersecrezione salivare, vomito. Non comune: diarrea. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione Non comune: dolore al torace. Indagini diagnostiche Non comune: aumento delle transaminasi. Gli esami di laboratorio ed i test audiometrici, effettuati al fine di valutare possibili segni e sintomi di nefrotossicità o ototossicità, non hanno evidenziato differenze clinicamente significative tra BRAMITOB e placebo. È noto che l’utilizzo in terapia di tobramicina per via inalatoria può determinare la comparsa delle seguenti reazioni avverse: Infezioni e infestazioni Molto rara: infezione micotica, candidosi orale. Alterazioni del sangue e sistema linfatico Molto rara: linfoadenopatia. Alterazioni del metabolismo e della nutrizione Rara: anoressia. Alterazioni del sistema nervoso Rara: capogiri, emicrania. Molto rara: sonnolenza. Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare Rara: tinnito, perdita dell’udito. Molto rara: disturbi dell’orecchio, dolore all’orecchio. Alterazioni dell’apparato respiratorio, del torace e del mediastino Non comune: alterazione della voce, dispnea, aumento della tosse, faringite. Rara: broncospasmo, disturbi polmonari, aumento dell’escreato, emottisi, ridotta funzionalità polmonare, laringite, epistassi, rinite, asma. Molto rara: iperventilazione, ipossia, sinusite. Alterazioni dell’apparato gastrointestinale Rara: nausea, ulcerazioni alla bocca, vomito, perversione del gusto. Molto rara: diarrea. Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo Rara: eruzioni cutanee. Alterazioni dell’apparato muscoloscheletrico e tessuto connettivo Molto rara: dolore alla schiena. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione Rara: dolore toracico, astenia, febbre, dolore. Molto rara: dolore addominale, malessere. Gli aminoglicosidi per via parenterale sono stati associati ad ipersensibilità, ototossicità e nefrotossicità (vedi paragrafi 4.3 “Controindicazioni”e 4.4“Speciali avvertenze e opportune precauzioni d’impiego”). 4.9 Sovradosaggio Per somministrazione inalatoria la tobramicina ha una ridotta biodisponibilità sistemica. I sintomi da sovradosaggio di aerosol possono comprendere grave raucedine. In caso di ingestione accidentale di BRAMITOB, la tossicità è improbabile, poichè la tobramicina viene scarsamente assorbita dal tratto gastrointestinale integro. In caso di somministrazione per errore di BRAMITOB per via endovenosa è possibile che si presentino segni e sintomi di un sovradosaggio di tobramicina parenterale che comprendono capogiri, tinnito, vertigini, perdita di capacità uditiva, difficoltà respiratoria e/o blocco neuromuscolare e danno renale. La tossicità acuta va trattata interrompendo immediatamente la somministrazione di BRAMITOB ed eseguendo esami di funzionalità renale. Le concentrazioni di tobramicina nel siero possono essere utili per controllare il sovradosaggio. In qualsiasi caso di sovradosaggio va considerata la possibilità di interazioni tra farmaci, con alterazioni della eliminazione di BRAMITOB o di altri medicinali. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Codice ATC: J01GB01 Proprietà generali La tobramicina è un antibiotico aminoglicosidico prodotto dallo Streptomyces tenebrarius. La sostanza agisce
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Cloruro di sodio, acqua per preparazioni iniettabili, acido solforico e idrossido di sodio per aggiustare il pH. 6.2 Incompatibilità BRAMITOB non deve essere diluito o miscelato nel nebulizzatore con nessun altro medicinale. 6.3 Periodo di validità 2 anni. Il contenuto dell’intero contenitore monodose va utilizzato immediatamente dopo la sua apertura (vedi paragrafo 4.2 “Istruzioni per l’uso”). Il periodo di validità indicato si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Conservare tra +2 e +8° C (in frigorifero). Conservare nel contenitore originale. Una volta tolte dal frigorifero, le buste contenenti BRAMITOB possono essere
6.6 Istruzioni per l’uso Vedi par. 4.2 “Posologia e modo di somministrazione”. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CHIESI FARMACEUTICI S.p.A., Via Palermo 26/A - PARMA 8. NUMERO DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 16 contenitori monodose: 036646014 - 28 contenitori monodose: 036646026 - 56 contenitori monodose: 036646038 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE: 2 3 Marzo 2006 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Febbraio 2010 AIFA del Determinazione TABELLA DI APPARTENENZA DPR 309/90 Non soggetto. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Medicinale soggetto a prescrizione in prescrizione medica medica limitativa, limitativa, utilizzabile da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione ospedaambito ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile odiincentri ambito extralieri o di specialisti (internisti, specialisti delle malattie infettive). ospedaliero, secondo le disposizioni regioni e delle province autonome.
Cod. 902764
5.3 Dati preclinici di sicurezza Gli studi preclinici hanno dimostrato che la somministrazione di tobramicina per via sistemica è correlata a segni e sintomi di nefrotossicità ed ototossicità. Negli studi di tossicità per dose ripetuta, gli organi bersaglio sono i reni e le funzioni vestibolari/cocleari. In generale, la tossicità si vede a livelli sistemici di tobramicina più elevati rispetto a quelli raggiungibili alle dosi utilizzate in terapia per via inalatoria. In studi preclinici, la somministrazione prolungata di tobramicina per via inalatoria ha determinato modesti segni di irritazione a livello del tratto respiratorio, non specifici e completamente reversibili, e segni di tossicità renale, reversibili alla sospensione del trattamento, evidenti alle dosi più alte. Non sono stati effettuati studi di tossicologia riproduttiva con tobramicina somministrata per via inalatoria, ma la somministrazione sottocute durante l’organogenesi e nella prima fase dello sviluppo fetale di dosi fino a 100 mg/Kg/die, nel ratto, non si è rivelata teratogena. Nel coniglio dosi di 20-40 mg/Kg s.c. hanno provocato tossicità materna e aborti, ma senza evidenza di effetti teratogeni. Tenendo conto dei dati disponibili sugli animali non si può escludere un rischio di tossicità (ototossicità) a livelli di esposizione prenatale. In diversi test in vitro e in vivo la tobramicina non è risultata mutagena.
6.5 Natura e contenuto del contenitore BRAMITOB viene fornito in contenitori monodose da 4 ml di polietilene, in buste sigillate contenenti ciascuna 4 contenitori monodose. Astucci da 16, 28 e 56 contenitori monodose. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
Materiale ad esclusivo uso della Classe Medica
5.2 Proprietà farmacocinetiche Per via parenterale è necessario somministrare dosi elevate di tobramicina affinchè si raggiungano nell’escreato concentrazioni inibitorie sullo Pseudomonas aeruginosa, con il rischio di reazioni avverse sistemiche. Per via inalatoria è possibile invece somministrare concentrazioni adeguate di tobramicina direttamente a livello endobronchiale, riducendo l’ esposizione sistemica e di conseguenza il rischio di ototossicità e nefrotossicità. Per somministrazione inalatoria di 300 mg di BRAMITOB a pazienti con fibrosi cistica, si raggiunge nell’escreato una concentrazione massima di 1289 mcg/g dopo circa 30 minuti, mentre nel plasma si raggiunge una concentrazione massima pari a 758 ng/ml dopo circa 1,5 ore; i livelli plasmatici si riducono con andamento monoesponenziale, con una emivita di eliminazione terminale di 4,5 ore. L’eliminazione della quota assorbita in circolo avviene per filtrazione glomerulare.
conservate (intatte o aperte) fino a 25°C per un periodo massimo di 3 mesi. La soluzione del contenitore monodose di BRAMITOB è normalmente di colore da lievemente giallo a giallo; si potrebbero osservare alcune variazioni di colore che non indicano una perdita di attività del medicinale se lo stesso è conservato in modo corretto.
Dep. AIFA in data 14/02/06
principalmente interferendo con la sintesi delle proteine, causando così l’alterazione della permeabilità della membrana cellulare, la progressiva disgregazione dell’involucro cellulare ed infine la morte della cellula. La tobramicina svolge un’azione battericida a concentrazioni pari o leggermente superiori rispetto a quelle che svolgono un’azione inibitoria. La tobramicina è attiva principalmente nei confronti dei bacilli aerobi gram-negativi, mentre ha scarsa attività sui microrganismi anaerobi e sulla maggior parte dei batteri grampositivi. La tobramicina è più attiva della gentamicina sullo Pseudomonas aeruginosa e su alcuni ceppi di Proteus; circa il 50% dei ceppi di Pseudomonas aeruginosa che sono resistenti alla gentamicina rimangono sensibili alla tobramicina. La tobramicina è risultata efficace nell’eradicare lo Pseudomonas aeruginosa anche per somministrazione locale per aerosol e per instillazione intratracheale, in modelli sperimentali di polmonite nella cavia e di infezione polmonare cronica nel ratto. Per somministrazione aerosolica all’uomo, i valori di MIC della tobramicina sono notevolmente superiori a quelli noti per somministrazione parenterale, a causa dell’effetto inibitorio locale esercitato dall’escreato di pazienti affetti da fibrosi cistica nei confronti dell’attività biologica dell’antibiotico aminoglicosidico somministrato per nebulizzazione. Tuttavia, negli studi controllati effettuati con BRAMITOB, le concentrazioni di tobramicina raggiunte nell’escreato sono risultate adeguate per determinare l’eradicazione dello Pseudomonas aeruginosa nel 30% e oltre dei pazienti trattati.
Dep. AIFA in data 10/05/2010
cod. 903740