Iskra marzo 2014

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Dall'Europa dell'austerità all'Europa dei conflitti sociali: un percorso possibile oltre le Larghe Intese 3.0 Nello scorso numero di Iskra ci siamo potuti esprimere sulla nascita del governo Letta e sui suoi elementi di continuità e di differenza con il precedente governo Monti. Oggi il passaggio all'opposizione di Berlusconi con la nuova Forza Italia e la formazione del governo Renzi ci consegnano uno scenario diverso che è utile approfondire verso le elezioni europee e il semestre di presidenza italiana del Consiglio Europeo. Il governo Letta, fortemente voluto dal nuovo-vecchio Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha confermato con i fatti che la sua mission restava garantire all'Europa la continuità nel campo delle politiche economiche. L'approvazione della legge di stabilità – per la prima volta prevedendo l'intervento preventivo degli organi di governo dell'UE come prescritto dal Two Packs – ha rappresentato un ottimo esempio di quanto l'austerità si sia cristallizzata come irrinunciabile premessa di ogni proposta politica. Le premesse con cui Renzi si è avvicendato a Letta a Palazzo Chigi confermano questa tendenza sempre più dannosa per il Paese: stessa maggioranza che ha sostenuto il governo Letta; consultazione avviata con Draghi e la Bce per l'individuazione del ministro dell'Economia; riconoscimento, poi, delle garanzie di continuità sulla strada del rigore a senso unico nella figura di Pier Carlo Padoan, capo economista dell'OCSE; attenzione rivolta agli impegni europei esattamente nel solco del governo appena deposto. Particolarmente preoccupante il destino dell'Università e del Diritto allo Studio: non solo il rilancio dell'alta formazione e dell'accesso al sapere non è minimamente al centro del dibattito politico, ma l'assegnazione del MIUR a Scelta Civica apre a un'ulteriore accelerazione sulla retorica del merito e sul prestito d'onore in sostituzione del sistema di borse di studio, come dichiarato di recente dalla segretaria Stefania Giannini. Governi che rispondono più alla governance europea che ai bisogni dei cittadini. Dove sta la loro forza? Principalmente nella debolezza altrui: dell'opposizione politica, incapace di costruire ad essi un'alternativa, e dell'opposizione sociale, che fatica ad assumere le caratteristiche di un articolato e diffuso movimento di massa. Nell'autunno appena passato abbiamo assistito a mobilitazioni estemporanee di alcuni pezzi sociali – soprattutto studenti e movimenti per il diritto all'abitare – che però non hanno avuto la capacità di dare continuità a pratiche e rivendicazioni. Sembra essersi concluso un ciclo di lotte e movimenti che, a partire dal protagonismo sociale degli studenti, aveva sfidato governi e la politica come opposizione sociale a partire da una diversa visione della società. Guardando al Pd, è di per sé evidente che l'elezione a segretario del Sindaco di Firenze non abbia apportato nessun elemento di rottura con le logiche di governo europee. Dopo un iniziale dinamismo sul Job Act (peraltro, mai strutturato in una vera e propria proposta puntuale), il dibattito politico è stato quasi interamente

dominato dalla riforma delle legge elettorale, con l'Italicum come protagonista, poi dalla sempre più probabile staffetta Letta-Renzi a Palazzo Chigi e infine dalla formazione del nuovo governo Renzi. Questo processo ha gettato un'ombra cupa sulla tanto proclamata spinta al rinnovamento: in primo luogo, la maggioranza è costituita dalle stesse Larghe Intese ristrette che hanno sostenuto Letta; inoltre, assumendo il documento Impegno Italia e gli attuali obiettivi europei, non si capisce dove possa trovarsi la discontinuità nella proposta politica di Renzi, della quale poco si parla, sui temi fondamentali del Paese, a partire dal contrasto della povertà e delle disuguaglianze sociali; infine, risulta irrisolta e aggravata la questione democratica in riferimento a chi rispondono le politiche dei governi, questione centrale anche e soprattutto a livello europeo. Avvicinandosi quindi alle elezioni europee, la scelta che rischia di profilarsi è quella fra un'Europa che prosegue sulla strada del rigore ad ogni costo e una risposta antieuropeista che, sull'onda del malessere sociale nei confronti delle istituzioni europee, guarda con interesse alle ragioni nazionaliste e all'uscita dall'euro. Una risposta alternativa da sinistra al neoliberismo, che faccia del lavoro, della giustizia sociale e del welfare i punti cardine da cui ripartire, si scontra nel nostro Paese con il contesto frammentato e contraddittorio della sinistra politica italiana. La prospettiva pur positiva di una lista unitaria a sostegno di Alexis Tsipras, leader di Syriza in Grecia, come candidato alla presidenza della Commissione Europea nasce da un'evidente spinta esogena, segno delle profonde difficoltà che attraversano la sinistra italiana e delle distanze che contraddistinguono i diversi soggetti, e non può e non deve compiere gli errori del passato che hanno inquinato l'orizzontalità, la trasparenza dei progetti e le possibilità di partecipazione dal basso. Detto questo, la presenza di una lista che senza esitazioni si dichiara nettamente contrapposta alle logiche dell'austerità che hanno dominato l'Europa degli ultimi anni non rappresenta di per sé una riapertura di spazi per imporre la questione democratica e le istanze sollevate dai movimenti e dalla cittadinanza. Anche dal punto di vista delle organizzazioni sociali e dei movimenti l'Europa non deve essere vissuta come un mero spazio teorico, ma è necessario provare a tradurla in uno spazio politico attraversato da conflittualità e rivendicazioni. Riteniamo che nel nostro Paese le possibilità di riconquistare terreno su temi fondamentali, quali la formazione, il welfare, la gestione dei beni comuni e del territorio, il lavoro, passeranno necessariamente dalla capacità dei movimenti e del sociale di affrontare con protagonismo il dibattito verso e oltre le europee. In particolare, è auspicabile che si aggreghi un fronte ampio in grado di contrattaccare su disoccupazione, precarietà e per la conquista di un welfare adeguato al mondo in cui viviamo, nell'ottica di arrivare forti di un percorso reale al summit europeo di luglio a Milano sulla disoccupazione giovanile che aprirà il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo

Guido Cioni


ALL’INTERNO

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Pagina 1…Editoriale di. Guido Cioni Pagina 2…L’emergenza abitativa studentesca di Sofia Demasi Pagina 3…Le novità politiche in materia di Università di Giorgia Concetti Pagina 4…Riordino della didattica – Appelli d’esame di Marianna Nardi e Alessandra Francesconi Pagina 5… Roma 11 Gennaio 2014, 500 no all’ ennesima distruzione della cultura di Andrea Salvatore Incorvaia – Distretto 42 Pagina 6…Cli, la verbalizzazione degli esami è possibile di Guido Cioni e Giulia Crisanti – Intervista a Pagina Q a cura di Sara Buongiovanni e Ettore Bucci

ISKRA – pagina 2 L'emergenza abitativa studentesca: Fossabanda e il riutilizzo dei beni pubblici sfitti come prime risposte possibili!

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a figura dell’idoneo non beneficiario va ormai di moda nell’ambiente universitario pisano, vediamo meglio di cosa si parla. Ogni studente fuori sede che soddisfa un numero di crediti prestabiliti e che non supera la soglia ISEE di € 19000 ha diritto ad un posto alloggio. Per l’anno accademico 2013/2014 gli aventi diritto per il nostro ateneo sono 2977 a fronte di 1557 posti disponibili. Ciò significa che 1420 idonei dovranno provvedere alla ricerca di soluzioni alternative, molto probabilmente affittando camere presso privati, con il solo sussidio di una somma liquida e mai sufficiente dato dall’ Azienda Regionale per il Diritto allo Studio direttamente allo studente. Questo, oltre ad implicare il fatto che si investano somme di denaro pubblico e destinate al DSU sul mercato immobiliare privato, può portare molti studenti ad abbandonare l’università a causa delle insufficienti possibilità economiche. Le uniche soluzioni stabilite sono le residenze San Cataldo (240 posti) e Paradisa (522 posti) che, tuttavia, saranno disponibili e abitabili non prima del 2016/2017. Esistono delle opzioni disponibili in breve termine? Il sindacato studentesco “Sinistra per…” da mesi porta avanti una campagna per l’acquisizione temporanea da parte del DSU di Santa Croce in Fossabanda, ex convento ed in seguito albergo di proprietà comunale, ora abbandonato e inserito nella lista dei beni alienabili. Al suo interno vi sono già camere e bagni ammobiliati per un totale di 150 posti letto circa; inoltre sarebbe possibile inserirvi una mensa, fatto particolarmente utile dato il sovraffollamento di mensa Betti, unica nella zona del polo Piagge, proprio dove questo immobile è ubicato. Solo a fine Dicembre grazie all’occupazione dell’11 Novembre, la mobilitazione per il welfare studentesco del 15 Novembre e una serie di incontri è stata approvata in sede di Consiglio Comunale una mozione secondo cui il Comune si impegna ad aprire un tavolo di contrattazione per l’immobile e, se non disponibile, a ricercare una soluzione alternativa. Dobbiamo chiarire che l’emergenza abitativa studentesca sul nostro territorio non è un’eccezione rispetto al resto degli atenei italiani, queste privazioni sono presenti in molte altre città. Questo è il segnale di una grande mancanza in tutta Italia di welfare studentesco contro cui organizzazioni come “Link-Coordinamento Universitario” e, più ampiamente, la “Rete della Conoscenza” lottano giorno dopo giorno. C’è la necessità di un cambio di rotta,di una sensibilizzazione generale, di un riutilizzo dei beni sfitti ed invenduti a fini sociali, di una presa di coscienza rispetto al fatto che la crisi economica tocca molti rami della nostra società fra cui anche quello degli studenti e delle loro famiglie. Nel nostro caso in particolare, c’è il bisogno di rendersi conto che gli “studenti fuori sede” non sono ospiti di una città che deve vivere di turismo, ma sono cittadini reali che pagano le tasse, gli affitti, che mandano avanti l’economia e vivono a 360 gradi la città di Pisa e che quindi necessitano di confronto, di risposte e di responsabilizzazione non solo da parte dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio, ma anche dell'Università, della pubblica amministrazione pisana e della cittadinanza tutta.

Sofia Demasi


ISKRA – pagina 3 Le novità sulle politiche in materia di Università: nessuna discontinuità rispetto al passato!

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on passati diversi mesi, ma come dimenticare le affermazioni di Enrico Letta al suo insediamento, affermazioni che minacciavano le dimissioni nel caso in cui ci fossero stati ulteriori tagli all'università e alla ricerca. Impegni importanti, serenamente disattesi: proprio sotto il governo Letta il mondo della formazione ha infatti conosciuto decreti che non sembrano uscire dalla rotta del disinvestimento in questo capitolo. Peraltro niente lascia presagire qualcosa di buono con l'avvento al governo di Renzi con la medesima maggioranza parlamentare. Partiamo dal Decreto Ministeriale Punti organico, l'ennesimo tentativo di creare una classifica degli atenei italiani, così da mostrare al paese quali siano quelli virtuosi e quali debbano essere considerati uno spreco di risorse, vincolando la possibilità di reclutare da parte degli atenei in base al risultato ottenuto. Oltre alla facile considerazione per cui gli atenei in difficoltà in un sistema simile sono mandati al patibolo, qual è il criterio adottato per stilare la graduatoria? Criteri prettamente economico-finanziari, che premiano, inoltre, quegli atenei che prelevano più soldi dagli studenti: lo stato definanzia, gli utenti (quelli che possono) pagano i servizi che vogliono ricevere. Tale meccanismo redistributivo delle risorse pubbliche crea situazioni tali per cui atenei come il Sant'anna conosceranno un turn over del 200%, mentre altri atenei come molti del sud, che né godono di ingenti finanziamenti esterni né hanno tasse particolarmente elevate, dovranno sopravvivere con un ricambio pari al 10%. Scalare la classifica per ottenere più risorse è possibile, basta aumentare la contribuzione studentesca, che grazie al governo Monti non ha più un limite (era pari al 20% del Fondo di Finanziamento Ordinario spettante all'ateneo). Continuiamo col “decreto del fare”, provvedimento grazie al quale il turn over negli atenei sarà portato al 50% già a partire dall'anno in corso, vittoria annunciata dal Ministro Carrozza come un grande risultato, si ricomincia ad investire nella formazione, ha annunciato. Strano atteggiamento nei confronti di una misura che sì, aumenta dal 20 al 50% il turn over per il 2014, ma poi lo tiene bloccato fino al 2018, peggiorando le previsioni della Spending Review di Monti. Niente nuove risorse e turn-over bloccato per quattro anni per poi fissarlo al 100% quando l’organico universitario sarà enormemente depauperato dalle perdite accumulate in questi anni di disinvestimento, strano modo di tornare a finanziare il mondo della conoscenza. Le classifiche, il merito, la selezione questi sono i parametri usati per parlare di un servizio basilare come quello della formazione pubblica oggi nel nostro paese. Criteri a quanto pare condivisi anche da questo governo del cambiamento. Per finire, il Ministro Carrozza, prima delle vacanze di Natale, ha modificato il Decreto AVA (autovalutazione, valutazione, accreditamento), un decreto, approvato dall'ex min. Profumo che stabiliva rigidi canoni di sostenibilità per i corsi, vincolando a questi la loro sopravvivenza; le pressioni e la mobilitazione dell'intero

mondo accademico, che aveva previsto la chiusura di innumerevoli corsi di studio, se non di interi atenei, non lasciava ampi spazi. Ma la scelta non è stata quella, propagandata in campagna elettorale, di cancellare il decreto, contenente principi di esclusione e privatizzazione dell'università; La scelta è stata quella di placare le acque: i principi alla base del decreto rimangono immutati e si è proceduto unicamente con un alleggerimento dei criteri di accreditamento dei corsi.

Misure deboli, di compromesso quando non si tratta di scelte precise in continuità con la logica dei governi precedenti, scelte che non fanno che alimentare guerre tra poveri: precari che non vedono all'orizzonte speranze di assunzione e studenti, che non accettano che la loro formazione sia vincolata all'aumento delle tasse studentesche; scelte lontane dal guardare ad una formazione di massa e di qualità con una ricerca libera e pubblica. Adesso, la prospettiva si fa probabilmente ancora più buia e sempre più necessaria diventa una riscossa del mondo della formazione: l'assegnazione del MIUR a Scelta Civica da parte di Renzi – e la stessa guida dell'esecutivo da parte di Renzi – non può che accelerare la deriva contro la retorica del merito e della valutazione punitiva, smantellando il diritto allo studio in favore del sistema dei prestiti d'onore. Serve la capacità di mettere in campo dal basso un movimento di massa che a partire dagli studenti rimetta al centro l'importanza della formazione e del diritto allo studio nel nostro Paese!

Giorgia Concetti


Un riordino della didattica al ribasso nel dipartimento di Filologia

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a qualche tempo a questa parte all’interno del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica è in corso una discussione sul riordino e riorganizzazione della didattica. Diverse proposte si stanno facendo largo all’interno delle commissioni: l’abolizione dei curricula Linguistico, Orientalistico e Comparatistico della laurea triennale in Lettere, la cancellazione della laurea magistrale LEFE e la sua confluenza nell’area delle lingue straniere come curriculum di LEA, l’accorpamento delle lauree magistrali TLS e Linguistica (tra l’altro, con due classi di laurea diverse) sotto un’unica magistrale, che le rende così due curricula nella classe di laurea LM-39, che non permette di accedere all’insegnamento e che obbliga i due percorsi a differenziarsi per un massimo di 30 crediti. Quali sono le proposte costruttive a fronte dei “tagli”? Per quanto riguarda le lauree triennali, di fronte alle nostre pressioni, i dipartimenti stanno ipotizzando un potenziamento dell’area caratterizzante del curriculum A in “Scienze Linguistiche” della laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere e una possibile sistemazione degli insegnamenti di area orientalistica all’interno della laurea triennale in Scienze Dei Beni Culturali. Teniamo a sottolineare, per trasparenza, che i curricula, per così dire, non pesano sull’AVA: che, cioè, non c’è nessun tipo di necessità in termini didattici, di sostenibilità o economici per togliere o abolire un curriculum. Nella tiennale di lettere si potrebbe inoltre aggiungere anche una modifica del regolamento didattico finalizzata ad introdurre le propedeuticità dei laboratori di lingua straniera per il rispettivo esame di letteratura straniera, nell’ottica di un insegnamento dei testi in lingua anzichè in traduzione. Questa proposta sarebbe ragionevole solo per determinati curriculum, come il comparatistico, ma di fatto inappropriata per i curricula che affrontano percorsi di altro tipo. Lo spettro delle propedeuticità rischierebbe inoltre di allargarsi ad altre discipline, minando di fatto la flessibilità

del piano di studi che caratterizza il nostro dipartimento. Per le lauree magistrali, come abbiamo visto, la situazione non è certo migliore: La tendenza è quella di accorpare corsi di laurea sotto forma di diversi curricula in un unico corso. Viene meno cosi la stessa idea di laurea magistrale concepita dal modello 3+2, intesa come una specializzazione dello studente in un ambito dei propri studi. Si perdono in questo modo esami caratterizzanti per i corsi di laurea a causa dei limiti nella differenziazione dei curricula (2 curricula di una laurea magistrale non possono differenziarsi per più di 30 crediti). Se davvero LEFE è un corso di laurea insostenibile in termini di docenza chiediamo che ne siano mantenuti i due curricula, spostando il curriculum filologico sotto LILE e il curriculum comparatistico sotto LEA e garantendo cosi una maggiore offerta didattica e una continuità del percorso comparatistico in caso di mantenimento del curriculum alla triennale di lettere. Nei nostri dipartimenti le possibilità di scelta degli esami continuano già di per sè a contrarsi, facendo perdere a suon di “Tace” il senso stesso del nostra formazione. Il riordino della didattica rischia di diventare il colpo di grazia, facendo assestare l’offerta su un ristretto numero di corsi essenziali e perdendo le tradizioni di insegnamento dei nostri corsi. Chiediamo che anche sotto un nuovo assetto dei piani di studio sia garantita l’ampiezza dell’offerta formativa mantenendo gli studi caratterizzanti di ogni corso, senza cedere all’uniformazione dei percorsi. Continueremo a tenervi aggiornati sulla situazione, nel frattempo mandateci i vostri suggerimenti e segnalazioni alla pagina facebook: “Quale futuro per il Dipartimento di Filologia Letteratura e Linguistica?”

#staytuned

ISKRA – pagina 4 Appelli d'esame: la governance vuole tagliarli, gli studenti contrattaccano! C’era una volta a dicembre, oltre alle vacanze natalizie tanto agognate, un appello d’esame per gli studenti in Quel di Pisa… No non è l’inizio di una favola, purtroppo, ma una cruda realtà che è emersa con grande sconforto di tutti dalle aule di uno degli ultimi consigli di dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dapprima e Civiltà e Forme del Sapere poi, prima dell’esodo estivo. Dal regolare percorso negli organi (il primo passo fu il consiglio di dipartimento di Filologia a maggio 2013), passando per una petizione online, al blocco del consiglio di Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, ottenendo così un ulteriore appello nella sessione di gennaio e febbraio, fino ad arrivare all’assemblea di dipartimento dell’autunno appena passato, Lettere Rosse-Sinistra per ha portato avanti fin dalle prime avvisaglie di questo incomprensibile provvedimento una battaglia dentro e fuori dagli organi decisionali. A partire da quest’anno accademico gli studenti di buona parte dell’area umanistica, quindi, non avranno a disposizione un appello strategico, come quello di Dicembre, all’interno del percorso formativo che li porterà un giorno alla laurea, con l’inevitabile conseguenza di una maggiore difficoltà a concludere gli studi in tempo o comunque a progettare le proprie esperienze universitarie e di vita. E così, in un quadro nazionale di continua e insensata destrutturazione del sistema dell’Università pubblica, basato su rigidi criteri di meritocrazia, che punisce in termini pecuniari le Università con più studenti fuoricorso e, quindi, non meritevoli (come se il merito si basasse su criteri temporali), ci chiediamo quale sia davvero il fine di tale provvedimento. Infatti a fronte di labili spiegazioni quali una maggiore omogeneità della didattica, la sovrapposizione tra lezioni ed appelli per il mese in questione e la presenza, anche senza quell’appello, di un numero sufficiente di appelli annui, il reale senso manca se si pensa al rischio imminente di un aumento di fuoricorso e di studenti borsisti non più rientranti nei già rigidi criteri di accumulo di precisi crediti formativi annui. Risultato: il rischio che meno studenti riusciranno o si potranno permettere di proseguire e concludere gli studi. In questa ottica di razionalizzazione e velocizzazione dei tempi di apprendimento, che sta portando le Università italiane ad essere, da luoghi di formazione e crescita personale, a strade poco e male lastricate che dovrebbero portare nel mondo del lavoro– peraltro quasi inesistente-, l’impoverimento delle condizioni di studio non sorprende. Il punto è che crediamo che l’Università, e la sua fondamentale componente della didattica, siano qualcosa di più. L’abolizione dell’appello di dicembre, quindi, non è solo l’ennesimo smacco e delusione nei confronti di un corpo docente apparentemente sempre più sordo ai bisogni degli studenti, ma è un piccolo passo indietro sulla strada verso un’Università che appartenga finalmente a chi la vive.


ISKRA – pagina 5

Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur: Roma 11 Gennaio 2014, 500 no all’ ennesima distruzione della cultura.

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’ amaro commento di Tito Livio in merito alle vicissitudini geo-politiche della seconda guerra punica sembrano consone e contestualizzate alla fase che la cultura e l’interesse culturale versano nel nostro paese. Siti, musei biblioteche e enti di promozione e tutela culturale, vivono, o per meglio dire sopravvivono nell’ abbandono e nell’ indifferenza più totale. Le politiche scellerate effettuate sul settore hanno acuito e peggiorato la situazione anche e soprattutto sul fronte occupazionale, direttamente proporzionale alla tutela e alla conservazione del nostro immenso patrimonio. In questo clima di dismissione totale, il governo in data 7 Dicembre 2013 ha varato e reso pubblico il bando “500 giovani per la cultura”, il quale già dalle prime avvisaglie non faceva sobbalzare di speranza gli operatori del settore. La scelta di realizzare un bando di concorso sviluppato come stage formativo su 12 mesi, con un compenso di 5 mila Euro lordi annuali per 500 laureati under 35, risulta sotto tutti i punti di vista scellerata. Innanzitutto non permette ai tanto “venerati” giovani di costruirsi un futuro, visto che è un impegno organizzato e finalizzato alla precarietà nuda e cruda. Gli organici all’ interno del settore risultano dissanguati, di contro in Italia una moltitudine di professionisti meriterebbe a buon diritto di mettere in moto la grande locomotiva del culturale, perché creare altri disoccupati? La dead line “under 35” è chiaramente vergognosa e discriminatoria, tagliando e selezionando di fatto in maniera illegittima un’intera generazione. Le prime proteste hanno portato ad alcune modifiche (voto minimo spostato a 100/110, eliminato l’obbligo della certificazione linguistica), manovre le quali hanno assunto la solita sembianza del classico contentino. Abbiamo aderito alla manifestazione indetta dai professionisti e da tutti gli operatori dei beni culturali contro il suddetto bando e direttamente contro le politiche estremamente al ribasso sviluppate per l’ “industria culturale”. Infatti, la manifestazione tenutasi il giorno 11 gennaio non aveva come obiettivo solamente la riformulazione del bando, il quale da impostazione pseudo-formativa dovrebbe essere rivolto verso orizzonti lavorativi e di stabilità. La posta in gioco è ben più alta: è necessario assolutamente riconoscere a tutto tondo le figure che operano e salvaguardano il nostro patrimonio storico, culturale e paesaggistico. Una politica al ribasso in questo senso risulterebbe e risulterà alla lunga direttamente proporzionale allo sfascio di tutto il nostro patrimonio, bene comune di tutti e per tutti. Continueremo a sostenere e a rilanciare questa lotta, pretendendo anzitutto la tutela di migliaia di studenti che, con passione e competenze, hanno tutta la volontà di contribuire alla salvaguardia di quanto nel passato è stato realizzato nel nostro Paese e che costituisce un pezzo della nostra storia e della nostra civiltà.

Salvatore Andrea Incorvaia

Distretto 42: un nuovo progetto di riqualificazione per finalità sociali del Municipio dei Beni Comuni

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l giorno 15/02/2013 il Municipio dei Beni Comuni, rete di associazioni e di cittadini, ha liberato l’ex distretto militare Curtatone e Montanara, di proprietà demaniale, con il fine di restituirlo alla cittadinanza. Il loco, ubicato nel quartiere di San Martino, esattamente in via Giordano Bruno, vanta di 8000 mq di area verde e 4000 mq edificati. Adesso rinominato Distretto 42, dopo esser rimasto chiuso ed abbandonato per circa venti anni, è ora aperto e visitabile per chiunque volesse partecipare alle attività che vengono proposte o proporne di nuove. Ancora una volta si è registrato un silenzio assordante da parte delle istituzioni locali, a partire dalla Conferenza dei Capigruppo del Consiglio Comunale che ha negato una semplice audizione agli attivisti del Municipio dei Beni Comuni. E' stata, invece, sin da subito straordinaria la solidarietà degli abitanti di quartiere, dei cittadini, degli studenti che hanno riscoperto un complesso per troppo tempo sottratto alla collettività. Segue l'appello nazionale di sostegno al Distretto 42 Appello nazionale di sostengo al Distretto 42 di Pisa A Pisa il 15 febbraio il Municipio dei Beni Comuni, con la partecipazione di associazioni, attivisti, studenti e cittadini a cui ci sentiamo vicini, si è mobilitata con l'obiettivo di liberare un nuovo spazio per coltivare democrazia e diritti. La riapertura alla città dell'ex Distretto Militare Curtatone e Montanara potrebbe segnare un'inversione di rotta: il recupero di un bene pubblico che il demanio e le istituzioni locali hanno abbandonato al degrado e all'incuria. Attraverso questa azione di liberazione collettiva lo spazio è da oggi “bene comune” e sarà crocevia di attività culturali e scambi di economia solidale, arti e mestieri, sport e socialità, pace e solidarietà tra i popoli. Sosteniamo coloro che hanno aderito a questo movimento e costruiscono ora nuove reciprocità partecipando alla gestione del Municipio dei Beni Comuni, che sono beni relazionali, definibili solo dalla comunità che li tutela. Seguiremo con attenzione e simpatia questo percorso che si nutre della volontà degli individui di far funzionare nuove istituzioni, basate su un capitale di relazioni piuttosto che su quello finanziario. E' questa l'innovazione che può traghettarci fuori dalla crisi senza aspettare il traino della crescita economica, scegliendo la rotta di un paradigma alternativo. Chiediamo al demanio e agli enti locali di rispettare e sostenere per quanto possibile questa pratica di cittadinanza, che avrà l'obiettivo di ospitare anche attività e idee delle nostre organizzazioni. La modalità aperta, pacifica e trasparente con cui è stato riaperto questo percorso segna il passo di un nuovo tempo e l'affermarsi di nuove comunità insorgenti, con cui le istituzioni tradizionali devono imparare a dialogare alla luce del sole.


CLI: la verbalizzazione degli esami è possibile, ma emergono carenze strutturali da affrontare con urgenza!

ISKRA – pagina 6

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ome molti avranno oramai avuto modo di sapere, lo scorso luglio il CLI (Centro Linguistico Interdipartimentale) ha approvato una delibera in cui impediva agli studenti di area umanistica di convalidare come esami i test di lingua sostenuti presso il centro. Trattandosi, in realtà, di una delibera illegittima (non spetta, infatti, al CLI prendere decisioni su cosa i Dipartimenti possono o non possono convalidare), dopo le pressioni esercitate ci è stato garantito per quest'anno accademico che la possibilità di convalidare i test di lingua come esami rimane aperta a tutti gli studenti. Resta, tuttavia, da chiarire la situazione per il prossimo anno accademico, per il quale il CLI ha invitato i Dipartimenti a individuare altre soluzioni. Questa particolare contesa mette in luce il sostanziale fallimento della missione del CLI, nato come centro di servizi per tutto l'ateneo e che progressivamente riesce ad assolvere le proprie funzioni in maniera sempre più parziale. Si rende quindi necessario ed urgente un approfondimento sulla gestione del centro, ma anche sulle esigenze del centro e sulla quantità di risorse destinategli dall'ateneo. D'altro canto emerge anche una realtà ben più complessa e sempre più evidente, che riguarda l'insegnamento delle lingue e la lampante carenza di corsi di lingua, non solo nell'area umanistica, ma in tutto l'Ateneo. Questa carenza è stata non a caso all'origine di un crescente flusso di studenti costretti a sostenere l'esame presso il CLI, data la mancanza di alternative offerte (anzi, non offerte) dai Dipartimenti. Un'inevitabile prima conseguenza di tale carenza è stata la decisione, da parte del Consiglio di Corso di Storia, di ridurre il numero - da 12 a 6 - dei cfu di lingua da conseguire obbligatoriamente durante la triennale, poiché quei corsi indicati nel piano di studi alla prova dei fatti non esistono e “tacciono”. In un contesto Accademico che investe in modo consistente nella Internazionalizzazione, riteniamo quanto meno poco coerente - e inaccettabile - l'assenza di adeguati corsi di lingua organizzati dai Dipartimenti e la svalorizzazione che si è poi costretti a mettere in atto nei confronti dell'apprendimento delle lingue straniere, indispensabili strumenti di studio per tutti gli studenti. L'Ateneo dovrebbe ribaltare completamente la propria ottica, guardando in primo luogo non agli espedienti per guadagnare punti nelle classifiche nazionali sull'internazionalizzazione, ma a strumenti formativi per un reale apprendimento di vocazione internazionale per gli studenti iscritti all'Università di Pisa. Guido Cioni e Giulia Crisanti

Nasce Pagina Q: la nostra intervista alla redazione del nuovo quotidiano on-line 1) Che linea editoriale avete immaginato per PaginaQ?" PaginaQ è un giornale giovane, giovanissimo, e ovviamente la linea editoriale prenderà una forma più definita man mano che lavoreremo. Non crediamo che esista un giornalismo neutro, privo di opinioni e chiavi di lettura. Ma se anche esistesse, in qualche modo mancherebbe il suo compito: che è anche quello di analizzare i fatti e non solo raccontarli. Ma intendiamo questo mestiere anche come un obbligo di servizio. Quindi per noi è fondamentale riuscire a comunicare una notizia senza deformare i fatti, appunto, e senza piegarli ad una lettura aprioristica o ideologica. Il nostro obbiettivo, sicuramente ambizioso, è quello di contribuire allo sviluppo di “una città migliore”. Per farlo certamente sarà inevitabile parlare di criticità, storture e contraddizioni, ma sarà altrettanto giusto e doveroso dare risalto alle esperienze virtuose, che sicuramente a Pisa non mancano. 2) Da quanti collaboratori è composta la vostra redazione?" La redazione di paginaQ è composta solo da due persone, Cinzia e Francesca. Siamo invece in quattro ad aver ideato e progettato il giornale. Oltre a noi due ci sono Matteo e Rocco, che in concreto nel quotidiano si occupano della grafica e del marketing. Sono tanti, inoltre, coloro che si sono offerti per contribuire ad arricchire paginaQ e che lo stanno facendo tenendo per noi i Quaderni (ovvero le nostre rubriche). Oggi siamo a 10 collaboratori per le rubriche, ma il numero crescerà già nei prossimi giorni. 3-"Sulla base di quali fonti economiche potete lavorare?" PaginaQ è nata attraverso un crowdfunding su Eppela, che in 40 giorni ci ha consentito di raccogliere circa 6 mila euro (cifra destinata a sostenere le spese di avvio – burocrazia essenzialmente). Ma la nostra sopravvivenza economica non è ovviamente basata sulla raccolta fondi. Abbiamo pensato a entrate e attività diversificate per sostenere il giornale, dato che la sola pubblicità non è sufficiente a sostenere una testata online, tanto più se locale. Nei prossimi mesi verrà realizzato un sito di e-commerce collegato, dove troveranno prevalentemente spazio prodotti locali. La nostra cooperativa inoltre proporrà diversi servizi: grafica, realizzazione di siti internet, servizi di comunicazione e via dicendo. 4-"Quali sono state e sono le maggiori difficoltà con cui ha a che fare chi, come voi, prova a fare informazione?" È una domanda importantissima, che richiederebbe svariate pagine di risposta. Vi consigliamo la lettura di “I mercanti della notizia”, a cura del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, dove sono spiegate le cause e le conseguenza dei problemi dell'informazione italiana. Lasciamo che sia il libro a rispondere a questa domanda, anche se non esaurisce la complessità dell'argomento. 5-"Cinzia, tu (e una parte della redazione) venite dall'esperienza di Pisanotizie.it. Uno spazio informativo che ha significato moltissimo per chi vuole esprimere dissenso a Pisa. Quanto ha significato quell'esperienza? Ne dobbiamo parlare al passato, ormai?" La redazione si esaurisce in me e Francesca, ed entrambe veniamo dall'esperienza di Pisanotizie, dove entrambe abbiamo fatto un ricco e appassionante percorso che è stato anche di formazione professionale. Se esprimere dissenso può ed è una delle espressioni di un giornale, crediamo che sia riduttivo ridurre a quel ruolo il giornalismo. E del resto Pisanotizie è stato molto più di questo: è stato un punto di vista nuovo sulla città, che ha contribuito ad arricchire il dibattito con temi nuovi e a dare ghiusto risalto ad argomenti spesso sottovalutati. Ed è stato uno spazio di discussione di cui a Pisa si sente la mancanza. Non sta a noi dire se di questa esperienza si debba parlare al passato: la nostra collaborazione si è conclusa con la fine delle pubblicazioni di Pisanotizie. E a oltre un anno di distanza abbiamo deciso di lanciarci nel progetto di paginaQ. 6-"E' possibile contribuire allo sviluppo di PaginaQ?" Leggere, commentare e parlarne, avanzarci critiche e suggerimenti sono tutti grandi contributi per lo sviluppo di paginaQ. Intervista a cura di Sara Buongiovanni e Ettore Bucci


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