Dall'Europa dell'austerità all'Europa dei conflitti sociali: un percorso possibile oltre le Larghe Intese 3.0 Nello scorso numero di Iskra ci siamo potuti esprimere sulla nascita del governo Letta e sui suoi elementi di continuità e di differenza con il precedente governo Monti. Oggi il passaggio all'opposizione di Berlusconi con la nuova Forza Italia e la formazione del governo Renzi ci consegnano uno scenario diverso che è utile approfondire verso le elezioni europee e il semestre di presidenza italiana del Consiglio Europeo. Il governo Letta, fortemente voluto dal nuovo-vecchio Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha confermato con i fatti che la sua mission restava garantire all'Europa la continuità nel campo delle politiche economiche. L'approvazione della legge di stabilità – per la prima volta prevedendo l'intervento preventivo degli organi di governo dell'UE come prescritto dal Two Packs – ha rappresentato un ottimo esempio di quanto l'austerità si sia cristallizzata come irrinunciabile premessa di ogni proposta politica. Le premesse con cui Renzi si è avvicendato a Letta a Palazzo Chigi confermano questa tendenza sempre più dannosa per il Paese: stessa maggioranza che ha sostenuto il governo Letta; consultazione avviata con Draghi e la Bce per l'individuazione del ministro dell'Economia; riconoscimento, poi, delle garanzie di continuità sulla strada del rigore a senso unico nella figura di Pier Carlo Padoan, capo economista dell'OCSE; attenzione rivolta agli impegni europei esattamente nel solco del governo appena deposto. Particolarmente preoccupante il destino dell'Università e del Diritto allo Studio: non solo il rilancio dell'alta formazione e dell'accesso al sapere non è minimamente al centro del dibattito politico, ma l'assegnazione del MIUR a Scelta Civica apre a un'ulteriore accelerazione sulla retorica del merito e sul prestito d'onore in sostituzione del sistema di borse di studio, come dichiarato di recente dalla segretaria Stefania Giannini. Governi che rispondono più alla governance europea che ai bisogni dei cittadini. Dove sta la loro forza? Principalmente nella debolezza altrui: dell'opposizione politica, incapace di costruire ad essi un'alternativa, e dell'opposizione sociale, che fatica ad assumere le caratteristiche di un articolato e diffuso movimento di massa. Nell'autunno appena passato abbiamo assistito a mobilitazioni estemporanee di alcuni pezzi sociali – soprattutto studenti e movimenti per il diritto all'abitare – che però non hanno avuto la capacità di dare continuità a pratiche e rivendicazioni. Sembra essersi concluso un ciclo di lotte e movimenti che, a partire dal protagonismo sociale degli studenti, aveva sfidato governi e la politica come opposizione sociale a partire da una diversa visione della società. Guardando al Pd, è di per sé evidente che l'elezione a segretario del Sindaco di Firenze non abbia apportato nessun elemento di rottura con le logiche di governo europee. Dopo un iniziale dinamismo sul Job Act (peraltro, mai strutturato in una vera e propria proposta puntuale), il dibattito politico è stato quasi interamente
dominato dalla riforma delle legge elettorale, con l'Italicum come protagonista, poi dalla sempre più probabile staffetta Letta-Renzi a Palazzo Chigi e infine dalla formazione del nuovo governo Renzi. Questo processo ha gettato un'ombra cupa sulla tanto proclamata spinta al rinnovamento: in primo luogo, la maggioranza è costituita dalle stesse Larghe Intese ristrette che hanno sostenuto Letta; inoltre, assumendo il documento Impegno Italia e gli attuali obiettivi europei, non si capisce dove possa trovarsi la discontinuità nella proposta politica di Renzi, della quale poco si parla, sui temi fondamentali del Paese, a partire dal contrasto della povertà e delle disuguaglianze sociali; infine, risulta irrisolta e aggravata la questione democratica in riferimento a chi rispondono le politiche dei governi, questione centrale anche e soprattutto a livello europeo. Avvicinandosi quindi alle elezioni europee, la scelta che rischia di profilarsi è quella fra un'Europa che prosegue sulla strada del rigore ad ogni costo e una risposta antieuropeista che, sull'onda del malessere sociale nei confronti delle istituzioni europee, guarda con interesse alle ragioni nazionaliste e all'uscita dall'euro. Una risposta alternativa da sinistra al neoliberismo, che faccia del lavoro, della giustizia sociale e del welfare i punti cardine da cui ripartire, si scontra nel nostro Paese con il contesto frammentato e contraddittorio della sinistra politica italiana. La prospettiva pur positiva di una lista unitaria a sostegno di Alexis Tsipras, leader di Syriza in Grecia, come candidato alla presidenza della Commissione Europea nasce da un'evidente spinta esogena, segno delle profonde difficoltà che attraversano la sinistra italiana e delle distanze che contraddistinguono i diversi soggetti, e non può e non deve compiere gli errori del passato che hanno inquinato l'orizzontalità, la trasparenza dei progetti e le possibilità di partecipazione dal basso. Detto questo, la presenza di una lista che senza esitazioni si dichiara nettamente contrapposta alle logiche dell'austerità che hanno dominato l'Europa degli ultimi anni non rappresenta di per sé una riapertura di spazi per imporre la questione democratica e le istanze sollevate dai movimenti e dalla cittadinanza. Anche dal punto di vista delle organizzazioni sociali e dei movimenti l'Europa non deve essere vissuta come un mero spazio teorico, ma è necessario provare a tradurla in uno spazio politico attraversato da conflittualità e rivendicazioni. Riteniamo che nel nostro Paese le possibilità di riconquistare terreno su temi fondamentali, quali la formazione, il welfare, la gestione dei beni comuni e del territorio, il lavoro, passeranno necessariamente dalla capacità dei movimenti e del sociale di affrontare con protagonismo il dibattito verso e oltre le europee. In particolare, è auspicabile che si aggreghi un fronte ampio in grado di contrattaccare su disoccupazione, precarietà e per la conquista di un welfare adeguato al mondo in cui viviamo, nell'ottica di arrivare forti di un percorso reale al summit europeo di luglio a Milano sulla disoccupazione giovanile che aprirà il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo
Guido Cioni