5 minute read
UNA FAVOLA SOSPESA
from SMALL ZINE
by SMALL ZINE
INTERVIEWS UNA FAVOLA SOSPESA
Marco Bettio - Carla Sollazzo
Advertisement
Carla Sollazzo/ Tre cicli pittorici: paesaggio, desiderio, animali. Come sono interconnessi tra loro?
Marco Bettio/ I tre cicli pittorici sono espressione di una stessa necessità di comprendere qualcosa di me stesso attraverso la pratica del dipingere. Tre cicli coincidenti coi tre principali generi storici della pittura (Paesaggio, Ritratto e Natura Morta). Il Paesaggio è stato il primo soggetto che ho sentito appartenermi, privo di esseri umani nonostante mi sia sempre stata chiara la sensazione che qualcuno fosse appena andato via da lì lasciando qualche traccia. Un paesaggio, o più un frammento di paesaggio, apparentemente privo di una sua narrazione, ma per me luogo reale di quella grande bellezza che ha a che fare con lo spirituale, un’epifania che può manifestarsi in una roccia, una pianta, un albero, il ritmo dell’erba. Un paesaggio che non è mai un solo luogo particolare ma che contiene posti diversi, boschi, angoli che credo rappresentino quell’appartenenza che nella realtà non esiste in un luogo fisico, non avendo mai vissuto per più di quattro o cinque anni in uno stesso posto. Dipingere un paesaggio a volte penso sia un modo per mostrare a me stesso qualcosa che mi dica “ecco, vedi, sei stato qui, ricordi?”. Eppure questa pratica rappresenta anche la possibilità di realizzare ciò che realmente non c’è, né è mai stato. Quel qualcosa me lo dipingo io, andando a prenderne i pezzi dentro e attorno a me. Desiderio invece è un ciclo pittorico piuttosto corposo (comprende ad oggi settanta tele) che può essere assimilato all’idea di Natura Morta. Un ciclo che continuo a pensare come a qualcosa di vicino alla preghiera o alla meditazione. Nato in un momento particolare della mia vita, prima di diventare qualcosa di pittoricamente “mio”, è stato una sorta di rito domenicale torinese tra me e la mia compagna, pittrice pure lei (Sarah Ledda). Un bisogno di riprendere in mano il nostro tempo, diversificandone momenti, valori e importanza attraverso una cosa apparentemente sciocca come i pasticcini della domenica, nel nostro caso scelti, comprati, dipinti e poi mangiati. Dipingere una di queste tele significa restituire, attraverso una testimonianza pittorica, l’esistenza di quel pasticcino e di quel momento. Vuol dire per me rimanere in contatto con qualcosa di attinente al desiderare, cercando di fare il vuoto attorno, un unico momento di pittura, un’unica sessione, una sorta di piano sequenza che deve mantenere quella concentrata tranquillità e tensione. Infine, e non per ultimo, c’è il ciclo legato agli animali, il Ritratto. Una parte del lavoro che nasce come una riflessione sull’uomo come individuo, ma soprattutto come elemento sociale. Ognuno di questi tre cicli concorre a formare la mia idea di pittura, che sento debba necessariamente rinunciare a una scelta stilistica esclusiva, per poter così rimanere fedele alla poetica e alla nostra complessità, talvolta contraddittoria, caratteristica imprescindibile dell’uomo.
CS/ Perché scegli di rappresentare il tema della “casa”- inteso come “pace interiore” da poter condividere - attraverso coppie di animali?
MB/ Il soggetto principale delle coppie di animali è la relazione. In queste tele il concetto di cura, il prendersi cura, con l’idea quasi francescana di umanità, di servizio, nasce dal contesto sociale nel quale sono nate e, come spesso accade in pittura, il senso arriva dopo, e su quello evolve un progetto e la serie di lavori successivi. Guardando in particolare una di queste tele (Una piccola cosa politica) nell’estate del 2019, con i porti chiusi e le persone rinchiuse in una nave sequestrata, il precedente senso di quei giochi, a volte naturali e altre indotti a forza nel circo, ha come acquisito un significato altro, quasi che per mostrare all’uomo cosa questo possa o debba essere, il “fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”, l’uomo non sia sufficiente e diventi necessario l’animale per generare quello stupore essenziale. Non so se si tratti di una pace interiore, ma penso che una certa serenità non possa che venire dalla perdita di qualcuna delle sovrastrutture che ormai sono diventate una seconda pelle, tanto nelle relazioni quanto nella costruzione della nostra identità.
CS/ Da dove arriva, e dove vuole arrivare, la “scimmia umana”?
MB/ Nel caso dei ritratti di scimmie e dell’antropizzazione dell’animale penso che vi siano due elementi importanti da considerare. Il primo concerne lo sguardo, sia il mio, che li dipingo, che quello di chi osserva. Le posture di alcuni di questi soggetti rimandano per me all’idea tutta umana di preghiera, altre volte è il mondo del circo a volere che queste bestie “scimmiottino” l’uomo facendogli compiere azioni tutte “umane” come reggere un ombrellino o andare in bicicletta. Il nostro sguardo, la nostra sensibilità, ritengo generino significati e senso in queste immagini. Il secondo elemento riguarda quella sorta di transfert che proviamo nel guardare noi attraverso il nostro sguardo su di lui; quello che arriva forse dice più cose su di noi che sul soggetto dipinto. L’origine di questi lavori sulla scimmia viene da una mia difficoltà nel dipingere l’essere umano, una sorta di blocco che fa sì che ogni mio quadro possa anche considerarsi come un modo per dipingere l’uomo, senza che la sua apparenza si palesi. Gli animali, e le scimmie nello specifico (macachi e scimpanzé), offrono infine una serie di elementi che amo molto dipingere: la liquidità dello sguardo, la vaporosità del pelo, la solidità ruvida e delicata di muso e dita. Talvolta, infine, alcuni accessori che rappresentano, umanamente, una forzatura odiosa, permettono alla tela di ospitare colori e tinte preziose che ricordano, in fondo, che continuiamo a dipingere per rendere il mondo più bello, sollevando qualche domanda.
Da sinistra: DESIDERIO #39 GARANTIRE UNO SPAZIO ALLA STUPIDITÀ, 2018. Olio su lino, 15x18 cm. Collezione privata, Palermo. NON FARTI MALAGRAZIA, 2020. Olio su lino, 20x30 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.