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LE FORME DELLA DIPLOMAZIA CULTURALE

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UNA FAVOLA SOSPESA

UNA FAVOLA SOSPESA

SPECIAL LE FORME DELLA DIPLOMAZIA CULTURALE

Loredana Barillaro

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L’arte e il patrimonio culturale quali strumenti utilizzati - pare ormai in maniera consolidata - per migliorare i rapporti anche nell’ambito della politica estera fra gli Stati del mondo, connotati spesso da equilibri precari e da toni da pacificare. Si parla dunque di diplomazia culturale, a dimostrazione che l’arte possiede, in realtà, la capacità di accorciare le distanze - culturali, sociali, religiose - e appianare i conflitti, muovendosi su un piano di comprensione reciproca.

BRUNO BOLFO

Bruno Bolfo è Fondatore di Particle.

Un ritratto di Bruno Bolfo. Courtesy Bruno Bolfo. Noi di Particle abbiamo fatto della costruzione di relazioni attraverso il potere della condivisione di esperienze culturali il nostro credo, siamo convinti che l’arte abbia un forte potere di aggregazione e che, puntando sull’emozione data dall’appagamento estetico o sensoriale, così come sull’apprendimento e la crescita, possa portare ad aprire spiragli di dialogo anche laddove sembra non poter esistere un terreno comune. I linguaggi artistici infatti, riescono a raggiungere un pubblico molto ampio e vario, con interessi, conoscenze, età e provenienze geografiche diverse, perché giocano su valori universali, al di là delle tendenze e delle contingenze. La caratteristica principale che spesso accomuna le persone con cui ci confrontiamo non è solo una forte propensione alla curiosità, ma anche la voglia di capire e quindi una predisposizione a lasciarsi guidare per imparare, crescere, soprattutto se si proviene da una formazione tecnica o scientifica e non si è abituati ad approcciare “con poesia” la realtà di tutti i giorni. La condivisione di esperienze estetiche ha il potere di parlare alle persone, creare situazioni di riconoscimento reciproco mettendo mondi diversi in relazione nel momento stesso in cui viene trasferito un messaggio, agendo da catalizzatore sociale e da “collante”, eliminando all’istante ogni differenza. Proprio su queste fondamenta abbiamo sviluppato il nostro modello di business, che offre ad aziende, istituzioni, enti la possibilità di costruire percorsi esperienziali unici per avvicinare clienti, pubblici o trasferire valori, pur se in dialogo con comunità che non sono caratterizzate da un diretto interesse. “Fragilità”, la prima nostra esperienza phygital è stata sviluppata intorno a un tema conosciuto a tutti, la fragilità appunto, con l’obiettivo di enfatizzarne la connotazione positiva. Il progetto è supportato dall’Ambasciata Italiana a Kuala Lumpur che riconosce l’importanza della promozione dell’arte e della cultura come mezzo per affermare i valori su cui si basa la nostra identità, ma anche come terreno in cui riconoscersi e quindi rafforzare la relazione tra i due paesi. Partendo dalla sfera artistica abbiamo coinvolto altre tre comunità: quella accademico-scientifica con Culturit Bocconi, Sunway University, UniKL e lo psicologo Luca Argenton; quella economica con Venini e Royal Selangor, e quella governativa, con la partecipazione dell’Ambasciatore Maggipinto e l’Ambasciatore Castelino. Tutte le sfere hanno partecipato attivamente all’esperienza, creando momenti di discussione e confronto. A partire da un tema comune, ma declinato secondo l’esperienza personale di ciascuno, con il proprio background culturale è nato uno scambio molto florido che ha permesso alle varie parti di mettersi in gioco, ma soprattutto di farsi conoscere creando un ponte tra Italia e Malesia. Quando si parla di arte contemporanea - che è il nostro principale terreno d’azione - molto spesso ci si trova a combattere il preconcetto che la definisce come elitaria, distante e non facilmente accessibile nel suo contenuto e contesto. Per questo motivo riteniamo sia importante contestualizzare, offrire chiavi di lettura che con percorsi diversi riescano a condurre verso la comprensione e un’esperienza positiva che noi tendiamo a rendere unica e immersiva. Per fare questo abbiamo introdotto l’utilizzo di strumenti digitali all’avanguardia per amplificare e completare l’esperienza fisica, accorciando le distanze tra Italia e Malesia, così come tra imprenditoria e studenti, oppure tra politica e azienda. Coinvolgere i visitatori e l’opinione pubblica, farli sentire parte attiva e non semplice spettatori è, ora più che mai, necessario. In “Fragilità” le persone, dal semplice visitatore italiano o malese, sino ai diretti stakeholders del progetto, avevano la possibilità di diventare protagoniste, scambiare opinioni e relazionarsi tra di loro o con esponenti provenienti dalle quattro comunità coinvolte. L’arte deve portare a un arricchimento intellettuale, accrescere la capacità empatica delle persone e la condivisione: questi valori positivi costituiscono l’humus fondamentale su cui poter costruire relazioni di successo. Si tratta soltanto di trovare un punto di equilibrio, un lavoro delicato di bilanciamento che, nello stesso tempo può essere efficace come forma di diplomazia in grado di porre in relazione mondi distanti.

Bruno Bolfo

GAETANO CASTELLINI CURIEL

SPECIAL

La diplomazia culturale, descritta come “lo scambio di idee, informazione, arte e altre manifestazioni culturali tra le nazioni e le loro popolazioni, ai fini di accrescerne la comprensione reciproca”1, può essere considerata come una vera e propria modalità per fare politica estera, capace di combinare ars politica e patrimonio culturale. L’essenza stessa di questa forma di diplomazia è connessa, però, al concetto più ampio di soft power, termine definito da Joseph Nye come l’abilità di “far sì che gli altri modifichino il proprio comportamento nella direzione da noi voluta, come risultato della nostra capacità di attrazione”2. Il soft power si configura quindi come un “potere morbido”, una sorta di egemonia gentile e carismatica, la cui efficacia è basata sulla capacità di attirare e influenzare gli altri attraverso strumenti di varia natura, quali la cultura, i valori morali e le idee. La capacità di utilizzare la cultura a livello diplomatico, come strumento di influenza e comunicazione politica, non è mai stata così importante come al giorno d’oggi: le rivoluzioni che caratterizzano il contesto contemporaneo, da quella economica a quella tecnologica, hanno portato a un ribaltamento delle modalità di interazione tra popoli e nazioni, e ad una crescente interconnessione tra cittadini a livello globale. Oggi, la diplomazia gioca un ruolo fondamentale, anche e soprattutto sul piano culturale, dal momento che la cultura è forse l’unico strumento che ci permette di rapportarci e dialogare con l’altro, inteso come diverso e lontano da noi, grazie ai caratteri di universalità che caratterizzano i linguaggi artistici e l’esperienza umana. L’arte, in particolare, rappresenta uno dei principali mezzi in grado di ridefinire conflitti e distanze culturali, agendo come catalizzatore di un processo di reciproca comprensione. Numerosissimi sono gli esempi, rintracciabili nella storia antica come in quella contemporanea, di casi in cui l’arte è stata utilizzata efficacemente come filo conduttore di trattative politiche o economiche: dal programma di ellenizzazione, avviato nell’Antica Grecia dopo la morte di Alessandro il Macedone, che prevedeva l’esportazione della lingua, delle idee e dei simboli propri della cultura greca verso le terre a Oriente, agli Stati Uniti, che durante la Guerra Fredda hanno promosso il jazz e l’Espressionismo astratto, simboli di individualismo e democrazia, in contrapposizione alla rigidità del realismo di stampo socialista, fino alla storia più recente dell’India che, in coda per la posizione di seconda economia globale, utilizza strumenti di soft power per affermare il proprio ruolo, politico ed economico sulla scena globale, primi fra tutti lo yoga, Bollywood, le spezie e la medicina ayurvedica. In particolare, nell’epoca attuale, i campi di applicazione della diplomazia culturale possono essere svariati e diversi: si sente, infatti, spesso parlare di sport diplomacy (USA e National Basketball Association, Cina e ping-pong diplomacy), gastro-diplomacy (India e spezie, Giappone e sushi), panda diplomacy (Cina), yoga diplomacy (India), museum diplomacy (Guggenheim Museum, Louvre Museum), che altro non sono se non declinazioni “settoriali” di una strategia diplomatica centrata sulla valorizzazione delle arti e della cultura e riconducibile a meccanismi di soft power. Se tali strategie possono rivelarsi molto efficaci in quanto contribuiscono, in maniera significativa, al dialogo interculturale e alla distensione dei rapporti internazionali, rappresentano tuttavia strategie complesse, per loro stessa natura, che necessitano di policy-maker colti, abili e attenti, capaci di decifrare e interpretare le complessità sociali, economiche e culturali, tutelando l’interesse della nazione in un contesto di equilibrio politico spesso fragile e incerto. Inoltre, l’attuazione di strategie di soft power dovrebbe essere svolta in maniera da rispettare le culture con cui si vuole dialogare e le stesse istanze politiche comunicate, in quanto espressione di valori condivisi e partecipati a livello pubblico.

Gaetano Castellini Curiel

1M.C. Cummings, Cultural Diplomacy and the United States Government: A Survey, in Cultural Diplomacy Research Series, 2009. 2J.S. Nye, Soft Power and Cultural Diplomacy (article adapted from a speech delivered at Syracuse University Cultural Diplomacy Symposium, Sept. 20, 2009), Cultural Diplomacy, New York 2006. Ebbene, quanto può essere utile l’arte, quale filo conduttore di trattative politiche, economiche e non solo? Quali possono essere i campi di “attuazione” di simili strategie diplomatiche? In cui peraltro l’opinione pubblica occupa necessariamente un ruolo fondamentale e non più in discussione. Di contro, quanto può risultare complesso, ancora oggi, mettere in atto un potere gentile?

Gaetano Castellini Curiel è autore del volume Soft power e l’arte della diplomazia culturale, Le Lettere, 2021.

Un ritratto di Gaetano Castellini Curiel. Courtesy Gaetano Castellini Curiel.

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