SIT N Zero Lo zero stavolta "R" VI

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SIT

SIT_Rosa

LA CITTA’ SI COLORA Shot tra le pagine Frascati

Photographer Simone Pezze’

CICLO e RI-CICLO “The Waste Land” (BA) ECOARTISTI Transiti (DZ)

70 ANNI di RUGBY DZ

Rosa

Rugby femminile

ero

SIT N.Zero Lo zero stavolta

“4 RISTORANTI” LA FRASCHETTA CHI HA VINTO AI CASTELLI ROMANI

VI,2019

L’Intervista di Giorgia Camilli

L’Intervista di Daniela Zannetti

N Altre geometrie

RUST SAGE CORAL

Colori tendenze RUGGINE CIÒ CHE RESTA di Barbara Augenti

“il giro di paola” #iorispettoilciclista

Fabiana Luperini Il giro rosa di Daniele Monaco

Titoli di Coda

RE E REGINA DEL CARNEVALE e DEI PULCINELLA (1984 )

‘Na Fojetta La Romanella La Roveja

RICERCA“I VINI” La divulgazione di Sandro Fracasso

R DI RUGGINE La Carriola III di Daniela Zannetti

R

SIT N.Zero Lo Zero STavoLTa SITNewSfeeL@gmaIL.com TuTTI I dIrITTI rIServaTI © 2019

ANTEPRIME

“Beautiful City” L’arte sognata L’arte vissuta

La SeLeZIoNe deL SINdaco 2019

XVII RASSEGNA INTERNAZIONALE 30 maggio al 2 giugno 2019

VELOCITA’ : lA COMPAGNIA DELLA RUGGINE SANDRO FRACASSO


RUST SAGE CORAL

Colori tendenze. RUGGINE CIÒ CHE RESTA di Barbara Augenti

C’era una volta il ruggine. Il color ruggine. Quella tonalità duttile tra il rosso brunito ed il marrone. Secco e autunnale, sfrontato e rassicurante: il caldo e nostalgico ruggine dal sapore d’arancio bruciato. Recuperato dai non già favolosi, ma indiscutibilmente cool, anni Settanta, è stato il colore iconico della moda del 2018 e si dice che facilmente potrà comandare ancora l’intero 2019; ma di certo continuerà a regnare fintanto che la stagione dei cappotti e del velluto non lascerà spazio al corallo primaverile, per la futura stagione ribattezzato in Living Coral. Rigoroso e solenne, però, questo colore impeccabile talvolta intimorisce, proprio come l'elemento da cui prende il nome. Perché la ruggine ci parla del tempo e di un movimento incessante che trasforma e disperde, occultando. Ed invariabilmente ci minaccia, promettendo finali di corrosione e ossidazione. Tuttavia è proprio il suo rigore a renderla magnifica e imponente. Perfettamente in grado di dispensare saggezza e fascino con la sua aura vintage, questa sostanza incoerente e bruno-rossastra che si forma sulla superficie del ferro quando viene esposto all'aria umida e a contatto con l'acqua, accarezza tutto e tutti. Così, non solo la moda, ma anche l'arte e l'architettura si fanno facilmente sedurre. E se per la ristrutturazione del Denizen Bushwick di Brooklyn sono stati utilizzati supporti color ruggine per poter ottenere un equilibrio più morbido all’interno della geometria estremamente severa dell’edificio, mentre l’acciaio patinato (per l’appunto color ruggine) diventa la scelta favorita fra i materiali, anche grazie alla sua versatilità nel combinarsi invariabilmente con elementi molto diversi fra loro, nelle sculture dell’artista coreano Seo Young Deok, composte rigorosamente in ferro industriale scartato e nei quadri realizzati con ruggine e acrilico di Ruben Ochoa,come nelle fotografie di Paolo Gotti (leggi in Carriola III) il fenomeno corrosivo diventa una vera guest star.

E sarà per il suo colore caldo che ci racconta di atmosfere di torba, friabili e aromatiche come un whiskey scozzese, o perché le sue tonalità autunnali accendono gli occhi e il cuore, spaziando dal rosso al marrone, per arrivare alla giusta affumicatura di arancio - passando anche dallo zenzero al vinaccia - senza tralasciare neppure il rosa; o sarà, invece, perché il colore ci evoca subito New York, i suoi palazzi e le case con i mattoni a vista; o, forse, anche perché non si può proprio pensare al ruggine senza sentire sulla lingua e al palato il sapore di quella salsa di pomodoro che va ad amalgamare il pesto e la panna con la pasta e soprattutto non si può non avere chiara nella mente la foto di una vecchia bicicletta rossa appoggiata contro uno steccato, con le ruote semi affondate nelle foglie croccanti, mentre l’edera si arrampica sul muro di una casa… Ma sarà o non sarà, una cosa è certa: fintanto che c’è il ruggine, anche quando è inverno, l’inverno resta lontano. SIT N.Zero (VI)

Daniela Zannetti Hanno collaborato Barbara Augenti, Giorgia Camilli, Sandro Fracasso, Daniele Monaco, Simone Pezzè,

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SOMMARIO Lo zero stavolta

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Rosa ciclo Ri-ciclo Re e Regina del Carnevale Ruggine Rugby Ristoranti 2019

Una consonante dalle mille sfumature Qualcuna più sorprendente delle altre

Con l’onda di ciclisti che attraverserà le città, simile a volate di pensieri creativi, le città si riscoprono più colorate, e anche più ecologiche. Come fossero “Beautiful City”, ovvero spazi animati di immaginazione, ambiente, architettura e arte; “Recycle city” perchè per ogni ciclo,come il vecchio slogan ancora insegna, segue l’opportunità del riciclo. In qualche modo e per una serie di coincidenze e le opportune connessioni studiate a tavolino, questo numero è orientato al mondo femminile, e non per via del rosa che si delinea come nuance di colore affibbiato alle donne. Rosa è il colore della maglia vittoriosa del giro d’Italia maschile, cui segue il Giro Rosa, la competizione femminile di Luglio, e motivo per ricordare la campionessa Fabiana Luperini, pantanina, a cui è dedicato l’estratto a pag 6. E senza aspettare i ritagli dei tempi commemorativi di rito, questa uscita anticipa così, non solo l’8 marzo, ma racconta di donne impegnate in diversi campi, sportivi o artistici, complice la carrellata di colore rosa e le sue estensioni di contenuti, che inevitabilmente ci stanno sensibilizzando. Leggerete della prossima esposizione di Laura Marcucci Cambellotti artista di 106 anni, di Paola Gianotti l’ultracycler più veloce del mondo e la sua campagna #iorispettoilciclista; del 70° Rugby Frascati Union 1949 e del Rugby femminile, intervista a Michela Trinca e anche di Giorgia Pelli vincitrice dei “4 Ristoranti” selezione Fraschette a Castel Gandolfo, appassionata di vini che contesta, al tavolo dei 4 ristoratori con Alessandro Borghese, il clichè del dolcetto rosso per le donne. Come non parlare allora di Romanelle, della spumantizzazione e i toni del vinaccia, e del ruggine nel saluto delle tendenza moda 2018 all’ingresso del Living coral colore pantone 2019 (Barbara Augenti).

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La volata sulle ristrutturazioni e gli artisti che hanno celebrato la ruggine, vera guest star in pagina. Star come i Re e Reginadel Carnevale (edizione 1984). In questa tavolozza di colori dolci e stravaganti prendono corpo infine energie insospettabili: i comunicati di Sandro Fracasso sul teatro e le divulgazioni sui vitigni. Il transito di Ecoartisti; il saggio “La Carriola” alla terza puntata. L’immancabile ricetta dei Titoli di coda de ‘Na Fojetta. Buona lettura. (DZ) inCopertina

moNumeNTo aI caduTI

Piazza Marconi, Frascati inSeconda Colori tendenze. ruggINe cIÒ cHe reSTa (BA)

LucI IN roSa Shot tra le pagine Frascati Photographer Simone Pezze’

4 SIT_roSa Le Scuderie Aldobrandini 5Il 102°Giro d’Italia IL gIro dI PaoLa

PAG PAG

#iorispettoilciclista (DZ)

8-9

cIcLo e rIcIcLo “The Waste Land” (BA) - ecoarTISTI Transiti (DZ)

PAG

10-12 rugBY 70° -Rugby femminile

PAG

L’ intervista di Giorgia Camilli

14-16

I 4 rISToraNTI di Alessandro Borghese ai Castelli Romani. Chi ha vinto. Hosteria la Fraschetta Castel Gandolfo (Daniela Zannetti)

PAG

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TITOLI DI CODA LA ROMANELLA La Roveja (Carlo Camilli Chef ‘Na Fojetta)

PAG

A L T R E

G E O M E T R I E

6 gIro roSa faBIaNa LuPerINI 7 cIcLo rIcIcLo Rosa Maria Lena

PAG

(Daniele Monaco, Daniela Zannetti)

Marco Celidonio (DZ) PAG

13 re e regINa deL carNevaLe

PAG

(Scatti 1984 Danilo Zannetti) Il programma tuscolano 2019 PAG

21-22

r dI rIcerca “I vINI” La

divulgazione di Sandro Fracasso

17-18

PAG r dI ruggINe La Carriola III . Foto di Paolo Romani. Opere di Gotti, Bissattini (DZ)

A N T E P R I M E

19-20

Laura marcuccI camBeLLoTTI L’arte PAG

sognata L’arte vissuta (dz) La Selezione del Sindaco 2019 XVII RASSEGNA INTERNAZIONALE 30 maggio al 2 giugno 2019

veLocITà: moNoLogo TeaTraLe La Compagnia della ruggine di Sandro Fracasso

sitnewsfeel@gmail.com

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LA CITTA’ SI COLORA Shot tra le pagine Frascati Photographer Simone Pezze’

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Lo Zero stavolta


“R”osa

#iorispettoilciclista

Giro Rosa e il GIRO DI PAOLA

Il 102°Giro d’Italia

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Frascati illumina di rosa i suoi monumenti. Nel silenzio della notte li abbiamo fotografati, liberi dal traffico cittadino, e dal via vai di gente, per rendere le luci uniche protagoniste dell’atmosfera che si respira in attesa dell’arrivo di campioni e professionisti sportivi del 102°Giro, per la IV tappa a Frascati.

Ma c’è un altro giro atteso, è IL GIRO DI PAOLA. L’utracycler più veloce del mondo rinnova la sua performance anticipando il Giro di un giorno, sulle medesime tappe, per portare una Campagna di sensibilizzazione sulla Sicurezza del ciclista in strada #iorispettoilciclista Sit N.Zero si è fatto promotore dell’accoglienza della sportiva e invita appassionati, cittadini, sportivi e sportive a partecipare al Benvenuto della recordwoman e agli eventi diffusi il cui programma sarà reso pubblico nel prossimo Sit. (Info e Adesioni: sitnewsfeel@gmail.com)

L'evento mette in risalto "Non solo velocità", ma le pari opportunità nello sport e nel ciclismo, la cultura dell'accoglienza del nostro territorio, e al contempo la valorizzazione del trasporto su due ruote e la sua sicurezza. Con l'occasione è in allestimento l'evento "Arti in Transito" .

Il giro 2019 e il gotha del ciclismo

Si presenteranno all’arrivo della IV tappa Orbetello Frascati - 228 km - grandi calibri del ciclismo, Campioni di Giro e del Mondo; toccheranno alcune località simbolo della Maremma come Manciano e Pitigliano, per poi attraversare la Tuscia e la campagna romana fino al finale veloce, ma in leggera salita di Frascati: tappa adatta alle fughe (Tor Vergata- Vermicino). La ripartenza del 15 Maggio, V tappa per Terracina -140 km - attraverserà interamente la pianura pontina.

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Fabiana Luperini

Quando ha il pallone tra i piedi dribbla tutti: la chiamano Maradonina. Quando sale in sella ad una bici la chiamano Pantanina. una storica carriera in rosa Daniele Monaco Daniela Zannetti

Una carriera iconica da 5 Giri d’Italia e 3 Tour de France, sono questi i numeri dell’ex campionessa italiana, la toscana Fabiana Luperini, protagonista dell'ultimo ventennio di ciclismo femminile. Soprannominata Pantanina per la sua bravura come scalatrice, è stata in grado di dominare consecutivamente dal 1995 al 1998 il Giro Rosa, il Giro d’Italia femminile, per poi conquistare nel 2008 la sua quinta e ultima vittoria in questa competizione. Una serie di successi che l’ha impressa nella storia del ciclismo con il record imbattuto di 5 vittorie del Giro Rosa. Numeri che bastano a descrivere la carriera maestosa e professionale di questa grande atleta che ha vinto la sua prima gara a 7 anni seguendo il padre (unica bimba del Club Vettori), che a 19 anni partecipa al primo Tour ('93), anche se non vincerà, per inesperienza, soprattutto va sottolineato il suo sacrificio e la predisposizione a condurre una vita da vera sportiva, in cerca di grandi risultati: prima le ruote, come Coppi; nel ‘95 tenta il trittico ciclistico Giro, Tour e il Mondiale di Duitama: “quando si vince si vuole continuare, c'è entusiasmo, e in occasione di impegni così ravvicinati è importante il morale, perché non fa sentire la stanchezza”. Tutto questo distingue i campioni, e di fatto lei non si può definire altrimenti, una campionessa in sella alla sua bici, in grado di far prima sognare e poi conquistare vittorie festeggiate da tutti gli appassionati. Il suo soprannome ricorda il mitico arrampicatore Pantani scomparso il 14 febbraio 2004. Fabiana come lui, è una numero 1, anche se, e come giustamente faceva notare la sportiva in una intervista a Repubblica del ‘95, ammette di essere paragonata (con imbarazzo estremo e perché vince, non per lo stile), ma soltanto "se proprio si deve paragonare un' atleta femmina a un maschio". Già: si deve proprio?”

Altre geometrie

Giro Rosa

Succedaneo al Giro d’Italia il Giro Rosa o Giro d'Italia Femminile Internazionale, giunto alla trentesima edizione si disputerà dal 5 al 14 luglio 2019, con partenza dal Piemonte ed arrivo finale in Friuli, da San Vito al Tagliamento a Udine. Prima tappa Castellania, la città natia del Campionissimo Fausto Coppi, le ultime centinaia di metri in salita sullo strappo che porta al Castello di Udine dove verrà incoronata la vincitrice finale del Giro Rosa 2019. “Negli ultimi nove anni la maglia rosa è andata per sei volte nei Paesi Bassi e tre negli Stati Uniti, un successo italiano invece manca dall’acuto di Fabiana Luperini nel 2008”(cicloweb.it).

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“C’era una volta, 2005” di Rosa Maria Lena (Luci di Francesca Storaro). Scuderie Aldobrandini di Frascati

IL segno si fa luce e la luce è vita un richiamo alle energie del mondo a preziose nostalgie

Altre geometrie

Pittura, collage, assemblaggi fotografici, grafismi di moda, materiali diversi. Luci

E’ tempo di un nuovo transito per gli Ecoartisti Il Rosa di “Ecocity” Rosa Maria Lena & Francesca Storaro

Arte Design AmbienteReti di sostenibilità di Daniela Zannetti

Le opere di Rosa Maria Lena, Architetto, concorrono nel giugno del 2010 nella pubblicazione “ECOARTISTI” a rappresentare la ricerca di Artisti, Artigiani Architetti e Designer in grado di coniugare le loro opere ai materiali di scarto, al riciclo, al recupero, alla memoria, alla sostenibilità; di assodare le tavolozze pittoriche, i progetti e le manualità ad un criterio Etico dell'utilizzo del materiale rifiuto, il cui campo spaziasse, in una Recycle city, dalla tutela ambientale ad un nuovo codice dei rifuti. La Piattaforma di Artisti Ingombranti in transito ideata, fu una sorta di “infrastruttura” immateriale del Riciclo e del Recupero, il cui obiettivo, di ricerca e di accoglienza delle arti e delle idee, si apprestava a creare una “catena di valori” nello scenario dei Castelli romani e con ospiti di eccellenza: la milanese Caterina Crepax, d’oltralpe e romano di adozione Serge Uberti, il cagliaritano Marcello Murtas, gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Kandinskji di Trapani, Fra Sidival Filadel Paranà, Brasile, frate francescano. Ognuno di essi con una ricerca specifica su materiali di recupero: carta, cartone, ferro, alluminio, plastica, tessuti, organico... luci e memorie. Con loro una carrellata di autori della Provincia di Roma che ci ha regalato una prima istantanea del patrimonio culturale dei Castelli romani il cui territorio è notoriamente apprezzato per le sue bellezze naturali e storico-archeologiche e come bacino di grande fermento culturale e di attività ambientaliste. La caratteristica imprescindibile della rassegna era la conoscenza diretta dell’autore nel suo studio e la condivisione di riflessioni e nessi con la materia, più semplicemente, amabilmente, parlando di ciò che per ciascuno di essi, o meglio per noi tutti, rappresentasse il recupero di materia sul filo della dicotomia Utile/inutile: oggetti inutili/utili, non più utili, ancora utili - Fil di ferro e tavole - recuperati nel silenzio dell’alba o nei tardi meriggi di giornate caotiche; in passeggiate affrancanti lo spirito da ansie e dubbi - Lamiere, Griglie, Metalli e Chiavistelli; in ricerche mirate a percepire l’insolito – Reliquie e Relitti (tracce). O a bonificare sentieri di boschi - Tubi, Imballaggi, Plastiche; o semplicemente ricevuti in dono - Carta, Canapa, cartone; oppure per archivio in progress di materiali posseduti e consumati. Così Marco Celidonio, con “La Scalata” pubblicata con altre opere in ECOARTISTI IN TRANSITO. Valorizzare la materia Memorie pure. Le Opere ci conducono a ritroso in un tempo impreziosito da materiali che recuperano e valorizzano ciò che va sbiadendosi, ciò che vuole divenire ombra.

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The Waste Land "La terra desolata"

Barbara Augenti

L’arte del riciclo è antica come il mondo. In un sito archeologico vicino a Roma sono stati trovati attrezzi bifacciali in pietra e in osso di elefante risalente al Paleolitico. Trecentomila anni fa, dunque, l’uomo già riconvertiva gli utensili in precedenza utilizzati e poi scartati, per dar loro una nuova forma e un nuovo impiego. Pensiamo, poi, al recupero dei resti alimentari attraverso la conservazione piuttosto che alla lavorazione degli elementi di scarto - ad esempio nel legno - o, nell’ambito dell’arte, al necessario recupero di tavole e cornici, alle pareti ridipinte e ai marmi già scalfiti e recuperati dagli artisti, fino all’architettura di spoglio, impostata sulla spoliazione di materiale edilizio prelevato da costruzioni classiche e poi impiegato in costruzioni più recenti, via via fino ad arrivare alla più moderna trasformazione dei residui organici. Perché, sì, questa è davvero una terra desolata, fatta di scarti e poi nuovamente ricomposta da quei medesimi resti. Ma non è un poema a dircelo, è la vita stessa, e decisamente molto prima di Thomas Eliot. Ed è forse questo il principale - o forse il solo - motivo per cui l’arte non può che essere furtiva per poter essere ancora feconda e per sempre viva. Se, infatti, a causa di una massiccia e sistematica sovrapproduzione di stimoli, informazioni, esposizioni e produzioni comandate, ci ritroviamo (senza significative eccezioni) tutti come polli in una grande industria di allevamenti intensivi, per uscire dalla logica di una produzione a catena, l’arte contemporanea non ha avuto molta altra scelta se non quella di smettere di produrre. O meglio, di riprendere - riutilizzandolo - il già fatto. Ma andiamo per ordine. Torniamo indietro di cent’anni e pensiamo al “ready made”, l’utilizzo di un utensile o di qualsiasi altro oggetto, letteralmente prefabbricato e sostanzialmente privo di peculiarità artistiche, che venne scelto e adottato da un artista (potremo scordare Duchamp con lo Scola-bottiglie e la Ruota di bicicletta?) per farne di per sé e senza alcun tipo d’intervento su di esso, un’opera estetica, solo in virtù del fatto di essere stato concepito come un oggetto d’arte dall’artista stesso. Ma ancor di più ripensiamo all’“objet trouvé”, l’oggetto recuperato (trovato in natura, o anche già lavorato dall’uomo) ed esposto come elemento di un’opera o come l’opera d’arte nella sua interezza, unicamente in virtù del suo valore estetico, per la sua bellezza o per l’originalità delle forme e del colore. Oppure alla tecnica del “collage” - anche polimaterico – che richiede una sovrapposizione di ogni tipo di carta ed oggetto e ancora all’ “assemblage” con la sua composizione tridimensionale di utensili, integrali o parziali, applicati ad un supporto o, al contrario al “camuffamento”, con l’utilizzo nascosto di un oggetto, volutamente celato per apparire altro da ciò che è. Ma per quanto benedetti dall’inconfutabile genio di Picasso (il quale anche si cimentò nell’arte dello scarto, incollando ritagli di giornale e carte da gioco sulle sue tele e trasformando nella celebre “Testa di toro” un semplice manubrio ed un sellino di una bici) anche gli artisti del riciclo vennero ingoiati dal paradosso. Se il maestro, infatti, ci ha insegnato come l’azione del copiare - soprattutto nell’arte - sia una povera cosa, propria degli spiriti mediocri e di gran lunga sia preferibile il furto, in quanto espressione di una degna contaminazione di amorosi intenti, la ripetitività diventa in ogni caso sempre una gabbia. E l’arte, lo sappiamo, non può in nessun modo restare in una prigione.Pertanto, anche l’abuso di questa tecnica di riutilizzo non fece che snaturarne la funzione (oltre che la stessa identità), al punto che si arrivò ad attribuire, indiscriminatamente, e a qualsiasi materiale - senza nessun tipo di argine e con esilaranti conseguenze – potenziali, se non effettive, implicazioni surrealiste. Uso ed abuso. (segue pag. 9)

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“R”

La Scalata

acceNSIoNI LudIcHe

“L’Ironico ed il buffo si fanno guardare da questo si impara”.

Dall’incastro di piccoli tubi per l’acqua, dall’ acciaio, dal legno, da rame e ferro prendono vita oggetti d’arte o meglio ancora di puro design. La catena di una moto può prendere le sembianze dello stelo di una lampada, come pure una corona di bicicletta ed il suo cerchione, stirati, allungati, attraversati dalla bassa tensione accendono luci. Ma sono le accensioni manuali ad avere la caratteristica più giocosa: in alcuni casi veri e propri rubinetti da girarE pEr accEndErE o “catis”da prEmErE E in altri casi pEr spEgnErE: tappi, “saltarEllo“ da sfilarE .

Marco Celidonio La Scalata 200 x 36

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Corone, cerchioni, fanalino di bici, corrente a 12 Volt legno

(ECOARTISTI Transiti)

EsprimErsi con la matEria può trasformarsi in comunicazionE Marco Celidonio

Sezioni plastinate, la filosofia del riutilizzo Barbara Augenti

La tecnica del riutilizzo,è fondata sull’essenza stessa dello scambio: è l’arte del passaggio e dell’incontro, dai materiali al vissuto. Costringe a prendere e a riapprendere; a guardare due volte, una per vedere ed una per reinventare; obbliga ad ascoltare e ad avvicinarsi; a scoprire il già conosciuto e a ricordare lo sconosciuto. Implica un confronto e uno scambio, tangibile e immateriale, di materiali e prospettive, manualità e idee.

La filosofia del riutilizzo non può essere archiviata. Perché oltre a liberarci da ogni pregiudizio sulla bellezza e sulla sconvenienza, facendoci sperimentare anche il lato estetico e seducente dell’elemento di scartoin una ricerca dell’amenità all’interno di tutto un mondo del “brutto rifiutato”, ed obbligandoci ad un accrescimento del nostro campo visivo con l’affinamento di una sensibilità estetica spesso canalizzata in canoni addestrati ad una comoda monotonia, ci accompagna anche verso una nuova coscienza del concetto di spreco e ci dimostra continuamente che la filosofia del riuso è il motore di ogni fondamento della nostra vita.

Ed infatti, procedendo sul percorso umano per la lunga via dei rifiuti, raggiungiamo il più inquietante interesse per la materia organica, e forse la più estrema forma di riciclaggio: vale a dire quella del tedesco Gunther von Hagens, l’anatomapatologo ma anche artista, che ha restituito al mondo le spoglie di cadaveri sottoposti a plastinazione, mostrandoli in tutta la loro nuda umanità. Ricomposti in atteggiamenti decisamente vivi - giocano a carte, danzano, telefonano, danno prova di resistenza e agilità sportiva - ma con tanto di vasi sanguigni, tendini e nervi…decisamente scoperti, a questi corpi sottoposti ad imbalsamazione creativa, senza dubbio viene data almeno una seconda possibilità, se non proprio un’altra vita. Ed è proprio l’inventore della plastinazione a rimarcarne il concetto, dal momento che egli stesso ha affermato di voler essere plastinato dopo la propria morte e di voler donare sezioni plastinate del proprio corpo a diverse università nel mondo, in modo tale da poter continuare ad insegnare anche dopo la morte… Ma la filosofia del riutilizzo fa anche qualcosa in più per chi è ancora vita. Perché è la garanzia di una sicura sopravvivenza delle collaborazioni e del contagio artistico. Donatori e riceventi, fruitori e artisti: tutti diventano invariabilmente creatori in questa terra. Una terra, però, non più desolata o bulimicamente affetta da un accumulo seriale e compulsivo; ma trasfigurata in un’ottica di riuso gratificante, perché inventivo e confortante. Una filosofia che ci permette di agire e di pensare, ma soprattutto di essere, e di non dimenticare quello che si credeva di aver perduto. (BA)

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“R”Il RUGBY

ugby Frascati fisicità ed energia

Energia, gioco di squadra, rispetto dell’avversario. È il mix perfetto di tutto ciò che rende il Rugby uno degli sport più amati al mondo. Le sue origini risalgono al 1823 quando William Webb Ellis, studente della città inglese di Rugby, durante una partita di calcio prese la palla con le mani e corse verso la linea di fondo per poi schiacciarla a terra. Da questa variante del football inglese nessuno immaginava che sarebbe nato uno dei più grandi sport odierni. Oggi il calore e la vitalità del Rugby si rispecchia nei tifosi; non è raro vedere negli stadi persone con i volti dipinti dei colori della propria squadra o nazione, come nel caso del Sei Nazioni (1883), torneo in cui è presente anche l’Italia, che riempie gli stadi più importanti al mondo. Questo sport gode anche di tornei femminili, nati negli anni ‘90, che per foga e passione non hanno nulla da invidiare alla loro controparte maschile. (DM)

70 °rugby Frascati club “ Una maglia una bandiera” Paolo Paladini A settembre la Nazionale a Frascati

Risale al 1949 la prima formazione del Rugby Frascati. Oltre i tanti “curiosi” che hanno contribuito alla storia di questo sport, “tracce significative e indelebili sono state lasciate dall’Ing. Romano Bonifazi: due volte commissario tecnico della Nazionale Rugby negli anni ‘50, ha saputo organizzare, dal ‘64 al ‘74 e con passione paterna, la squadra che nel ‘62 conquistava l’Eccellenza” . Sono le parole commosse di Paolo Paladini, oggi orgogliosamente “Archivista” della storia del rugby tuscolano, ex ala del Frascati: 13 anni in campo, entusiasta allenatore azzurro dell’Under 15, dal 1975 alla Nazionale nel 1981, ad un passo da quella Coppa Europa “accarezzata ed appena sfiorata con un secondo posto che ha lasciato l’amaro in bocca”così la ricorda. Dal 1985 Paladini torna al Rugby Frascati, prima da allenatore e quindi da direttore generale del Rugby Città di Frascati nel 2014- con la squadra in serie B e la Promozione. Nel menzionare i rugbisti tuscolani a ridosso del 70° si augura sia un anniversario quanto più fedele agli albori e ai valori originari; quando indossare la maglia era rappresentare la propria bandiera. Oggi, Paladini svolge l’incarico di direttore sportivo del settore giovanile (8-16 anni) della Tor Tre Teste, società satellite della Lazio. Con il suo prezioso archivio fotografico sta collaborando alla stesura di un libro sulla storia del rugby frascatano con l’appassionato Roberto Eroli già autore di altre pubblicazioni con Raimondo del Nero, Basilio Ventura e altri. In una prossima Conferenza si discuterà invece del programma dei festeggiamenti ancora riservato, con il probabile cameo della Nazionale italiana ospite a settembre. (DZ)

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rugby Frascati club Femminile

" Il potente sfonda, il piccolo s’infiltra, l’alto salta, il guizzante corre. In una squadra di rugby c’è posto per tutti” (Luciano Ravagnani) di giorgia camiilli

In una squadra di rugby c’è posto per tutti. Ed è proprio vero, nel rugby c'è posto per tutti: bambini, ragazzi, ragazze, adulti e anche per gli over. Tutti quanti sono invitati, d'altronde lo permette la filosofia che sorregge questo sport, diverso: il rugby insegna, il rugby cresce, semplicemente il rugby fa da "spalla" alla vita. Uno sport giocato da gentiluomini, o gentildonne, educati dalle regole improntate sul rispetto e sulla coesione, su quei valori puri che ultimamente nel resto del mondo stanno venendo a mancare. Frascati vanta la presenza di questo sport ormai da 70 anni: un gioiello prezioso che si tramanda di generazione in generazione; sacro e non si può stare senza. Quindi, caro Rugby Frascati, "Tanti auguri" per questi 70 anni, e che i prossimi anni siano pieni di emozioni e soddisfazioni. Essendo come anticipato, uno sport per tutti, le donne non potevano non essere le benvenute; sono persino in grado di sovrastare gli uomini in questo ambiente fangoso, e non ci possono essere dubbi che sia possibile. Come sportiva so di cosa parlo, ma assaporiamo più da vicino il Rugby in Rosa. E' ricco di sorprese.

UN SeTTore femmINILe cHe NeL corSo deL TemPo SI è faTTo rISPeTTare

Altre geometrie

CLUB FEMMINILE IMBATTUTO

MICHELA TRINCA in azione, placcata, in difesa palla. Foto per gentile concessione Enrico Mari

Michela Trinca ha voluto aiutarmi a comprendere meglio questo mondo, raccontandomi com'è cominciato tutto e come il rugby le ha cambiato la vita. Classe '97, passa dall'eleganza e dalla perfezione della ginnastica artistica, al rugby, il suo opposto. Lei corre, corre tanto, sia in campo che fuori; quando parte non la fermi più, ormai sono 8 anni che vive per la "meta". Michela come ti sei avvicinata al rugby? "Diciamo che il primo approccio al rugby é stato puramente casuale... sono andata a vedere una mia amica che giocava già da un anno. Fino a quel momento l'idea non mi aveva minimamente sfiorato la testa, credevo fosse uno sport dove la gente si picchiava e si sporcava di fango e fine..., finché un giorno la mia amica non mi trascina (obbligata dal suo allenatore, che non smetterò mai di ringraziare) ad un allenamento, mi infilo un paio di scarpini taglia 42 di mio fratello (Io portavo 39) e mi butto sul quel campo molliccio e pieno di fango... Da quel giorno mi innamorai del rugby." Com'è l'ambiente del rugby femminile? La tua squadra? "L'ambiente del rugby è complicato - ride. Parlo ovviamente dell'ambiente che vivo io e non dell'ambiente delle squadre maschili di alto livello.

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segue pag. 12

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Per quanto riguarda l'ambito femminile esistono tante realtà diverse e te ne rendi conto quando scendi in campo la domenica, però su una cosa siamo tutte uguali: ovvero l'impegno e la passione che mettiamo in questo sport. Della mia squadra sono contentissima, sia di come procediamo che di come ci stiamo allenando. Un gruppo con un obiettivo comune e un impegno costante. Non mancano incomprensioni come in tutte le squadre, maschili comprese; non sempre ci si trova ma in campo ci siamo per tutte. Non vorrei scendere in campo con nessun altra squadra!" Con la tua squadra in che campionato militate? "Stiamo affrontando il campionato di serie A del Girone sud e finora siamo imbattute. Vedremo alla fine quando ci scontreremo con le ragazze del Girone nord che sono di un'altra categoria, secondo me, ma la voglia di mettersi alla prova é tanta quindi nulla è scontato”. Grazie Michela e in bocca al lupo per la vostra meta finale. Ogni giorno le donne devono farsi valere e rispettare per giocare uno sport "da maschi" e ci riescono, la società inoltre le sostiene e le valorizza al meglio. E' questo che distingue il Frascati Rugby Clubc'è cuore, rispetto per tutti senza distinzioni e la voglia constante di vincere e di imporsi a livello nazionale e internazionale. Forza Frascati, continua cosi. gc

«RE PUPONE I governanti del Carnevale di Frascati, Dinastia “Pupone”. Da tre generazioni lo scettro di Re del Carnevale passa di padre in figlio »

re e regINa deL carNevaLe SHoT 1984

carNevaLe TuScoLaNo 2019

fraScaTI SaBaTo 23 feBBraIo 2019

H 17:30 Sala degli Specchi Proiezione del filmato storico Associazione Centro Studi e documentazione storica

domeNIca 24 feBBraIo

H 11:00Esibizione degli Sbandieratori - Piazza S. Pietro H 15:00 Inizio carnevale scambio delle chiavi tra il sindaco e Re Pupone - Scuole Pie H 15:30 Sfilata gruppi in maschera Esibizione della Little Big Band di Colonna -Flash mob pulcinella H 18:00 Esibizione degli Sbandieratori

gIovedÌ 28 feBBraIo

H 15:00: Sfilata in maschera banda musicale e Majorettes Comune di Monte Compatri

SABATO 2 MARZO

H 10:00 Scuderie Aldobrandini Spazio bimbi -“Atelier In Gioco” H 15:00 Festa in maschera Padiglione Colle Pizzuto H 18:00 Scuderie Aldobrandini Mago Linus.

domeNIca 3 marZo

H 15:30 Sfilata gruppi in maschera Little Big Band di Colonna - Majorettes Comune di Monte Compatri H 18:00 Chiusura corteo -H19:15Spettacolo Laser P.zza San Pietro

Capo dei Pulcinella, «

il terzo nella storia del Carnevale Tuscolano detto

“Papone”» FotoPentax DZ

marTedÌ 5 marZo

H 15:30 Sfilata gruppi in maschera - Little Big Band di Colonna H18:45 Funerale Pulcinella H19:15 Spettacolo Fontane danzanti (Acqua – Luce – Fuoco) Piazza Marconi

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Altre geometrie

Il Carnevale tuscolano dai primi del '900 fino agli '60, raccontato da Lucio De Felici e Tommaso Mascherucci nella Sala degli Specchi il 23 con la raccolta di foto e video d'epoca di M.Ruggeri hanno evidenziato un Carnevale di Frascati affine a quelli noti dell'epoca di Viareggio e Sanremo: molte parate erano composte da carri floreali e seguite da oltre 100 mila persone (1930). I primi Carri del '900 erano allestiti su tradizionali carri con ruote, gli allestimenti di cartapesta, di grande genio creativo, raggiungevano in altezza il secondo piano delle abitazioni, ed era frequente vedere gli spettatori affacciati dai balconi degli appartamenti. Di grande effetto visivo i Portali di entrata al Carnevale, i Mascheroni, gli indimenticabili Capoccioni, i Pupazzoni. Figure di oltre due metri, indossate e portate in parate che da piazza San Pietro sconfinavano in Passeggiata, per "riposarsi" dietro la quinte in Via Principe Amedeo. Partecipavano Carri degli Sponsor locali e nazionali. Quando il mondo diviene veloce i Carri iniziano ad essere trasportati da Trattori e da Vespe cosĂŹ il Re del Carnevale, piuttosto che a cavallo, viaggia in carrozza col suo scudiero, sul carro. Gruppi di maschere e fan, progenitori del cosplayer: Saltimbanchi circensi, Il Far west, I Cercatori d'oro. Poi il Carnevale "biondo", Carnevale in Bottiglia, con mescite di vino; dopo le documentazioni dell'Istituto Luce, iniziano le prime riprese tv in diretta con le descrizioni dei cronisti e gli slogan pubblicitari e umoristici, I Pompieri con la botte del vino: "un mestiere che non mette arsura". Lo spirito di animare la popolare festa non viene a mancare nemmeno dopo la II seconda guerra mondiale e il bombardamento di Frascati. Carri e Carnevale appaiono con lo sfondo di macerie con tutto lo spirito di ricostruzione. Nel baccanale ancora I Pulcinella, I Pagliacci, I Mucchi zuzzi, La Bimba atomica, Luci, Giochi di acqua e Fuochi di artifizio.Gli inviti alle maschere...E siamo al 1960. DZ

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“R”

“4 RISTORANTI”

LA FRASCHETTA CHI HA VINTO AI CASTELLI ROMANI Intervista di Daniela Zannetti

“La ciambella intinta nella romanella rossa ha scatenato l’opinione castellana e poi Il Rosso dolcetto è un vino da donne?”

Tovaglia si, tovaglia no, calici si, calici no, rosso si, bianco no. Le critiche più feroci sono arrivate al vino e alle ciambelline inzuppate nella romanella di rosso. Tanto rosso sfuso sui tavoli delle osterie castellane e il motivo ce lo confida Giorgia, vincitrice a Castel Gandolfo della selezione de I 4 Ristoranti: “ad Alessandro Borghese piace rosso, meglio se nero buono”, ecco perchè prevaleva il nettare rubio nei bicchieri, scatenando così i pareri negativi degli spettatori fedeli al bianco delle fraschette. Ma è febbraio e con il freddo che fa, e i piatti rustici della tradizione, porchetta, pajate, sugo di coda e polenta, anche il rosso ci sta. Se poi è amabile dovrebbe piacere di più alle donne ma la cortese offerta di dolcetto dell’Oste frascatano non piace per nulla a Giorgia: “che cosa sono queste differenze, il buon vino lo sa reggere anche una donna,” mostrando così lo spirito competitivo e vivace che la porterà a vincere i 5 mila euro del premio. “Ho esagerato”? mi chiede quando le ricordo l’episodio, e ci strappa un sorriso. “Di padre in figlio”, riporta la stampigliatura del menu ma il cuore dell’Hosteria La fraschetta di Castel Gandolfo ,il motore anzi, è nonna Elsa, appassionata di convivi, da Tor Pignattara 32 anni fa, ha deciso di lasciare Roma, stabilirsi ai Castelli romani all’ombra della Cupola pontificia ed aprire la sua fraschetta. Giorgia nella conduzione familiare, col fratello Giammarco, contribuisce col servizio in sala e produce anche dell’ottima pasta con pregiate farina e uova nell“Antico Pastificio Innocenzio” nella piazza centrale, dove si può anche mangiare.

Qui è passato Alessandro Borghese

Gli scatti fotografici del conduttore, coautore e Chef, con gli autori e i produttori di 4 R sono alle pareti come foto d’epoca delle star passate nei locali. Lui è quello che sembra, elegante ma alla mano, gentile e sensibile “ha rappresentato proprio noi” dice la signora del primo piano affacciata su Corso della Repubblica, la spaccata che porta dritto alla piazza estiva del Vaticano. Lo spirito del piccolo borgo mantiene la sua attrattiva in ogni stagione per la bellezza degli scorci naturalisti con il lago e i vicoletti decorati da fiori e oggetti di antiquariato. Turisti e visitatori sono un viavai anche nei giorni feriali. Quando arriviamo a Castel Gandolfo sono da poco passate le 12 e nell’aria si sente profumo di carni arrostite, il tempo di salutare Giorgia al civico 58 e sistemare i flash che l’Hosteria si riempie di avventori. Cosa hai provato quando sei stata contattata da Sky per I 4 Ristoranti, a quale pubblico è destinato secondo te il programma, tu lo seguivi? “Emozionatissima e se non m’avessero preso sarei rimasta male, e volevo vincere” Ti è piaciuto osservare da vicino una produzione audiovisiva, è stato faticoso? Avevate anche un supporto Trucco e parrucco, costumista? Tu eri sempre al top...

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“La troupe era numerosa ma non ci ha intralciato nel lavoro. Trucco e parrucco? Magari! Tutto di mio ...”Ti piacerebbe ideare un format sul gusto, chi e cosa andresti a scovare? “Mi piacerebbe molto ma abbinerei Moda e Sapori, diciamo i colori, le tendenze ai piatti e viceversa”. La penso come lei, da giornalista e comunicatrice, soprattutto su come si comunica un piatto, una buona fotografia, cosa lo rende vero e attraente, tra forme e colori; come fare promozione e quanto la pubblicità diffusa corrisponda ad un Brand. Ma questa è un’altra storia. Di fatto il concept di 4 R presenta un risultato di selezione similare, il fac simile delle osterie, visto che le osterie di una volta non ci sono più. Di questo è ben conscia Giorgia che però al servizio ai tavoli con la pettorina rosa riesce a ricordare un’ostessa, e già dalla sua mise fucsia e viola sa come impattare visivamente sul pubblico, per narrare la tradizione che si è evoluta.

BuSSa ‘a PorcHeTTa, famoLa eNTrà.

Di Marino o di Ariccia, la porchetta e la cacio e pepe sono i piatti cult in discussione; calda appena sfornata, e non riscaldata, o fredda, il top e la cacio e pepe, il piatto star, senza cremine di latte aggiunto. Al tavolo una coppia, lei di origini greche lui siciliano, abitano a Nettuno con la piccola Penelope di 7 mesi, amano mangiare fuori. Citano la Sagra estiva “Pizza e fichi” di Rocca Gorga, e consigliano i locali di Anzio e Nettuno, Zero miglia, Zenzero e Giorgione. Un bel passaparola dei locali dove andare. Sala piena, i clienti in uscita fanno selfie alla cassa. Quanta visibilità porta 4R? “Molta. Al 90% tutti clienti curiosi di ripercorrere le orme di Borghese” Ma piove non piove il papa magna, è scritto proprio sulle tovagliette della fraschetta.

LA FRASCHETTA di Frascati Non solo Papi a ristorar la complessione et riacquisir le perdute forze

All’insegna di una frasca di alloro sull’entrata e cartocci al soffitto, le tavolate nei tinelli con le panche di legno, la tovaglia di carta a foglio unico e bianca, le fojette di mescita dalla botte a vista, con l’oste vignaiuolo e l’ostessa in parannanza e lavabicchieri che preparava qualche piatto e sfornava ciambellette al vino, appartengono alla tradizione dei Castelli romani notoriamente terre di vino e costellate di osterie e di bellezze naturali e storiche attorno a Roma. Le osterie o fraschette erano i locali dove si lavorava il vino vendemmiato che si conservava nelle annesse grotte. L’ambiente era rurale, in terra battuta e gli attrezzi del lavoro appoggiati alle parete, con fiaschette e damigiane in vetro, erano l’abbellimento naturale. Vi si riunivano famiglie, amici e romani fuori porta sempre in fuga dalla calura della città, con i propri fagotti; i fagottari così detti, portavano teglie e insalatiere di cucinato incartati nel canovaccio annodato e per una bevuta tra amici o per le feste di cortesia era possibile mangiare un primo piatto di sugo tipico, improntato su modesti fornelli. L’allegria e il buon vino erano la nota dominante delle fraschette e tutti quelli che l’hanno vissuta la ricordano con nostalgia. D’estate si mangiava anche all’aperto, su strada e nelle piazze. Alla sera qualcuno ci giocava a morra.

Il rosso per resa è stato sostituito nel tempo dal bianco. Nel quadro di Carl Heinrich Bloch (1866) “Osteria romana dell’800” si nota l’uso del VINO BIANCO rosso nelle fojette, la tradizione del bianco attiene alle produzioni O VINO ROSSO vitivinicole più moderne ma in particolare Roma ha prodotto e consuma Dove s’intinge più rossi, la ciambella intinta al vino di fine pasto ai Castelli invece è notoriamente nel vino bianco, più largamente diffuso, e raramente la ciambella? inzuppata nella romanella, a prescindere dal colore . Ritrovare questi ambienti è impossibile, nel tempo le osterie sono scomparse o si sono trasformate in fraschette con cucina e trattorie e nel mito dell’Osteria, le cui tradizioni non sempre vengono rappresentate nella giusta sfumatura, per non dire misura, la giusta misura del mezzo litro, la fojetta cui papa VI impose il bollo. Poi come dice Giorgia Pelli intervistata per la vittoria dei 4 Ristoranti, “il cliente chiede spesso cose improponibili. Colpa della Tv.Troppo Masterchef. Sono diventati tutti ingegneri del cibo”. DZ

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LA CITTA’ SI COLORA Shot tra le pagine Frascati Photographer Simone Pezze’

Lo Zero stavolta


La Carriola III

Daniela Zannetti

Tutto rigorosamente abbandonato. Lo scorrere del tempo, intessuto di memorie, separazioni, assenze, rinunce e sogni infranti che Paolo Gotti ha immortalato con la sua fedelissima macchina fotografica analogica in oltre settanta paesi nei cinque continenti. Scorrono le immagini di una vecchia miniera di sale ai confini della Colombia e di una carriola arrugginita abbandonata in un Brasile non lontano dall’Oceano Atlantico. (ww.paologotti.com)

Metafora inesauribile

E' più faticoso raccontare l'Opera Carriola attraverso le parole, perchè essa è fatta di azioni, materia e allestimenti.Ve ne era una abbandonata su strada da anni, spuntava dalle frasche, coi manubri in fuori come corna, posizionata come un feticcio, vicino al cassonetto dei rifiuti tali e quali.Desideravo ardentemente che quell'area fosse sottratta al suo inquinamento rugginoso, che lo sguardo trovasse quiete nella natura senza ingombri. Quando iniziò il nuovo servizio rifiuti differenziati il cassonetto fu tolto, l'area bonificata e la carriola portata via. Non bastava, volevo che la carriola divenisse un simbolo.

Intendevo far fissare lo sguardo sull'atto di scarriolare rifiuti (la carriola è stata usata anche così tra gente rurale) - e modificare comportamenti. Per allestire l'Opera avevo dunque bisogno di una nuova carriola abbandonata che volevo portare tra le persone e i musei. Fu esposta, intanto che 8 mila cittadini modificavano le loro abitudini sui conferimenti dei rifiuti. L’emblema carriola prese corpo assieme ad una ricerca progressiva dei suoi usi nell’arte concettuale, e non, a cominciare dal progetto di "Installazione artistica temporanea di una carriola" (simbolo del popolo delle carriole) illustrata e presentata a Milano, il 25.04.2010, metafora di Lavoro Partecipazione Sostenibilità.

Ossimoro della Metafora

L'installazione, che consiste in un'opera composta dall'elemento ‘carriola' posta su un ‘pilastro in costruzione' e metafora della ricostruzione, rimanda in maniera esplicita alle prerogative del lavoro e alla partecipazione; le macerie alla base sono a ricordo della tragedia del terremoto aquilano e dell'immensa responsabilità nei confronti della ricostruzione artistica e culturale di quei territori. Ora, secondo la "metafora della carriola” tutto ciò che sta dentro alla carriola è concreto, non i termini astratti che richiedono conferme di significato. (“Il segreto del carisma”Emanuele Maria Sacchi - Franco Angeli/ Trend). Trovando in forte antitesi tra loro la carriola metafora della ricostruzione e i suoi termini astratti (lavoro, partecipazione, sostenibilità), con la carriola metafora di concreto, ho dedotto di trovarmi al cospetto di un un ossimoro della metafora della carriola. Un divertissement innocuo ma persistenza a proseguire nella ricerca dell’oggetto. Qualunque forma e stavolta da Materia a Tracce di ruggine e inopera. segue pag. 18

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Carriola del SILENZIO CAPZIOSO

“Dritti e rovesci”. Claudio Bissattini, Carriola 2014 Olio su tela70x100. Consideriamo quest’opera una copertura e materia inesistente. La metafora della rivolta, rovesciata, e silenzio. Se abbiamo visto l'oggetto che rappresenta il lavoro intelligente, la perseveranza, la metafora del concreto, gli ideali, le idee di cooperazione, incinta di futuro, di tutti i possibili contenuti, dentro e fuori, la carriola rovesciata è (sotto), rappresenta senza dubbio il Fermo lavori, forse riposo, possibile indebolimento di ogni ragione presentata sinora. Esistenza negata. Come la lettura di un Arcano, di un Tarot: il quadro pare illustrare un silenzio ambiguo, fallace, ingannevole, sofistico, insidioso, esattamente il contrario di chiaro, diretto, franco, limpido, schietto; aperto. Sembra silenzio che imponga silenzio, nessuna risposta ai perchè, alle nuove domande , con infiniti “se e ma”che si propongono senza esito. Un silenzio capzioso. Come quello del potere, di gestione non trasparente, che nasconde il proprio pensiero nella pancia, opportunamente. Traspare abbandono e sospensione. E' il caso di dire, carriola inopera.

Paolo Romani Photographer Ragazze uzbeke di Khiva dopo un temporale

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A N T E P R I M E

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L’arte sognata L’arte vissuta L’Evento da non mancare

Laura marcuccI camBeLLoTTI 1 marzo - 31 marzo 2019 9 marzo Il Documentario Auditorium Scuderie Aldobrandini Dipinti, disegni, incisioni, gioielli e arazzi di Laura Marcucci Cambellotti artista romana, che ha operato dalla fine degli anni Venti, e sino al 2012 quando ha realizzato il suo ultimo arazzo tessuto ad ago, saranno esposti dal 1 marzo al 31 marzo alle Scuderie Aldobrandini di Frascati nella mostra” L’arte sognata L’arte vissuta”. Il racconto di un secolo di storia dell’arte, delle arti grafiche, del design che proprio nei primi decenni del novecento raggiungono il punto massimo della scoperta espressiva di molti artisti impegnati nelle tematiche socialiste, nel liberty, nel futurismo, e Laura, detta Lalla, cresce in un ambiente familiare che è un crocevia di queste strade artistiche: tra Realismo magico, energia del tardo futurismo e il lirismo dell'astrazione. 106 anni compiuti, Laura è figlia di Alessandro Marcucci, artista educatore legato all'impresa di alfabetizzazione dell'agro romano, sposerà Adriano Cambellotti, il primogenito di Duilio Cambellotti, uno dei massimi esponenti dell'Art Nouveau italiana che fu incisore, pittore, scenografo, architetto, decoratore, arredatore, designer, grafico, cartellonista pubblicitario e illustratore: progettò suppellettili, oggettistica e componenti d'arredo, infine fu scultore e ceramista; un ampio percorso che la stessa Laura percorre senza alcuna separazione tra arte e vita, in un continuum di amore per l’arte e strumento stesso. Cresciuta oltremodo nello studio di Giacomo Balla, protagonista del futurismo italiano, in virtù del matrimonio dell’artista con Elisa Marcucci, sua zia paterna, imparerà e sperimenterà da autodidatta diverse tecniche: “Si può imparare come tenere il pennello, come lavarlo, come scegliere i colori, ma non si può insegnare l’arte”; “l’arte non può essere appresa, ma essere qualcosa di interiore, di connaturato”. Tutti loro però le trasmettono l’impulso alla creatività ,soprattutto a percepire e interpretare nell’intimo le suggestioni della realtà quotidiana: vedere come altri non vedono. Arte dunque sognata e vissuta. La produzione di Lalla spazia dalle Nature morte ai Paesaggi della Campagna romana, dai Ritratti di amici, familiari ai numerosi Autoritratti: “luogo d’introspezione, strumento di auto-conoscenza e consapevolezza della propria identità”. Celebre quello ad olio dei primi anni Cinquanta, alla finestra in quieta intimità (in foto), lo scenario è immobile, immerso in una magica sospensione, comunica il rispetto del silenzio dell’armonia. Non manca di realizzare tra arte, e arti femminili applicate, ceramiche, arazzi, incisioni e realizzare gioielli di scena - collana per il film Cleopatra del 1963 (in foto). La mostra, sostenuta dall'archivio dell'Opera di Laura Marcucci, è curata da Vincenzo Scozzarella con Claudio Tosti coordinatore e la collaborazione del Centro Studi Cambellotti. Un documentario, prodotto dalla famiglia Cambellotti sarà proiettato 9 marzo alle H 17:30, Auditorium Scuderie Aldobrandini (ingresso libero fino ad esaurimento posti).DZ

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Patrocinio del Comune di Frascati, Assessorato alla Cultura e Comune di Lanuvio

L’arte sognata L’arte vissuta Frascati Scuderie Aldobrandini

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A N T E P R I M E

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A N T E P R I M E

La Selezione del Sindaco 2019 XVII RASSEGNA INTERNAZIONALE 30 maggio al 2 giugno 2019

Grazie all’impegno del delegato all’agricoltura Basilio Ventura, Frascati ospiterà l’edizione 2019 del prestigioso Concorso Enologico Internazionale La Selezione del Sindaco, alle Mura del Valadier. Il concorso si svolgerà dal 30 maggio al 2 giugno e prevede l’iscrizione annuale di circa 1300/1500 campioni per un totale di circa 9000 bottiglie. La giuria sarà composta da 12 commissioni, ciascuna formata da 7 membri, per un totale di 84 commissari, di cui almeno 42 provenienti dall’estero. Oltre 100 persone tra commissari e organizzatori, soggiorneranno a Frascati, con una considerevole ricaduta sulle attività di ricezione e di ristorazione cittadine e un importante rilancio del vino Frascati. Il Sindaco Roberto Mastrosanti: “tra gli asset strategici per il rilancio di Frascati, c’è il vino e la viticoltura, confido che l’evento sia occasione di orgoglio per i nostri produttori che saranno certo in grado di dare lustro alle nostre ottime produzioni”.

“Monologo”di Sandro Fracasso “vELOCITà”

Autore e regista della COMPAGNIA DELLA RUGGINE l’Uroboro creativo

Il corso di avviamento al Monologo Teatrale Composizione e Interpretazione

Il progressivo e drastico calo di concentrazione collettivo ha conseguenze dirette anche in ambito teatrale. Il pubblico contemporaneo, di conseguenza, è più predisposto ad annoiarsi, se non addirittura ad abbandonare uno spettacolo tradizionale, mentre incontra con maggior interesse e segue con più coinvolgimento una rappresentazione composta di più monologhi, dialoghi, o brevi atti unici, specie se interattivi. La molteplicità di argomenti e di situazioni stimola infatti lo spettatore a seguire con attenzione e l'attore a interagire in modo più diretto ed empatico. Una delle dimensioni su cui si sviluppa la materia è del resto la velocità di trasmissione di informazioni, che non sempre si traduce in una efficienza di decodificazione, ma che ha l'effetto di catturare l'attenzione di chi osserva. Questo significa che il teatro deve adeguarsi al pubblico? Non proprio, ma non può ignorare l'evoluzione dello spettatore, che in fin dei conti è il suo utente finale e non deve dimenticare il ruolo sociale di anticipatore, comunicatore e intrattenitore, per assolvere il quale deve mettere in atto le necessarie strategie. Proprio per questo ho ideato un corso di avviamento al monologo teatrale che parte dalla rivoluzione della lettura, che diviene creativa, tanto da unire il suo senso primigenio alle strategie attuative. Leggere come secondo passo verso l'interpretazione, visto che il primo nel caso di autori-attori è la stesura, disegnando implicitamente un uroboro creativo. E arriviamo così al punto cardine: l'originalità del corso è il suo essere rivolto ad aspiranti autori e attori, che vogliano approfondire le dinamiche compositive ed interpretative del monologo teatrale, partendo dalla composizione per giungere alla messa in scena, in un continuum che vedrà l'autore varcare la soglia magica del palcoscenico, annullando in questo modo un taboo sempre più reverenziale che reale.

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Sandro Fracasso Val di Farma Siena

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“R”ICERCA

di Sandro Fracasso Chimico e ricercatore all’ateneo estense nel 2010 si ritira in Toscana, dove si occupa di autoproduzione, di ricerca agro-enologica indipendente. Autore e regista della Compagnia della ruggine, Ecoartista, recupera ceppi e radici di legno per arredi e punti luce, legni in prevalenza, abbandonati, riversi, ricoperti, e riscoperti durante escursioni a piedi, non su indicazione, ma come oggetto di una estenuante ricerca e portati a rinascita. La review sui vitigni (parte I), che segue a pag 22, è il prodotto di oltre un anno di ricerche, lavoro da cui emergono più ipotesi che punti fermi. Del resto, Sandro Fracasso, preferisce seminare domande aperte che certezze chiuse.

Erre come ricerca, come intuizione, quieta e vagliata. Vagliare, il pensiero corre alla farina di castagne, a come la si è ripresa a produrre coinvolgendo tutto il borgo, i nostalgici chioserebbero come un tempo, noi che ci siamo immersi li smentiamo sorridendo: un tempo non si sceglievano le castagne, non si escludeva per gusto, si includeva per fame. E la farina che ne esce oggi è quasi bianca, pochissima, vellutata, perfetta per le tagliatelle come per il castagnaccio. Siamo in val di Farma, sempre di meno, sempre più orgogliosi, lontano da molto, immersi in un tutto verde che si ostinano a chiamare eroico, che chioso estatico. In un posto preciso, geografico, centro di toponimi per necessità e di volontà per chi ci arriva senza esserci nato, venendo magari dal mare, con un passato accademico e uno spirito no. Ci si capita per amore e ci si resta per la stessa ragione, che fa studiare viti centenarie a piede franco (esemplari rari non innestati), le storie millenarie dei vitigni meno modaioli, aprire una casa galleria (Casa Là Farm Gallery) che è anche un think tank letterario, una compagnia teatrale (la Compagnia della Ruggine), un suq di emozioni dove non si trova come ripagare se non tornandoci. Alcuni lo fanno dalla non troppo vicina Siena, cantando Vamos a Scalvaia. Finisce che ci sono troppe idee per metro quadro, anche per questo passo le giornate nel bosco, immerso nelle piene primaverili, tra le orme silenziose e il mutismo confortante della tecnologia. Ci sarebbe da venirci in vacanza, qualcuno finisce col pensare, poi dopo un po' si annoia, o ci si trasferisce e lentamente muta. Non gli cresce il muschio addosso, quello no, non comincia le albe con la fotosintesi, ma cambia di colore: il grigio verdastro cittadino lo abbandona, vive al freddo senza troppo lamentarsene, fiuta il minimo odore e trova l'acqua di bottiglia una bestialità. E si chiede che senso abbia passare la vita ad aspettare la pensione, per fare ciò che ha sempre sognato. SF

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Altre geometrie

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I“Vitigni VINIgreciDIe SANDRO fRACASSO i funghi di Fiammetta”

I

parte

andando pEr boschi

A volte un soprannome diventa cognome, altre fissa parentele inesistenti, come forse è capitato in Italia per alcuni dei vitigni antichi, attribuiti ai greci sin dalla seconda colonizzazione, che seguì quella dell'Egeo (avvenuta nel IX secolo a.C.).

Lepista nuda

Altre geometrie Omphalos phiale greca

Quando giunse in Val di Farma, Fiammetta portava con sé un segreto che presto gli abitanti del luogo avrebbero scoperto. Ebbene Fiammetta sapeva riconoscere e cucinare gli ordinali viola (Lepista nuda). Nessuno da quelle parti aveva il coraggio di raccoglierli e si diceva che quel buon commestibile fosse in realtà persino mortale. Intervistando i più vecchi tra gli abitanti della zona, si può scoprire che la Lepista nuda è ancora indicata con il nome di fungo di Fiammetta.

lE profEziE dEll'oracolo

Vuoi che sia stato per malia mercantile, per prosopopea, o per altrui sfruttamento fraudolento della fama micenea, di certo non tutto ciò che era considerato greco lo è davvero. Qualcosa di specifico si incontra anche occupandosi di vino.

Delfi è stata, seppure indirettamente, il cuore pulsante delle colonizzazioni greche dall'VIII al VII secolo a.C. Qualunque fosse il porto da cui partivano gli aspiranti coloni, la destinazione doveva essere fissata solo dopo che l'Ecista (condottiero della spedizione) aveva consultato la Pizia (sacerdotessa di Apollo) a Delfi, situato presso l'omphalos pietra o oggetto religioso (l'«ombelico del mondo»). In questo modo la missione si ricopriva di sacralità e qualunque guerra e sopraffazione si fosse in seguito rivelata necessaria per completarla, un dio l'aveva voluto. A partire dalla polis che intendeva fondare una colonia, erano gruppi di duecento uomini (poche le donne, per favorire l'integrazione tramite matrimoni con la gente del posto). Tra queste spedizioni vi furono quelle che portarono all'invasione della Sicilia e dell'attuale Italia meridionale, in seguito chiamata orgogliosamente Magna Grecia, visto che a volte gli splendori raggiunti da quei luoghi furono superiori a quelli della madre patria. La rivalità fu innescata dagli stessi coloni, esaltati dalla bellezza e fertilità di quelle terre e dalle ricchezze accumulate tramite abbondanza delle messi e mercati.

al tiranno al tiranno

Nel 385 vi fu la fondazione di Adria, estremo lembo di dominio siracusano sull'Adriatico e porto da cui poter lanciare -negli ambiziosi progetti del tiranno- la conquista dei templi di Delfi.

Siracusa, dopo la morte di Trasibulo, si era conquistata la democrazia, ma come spesso avviene in anni di invasori all'uscio, la concentrazione di abilità, potere e denaro in un abile generale condusse a un veloce sovvertimento. La storia mise sul cammino della libertà uno dei più spietati, eleganti e intelligenti uomini dell'antichità: Dionisio. Il futuro tiranno di Siracusa ottenne la fedeltà assoluta delle proprie truppe, quando in spedizione a Gela come rinforzo delle milizie cittadine, condannò a morte i corrotti ricchi locali e ne spartì gli averi tra la popolazione e i suoi soldati. Con l'opinione pubblica e la spada dalla sua, l'apertura alla tirannia fu un passo quasi dovuto, per quanto sapientemente programmato. Di lì, le alterne fortune di Dionisio sono legate specularmente a quelle di Imilcone, abile condottiero e navigatore cartaginese cui fu opposto in numerosi scontri. Le battaglie di Siracusa durante la tirannia di Dionisio furono anche di conquista, soprattutto tra il 387 e il 385 a.C. Nel 385 vi fu la fondazione di Adria, estremo lembo di dominio siracusano sull'Adriatico e porto da cui poter lanciare -negli ambiziosi progetti del tiranno- la conquista dei templi di Delfi. In realtà dove sorse Adria c'erano già stati i Paleoveneti che avevano costruito palafitte e gli etruschi con un governo retto dai nobili. È quindi più corretto scrivere di rifondazione della città. È da sottolinearsi come i greci fossero famosi per l'appropriarsi degli sforzi di civiltà pregevoli che li avevano preceduti. Spesso lo facevano con fondazioni di città di fatto già esistenti, o con l'aiuto del mito. Un esempio è quello di Fetonte e della sua rocambolesca caduta in luoghi sempre controversi, ma così opportunamente riconducibili alla grandezza miceneale. Sandro Fracasso

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segue II parte

Vitigni greci o “greci” Il popolo misterioso

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TITOLI DI CODA ROMANELLA

E’ la spumantizzazione che stabilizza i vini e li rende meno acidi. Passando dai colori ruggine al vinaccia – senza tralasciare neppure il rosa, carico e irriverente, come quello incontrato fin qui (o della nuova produzione di etichette Malvasia Sciurio ), come non parlare della vinificazione dei Rossi, e più precisamente, in questo caso della Romanella, tipica di Roma e dell’area dei Castelli Romani. Bianca o rossa è il risultato di un tradizionale metodo di spumantizzazione del vino che si realizza, con la fermentazione malolattica, al rialzo delle temperature primaverili. La Romanella è il risultato di un recupero di zuccheri non svolti, meglio riconvertiti da mosti e lieviti di cantina o degradati da batteri lattici. L’avvio di una seconda fermentazione, in botte o in bottiglia, permette di mantenere la stabilità biologica, dei rossi in particolare. L’acido malico, aggressivo e pungente, viene convertito nel più delicato acido lattico, dando sentori e sapori al vino più morbidi e frizzantelli. Senza aggiuntivi gassosi, naturale con la classica la gabbietta da sganciare e il tappo da far saltare è la Romanella. roveja

Detta anche roveglia, roveggia, rubiglio, pisello dei campi e corbello. La roveja è un pisello selvatico degli altopiani dell’Italia centrale, Umbria e Marche. Raccolto solo falciato a mano, il suo baccello a maturazione raggiunge una colorazione viola. Dal sapore di fava, di consistenza simile alla lenticchia è usata nelle nelle zuppe di legumi e minestre tradizionali. Un alimento sano e nutriente e presidio slow food, Na Fojetta propone con la roveja anche il secondo piatto Baccalà e Roveja Chef ‘Na Fojetta

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Di prossima produzione “Sciurio” etichetta in rosa, collezione Giro d’Italia. Malvasia puntinata I.G.T Lazio 13 % vol. La stampa di Giuseppe Colognesi 1984 impressa sul fronte è uno scorcio di Colle Pisano, località dove si estende la Vigna dei F.lli Camilli, vignaiuoli da sempre.

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